Prof. Avv. Vincenzo Ferrari Presidente Prof. Avv. Massimo Cartella Rel

Transcript

Prof. Avv. Vincenzo Ferrari Presidente Prof. Avv. Massimo Cartella Rel
PRONUNCIA N. 35/2013
Il Giurì, composto dai Signori:
Prof. Avv. Vincenzo Ferrari
Prof. Avv. Massimo Cartella
Prof.ssa Carmen Leccardi
Dr.ssa Carmen Manfredda
Presidente
Relatore
*******
in data 26 marzo 2013 ha pronunciato la seguente decisione nella vertenza promossa da
AZIENDE CHIMICHE RIUNITE ANGELINI FRANCESCO ACRAF S.P.A.
contro
UNILEVER ITALIA MKT OPERATIONS S.R.L.
********
Aziende Chimiche Riunite Angelini Francesco ACRAF s.p.a. (in seguito, Angelini) con Istanza 12
marzo 2013 ha richiesto l’intervento del Giurì in relazione ad una campagna pubblicitaria
avente ad oggetto il sapone Dove, attualmente diffusa mediante spot televisivi dalla Unilever
Italia MKT Operations s.r.l. (in seguito, Unilever).
Dopo una breve presentazione di sé e l’evocazione dei marchi “storici” e noti di cui è titolare,
Angelini espone di avere acquisito nel corso del 2011 il noto marchio Infasil per prodotti
deodoranti e dell’igiene intima, dalla Procter & Gamble.
In particolare, narra Angelini, la comunicazione commerciale relativa a Infasil si è focalizzata
sull’uso di «sagome di donna stilizzate rappresentate in sequenza (come fossero degli
origami)». La modalità di rappresentazione ed il concept veicolato prevedono che le sagome
mutino colore, dal rosa all’azzurro, quando sono associate al prodotto; ciò evidenzia al
pubblico le prerogative del detergente intimo: più precisamente, il suo positivo impatto
sull’epidermide e l’efficacia lenitiva del prodotto sulle irritazioni. L’icona della sagoma stilizzata
della donna simboleggia l’epidermide che, a contatto con il prodotto, muta aspetto.
Angelini aggiunge che anche l’ultima versione del suo telecomunicato, diffusa nel 2012, è
incentrata su tale concetto. In esso i personaggi reali sono ritratti in biancheria intima; lo
speaker avverte che la pelle è sensibile nelle parti intime, che Infasil è un intimo lenitivo, sicuro
e, in caso di irritazione, aiuta ad alleviare la sensazione di fastidio. Contestualmente appare a
video il pack shot del prodotto e sullo schermo «scorre... la tipica figura di sagome di donna
stilizzate di colore rosa che, nel momento in cui si avvicinano al prodotto, cambiano colore»
diventando azzurre.
Negli anni, Angelini ha compiuto ingenti investimenti pubblicitari sull’utilizzo di questa idea
creativa.
Angelini illustra poi che Unilever sta usando nella propria pubblicità un’idea creativa «del tutto
simile» per pubblicizzare il sapone Dove. Nel filmato una ragazza mostra alla telecamera un
cartoncino a forma di sagoma femminile rosa. Lo speaker afferma che trattasi di un tester che
1
reagisce come la pelle della spettatrice, concetto ripetuto nella contestuale nota che è
presente in schermo. Appaiono poi quattro diverse saponette sul fondo bianco, mentre nel
super si legge “dimostrazione enfatizzata a scopo illustrativo. Confronto tra Dove e normali
saponi ad alto PH”. La testimonial pone poi quattro sagome di donna in sequenza, unite tra
loro come fossero un origami, ciascuna su una saponetta e richiama l’attenzione: “Ora guarda
cosa succede a contatto col sapone”; la scena prosegue, mostrando che le sagome apposte
sulle tre saponette si sciolgono, mentre quella sovrapposta a Dove rimante integra. Lo speaker
intanto segnala che “un normale sapone può aggredire la pelle”, ma “Dove è diverso, con un
quarto di crema idratante e detergenti delicati” e che “Dove non aggredisce la pelle”. A ciò
segue l’apparizione a video delle immagini del prodotto.
Ad avviso di Angelini è «inequivocabile» l’intento di Unilever di appropriarsi dei codici
comunicazionali utilizzati negli ultimi dieci anni per promuovere Infasil.
La pubblicità Unilever contrasta con l’art. 13 del Codice di Autodisciplina, nei suoi due profili:
del divieto di imitazione pubblicitaria e del divieto di agganciamento.
Il telecomunicato Unilever “usurpa” l’idea pubblicitaria di Angelini, negli elementi salienti della
sua “costruzione”, dove l’icona della sagoma femminile «rappresenta l’epidermide a contatto
con il prodotto pubblicizzato, per metterne in risalto le proprietà». Anche nel telecomunicato
Dove la sagoma delle donne rappresenta l’epidermide, a contatto con il prodotto
pubblicizzato, evidenziandone le particolari prerogative, cioè la delicatezza.
L’infrazione autodisciplinare è aggravata dal rapporto di concorrenzialità tra le parti e dalla
«sostanziale contestualità della diffusione dei messaggi» rispettivi.
Peraltro, il telecomunicato viola il diritto dell’imprenditore che per primo diffonde la
pubblicità, di autodeterminare senza altrui interferenze la propria immagine e stile
comunicazionale. La sagoma di donna usata da Angelini, conclude l’Istante, è «divenuta
un’icona identificativa» del detergente intimo a marca Infasil e l’iniziativa Unilever produce un
effetto diluitivo della forza comunicazionale della campagna pubblicitaria Infasil.
Angelini, infine, afferma che quanto illustrato giustifica l’irrogazione della pubblicazione della
decisione del Giurì, oltre all’ordine di cessazione.
**********
Unilever ha depositato una Memoria di Resistenza in data 25 marzo 2013. Rievocato il lancio
dei prodotti della gamma Dove nel 1957 negli USA e nel 1989 in Italia, Unilever puntualizza che
questo sapone si caratterizza per il PH più simile a quello della pelle rispetto ai saponi
concorrenti e che da ormai venti anni la comunicazione pubblicitaria, in particolare negli spot,
utilizza l’idea di dimostrare visivamente, attraverso un tester, quanto Dove sia meno
aggressivo sulla pelle; ciò si sviluppa illustrando le variazioni del tester quando apposto su
saponi tradizionali e la sua invarianza quando apposto sul prodotto Beauty Bar. Il tester è
sempre stato cartaceo, tipo cartina di tornasole e spariva o virava in verde quando a contatto
con saponi tradizionali. Anche l’ultima campagna di Unilever segue questo codice
comunicazionale, se pur con “aggiornamenti”, come - tra gli altri - quello di mettere il tester in
mano ad una ragazza, quello di farle apporre i tester con un unico gesto sui vari saponi.
La sagoma femminile è stata scelta, perché gli attuali tester sono in materiale cartaceo
composto da una sostanza simile alla cheratina cutanea; ciò che fa loro subire gli stessi effetti
di degradazione che sono provocati sulla pelle dai tensioattivi dei saponi tradizionali. Del resto,
la scelta della figura femminile è in linea con la complessiva strategia comunicazionale di
Unilever.
Quanto alla specifica forma adottata per i tester si tratta di una forma assai comune e
largamente utilizzata, ciò che la rende non monopolizzabile.
2
Unilever contesta poi, nello specifico, che sussista imitazione della sagoma di donna stilizzata
rappresentata in forma seriale come se fosse un origami e del concept fondato sul
cambiamento di colore, da rosa ad azzurro.
Unilever nega che le sagome in questione della pubblicità Infasil siano assimilabili ad un
origami, perché separate le une dalle altre e non facenti parte del mondo reale o non
composte di materiale cartaceo. Inoltre, le sagome, rappresentate quasi in funzione
decorativa, simulano una fila potenzialmente infinita, ad indicare la generalità delle donne.
