Mere Chimere - Gruppo Chimera

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Mere Chimere - Gruppo Chimera
Mere Chimere
Mizra
La notte era tiepida e silenziosa.
Dalla finestra aperta entrava una lieve brezza che le accarezzava il viso e muoveva
appena il velo che le scendeva delicato sulla guancia sinistra.
Le piaceva vegliare in silenzio nel buio della notte perché si potevano udire rumori che
sarebbero sfuggiti in qualunque altro convulso momento della giornata.
Mizra guardò la luna piena riflettersi sulle due lame ricurve e aggrottò le sopracciglia in
una rapida smorfia: aveva visto un’ombra incrinare la perfezione della tenue luce. Sorrise
tra sé mentre con un gesto tanto silenzioso quanto rapido si coprì la parte inferiore del viso
con il velo.
Con un’elegante movimento del piede toccò il cane che dormiva in terra e si mosse per
posizionarsi tra il letto a baldacchino e la finestra, pronta a far saettare le spade.
Il cane aprì gli occhi in assoluto silenzio e la sua forma cambiò in quella di un uomo
dalla pelle scura, alto e secco. Mizra aveva imparato a sue spese ad apprezzare Yasir il
nero, la sua calma e la sua tenacia, ma se avesse potuto non avrebbe scelto di viaggiare
con lui.
Attese qualche istante e sorrise di nuovo quando udì del rumore provenire dalla stanza
vicina: sapeva che gli incantesimi di Abdallah non fallivano mai e l’allarme magico era tra
questi. Mizra apprezzava molto lavorare con lui: lei e l’eunuco avevano un approccio
simile nell’affrontare i problemi.
Intanto la figura dormiente nel letto pareva non essersi accorta di nulla, e riposava
indisturbata sotto le preziose coltri ricamate. Il qadi Farid al Ahmad le aveva salvato la vita
e lei non avrebbe esitato a fare altrettanto tutte le volte in cui sarebbe stato necessario. In
più, Mizra amava uccidere e stare a fianco del qadi le offriva molto spesso questa
opportunità.
Con la coda dell’occhio la rakasta intravide la sagoma del suo avversario entrare
dall’ampia finestra. Solo allora si accorse che erano almeno in tre.
In quel momento, la porta della stanza venne aperta con forza, lasciando entrare una
lama di luce, incrinata dall’ombra di una figura umana alta e imponente.
“Mio signore, destatevi vi prego!” La voce dell’uomo dai capelli scuri e gli occhi blu era
alta e tonante, la voce sicura di un uomo che ha visto molte cose e ha scelto la sua strada.
Mizra rabbrividì di piacere nell’udirla, Rashid era uno dei pochi uomini che riuscissero ad
entusiasmarla. O forse qualcosa di più, si diceva talvolta.
Yasir il nero
Fu svegliato dal lieve tocco di un morbido stivale.
Sapeva che apparteneva al sinuoso corpo di Mizra e che la donna gatto non lo
avrebbe disturbato per una sciocchezza. La prima cosa che vide fu il pelo argenteo della
rakasta che si spostava silenziosa e letale, la seconda il giovane Farid che riposava
indisturbato nel letto.
Yasir sapeva quanto Mizra potesse essere crudele con i nemici. Non la approvava, ma
rispettava la sua abilità in combattimento, era stata più che utile nel salvare il qadi.
Il druido trattenne un sospiro pensando al bambino che ancora vedeva nel qadi, quello
stesso bambino ingenuo che aveva iniziato a educare, ormai molti anni prima, e che aveva
accompagnato nel lungo esilio dall’oasi di Abbashan .
Alcuni rumori soffocati nella stanza accanto gli fecero capire che anche l’eunuco
Abdallah ibn Nuri sapeva, e presto sarebbe accorso. Yasir rabbrividì pensando al grasso
corpo dell’uomo che rispecchiava perfettamente il suo carattere mellifluo e manipolatore. Il
druido sospettava che l’influenza di Abdallah sul qadi fosse molto pericolosa, ma
desiderava che il suo allievo imparasse a difendersi da solo.
Quando la porta della stanza si aprì di scatto, Yasir vide i tre sicari avvolti dall’ombra.
“Mio signore, destatevi vi prego!”. Non poteva che essere la forte voce di Rashid,
quella stessa voce che li aveva condotti attraverso le corti più infide di Darokin e
Karamiekos, una voce di cui si fidava.
Abdallah ibn Nuri
L’incantesimo di allarme risuonò nella sua testa violento, strappandolo al sonno
ristoratore.
