Strumento di lavoro - Parrocchia San Gregorio Barbarigo

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Strumento di lavoro - Parrocchia San Gregorio Barbarigo
Parrocchia S. Gregorio Barbarigo - Milano
nel 50° di fondazione
RINNOVIAMO LA NOSTRA APPARTENENZA
strumento di lavoro
18 giugno 2012: S. Gregorio Barbarigo
Ai singoli operatori parrocchiali e ai vari gruppi operanti in parrocchia,
è consegnato questo strumento
che aiuta a ripensare la nostra azione pastorale
ed eventualmente a formulare proposte di approfondimento, o di nuova progettazione,
sia nelle linee di fondo che nelle iniziative particolari.
Ogni gruppo fissa con i propri aderenti il calendario degli incontri di lavoro,
da svolgersi nei mesi estivi.
Chi lavora in parrocchia, pur non facendo parte di un vero e proprio gruppo, è invitato a comunicare
personalmente ai sacerdoti il frutto delle proprie riflessioni.
Il parroco chiederà ad ogni gruppo, nei primi 15 giorni di settembre, il resoconto del lavoro svolto.
Il tutto verrà presentato e discusso nella Assemblea Operatori di inizio anno (sabato 15 settembre 2012).
Il risultato finale del lavoro verrà sottoposto al Consiglio Pastorale Parrocchiale (giovedì 20 settembre) per una
valutazione, per una eventuale precisazione ed una sistemazione organica del testo.
L’intera comunità parrocchiale verrà a conoscenza del lavoro nelle S. Messe di domenica 23 settembre 2012.
L’omelia della S. Messa solenne della nostra Festa Patronale può servire da introduzione al lavoro.
INDICE
I. parte
L’APPARTENENZA ALLA COMUNITÀ PARROCCHIALE
La fatica di un ricambio generazionale
II. parte
L’APPARTENENZA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE
1. L’obiettivo dell’azione pastorale: la nuova evangelizzazione
2. Le attenzioni fondamentali
● 2.1. vivere la comunione mostrando l’evidenza della fede
● 2.2. elaborare un costume da inscrivere nelle forme del vivere comune
● 2.3. realizzare un sistema di rapporti evitando l’eccessiva frammentazione
● 2.4. aprirsi all’altro offrendo il servizio del vangelo
3. La riorganizzazione pastorale
● 3.1. la messa domenicale
● 3.2. l’alleanza con le famiglie
● 3.3. la formazione permanente
● 3.4. l’impegno nelle forme della vita sociale
I. parte
L’APPARTENENZA ALLA COMUNITÀ PARROCCHIALE
La fatica di un ricambio generazionale
NOTA 1)
Dall’omelia della Festa Patronale: 10/06/2012
Rinnoviamo la nostra appartenenza
1. L’invito è rivolto ad ogni persona.
- La nostra appartenenza alla parrocchia deve essere rinnovata. La
nostra appartenenza non è di tipo sociologico (“abitiamo qui da
sempre”, “siamo venuti ad abitare qui”). Questo dato materiale non
dice la nostra appartenenza alla comunità parrocchiale: dice la
nostra dimora di fatto; dice che di fatto non possiamo non avere a
che fare con questa comunità che dimora sul nostro stesso
territorio. E però è importante chiederci in che modo noi abbiamo a
che fare con questa comunità. Abbiamo a che farne perché la
ignoriamo, la sopportiamo, la contrastiamo; oppure perché la
incontriamo, la accogliamo, ci coinvolgiamo e la modifichiamo con il
nostro stesso lavoro?
L’appartenenza non è un dato materiale, è un dato spirituale: io
voglio appartenere ad una comunità.
- Se rinnoviamo la nostra appartenenza, la parrocchia prende
consistenza, visibilità: davvero abita in mezzo alle case, è vicina alla
gente. Se invece non la rinnoviamo, la parrocchia illanguidisce,
diventa una istituzione morta, finisce.