Nella pubblicità Dove, invece, le sagome sono solo quattro, ciascuna associata ad uno dei
saponi oggetto della prova. L’esser state ritagliate insieme, è conseguente alla funzione della
contestuale loro applicazione sui quattro saponi.
Unilever aggiunge che nel proprio spot le sagome non mutano colore, bensì si degradano
rappresentando così gli effetti negativi dei saponi tradizionali, laddove nella pubblicità Infasil il
cambio di colore esprime iconicamente gli effetti lenitivi del prodotto. Nello spot Infasil, poi, le
sagome non assumono ruolo centrale, questo essendo ricoperto da primi piani sui corpi
femminili e quindi rappresentativi di situazioni di vita reale riprese in momenti di interazione o
di stress, laddove le sagome femminili appaiono in un unico frame.
La pubblicità Dove segue un diverso registro narrativo, perché nessuno spazio è dedicato a
situazioni di vita reale.
D’altro canto, aggiunge Unilever, va pure contestato che l’uso delle sagome di figure femminili
sia da sempre la cifra distintiva di tutta la comunicazione promozionale dei detergenti intimi
Infasil, come si può osservare in esempi di precedenti campagne pubblicitarie, di cui Unilever
offre documentazione.
Né sono applicabili nella specie i precedenti delle decisioni del Giurì evocati da Angelini, in
quanto nei casi in oggetto si trattava di concept fortemente peculiari o altamente originali,
ripresi dal terzo nei loro componenti essenziali o fondamentali.
Unilever ritiene che, esclusa la servile imitazione della pubblicità Infasil, neanche sussista
l’agganciamento comunicazionale. Infatti, presupposto dell’infrazione autodisciplinare è che
venga imitato l’altrui nucleo comunicazionale, proteggibile, e, soggiunge Unilever, non è
questo il caso. D’altro canto, neppure ricorrono gli ulteriori presupposti della notorietà degli
elementi imitati e l’ottenimento di un illecito profitto.
Quanto alla notorietà, questa non è stata dimostrata e ciò basta, per sé, per impedire
l’applicazione dell’art. 13 Codice Autodisciplina; per quel che concerne il conseguimento di un
illecito profitto, la sua esclusione deriva dal fatto che un travaso di notorietà non è
configurabile, dato che Dove gode di notorietà non inferiore ad Infasil; e, per di più, i prodotti
rispettivamente pubblicizzati non sono concorrenti.
Né si può pensare che si attui un depotenziamento del concetto promozionale altrui, per
favorire l’accreditamento del proprio.
Sulla richiesta di pubblicazione della decisione del Giurì, Unilever osserva che il rigetto della
domanda principale comporta quello della domanda accessoria e, comunque ed in subordine,
che non ricorrono i requisiti per la pubblicazione, la quale viene disposta solo in casi estremi od
eclatanti, in caso di reiterata violazione autodisciplinare, nel caso di intenzionalità decettiva, e
così via; rarissimi, poi, sono stati i casi di violazione dell’art. 13 Codice Autodisciplina
accompagnati dalla pubblicazione della decisione.
*********
3
All’udienza del 26 marzo 2013 sono presenti:
- per Angelini gli avv.ti Massimo Tavella e Barbara Mazzi (difensori) ed il dott. Claudio
Ragni
- per Unilever gli avv.ti Gabriele Cuonzo, Vittorio Cerulli Irelli (difensori) e la dott.ssa
Elisabetta Ferraro
- per il Comitato di Controllo l’avv. Carlo Orlandi.
*********
Dopo la relazione orale svolta dal prof. Cartella, su invito del Presidente hanno preso la parola i
difensori delle parti.
L’Avv. Tavella per Angelini osserva che la difesa Unilever si appella all’assunto secondo il quale
la tutela dell’idea pubblicitaria offre profili di rischio monopolistico; senonchè una tal difesa
non trova fondamento, sia per il carattere peculiare dell’art. 13 Codice Autodisciplina, che non
trova norme simmetriche nell’Ordinamento Statuale, sia in ragione della giurisprudenza del
Giurì, che ha ripetutamente protetto le ideazioni pubblicitarie e, quindi, gli investimenti
pubblicitari. Tra tutela dell’idea pubblicitaria e del correlato investimento ed esigenze
antimonopolistiche, occorre effettuare un bilanciamento degli interessi.
L’avv. Tavella sostiene l’originalità della idea pubblicitaria. Ai fini della originalità è sufficiente
un livello creativo, anche modesto; tuttavia, nel caso della pubblicità Infasil, la sagoma
stilizzata femminile, che rappresenta l’epidermide della consumatrice, presenta un elevato
grado di originalità. Questa conclusione trova conforto nel fatto che nessun altro ha utilizzato
questa idea.
Per altro verso, l’indagine Ipsos (doc. 4 Angelini) prova che la pubblicità è riconosciuta dal
pubblico come caratteristica di Infasil.
Ad avviso dell’avv. Tavella non può essere seguito l’argomentare difensivo di Unilever, che
segmenta l’idea pubblicitaria, negando tutelabilità alle sue singole parti; d’altro canto, la
questione non verte sulla originalità dell’uso della sagoma stilizzata di donna, ma sulla
originalità connessa all’idea della sagoma che rappresenta l’epidermide.
Ora, aggiunge l’avv. Tavella, anche nella pubblicità Dove l’epidermide è rappresentata con
sagome stilizzate di donna, posate sul prodotto e con esso interagiscono. Dunque, c’è una
ripresa dell’idea di Angelini, come risulta dai “fermo immagine” della pubblicità, che l’avv.
Tavella deposita nel procedimento.
Il fatto, poi, che Unilever abbia in passato fondato la propria pubblicità sull’uso del tester, è
irrilevante; non è tale uso che è contestato (e che potrebbe proseguire, usando i tester in
precedenza già utilizzati) ma la specifica rappresentazione ora adottata.
Unilever non è in grado di fornire una giustificazione convincente del motivo per cui è passata
all’impiego di un tester configurato in guisa di sagoma stilizzata di donna; e la scelta
dell’origami non è conseguente a motivi funzionali, ma al fatto di averlo visto usato nell’altrui
pubblicità.
Né la iniziativa di Unilever può trovare giustificazione, adducendo la presenza di elementi
differenziali tra le rispettive comunicazioni pubblicitarie, posto che ai fini della contravvenzione
all’art. 13 è sufficiente la similitudine; nel caso 2006/159 deciso dal Giurì, la comune presenza
delle bolle fu sufficiente per ritenere la infrazione all’art. 13 Codice Autodisciplina. Se, poi, la
differenza opposta si sostanzia nel fatto che nella pubblicità Infasil le sagome mutano colore,
allora occorre ricordare che in quella diffusa nel 2009 il colore restava costante, in azzurro.
Per quanto attiene al profilo dello sfruttamento dell’altrui notorietà, l’avv. Tavella segnala che
ai fini della applicazione dell’art. 13 comma II, non necessariamente è richiesto un differenziale
di notorietà.
4
Prende successivamente la parola l’avv. Cuonzo per Unilever, chiedendo preliminarmente che
siano rivisionati lo spot Infasil alla base del ricorso e quello Dove oggetto di contestazione.
Successivamente alla visione, l’avv. Cuonzo osserva che i concept alla base delle rispettive
comunicazioni sono diversi: in uno sono evocati la salute e l’aspetto lenitivo del prodotto, che
risolve un problema fisico dell’utilizzatrice, come anche iconicamente visualizzato dal
passaggio della sagoma dal colore rosa al colore azzurro; nell’altro il concept è costituito dal
test su prodotti, in cui il tester è stato personalizzato dandogli la sagoma di donna; i tester, a
propria volta, non cambiano colore e mentre uno rimane integro, gli altri si sciolgono.
L’avv. Cuonzo illustra, inoltre, che la giurisprudenza del Giurì ha enfatizzato la necessità di
evitare la creazione di aree di monopolio.
