Quando vuoi sapere se il posto dove ti trovi è ricco o povero, guarda

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Quando vuoi sapere se il posto dove ti trovi è ricco o povero, guarda
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Abstract tratto da www.darioflaccovio.it - Tutti i diritti riservati
“Quando vuoi sapere se il posto dove ti trovi è ricco o povero, guarda la spazzatura.
Se non vedi immondizia né pattumiere, vuol dire che è molto ricco.
Se vedi pattumiere, ma non immondizia, è ricco.
Se l’immondizia è accanto alle pattumiere, non è né ricco né povero: è turistico.
Se vedi l’immondizia e non le pattumiere, è povero.
E se c’è la gente che abita in mezzo ai rifiuti, vuol dire che è povero, molto povero.”
Da “Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano” di Eric-Emmanuel Schmitt
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Gaetano Basile
Palermo
felicissima…
atto secondo
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In d i c e
DEVOZIONI
I “pizzini” di Santa Rosalia ...................................................... pag. 10
Per i miracoli, pagamento anticipato ......................................
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Il Bingo celeste ........................................................................
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Una festa “superflua” ..............................................................
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Cosma e Damiano: due santi in uno ......................................
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Fede bollente ..........................................................................
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La Madonna “anniàta” ............................................................
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Sigarette per grazia ricevuta ....................................................
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Una Madonna con l’antifurto..................................................
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Il miracolo della cintura ..........................................................
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Sacro… petrolio ......................................................................
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Al fuoco, al fuoco! ..................................................................
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Agata, la santa contesa ............................................................
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Tutti contro Santa Cristina ......................................................
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Santa Ninfa e le noie del matrimonio ......................................
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Santa Oliva nel caos zoologico ................................................
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Santa Rita l’“aggrizzamariti” ....................................................
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LUOGHI FUORI PORTA
Il cimitero dei Rotoli: museo dell’arte siciliana ........................
Brancaccio, antica delizia ........................................................
Corleone, il “signor leone” ......................................................
La Favorita: altro che Central Park… ....................................
La grotta dell’Addaura: storia di vita che se ne va ....................
Il lago di Piana che stringe il cuore ..........................................
Da Monte Pellegrino oggi Goethe scapperebbe? ......................
Mezzomonreale e gli alberi parasole ........................................
Trappeto: un “grazie” a Danilo Dolci ......................................
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LUOGHI – NEL CUORE ANTICO DELLA CITTÀ
Palermo anni Sessanta, città della memoria..............................
Al Capo, un gioiello barocco ..................................................
Ballarò, ovvero la civiltà dell’incontro ......................................
La Vucciria e il Capo: colori e sapori per sognare ....................
Niente biscotti bisex all’Albergheria!........................................
Un Cristo con lo sguardo di Totò Riina alla Cappella Palatina?
La Gancia: un compendio di storia cittadina ..........................
Palermo dimentica la Galleria delle Vittorie ..........................
Ignazio Florio, Donna Franca e l’amore a Villa Giulia ............
Le rughe palermitane ..............................................................
Via Biciclettai versus via Divisi ................................................
La Zisa nel paradiso terrestre ..................................................
La Cattedrale, la “Matrici” della memoria ..............................
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LUOGHI – SUL MARE
Addaura vip o come Nassiryia? ................................................
Capo Gallo, culla della biodiversità ........................................
Vincenzo Di Bartolo, un’istituzione a Ustica ..........................
Sabbia di corallo a Isola delle Femmine ..................................
La mancata beauty farm dell’Acquasanta ................................
L’altra Palermo ........................................................................
Sferracavallo, litorale da intenditori ........................................
Estate popolare a Vergine Maria ..............................................
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ACCADDE IERI
L’ora della decisione suprema ..................................................
Arrivano i “miricani” ..............................................................
Bel Ami sbarca in Sicilia ..........................................................
Cavalieri d’altri tempi..............................................................
Archeologia industriale: la Chimica Arenella ..........................