- Ma come possiamo rinnovare la nostra appartenenza alla
parrocchia? La possiamo rinnovare solo se vi entriamo. Se stiamo
all’esterno a guardare, non possiamo evidentemente rinnovare ciò
che non viviamo. Dobbiamo entrare nella pratica della messa (che è
ancor di più che andare a messa), nella pratica della parola
(conosciuta e testimoniata) e nella pratica della carità; dobbiamo
entrarvi non con la pretesa di cambiare venendo da fuori, ma con la
consapevolezza che è necessario anche il nostro contributo.
- Solo se viviamo la nostra appartenenza alla comunità parrocchiale
in questo modo, possiamo anche avere il coraggio di rinnovarla
mediante un necessario ricambio generazionale. La nostra
appartenenza non è l’attaccamento ad una istituzione organizzata:
non è un dato materiale, è un dato spirituale. Il coraggio di un
ricambio generazionale non è la forzatura di una decisione che cala
dall’alto, ma la necessità di lasciarsi coinvolgere in una dinamica
vitale che l’intera comunità deve fare propria. È il coraggio di
valorizzare e far crescere ogni segno di vita, e di ritirarsi a poco a
poco lasciando spazio, nella speranza, ai fragili segni di una nuova
generazione che cresce, e che dovrà essere ancora accompagnata.
È il coraggio che non fa uscire da una appartenenza, ma che la fa
vivere, appunto, in maniera spirituale, non materiale (anche se
dovessimo portare avanti i lavori più materiali possibili). Certo, è
anche necessario rinnovare gli incarichi, ma questo non è il
ricambio generazionale di cui si parla.
…
DOMANDE
1. Come potresti esprimere la differenza tra ricambio generazionale e assegnazione di nuovi incarichi?
2. Il ricambio generazionale è sempre faticoso e richiede tempo… e tuttavia, in quali ambiti ti sembra sia
necessario passare le consegne? Quali lavori potrebbero essere accantonati? Come valorizzare il lavoro fin
qui svolto?
II. parte
L’APPARTENENZA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE
NOTA 2)
Dall’omelia della Omelia Festa Patronale: 10/06/2012
2. L’invito è rivolto anche alla comunità in quanto tale.
- E a chi, la comunità parrocchiale, deve rinnovare la sua
appartenenza? Alla Chiesa universale, e perciò a Gesù e ai fratelli.
Ma come? Rinnovando l’annuncio del vangelo, dentro una pratica
pastorale attenta alle forme concrete di questa nostra vita secolare.
Potremmo usare la formula della “nuova evangelizzazione”, che
oggi, la Chiesa intera propone: anche la nostra comunità
parrocchiale è chiamata a vivere una nuova evangelizzazione.
In estrema sintesi, dunque, potremmo dire così: la nostra comunità
parrocchiale rinnova la sua appartenenza a Gesù e ai fratelli,
annunciando di nuovo il vangelo.
- E solo se la nostra comunità annuncia, praticamente, il vangelo di
Gesù nelle forme ordinarie della vita, prende consistenza quella
attenzione e quella cura che essa deve avere per i fratelli. La nuova
evangelizzazione e le sue modalità, infatti, non è questione teorica;
è piuttosto l’urgenza di ritrovare la verità delle forme pratiche della
vita quotidiana, verità che, appunto, il vangelo porta a compimento.
Potremmo articolare questa attenzione e questa cura, nelle seguenti
linee di azione, che dovrebbero, ovviamente, essere svolte:
mostrare l’evidenza della fede, elaborare un costume, evitare la
frammentazione, mettersi a servizio dell’altro.
- Ma come riuscire a vivere tutto questo in concreto? Certo, per
questo nuovo annuncio del vangelo, è anche necessaria una nuova
riorganizzazione pastorale.