Riguardo alla originalità della ideazione della pubblicità Infasil, argomenta che la
rappresentazione della immagine femminile presenta una qualche banalità e che, d’altro
canto, la originalità può essere neutralizzata dal fatto che “segni” simili sono oggetto di
registrazioni di marchio; oltretutto, aggiunge, tali registrazioni sono state talora rifiutate dal
competente Ufficio, in quanto ritenute sprovviste di valenza distintiva.
A questo punto, l’avv. Cerulli Irelli argomenta che, a prescindere dalla assenza di richiami
all’effetto lenitivo, nella pubblicità Dove la sagoma non interviene a livello ideale ed astratto,
bensì si presenta quale una “cosa concreta”, cioè un tester, uno strumento per misurare date
caratteristiche.
L’avv. Cerulli Irelli ricorda che Unilever ha documentato che molte pubblicità Angelini non
utilizzano le sagome stilizzate di donna.
Riprende poi la parola l’avv. Cuonzo, per contestare che l’ideazione pubblicitaria possa
attingere a tutela, pur in presenza di un livello di originalità basso.
Prende la parola per il Comitato di Controllo l’avv. Orlandi, il quale si rimette alla decisione del
Giurì.
In sede di replica l’avv. Tavella nega la presenza di differenze tra le rispettive pubblicità, posto
che la pubblicità Infasil del 2009 atteneva al rispetto del PH della pelle e le sagome di donna
non mutavano colore; nel caso in decisione si chiede tutela non in relazione alla sagoma, bensì
per come la sagoma è calata nella comunicazione pubblicitaria e per come essa interferisce
con il prodotto attraverso il mutamento del colore. L’avv. Tavella fa poi notare che Unilever,
prima di diffondere la pubblicità Dove, avrebbe potuto consultare le banche dati esistenti,
dove avrebbe ritrovato le evidenze della pubblicità Infasil.
L’Avv. Cuonzo sottolinea che Angelini stessa precisa che la connotazione della propria
pubblicità sta nel passaggio dal rosa all’azzurro, allorché la sagoma attraversa la confezione di
Infasil, con ciò evidenziando la sua funzione lenitiva. Ove la comunicazione Dove fosse
reputata illegittima dal Giurì, l’avv. Cuonzo precisa di domandare in subordine che l’ordine di
cessazione sia limitato all’impiego delle sagome stilizzate di donna serializzate rappresentate
nella seconda parte dello spot Dove.
Esaurita la discussione, il Presidente invita i presenti a lasciare l’aula di udienza, onde
consentire al Giurì di deliberare.
****************
L’istanza di Angelini non pare al Giurì fondata in alcuno dei due profili nei quali è stata
prospettata.
Conviene, anzitutto, svolgere alcune osservazioni generali.
L’art. 13 Codice Autodisciplina, nella parte in cui configura quale violazione regolamentare
l’imitazione servile della comunicazione commerciale altrui formalizza la fattispecie a
prescindere dalla sussistenza di un rapporto di concorrenzialità.
5
Il monopolio sull’ideazione pubblicitaria, dunque, si estende fuori dal settore in cui esso nasce
ed è utilizzato.
Ciò comporta la necessità di una accurata individuazione dell’idea pubblicitaria che è alla base
della comunicazione e che da essa è veicolata.
Sebbene si affermi che la protezione discendente dall’art. 13 attui il principio della protezione
dell’idea pubblicitaria per se stessa considerata, cioè quale opera dell’ingegno e quindi con
connotazione simile a quella del diritto d’autore, tuttavia la giurisprudenza autodisciplinare
indica che la protezione è attuata in modo differenziale, dacchè il diritto d’autore tutela la
forma esteriore dell’opera dell’ingegno ma non il contenuto, l’idea che quella forma ha
concretizzato e manifestato esteriormente, laddove nel sistema autodisciplinare quel che è
protetto non è tanto il risultato dell’attività creativa, quanto piuttosto l’ideazione.
Così indicato il modus operandi della protezione, tuttavia questi principi vengono assoggettati
a condizionamenti e correttivi.
Da un lato la differenza di approccio rispetto al diritto d’autore, viene affievolita dalla
estensione della protezione di questa disciplina al format nel quale sono espressi solo gli
elementi strutturali delle vicende, purché sufficientemente dettagliati.
Da un altro lato il principio di tutela dell’idea in sé, del concetto promozionale alla base del
messaggio (1979/9), viene ricondotto entro specifici limiti sotto due diversi profili.

Il primo profilo (2000/314; ma, ancor prima, 1998/3) è rinvenibile nel principio
secondo cui la protezione è limitata «all’idea la quale costituisce il centro della comunicazione
di cui si tratta» (enfasi aggiunta); e, quindi, nella regola secondo cui «è protetta l’idea la quale
contribuisce in maniera determinante a fornire il contenuto del messaggio promozionale»
(enfasi aggiunta) (2000/314; 1997/317).
Da questa premessa si ricava il corollario a tenor del quale non è «corretto procedere
mediante un’astrazione e risalire così dall’idea che informa di sè il nucleo narrativo essenziale
del messaggio pubblicitario a un suo archetipo» (2002/104; 2000/314; 1998/3). Si è infatti
posto in luce che «per questa via ... si procederebbe ad astrazioni successive, capaci di rendere
l’idea proteggibile sempre più generale» (ibidem).
Il corollario deve esser tenuto presente in relazione all’implicazione contenuta nel principio di
tutela ultramerceologica che presiede all’art. 13 Codice Autodisciplina e, specularmente, limita
il processo di astrazione simmetricamente alle astrazioni che possono essere tratte dagli altri
settori merceologici (si v., per alcuni profili similari, 2006/158).
D’altro canto, la giurisprudenza del Giurì mostra che, pur nell’ossequio al principio della tutela
del contenuto concettuale-ideologico, nel concreto operare, la individuazione dell’idea
pubblicitaria sia stata spesso condotta valorizzando una pluralità di elementi del complessivo
messaggio pubblicitario, allorché questo non si incentrava in elementi verbali ed iconici,
relativamente semplici; così come, nel valutare la imitazione si sia dato rilievo ad elementi
quali il contesto narrativo, la declinazione, i mezzi iconici e verbali utilizzati (2000/314; 1980/3;
1980/14; 1978/34), ovvero ancora, gli effetti sonori, combinati con le parole dei personaggi e
la tonalità della voce dello speaker (1972/9).

Il secondo profilo è connesso al tema della originalità dell’idea pubblicitaria.
Al riguardo, si premette che talora in passato è stato usato il termine originalità per significare
la novità, della pubblicità, laddove il termine creatività ha denominato quella che è l’originalità
(si v., quanto esposto in FUSI-TESTA, L’autodisciplina pubblicitaria in Italia, Milano 1983, pag.
187 ss.; e, ancor di recente, per l’uso del termine “creatività” 2004/80). Nel seguito, con
originalità sarà intesa la creatività, mentre con novità sarà indicata quella che, a volte, è stata
denominata originalità.
Che una idea pubblicitaria sia proteggibile anche se modestamente creativa, è principio
pacifico. Tuttavia, il gradiente di creatività è in grado di influenzare tanto l’identificazione del
6
nucleo ideologico tutelabile, quanto il giudizio di servile imitazione. Quanto meno “forte” è
l’elemento creativo, tanto più il nucleo viene costruito attraendo in sé un maggior numero di
“componenti”; e, allo stesso modo, quel maggior numero di componenti specificano
maggiormente il nucleo ideativo, influenzando il giudizio circa la servile imitazione che si
indirizza a coinvolgere un maggior numero di elementi.
Per esemplificare con un “parallelo” al settore dei brevetti per invenzione: un brevetto può
avere una Rivendicazione principale 1 ed una Rivendicazione (da essa) dipendente 2; esso può
risultare valido già nella Rivendicazione principale, ma se essa non è valida, perché non fornita
di attività inventiva (in passato, originalità) essa può risultare valida, combinata alla
Rivendicazione dipendente; poiché quest’ultima contiene ulteriori caratteristiche, il brevetto
risultante dalla combinazione delle due Rivendicazione è valido, ma l’oggetto della sua tutela è
più circoscritto o specifico, perché definito ulteriormente dalle caratteristiche che la
Rivendicazione dipendente ha aggiunto alla Rivendicazione principale. Correlativamente, la
violazione del brevetto sussiste (solo) se viene riprodotto un maggior numero di
caratteristiche: quelle della Rivendicazione principale e quelle della Rivendicazione
dipendente.