Francesco Crispi e Deborah (con la “h”)..................................
La rassegnazione siciliana di Alessio Di Giovanni ....................
Il pasticciaccio di una strana sfida............................................
La nascita del cornuto ............................................................
Le doppie nozze di Adelaide ....................................................
Quando la storia si fa tra le lenzuola........................................
Calendari, tra top model e cavalli ............................................
Natoli e Galt: le due facce di uno stesso narratore ..................
Storie vere o “fissarii”? ............................................................
La buca della salvezza ..............................................................
Il “trash” di Isabella..................................................................
Ruggero Settimo o Ruggero VII? ..............................................
Di nuovo i Savoia? ..................................................................
Fumo e legalità ......................................................................
L’errore dei Vespri....................................................................
La “stazione di posta”, tesoro a perdere ....................................
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Devozioni
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I “PIZZINI” DI SANTA ROSALIA
C
ara Santa Rosalia,
scusa se comincio così. Ma un “Gentilissima” mi sarebbe
sembrato troppo terreno, fuor di luogo. Quasi formale. Ci
sarebbe stato bene, magari, un vocativo tipo “Oh, Santa
Rosalia!”, ma sapeva troppo di studi classici e di supplica. E la
presente, con il dovuto rispetto, supplica non è. Ma andiamo
al sodo. Neanche quest’anno farò l’acchianata a piedi, pur
cosciente che «cu’ voli grazii a Munti Piddirinu, c’è Santa
Rusulia ccu Cristu ’mmanu». Perché?
Lo sappiamo tutti: questi che viviamo sono tempi ruvidi e
pesanti. Certamente aridi per i miracoli. Che pure si manifestano, ogni giorno, in ogni catoio del cosiddetto centro storico. Un esempio? Non ti pare miracoloso riuscire a tirare la
mesata con 412 euro – beninteso lordi – di pensione al trattamento minimo? La za Cuncittina ci fa rientrare l’affitto (certamente in nero), qualche medicina non prescrivibile e il cibo,
la luce, l’acqua, la tassa sulla “munnizza” e il telefono. E pure
la bombola del gas quattro volte l’anno. È chiaro che, “assò
tiempu”, l’oro fu già impegnato e là rimase.
Di miracolo a metà, però, si tratta. Perché la za Cuncittina
non riesce a vestirsi da due anni. E per i capelli ci pensa sua
nipote, “apprendista esperta” parrucchiera, che glieli fa in casa.
Come manicure e pedicure. Con tutto l’affetto di cui è capace, magari in cambio di un piatto di pasta coi “tinnirumi”. A
cena, davanti alla tivvù.
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Scusa l’impertinenza, vorrei sapere se questi miracoli li fai proprio tu, Santa Rosalia? Oppure li scippa la za Cuncittina dal
fondo della sua disperazione?
Ma vogliamo essere più frivoli e sportivi? Il Palermo in serie A.
Più miracolo di così si muore. Manco Spielberg nei film di
fantascienza. Così credevo e ti attribuivo la “responsabilità” di
questo portento. E invece no: illusione fu. Il miracolo è stato
rivendicato da Musotto e Zamparini. Tie’! Fossi stato adolescente, ne avrei subito un trauma irreversibile.
Per fortuna vado per i settanta, ho visto la guerra da piccolo, e
non mi stupisco più di niente. Però, siccome la speranza è l’ultima a morire, i “divutieddi” non demordono. Anzi, pervicaci,
insistono. E lasciano tracce delle loro povere speranze ai tuoi
piedi.
Tutti “pizzini” rimediati, scritti con incerta grafia e intessuti di
accorati «ti prego… fai tu… ricordati… ci affidiamo a te per
la grazia che ti abbiamo chiesto…». Non ho il cuore tenero,
però mi si strizza la pancia quando leggo questi squarci di
fiducia in una vita che non ne permette proprio. Fino a un «ti
supplico, fai uscire Roberto…» certamente non fuori dai gangheri. Forse una madre o una moglie che vogliono Roberto
accanto. L’italiano è quello che è, ma si capisce tutto.
