Bambino in ospedale

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Bambino in ospedale
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Il bambino in ospedale
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Testi a cura di: Marta Angelone, Silvia Bertoli, Laura Michelotto, Barbara Forresi, Federico Neri
Impaginazione: Les Mots Libres, Bologna
Stampa: NUOVA GRAFICA s.n.c.
Foto di copertina: Tips Image
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Indice
Introduzione
1. Il bambino e l’adolescente in ospedale
1.1 Le paure del bambino e dell’adolescente
1.2 Fattori di rischio e fattori protettivi
2. I genitori del bambino in ospedale
3. Alcuni suggerimenti
3.1 La visita medica e il Pronto Soccorso
3.2 Il ricovero
3.2.1 Il rientro a casa
4. Progetti e iniziative dell’Ospedale dei Bambini di Parma
4.1 A chi rivolgersi? La rete di aiuto al bambino all’interno
dell’Ospedale di Parma
4.2 Scuola in Ospedale
4.3 Progetto “Giocamico”
4.4 Giornalino “Mille Voci”
4.5 Associazione “Noi per Loro”
4.6 Altre associazioni importanti
Bibliografia
Sitografia
Telefono Azzurro
L’Ospedale dei Bambini
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Introduzione
ari genitori,
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può capitare che il vostro bambino debba recarsi all’ospedale perché
deve fare alcuni controlli, per un incidente che necessita di un ricorso al
Pronto Soccorso, perché deve sottoporsi ad un intervento o per un
disturbo che prevede un periodo di ricovero.
In questi casi, è bene ricordare che ogni bambino ha diritto non solo alle
prestazioni mediche più adeguate, ma anche ad un percorso di cura che
non incida sul suo sviluppo psicoaffettivo, ovvero a essere protetto da traumi e sofferenze inutili.
Numerose ricerche, infatti, hanno contribuito a evidenziare quanto già
emerge dall’esperienza quotidiana: la permanenza in ospedale può turbare un bambino, può favorire l’emergere di paure e stati di agitazione, fino
ad arrivare a sintomi ansiosi o depressivi.
È indispensabile, quindi, che gli adulti che si prendono cura del bambino fuori e dentro l’ospedale non solo si facciano carico della cosiddetta
“salute fisica”, ma tengano anche conto degli aspetti psicologici, del suo
sviluppo cognitivo, emozionale e relazionale. Tutto questo coerentemente con quanto evidenziato dall’OMS (WHO, 1946) che definisce la salute come “un completo stato di benessere fisico, mentale e sociale, che
non consiste solamente nell’assenza di malattie o di infermità, ma è strettamente correlato a una crescita armonica e alla capacità di esprimere un
progetto di vita”.
La salute mentale e il benessere dei bambini e degli adolescenti sono
importanti in ogni momento dello sviluppo, a maggior ragione quando
la salute fisica – anche solo temporaneamente – sia compromessa. In
primo luogo, dunque, è necessario riflettere su tutte quelle variabili che
possono turbare il benessere del bambino in ospedale, ma anche su quelle che lo proteggono e lo aiutano ad affrontare momenti difficili come
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quelli della malattia e del ricovero (i cosiddetti “fattori di protezione”).
In secondo luogo, occorre promuovere e valorizzare – in accordo con i
principi contenuti nella Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo
(1989) e la Carta Europea dei bambini degenti in ospedale – sia il ruolo
della famiglia, con la sua funzione di protezione e di cura, sia quello delle
numerose figure presenti all’interno dell’ospedale (medici, infermieri,
volontari, la scuola ecc.) nella promozione e nella tutela del benessere di
bambini e adolescenti.
Coerentemente con queste premesse, il presente Quaderno rientra tra le
iniziative promosse da Telefono Azzurro e dall’Ospedale di Parma, grazie al sostegno de “La Fabbrica del Sorriso”, iniziativa promossa ogni
anno da Mediafriends per sostenere progetti di solidarietà sociale, in Italia e nel mondo.
Il Quaderno si rivolge ai genitori, con l’intento di accompagnarli e di aiutarli ad affrontare il delicato momento in cui un bambino entra in contatto con l’ospedale. L’obiettivo è quello di aiutarli a capire le possibili
paure e le reazioni dei bambini che si trovano a vivere l’esperienza di una
visita, di un intervento al Pronto Soccorso o di un ricovero, anche fornendo indicazioni e suggerimenti operativi.
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1. Il bambino e l’adolescente in ospedale
na visita specialistica o la permanenza in ospedale possono costituire un’esperienza altamente stressante per un bambino o un adolescente. Se lo sono per gli adulti – che inevitabilmente dispongono di
maggiori risorse per affrontare eventi stressanti – a maggior ragione possono esserlo per soggetti in crescita, che non hanno ancora raggiunto la
piena maturazione delle competenze cognitive, emozionali e relazionali.
Accade dunque di frequente che in un momento di attesa per una visita,
o nella stanza delle medicazioni, il bambino più piccolo appaia triste o
arrabbiato, pianga e urli, cerchi di nascondersi o scappare. Ma può accadere anche che un adolescente manifesti comportamenti di irritabilità o
di non cooperazione con il personale medico e infermieristico, anche
assumendo comportamenti e atteggiamenti che denotano la sua ansia.
E bene ricordare che la malattia fisica determina la rottura di un equilibrio
mente-corpo precedentemente raggiunto dal bambino/adolescente ed è in
grado di generare da un punto di vista sia organico che psicologico una
situazione completamente nuova, cui il bambino/adolescente deve adattarsi. Non stupisce allora il dato secondo cui circa il 20% dei bambini con
malattie croniche presenta psicopatologie (Rauch, Jellinek, 2004; 1988)
U
A ciò si aggiunge l’esperienza dell’ospedale, che può scatenare ulteriori
ansie e paure: in alcuni casi perché ci si deve sottoporre a esami e accertamenti, che possono essere dolorosi o invasivi, da parte di soggetti sconosciuti; in altri perché, oltre alla preoccupazione per lo stato di salute
fisica, è richiesto un ricovero, che implica una separazione dalle proprie
abitudini e dal contesto familiare. Il bambino che vive l’esperienza del
ricovero, infatti, può essere costretto a:
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•
•
•
•
cambiare le sue abitudini di vita;
interrompere o diminuire i suoi rapporti con il contesto sociale;
diminuire le sue possibilità di movimento fisico;
modificare il regime alimentare;
in alcuni casi, dipendere totalmente dall’adulto.
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Come reagiscono bambini e adolescenti di fronte a eventi stressanti? Per
molto tempo, genitori, insegnanti e professionisti della salute mentale
hanno sottovalutato o ignorato i sintomi ansiosi nei bambini e negli adolescenti, in parte anche a causa della difficoltà di questi ultimi di raccontare le proprie emozioni ed esprimere verbalmente un eventuale stato di
malessere psicologico (Yule, 2000). Se per lungo tempo si è pensato che i
bambini non fossero in grado di comprendere e di cogliere gli aspetti stressanti di una determinata situazione, e dunque non soffrissero, ricerche più
recenti hanno mostrato che i bambini (anche in età prescolare) non solo
hanno capacità di comprensione superiori a quanto si creda, ma possono
anche presentare risposte ansiose tutt’altro che transitorie (Caffo, 2003).
Ovviamente non tutti coloro che sono esposti a una situazione stressante sviluppano reazioni di marcato disagio: la maggior parte dei bambini
e degli adolescenti, infatti, si adatta e reagisce in modo positivo (Lewis,
Vitulano, 2003). Confusione, paura e tristezza costituiscono una risposta normale e possono scomparire in breve tempo, grazie anche al supporto e alla vicinanza fisica/emotiva degli adulti di riferimento.
Alcuni bambini, però, possono manifestare reazioni di particolare disagio e sofferenza, che si protraggono nel tempo. La patologia che più frequentemente si associa a un’esperienza altamente stressante è stata definita “Disturbo Post-Traumatico da Stress” e viene frequentemente rilevata anche nelle situazioni di ospedalizzazione e malattia in età evolutiva (Lewis, Vitulano, 2003).
Le reazioni di bambini e adolescenti a eventi stressanti variano a seconda dell’età e possono essere molto diverse da quelle di un adulto.
Se nei lattanti la reazione si manifesta principalmente su un piano somatico, con possibili alterazioni nell’alimentazione e nei ritmi sonno veglia,
i bambini in età prescolare manifestano generalmente paure generalizzate, come ansia da separazione dai genitori e timore degli sconosciuti,
rifiuto di tutto ciò che ricorda l’evento spiacevole, disturbi del sonno.