Un profilo ulteriore attiene alla novità, declinata in termini, per dir così, equivalenti alla c.d.
novità estrinseca brevettuale od alla novità del segno distintivo.
In quest’ottica, la novità è intesa in senso territoriale, con riferimento all’ordinamento nel
quale la pubblicità è divulgata.
Ed è nel profilo della novità che si è espressa la giurisprudenza del Giurì, evocata da Unilever
(1980/20), che ha conferito rilevanza elisiva della tutelabilità a «numerosi marchi
internazionali... nei quali compaiono» gli elementi dell’altrui ideazione pubblicitaria, a
prescindere dalla prova dell’uso pubblicitario del marchio anteriore» (così, anche, 1979/26).
Una qualche incidenza sulla tutelabilità dell’idea pubblicitaria, sembra avere la presenza sul
mercato, anche intervenuta in un momento successivo, di elementi simili a quelli su cui si
regge la ideazione pubblicitaria (1972/11).
La c.d. volgarizzazione, che viene intesa come larga presenza sul mercato di un dato elemento
di proprietà intellettuale (segno distintivo, forma estrinseca), produttiva della estinzione
dell’esclusiva o della sua limitazione, è un fattore in tesi utilizzabile in sede di valutazione circa
la servile imitazione dell’altrui comunicazione commerciale anche quando la compresenza del
segno interviene in diversi settori (2007/93 che ritiene il fatto, peraltro riscontrato in ambito
pubblicitario, elisivo di novità ed originalità).
Da ultimo, conviene rammentare che è ricorrente nelle decisioni del Giurì (quantomeno a far
corso da 1998/281, 1999/166) l’affermazione secondo cui «per quanto concerne il rapporto tra
l’idea stessa e la descrizione del prodotto e/o servizio ai quali la pubblicità si riferisce occorre...
che non si instaurino, per effetto della protezione, monopoli del linguaggio».
La documentazione depositata da Unilever (pur con una qualche ripetitività nei vari
documenti) mostra la diffusione delle sagome stilizzate di donna: (a) in varie tipologie di
stilizzazione (cfr. le 233 pagine del doc. 4) ivi comprese tipologie uguale o simili a quelle di cui
qui si discute (ex multis si v. doc. 5A, pag. 45 e 56); (b) da sola od associata ad altre sagome
stilizzate di persone (uomo, bambino: cfr. doc. 4, 5A, 5B); (c) serializzata, in sagome che si
tengono per mano (c.d. paper ladies chains: cfr. le 189 pagine del doc. 5A e le 131 pagine del
doc. 5B); (d) nei colori più vari, compreso il rosa e l’azzurro (ibidem e si v. il doc. 4 pag. 56: pink
woman clip art).
Se, in tale documentazione, la sagoma di donna è “abbinata” alla funzione di segnalare il
servizio igienico femminile (si v., in particolare, doc. 4, pag. 1-10, 55, 67, 70. 78, 80, 82, 84, 86,
ecc., ed oltre, 122, 124, 125, 129, 135, 139, 140, ecc.) non di meno essa è pure presente, da
sola, o “doppiata”, o con altre sagome, od in guisa di serializzazione in catena (invero, e con le
stesse tipologie si riscontrano anche sagome di uomo ed abbinamenti “uomo/donna” e
7
“donna/bambino/uomo”) in “abbinamento”, o “destinazione”, o descrizione, di altre funzioni,
ed in altri contesti.
Così (l’esemplificazione che segue talora attiene anche ad altre sagome di persone), è correlata
(doc. 4) a copertine di libri (pag. 11, 13), a bottoni (pag. 12, 22, 16, ove anche la serializzazione
per mano), a T-shirt (pag. 17, 206, 210, 214, 218, 230), a T-shirt con messaggio “politico” (pag.
20: Lesbian Pride), a borselli (pag. 218), a portatovaglioli (pag. 25, 31, 38, 226), a bicchieri (pag.
26), ad orologio da parete (pag. 29), a orecchini (pag. 35), a segno dell’alfabeto braille (pag.
42), a marchi registrati (pag. 4, 19, 50 e 52: il penultimo registrato anche per la Classe
Internazionale 3, prodotti detergenti e saponi).
I documenti Unilever 5A e 5B sono dedicati a rappresentare serializzazioni di sagome umane
che si tengono per mano (quanto alla ricerca sul web, verificata dal Giurì, la “chiave” è “paper
ladies chain” ovvero “women chain”), molte delle quali sagome di donna. Così se ne vedono
illustrate (doc. 5A), come simbolo di un articolo sul cancro (pag. 29), per concettualizzare il
lavoro in squadra (pag. 40, 65, 68), nella pubblicazione di opinioni (pag. 45 dove le tre sagome,
salvo la colorazione, sono simili a quelle adottate da Unilever), per biglietti di auguri (pag. 67),
per movimenti di opinione (pag. 70), per blog femminile (pag. 70, 71, 80, 97, 111, 112, 113,
116, 122, 142, dove le sagome sono simili a quelle adottate in alcune pubblicità Infasil), per
comunicati stampa di interesse femminile (pag. 99, 102, 104, 106, 118, 124, 125, 127, 135,
147), per copertine di libro (pag. 174). Ancora, vengono proposte (doc. 5 B) per illustrare il
fatto del divorzio (pag. 10, 27, 75), il settore security and care (pag. 16), profilattici (pag. 24),
un blog injury-attorneys (pag. 58), la sagoma della nota bambola “Pigotta” dell’Unicef (pag.
73), la All Nippon Airways (pag. 96), ancora due marchi registrati (pag. 107, 133), un group of
girl (pag. 137), il segno distintivo di un periodico (pag. 198). E così via, sino a pervenire, ad
esempio, nel sito italiano:
http://www.gettyimages.it/Search/Search.aspx?query=z.iH4sIAAAAAAAEAOy9B2AcSZYIJ0tynt
all’associazione con marketing, cancer, human resources, heart disease, diabetes, training;
tutti esempi che evidenziano la utilizzabilità oltre che in relazione al marketing anche in
funzione illustrativa di tematiche attinenti allo stato di salute.
Altre sagome consimili e loro forme di utilizzazione possono essere esaminate nei siti:
http://www.google.it/search?q=sagome+bambini+per+mano&hl=it&sa=X&imgrefurl=http://it.
123rf.
http://it.123rf.com/photo_716856_sei-bambini-holding-hands-sotto-ballons-colorate-e-lestelle-carta
http://it.123rf.com/photo_8443409_bambini-holding-hands-in-costumi-da-parte-di-una-seriehtml
http://it.123rf.com/photo_8443409_bambini-holding-hands-in-costumi-da-parte-di-unaserie.html
http://it.123rf.com/photo_5416090_bambini-del-mondo-holding-hands.html
Ed al Giurì è noto che sagome del tipo di alcune tra quelle illustrate nelle prime pagine del doc.
4 Unilever sono utilizzate da RAI Movie per significare se il film è adatto a tutti ovvero è
sconsigliato ai bambini.
La documentazione in parola mostra, altresì, esempi di sagome serializzate in catena, tenute
tra due mani, nonché di sagome del medesimo tipo tenute tra le mani da persone reali e
fotografate in situazione di vita reale (per solito, trattasi di donna o di bambino).
La gran parte delle immagini di cui si tratta sono clipart, offerte in uso “royalty free”,
liberamente per i più vari impieghi, talora esemplificati nella stessa pagina in cui è
rappresentata la clipart, tal’altra nella apposita “pagina” separata recante le condizioni di
licenza. La documentazione risulta estratta, parte da siti web italiani, parte da siti web
8
comunque in lingua italiana, parte da siti web in lingua inglese, ma accessibili dall’utente
italiano.
