La collina del Litto ricade nel SIC ( Sito di Importanza Comunitaria)

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La collina del Litto ricade nel SIC ( Sito di Importanza Comunitaria)
Richiesta presentazione progetto: ID 96
Obiettivo operativo: 1.9
Beneficiario: Comune di Roccarainola
Titolo: Lavori di recupero e valorizzazione del Parco monumentale ed archeologico del
castello, Palazzo baronale ed aree circostanti – II° stralcio del Lotto di completamento.
PREMESSA
La presente relazione viene, dunque, resa in allegato al progetto definitivo dei “lavori di
recupero e valorizzazione del Parco Monumentale del Castello, Palazzo baronale ed
aree circostanti”, rimodulato in riferimento alla D.G.R. 378/2013: Progetti Legge
n.1/2009 di cui all‟Avviso pubblico (D.D. n.62/2009 – Agc 08 Settore 02) e graduatoria
(Decreto Dirigenziale n.10 del 18/02/2010) per essere trasmesso in riscontro alla nota
regionale prot. n.32395 del 16/01/2014 del Dirigente ratione materiae, pervenuta al
Comune di Roccarainola in data 21/01/2014 al protocollo n.505.
Rispetto alla determinazione del contributo, di cui all‟Allegato 1 – Elenco dei progetti
individuati dal Gruppo di Lavoro di cui al DPGR n.139/2013 e s.m.i., di € 2.498.515,00
il progetto che si trasmette unitamente alla presente relazione, risulta essere di €
2.098.515,00 in quanto sono stati stralciati gli interventi afferenti al I° stralcio del lotto
di completamento, finanziati con il Programma Strategico di Valorizzazione dei Beni
Culturali dei Comuni dell’Area Nolana per un importo di € 400.000,00:
1. INTRODUZIONE
Roccarainola è ubicata strategicamente tra quattro province: Avellino, Benevento,
Caserta e Napoli, a cui appartiene territorialmente con la caratteristica di essere l‟unico
comune della Provincia napoletana ad avere gran parte del suo territorio all‟interno del
Parco Regionale del Partenio.
Dal punto di vista naturalistico ed ambientale Roccarainola è importante per l‟enorme
patrimonio faunistico e floreale e per la foresta demaniale regionale, considerata da tutti
vero fiore all‟occhiello.
Roccarainola conserva anche un ricco patrimonio storico-architettonico ed archeologico
con una serie di resti dislocati in prevalenza lungo la fascia collinare a ridosso
dell‟agglomerato urbano, che risultano essere ancora poco conosciuti, anche se le analisi
condotte in loco lasciano presagire un consistente insediamento medievale in rapporto
alle strutture di epoca antica del territorio.
In termini di attrattività, dunque l‟area risulta appetibile sia per la consistenza storicoarcheologico-monumentale che per le sue risorse naturali e paesaggistiche che offrono
scorci di grande suggestione sulla piana nolana, lasciando scorrere lo sguardo anche
oltre, fino alle pendici del Monte Somma.
Sulla collina che si erge alle spalle del centro storico si conservano i resti del Castello,
ignorati per secoli e abbandonati al degrado ed all‟incuria. Tuttavia oggi è possibile
leggerne la consistenza grazie alle tracce cospicue dei muri di cinta, delle diverse
torrette e del mastio che campeggiano sul punto più alto della collina.
Da questo punto di vista, si evidenzia una contraddizione oggettiva di cui soffre l‟area:
da una lato, la ricchezza e la complessità della stratificazione storica, insieme alla
vastità dell‟area d‟interesse archeologico che la circonda, con la presenza di zone di
notevole interesse naturalistico (Parco del Partenio), dall‟altro, si registra un importante
problema di visibilità in quanto questi potenziali attrattori non riescono ad esercitare un
forte richiamo di visitatori o turisti.