Possono, inoltre, ripetere nei loro giochi l’esperienza che è per loro fonte
di stress (per esempio, giocare al dottore). Sempre in età prescolare, sono
particolarmente diffusi i cosiddetti “comportamenti regressivi”, che sono
tipici di fasi evolutive precedenti e che si ripresentano nonostante il bambino li avesse già abbandonati (ne sono un esempio succhiarsi il pollice,
bagnare il letto o aver paura del buio). I bambini di questa età, inoltre,
sembrano essere più sensibili alla reazione dei genitori, alle loro ansie e
paure, che all’evento in sé.
Nei bambini in età scolare possono emergere nuove paure, quelle già presenti possono intensificarsi, alcune già superate possono riattualizzarsi. I
bambini possono sentirsi indifesi e vulnerabili e percepire il mondo come
un luogo insicuro e imprevedibile; in particolare, la paura può manifestarsi come difficoltà di separazione dai propri genitori, ma anche come
oppositività, aggressività e distruttività. Non di rado, i bambini di questa età rappresentano l’evento stressante nei giochi, nei disegni, nelle verbalizzazioni.
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Negli adolescenti la reazione agli eventi stressanti è molto più simile a
quella degli adulti anche se con alcune differenze. In particolare, può presentarsi associata a depressione, abuso di sostanze, disturbi alimentari
(anoressia/bulimia); spesso, inoltre, compaiono comportamenti impulsivi e aggressivi.
In alcuni casi, l’ansia del bambino può dipendere da una rappresentazione della malattia come punizione per una colpa commessa. È possibile,
infatti, che il bambino sia convinto che la malattia non abbia una causa
indipendente da lui, ma sia invece la conseguenza di una sua trasgressione alle regole genitoriali. È importante tenere in adeguata considerazione tutti questi aspetti (ansie, paure, sensi di colpa ecc.) perché possono
indebolire la forza del bambino e la sua adesione al trattamento.
Appare evidente, infine, come anche l’atteggiamento dei genitori e quello delle figure primarie di accudimento abbia una grande influenza sul
vissuto emotivo del bambino. In questo senso, un genitore è chiamato a
svolgere un’importante funzione protettiva: non solo aiutare il bambino
ad individuare ed elaborare le migliori strategie per affrontare situazioni
difficili e dolorose, ma anche ascoltare le sue paure, aiutandolo ad esprimerle e sostenendolo con il proprio affetto.
Un genitore, inoltre, può offrire al bambino l’esempio di una risposta
serena. Sebbene non sempre sia facile, sarebbe auspicabile che eviti il più
possibile di manifestare la propria preoccupazione di fronte al figlio:
come abbiamo visto, infatti, l’ansia di un genitore (a volte celata dietro
atteggiamenti iperprotettivi) contribuisce a incrementare – o, nel caso di
più piccoli, a indurre paure nel bambino.
Ne consegue che tutte le strutture ospedaliere per bambini e adolescenti
dovrebbero essere adeguatamente strutturate e formate per favorire non
solo la vicinanza “fisica” dei genitori, ma anche le loro capacità di offrire serenità e affetto al bambino in difficoltà.
1.1 Le paure del bambino e dell’adolescente
Innanzitutto è bene sapere che la paura è una delle cosiddette “emozioni
primarie”, insieme a sorpresa, tristezza, rabbia e felicità. Generalmente, si
manifesta attraverso pallore del viso, tremori, batticuore; è anche possibile che si palesi sotto forma di enuresi, apatia e mancanza di interessi,
aggressività, irritabilità e impazienza. In altri casi, la paura può essere
all’origine di un’eccessiva ansia di separazione dalle figure adulte.
Dal punto di vista evoluzionistico, si può affermare che la paura è
un’esperienza naturale, che risponde a una funzione adattiva: funge,
infatti, da “sistema d’allarme”, di difesa, garantendo così la sopravvivenza in situazioni di pericolo. Indispensabile per predisporre l’organismo
ad affrontare una situazione di rischio, la paura esorta alla prudenza e
aiuta a valutare meglio quale tipo di risposta mettere in atto.
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È necessario, tuttavia, aiutare i bambini ad affrontare le paure, impedendo che diventino un ostacolo per la loro crescita. Queste, infatti, non
conservano il loro valore evolutivo quando per frequenza e intensità
eccessive arrivano a condizionare la quotidianità e dunque lo sviluppo
del bambino.
Il primo passo per poter affrontare le paure è conoscerle. Se tra genitori
e bambino si è instaurato un legame positivo, fondato sulla fiducia reciproca, è più probabile che i bambini ricerchino attivamente ascolto e
aiuto nelle figure genitoriali.
È evidente come l’ascolto di un bambino non sia solo una questione di
disponibilità e di tempo, ma richieda da parte del genitore sensibilità,
empatia, capacità di accogliere le difficoltà del bambino rendendole più
comprensibili e affrontabili.
Ciò non toglie che, anche per il genitore più attento, riconoscere le
paure e le preoccupazioni dei figli non sempre sia semplice. Questo è
particolarmente evidente nel caso degli adolescenti, che sembrano erigere vere e proprie “barriere” a difesa della loro fragilità o di fronte a
eventi dolorosi.
Ma quali sono nello specifico le paure che possono avere i bambini e gli
adolescenti che entrano in contatto con una struttura ospedaliera? È evidente che conoscerle e ri-conoscerle costituisce il primo passo per poterle affrontare. Di seguito illustreremo quindi le paure che più comunemente si riscontrano in occasione di visite mediche, anche in emergenza,
e ricoveri.
Tra le paure più frequenti nell’infanzia, ricordiamo le seguenti.
• La paura del dolore: i bambini sono generalmente spaventati dall’esperienza del dolore. In particolare, possono temere gli esami medici invasivi, tra i quali la comune “puntura”. Questa paura è più facilmente riscontrabile nei bambini tra i 6 e i 12 anni.
• La paura dell’abbandono: questa può essere meglio compresa e spiegata se si pensa che una visita medica, e a maggior ragione un ricovero, possono comportare momenti di separazione dai propri genitori, risvegliando – soprattutto nei più piccoli – il timore di essere
abbandonati. I bambini, per esempio, possono temere che i genitori
li lascino da soli nella stanza della visita, insieme a persone che non
conoscono. Questa paura è più evidente nei bambini al di sotto dei 7
anni, ma si può presentare anche fino ai 12-13 anni.
• La paura del dottore: Una delle paure più frequenti nei bambini può
riguardare la figura del medico, che non solo è “sconosciuto”, ma
indossa un camice e utilizza strumenti che possono incutere timore.
È importante ricordare che un bambino spaventato può anche arrivare a fraintendere gli atteggiamenti e i movimenti del medico, intendendoli come severità, distacco o rifiuto.
• La paura della morte: I bambini di età inferiore ai cinque anni posso-
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no concepire la morte come un evento temporaneo e reversibile. Successivamente, però, il concetto di morte acquista valenze più personali e può sollecitare nel bambino un sentimento di forte vulnerabilità, da cui può scaturire un’intensa risposta ansiosa. Per questo motivo, i bambini in ospedale, anche a fronte di disturbi di lieve entità,
possono temere di avere qualcosa di molto grave, arrivando a credere che a causa della malattia dovranno morire.
L’aadolescenza, periodo di rapide trasformazioni sul piano fisico, psicologico e relazionale rappresenta una fase particolarmente delicata dello sviluppo. L’adolescente, infatti, deve rispondere a tutta una serie di compiti evolutivi finalizzati alla conquista dell’autonomia e di un’identità,
anche corporea.
A causa dei normali cambiamenti fisiologici, in questo periodo l’immagine corporea si modifica rapidamente e richiede continui adattamenti
nella ricerca di una nuova identità personale. Eventi come incidenti e
malattie possono incidere profondamente sull’equilibrio dell’adolescente, proprio perché rendono ancora più complessa la definizione dell’identità corporea.
In aggiunta a quelle precedentemente descritte, gli adolescenti possono
presentare le seguenti paure.
• La paura di mostrarsi debole: un adolescente può sentirsi a disagio
all’idea di mostrarsi spaventato, fragile, o più in generale di manifestare reazioni “infantili” (come il pianto), a causa di procedure mediche dolorose e spiacevoli.