1. L’obiettivo dell’azione pastorale: la nuova evangelizzazione
NOTA 3)
Ritorniamo
ancora
sulla
formula
“nuova
evangelizzazione” con un breve approfondimento un
poco impegnativo.
Facciamo riferimento alla Adorazione Eucaristica del
04/06, proposta nel contesto della Festa Patronale; e
anche all’incontro di formazione liturgica del 19/05/2012.
La nuova evangelizzazione nella nostra società secolare.
I discorsi pubblici che si fanno nella Chiesa cattolica ormai da
trent’anni hanno sanzionato l’uso di un’espressione prima
sconosciuta, la nuova evangelizzazione. L’espressione tuttavia non
è affatto chiara.
Escludiamo il significato più ovvio, e cioè quello di un rinnovato
annuncio del vangelo, quasi che il primo annuncio abbia ormai
esaurito la sua efficacia.
Nuova deve essere l’evangelizzazione non soltanto e non
soprattutto nel senso che essa deve essere ripetuta. Nuova deve
essere non soltanto perché anche tra coloro che pure vivono in
paesi di secolare tradizione cristiana il vangelo non è più noto; Gesù
stesso non è più noto.
Nuova deve essere l’evangelizzazione perché realizzata in forme
significativamente diverse rispetto a quelle realizzate nei secoli
passati.
I secoli a cui ci riferiamo sono quelli cosiddetti “della cristianità”,
quelli cioè nei quali il cristianesimo ha assunto la figura di forma
sintetica della civiltà. In quei secoli la verità del vangelo era scritta –
per così dire – sui muri. E non soltanto sui muri delle Chiese, ma sui
muri delle città. Era scritta nel calendario civile, in gesti rituali a tutti
noti e da tutti compiuti, nella lingua da tutti parlata. I figli, battezzati –
come raccomandava il diritto canonico – quam primum, quanto
prima possibile, crescevano respirando la verità del vangelo.
Un tempo dunque il vangelo era scritto nello spazio entro il quale i
figli crescevano. Essi diventavano cristiani succhiando il latte.
Un cristianesimo che sia succhiato con il latte oggi esiste sempre
meno. Non solo, ma i cattolici più aggiornati spesso squalificano un
cristianesimo così come meramente “sociologico” o “di popolo”;
raccomandano in alternativa un cristianesimo che nasca dalla scelta
personale della fede piuttosto che della tradizione. Appunto a
raccomandare una tale scelta dovrebbe mirare la nuova
evangelizzazione. Eppure... può davvero la fede fare a meno della
tradizione? E di quella precisa tradizione che passa addirittura
attraverso il latte materno?
Occorre riconoscere che i genitori stessi sono per il figlio come un
vangelo. Molto prima di pensarlo e di volerlo in maniera deliberata,
essi attestano ai figli la buona notizia di un amore certo che li
precede ed è infallibilmente efficace.
Appunto di questo primo vangelo della vita, è documentazione
anche quello successivamente articolato nel nome di Gesù. Si deve
dire anche di più: senza il vangelo iscritto nella relazione tra genitori
e figli non sarebbe possibile articolare neppure il vangelo di Gesù.
Nella civiltà cristiana il nesso si realizzava senza necessità che esso
fosse deliberatamente cercato; nella società secolare no. La nuova
evangelizzazione deve impegnarsi a dare parola cristiana al
vangelo materno e in tal modo istruire le madri cristiane a proposito
del loro impegnativo compito.
Quello che vale per il rapporto genitori figli, vale per tutte le
esperienze fondamentali della vita.
Il compito fondamentale della nuova evangelizzazione.
Illustrare il nesso essenziale tra annuncio del vangelo cristiano e
verità iscritta nelle esperienze più antiche e radicali della vita,
costituisce uno dei compiti fondamentali della nuova
evangelizzazione, e insieme uno dei compiti più trascurati.
