Campagna di logoramento contro Trump
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Campagna di logoramento contro Trump
MONDO SCENARI_ Nick Oxford / Reuters PURE MURDOCH SI È RASSEGNATO ALLA SUA NOMINATION Campagna di logoramento contro Trump L’establishment del partito repubblicano cerca di frenare l’avanzata dell’outsider populista. Con scarso successo. e il partito repubblicano fosse soltanto diviso in sostenitori di Donald Trump e iscritti al fronte «Never Trump», la guerra fratricida sarebbe un affare semplice. Il fatto è che anche l’opposizione all’outsider populista che guida la corsa delle primarie è spaccata in varie correnti, le quali propongono strategie di resistenza che si danneggiano a vicenda. L’establishment del partito, che ha informalmente affidato il ruolo di portavoce all’uomo che ha perso malamente contro Barack Obama quattro anni fa, Mitt Romney, propone di continuare a ostacolare Trump (nella foto, una sostenitrice del miliardario a Tulsa, in Oklahoma) con una guerra di logoramento: lottando per ogni singolo delegato e convergendo sul candidato che, di Stato in Stato, ha più possibilità di sconfiggere l’avversario. L’obiettivo è che Trump si presenti alla convention di luglio senza i 1.237 delegati che automaticamente gli darebbero la nomination. A quel punto si aprirebbe un (doloroso) negoziato interno al partito, per estrarre dal cilindro un nome su cui convergere. Per realizzare questa difficile strategia è necessario che il 15 marzo Marco Rubio vinca le primarie della Florida e John Kasich quelle dell’Ohio, di cui è governatore, mentre Ted Cruz racimola delegati nel Midwest. L’associazione «Our Principles» sta coordinando gli spot elettorali e ha S investito tre milioni di dollari per contrastare Trump in Florida, dove i sondaggi lo danno ampiamente in vantaggio su Rubio. Girano slide fra i gruppi di finanziatori repubblicani che illustrano la praticabilità di un percorso che, nel migliore dei casi, lascerà Trump a qualche decina di delegati dalla nomination. Un’altra opzione che il partito sperava si avverasse era il restringimento del campo degli oppositori di Trump. Ma oltre al danno la beffa, perché fra i tre rimasti in corsa l’unico che ha vinto con una manciata di Stati è Ted Cruz, l’altra bestia nera dell’establishment che ha fatto dell’intransigenza conservatrice la sua bandiera. Nel frattempo il team di Marco Rubio, vincente soltanto in Minnesota e a Puerto Rico, trascorre le giornate a smentire le voci (provenienti dal suo entourage) che lo danno in ritirata prima del fatidico test della Florida, Stato di cui è senatore federale. Un’eventuale sconfitta in casa sarebbe la conclusione drammatica di una campagna incolore. E c’è chi gli consiglia di abbandonare la nave da subito. Infine c’è chi, pur opponendosi a Trump, si è rassegnato all’idea della sua nomination. E inizia a prendere le misure. Fra questi, anche Rupert Murdoch, capo della corazzata di Fox News e kingmaker conservatore. (Mattia Ferraresi - da New York) © RIPRODUZIONE RISERVATA 16 marzo 2016 | Panorama B3$B60BDSUHPRQGR)LQGG 21