Testo - Bibliografia del Parlamento italiano e degli studi elettorali

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Testo - Bibliografia del Parlamento italiano e degli studi elettorali
L’ABOLIZIONE DELLA CIRCOSCRIZIONE ESTERO NELLE PROPOSTE
*
DEI «SAGGI» DEL PRESIDENTE NAPOLITANO
di
Giampiero Sica
(Dottore di ricerca in Diritto costituzionale e diritto pubblico generale
Sapienza – Università di Roma)
10 luglio 2013
Sommario: 1. Premessa. 2. Titolarità del diritto di voto dei cittadini italiani residenti
all’estero. 3. Effettività del diritto di voto. 4. Voto per corrispondenza e voto in loco. 5.
Considerazioni conclusive
1. Premessa
La relazione finale presentata al Presidente della Repubblica Napolitano dal Gruppo di lavoro
sulle riforme istituzionali istituito il 30 marzo 2013 tocca incidentalmente, ma in maniera
assai penetrante, il tema del voto dei cittadini italiani residenti all’estero.
I «saggi», subito dopo aver segnalato la necessità di superare l’attuale legge elettorale, hanno
proposto «di eliminare le circoscrizioni estero, prevedendo il voto per corrispondenza,
assicurandone la personalità e la segretezza».
Invero non si è registrata sul punto una opinione unanime del gruppo di lavoro.
L’on. Mario Mauro ha, infatti, dissentito sulla proposta di eliminare la circoscrizione estero,
pur proponendo di «riveder(n)e i criteri per le elezioni». In particolare, secondo Mauro:
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Articolo sottoposto a referaggio.
federalismi.it n. 14/2013
«proporre l'eliminazione della circoscrizione estero e dei suoi rappresentanti adducendo
ragioni di violazione dei principi della democrazia rappresentativa e di illeciti connessi
all’esercizio del diritto del voto oltre confine, non giustifica l’eliminazione di uno strumento
che, se opportunamente reso più funzionale e trasparente, permette di mantenere un rapporto
con una parte significativa delle comunità italiane, ancora di più al giorno d’oggi che per
necessità o per opportunità è ricominciato a fluire un consistente flusso migratorio verso
l’estero».
Dalla formulazione della proposta si possono ricavare alcune considerazioni:
2. Titolarità del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero
Innanzitutto il gruppo di lavoro mantiene ferma la titolarità del diritto di voto dei cittadini
italiani residenti all’estero. La scelta deve essere considerata positivamente.
Con la riforma degli anni 2000-20011, infatti, a differenza di quel che comunemente si pensa,
il legislatore non ha introdotto il diritto di voto per coloro che, pur essendo cittadini italiani,
risiedono abitualmente all’estero. Tale diritto è attribuito direttamente dalla Costituzione, che
all’articolo 48, primo comma, recita: «Sono elettori tutti i cittadini che hanno raggiunto la
maggiore età». Sulla base di tale disposizione i cittadini residenti all’estero sono titolari del
diritto di voto al pari dei cittadini italiani residenti in Italia.
Dall’entrata in vigore della Costituzione2, dunque, gli italiani residenti all’estero hanno
sempre votato, ma per farlo hanno dovuto necessariamente rientrare in Italia – in particolare
1
La riforma sul voto per corrispondenza degli italiani residenti all'estero ha seguito un iter lungo e complesso
che comprende ben 2 leggi di revisione costituzionale (n. 1 del 2000 e n. 1 del 2001), una legge ordinaria (n. 459
del 2001) e un regolamento di attuazione (DPR n. 104 del 2003). La legge costituzionale n. 1 del 2000 ha
aggiunto il seguente comma all’art. 48 della Costituzione: “La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio
del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tale fine è istituita una
circoscrizione estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma
costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge”. Il legislatore costituzionale ha, dunque, introdotto una
riserva di legge (successivamente attuata dalla legge 27 dicembre 2001, n. 459) riguardante da un lato i requisiti
e le modalità di esercizio dell'elettorato attivo e dall’altro i criteri di assegnazione dei seggi alla circoscrizione
estero. Il numero di deputati e di senatori espressione diretta dei cittadini residenti all’estero è stabilito agli
articoli 56 e 57 della Costituzione, così come modificati dalla seconda legge costituzionale della riforma (la
legge 23 gennaio 2001, n. 1), per cui “il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella
circoscrizione estero” e “il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella
circoscrizione estero”. Inoltre, “il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla
circoscrizione estero” e per entrambi i rami del Parlamento la ripartizione dei seggi in base alla popolazione
avviene “fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione estero”.
