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L’antico palmento scolpito nella roccia
della chora selinuntina
Ferdinando Lentini
Archeologo
Nell’ambito dell’itinerario Iter Vitis-Magon basato sulla valorizzazione del patrimonio
archeologico della cultura del vino, un posto di rilievo ricopre l’antico palmento
all’interno del Bosco della Risinata sopra il Lago Arancio, che testimonia la millenaria
vocazione vitivinicola del territorio delle Terre Sicane.
Il palmento scolpito nella roccia, unico in Sicilia per le sue dimensioni monumentali, è
stato realizzato sopra una collina in rapporto di intervisualità diretta con le alture degli
antichi centri urbani di Monte Adranone e di Monte Castellazzo di Poggioreale sulla valle
del fiume Belìce, che svolsero un ruolo di rilievo nel controllo di uno tra i più importanti
comprensori agricoli della chora di Selinunte.
L’impianto, realizzato con grande perizia degna di valenti scalpellini che avevano forse
già dato prova della loro abilità nelle vicine cave di Misilbesi, si articola su una superficie
di circa 110 mq ed è formato dall’insieme di sei bacini comunicanti tra di loro, a due a
due, attraverso un foro che connette una vasca superiore a una inferiore di dimensioni
più ridotte. E’ stato realizzato sul ciglio di una balza rocciosa compresa tra le quote
447.74 (Nord) e 445 (Sud) m s.l.m., che si contraddistingue sotto il profilo geologico per
l’affioramento di calcari miocenici grigio-rosati. Il pendio del corrugamento collinare
tende a digradare verso Nord/Ovest, mentre il sito è esposto a Sud e domina il vallone
sottostante che si collega al Lago Arancio.
La proposta di datazione dell’impianto produttivo al periodo ellenistico (IV-III secolo a.C.)
si basa principalmente sulle caratteristiche formali dei bacini e sul rinvenimento di alcuni
frammenti di parete e di orlo riferibili ad almeno due grandi pithoi. Uno dei quali presenta
stesso tipo di orlo e impasto di analoghi contenitori rinvenuti in edifici dell’acropoli del
sito greco-punico di Monte Adranone.
La larga cronologia che qui viene proposta si inserisce bene nel momento in cui anche
questa parte della Sicilia viene investita da nuove trasformazioni relative al popolamento
delle campagne. È il momento in cui Adranon e altri centri entrano a far parte della
eparchia punica e di conseguenza, non si possono non rammentare le possibili
innovazioni tecniche in campo agrario introdotte da esperti e anonimi agronomi
cartaginesi, forse anche allievi dello stesso Magone, che lavoravano in stretto contatto
con i proprietari di epauleis e agroikiai, ben descritte da Diodoro Siculo. Il paesaggio
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agrario antico in cui si inserisce il palmento è quello in cui non predominano più soltanto
aree boschive, pascoli e campi arati per il seminativo, caro forse a indigeni e coloni greci
delle primissime generazioni. É il paesaggio della viticoltura promiscua di catoniana
memoria in cui dovevano risaltare lunghi filari di viti allevate ad alberello, intervallati da
campi lavorati.
Costruito in una posizione di moderata altura per ottenere una migliore esposizione
solare, ovvero per motivi di tipo agronomico in relazione alla disposizione di vigneti nelle
vicinanze, il palmento si colloca in prossimità di un corso d’acqua che scorre alla base del
rilievo collinare sul versante Sud, per soddisfare il fabbisogno idrico giornaliero degli
operatori, come sembra dimostrare l’incasso per l’alloggiamento di un pithos in
prossimità di una delle vasche di pigiatura, ma anche per la pulizia degli spazi produttivi.
Le strutture murarie costruite per definire l’area di lavorazione, furono profilate
direttamente sul banco di roccia. È possibile che alcune parti di esse fungessero da
zoccolo per alzati in materiale deperibile (legno e argilla) funzionali anche al
sostenimento di tettoie di ramaglie e paglia. Crediamo che una tettoia, con falda inclinata
verso il canale di scolo alla base del muro, dovesse coprire le vasche del lato Nord.