Ma tu li hai letti? E come ci sei rimasta? Forse neanche tu “ci
puoi”? Perché se è così, Palermo se la vede proprio nera. Altro
che peste…
Forse non se ne sono accorti gli immigrati che credono di aver
trovato proprio qui il Perù. Vladi chiede, con bella grafia: «ti
prego farmi restare in questa città». Per scrivere una cosa del
genere chissà da quale inferno sarà scappato, povero figlio.
Chissà se avrà trovato un permesso di soggiorno. Certamente
un’opportunità che noi non cogliamo più, ma che per lui è
ragione di vita.
E poi, scusa la petulanza: ti sei mai accorta di Sergio? Vende
rose – i tuoi fiori, quelli a te dedicati assieme ai gigli – lungo
la scalinata. Proprio quel ragazzo stempiato che fa su e giù con
il suo mazzetto di rose che spesso gli resta invenduto. Ecco,
proprio lui: è diplomato, ha trentatré anni come Cristo, ma è
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disoccupato da quindici. Il suo terrore? Quello di finire come
il tizio dei lumini che sta lì da un’eternità.
Forse un giorno partirà pure lui per “dda fuora”.
Che bizzarra la vita, cara Santa Rosalia: gli stranieri si stipano
in un barcone per venire da noi. Quando ci riescono. Noi,
invece, popolo di mare, scappiamo via terra stipati in un pullman attraversando l’Europa fino al Mare del Nord. Il nostro
Perù sta ad Amburgo, qualche volta. Oppure nella squallida
periferia di Liegi.
Ma niente niente sei emigrata pure tu? Perché, sai, cara Santa
Rosalia, mi hanno detto che sei la patrona di Pegli, in Liguria.
Lassù, l’Arciconfraternita di San Martino tiene vivo il tuo
culto e, a quanto pare, i miracoli si sprecano. Pettegolezzi di
gente di mare, voglio sperare. Però mi resta un dubbio: se qua
è “sede vacante”, per grazie a chi rivolgersi?
Scusandomi per l’impertinenza, sempre devotamente mi firmo
tuo Gaetano
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Luoghi
Fuori porta
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IL CIMITERO DEI ROTOLI:
MUSEO DELL’ARTE SICILIANA
I
l suo nome ufficiale è “Cimitero di Santa Maria dei Rotoli”.
La denominazione, seppure di incerta etimologia, verrebbe
dalla Torre del Ruotolo, che fu in origine una delle tante torri
di avvistamento per la difesa delle coste dagli sbarchi dei pirati. Prima ancora, evidentemente, di quelle ideate da Camillo
Camilliani.
Più tardi, attorno alla torre sorse la tonnara di Vergine Maria,
oggi in stato assai pietoso. Se ne tentò il recupero alla fine degli
anni Novanta, ma con poco successo, giacché furono ridotte
in pezzi tutte quelle strutture che avrebbero dovuto farne un
centro di attrazione per la borgata ex marinara. Insomma,
quello fu uno dei tanti esempi della nostra inciviltà e del
nostro imbarbarimento. Amen.
Proprio in quella borgata, a seguito dell’epidemia di colera del
1837, sorse il nuovo cimitero, essendosi rivelato insufficiente
quello di Santo Spirito. Che era l’antico cimitero palermitano
voluto nel 1782 dal viceré Domenico Caracciolo, marchese di
Villamaina. Il terreno ceduto dal barone Bordonaro era parte
del feudo degli Oneto di Sperlinga.
Si decise subito che, per i cinque ettari previsti, «il Comune
dovrà concorrere con la somma di 7813 onze al compimento
del novello camposanto… le opere dovranno essere condotte
con la maggiore sollecitudine possibile…».
Ma siamo a Palermo, e così il preventivo di spesa per l’ultimazione dei lavori iniziati e non portati a termine venne redatto
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soltanto nel 1853. Insomma, sedici anni dopo, visto che era
richiesta «la maggiore sollecitudine possibile».