Qualcuno è arrivato da Farid! - pensò subito Abdallah, quasi soffocato da una
mostruosa sensazione di pericolo. L’eunuco scosse con violenza il braccio dell’uomo alto
che dormiva nel letto poco distante. Non ci volle molto per svegliare Rashid, era abituato a
viaggiare con compagnie pericolose. Abdallah si fidava di lui, sapeva che non avrebbe mai
fatto nulla che potesse nuocere al principe
E quindi neppure a me! - rifletté soddisfatto.
Nell’altra stanza c’è Mizra - ricapitolò tra sé cercando di rassicurarsi - e la gatta non
lascerà che nessuno si avvicini al qadi. Sa essere letale e sa capire quando è il caso di
agire.
L’eunuco iniziò a sfregarsi le mani l’una con l’altra quasi le stesse pulendo da una
inesistente lordura.
Il qadi è il mio passaggio per il potere! Diventerà emiro, e così potrò vendicarmi di tutti
coloro che hanno osato non tenermi nella giusta considerazione…
Mentre Rashid si precipitava fuori dalla stanza, l’eunuco infilò i piedi grassocci in
morbide pantofole e coprì il suo imponente corpo con una vestaglia ricamata.
Farid deve sopravvivere! E sarà bene che anche quel… quel… dannato nithiano si dia
da fare!
Abdallah si incamminò con calma fuori dalla stanza, accarezzando la vipera che gli era
scivolata silenziosa in mano.
Se solo potessi fidarmi di qualcun altro mi sarei già liberato di quel Yasir, ma è così
difficile trovare persone degne della mia fiducia… In ogni caso è ormai anche lui una
pedina del mio gioco e farà quello che dico io! E con loro attorno il qadi non può che
essere al sicuro… - pensò Abdallah mentre udiva la voce di Rashid: “Mio signore,
svegliatevi vi prego!”
Rashid Awamir
Una mano umidiccia lo scosse dal sonno leggero, trascinandolo fuori dal meraviglioso
sogno in cui una donna lo allietava mostrandogli gran parte del suo morbido e candido
corpo.
Rashid sperava che fosse già mattina, temeva il cuore della notte, avevano scampato
troppi pericoli per consentirgli il lusso di essere ingenuo.
E invece era notte, il viso stravolto dalla preoccupazione di Abdallah riempì il suo
campo visivo, mischiandosi alle residue gradevoli immagini di sogno che avevano invaso
la sua mente fino a pochi istanti prima. L’eunuco andava trattato con cautela, era molto
pericoloso, ma Rashid sapeva riconoscere un buon alleato quando lo incontrava.
Non erano servite parole per fargli capire che poteva essere accaduto qualcosa al
qadi: Mizra e Yasir erano con lui nella stanza, ma Rashid non intendeva correre alcun
rischio. Soprattutto voleva evitare che la rakasta facesse a pezzi qualcuno di troppo, certe
volte era troppo ‘irruenta’. Aveva ormai intuito di avere un certo ascendente su di lei, ma
cercava di non abusarne perché non amava farsi nemici.
Se sono riuscito a vivere così a lungo è perché so come mantenere in buoni rapporti
con certe persone…
In pochi passi giunse davanti alla porta della stanza in cui riposava il qadi. Il ragazzo
era troppo giovane per tutte le speranze che erano state riposte in lui e forse anche per
tutto l’odio che si portava dentro.
Aprì la porta con forza e osservò la scena per un istante: Farid al Ahmad dormiva sotto
le coltri, Rashid distinse chiaramente il lieve respiro del ragazzo, Mizra era quasi invisibile
tra le ombre e Yasir, a fianco del letto, fissava un punto preciso dall’altro lato della stanza.
Il druido era calmo e pacato come sempre, ma non per questo meno attento. Rashid lo
stimava, aveva fiducia in lui perché più volte aveva avuto riprova della sua immensa
fedeltà al principe.
Senza saperne bene il motivo, a voce molto alta, disse:
“Mio signore, destatevi vi prego!”
Farid al Ahmad
Camminava tra le ombre oscure di un mondo sconosciuto che fluttuava davanti ai suoi
occhi in migliaia di frammenti di luce: case, persone, cavalli, cammelli, tende, sole
abbagliante. Farid cercava di afferrare qualcosa, qualsiasi cosa, per far smettere quel
terribile vortice, ma non vi riusciva, ogni volta la figura si allontanava e la sua testa
risuonava di una risata malevola che si prendeva gioco di lui.