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Dalle considerazioni svolte nell‟analisi, emerge con evidenza la necessità di far
collaborare, mediante un percorso tematico, la realtà dei luoghi ponendo in correlazione
i resti archeologici, che devono consentire ai fruitori la percezione di un organico
quadro d‟insieme della vicenda storica del territorio. Ogni intervento deve perciò
contribuire alla formazione di una rete integrata, nella quale la valorizzazione del sito –
parco naturalistico/area archeologica - implichi lo sviluppo di connessioni, sia reali che
virtuali, con gli altri siti dei territori limitrofi, quali l‟area archeologica avellana, e
nolana in genere, obiettivi del PIT Antico Clanis.
2. INQUADRAMENTO STORICO ED ELEMENTI SIGNIFICATIVI PRESENTI
NELL’AREA DI INTERVENTO
2.1 IL CASTELLO
2.1.1 Il sito
Il castello sorge sul pendio meridionale del monte Majo, a m 175 circa slm, ed è
raggiungibile percorrendo un‟antica strada che si diparte dal centro dell‟abitato e
raggiunge direttamente l‟interno del perimetro fortificato.
2.1.2 Notizie storiche
La costruzione del castello è da collocare nel XII secolo, con molta probabilità successiva
al 1139. Tale datazione, in assenza di documenti d‟archivio, può essere dedotta
soprattutto dalla tipologia dell‟impianto e delle strutture murarie. Dal Catalogus
Baronum si evince che il feudo di Roccarainola era tenuto, nel 1152, da Guglielmo
Fallarino. In epoca sveva il Castello faceva parte delle fortificazioni di Terra di Lavoro ed
è citato in un documento del 1241, il Mandatum de reparacione castrorum imperialium
di Federico II e doveva contribuire alle spese per il restauro del castello di Somma.
Con la conquista angioina del Regno di Napoli, il Castello fu infeudato nel 1268 a
Martino I, al quale successe il figlio Goffredo ed il nipote Martino II. Dal 1329 al 1341 il
castello fu tenuto da Nicola figlio di Martino II, dal quale passò a Clemenza di
Villacublay che lo tenne fino al 1344.
Gli successero nel possesso i figli Filippo, Nicola e Carlo, dai quali fu venduto a
Giovannello Fuscaldo nel 1381. Durante la guerra tra Angioini e Durazzeschi,
Giovannello Fuscaldo fu privato del feudo che fu concesso dal re a Giacomo Gaetani,
nobile napoletano risulta una infeudazione a Giacomo Gaetani che aveva aiutato Carlo III
di Durazzo contro Giovanna I per la conquista del Regno. Successivamente il feudo passò
a Petriccione Janville da cui pervenne a Cola d‟Alagno che restaurò ed ampliò il Castello.
Intorno alla metà del XV secolo il Castello venne in possesso di Floramonte di Pietramala
che lo tenne fino al 1457 anno in cui lo donò alla nipote Francesca, moglie di Ugo
D‟Alagno, dal quale fu tenuto fino al 1481 per passare successivamente al figlio Cola che
lo tenne fino al 1512. Probabilmente in questo periodo il castello non era più la dimora
fissa del feudatario essendo stato costruito poco lontano il palazzo baronale del quale si
conservano ancora le strutture principali in cui si distinguono le decorazioni in tufo grigio
delle finestre con motivi rinascimentali e che attualmente è oggetto di un progetto di
recupero e valorizzazione.
Con la conquista spagnola il castello passò a Goffredo Galluccio, nipote di Ugo
d‟Alagno, il cui possesso durò fino al 1527. la fortificazione, divenuta proprietà di
Giovanni Tomacelli, fu in parte distrutta nel 1528 dai soldati spagnoli e francesi che
devastarono il paese e ne saccheggiarono le case. Dalle carte dell‟Archivo di Simancas
Roccarainola è descritta come una terra che “…tiene un castillo viejo e sin guardia…”.
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Dopo tali eventi, nel 1528, troviamo infeudato il Castello a Luigi Ram che lo ebbe in
possesso fino al 1532, per ritornare a Giovanni Tomacelli, che lo tenne fino al 1551, anno
in cui passò al figlio Scipione. Si succedettero nel possesso del castello prima Marcello,
figlio di Scipione e poi Porzia, figlia minore di Marcello, per conto della quale resse il
feudo la madre Luisa Loffredo.