La lingua tradizionale del catechismo, plasmata dalla teologia
‘dogmatica’, supponeva che la verità rivelata fosse per così dire
‘aggiunta’ in seconda battuta alle verità di ragione a tutti note.
Nell’Ottocento poi, nel secolo della cultura laica e liberale, la
teologia più aggiornata – qualificata appunto come “liberale” –
pensò di rimediare a questo tratto estrinseco e ‘dogmatico’ del
catechismo risolvendo la verità cristiana nella verità attestata dalla
coscienza morale universale. In polemica con la teologia liberale la
successiva teologia dialettica nel Novecento ha molto insistito sulla
novità indeducibile dell’annuncio evangelico.
In realtà, la Bibbia stessa in mille modi attesta come la rivelazione di
Dio nella storia si produca largamente attingendo a verità che, pure
iscritte nell’esperienza umana universale, attendono di prendere
forma attraverso la vicenda storica effettiva. Occorre dunque
iscrivere la verità del vangelo entro il quadro delle evidenze
dischiuse dalle esperienze elementari della vita.
Ma come arrivare a comprendere la verità del vangelo?
A volte si ragiona come se esistesse un vangelo allo stato puro,
immobile, da inserire poi, di epoca in epoca, nella variabile culturale.
Ma non è così: non è questione di adattamento; è questione di
comprensione. Le domande che la storia pone in ogni epoca, sono
provvidenziali spiragli che possono aiutare a comprendere la verità.
del vangelo, che mai può essere esautita.
DOMANDE
1. Tu cosa intendi con la formula “nuova evangelizzazione”?
2. In che senso la predicazione del vangelo deve essere nuova?
3. Quale dovrebbe essere il compito fondamentale della nuova evangelizzazione?
4. Si può dar credito a ciò che non è evidente?
2. Le attenzioni fondamentali
● 2.1. vivere la comunione mostrando l’evidenza della fede
● 2.2. elaborare un costume da inscrivere nelle forme del vivere comune
● 2.3. realizzare un sistema di rapporti evitando l’eccessiva frammentazione
● 2.4. aprirsi all’altro offrendo il servizio del vangelo
NOTA 4)
Non facciamo riferimento a nessun intervento specifico.
Esprimiamo, invece, per ogni punto, un interrogativo che
possiamo esemplificare con quanto abitualmente
andiamo dicendo.
● Cosa vuol dire l’evidenza della fede?
Possiamo dire così: vuol dire che la fede non deve essere intesa
come un dare credito a ciò che non è evidente, ma come un dare
credito alla verità compiuta, che solo il vangelo rivela, ma che è già
inizialmente evidente nelle forme del vivere comune.
● Cos’è un costume?
È un modo di pensare, di dire, di atteggiarsi; è uno stile, che si
manifesta nel modo di vivere (anche dei parrocchiani).
Un esempio per noi: arrivare sistematicamente in ritardo a messa
dice che nella fatica degli impegni, mettiamo dentro certamente
anche l’impegno della messa, ma non come il desiderio più
importante.
E così, possiamo fare esempi anche per riferimento ai modi di
pensare e di dire… che rivelano, appunto, un costume.
● È mai possibile che in parrocchia alcuni operatori pastorali non
conoscano contenuto e senso dei lavori fatti dagli altri operatori?
● In che senso l’apertura verso gli altri è segno di fede? e come può
offrire il servizio del vangelo?
DOMANDE
1. Come intendi, e come sapresti esprimere queste attenzioni, che la nostra azione pastorale deve avere?
2. A tuo giudizio, quali di queste attenzioni ti sembrano già praticate, e quali meno? e perché?
3. La riorganizzazione pastorale
● 3.1. la messa domenicale
● 3.2. l’alleanza con le famiglie
● 3.3. la formazione permanente
● 3.4. l’impegno nelle forme della vita sociale
N.B. Ogni punto dovrebbe essere ripensato nelle sue espressioni concrete, ma in modo tale che
emergano le attenzioni e l’obiettivo di cui prima si diceva.