2
Durante i lavori dell'Assemblea costituente fu esperito il tentativo di inserire direttamente nel testo
costituzionale il riferimento all'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero, che come è evidente è
qualcosa di diverso dalla titolarità del diritto stesso: ci riferiamo all'emendamento al secondo comma dell'attuale
articolo 48 della Costituzione presentato dall'on. Piemonte (eletto nelle liste del PSIUP), che riformulava la
disposizione in questo modo: «Il voto è personale ed eguale, libero e segreto ed è esercitato anche dal cittadino
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nel comune che potremmo definire di «appartenenza amministrativa» – con tutte le
conseguenze del caso (dai costi del viaggio alle difficoltà lavorative). Da un lato,
l’ordinamento italiano attribuiva a questi cittadini il diritto di voto, ma dall’altro non li
metteva sostanzialmente nelle condizioni di esercitare quello stesso diritto3.
La riforma degli anni 2000 si è dunque posta l’obiettivo di sanare una situazione nella quale,
come diceva Leopoldo Elia, alcuni cittadini erano «arbitrariamente discriminati»4
nell’esercizio dei propri diritti politici.
3. Effettività del diritto di voto
Per superare tale discriminazione il legislatore avrebbe potuto limitarsi ad approvare la prima
proposizione del terzo comma aggiunto all’articolo 48 della Costituzione dalla legge
costituzionale n. 1 del 2000 («la legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto
di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività»), che ha consentito di
introdurre nell’ordinamento giuridico italiano il voto per corrispondenza (con la successiva
all'estero». Il riferimento all’esercizio del voto fu la causa determinante della bocciatura dell’emendamento. In
quella sede, infatti, nessuno mise in dubbio che la titolarità del diritto di voto per gli italiani all’estero rientrasse
nella previsione dell’articolo 48 della Costituzione già approvato, ma inserire in una disposizione costituzionale
un diretto riferimento all'effettivo esercizio fu considerato eccessivamente rischioso, anche perchè si trattava di
un problema di cui non si riusciva a scorgere la soluzione. L'onorevole democratico cristiano Umberto Merlin
propose di esaminare la questione in sede di legge elettorale, che di lì a pochi giorni si sarebbe dovuta discutere,
e l'Assemblea ritenne di accettare questa soluzione. Tuttavia, in precedenza, il Presidente della Commissione per
la Costituzione, Meuccio Ruini (Democrazia del Lavoro), dopo aver fatto riferimento alle gravi difficoltà di
assicurare l’esercizio del diritto di voto dall'estero e alla conseguente proposta di rinvio, ritenne doverosa una
precisazione:«L’Assemblea, a notevole maggioranza, ha creduto che la nostra Costituzione non possa
assicurare l’esercizio del diritto di voto. L’articolo approvato dice «Tutti i cittadini hanno diritto al voto». Gli
italiani che si trovano all’estero, hanno, in quanto sono ancora cittadini italiani, diritto al voto e possono
esercitarlo ad esempio venendo per le elezioni in Patria. La mia dichiarazione servirà ad esprimere qual è stata
la volontà dell’Assemblea, se in seguito si avranno altri modi di assicurare l’esercizio di voto agli italiani
all’estero, si potrà provvedere con legge ordinaria, senza bisogno di ricorrere a revisione costituzionale»
(seduta del 23 maggio 1947).
3
In base ai decreti del Presidente della Repubblica di assegnazione del numero di seggi alle ripartizioni della
circoscrizione estero emanati il 24 dicembre 2012 i cittadini italiani residenti all’estero iscritti nell’elenco degli
aventi diritto al voto risultano 4.208.977 (di cui 2.307.683 in Europa, 1.283.078 in America meridionale,
388.904 in America settentrionale e centrale e 229.312 in Africa, Asia, Oceania e Antartide).
4 L.ELIA, Il voto degli italiani all'estero tra cittadinanza e residenza, in Pol. Intern., 2000, 4-5, 69, «in questo le
novelle, consentendo di realizzare le indicazioni dell'art. 48 Cost., sono con tutta evidenza in linea con quanto
previsto al comma 2 dell'art. 3 Cost., secondo il quale la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli che limitano
l'eguaglianza tra i cittadini e l'effettiva partecipazione all'organizzazione politica del paese». Si vedano anche
R.CALVANO, Italiani all’estero (voto degli), Dizionario di diritto pubblico, diretto da Sabino Cassese, Giuffré,
2006, 3319: «il principio di uguaglianza e l’esigenza di garantire l’effettività dei diritti politici ad essi spettanti
richiedevano da tempo che si giungesse ad una soluzione del problema»; G.CHIARA, Titolarità del voto e
fondamenti costituzionali di libertà ed eguaglianza, Università di Catania-Facoltà di giurisprudenza, Giuffrè,
2004, 140, seppur critico sulle modalità con cui si è realizzato, vede anch’egli nel «canone di uguaglianza» il
radicamento del voto per corrispondenza, al fine di non discriminare i cittadini all’estero rispetto agli altri
nell’esercizio di un diritto fondamentale.