• La paura di mostrare il proprio corpo: il doversi spogliare può diventare per un adolescente un momento carico di tensione, soprattutto
se nella stanza sono presenti più persone.
• La paura di essere sfigurati: il timore di rimanere “segnati per sempre” o “sfigurati” da qualche particolare procedura medica/intervento, di non poter più godere della piena autonomia e dell’integrità corporea (come nel caso di fratture), caratterizza questa fase evolutiva in
cui l’attenzione al corpo è particolarmente viva.
• La paura di morire: è normale che un adolescente nel percorso di sviluppo e di costruzione della propria identità, si ponga degli interrogativi sul significato dell’esistenza, sulla vita e sulla morte. Questa
riflessione può essere particolarmente sollecitata dall’esperienza della
malattia e del ricovero, che possono dare origine ad un sentimento di
forte vulnerabilità e a un’intensa paura di morire. Spesso questa
paura è dovuta a un fraintendimento della propria condizione fisica:
per esempio, una normale stanchezza può essere interpretata come
un sintomo particolarmente grave.
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1.2 Fattori di rischio e fattori protettivi
Alcune condizioni o situazioni possono acuire, o al contrario attenuare,
le reazioni ansiose nei bambini e negli adolescenti che devono affrontare
una visita medica o un ricovero in ospedale. Si tratta, rispettivamente,
dei cosiddetti fattori di rischio e fattori protettivi, che riguardano caratteristiche individuali del bambino, caratteristiche dei genitori/della famiglia e del contesto ambientale.
Per quanto riguarda i bambini, tra i fattori che possono aumentare le
loro paure e preoccupazioni ricordiamo (Caffo, 2003) i seguenti:
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• Precedente esposizione a eventi stressanti (ad esempio, lutti), o stati di
particolare sofferenza già presenti nel bambino prima del contatto con
l’ospedale: la presenza di un precedente disagio psicologico – soprattutto qualora si tratti di disturbi d’ansia o depressivi – contribuisce a delineare uno stato di “alto rischio” e merita una particolare attenzione.
• Immaturità nella percezione: eventi del tutto innocui possono risultare
per un bambino estremamente ansiogeni.
• Il persistere di convinzioni palesemente errate e distorte (per esempio
“non guarirò mai” o “sono qui in ospedale perché sono stato cattivo”).
• L’isolamento rispetto alla rete familiare e amicale.
• L’impossibilità di mantenere le proprie abitudini.
• L’essere ulteriormente esposti, all’interno del contesto ospedaliero, alla
visione di sangue o ferite o persone in gravi condizioni di salute (per
esempio, in un Pronto Soccorso), specialmente se si tratta di altri bambini.
Tra i fattori protettivi (Caffo, 2003) è invece possibile individuare i
seguenti:
• Fattori cognitivi e di personalità: la ricerca ha evidenziato come positive relazioni con gli altri, socievolezza, abilità comunicative, capacità di
problem solving siano utili nel superamento positivo di un’esperienza
stressante.
• Età: l’età del bambino incide sul tipo di risposta sollecitata nell’adulto;
i più piccoli, per esempio, sono più comunemente oggetto di attenzioni e di protezione da parte dei genitori.
• Fattori familiari e supporto sociale: la disponibilità di una figura genitoriale rassicurante nella quale riporre la propria fiducia costituisce certamente uno tra i fattori più importanti nel superamento di una situazione stressante. I genitori influiscono sulla risposta del bambino in
maniera sia diretta sia indiretta: non solo attraverso la propria risposta
emotiva e il proprio comportamento, ma anche attraverso la capacità
di fornire un contesto familiare rassicurante all’interno del quale il
bambino possa recuperare e ristabilire la sicurezza necessaria a un normale sviluppo. Come abbiamo visto, in alcuni casi, il bambino non spe-
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rimenta l’evento stressante se non attraverso l’ansia dei genitori.
• L’amicizia e il supporto offerti da compagni di scuola, insegnanti, altri
operatori e volontari presenti nel contesto ospedaliero contribuiscono
ad aiutare il bambino a far fronte allo stress.
• Tempestività dell’intervento: la prontezza nell’identificazione dello
stato di sofferenza nel bambino e nella sua famiglia è un importante
fattore protettivo.
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2. I genitori del bambino in ospedale
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e procedure mediche e le ospedalizzazioni possono rivelarsi molto
stressanti non solo per i bambini, ma anche per i loro genitori e le
loro famiglie.
È assolutamente comprensibile che avere un figlio malato, sofferente o
ricoverato da tempo in ospedale produca in un genitore sentimenti di
frustrazione, tristezza, rabbia e impotenza. È doloroso accettare che il
proprio figlio stia soffrendo per una malattia o per un incidente e ammettere di non poter cancellare questa sua sofferenza; lo è altrettanto superare il senso di colpa per non essere stati in grado di proteggerlo.
Le difficoltà, poi, si accrescono quando alcune abitudini familiari devono
essere modificate, se non addirittura abbandonate, per dare priorità
all’assistenza del bambino in ospedale è normale che un genitore, spaventato dalla malattia e dall’idea di ciò che potrebbe capitare, smarrito in un
nuovo contesto che parla un linguaggio spesso difficile da comprendere,
si senta impreparato a rispondere alle domande del figlio, a sostenerlo e
aiutarlo.
Nelle pagine seguenti quindi cercheremo di capire in che modo la famiglia
possa aiutare un bambino o un adolescente ad affrontare questa esperienza nel modo migliore possibile. Più in generale è utile ricordare che:
L
• quando il bambino o l’adolescente possono disporre in ospedale
della presenza costante della famiglia, spesso hanno un recupero
migliore e anche più veloce. In questo modo, infatti, nonostante la
malattia, avranno la possibilità di mantenere le loro relazioni più
significative, ricreando anche in ospedale un ambiente “familiare”,
affettuoso e sereno;
• una maggiore conoscenza delle figure, dei luoghi e delle procedure
ospedaliere, dunque una maggiore familiarità con l’ospedale, può
contribuire a ridurre ansie e timori nel bambino;
• i genitori non sono soli poiché all’interno dell’ospedale lavorano
professionisti che sono adeguatamente preparati a fornire assistenza e sostegno a genitori e bambini.
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3. Alcuni suggerimenti
ome abbiamo visto, quando si tratta di aiutare un bambino a superare un’esperienza dolorosa e stressante, un genitore ha un ruolo
fondamentale. In particolare, può aiutare il bambino a (Salmon,
Bryant, 2002):
C
•
•
•
•
valutare e interpretare l’esperienza che sta vivendo;
correggere eventuali errori nella percezione della situazione;
regolare le proprie emozioni;
individuare il modo migliore per affrontare una data situazione e favorire l’adozione dei comportamenti più appropriati.
In linea generale, ciò che rassicura maggiormente un bambino/adolescente è:
• sapere che cosa gli sarà fatto e sapere che i genitori sono sinceri con lui:
dire a un bambino che non proverà alcun dolore durante una data procedura medica, per esempio, può essere fuorviante. Se questo accade,
infatti, il bambino può perdere fiducia nell’adulto e non credere più a
quanto gli viene detto per tranquillizzarlo;
• poter esprimere liberamente sentimenti e paure;
• avere la possibilità di porre domande – anche se agli adulti possono
apparire banali – e ricevere risposte chiare e non svalutanti;
• avere genitori pazienti e capaci di non sovraccaricarlo con le proprie
paure;
• sentire che gli adulti che lo circondano parlano e agiscono in modo
calmo e sereno;
• sapere che il personale medico è sempre disponibile ad aiutarlo;
• avere la possibilità di mantenere il più possibile le proprie abitudini e
disporre di momenti ludici/di svago, che li aiutino a distogliere l’attenzione dalla malattia.
È bene ricordare che ciò che è doloroso e spaventoso per un bambino o
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un adolescente può non esserlo per un altro. Le variabili individuali giocano un ruolo fondamentale nella gestione degli eventi stressanti e nella
percezione di tali esperienze. Bambini di età diverse, con caratteristiche e
temperamenti differenti, reagiscono in modi molto diversi ad una visita
medica o all’ospedalizzazione.
Alcuni bambini/adolescenti e le loro famiglie vivono in modo più stressante i primi momenti del manifestarsi di una malattia, di un incidente o
il momento della diagnosi; altri invece vivono con più difficoltà la fase
del trattamento o addirittura la fine del periodo di ospedalizzazione e il
rientro a casa.