Alcuni impegni pastorali potrebbero anche essere ristrutturati, modificati, soppressi, sostituiti: è
questa la parte più concreta del lavoro, e anche quella più incerta. L’importante, comunque, non è
cambiare per cambiare.
Ad ogni punto premettiamo un N.B. che dovrebbe esprimere la questione di fondo da affrontare.
Le domande dovrebbero invece aiutare a ripensare l’organizzazione concreta.
● 3.1. la messa domenicale
N.B. Questo è il punto sul quale tutti insieme dobbiamo investire le maggiori energie, maturando nella
consapevolezza che la presenza reale di Gesù, nella parola e nel dono di sé, è la fonte della nuova
evangelizzazione.
DOMANDE
1. L’assemblea.
Come aiutare l’assemblea, che si raduna in chiesa, a tenere un comportamento diverso da quello che si tiene
ritrovandosi per strada? E come far capire l’importanza del silenzio assoluto almeno qualche minuto prima
dell’inizio? Può essere aiutata da una voce guida? Cosa suggerire, e quale aiuto dare ai genitori che portano a
messa i loro figli molto piccoli, che poi non riescono a governare?
2. Le lettura.
Lettore non è chi sa leggere, ma chi si fa capire. I silenzi sono assolutamente necessari sia nella lettura, che
tra un intervento e l’altro. Il servizio è vero solo se esprime un precedente reale ascolto della Parola. Come
aiutare i lettori in tutto questo?
3. Il canto.
Per la mancanza di voci, in generale, il canto non aiuta la preghiera.
L’antico coro parrocchiale, specialmente nelle solennità di Natale, Pasqua e Pentecoste, per la mancanza di
un congruo numero di elementi, non è più in grado né di eseguire musicalmente i brani, né di aiutare
l’assemblea. Può continuare così?
Ci deve essere distinzione tra il canto per una assemblea di ragazzi, e il canto per una assemblea di adulti?
4. Gli orari.
Bisogna rivedere gli orari delle messe festive, e feriali? È forse necessario distinguere la messa dell’ oratorio
dalla messa parrocchiale?
5. La verità dei gesti rituali.
C’è qualche rapporto tra liturgia ed evangelizzazione?
Come rendere vera la “preghiera dei fedeli”, e il servizio delle “offerte”?
● 3.2. l’alleanza con le famiglie
N.B. Il problema educativo è, per la parrocchia, il problema cruciale: oggi è evidente il difetto di
autorità, e la difesa pregiudiziale ed emotiva dei propri figli, da parte dei genitori. Il padre (cioè il
genitore) diventa il “papi”, che non è più capace di dire dei no e lascia fare tutto.
Nelle famiglie che chiedono i sacramenti, e anche nelle famiglie praticanti, è estremamente difficile far
superare la mentalità laica e liberale, per la quale il massimo è la ricerca della autonomia.
DOMANDE
1. Il corso pre-matrimoniale.
Va bene come è impostato? Devono essere ripensati e ristrutturati gli incontri dopo il corso? Chi segue gli
sposi dopo il matrimonio? Come seguirli? In che modo potremmo accompagnarli fino al battesimo del figlio?
2. Il battesimo.
Bisogna rivedere l’incontro con la comunità? Il gruppo che tiene i contatti con i genitori cosa può garantire?
3. Il dopo battesimo.
Asilo nido.
Come coinvolgere il gruppo, negli incontri di Avvento e Quaresima?
Scuola materna e I-II elementare.
Consta di quattro domeniche ogni anno “a messa con i genitori”. Bisogna prevedere la possibilità di pranzare
insieme? Non esiste un gruppo incaricato per questo. C’è invece un gruppo allenatori, di I-II elementare, che
funziona molto bene. Che rapporto ha con i genitori? E quale rapporto potrebbe avere con l’eventuale gruppo
incaricato per il dopo battesimo?