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3
legge n. 459 del 2001 recante Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani
residenti all' estero).
I lavori parlamentari, invece, si sono concentrati su un altro e ulteriore obiettivo, quello cioè
di creare una circoscrizione ad hoc in cui far confluire i voti degli italiani all’estero in modo
da riservare ai loro rappresentanti una specifica quota di seggi parlamentari (articolo 48, terzo
comma: «la legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini
residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione estero per
l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma
costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge»).
Si segnala, tuttavia, che «introdurre una disposizione costituzionale che stabilisce che la
circoscrizione estero è istituita al fine di garantire l’effettività del diritto di voto significa
confondere i piani dell’effettività del diritto di voto e della rappresentanza diretta in
Parlamento e sovrapporre non opportunamente due questioni distinte e non collegate tra di
loro»5.
Anche la scelta del gruppo di lavoro di eliminare la circoscrizione estero, pertanto, va accolta
positivamente6. È la prima volta che si arriva a sostenere apertamente (e a un livello tanto
5 G.SICA, La legge sul voto degli italiani all’estero e la rottura del principio della rappresentanza
parlamentare nazionale, Politica del diritto, n. 4, 2008, 708.
6
L’abolizione della circoscrizione estero porterebbe, inoltre, al superamento della questione maggiormente
dibattuta durante il procedimento di approvazione della legge n. 459 del 2001 sull’esercizio del voto degli
italiani all’estero: la legittimità e l’opportunità di inserire l’art. 8, comma 1, lettera b), che stabilisce che nella
circoscrizione estero «i candidati devono essere residenti ed elettori nella relativa ripartizione». Al riguardo,
oltre ai pareri pro veritate resi durante il procedimento legislativo dai professori Baldassarre, Frosini, Fusaro,
Lombardi e Morbidelli al Ministro degli italiani nel mondo Tremaglia, si vedano: E.GROSSO, Riflessioni a
prima lettura sulla nuova legge in materia di voto dei cittadini all’estero, www.forumcostituzionale.it/temi di
attualità/il sistema elettorale/il voto degli italiani all’estero; F.CAPORILLI, Ancora sul voto degli italiani
all’estero: quando l’incostituzionalità non è dichiarabile, www.forumcostituzionale.it/temi di attualità/il sistema
elettorale/il voto degli italiani all’estero; E.GROSSO, Il voto all’estero: tra difficoltà applicative e dubbi di
costituzionalità, in Quaderni costituzionali, n. 2, 2002; C.FUSARO, Il voto all’estero: quando i costituzionalisti
non ci stanno, in Quaderni costituzionali, n. 2, 2002; M.LUCIANI, Nell’urna di Dakar. Il pasticcio del voto
degli italiani all’estero, La Stampa, 21 novembre 2001; G.E.VIGEVANI, Il voto all’estero: interrogativi sulla
«riserva indiana» per i candidati, in Quaderni costituzionali, n. 2, 2002; G.CHIARA, Titolarità del voto e
fondamenti costituzionali di libertà ed eguaglianza, Università di Catania-Facoltà di giurisprudenza, Milano,
Giuffrè, 2004; L.RONCHETTI, Parità e diritto di voto degli italiani residenti all’estero o «frammentazione»
della rappresentanza?, in Divieto di discriminazione e giurisprudenza costituzionale: atti del seminario di
Perugia del 18 marzo 2005 (a cura di C.CALVIERI), Quaderni della rivista di diritto costituzionale, Torino,
Giappichelli, 2006; N.LUPO, G.RIVOSECCHI, La disciplina delle incandidabilità, ineleggibilità ed
incompatibilità con il mandato parlamentare, in La legislazione elettorale italiana, a cura di R. D’ALIMONTE,
C.FUSARO, Bologna, il Mulino, 2008; T.E. FROSINI, Una nota sull’elettorato (passivo) degli italiani
all’estero, www.forumcostituzionale.it/temi di attualità/il sistema elettorale/il voto degli italiani all’estero; A.
GRATTERI, Le elezioni dell’altro mondo. Gli italiani all’estero e il voto per corrispondenza, in La legislazione
elettorale italiana, a cura di R. D’ALIMONTE, C. FUSARO, Bologna, il Mulino, 2008.
Per una critica della procedura parlamentare seguita durante l’iter di approvazione della legge si veda, invece, E.