Di seguito sono riportati alcuni consigli sui possibili comportamenti da
adottare nei casi in cui i genitori debbano accompagnare i figli a una visita medica, al Pronto Soccorso, o nel periodo del ricovero: per quanto
riguarda quest’ultimo caso, vedremo anche come affrontare il successivo
rientro a casa.
3.1 La visita medica e il Pronto Soccorso
Qualora si presenti la necessità di portare il proprio figlio al Pronto Soccorso, è bene attenersi alle indicazioni del personale medico e infermieristico, trasmettendo al bambino l’idea che queste persone sono lì per aiutarlo, anche qualora dovessero sottoporlo a esami/interventi dolorosi. Se
il bambino non avrà paura di medici e infermieri, accetterà meglio le cure
e avrà meno timore di farsi visitare.
Nel prepararsi a una visita medica o all’esperienza del Pronto Soccorso,
possono essere utili i suggerimenti proposti di seguito.
a) Spiegate con chiar ezza lo scopo della visita: è sempre bene parlare
con il bambino prima della visita, sapendo che potrebbe reagire con
il pianto o altre manifestazioni di ansia. Se questo accade, è necessario cercare di rassicurare il bambino con dolcezza, evitando di far
trapelare la propria preoccupazione e spiegando la necessità, seppur fastidiosa, di una visita, di un prelievo o di altri esami diagnostici. La presenza di un genitore tranquillo renderà il bambino più
sereno e maggiormente disponibile ad affrontare eventuali terapie.
È anche possibile spiegare al bambino che incontrerà un dottore
che si prenderà cura di lui, gli farà alcune domande per sapere come
sta crescendo e gli toccherà alcune parti del corpo per verificare che
sia robusto e in salute. Nel caso abbiate un bambino piccolo, è
opportuno adottare un linguaggio molto semplice, per fargli capire
che cosa succederà; a questo scopo può essere utile usare una bambola, un orsacchiotto o giocattoli rappresentanti gli strumenti del
medico. Ricordate che essere sinceri (per esempio, sul fatto che il
bambino potrà provare dolore) non significa riferire al bambino
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d)
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dettagli che sono al di fuori della sua capacità di comprensione o
che possono allarmarlo.
Condividete il più possibile con il bambino eventuali decisioni relative alla cura.
Rassicurate il bambino sul fatto che, se lo vorrà, potrete sempre essere presenti al suo fianco durante la visita.
Se il bambino fa domande alle quali non sapete rispondere, rassicuratelo sul fatto che insieme potrete chiedere al medico le informazioni di cui avete bisogno.
A questa età, un oggetto familiare o un gioco, potranno aiutare a
tranquillizzarlo nel momento dell’attesa o durante la visita.
Alleviare il senso di colpa: può capitare che, di fronte alla malattia,
alcuni bambini sviluppino sensi di colpa. In questi casi, il bambino
deve essere rassicurato spiegando che la malattia non è una punizione per qualcosa che ha fatto o che ha dimenticato di fare. È possibile anche spiegare che alcune malattie colpiscono molti bambini e che
l’importante è aver trovato un dottore che può aiutarlo a stare
meglio.
Molte delle cose sin qui dette sono valide anche per gli adolescenti, sebbene questi abbiano maturato capacità cognitive adeguate a comprendere la maggior parte delle informazioni che riguardano la loro condizione
fisica e le procedure mediche. È importante però ricordare che gli adolescenti sono particolarmente sensibili al riconoscimento della loro indipendenza e autonomia. Per questo motivo, è opportuno rispettare le loro
reazioni e tenere in adeguata considerazione i loro pensieri, coinvolgendoli attivamente in tutte le decisioni che li riguardano. Se lo desiderano,
possono parlare direttamente con il medico per ottenere tutte le informazioni di cui necessitano. Questa responsabilizzazione e questo coinvolgimento in prima persona possono avere ricadute positive nel superamento di eventuali paure e preoccupazioni.
È bene, infine, ricordare che gli adolescenti possono mostrarsi scontrosi,
aggressivi o irritati di fronte alle manifestazioni di affetto che provengono dai genitori. Questo non significa che non abbiano bisogno di sentire
la vicinanza emotiva e di poter contare sull’affetto dei familiari.
Di seguito, sono elencati alcuni suggerimenti utili.
a) Siate pazienti con i vostri figli, anche quando presentano comportamenti contraddittori, aggressività, rabbia e poi magari confusione e
ricerca di affetto. Come già accennato, non dimenticate che anche se
vostro figlio può voler apparire “grande”, in realtà ha bisogno del
vostro conforto e supporto.
b) Accertatevi che siano sempre coinvolti nelle decisioni che riguardano
la loro salute, così da far loro percepire che “hanno il controllo” su
quanto accade.
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c) Gli adolescenti sono molto preoccupati per come appaiono agli altri e
per il loro aspetto, nonché molto attenti a mantenere i propri spazi di
riservatezza. Rassicurateli sul fatto che la loro “privacy” sarà rispettata, che non saranno derisi o umiliati.
3.2 Il ricovero
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Sebbene sempre più spesso le procedure di ricovero siano basate su una
formula ad appuntamento giornaliero, e non richiedano notti in ospedale o ricoveri prolungati (molti bambini e ragazzi sono già a casa la notte
stessa di un intervento), secondo le statistiche pubblicate dal Ministero
della Salute (relative al 2003), più di un milione di bambini e adolescenti fino a 14 anni sono ricoverati ogni anno in Italia, con una durata
media della permanenza di circa quattro giorni (www.ministerosalute.it).
L’esperienza del ricovero in ospedale può essere vissuta dal bambino e
dall’adolescente come “traumatica” e comportare l’insorgenza di uno
stato di disagio psicologico.
Come abbiamo visto, la malattia fisica è un’ esperienza nuova che comporta la rottura di un equilibrio precedentemente raggiunto, richiedendo
un nuovo adattamento sia da un punto di vista organico sia psicologico.
Pertanto è possibile che influisca sul comportamento del bambino,
soprattutto se è molto piccolo.
Per esempio, bambini solitamente vivaci e interessati alla socializzazione
e al gioco, durante l’esperienza del ricovero potrebbero iniziare ad isolarsi e a perdere interesse nelle attività di gioco, nell’alimentazione e nelle
relazioni. Altri bambini, invece, possono diventare eccessivamente
capricciosi o aggressivi.
È doveroso sottolineare che questi cambiamenti non costituiscono una
regola e spesso sono transitori; in alcuni casi, tuttavia, possono protrarsi nel tempo.
In che modo un genitore può aiutare un bambino sostenendolo nel difficile compito di far fronte all’esperienza del ricovero? Laddove sia possibile e il ricovero sia programmato, è consigliabile scegliere con cura il
momento per parlarne con il bambino. In questi casi, è preferibile utilizzare un tono di voce il più possibile calmo e disteso, e scegliere un
momento tranquillo in cui si è certi di non essere interrotti.
Altri comportamenti opportuni possono essere i seguenti:
a) Spiegare la situazione in termini semplici e adeguati al grado di sviluppo del bambino. Naturalmente, è necessario non utilizzare un linguaggio allarmistico, in particolare con i bambini più piccoli. È possibile, inoltre, spiegare al bambino che altri suoi coetanei hanno vissuto la medesima esperienza.
b) Siate sinceri e disposti a rispondere alle domande del bambino; anche
qualora non ci siano informazioni sufficienti o non sia possibile pre-
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c)
d)
e)
f)
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vedere il decorso di un dato disturbo, è importante che rassicuriate
vostro figlio e rinforziate la sua fiducia nei medici. Tenete presente
che bambini e adolescenti spesso temono che la situazione sia più
grave di quello che è stato loro detto, o convinti che la malattia peggiorerà.
Aiutate il bambino a capire quello che succederà, eventualmente
anche leggendo insieme a lui racconti o storie sull’argomento, adeguate al suo livello di comprensione.
Rassicuratelo della costante presenza di un familiare.
Aiutatelo a rimanere in contatto con gli amici (per esempio con lettere o Internet) ed eventualmente favorite la nascita di nuove amicizie
all’interno del contesto ospedaliero.
Rinforzate il comportamento del bambino, nel caso manifesti: un
attivo coinvolgimento nelle attività proposte dal personale presente
nell’ospedale (per esempio, la scuola), una positiva socializzazione
con gli altri bambini presenti nel reparto, una ricerca di stimoli e il
desiderio di mantenere un contatto con i coetanei frequentati fino al
momento del ricovero.