L’irritazione di Farid aumentava man mano che quel mondo – illusorio o reale – si
allontanava. Iniziò a gridare…
Rashid, dì loro di fermarsi! Farid lo vide poco distante, ma Rashid sembrava non udirlo
né vederlo, come se fosse invisibile. Impossibile! Rashid non mi hai mai deluso! Rashid
parla con loro! Rashid li voglio, fai qualcosa!
La voce del ragazzo sembrava perdersi in quel vortice di colori e non giungeva a
Rashid.
Yasir aiutami ad inseguirli! Lo strano nithiano leggeva una pergamena poco distante,
l’uomo dalla pelle scura che era stato il suo maestro devoto e paziente, colui che lo aveva
allevato dopo l’allontanamento da Abbashan, ora lo ignorava senza rispondere al suo
disperato richiamo…
La rabbia di Farid cresceva a dismisura, sentiva il sangue scorrere violento nelle vene,
pulsare nella sua testa…
Adballah, imprigionali! L’eunuco certo gli avrebbe obbedito senza esitazione, l’eunuco
avrebbe fermato tutte quelle persone, tutti i suoi sudditi… Farid sapeva che l’eunuco
desiderava solo che lui tornasse al potere… Ma Abdallah accarezzava la testa della sua
minuscola vipera senza degnarlo di uno sguardo.
Farid sentì il suo corpo pronto a scattare, a uccidere, bramava solo di poter ridurre a
brandelli con artigli che non aveva la carne di quelli che erano un tempo gli erano fedeli
ma che ora non gli obbedivano!
Mizra distruggili! La rakasta sembrava non udire la sua voce e lucidava le sue lame.
Lei, proprio lei, che gli aveva giurato eterna fedeltà per averla salvata, lei sulla quale
poteva contare per portare a termine qualunque vendetta silenziosa e efficace…
“Mio signore, svegliatevi vi prego!”
Il turbinio si interruppe, Farid aprì gli occhi, ancora pieno di rabbia e guardò il
baldacchino del proprio letto, riccamente ricamato, cercando di tornare alla realtà e di
calmare il battito del suo cuore che sembrava impazzito.
Stranieri
Questo dannato animale… - imprecò tra sé lo stalliere guardando l’enorme mole del
rinoceronte, stipato a fatica nella stalla.
Rende inquieti i cavalli e mi costringerà a lavorare doppio… - l’uomo scosse il capo
come per trovare consolazione.
Non è lavoro di uno stalliere occuparsi di questo bestione. Stiamo scherzando?
Chiederò più soldi di paga! E poi chi saranno gli uomini capaci di viaggiare con una simile
orrenda e pericolosa bestia?
Mentre borbottava a mezza voce queste parole, udì che da fuori veniva gridato il suo
nome.
Altro lavoro in arrivo! - pensò acido.
Fuori il sole era alto nel cielo, e i suoi raggi illuminavano gli stranieri più bizzarri che
avesse mai visto.
Uno aveva la pelle nera, era vecchio, alto e nodoso come un albero rinsecchito. Era
nudo, eccezion fatta per un piccolo straccio bianco che gli copriva l’inguine.
Accanto a lui stavano altri tre uomini dalla carnagione abbronzata, indossavano ricche
vesti e gioielli.
Uno era grasso, pallido, calvo, con piccoli occhietti neri infossati e le labbra rosee
strette in una smorfia di disgusto.
Un altro, probabilmente il capo, era quello che si sarebbe detto un bell’uomo.
Indossava un turbante e un abito che sembrava assai confortevole di colore blu, lo stesso
colore dei profondi occhi che lo stavano guardando con interesse. L’uomo sembrava
davvero di buon umore e gli rivolse un ampio sorriso. Lo stalliere si senti quasi in
imbarazzo, e gli rivolse un goffo inchino.
Il terzo, il più giovane, era poco più di un ragazzo. Aveva un volto dai lineamenti severi.
Sembrava corrucciato, o annoiato. Indossava un vestito nero dalle larghe brache, ed era
l’unico a portare una corazza, anch’essa scura.
Un’ultima figura completava quello strano gruppetto. Affascinante, sinuosa. Un corpo
mozzafiato. Lo stalliere non aveva idea di chi si celasse dietro a quel velo di seta. Si sforzò
di scorgerne il volto, ma con un brivido distolse lo sguardo. Gli sembrò che due luminosi
occhi gialli lo avessero fissato, gli occhi di un gatto, o meglio di una tigre. Gli occhi di un
predatore.
Una suggestione, certo. Aveva davvero lavorato troppo.