4. Il “catechismo” in oratorio.
È il catechismo per i ragazzi e le ragazze in “gruppi” di classe. Parallelamente viene svolto un itinerario per i
genitori. E sempre agli stessi ragazzi e genitori si propongono momenti di festa e di gioco.
Come è organizzato il tutto? E quali messaggi forti (non solo emozionanti, come è per esempio per il giorno di
prima comunione) riescono a passare? C’è forse qualcosa da rinnovare o da approfondire?
Ci sono incontri proposti ai genitori, per l’oratorio (con l’assistente), per i sacramenti (con le catechiste), per il
calcio (con gli allenatori). Non bisogna forse precisare orari e temi, in modo tale che venga proposto un
itinerario educativo organicamente pensato? A tutti questi incontri è necessario che siano sempre presenti i
due sacerdoti della parrocchia; e che si faccia sempre il rimando agli altri incontri.
5. L’educazione attraverso il gioco.
In generale, l’alleanza con le famiglie è da praticare proprio per riferimento alla educazione dei figli.
In particolare, l’impegno educativo della “Associazione Sportiva Dilettantistica Barbarigo” mediante la proposta
del gioco del calcio, è stato notevole. A tuo parere cosa si potrebbe migliorare dal punto di vista organizzativo,
ma soprattutto in ordine a quella alleanza con le famiglie?
6. Una scuola permanente.
In un ciclo di tre incontri serali ravvicinati, è stato proposto ogni anno un dibattito, per un approfondimento
teorico di un tema familiare, a volte suscitato anche da una testimonianza pratica.
Non esiste, però, un gruppo che si occupa di questo.
7. La preghiera per la famiglia.
Viene proposta in maniera specifica la preghiera per la famiglia, in due occasioni: nella festa liturgica della
Santa Famiglia e nella festa degli anniversari di matrimonio.
La festa della Santa Famiglia è seguita dalle successive feste di febbraio riguardanti la vita, il lavoro, la
malattia. Ci chiediamo: insieme con la preghiera, si potrebbe forse aprire alle porte della chiesa “uno
sportello”, per rispondere alle situazioni familiari difficili? e si potrebbe coinvolgere in prima linea la Caritas?
Per la festa degli anniversari di matrimonio, conviene forse ripensarla dal 25° in poi?
● 3.3. la formazione permanente
N.B. È di fondamentale importanza che la parrocchia diventi per tutti, come un punto di riferimento e di
confronto per una formazione “teologica” sempre da rinnovare, e da raccogliere in unità per una
efficace azione pastorale.
DOMANDE
1. L’omelia.
Per tutti i parrocchiani praticanti, l’omelia festiva (e feriale), nei vari tempi liturgici, è la principale fonte per una
formazione permanente. Cosa suggerire?
2. La catechesi.
Una formazione sistematica è garantita dalla catechesi per gli adulti (con i tre cicli annuali), e dalla catechesi
per i giovani (distinti in preadolescenti/adolescenti/18-19enni/giovani). Cosa suggerire?
In particolare come collegare la catechesi per i giovani con il corso pre-matrimoniale?
3. La predicazione straordinaria.
Viene offerta in alcune particolari solennità, anche a chi non frequenta abitualmente. Cosa suggerire (magari
anche con l’uso del sito)?
4. Le riunioni per gli operatori pastorali.
Queste riunioni (per il catechismo, per la caritas, per il servizio liturgico), di per sé, non rispondono alla
necessità di una formazione permanente, anche se, ovviamente, non si devono ridurre alle questioni
puramente organizzative. Cosa ne pensi?
5. Il coordinamento.
È necessario un lavoro di coordinamento sia per quanto riguarda i temi della formazione permanente (il che è
da farsi da parte dei sacerdoti, di cui è proprio il ministero della parola), che per quanto riguarda gli orari ddegli
incontri.