VIVALDI, Maggioranza e opposizioni nel procedimento di approvazione della legge n. 459/2001 (voto degli
italiani all’estero), in Maggioranza e opposizioni nelle procedure parlamentari: atti del ciclo di seminari svolti
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autorevole) che la riforma degli anni 2000 sul voto all’estero è viziata da un importante errore
di impostazione generale.
Il vizio originale della riforma è contenuto, infatti, nella seconda proposizione del terzo
comma dell’articolo 48 della Costituzione laddove viene istituita la circoscrizione estero. Tale
soluzione normativa, che – per come è congegnata – è di fatto un unicum nell’intero
panorama internazionale (eccetto il modello francese dopo la riforma del 2008), complica
l’organizzazione di un meccanismo elettorale già di per sé difficile da immaginare e da
mettere in pratica e per di più ne massimizza i difetti.
La principale novità in tema di voto dall’estero negli ultimi anni è stata la riforma
costituzionale approvata in Francia nel 2008 (e applicata per la prima volta alle elezioni del
2012)7 che ha inserito una quota di undici deputati eletti all’estero, con suffragio diretto,
nell’Assemblea nazionale, ai sensi dell’articolo 24, quinto comma, della Costituzione francese
(«I francesi stabiliti fuori della Francia sono rappresentati all’Assemblea Nazionale e al
Senato»)8. Fino ad allora in Francia erano riservati ai rappresentanti dell’estero dodici seggi
nel solo Senato, «organo di rappresentanza delle autonomie»9, eletto a suffragio indiretto, che
non partecipa al procedimento legislativo in posizione paritaria con l'Assemblea nazionale e
non ha alcun vincolo fiduciario con il Governo. Peraltro, in linea con i criteri adottati per la
composizione del Senato francese, i senatori sono eletti indirettamente dall’Assemblée des
français de l’étranger (Afe), ossia l’assemblea rappresentativa dei français établis hors de la
France (istituita con la legge n. 805 del 2004 e che rappresenta 2 milioni e 100 mila
espatriati), dei quali fanno parte, di diritto, dopo la riforma, anche i deputati eletti all’estero.
Un’altra esperienza interessante è quella del Portogallo, dove «la legge elettorale stabilisce
che gli elettori residenti fuori dal territorio nazionale siano suddivisi sulla base del loro attuale
domicilio in due circoli elettorali, a ciascuno dei quali, a prescindere dal numero degli elettori,
spetta l'elezione di due deputati (v. art. 12, comma 4, e art. 13, comma 2, l. n. 14 del 1979). In
Portogallo, però, la legge elettorale, proprio in ossequio al principio costituzionale che vieta il
in collaborazione con il Senato della Repubblica e con la Camera dei deputati, a cura di E.ROSSI, Quaderni
della Scuola Superiore Sant’Anna di studi universitari e di perfezionamento, Padova, Cedam, 2004.
7
Si vedano al riguardo la Loi constitutionnelle n. 2008-724 du 23 juillet 2008 de modernisation des institutions
de la Ve République e la Loi n. 2011-411 du 14 avril 2011 ratifiant l'ordonnance n° 2009-936 du 29 juillet
2009 relative à l'élection de députés par les Français établis hors de France.
8
Si potrebbe così porre anche in Francia la questione della compatibilità di una rappresentanza speciale dei
cittadini all’estero con la rappresentanza parlamentare nazionale. Bisogna tenere conto, tuttavia, che nella
Costituzione francese del 1958 non si rinviene la norma corrispondente all’art. 67 della Costituzione italiana
nella sua prima parte. All’art. 27, primo comma, si stabilisce, infatti, che il mandato imperativo è nullo, ma nulla
si dice circa il fatto che «il deputato rappresenta la Nazione». Principio, peraltro, mutuato dall’ordinamento
francese che nelle prime costituzioni post rivoluzionarie prevedeva che «i membri dell’Assemblea nazionale
sono i rappresentanti, non del dipartimento che li nomina, ma della Francia intera».
9
F.CAPORILLI, Ancora sul voto degli italiani all’estero cit., 3.
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mandato imperativo, non stabilisce che possano candidarsi solo coloro che sono elettori nei
collegi elettorali dei territori non nazionali»10.
A livello internazionale non sembrano trovarsi altri casi di seggi parlamentari riservati a
rappresentanti dei cittadini residenti all’estero, mentre è molto diffuso il meccanismo del voto
per corrispondenza11.
4. Voto per corrispondenza e voto in loco
Nonostante il gruppo di lavoro abbia suggerito l’abolizione della circoscrizione estero, la
relazione finale sostiene che debba essere mantenuto «il voto per corrispondenza,
assicurandone la personalità e la segretezza».