Mentre gli incassi realizzati sulla roccia, forse riferibili a pali lignei (scasso cruciforme e
foro circolare), visibili a ridosso del muro di recinzione meridionale e i setti murari ai lati
del bacino più grande di forma rettangolare (A), su cui dovevano poggiare altri sostegni,
riconducono a strutture di rinforzo della copertura.
L’allineamento delle vasche di forma rettangolare per la pigiatura e i relativi bacini di
raccolta e decantazione del mosto si adeguano al taglio effettuato sul banco di roccia e
alla direzione della pendenza.
Gli elementi peculiari del palmento della Risinata, confermano Il modello di impianto per
la produzione del vino che possiamo proporre, allo stato attuale della ricerca e in base
all’analisi di dettaglio delle strutture già individuate, mette in evidenza molte delle
caratteristiche degli antichi palmenti in pietra (lithine) indicate dal prof. G. Forni nel
contributo di apertura di questo volume.1
I bacini rettangolari più grandi (A e C) dove avveniva la pigiatura (prolenion) presentano
una canaletta a profilo retto che si estende nella parte centrale del fondo per tutta la loro
lunghezza, destinato ad ospitare forse una tavola lignea o metallica forata, dello spessore
di circa 3 cm, alloggiata in apposite riseghe laterali.
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G. Forni: Magone, l’agronomia e la viticoltura antica
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La sua funzione doveva essere simile a quella struttura lignea di epoca romana, utilizzata
in verticale per la premitura della vinaccia all’interno delle vasche di pigiatura denominata
galeagra. La fascia modanata che si osserva soltanto al di sotto dei bordi delle pareti
Nord ed Est delle vasche A e C potrebbe essere messa in relazione con la funzione del
condotto individuato sul fondo. La relativa risega visibile sotto la fascia modanata poteva
servire per bloccare la tavola per la premitura delle vinacce sulla quale dovevano poggiare
e premere dei pesi.
Non sono state individuate tracce di intonaco o malta sulle pareti interne ed esterne dei
bacini e non ci sono elementi che possano farci ipotizzare l’utilizzo del torchio.
I collettori di raccolta del mosto (upolènion/lacus) sono di forma semicircolare o ellittica e
presentano un catino di decantazione (cuvette) sul fondo. La loro capienza è variabile:
10.7 ettolitri per A; 7.22 ettolitri per B; 5.04ettolitri per C.
Le dimensioni contenute delle vasche di pigiatura e di raccolta sembrano testimoniare a
favore della trasformazione di uve di varietà diverse e con rendimento ridotto di mosto, in
rapporto ai diversi stadi di maturazione o essiccazione in linea con la produzione di vini
passiti, molto richiesti nel periodo ellenistico-romano. A tal riguardo va ricordato lo
spazio spianato nella parte Nord dell’impianto interpretabile forse come area per
l’ammasso dell’uva che veniva lasciata al sole a trasudare o appassire prima della
pigiatura. Ci chiediamo a questo punto se in questo palmento si lavorasse per produrre il
famoso vino inyctinos, ottimo (callistos) e dolce (edus), tramandato dalle fonti letterarie
antiche.2
Scheda tecnica
Il primo bacino (A), con un orientamento Est-Ovest, è di forma rettangolare: lunga tre metri,
all’interno è larga 75 cm e profonda 72 cm. Al fondo, presenta una canaletta profonda cm 10 e
larga cm 35, con riseghe laterali intagliate dello spessore di circa 3 cm, che ha un foro di
connessione con il bacino più in basso per la raccolta del mosto di forma semicircolare, il cui
diametro interno misura m 1.27 ca. Il bordo inspessito presenta una risega nella parte bassa e sul
fondo è ricavato il catino di decantazione con gradino.