Ricordate che nel parlare di malattie, visite mediche, ricovero, intervento chirurgico non contano solo le parole e i contenuti trasmessi (“cosa
dite”), ma anche gli atteggiamenti e la modalità comunicative (“come”
lo dite). Il tono di voce, l’espressione facciale, i gesti, il linguaggio del
corpo, rinforzano, se coerenti, il messaggio che intendete dare. Se vi
mostrerete spaventati, invece, è più probabile che vostro figlio percepisca la vostra preoccupazione e si senta a sua volta agitato.
Laddove il bambino o l’adolescente debbano sottoporsi a un intervento in
anestesia totale, infine, può essere utile spiegare il significato dell’anestesia,
specificando che non è in alcun modo dolorosa, che li farà dormire, che
non sentiranno nulla durante l’operazione e che quando si risveglieranno
sarete lì accanto al loro letto (magari con uno dei giocattoli preferiti).
3.2.1 Il rientro a casa
Per quanto costituisca certamente un momento di sollievo rispetto al
periodo dell’ospedalizzazione, anche il momento del rientro a casa (a
maggior ragione dopo un lungo ricovero) può essere difficoltoso per un
bambino: non deve preoccupare dunque se un bambino rientrato a casa
conserva per un certo periodo i sentimenti che aveva in ospedale. Può,
anzi, accadere che la rabbia e la tristezza si manifestino maggiormente
dopo il rientro a casa piuttosto che durante l’ospedalizzazione.
Una volta a casa protetto dall’ambiente a lui noto, infatti il bambino può
sentirsi più libero di manifestare i propri risentimenti e di sfogarsi con gli
altri componenti della famiglia.
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Molto spesso, comunque, tutto torna alla normalità nel giro di qualche
settimana: al recupero della condizione di salute, infatti, si accompagna
una graduale stabilizzazione del comportamento.
Tra i comportamenti che un bambino può esibire a casa ricordiamo:
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• essere meno attivo e più silenzioso;
• ricercare continuamente la vicinanza dei genitori o di altri adulti di riferimento;
• ritornare ad esibire comportamenti infantili, quali bagnare il letto, succhiarsi il dito, dormire con un peluche;
• avere paure del buio e fare incubi, e come conseguenza chiedere ai genitori di dormire nel lettone con loro;
• difficoltà di alimentazione, disturbi del sonno e del linguaggio.
Gli adolescenti invece potrebbero manifestare i seguenti comportamenti:
• mostrare uno scarso livello di attenzione;
• esibire modificazioni nei ritmi sonno-veglia o nelle abitudini alimentari;
• avere frequenti scatti d’ira, legati magari a rabbia o paura;
• mostrarsi iperattivi o al contrario apatici, privi di forze e di interessi.
Per accompagnare il bambino (o l’adolescente) a un sereno ritorno alla
quotidianità dopo l’esperienza dell’ospedale, potrebbero essere utili i
seguenti comportamenti.
• Non lasciarlo solo per lunghi periodi di tempo e, durante la notte,
rassicurarlo del fatto che siete lì vicino, pronti ad assisterlo in ogni
suo bisogno.
• Riprender e il prima possibile la r outine pr ecedente: le usuali attività quotidiane aiutano il bambino a sentirsi “al sicuro”, protetto.
Esortatelo quindi a tornare alle solite abitudini e attività (compatibilmente con il suo stato di salute). Non lasciatevi scoraggiare qualora il bambino manifesti un’iniziale difficoltà a riprendere le sue abitudini di sempre.
• Esser e pazienti, dando a ciascun membro della famiglia il tempo di
ritrovare il proprio equilibrio: i membri della famiglia possono reagire in modo diverso a quanto accaduto, in particolare i fratelli e le
sorelle possono sentirsi molto tristi o sconfortati. Rassicurateli che
la famiglia ritroverà al più presto la serenità.
• Far rispettar e le r egole di sempr e: può capitare che un genitore si
ponga in modo differente di fronte a un figlio che ha vissuto l’esperienza del ricovero, accettando comportamenti che normalmente
punirebbe. È bene però ricordare che i bambini si accorgono subito di essere al centro dell’attenzione e di potersi permettere atteggiamenti proibiti a fratelli e sorelle. Sarebbe dunque preferibile
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•
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•
•
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ripristinare le normali regole evitando di creare differenze tra fratelli.
Incoraggiar e a un dialogo sull’esperienza vissuta in ospedale, se lo
desiderano: per i bambini più piccoli, utilizzate il gioco, il disegno,
il racconto di storie. Questo è un buon metodo per aiutare i bambini a
dare un senso alla malattia e parlarne in maniera “giocosa”.
Esortare il bambino a passare più tempo con gli amici: dopo il ricovero il bambino potrebbe sentirsi un po’ “diverso” dai coetanei. Promuovete incontri con gli amici e aiutatelo a fornire spiegazioni corrette alle domande che potrebbe ricevere da loro (“...è contagiosa?...”
“...per quanto tempo dovrai tenere le bende/prendere le medicine?...”).
Spronare il bambino a fare le cose “da solo”: non siate troppo
apprensivi, non cercate di aiutarlo eccessivamente o di fare le cose al
posto suo; è importante che il bambino senta che è in grado di gestire autonomamente alcune cose che lo riguardano.
Infine, ma non meno importante, abbiate cura di “ascoltare” i vostri
sentimenti: se vi sentite arrabbiati, tristi, impotenti può essere difficile
aiutare vostro figlio. Parlate di queste sensazioni con altri adulti, amici,
medici, psicologi. Il modo migliore per aiutare vostro figlio è fargli sentire che siete presenti e pronti ad aiutarlo con amore e pazienza.
È evidente che l’esperienza della malattia e del ricovero possono essere
particolarmente difficili da affrontare per il bambino e per la vostra
famiglia. Difficile tuttavia non significa impossibile.
Qualora la reazione del bambino fosse particolarmente intensa e le sue
ansie non accennassero a diminuire nel tempo, può essere utile rivolgersi ad uno specialista. Di seguito sono elencati alcuni comportamenti che
potrebbero segnalarvi questa necessità:
• presenza di preoccupazioni/timori esagerati per frequenza e intensità, che impediscono al bambino di riprendere le normali attività
quotidiane;
• comparsa di nuove e persistenti paure;
• rifiuto della scuola;
• completa perdita di interesse per gli amici e per le attività precedentemente svolte;
• irritabilità e conflittualità accesa con amici e familiari.
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4. Progetti e iniziative dell’Ospedale
dei Bambini di Parma
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4.1 A chi rivolgersi? La rete di aiuto al bambino all’interno
dell’ospedale di Parma
lla luce di quanto abbiamo fin qui detto, è necessario che l’ospedale
promuova un approccio bio-psico-sociale al bambino e alla sua famiglia (Lewis, Vitulano, 2003). Questo approccio prevede che un individuo sia considerato nella sua completezza e in rapporto all’ambiente circostante; richiede, quindi, sia l’attenzione al disturbo presentato dal bambino nei suoi aspetti biologici e organici (bio), sia l’attenzione al risvolto
psicologico della malattia e dell’esperienza del ricovero (psico), sia, infine,
l’attenzione alla famiglia e all’ambiente ospedaliero in termini di persone e
di spazi (sociale). Secondo questo approccio è indispensabile che i professionisti che si occupano della presa in carico dei diversi aspetti costituiscano una rete attorno all’individuo, allo scopo di integrare e coordinare gli
interventi, che, in questo modo, risulteranno efficaci e non frammentari.
È necessario, dunque, non solo predisporre interventi strutturali – definendo gli spazi fisici destinati al bambino, adeguatamente arredati e piacevoli alla vista – ma anche (su un piano sostanziale), promuovere modalità di presa in carico specifiche per bambini e adolescenti. A tal fine, è
necessario che i professionisti e gli altri operatori presenti nell’ospedale
siano specificamente formati alla comunicazione e alla relazione con il
bambino e la sua famiglia.