Per motivi economici, il castello fu venduto per 46.000 ducati a Francesco Antonio David
nel 1592, per passare dopo pochi mesi al figlio Giovan Battista, morto nel 1612. Gli
successe nel possesso del castello Francesco Antonio, che dopo una condotta dissoluta
mori senza eredi nel 1663. Entrato in possesso del Regio Demanio, nel 1659 ne viene
fatto l‟Apprezzo, nel quale il castello è descritto come ”… diruto, et disabitato, vi sono
più et diverse stanze inferiori, et superiori con le fosse et sue ritirate un tempo s’habitava
in esse fortissimo per essere bene esposto…”. Nel 1665 il feudo ed il castello passarono,
per 49.689 ducati, in possesso della famiglia Mastrilli.
Il primo possessore appartenente a questa famiglia fu Francesco, dal quale passò al nipote
Marcello, duca di Marigliano, che lo tenne fino al 1706 e da questi pervenne alla figlia
Isabella che lo ebbe in possesso fino al 1761. Ad Isabella successe prima Marzio che ne
ebbe il possesso fino al 1781 ed infine a Giovanni che fu l‟ultimo possessore fino al
1806, anno dell‟eversione della feudalità. Nel 1799 Giovanni Mastrilli, l‟ultimo
feudatario, fu preso come ostaggio dai repubblicani e rinchiuso per un anno in Castel
Sant'Elmo a Napoli. Durante il Decennio francese, quando la feudalità venne abolita da
Giuseppe Bonaparte, i Mastrilli persero la giurisdizione su Roccarainola, che fu retta da
un sindaco eletto dal popolo.
Nel corso dei secoli le strutture del Castello subirono danni e devastazioni dovute
all‟incuria dei proprietari che non vi risiedevano e lo usavano prevalentemente come
tenuta agricola fino alle devastazioni che furono operate dalle truppe tedesche
nell‟ottobre del 1943. Attualmente le strutture superstiti versano in uno stato di
abbandono ed incuria totale e vengono continuamente danneggiate dagli agenti
atmosferici e dagli interventi dei contadini che operano nell‟area.
2.1.3 Dati metrici e caratteristici
Il castello è costituito da tre cinte murarie che seguono l‟andamento del declivio della
collina, occupando un area di mq. 10000 circa, che dalla quota s.l.m di m.175 del mastio
scende fino alla quota di m. 130 del muro perimetrale esterno che lambisce l‟agglomerato
urbano.
La prima cinta muraria, in sommità, è costituita dalle strutture del mastio che si
sviluppano nella parte più alta della fortificazione. Essa è costituita da alti muri in pietra
che poggiano direttamente sulla roccia e si elevano per diversi metri, delimitando un area
che finisce direttamente sullo strapiombo nella parte ovest e degrada in maniera dolce
verso est e verso nord, dove verosimilmente era collocata la porta principale di accesso
alla fortificazione. Al centro dell‟area del mastio si conservano ancora ampi tratti di muri
con altezza considerevole che mostrano le tracce dei diversi livelli (almeno due) in cui
era articolata la struttura, da identificare con il Palatium, originaria residenza del
feudatario. Le varie strutture del mastio probabilmente affacciavano su uno o più cortili
con funzione prevalentemente militare; nei pressi di uno dei cortili, con molta probabilità,
era collocata anche la cappella di cui non si distinguono più le tracce.
Nell‟angolo sud est, attaccata ai muri del mastio, si erge la “Torre Angioina” costruita
probabilmente nel XIV secolo per rinforzare il lato più esposto agli attacchi. Essa si
compone di un‟alta base scarpata su cui si eleva un considerevole corpo cilindrico,
originariamente articolato in più piani, dei quali rimangono solo alcune tracce.
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Nei resti delle murature del corpo cilindrico si notano ancora le feritoie di difesa, di
forme diverse, utilizzate indifferentemente sia per le balestre sia per le prime armi da
fuoco. La forma e la posizione delle feritoie suggeriscono che esse erano utilizzate
prevalentemente per la difesa radente lungo i muri perimetrali del mastio. Nei pressi di
tale torre era ubicata la seconda porta di accesso alla fortificazione alla quale si accedeva
direttamente dal percorso che proveniva dai monti ed era in relazione all‟antico
acquedotto del Qanat.