Quale sia l’influenza di quanto sino a qui esposto, sulla appropriabilità in esclusiva di una
sagoma di donna stilizzata, o di sagome di donne serializzate, o di sagome di donna che si
tengono per mano, in catena, ai fini dell’uso nella comunicazione pubblicitaria e, in particolare
della comunicazione pubblicitaria di prodotti per la pulizia e la cura della persona, od in
significanza del bagno femminile o dei servizi igienici, qui non interessa accertare.
Infatti, dalla Istanza e dalle argomentazioni sviluppate nella discussione orale, non risulta esser
stata questa (più generica) utilizzazione, il fondamento della contestazione elevata da Angelini;
né appare esser questo l’oggetto delle obiezioni di Unilever.
Invero, l’individuazione della creazione oggetto della tutela, viene configurata in un ambito più
specifico.
L’idea pubblicitaria è illustrata, nell’Istanza (p. 3) come segue: «la peculiarità delle varie
declinazioni dei messaggi realizzati nel corso degli anni, consiste nelle particolari modalità di
rappresentazione di tali soggetti e il concept con essi veicolato: le sagome di donna, cambiano
colore (dal rosa all’azzurro) allorquando sono associate al prodotto: tali modalità evidenziano
al pubblico le prerogative del detergente intimo pubblicizzato – rectius il suo impatto delicato
sull’epidermide e l’efficacia lenitiva del prodotto stesso sulle irritazioni.
Nelle campagne l’icona della sagoma stilizzata della donna simboleggia pertanto l’epidermide
che, a contatto con il prodotto, muta aspetto» (enfasi nel testo).
Analogamente l’Istanza si esprime successivamente (pag. 8): «come supra evidenziato, la
peculiarità della campagna Infasil, consiste
(i) nell’uso della sagoma della donna stilizzata, rappresentata in forma seriale;
(ii) nel particolare concept veicolato mediante le modalità di rappresentazione delle suddette
sagome: i cambiamenti di colore (dal rosa all’azzurro) dell’immagine de qua in associazione al
prodotto pubblicizzato evidenziano evidentemente le prerogative – in termini di delicatezza e di
proprietà lenitive sull’epidermide – del prodotto.
Concettualmente l’icona della sagoma femminile, rappresenta dunque nei messaggi Infasil
l’epidermide a contatto con il prodotto pubblicizzato, per metterne in risalto le proprietà»
(enfasi nel testo).
Sembra al Giurì che in questi assunti siano identificate tre ideazioni pubblicitarie diverse:
a. – una più ampia: la sagoma femminile a rappresentare l’epidermide per descrivere le
proprietà del prodotto
b. – una meno ampia: la sagoma femminile simboleggia l’epidermide che a contatto con il
prodotto, muta aspetto
c. – una più ristretta: la sagoma femminile che muta colore, dal rosso all’azzurro, quando
associata al prodotto, e descriverne l’impatto sull’epidermide e la efficacia lenitiva sulle
irritazioni.
Ad avviso del Giurì l’idea pubblicitaria alla base della comunicazione Infasil è, rispetto a queste
tre prospettazioni, da un lato più specifica e da un altro lato si incentra su un nucleo ideologico
in parte diverso.
Conviene esaminare separatamente i profili.
Il Giurì, come s’è illustrato, pur dando spazio alla protezione dell’idea pubblicitaria in sé, nel
suo contenuto concettuale-ideologico, quando originale, al contempo nega che sia possibile,
da questa idea, risalire ad un concetto più generale che tale idea possa ricomprendere in linea
logica.
D’altro canto, come pure s’è illustrato, il gradiente di protezione dell’idea pubblicitaria dipende
dalla sua novità e originalità, che influiscono sulla sua perimetrazione e sulla valutazione di
interferenza ad opera della pubblicità altrui.
9
Ora, nella misura in cui la prospettiva fosse quella in cui le sagome di donna (o la sagoma di
donna) stilizzata “interpreta” la funzione di rappresentare l’epidermide (femminile) per
descrivere la proprietà del prodotto, si dovrebbe concludere, per un verso che la medesima
idea è suscettibile di trovare impiego nella comunicazione pubblicitaria di molti, anche non
concorrenti, prodotti in cui l’epidermide (femminile) è messa in gioco.
Senza particolare difficoltà, si può pensare che un quadro ideologico-concettuale analogo
possa essere impiegato (anche in funzione di quanto si dirà poco oltre, viene qui aggiunto, tra
parentesi, il tipo di mutamento della sagoma ipotizzabile):
 con sagoma (che muta colore) per una crema solare, per descrivere la proprietà
abbronzante
 con sagoma (che da “stropicciata” diviene liscia) per una crema antirughe, per
descrivere la proprietà di attenuazione
 con sagoma (“butterata” che diviene liscia) per una crema anticellulite (ma anche per
una antiacne), per descrivere la proprietà “lisciante”
 con sagoma (che si riduce di dimensioni) per una crema dimagrante, per descrivere la
proprietà riducente
 con sagoma (che muta colore) per biancheria intima antiallergenica, per descrivere la
proprietà antirritante.
Lo stesso quadro ideologico-concettuale può trovare impiego in un contesto diverso dalla
descrizione delle proprietà del prodotto: ad esempio, quello di una sagoma (che muta colore)
per evidenziare i danni alla cute da eccessiva esposizione solare (arrossamento, eritema, ecc.).
Pare al Giurì che la decodificazione dell’idea pubblicitaria nei termini sopra prospettati, della
rappresentazione dell’epidermide a contatto con il prodotto per descriverne la proprietà
prospetti, in realtà, la “risalita”, dall’idea alla base della comunicazione pubblicitaria, ad un
concetto più generale.
Per converso, nella misura in cui la sagoma stilizzata di donna esaurisca la propria funzione nel
rappresentare l’epidermide femminile a contatto con il prodotto pubblicizzato per descriverne
la proprietà si dovrebbe giungere a ritenere che l’idea pubblicitaria, pur in tesi nuova, è però
connotata in qualche misura di (generica) descrittività.
La seconda possibile idea pubblicitaria desumibile dall’argomentare di Angelini, che attiene alla
sagoma stilizzata di donna che simboleggi l’epidermide la quale a contatto con il prodotto
muta aspetto, introduce il mutamento di aspetto ed espunge la descrizione delle proprietà del
prodotto. Pare tuttavia al Giurì che anche questa prospettazione generalizzi l’idea pubblicitaria
ad un concetto più generale, prestandosi alle stesse considerazioni dedotte dalla
esemplificazione appena sopra condotta.
La terza possibile idea pubblicitaria prospettata, che associa alla sagoma femminile il
mutamento di colore, quando associata al prodotto, al fine di descriverne l’impatto
sull’epidermide e la efficacia lenitiva sulle irritazioni, pare al Giurì quella più vicina, sul piano
della specificazione, a ciò che si evince dalla pubblicità Infasil dell’«ultima versione del
telecomunicato – diffuso nel corso del 2012», cui Angelini si riferisce a pagina 3 dell’Istanza.
Prima di procedere oltre, è opportuno osservare che, mentre nell’Istanza (pag. 8-9) Angelini si
duole del fatto che nel telecomunicato Dove «la sagoma della donna rappresenta
l’epidermide a contatto con il prodotto pubblicizzato ed evidenzia le particolari prerogative
del detergente: rectius la sua delicatezza sull’epidermide» (enfasi nel testo), durante la
discussione orale, in ragione del fatto che la pubblicità Dove attiene ad un test di “confronto
tra Dove e normali saponi ad alto PH” (come si legge nel super che appare a schermo), Angelini
ha lamentato la ripresa della propria pubblicità anche in relazione al fatto che la propria idea
pubblicitaria comprende l’enunciazione che Infasil “rispetta il PH naturale della pelle”.
10
Il profilo della creatività di tale claim, da solo od in quanto incorporato nella idea pubblicitaria
Infasil, non sembra sia stato approfondito nella discussione tra le parti.