È fondamentale che il personale ospedaliero sappia identificare precocemente le situazioni più a rischio e sia capace di offrire sostegno alle famiglie: poiché il genitore è “il mondo del bambino” (soprattutto se piccolo), aiutare la sua famiglia significa aiutare il bambino a stare bene. Gli
operatori possono aiutare le famiglie nei seguenti modi:
A
• dando loro corrette informazioni sulla malattia e sulla cura, ma anche
ascoltando le loro paure e le loro difficoltà concrete;
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• sostenendole quando si sentono sole, impotenti, disperate e non sono
in grado di trovare le risorse fisiche e mentali per affrontare la malattia del bambino;
• facilitando il più possibile il mantenimento delle abitudini familiari.
È necessario, dunque, che i genitori conoscano il personale presente nella
struttura ospedaliera e sappiano a quali figure possono rivolgersi all’interno dell’Ospedale dei Bambini di Parma.
Oltre al personale medico e infer mieristico – la cui preparazione e competenza sono a disposizione dei bambini e dei loro genitori – l’Ospedale
dei bambini di Parma dispone di un servizio interno di Psicologia e Neuropsichiatria Infantile, cui è possibile rivolgersi in caso di necessità.
Vorremmo però citare anche gli altri progetti e le altre iniziative presenti all’interno dell’Ospedale dei bambini di Parma, che accompagnano il
bambino e la sua famiglia nel periodo del ricovero, dedicando particolare attenzione al benessere del bambino.
4.2 Scuola in Ospedale
La Scuola in Ospedale di Parma è stata, ed è tuttora, un progetto pilota
in Italia per livello di integrazione e di operatività. È partita negli anni
Sessanta e nel 1987 si è integrata pienamente con l’attività assistenziale
del Dipartimento Materno Infantile, prima in Oncoematologia, poi in
Clinica Pediatrica e Chirurgia Pediatrica.
La peculiarità di questa esperienza a livello nazionale risiede nel fatto che
l’insegnante va a “fare scuola al letto del malato” e, nei casi di degenze prolungate, l’insegnamento continua direttamente a casa del bambino che è
impossibilitato a recarsi nel suo istituto (domiciliazione). In più, attraverso
l’utilizzo di Internet, il bambino può mantenersi in contatto con la scuola di
appartenenza quando è in ospedale e con la Scuola in Ospedale quando è a
casa. Questo triangolo, “scuola in ospedale-casa-scuola di appartenenza”,
permette di mantenere il contatto con i compagni e di portare avanti il programma didattico, rimanendo al passo con quello svolto in classe.
Tutti i reparti coinvolti hanno spazi dedicati alle attività educative.
La Scuola in Ospedale impegna quattro docenti elementari del IV Circolo
Didattico e quattro professori della Scuola Media dell'Istituto Comprensivo “Giacomo Ferrari”. L’ attività è ufficialmente riconosciuta dal Ministero della Pubblica Istruzione e permette ai bambini, specie a quelli che sono
costretti a lunghi periodi di degenza, di non interrompere il percorso scolastico, né il contatto con la classe di appartenenza. Le insegnanti della
Scuola in Ospedale operano, infatti, in collegamento con i docenti della
classe di provenienza del bambino, evitando che egli sia ulteriormente
svantaggiato dalla malattia: per la sofferenza che essa ha indotto e per il
disagio di tornare tra compagni che, nel frattempo, hanno fatto un percorso educativo diverso.
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4.3 Progetto “Giocamico”
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La Cooperativa Sociale “Le Mani Parlanti” ha attivato, dal 1992 fino al
1997, un’attività ludico-espressivo-relazionale all’interno del reparto di
Oncoematologia pediatrica dell’Azienda Ospedaliera di Parma.
A partire dal 1998 è nato un progetto denominato “Giocamico”, che vede
coinvolta tutta la Divisione Pediatrica, la Chirurgia infantile, la Clinica
Pediatrica e l’Astanteria Pediatrica con l’impiego di 6 educatori assunti dalle
Cooperativa e la collaborazione di circa 150 volontari, presenti tutti i giorni, dal lunedì alla domenica, sia al mattino sia al pomeriggio.
L’obiettivo di questo lavoro è di offrire ai giovani pazienti, ricoverati o
in regime di Day Hospital, l’opportunità di impegnare il tempo, spesso
lungo e noioso, del ricovero. Le finalità strategiche non sono di mera
ricreazione, ma si pongono obiettivi più ampi:
• attivare elementi di gratificazione e di gioia
• favorire la socializzazione e quindi l’integrazione sociale
• offrire una continuità rispetto alla vita e alle abitudini di tutti i giorni
vissuta prima del ricovero
• attivare iniziative di gioco con finalità anche psicoeducativa.
Nel corso di questi anni, grazie alla realizzazione di progetti di informazione e assistenza ai “piccoli pazienti”, sono stati ideati e rappresentati
circa 35 spettacoli con pupazzi e burattini ideati, costruiti e prodotti dai
pazienti ricoverati. Questi spettacoli sono stati filmati e successivamente
presentati agli altri bambini ricoverati, oltre che al personale medico ed
infermieristico, riscuotendo ampi consensi ed apprezzamenti.
Inoltre, grazie al materiale prodotto dai bambini (storie, disegni, poesie)
in collaborazione con i medici, le infermiere, i genitori e il personale scolastico, è nato un giornalino quadrimestrale denominato “Mille Voci”.
4.4 Giornalino “Mille Voci”
Si tratta di una pubblicazione, nata dal desiderio di raccogliere qualche
momento di vita del bambino in ospedale: un disegno, un breve pensiero, una poesia, che possono testimoniare – a chi sta fuori – che la vita
continua anche “dentro” l’ospedale e che, specie per i bambini, può
mantenere forti elementi di continuità.
Questo giornalino si pone l’obiettivo di essere un’occasione di incontro tra
grandi e piccoli, tra operatori sanitari e familiari, tra insegnanti e allievi,
che possono partecipare attivamente, contribuendo alla produzione dei
disegni, di articoli ecc., oppure condividere, leggendole, le storie, i racconti raccolti. Questa pubblicazione intende dare “voce” alle mille e mille persone – grandi o piccole che siano – che lavorano nei reparti pediatrici o che
nei reparti pediatrici vengono a farsi curare o ad assistere i propri cari.
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4.5 Associazione “Noi per Loro”
Questa Associazione, grazie all’esperienza maturata dal 1984 a oggi a
fianco delle famiglie dei bambini ricoverati e del personale medico e
infermieristico, ha potuto portare a termine diversi progetti tesi al
miglioramento della presa in carico del piccolo paziente con un’attenzione rivolta a tutti gli aspetti della sua vita e non solo a quelli terapeutici:
spazi adeguati pieni di calore e colore, ambienti che aiutino i bambini a
sentirsi a loro agio, nei quali possano giocare come a casa e dove sia possibile conservare la propria individualità.
Tutto questo grazie all’aiuto di tante persone che, offrendo piccoli o
grandi contributi, hanno dato una svolta innovativa al rapporto Volontariato-Istituzioni, permettendo al miraggio di una guarigione di diventare sempre più spesso realtà.
Un recente progetto ha visto coinvolti direttamente i bambini: grazie ai
consigli dei piccoli pazienti che hanno raccontato come, nella loro fantasia, avrebbero preferito questo luogo, “Noi per loro” si è potuta attivare per trasformare il desiderio in realtà. Una parete intera, affrescata, è
diventata, così, una finestra su un paradiso naturale pieno di piante,
castelli, fiumi, farfalle trasportate da bolle di sapone nell’aria e tanti,
tanti animali buffi, esotici o immaginari. Inoltre le stanze sono state colorate di giallo, arancio, verde, azzurro, arricchite con scaffali pieni di giochi, scrivanie per disegnare e colorare, computer con l’accesso a Internet
e un sistema audio-visivo per comunicare con i bambini del reparto o con
i compagni di scuola, televisore e play-station per lo svago.
L’impronta dei bambini nel reparto è visibile, diventando per loro motivo di stimolo, orgoglio e creando un senso di familiarità.
“Noi per loro” sostiene quotidianamente tutte le iniziative, le necessità e
le richieste dei piccoli, delle loro famiglie, del personale e della struttura
stessa dotandola, o contribuendo all’acquisto, delle attrezzature più
avanzate, al fine di alleviare il più possibile la sofferenza dei bimbi e di
permettere loro di compiere il percorso verso la guarigione nel modo più
sereno.