Nel lato sud, tra il perimetro del mastio e la torre angioina, si notano le tracce di altre
strutture, molte delle quali crollate completamente ma che in un rilievo degli anni 60
erano evidenziate come probabili torri che intervallavano la prima cinta muraria.
La seconda cinta muraria, nel lato sud-ovest, è costituita prevalentemente da un alto muro
che, assecondando l‟andamento del terreno, costituisce soprattutto nella parte sud ovest
un insormontabile baluardo. Tale muraglia è costruita in pietrame calcareo del posto
tagliato in conci di medie e grandi dimensioni. Il muro assolve anche alla funzione di
sostegno del terrapieno superiore, alla cui estremità meridionale e, sopra un banco di
roccia affiorante, si notano ancora le tracce delle strutture di una torretta quadrangolare.
Tale torretta di modeste dimensioni (m. 3x3 circa), aveva una funzione prevalente di
vedetta con una visuale che spaziava su tutta la valle.
Lungo i resti del muro sud-ovest della seconda cinta muraria corre un sentiero che
probabilmente ricalca un antico tracciato viario interno al castello, con il compito di
collegare le varie aree della fortificazione, che immetteva nella porta secondaria.
Il lato est della seconda cinta muraria è pressoché scomparso ed è rintracciabile nel forte
scoscendimento della collina. Le strutture dovevano essere sicuramente meno imponenti
di quelle del lato ovest poiché il sito era reso inaccessibile già dalla natura e dalla
conformazione del versante della collina, costituito da roccia affiorante e da un ciglio
fortemente scarpato.
La terza cinta muraria si collega alla seconda, ampliandola sul lato sud-ovest, includendo
diverse costruzioni sorte probabilmente sulle antiche strutture. Questa terza cinta muraria
è la più articolata e racchiude un‟area a forte pendenza, collegando i due massi rocciosi:
quello sud, su cui sorge la torretta di avvistamento, con quello nord, su cui sorge il
palatium. Molto probabilmente nell‟angolo nord della terza cinta, ai piedi della roccia,
facilmente difendibile anche dall‟alto, era posizionata la porta secondaria di accesso al
castello. La cinta proseguiva verso il basso alternando in modo casuale torrette tonde e
quadrate, sporgenti dal muro perimetrale. Queste torri di piccole dimensioni, m. 3 circa di
diametro per quelle tonde e m. 4 circa di lato per quelle quadrate, si conservano per un
altezza media di m. 4 e sono poste a distanza abbastanza ravvicinata. Le torrette quadrate
sono costituite da una struttura apparentemente piena all‟interno, perché non presenta
nessuna feritoia di difesa, la quale veniva attuata probabilmente solo dall‟alto dove vi era
un ambiente aperto probabilmente merlato e comunicante con il camminamento,
anch‟esso merlato, che collegava le diverse torri.
La tecnica costruttiva, simile a quella del muro di cinta, è eseguita con pietrame calcareo
di medie e piccole dimensioni, legate con malta pozzolana e con qualche traccia di
intonaco sull‟esterno del paramento.
Le torrette tonde sono costruite prevalentemente in pietrame di tufo giallo con conci
piuttosto regolari e conservano ancora le feritoie per la difesa frontale e radente.
Dal sistema costruttivo e dagli elementi conservati si può dedurre che le torrette si
articolassero su due livelli, di cui, quello inferiore, chiuso anche verso l‟interno, era
raggiungibile attraverso una botola ed una scala a pioli asportabile da quello superiore,
aperto e comunicante con un camminamento probabilmente merlato.
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Un altro particolare interessante è rappresentato dal taglio netto, evidenziato
dall‟accostamento delle diverse tecniche murarie e costruttive, che si nota in prossimità
dell‟attacco tra torrette tonde e muro di cinta. Tale particolare lascia supporre che le
torrette tonde, costruite interamente in tufo giallo, siano un rifacimento successivo,
probabilmente del secolo XIV, di torrette precedenti per aumentare la capacità difensiva
della cinta muraria.