Peraltro (ed a prescindere che una breve navigazione nel web ne mostra la generalizzata
utilizzazione), alla luce del principio secondo cui la protezione è «limitata all’idea che
costituisce il centro della comunicazione» (enfasi aggiunta) (2002/314; 1998/3) e che
«contribuisce in maniera determinante a fornire il contenuto del messaggio promozionale»
(enfasi aggiunta) (2000/314; 1998/281), il Giurì non reputa di poter condividere l’impostazione
di Angelini.
Invero, l’esame dei filmati pubblicitari depositati da Infasil, rappresentativi della sua pubblicità,
mostrano, al riguardo:
 Infasil 1989, (speaker) “non altera il PH delle mucose”
 Infasil mamma figlia 2002, nessuna menzione del PH
 Infasil Intimo centro di ricerca 2003 (speaker) “in soggetti sani non altera il PH”
 Intimo lenitivo mamma figlia 2004 nessuna menzione del PH
 IH russignan value reframing 2009, nella schermata in cui sono rappresentante sagome
di donna in colore azzurro, sulle quali scorre orizzontalmente una confezione di Infasil
Intimo è presente, in alto, la didascalia “rispetta il PH naturale della pelle”
 Infasil fasi della vita 2012, nessuna menzione del PH.
Nel dettaglio, il riferimento al PH, associato all’immagine della sagoma di donna, è presente
nell’edizione 1989 (ove viene comunicato dallo speaker), è enunciato (dallo speaker),
nell’edizione 2003 ma non in esatta sovrapposizione alla suddetta immagine, è declinato per
iscritto nell’edizione 2009 accompagnando l’immagine in questione.
Appare dunque problematico attribuire un carattere connotante, o centrale, o determinante
dell’idea pubblicitaria, ad un claim od evocazione di proprietà che non è costante nella
pubblicità Infasil, e non risulta riproposto successivamente al 2009 e non è presente nella
pubblicità ultima nel tempo.
Non è inutile ricordare che nella decisione 1982/6 (Martini & Rossi) il Giurì ha individuato il
nucleo creativo della voce verbale “è”, perchè «in ognuno» dei messaggi scrutinati «vi è
sempre l’enunciazione di specificazioni e concetti determinati che seguono la voce verbale
“è”» (enfasi aggiunta).
Del resto, anche in caso di ripresa dell’iniziativa pubblicitaria, questo Giurì (2010/14) ha
osservato che il decorso dell’intervallo temporale depotenzia l’effetto e la «rendita
comunicazionale» rendendo necessaria la proposizione di elementi che «accreditino una
apprezzabile eco di memoria» dello spot «in grado sufficiente a conservarlo come valore
comunicazionale pur sempre integro e tutelabile».
Trattando, poi, del PH, in sede di individuazione dell’idea pubblicitaria e di necessità di non
espandere la riserva fuori dall’ambito della ideazione, non sembra inopportuno precisare che
la mucosa del cui PH si tratta nella pubblicità del 1989, non è la pelle di cui ai telecomunicati
del 2003 e del 2009, noto essendo che la mucosa è la porzione tissutale più profonda della
parete degli organi cavi animali che sono in comunicazione con l’ambiente esterno, a diretto
contatto con il lume dell’organo; la qual mucosa che ha caratteristiche diverse dalla pelle, con
cui condivide solo il fatto che entrambe presentano un tessuto epiteliale. Il riferimento, in
quella pubblicità, pare essere al PH vaginale.
Svolte queste considerazioni, è possibile proseguire il discorso, esaminando la terza possibile
idea pubblicitaria prospettata da Angelini, quella in cui «le sagome di donna cambiano colore
(dal rosa all’azzurro) allorquando sono associate al prodotto: tali modalità evidenziano al
pubblico le prerogative del detergente intimo pubblicizzato – rectius il suo impatto delicato
sull’epidermide e l’efficacia lenitiva del prodotto stesso sulle irritazioni», dove la sagoma è
rappresentativa dell’epidermide.
11
Quanto risultante dalla pubblicità documentata da Angelini, non consente al Giurì di
condividere l’assunto secondo cui la sagoma di donna è trasfigurata nel ruolo di interprete o
simbolo dell’epidermide. Senza qui dire di quanto obiettato da Unilever circa l’uso per la
pubblicità di Infasil anche di altri moduli espressivi, questo diverso ruolo presupporrebbe
continuità e centralità espressiva, che viceversa difettano.
Il telecomunicato 2009 (che è quello cui Angelini pare dare prevalentemente rilievo nel senso
sopra indicato), non è più stato riproposto, nè risulta documentato per qual periodo
temporale, in qual numero di passaggi, su quali e quanti mezzi, esso sia stato diramato.
Manca un elemento importante ai fini della valutazione della, per dir così, assunzione di un
secondary meaning, verso la configurazione semantico-rappresentativa dell’epidermide.
Né a tale conclusione può condurre il Report Ipsos relativo alla pubblicità 2012 (doc. 4
Angelini) cui la Parte Istante ha fatto riferimento anche nel corso della discussione orale. Il
documento esprime giudizi che, in assenza di qualsivoglia indicazione atta a indicare dati,
elementi, criteri, a presidio della valutazione, non può assumere valenza probatoria. D’altro
canto, tale Report, a ben guardare, là dove cita, tra virgolette, “preserva il PH... il mio pH”,
recita parole che non trovano riscontro nello spot “Infasil fasi della vita 2012“ depositato in
causa ed il Report titola la descrizione della “demo”: “Le bamboline di Infasil” il che, pare al
Giurì confermare che non è quella in chiave di epidermide, la “lettura” delle sagome di donna.
Il Giurì ritiene che la decodifica e la lettura del messaggio pubblicitario, nella sua interezza,
conducano ad individuare l’idea pubblicitaria in un quid parzialmente diverso, rispetto a
quanto proposto da Angelini e poco sopra riportato.
Tale, riferito cioè al complesso, «senza estrapolare singole parti e nell’ambito del contesto in
cui è stat[a] inserit[a]» la pubblicità è, «anche ai fini richiesti dall’art. 13 del CAP» (2007/133), il
metodo di scrutinio del messaggio e dell’idea che ad esso presiede ed in esso riveste carattere
determinante; senza, dunque “amputare” (2009/122) quanto da esso sia ragionevolmente
deducibile e senza estrapolare singoli elementi dal contesto (2004/80).
Tanto più che, per quanto sopra esposto, un processo di secondary meaning verso un
contenuto ed uno stilema narrativo – rappresentativo (da sagoma di donna ad epidermide)
non appare probabile (2006/27), anche perché da costruire in deviazione rispetto a quanto il
comune consumatore ragionevolmente deriva dalla percezione della sagoma di donna: cioè,
che il riferimento è la donna, come del resto paiono mostrare moltissime delle clipart
depositate in causa da Unilever.
A questa conclusione concorrono più fattori.
Anzitutto, la fase pubblicitaria di cui si discute è preceduta (e talora seguita) da una parte
narrativa, organizzata sulla rappresentazione di scene di vita reale e con personaggi reali.
La stessa protagonista durante il telecomunicato maneggia la confezione di Infasil Intimo
(pubblicità 1989, 2002, 2003, 2004).
Il parlato descrive le proprietà di Infasil con riferimento espresso ai “soggetti sani” ed ai
“soggetti con irritazioni” (pubblicità 1989, 2003), ovvero alla figlia, che nel filmato avverte “un
po’ di fastidio” (pubblicità 2004).
Le sagome mutano colore dal rosa all’azzurro dopo esser transitate attraverso la confezione
del prodotto (pubblicità 1989, 2012), ovvero dopo che questo è transitato su esse (pubblicità
2009), ovvero dopo che sono passate sotto una mano che ha posato sul tavolo un flacone del
prodotto (pubblicità 2002), ovvero dopo che il marchio figurativo Infasil è passato su esse
(pubblicità 2003).
La pubblicità 2004 mostra invece un’unica sagoma di donna impressa su pagine di un volume,
sagoma che muta colore dal bianco al verde via via che ne sono sfogliate le pagine.