4.5 Altre associazioni importanti
Rilevante è anche l’attività e il sostegno di altre associazioni, che partecipano alla vita dei bambini in ospedale in maniera diretta o indiretta, rendendo meno pesante comunque la loro degenza. Ricordiamo
quindi i Lions Club di Parma, la Chiesi farmaceutici, le scuole esterne
del territorio, il Coro Voci di Parma, l’associazione AUSER Volontariato, l’ABC (Associazione Bambino Cardiopatico) e l’Associazione Giovani Diabetici.
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Questo quaderno nasce, come già spiegato in precedenza, dalla collaborazione tra Telefono Azzurro e l’Ospedale di Parma, grazie al sostegno
della Fabbrica del Sorriso, ed è un progetto sperimentale il cui obiettivo
è quello di fornire uno strumento per aiutare, sostenere e accompagnare
il genitore di un bambino che entra in contatto con il contesto ospedaliero. Vi chiediamo quindi, di “collaborare con noi” indicandoci che cosa
avete apprezzato di più, se vi è stato utile, e che cosa, secondo voi, è
importante aggiungere e approfondire, per rendere un genitore più preparato a gestire questa situazione.
Potete scrivere le vostre osservazioni all’indirizzo di posta elettronica
[email protected].
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Bibliografia
Caffo E., (2003) Emergenza nell’infanzia e nell’adolescenza, Interventi
psicoterapeutici e di comunità, Milano, McGraw-Hill.
Jellinek M.S., Murphy J. M., Robinson J, Feins A., Lamb S.& Fenton T.,
(1988) The pediatric Symptom checklist: screening school age children
for psychosocial dysfunction. Journal of pediatrics, 112, 201-209.
Lewis M., L. A. Vitulano, (2003) Biopsychosocial issues and risk factors
in the family when the child has a chronic illness, Child and Adolescent
Psychiatry Clinic 12, 389-399
Rauch PK, Jellinek M.S., (2004) Pediatric Consultation. En: Child and
Adolescent Psychiatry. Ed. M. Rutter and Eric Taylor. Blackwell Publishing, 1051-66.
Salmon K, Bryant R.A., (2002). Posttraumatic stress disorder in children. The influence of developmental factors. Clinical Psychology
Review, 22, 163-188.
WHO, (1946) Constitution of the World Health Organization, Geneva.
Yule W., (2000) Disturbo post-traumatico da stress: aspetti clinici e terapia. Milano, McGraw-Hill.
Sitografia
•
•
•
•
“After the Hospital: Helping my Child Cope”, www.nctsnet.org
“At the Hospital: Helping my Child Cope”, www.nctsnet.org
“Child Life and Education”, www.chop.edu
“Going Home from the Hospital... A Parent’ s Guide”, www.hopkinschildrens.org
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Pagina 28
• “Helping Children Cope with Hospitalization”, http://csmc.edu
• “Helping Your Child with Medical Experiences: a Pratical Parent
Guide”, www.experiencejournal.com
• “Preparing your Child”, www.seattlechildrens.org
• “Preparing your Child for Visit to the Doctor”, www.kidshealth.org
• “Your Child’s Hospital Visit: Coming Home”, www.stronghealth.com
Le informazioni circa le iniziative presenti nell’Ospedale dei Bambini di
Parma provengono da:
28
• “Cos’è Giocamico”, www.giocamico.it
• “Il reparto di Parma”, www.noiperloro.it
• “Scuola in Ospedale: per i bambini in cura”, www.ao.pr.it
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Telefono Azzurro
S.O.S. Telefono Azzurro onlus è nato nel 1987 come prima Linea nazionale di prevenzione dell’abuso all’infanzia. Oggi l’ascolto e la consulenza telefonica rimangono attività centrali, al fianco dei tanti progetti innovativi intrapresi, anche grazie al forte contributo del volontariato tradizionale e del Servizio civile nazionale.
Consulenza telefonica
Il Centro Nazionale d’Ascolto Telefonico, cuore dell’attività di Telefono
Azzurro, fa fronte alle migliaia di chiamate al giorno che provengono da
ogni parte d’Italia. L’Associazione è impegnata in un continuo confronto operativo, teorico e metodologico a livello internazionale con le Helplines europee al fine di individuare e adottare comuni linee guida per la
gestione della consulenza, e per la formazione e lo sviluppo delle competenze degli operatori. L’attività del Call Center è divisa tra le due le linee:
19696, per i bambini fino a 14 anni e 199151515, dedicata ad adolescenti e adulti. Il Call center è attivo 24 ore su 24 tutti i giorni, per un’attività di ascolto e di accoglienza delle difficoltà dei bambini e degli adolescenti italiani e stranieri per sostenere e offrire un aiuto competente
nelle situazioni di disagio, solitudine, difficoltà relazionali, problemi
affettivi, maltrattamento e abuso.
Attraverso le consulenze offerte dal Centro Nazionale di Ascolto e la rielaborazione dei dati primari raccolti, l’Associazione rappresenta un
osservatorio privilegiato di quella parte dell’infanzia che vive in una
situazione di abuso o che esprime una richiesta di aiuto per situazioni di
maltrattamento e disagio.
Centri Territoriali
Sulla base della lunga esperienza nella gestione e nella prevenzione del
disagio, Telefono Azzurro ha attivato alcuni Centri Territoriali, con
l’obiettivo di garantire una presenza e un intervento più capillari per
agire in maniera sempre più efficace e puntuale a tutela dei bambini e
degli adolescenti italiani e stranieri, tenendo presente le caratteristiche e
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i bisogni specifici del territorio. Gli operatori dei Centri Territoriali, presenti a Bologna, Milano, Modena, Palermo, Roma e Treviso, gestiscono
i casi locali segnalati dal Call Center e dalle agenzie del territorio, individuando le strategie più adeguate in sinergia con la rete dei servizi. In
molti di questi Centri sono inoltre presenti Spazi Neutri, dove è possibile effettuare audizioni protette, per un ascolto del bambino in sede processuale che rispetti i suoi tempi e i suoi bisogni, senza passare per l’esperienza traumatica di un’aula di tribunale. Per questo l’associazione intende potenziare i Centri esistenti e aprirne di nuovi.
Centri per la prevenzione e gestione dell’abuso e maltrattamento Tetti Azzurri
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I Centri Tetto Azzurro sono centri per l’accoglienza, la diagnosi e la cura
di bambini e adolescenti italiani e stranieri vittime di abuso e maltrattamento; strutture che garantiscono e ascoltano il minore. Questi Centri si
trovano a Roma, dove Tetto Azzurro è nato nel 1999 grazie alla collaborazione con la Provincia, e a Treviso, dove Tetto Azzurro, avente
carattere interprovinciale, si è costituito dal 1° novembre 2005, quale
progetto affidato alla gestione di Telefono Azzurro dalla Regione Veneto, nell’ambito di un progetto regionale per la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza da abusi e maltrattamenti. I servizi attivati presso i Centri
Tetto Azzurro hanno diversi obiettivi: consulenza psicosociale a privati e
servizi per la prevenzione e gestione del fenomeno; diagnosi e trattamento individuale e familiare per situazioni di abuso sessuale, maltrattamento fisico e abuso psicologico di soggetti in età evolutiva; ascolto a fini
giudiziari; incontri protetti tra bambini e genitori; pronta accoglienza
residenziale; consulenza legale specialistica per gli operatori, monitoraggio del fenomeno. Agli operatori psico-socio-sanitari dei territori di riferimento, i Centri Tetto Azzurro offrono corsi di formazione.
Settore scuola e formazione
Il rapporto di reciproca collaborazione tra Telefono Azzurro e il mondo
della scuola è attivo fin dalla nascita dell’associazione. Tale collaborazione si è evoluta nel tempo, grazie alle conoscenze e alle competenze sviluppate in tanti anni di attività nella prevenzione, cura e trattamento dell’abuso all’infanzia e all’adolescenza italiana e straniera, anche relativamente a situazioni di emergenza, che hanno reso possibile creare un’area
dedicata a percorsi educativi e formativi nell’ambito scolastico ed extrascolastico. Telefono Azzurro offre un percorso applicativo che prevede
momenti di progettazione, di confronto e di verifica tra docenti ed esperti di Telefono Azzurro supportando gli insegnanti nell’ideazione e preparazione dell’intervento, durante lo svolgimento dell’esperienza in classe e
al termine.