L’indicazione è assai importante perché mantenere il voto per corrispondenza senza
circoscrizione estero significa far confluire i voti espressi all’estero nelle circoscrizioni
elettorali nazionali, prendendo come riferimento il comune di «appartenenza amministrativa»
in cui ogni elettore residente all’estero è ancora iscritto.
Questa soluzione ha il grande pregio di consentire la «dispersione» dei voti degli italiani
all’estero, rendendo di fatto inutile qualunque tipo di truffa elettorale. Nel caso di voto
«diffuso», infatti, non sarebbe possibile eleggere un rappresentante parlamentare mediante
interferenze nel procedimento elettorale. I voti di due elettori entrambi residenti in America
del Sud, anche nella stessa città o addirittura vicini di casa, potrebbero, ad esempio, confluire
l’uno in un collegio del Veneto e l’altro in un collegio della Calabria, a seconda del comune
italiano di provenienza. Quand’anche i due elettori provenissero dalla stessa provincia,
l’«utilità marginale» degli abusi sarebbe alquanto ridimensionata12.
Meno chiaro appare il riferimento del gruppo di lavoro all’assicurazione della personalità e
della segretezza del voto per corrispondenza. Non si comprende, infatti, se si sia voluto dare
un giudizio negativo sull’attuale sistema, segnalando il fatto che attualmente il voto per
corrispondenza non garantisce tali requisiti (e sarebbe oggettivamente difficile sostenere il
10
F.CAPORILLI, Ancora sul voto degli italiani all’estero cit., 3.
Per un’interessante lettura su talune importanti esperienze di voto dei cittadini residenti all’estero si veda
E.BALSAMO, La disciplina del voto all’estero. Un’analisi comparata (in Il voto degli altri. Rappresentanza e
scelte elettorali degli italiani all’estero, a cura di G. TINTORI, Rosenberg & Sellier, Torino, 2012, 25-50) che
richiama gli esempi delle esperienze francese, greca, rumena, spagnola, portoghese, belga, svedese, svizzera,
uruguaiana e boliviana.
12 Tale soluzione, con l’attuale legge elettorale sarebbe facilmente praticabile viste le ampie circoscrizioni
elettorali del sistema proporzionale. In caso di scelta dei collegi uninominali, invece, bisognerebbe fare maggiore
attenzione nel ridisegnare i collegi stessi, perché in alcune Regioni il tasso di emigrazione è stato più elevato (ad
es. Friuli, Abruzzo, Molise, Basilicata, Campania e Sicilia) ed in alcune zone è possibile un’alta concentrazione
di votanti esteri. Al riguardo si veda più avanti la proposta Ceccanti.
11
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contrario), oppure se si sia voluto semplicemente richiamare principi già contenuti nell’attuale
ordinamento.
Nel primo caso, l’unica possibilità sarebbe far verificare al Governo italiano, attraverso un
approfondimento del Ministero degli esteri, se nulla osti all’introduzione del cosiddetto voto
in loco, cioè presso gli uffici consolari italiani. Si è sempre sostenuto, infatti, che tale
modalità di voto creerebbe una serie di problematiche concernenti il rapporto con gli Stati di
residenza degli elettori ed è stata quindi scartata per “motivi di ordine pratico, politico ed
economico”13.
Votare in loco significherebbe costituire seggi elettorali fuori dai confini nazionali, così come
avviene attualmente per le elezioni europee, in occasione delle quali gli italiani residenti in
Europa votano “presso le sezioni elettorali appositamente istituite nel territorio degli Stati
stessi”14. In particolare, durante il voto europeo le sezioni elettorali sono istituite presso i
consolati d'Italia, gli istituti di cultura, le scuole italiane e altri locali messi a disposizione
dagli Stati membri dell'Unione15.
Due sono i vantaggi da non sottovalutare di questo modello. In primo luogo anch’esso
garantisce all’elettore di votare direttamente dal luogo di residenza, ma soprattutto permette di
riprodurre la situazione in cui si vota sul territorio nazionale, assicurando tutte le condizioni
richieste dall’art. 48, secondo comma, della Costituzione: personalità, libertà, uguaglianza e
segretezza del voto.
Un ostacolo potrebbe essere rappresentato dallo sforzo organizzativo a carico degli uffici
consolari sia per la creazione dei seggi elettorali che per il reclutamento del personale
necessario. Tuttavia, un impegno organizzativo di pari dimensioni, se non superiore, è
richiesto anche per la preparazione e l’invio del materiale elettorale per corrispondenza.