D’altro canto, che il rimando concettuale sia all’utilizzatrice ed all’uso che essa ne può fare
(anche) a scopo lenitivo e non alla epidermide, trova conferma nell’ulteriore fatto che nelle
pubblicità Infasil, di volta in volta, ricorrono elementi quali la evocazione di ambienti da
12
laboratorio, che è spesa la qualità dell’essere stato, il prodotto, oggetto di test clinici, che è un
prodotto per l’igiene intima, che è enfatizzata la approvazione da parte dei ginecologi AOGOI;
elementi spesso assortiti ed aggregati nella medesima pubblicità.
Connotati tutti, questi, poco coerenti con un quadro in cui si intenda veicolare un messaggio
attinente all’effetto del prodotto detergente sull’epidermide.
Questo insieme di elementi, invece, trova una propria coerenza – e così si viene alla decodifica
dell’idea pubblicitaria alla base della comunicazione Infasil, e particolarmente di quella
fondante il telecomunicato veicolato nel 2012 che Angelini ha dedotto esser servilmente
imitato da Unilever – in un quadro in cui un detergente intimo, con poteri lenitivi, approvato
dai ginecologi AOGOI, è proposto al pubblico femminile.
L’idea pubblicitaria, parte dal suggerire la identificazione della spettatrice nel soggetto che sarà
successivamente rappresentato con la sagoma stilizzata di donna: ciò che avviene, facendo
precedere una fase narrativa rappresentativa di scene di vita reale, in cui viene evidenziata la
possibilità che l’interprete reale vada soggetta a particolari “fastidi” od abbia o possa avere o si
premuri di non avere, problematiche fisiche. Successivamente interviene la parte della
comunicazione qui in discussione. L’interprete reale viene allora sostituita da una sagoma di
donna serializzata. Esaurita tale parte, l’interprete reale riprende il “governo” della scena.
Questa impostazione è presente, quale sorta di filo conduttore ideologico, nelle varie
pubblicità seguitesi nel tempo e risulta ancor più evidente, nella pubblicità 2012, ove la
sagoma muta la stilizzazione rispetto al passato e viene proposta, come ora si dirà, in chiave
dinamica.
La pubblicità Infasil 2012 segue e “perfeziona” gli stilemi precedenti.
In essa, ad avviso del Giurì, le sagome stilizzate di donna simboleggiano e sostituiscono, in
questa fase dello spot, la consumatrice. In particolare, si nota che, subito prima di questa fase,
lo spot mostra il bacino di una giovane donna in slip il cui atto suggerisce che si appresti a
levarlo. Segue la rappresentazione di cui si discute, e le sagome, serializzate (e non per mano)
come se si trattasse della “cristallizzazione” di una sequenza stroboscopica, dapprima rosa,
sono rappresentate nella fase dinamica, in cui sinuosamente si avviano al passaggio
“attraverso” il flacone contenente il prodotto, da cui fuoriescono azzurre.
Nel mentre si sviluppa questa rappresentazione, lo speaker evidenzia (tra l’altro) la proprietà
lenitiva del detergente intimo Infasil e la sua capacità (“aiuta”) in caso di irritazione della pelle,
di “alleviare la sensazione di fastidio”.
Esaurita questa fase, lo spot riprende il quadro “reale” e conclude, con la scena della giovane
donna in abbigliamento intimo sdraiata su un divano in rilassato ed affettuoso atteggiamento
con un giovane uomo.
Anche per via della memoria del vissuto della utilizzatrice, alla stregua del quale le irritazioni si
accompagnano ad arrossamenti, le sagome rosa, che dopo il “passaggio in Infasil” virano in
azzurro (l’azzurro essendo un “colore del bene e della grazia”) traducono iconicamente la
vicenda della utilizzatrice (qui, l’interprete reale) che, attraverso l’uso di Infasil, elimina o
lenisce le irritazioni e conquista benessere fisico.
Il messaggio, poi, è sviluppato tutto “all’interno” della rappresentazione del proprio prodotto e
delle sue proprietà, senza ricorrere ad eteroriferimenti.
Vero è, che lo spot apre domandando se “il tuo detergente intimo è sensibile come la tua
pelle?” per poi avvertire che “nelle parti intime la tua pelle è sensibile”, ma si tratta di una
apertura non più ripresa, posto che il seguito delle specificazioni, verbali, scritte ed iconiche, si
incentra su “stress”, “equilibrio si altera”, “intimo lenitivo”, “sicuro”, “clinicamente testato”,
“approvato dai ginecologi AOGOI”, “quando ne hai bisogno lo senti”, “protegge la flora
batterica”, “in caso di irritazione”.
13
Come già osservato in precedenza, il riferimento alla pelle non assume quella posizione
centrale, determinante, assorbente del messaggio, che consente di individuare l’idea creativa
pubblicitaria.
Nella pubblicità Dove, anche in virtù della specificazione della funzione della sagoma stilizzata
di donna quale tester, che viene esplicitata all’inizio dello spot sia verbalmente che attraverso
il super, tale sagoma rappresenta un mezzo simulativo degli effetti del prodotto sulla pelle
della spettatrice.
Da questa matrice si dipanano le successive “immagini”, anche ideali, veicolate nello spot.
Le sagome stilizzate, unite in breve catena di quattro elementi, non hanno autonomia di
movimento, bensì sono passivo strumento nelle mani di altri; esse non “agiscono”, bensì
“subiscono”; non rappresentano la utente, ma divengono dichiaratamente mezzo per
condurre un esperimento e per illustrare all’utente, in modo iconicamente differenziale, il suo
risultato. Sono dichiarate e vengono agevolmente decodificate in chiave di tester.
Lo spot attiene a saponi solidi, che la spettatrice agevolmente coglie essere saponi per uso
esterno, con proprietà di mera pulizia.
Non c’è l’evocazione di un passaggio da una personale situazione di irritazione o di fastidio ad
una di benessere, né il richiamo a proprietà lenitive; bensì, è rappresentata la distruzione dei
tester appoggiati su altrui saponi.
L’iniziale chiarimento dello speaker, circa il fatto che la sagoma stilizzata di donna è un tester,
allontana la prospettiva di una immedesimazione della spettatrice nella sagoma. L’effetto
immedesimazione è, tra l’altro, ostacolato dal fatto che lo spot, proponendo sin dall’apertura
una ragazza con in mano la sagoma che dichiara essere un tester e mostrando la successiva
fase in cui la mani della ragazza posano i tester sui vari saponi, enfatizza la contrapposizione
tra il soggetto e l’oggetto.
Il messaggio, poi, è elaborato sulla scorta di eteroriferimenti, ed è giocato sulla
contrapposizione (in qualche modo in chiave comparativa e radicale: in un caso la integrità,
negli altri la distruzione) con le possibili, per dir così, “proprietà negative” degli altrui saponi
rappresentate nello spot.
Così individuata l’idea pubblicitaria su cui si fondano la pubblicità Infasil e quella Dove, pare
assorbito il tema, toccato da Unilever in chiave di eccezione, relativo alla carenza di originalità
o alla debole originalità della pubblicità Infasil e sul carattere «comune e standardizzato» di
quello che Unilever argomenta essere «l’unico punto di ipotetico contatto» tra le rispettive
pubblicità: la sagoma (o le sagome) stilizzata di donna.
Tuttavia, alcune considerazioni possono essere sviluppate, per completezza di discorso.