L’associazione, accreditata dal Ministero dell’Istruzione con decreto
MIUR del 2 agosto 2005, organizza corsi interregionali di aggiornamento su alcune tra le problematiche più diffuse nell’infanzia e nell’adolescenza: abuso, bullismo, uso sicuro di Internet e multietnicità. Telefono
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Azzurro propone agli insegnanti delle scuole primarie e secondarie di I
grado un’occasione di riflessione e di approfondimento sul proprio ruolo
e sulle proprie competenze professionali necessarie a svolgere al meglio
la loro funzione educativa. Al momento, gli interventi educativi e i corsi
di formazione per gli insegnanti sono attivi a Palermo, Roma, Bologna,
Treviso e Milano. Sempre nell’ambito della formazione, gli operatori di
Telefono Azzurro offrono percorsi di formazione specifica agli operatori socio-sanitari, alle Forze dell’ordine e ai liberi professionisti, per contribuire alla creazione di reti integrate di servizi. Nell’ambito della formazione specialistica è attiva una collaborazione con l’Università degli
Studi di Modena e Reggio Emilia per la realizzazione del master di II
livello: Esperto nella valutazione, nella diagnosi e nell’intervento in situazioni di abuso all’infanzia e all’adolescenza.
Centro Studi
Il Centro Studi ha lo scopo di raccogliere documentazione e materiale a
livello nazionale e internazionale, elaborare i dati primari provenienti dal
Centro Nazionale di Ascolto, realizzare studi e ricerche, promuovere un
osservatorio permanente sull’infanzia e l’adolescenza. Di fronte a una
società sempre più articolata e complessa, un approccio scientifico, di
tipo socio statistico, può fornire elementi utili per elaborazioni teoriche
e per applicazioni pratiche che vogliano essere davvero efficaci per comprendere e aiutare i bambini. Da questa consapevolezza è nata anche
l’iniziativa congiunta di Telefono Azzurro ed Eurispes che, dal 2000,
hanno dato vita al “Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e
della adolescenza”. Il Centro Studi produce inoltre materiali divulgativi
per genitori ed educatori, quali per esempio “L’ascolto del disagio in
adolescenza”, “Vittime silenziose. I bambini e gli adolescenti di fronte
alla guerra, al terrorismo e ad altri eventi traumatici”, “Il disagio del
bambino e dell’adolescente straniero”.
Progetti per l’intervento in emergenza
Relativamente alle situazioni di emergenza che coinvolgono i più piccoli, dall’esperienza pluriennale di Telefono Azzurro sono nati alcuni progetti specifici. Il primo è il Team Emergenza, progettato e realizzato nel
1999 in collaborazione con il ministero degli Interni e l’università di
Yale. In occasione dell’inondazione di Quindici e Sarno, in Campania, e
del terremoto in Molise, gli operatori del Team Emergenza sono accorsi
per prestare aiuto ai bambini e alle famiglie delle zone colpite e per ridurre eventuali effetti post traumatici nei minori. Oggi Telefono Azzurro è
impegnato, con le altre agenzie che lavorano nell’emergenza, nella
costruzione di un modello di intervento congiunto per quegli scenari di
rischio (sismico, idrogeologico, industriale, terroristico) e per tutti quegli
eventi catastrofici in cui la comunità colpita e i suoi bambini abbiano
bisogno di sostegno e di aiuto. Le competenze maturate, anche mediante un costante lavoro di ricerca e di scambio a livello internazionale nel-
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l’area dell’emergenza, sono poi alla base del modello elaborato per il 114
Emergenza Infanzia.
Il 114 Emergenza Infanzia
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Il servizio 114 Emergenza Infanzia nasce dall’esigenza di poter rispondere ai bisogni nati dalle nuove emergenze che coinvolgono bambini e adolescenti. È una linea telefonica di emergenza accessibile gratuitamente 24
ore su 24, tutti i giorni dell’anno, che accoglie le segnalazioni di situazioni di emergenza e disagio, anche derivanti da immagini, messaggi e dialoghi diffusi attraverso mezzi di comunicazione di massa o reti telematiche, che possano nuocere allo sviluppo psico-fisico di bambini e adolescenti o che li espongono a rischio di trauma. Il lavoro di rete tra le agenzie territoriali, che è la base del Servizio 114, permette, dove sia necessario, un intervento immediato con il coinvolgimento dei specifici Servizi e
istituzioni. Dal 2006 la gestione del Servizio 114 è stata nuovamente
assegnata a Telefono Azzurro, dopo i primi tre anni di sperimentazione,
nei quali è stato promosso il Servizio grazie alla diffusione del 114 e alla
realizzazione della rete tra le diverse istituzioni coinvolte.
Volontariato
Il volontariato di Telefono Azzurro è particolarmente attivo nelle carceri e nelle scuole. Per difendere i diritti dell’infanzia anche nel contesto
carcerario, i volontari, dopo un’adeguata formazione, creano e gestiscono gli spazi Ludoteca e i Nidi. I primi, rivolti ai bambini e agli adolescenti in visita al genitore-detenuto, sono ambienti strutturati e attrezzati per
sdrammatizzare almeno in parte l’impatto con la struttura penitenziaria
e sostenere la relazione genitori-figli. I Nidi sono invece dedicati ai bambini che fino ai 3 anni possono vivere all’interno del carcere con la
mamma detenuta: i volontari aiutano le mamme ad accudirli, giocano
con loro, li accompagnano all’esterno presso parchi e spazi gioco e agevolano l’inserimento in asili nido comunali. Coinvolge invece le scuole il
progetto Uno a Uno, per sostenere quegli alunni di elementari e medie
inferiori che presentano difficoltà di tipo scolastico e relazionale.
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L’Ospedale dei Bambini
L’Ospedale dei Bambini viene fondato a Parma il 9 dicembre del 1900,
prima ancora dell’Ospedale Maggiore, la cui nascita risale al 1929. La
Pediatria (1964) è stata ampliata nel corso degli anni e oggi è suddivisa
nei seguenti reparti: Clinica, Divisione e Chirurgia.
A partire dagli anni Ottanta il motto scelto dall’Ospedale dei Bambini di
Parma è stato: “Aegrotus, sed Puer”, ammalato, ma soprattutto bambino; che dà il senso del cambiamento e del grande impegno morale che
l’Ospedale ha voluto dimostrare.
L’Ospedale dei Bambini fa parte dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria
di Parma, che rappresenta un ospedale ad alta specializzazione, offrendo
ai cittadini un quadro completo di servizi diagnostici, terapeutici e riabilitativi. Nel contesto sanitario regionale e nazionale, è riconosciuta la sua
valenza di polo di 3° livello.
Il primo reparto che si impara a conoscere è l’ACCETTAZIONE, un
ambulatorio che ha il compito di visitare e valutare le condizioni dei
pazienti, per stabilire se è necessario il ricovero o meno. In accettazione
arrivano bambini e ragazzi inviati dal proprio pediatra di base o in casi
di reale emergenza.
L’ ASTANTERIA è il reparto per i ricoveri brevi, di uno o due giorni. Se
guarito, il paziente viene dimesso e lasciato alle cure del proprio pediatra, altrimenti viene trasferito in altri reparti.
Nel reparto di ONCOEMATOLOGIA PEDIATRICA viene svolta l’attività di diagnosi, terapia, assistenza e ricerca nel campo della Pediatria
generale e specialistica e si attua un modello assistenziale (integrato o
globale) che non pone attenzione solo agli aspetti tecnico-sanitari del
bambino malato, ma anche alla sua componente sociale, personale, scolastica e ludica. Nel campo della ricerca, l’attività è orientata a ricerche
e studi sulle malattie infettive, emato-oncologiche e reumatologiche
pediatriche.
Nella CLINICA PEDIATRICA viene svolta l’attività di diagnosi e assistenza per pazienti affetti da particolari patologie, tra cui asma, fibrosi
cistica, bronchite cronica, eczema atopico, neurofibromatosi, diabete
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mellito di tipo I del bambino e dell’adolescente con screening dello stato
preclinico nei parenti di I grado dei diabetici, cardiopatie congenite,
nefropatie ereditarie e congenite, reflusso gastro-esofageo, sindromi
genetiche e malformative.
La CHIRURGIA PEDIATRICA si occupa del trattamento chirurgico
delle patologie e malformazioni pediatriche e della cura e riabilitazione
della spina bifida. Svolge attività di diagnosi e assistenza chirurgica generale e specialistica pre e post-operatoria. Comprende la chirurgia dell’addome, torace, oncologica, urologica, neonatale, maxillo-facciale, plastica (su malformazioni congenite) e riabilitativa (su muscoli e tendini).
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