Ulteriori impedimenti a una scelta siffatta, a dire il vero non insuperabili, sarebbero sia di
ordine pratico che politico:
1. la distanza tra il luogo di residenza di un certo numero di elettori e le sedi delle sezioni
elettorali si potrebbe tramutare di fatto in un elemento discriminatorio. Alcuni elettori
13 G.MENNA, Le proposte italiane in materia di voto dei cittadini residenti all’estero in F.LANCHESTER, Il
voto degli italiani all’estero, Roma, Bulzoni, 1988, 29.
14
Articolo 3, comma 1, del decreto legge n. 408 del 1994 convertito nella legge 3 agosto 1994, n. 483,
Disposizioni urgenti in materia di elezioni al Parlamento europeo.
15 “Qualora tali locali non risultino in misura sufficiente, la scelta di ulteriori sedi per l'istituzione delle sedi
elettorali dovrà cadere anche su locali utilizzati dallo Stato italiano o su altri locali idonei alle operazioni di voto,
evitando che i seggi stessi siano ubicati presso sedi di partiti politici o di organismi sindacali, italiani o stranieri,
ovvero in edifici destinati al culto o ad attività industriali e commerciali” (articolo 3, comma 2, secondo periodo
del decreto legge 24 giugno 1994, n. 408).
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potrebbero votare nella stessa città o provincia nella quale risiedono, altri invece
dovrebbero affrontare un viaggio lungo, costoso e disagiato;
2. in alcuni Stati si ritiene che l’esercizio sul territorio del diritto di voto configuri la
violazione del principio di sovranità.
5. Considerazioni conclusive
In conclusione, il superamento della circoscrizione estero sanerebbe il vulnus che la riforma
degli anni 2000 ha determinato nei confronti dei principi costituzionali.
Riservare alcuni seggi parlamentari alla rappresentanza degli interessi degli italiani residenti
all’estero intesi come categoria16 comporta una rottura del principio della rappresentanza
parlamentare nazionale di cui all’articolo 67 della Costituzione17.
Tale rappresentanza andrebbe esclusa da quella parlamentare e ricondotta alla rappresentanza
organica nell’ambito dei Comitati degli italiani all’estero (Comites) e del Consiglio Generale
degli italiani all’estero (CGIE), organo consultivo del Governo e del Parlamento18.
Contestualmente all’abolizione della circoscrizione estero, è tuttavia da considerare prioritario
il mantenimento di un meccanismo elettorale che consenta ai cittadini italiani residenti
all’estero di esprimere il proprio voto senza dover tornare necessariamente in Italia. Obiettivo
che, come già detto, è raggiungibile anche in assenza di una circoscrizione estero, attraverso
la confluenza dei voti esteri nelle circoscrizioni elettorali italiane. Al riguardo, l’abrogazione
della seconda proposizione del terzo comma dell’articolo 48 della Costituzione
(circoscrizione estero) e il mantenimento della sola prima proposizione dello stesso comma
(riserva di legge) consentirebbe di continuare ad adottare il voto per corrispondenza. Il voto
per corrispondenza, infatti, risulta a oggi ammissibile solo nell’ambito della circoscrizione
16
In questo senso è da considerare anche l’inserimento nella riforma dell’art. 8, comma 1, lettera b) della legge
27 dicembre 2001, n. 459 sull’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero che stabilisce
che nella circoscrizione estero «i candidati devono essere residenti ed elettori nella relativa ripartizione».
17 Al riguardo, mi si consenta di rinviare a G.SICA, La legge sul voto degli italiani all’estero e la rottura del
principio della rappresentanza parlamentare nazionale, Politica del diritto, n. 4, 2008.
18
Per un’analisi della proposta di legge di modifica degli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero in
discussione durante la XVI Legislatura (approvata al Senato il 25 maggio 2011 e assegnata in sede referente alla
Commissione affari esteri della Camera dei deputati, A.C. 4398) si veda M. CAPESCIOTTI, Gli organismi di
rappresentanza degli italiani all’estero: è giunto il tempo di una riforma?, Rivista dell’Associazione italiana dei
costituzionalisti, n. 3, 2012.
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8
estero derogando ai principi di personalità, segretezza e libertà del voto in ragione della
specifica condizione dei cittadini italiani all’estero19.
Quanto alle specifiche modalità di voto, nel caso si voglia superare il voto per corrispondenza
perché considerato non rispettoso dei principi generali in materia di diritto di voto (libertà,
uguaglianza, personalità e segretezza) si potrebbe adottare il voto in loco (che, come
ripetiamo, è già utilizzato per le elezioni europee). Se tale modello di voto non fosse
applicabile ovunque, si potrebbe immaginare di far convivere nello stesso sistema due
tipologie di votazione, applicando come regola generale il voto in loco, salvo utilizzare come
criterio residuale ed eccezionale, ove esso sia impedito dal mancato accordo con lo Stato
estero, il voto per corrispondenza.