● 3.4. l’impegno nelle forme della vita sociale
N.B. Il nostro impegno sociale si dovrebbe esprimere in una triplice direzione, che dovrebbe essere
colta e condivisa anche da tutti.
La parrocchia ha da essere un ente sociale in regola con le norme che la società richiede (e a ciò
provvede il Consiglio per gli Affari Economici); ma deve anche mostrarsi come un soggetto bene
ordinato, anche nel suo aspetto materiale (e a ciò devono provvedere tutti, non solo gli addetti ai
lavori: tutti devono tenere l’ambiente pulito, ordinato, bello).
La parrocchia poi, dentro il tessuto sociale, deve essere soggetto capace di portare il suo contributo al
bene della società mediante l’attenzione ai bisogni emergenti in questo nostro tempo (pensiamo
all’encomiabile lavoro della Caritas).
In terzo luogo è decisamente importante un impegno della parrocchia a livello culturale (inteso in
senso antropologico), ossia un intervento costante sulle forme del vivere comune, sul costume
condiviso, sulla mentalità corrente, che rimandi al modo di vivere la vita secondo il vangelo. Le nostre
proposte culturali (spettacoli, incontri, viaggi) realizzate con le risorse reperibili in parrocchia,
dovrebbero avere questo obiettivi molto ambiziosi: dare voce alla coscienza; vincere la pressione della
cultura di massa, rompere i luoghi comuni, portare alla luce le esperienze umane fondamentali e
valutarne la qualità cristiana.
DOMANDE
1. L’ordine.
Conosci pressappoco il bilancio parrocchiale (reso pubblico ogni anno), e le questioni economiche che la
parrocchia deve affrontare?
Cosa dici di fronte a chi (fossero anche i tuoi figli) sporca e degrada l’ambiente? Come educare in questo
senso (che non è alternativo alla educazione religiosa)?
2. I bisogni.
Conosci le linee di azione della nostra Caritas parrocchiale: banco alimentare, aiuto per necessità varie e
urgenti, contributi sistematici, rimborso lavoro? Tu cosa puoi fare?
3. La cultura.
Come valuti quel che fin’ora abbiamo proposto? Cosa saresti in grado di realizzare concretamente, e perciò di
proporre praticamente in alternativa o in aggiunta a quanto già proponiamo?
Richiamiamo le nostre proposte culturali.
RASSEGNA TEATRALE
Dobbiamo necessariamente servirci di compagnie amatoriali. La
nostra preoccupazione è quella di scegliere spettacoli di genere
vario che, al di là dei luoghi comuni, possano suscitare un
ripensamento.
CINEFORUM IN AMICIZIA
Vogliamo promuovere la visione e la discussione familiare (“in
amicizia”) di alcuni film recenti e particolarmente interessanti dal
punto di vista contenutistico ed estetico.
CONCERTI
Proponiamo un concerto di musica ogni anno.
SITO PARROCCHIALE E STAMPA
Abbiamo aperto il sito parrocchiale per dare la possibilità di entrare
nella struttura parrocchiale, di offrire informazioni e di raccogliere
testi e documenti.
Vogliamo promuovere “Avvenire” come strumento che ci aiuta a
leggere gli avvenimenti da un punto di vista che non è quello
corrente della cultura pubblica... o semplicemente che ci informa su
quanto altri tacciono.
INCONTRI-DIBATTITI
Vogliamo sollecitare la partecipazione a questioni di particolare
rilevanza sociale, politica, artistica.
VISITE-MANIFESTAZIONI
Programmiamo visite a città, mostre, monumenti d’arte. Proponiamo
l’eventuale partecipazione a manifestazioni culturali.
PELLEGRINAGGI
Proponiamo un pellegrinaggio parrocchiale ogni anno.
ATTIVITÀ RICREATIVA ANZIANI
È la proposta di un ritrovo familiare per gli anziani.