Pure la chiesetta realizzata nel 1839, alla data del 1858, cioè
diciannove anni dopo, non era ancora stata benedetta e aperta al culto. Infatti «era ancora bisognevole di copertura, pavimento e facciata esterna». Viene da chiedersi cosa avessero
fatto in tanti anni. Solo le mura esterne?
Nel 1874 si deliberò il suo restauro e fu portato a ben ventidue ettari l’ampliamento del complesso cimiteriale. Oggi sono
quasi quaranta ettari.
Tutti quanti si complimentarono giacché il nuovo camposanto risultò perfettamente a norma: era esposto a nord e pure
isolato dalla città grazie al Monte Pellegrino. Perfetto.
A questo punto non restava che chiudere gli altri: Santo
Spirito, Santa Maria di Gesù, Cappuccini, assieme a quelli
della Grazia e di Baida, giacché tutti quanti mancavano dei
requisiti richiesti dalla legge per la pubblica igiene. Insomma,
un atto dovuto da parte delle autorità preposte al rispetto delle
leggi dello Stato. Inoltre si fece presente che i camposanti della
Grazia e di Baida erano addirittura in mezzo alle case.
Essendo questa una storia palermitana, tutto restò come
prima. Si provvide alla dismissione degli ultimi due perché le
aree di risulta erano edificabili e tante “persone di rispetto” ci
avevano messo gli occhi. Succedeva, allora.
Una parte del cimitero, con ingresso direttamente dall’esterno,
fu destinata alla sepoltura degli acattolici e fu detto impropriamente “cimitero degli inglesi” perché vi trovarono l’eterno
riposo anche molti anglosassoni residenti a Palermo.
Intanto ai Rotoli, negli anni 1892 e 1893, si fecero ulteriori
lavori, come si può leggere sulla lapide murata in quell’occasione: «Essendo Sindaco di Palermo il Marchese Pietro Ugo
delle Favare e Assessore al patrimonio il Conte Ferdinando
Monroy di Ranchibile, con le norme delle leggi e della scienza, fu restaurato nelle decorazioni e negli avelli questo luogo di
riposo dei morti».
Fu il momento felice per l’arte contemporanea che si espresse
con l’edicola della famiglia Rao del 1890, opera di Benedetto
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Civiletti e Antonio Ugo; la Cappella gentilizia dei Mastrogiovanni Tasca del 1891, di Mario Rutelli e Ernesto Armò, e
quella della famiglia Salamone del 1892, di Vincenzo La
Parola e Benedetto Civiletti. A queste indiscutibili opere d’arte si aggiunsero, negli anni a seguire, piccoli capolavori come
la cappella di Carlo Pintacuda, opera di Salvatore Valenti, e
quella degli Avellone con un bellissimo angelo che invita al
silenzio, opera del cefaludese Filippo Luigi.
Poi la sepoltura a tumulazione prese il sopravvento su quella a
inumazione. Attorno agli anni Trenta si fecero ulteriori lavori,
documentati dai servizi fotografici di Cappellani.
Questo cimitero è un poco noto museo dell’arte siciliana a
cavallo fra Ottocento e Novecento e vale una visita. Magari nel
giorno dei Morti. Da non perdere la “Sala Bonanno” in onore
del prosindaco di Palermo, Pietro Bonanno, deceduto l’11
febbraio del 1905 a seguito di una polmonite, a soli quarantadue anni. Le sue spoglie, nelle more di trovare degna sepoltura a spese dell’amministrazione comunale, giacquero per oltre
sessant’anni in questa sala, che era un ripostiglio per gli attrezzi. Cara, meravigliosa Palermo!
A cappelle e monumenti lavorarono, oltre agli artisti già citati, Giuseppe Damiani Almeyda, Pasquale Civiletti, Gaetano
Geraci, Benedetto De Lisi, Saverio Partinico e tanti altri, che
stabilirono con la loro arte un ponte tra la vita e la morte.
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