Certamente da segnalare è il richiamo di Stefano Ceccanti, il quale evidenzia come
l’abolizione della circoscrizione estero non risolva tutti i problemi, paventando il rischio che i
voti dei cittadini all’estero possano risultare comunque decisivi nel caso in cui si adottino i
collegi elettorali uninominali e non sistemi con voti di lista. Una possibile soluzione,
prospettata sempre da Ceccanti, sarebbe quella di dedicare al voto estero alcuni collegi sul
modello francese: una decina di collegi uninominali dedicati al voto dei cittadini all’estero,
infatti, sarebbe preferibile a una cinquantina di collegi uninominali la cui sorte venisse decisa
«a New York o in Argentina»20.
A mio avviso, tuttavia, questo scenario può essere ridimensionato sulla base di alcune
considerazioni.
Innanzitutto, con l’abolizione della circoscrizione estero verrebbe meno l’obbligo per i
candidati di essere residenti all’estero (ex art. 8 della legge 459 del 2001) e conseguentemente
19
Va comunque segnalato che nell’ordinamento italiano già esiste un meccanismo elettorale “per
corrispondenza” che è escluso (dal nostro punto di vista illegittimamente) dal circuito della circoscrizione estero.
Ci riferiamo alle modalità di voto relative ai cosiddetti «italiani temporaneamente all’estero». Dal 2006 , infatti,
il Governo pro tempore emana, in vista delle elezioni, un decreto legge recante Disposizioni urgenti per lo
svolgimento delle elezioni politiche» che consente di far votare per corrispondenza alcune categorie di cittadini:
1) il personale appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all’estero, in quanto
impegnato nello svolgimento di missioni internazionali; 2) i dipendenti di amministrazioni dello Stato,
temporaneamente all’estero per motivi di servizio, qualora la durata prevista della loro permanenza all’estero,
secondo quanto attestato dall’Amministrazione di appartenenza, sia superiore a sei mesi, nonché qualora non
iscritti alle anagrafi dei cittadini italiani residenti all’estero, i loro familiari conviventi; 3) i professori
universitari, ordinari e associati, ricercatori e professori aggregati che si trovano in servizio presso istituti
universitari e di ricerca all’estero per una durata complessiva di almeno sei mesi e che, alla data del decreto di
convocazione dei comizi, si trovano all’estero da almeno tre mesi. I voti di questi elettori confluiscono nelle
circoscrizioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica “in cui è compreso il comune di Roma
Capitale” (articolo 2 del decreto legge n. 223 del 2012 convertito con modificazioni dalla legge n. 232 del 2012).
Tuttavia, tale peculiare previsione normativa non sembra attualmente garantita da copertura costituzionale
proprio perché esterna alla circoscrizione estero.
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Intervento nell’ambito del Seminario dell’Associazione italiana dei costituzionalisti – “I costituzionalisti e le
riforme” – organizzato il 28 giugno 2013 presso l’Università degli studi Roma Tre.
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verrebbe meno questo eccentrico modello di campagna elettorale all’estero che abbiamo
conosciuto finora.
Inoltre, è vero che i cittadini residenti all’estero potrebbero essere determinanti in alcuni
collegi uninominali, ma c’è anche da dire che dovrebbero votare per gli stessi candidati,
residenti in Italia, proposti agli elettori dai partiti nazionali nell’ambito del circuito elettorale
«interno», superando finalmente quella rappresentanza speciale che viola l’art. 67 della
Costituzione.
Peraltro, questa situazione era già presente durante la vigenza della legge Mattarella, quando,
con i collegi uninominali, gli italiani all’estero avevano diritto di votare rientrando in Italia.
Senza considerare che i cittadini italiani residenti all’estero sono elettori come tutti gli altri e
tutto sommato hanno anche il diritto di essere determinanti nell’elezione di alcuni candidati, a
meno di non voler immaginare un diritto di voto «limitato».
Semmai questo sarebbe un motivo in più per adottare il sistema sopra prospettato del voto in
loco (e del successivo invio per corrispondenza in Italia delle schede votate ai fini dello
scrutinio) in modo da garantire anche per il voto dall’estero i medesimi requisiti di
uguaglianza, libertà, personalità e segretezza richiesti per il voto in Italia. Perché è sempre
bene ricordare che ad oggi questa garanzia non c’è.
Infine, si potrebbe valutare una ulteriore modifica legislativa per rendere il sistema del voto
all’estero più coerente e più «economico», sotto tutti i punti di vista. Ci si riferisce in
particolare all’articolo 4 della legge n. 459 del 2001 e alla cosiddetta «opzione di voto».