Nella giurisprudenza autodisciplinare sono numerose le decisioni che dichiarano l’imitazione
servile della comunicazione pubblicitaria in fattispecie che, prevalentemente, si disponevano
tra l’imitazione pedissequa (1978/34) o “smaccatamente” pedissequa (1986/48), e la marcata
somiglianza (1978/34), la rilevazione di “due comunicazioni praticamente identiche”
(1991/103). Altre volte la decisione s’è fondata sul principio secondo cui non si deve creare “un
calco vero e proprio dell’altrui messaggio” (1992/10; 1992/115; 1993/87; 2004/151; 2005/97;
2006/21; 2007/144; 2009/105) e quindi non si deve ricalcare l’altrui pubblicità in modo tanto
intenso da ingenerare l’impressione di due comunicazioni identiche (1996/216), così che
l’impatto ideale ed ideografico sia del tutto simile e sovrapponibile (1994/185). E, ancora, il
contrasto con l’art. 13 Codice Autodisciplina è stato ritenuto allorché l’altrui pubblicità
presentava le stesse strutture verbali, lo stesso schema concettuale, gli stessi percorsi logici, gli
stessi riferimenti, gli stessi approcci di tipo emozionale e la stessa atmosfera (1993/123;
2010/14).
Tuttavia, queste affermazioni che, astrattamente assunte, condurrebbero a ritenere
perfezionata la fattispecie repressa dall’art. 13 comma I, solo in presenza di una quasi
sovrapponibilità, dipendono dalle caratteristiche delle fattispecie concrete che le hanno
14
generate, in cui l’ideazione pubblicitaria esaminata era pressoché sfornita di originalità o la
offriva in basso grado. Ed è in questa logica che il Giurì ha in altre occasioni spiegato che, in
particolare, se l’idea pubblicitaria alla base della comunicazione non è nuova od è connotata
da scarsa originalità, nei singoli casi concreti potrebbe essere tollerato il “riferimento comune”,
declinato in contesti diversi (1992/23), con forme espressive diverse (1992/10).
Il grado di diversità richiesto, poi, deve essere individuato (ed accertato nella sussistenza) di
volta in volta, in funzione dei gradienti di novità ed originalità sopra indicati.
Più la idea pubblicitaria è originale, maggiore deve essere la distanza.
Alla originalità dell’idea pubblicitaria, specie se prende le mosse da, od utilizza, un ente già
esistente, ovvero largamente ricorrente, può concorrere la sua complessiva costruzione, il
modo ed il contesto della sua manifestazione. L’idea pubblicitaria, poi, deve essere desunta
dall’analisi del messaggio nel suo insieme. A questa logica sembra rispondere anche il principio
secondo cui non è possibile astrarre, dall’idea, ad un livello superiore, e quello secondo cui
occorre guardare «alla struttura complessiva del proprio discorso promozionale» (2000/314).
Ora, l’esame di vari precedenti decisi mostra che anche in presenza di idee pubblicitarie
valutate sicuramente originali, molte volte, ai fini del giudizio sono stati assunti in esame più
elementi; ad esempio: (i) oltre all’idea di base, l’ambientazione in cui il tema era svolto e l’uso
di uno slogan evocante quello altrui, per “contrapposizione” (Martini & Rossi; 2002/272),
precisando, al contempo, che «in mancanza di questa frase finale la contrapposizione...
potrebbe anche essere dubbia»; (ii) oltre all’idea del cavallo bianco (Vidal), la ripresa della
musica ed il sonoro che evocava un cavallo al galoppo (1995/262); (iii) oltre al «nesso
associativo tra la bontà del prodotto reclamizzato e la serena beatitudine del Paradiso», anche
il nucleo semantico del «caffè così buono da meritare di essere bevuto anche in Paradiso, anzi,
capace di rappresentare un momento di particolare beatitudine in Paradiso; di costituire
l’apprezzato regalo di compleanno per San Pietro, ecc.» (Lavazza; 1998/3); (iv) oltre
all’immagine comune dell’orologio, la rispettiva caratterizzazione e gli slogan rispettivi
(Telecom; 2002/104).
Nello stesso caso 2006/159 del quale le Parti hanno ampiamente trattato nelle difese scritte
(ed anche nella discussione orale), la servile imitazione non è stata rinvenuta nel solo impiego
del comune elemento delle bolle, ma nel fatto che queste svolgevano la medesima funzione,
nel medesimo ambiente, avevano una stessa origine, provocavano azioni assimilabili nei
protagonisti reali, ottenevano lo stesso risultato ed in entrambi i casi operavano come
messaggeri.
La quasi sovrapponibilità, ragionevolmente, è idonea a creare confusione; ma l’art. 13 comma
I, condanna la imitazione servile dell’altrui comunicazione pubblicitaria “specie se idonea a
creare confusione” e, dunque, anche quando l’imitazione non è tale da giungere a creare
confusione.
Il giudizio di servile imitazione è l’esito conclusivo della valutazione di una pluralità di fattori,
che valorizzano la novità ed originalità dell’idea pubblicitaria, ma che non escludono, in
relazione alla fattispecie concreta, anche il riferimento al “trattamento” cui essa è sottoposta;
cioè, l’estrinsecazione formale della sua attuazione (1986/83),
In conclusione, il Giurì è dell’opinione che l’esame globale, della complessiva struttura del
diverso ruolo giocato dalle sagome di donna stilizzate, dalle suggestioni introdotte e dei mezzi
iconici e verbali (1980/14), conducono a concludere che non si è in presenza di «un medesimo
evento narrativo... con diverse declinazioni e svolgimenti» (2004/151) e che tanto la idea
pubblicitaria quanto il suo trattamento formale siano diversi nei due telecomunicati sì che la
pubblicità contestata non integra violazione dell’art. 13 comma I Codice di Autodisciplina (si v.,
1976/35, in cui è stata dichiarata la autonomia dell’idea di utilizzare l’immagine di una modella
ripresa da tergo, con i prodotti pubblicizzati (una linea di cosmetici) infilati nella tasca
posteriore dei jeans rispetto ad un’altra pubblicità, relativa a una macchina fotografica
15
tascabile, nella quale compariva analoga immagine, perchè s’è ritenuto che esse avessero un
diverso significato, e quindi l’idea ispiratrice fosse diversa, mirando l’una a sottolineare «il
carattere tascabile del piccolo apparecchio fotografico», ed essendo invece l’altra volta
«all’esclusivo fine di richiamare l’attenzione del consumatore senza voler certamente
significare che i prodotti reclamizzati siano effettivamente ed in tal modo “tascabili”).
Il Giurì ritiene, altresì, che non sussistano gli estremi della violazione dell’art. 13 comma II.
A tale conclusione il Giurì perviene in seguito alla valutazione di più di un profilo.
La accertata insussistenza di una servile imitazione della comunicazione commerciale di
Angelini e l’accertamento di una differenziazione ideologica e formale, rende problematica
l’individuazione di un’area in cui si possa attuare uno sfruttamento dell’altrui immagine e
notorietà.
D’altro canto, per un verso la pubblicità Dove riprende, sia pure innovato con l’adozione del
tester – sagoma stilizzata di donna, un proprio risalente concept, per un altro verso, l’impiego
della sagoma stilizzata di donna costituisce solo un momento (pur se importante) della
pubblicità Infasil.
Per altro verso, l’art. 13 comma II Codice Autodisciplina presuppone lo sfruttamento della
notorietà e dell’immagine altrui. Tale prova, nel caso concreto, non coincide con la prova della
notorietà del marchio, bensì si sostanzia nella prova della notorietà della sagoma stilizzata di
donna in sé, ovvero quale immagine del prodotto Infasil. Questa prova (a prescindere dal tema
delle eventuali interruzioni nell’uso di tale rappresentazione o della non esclusività di esso)
non è stata data dalla Istante. Nè, pare al Giurì, nel caso in esame s’è “raggiunta la prova della
realistica ed effettiva facilitazione comunicazionale, sfruttata dal preteso trainato per
raggiungere il territorio pubblicitario del trainante” (2009/105).
Infine, manca il divario di notorietà (2008/113; 2009/122), che secondo talune decisioni
(1982/19) deve risultare “marcato”, necessario per rendere plausibile l’indebito profitto
dell’altrui immagine.
P.Q.M.
Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che la pubblicità contestata non è in
contrasto con l’art. 13 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
Milano, 26 marzo 2013
f.to Il Relatore
Prof. Avv. Massimo Cartella
f.to Il Presidente
Prof. Avv. Vincenzo Ferrari
___________________________
Tutti i diritti di riproduzione sono riservati
16