Una raccolta, tre Granduchi

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Una raccolta, tre Granduchi
Una raccolta, tre Granduchi
Una raccolta, tre Granduchi. Cosimo, Francesco e Ferdinando
Redazione
Firenze – Fu durante la fortunata fase politica apertasi dopo il rientro di Cosimo il
Vecchio dall’esilio, che i Medici cominciarono a riunire, nel michelozziano palazzo di via
Larga, uno straordinario insieme di opere d’arte antica e contemporanea. Di questo
parte integrante, la raccolta di gemme venne col tempo incrementata dal figlio Piero
detto il Gottoso, e da Lorenzo il Magnifico il quale la rese una delle più ricche di tutti
tempi, grazie all’acquisizione della collezione di papa Paolo II Barbo e delle più celebri,
ordinando che nel cortile della residenza familiare venisse impresso il primo ed il più
importante manifesto della passione glittica rinascimentale.
Circostanze tanto propizie, prodottesi sia sul versante del collezionismo, sia su quello del
mecenatismo, si interruppero più o meno bruscamente con la morte del Magnifico,
avvenuta nell’aprile del 1492. Il giovane figlio Piero, infatti, inadeguato a gestire i
drammatici eventi riservatigli dalla sorte pose, con la sua fuga repentina, a serio rischio
le collezioni familiari. Non p dato sapere quanto egli abbia contribuito all’accrescimento
della raccolta di gemme,ma, volendo dar fiducia al Vasari, egli dovette esser solerte
quanto il padre nella ricerca di pezzi per la collezione e di maestri capaci di far rinascere
l’arte di incidere le pietre dure a Firenze.
Il tesoro, in ogni caso, poté salvarsi nella sostanza sia in occasione del saccheggio che
seguì la “fuga obbligata” di Piero, sia delle requisizioni operate dalla Signoria, poiché
venne da questi prudentemente affidato ai più fedeli sostenitori della casata.
Riconsegnato in seguito al legittimo proprietario, esso passo più tardi nelle mani del
cardinale Giovanni dè Medici, allorquando il futuro papa Leone x fece rientro a Firenze
nel 1512. Le fonti non segnalano perdite cospicue, né in occasione della cacciata di
Ippolito ed Alessandro seguita al Sacco di Roma, né durante successiva fase
repubblicana.
Una nuova, modesta attività di raccolta e commissione di gemme, si ebbe soltanto dopo il
1530, quando Clemente VII, rimise alla guida della città il proprio protetto Alessandro.
Ottenuti da Carlo V il titolo di duca e la mano di Margherita d’Austria, questi trasferì la
propria residenza nel Palazzo dei Signori, dove sistemò, assieme ai beni familiari ricevuti
in eredità, un prezioso Stocco pontificio, una spada donategli dal suocero Carlo V, una
Rosa d’oro ricevuta dal papa e un Sigillo con Ercole, oggetti che dovettero andare tutti
disperdi, ad esclusione di quest’ultimo identificato con un intaglio in plasma conservato
presso il Museo degli Argenti. Esclusion fatta per due gemme ritraenti Alessandro e una
raffigurante papa Clemente VII, non risulta che il Duca abbia apportato accrescimenti di
rilievo all’antica raccolta e, in ogni caso, la sorte non gli concesse di dar continuità alle
iniziative intraprese giacché, nella notte fra il 5 ed il 6 gennaio 1537, egli perì sotto i
colpi di pugnale infertigli dal cugino Lorenzino.
di Elisabetta Digiugno
…. Tratto dal catalogo “ Pregio e Bellezza, Cammei e intagli dei Medici – Ministero per i
Beni e le Attività Cuturali Soprintenbza – Polo Museale di Firenze – Ed. Sillabe, 2010,
pag. 343, Euro 35,00 ISBN 978-88-8347-5276
Redazione
26/06/2013)
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