Attualmente, il cittadino all’estero che decide di votare rientrando in Italia può farlo
esercitando un’opzione che consiste in una comunicazione scritta alla rappresentanza
diplomatica o consolare competente. In questo modo, per l’elettore è possibile votare
direttamente sul territorio italiano, nella circoscrizione relativa alla sezione elettorale in cui il
cittadino è iscritto. Solo coloro che hanno esercitato l’opzione sono ammessi a votare in Italia
mentre i voti degli altri cittadini all’estero sono espressi per corrispondenza e confluiscono
nelle varie ripartizioni della circoscrizione estero.
Attualmente, dunque, la via ordinaria per il voto dall’estero è il voto per corrispondenza, a
meno che non venga esercitata l’opzione per il diritto di voto in Italia. Tale sistema è stato
adottato per incentivare la partecipazione al voto degli italiani all’estero, ma anche sotto un
profilo strettamente teorico non appare corretto. La regola generale, infatti, dovrebbe essere
quella del voto sul territorio nazionale (in modo da favorire il ritorno in Italia e il
collegamento con il suolo patrio) e in caso di scelta diversa l’elettore dovrebbe far richiesta di
esercitare il voto per corrispondenza (o il voto in loco in caso di modifica normativa).
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La principale distorsione di una siffatta impostazione riguarda l’invio da parte degli uffici
consolari dei plichi con il materiale elettorale indistintamente a tutti gli aventi diritto al voto
che hanno deciso di non rientrare in Italia. Ma non tutti sono davvero interessati o
effettivamente raggiungibili. Per fare un semplice esempio, nel 2006 sono stati inviati quasi
2,7 milioni di plichi, ma ne sono tornati indietro tra restituiti e votati, contando anche quelli
arrivati oltre i termini, circa 1,2 milioni, il 43,60 per cento. Ciò significa che oltre il 46 per
cento dei plichi inviati rimane nella disponibilità dei cittadini elettori. Un milione e mezzo di
schede non votate rimangono alla mercé di coloro che puntano a impossessarsene per
esercitare illegittimamente il diritto di voto per corrispondenza. A ciò si aggiunga che anche il
certificato elettorale viene inviato con la medesima spedizione insieme alla scheda da votare.
Chi si impossessasse illegalmente del plico potrebbe, dunque, votare per corrispondenza
senza alcuna difficoltà21. Questa soluzione crea gravi diseconomie e disfunzioni, considerati
anche i problemi ancora irrisolti riguardanti la correttezza e completezza degli elenchi
dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) e della mancata coincidenza di questi
con gli elenchi delle c.d. anagrafi consolari. Difficilmente potrà esistere un elenco
perfettamente aggiornato fino a che non verrà organizzato un sistema telematico modificabile
in tempo reale dalle rappresentanze consolari come dai comuni, dal Ministero degli esteri
come da quello degli interni.
Sulla base di queste premesse, pare dunque ragionevole invertire il meccanismo dell’opzione
per passare al metodo della registrazione di coloro che desiderano esercitare il diritto di voto
per corrispondenza. In tal modo il materiale elettorale verrebbe spedito solo a chi abbia
manifestato effettivamente la volontà di partecipare alle elezioni.
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Al riguardo non va sottovalutato un ulteriore elemento e cioè il trend ormai consolidato di forte aumento del
numero degli aventi diritto al voto nell’ambito della circoscrizione estero. In base ai decreti del Presidente della
Repubblica di assegnazione dei seggi alle ripartizioni della circoscrizione estero si riscontrano, infatti, differenze
di rilevo tra i dati del 2006, del 2008 e del 2013. Nel 2006 risultavano iscritti (nell’elenco aggiornato ex art. 5,
comma 1, della legge n. 459 del 2001) 3.520.809 aventi diritto, che nel 2008 sono diventati 3.649.377, per
arrivare nel 2013 a 4.208.977. Di seguito sono riportati i dati distinti per ripartizioni:
1) nel 2006: 2.039.149 iscritti in Europa, 855.673 in America meridionale, 403.597 in America settentrionale e
centrale e 192.390 in Africa, Asia, Oceania e Antartide;
2) nel 2008: 2.072.410 iscritti in Europa, 1.017.776 in America meridionale, 359.852 in America settentrionale
e centrale e 199.339 in Africa, Asia, Oceania e Antartide;
3) nel 2013: 2.307.683 iscritti in Europa, 1.283.078 in America meridionale, 388.904 in America settentrionale
e centrale e 229.312 in Africa, Asia, Oceania e Antartide.
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