Il bordo della parete Nord è segnato per tutta la sua lunghezza da una fascia modanata larga 27
cm.
Il secondo bacino (B), con orientamento in senso Est/Ovest, è più piccolo e profondo. Ha una
lunghezza interna di m 1.60 e una larghezza di m 1.025, con una profondità di cm 95 ca. Il fondo
risulta piatto, a differenza del primo, e presenta un foro che la connette al bacino per la raccolta
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Esichio; Plinio NatHist XIV, 35. Vedi G. Forni, o.c.)
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del mosto più in basso, di forma ellittica con diametro nell’asse maggiore di m 1.25 ca. e catino di
decantazione sul fondo.
Il terzo bacino (C), con orientamento in senso Nord/Sud, ha dimensioni quasi uguali al secondo,
per quanto riguarda lunghezza (m 1.57) e larghezza (m 1.00) ma risulta meno profonda (cm 67.5)
Come il primo bacino (A), il canale a sezione rettangolare attraversa il fondo per tutta la sua
lunghezza, con una larghezza di cm 32.5 e una profondità di cm 9; anch’esso presenta ai lati una
risega dello spessore di 3 cm ca. Il diametro della vasca di raccolta di pertinenza è di m 1.13 ca,
sul fondo s’individua il catino (cuvette) di decantazione intagliato sul fondo della vasca.
I relativi becchi di versamento realizzati sul lato Ovest dei bacini A e B e su quello Sud (C) sono
ben rifiniti e in buono stato di conservazione. Nella loro realizzazione denotano una certa cura per
la funzionalità e attenzione anche per l’aspetto estetico.
L’insieme delle vasche era delimitato su tutti i lati da uno zoccolo murario, in parte asportato in
antico, profilato direttamente sul banco roccioso e affiancato sul lato esterno da una canaletta. I
lacerti superstiti del muro perimetrale hanno uno spessore di 60 cm ca. Due setti murari interni
all’impianto inquadrano il lato Sud della vasca A: quello Ovest è spesso 52 cm; quello Est è di 70
cm. La piazzola di lavorazione nella parte meridionale appare delimitata, quasi a filo con il
burrone, da un muro di cui si conservano due piccole porzioni nell’angolo Sud/Ovest dello spiazzo
e di fronte al bacino A, con uno spessore di 63 cm ca.
Il canale a sezione semicircolare che corre all’esterno del muro di recinzione dell’impianto sul lato
Nord, presenta una larghezza massima di 32 cm circa e una profondità di 13 cm.
L’ingresso alla piazzola di lavorazione si apriva sul lato Ovest come sembrano dimostrare le tracce
di lavorazione e di spianamento del banco, forse riferibili alla costruzione di un sentiero
funzionale al trasporto. L’interno del piccolo spiazzo fu concepito nel pieno rispetto dei principi
ergonomici che sembrano mostrare una consolidata esperienza dei metodi di lavoro e di
produzione. Il lato Sud della vasca A è servito da due scalini ricavati sul banco di roccia compresi
tra i setti murari già descritti, con l’aggiunta, sul lato Est, in prossimità del setto murario, di un
incasso di forma troncoconica (diametro 65 cm ca.) con base minore verso il basso per
l’alloggiamento di un grande contenitore forse per l’acqua, verosimilmente uno dei pithoi di cui
conserviamo diversi frammenti ancora in situ.
I bacini B e C sono invece rispettivamente serviti da due e un gradino. Uno piccolo è addossato alla
parete Sud della vasca B, l’altro sottostante è di servizio anche alla vasca C e segue quasi tutta la
lunghezza del lato Ovest della vasca fino a raggiungere il bordo del collettore di raccolta del
mosto. L’altezza degli scalini varia per tutti dai 30 cm del più basso ai 25 cm del più alto. Alle
vasche di raccolta si accedeva direttamente dal livello di calpestio della piazzola.
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Bibliografia essenziale:
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