Attualmente alcune delle torrette sono utilizzate come vani di deposito o sono
completamente piene di detriti; le loro condizioni statiche sono molto precarie ed
avrebbero urgente bisogno di un intervento di salvaguardia per scongiurarne la definitiva
scomparsa.
All‟interno del perimetro della fortificazione si può facilmente individuare tutta una serie
di strutture antiche, inglobate nelle moderne abitazioni sorte ai piedi della collina, ed altri
ambienti ancora che conservano le caratteristiche di locali di servizi e cisterne per la
raccolta dell‟acqua.
2.2 Il PALAZZO BARONALE
La costruzione iniziata negli ultimi anni del Quattrocento dal feudatario Cola d‟Alagno
venne ultimata nei primi del Cinquecento. In breve il palazzo risultò magnifico,
confortevole, circondato da un bel parco, tanto che la commissione presieduta dal
vescovo di Burgos, ebbe ad annotare che la “tierra de Rocha Raynola ay una casa o
palacio con un jardin”. (N. Cortese,1931,p.52 Cfr. P.Manzi, 1964, p.129, pp.156-157).
Parte recuperata
Nelle carte conservate nell‟Archivio di Stato di Napoli si legge nell‟Apprezzo della
Terra di Roccarainola eseguito dal Tavolario Pietro d‟Apuzzo il 4 luglio 1659: “ Il
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palazzo baronale a tre tiri di scopeta, consistente in più et diversi membri inferiori et
superiori; si entra in esso per intrato grande coverto a lamia, a destra et a sinistra vi è la
carcere a destra uno stallone grande sotterraneo, avanti a detto intrato dalla parte di fuori
si ha fonte d‟acqua viva, quale viene dalla montagna per acquedotti di fabbrica, per il
detto intrato si ha cortile grande discoperto, nel piano di detto cortile vi sono 10 stanze et
per grada di fabbrica se impiana nell‟appartamento, quale consiste nella sala grande, a
destra 6 camere con logge avanti, per la quale si gode tanto delle terre circonvicine, et
suoi territori et boschi ritirandosi in detta sala, a sinistra 8 altre camere con cocine, per
detta sala si va alla loggia con struari di agrumi. Nel quale palazzo baronale vi sono
coverte le sue stanze, parte di esse con suppegni coverte a tetti, et parte con astrachi sopra
legnami: tiene di bisogno di molte accomodazioni et refettioni e per non essere stato in
esso abitato da molti anni, vi è in detto palazzo cisterna, il suo vaso è grandioso, quale
può servire anco per formale d‟acqua che viene dalla fontana: vi è anco in detta loggetta
una conserva quale è comoda per adacquare lo agrume, di sotto a detto palazzo vi è
giardino grande fruttato con diversi piedi di frutta, con un piede di pigna”.
2.3 L’ACQUEDOTTO DELLE FONTANELLE (Qanat)
2.3.1 Notizie storiche
L‟acquedotto “delle Fontanelle”, come viene detto localmente il qanat di Roccarainola,
ha fatto parte della vita quotidiana di questo paese da tempo immemorabile.
Solo con la costruzione di un moderno acquedotto, sul finire degli anni ‟50 del secolo
passato, alimentato dall‟acqua di alcune sorgenti della vicina Avella, la tanto agognata
distribuzione domestica ridusse il modesto ma prezioso antichissimo acquedotto ad un
ruolo ormai residuale. L‟acqua del qanat continuò infatti ad alimentare, con la sua
limitata portata, la fontanella a getto continuo posta nei pressi del suo ingresso in collina,
nonché un vecchio serbatoio in muratura, anch‟esso di ridotte capacità, che alimentava a
sua volta due cannelle con rubinetti collocate ai due lati della fontana pubblica nella
piazza del paese.
Ben presto, con gesto ignobile da parte degli amministratori comunali dell‟epoca, questo
antico monumento in piazza venne abbattuto. A suo perenne ricordo, e a dispetto di chi
decise insensatamente di eliminarlo, diremo che era formato da una vasca semicircolare,
addossata ad un muro e circondata da un robusto muretto basso, ricoperto da grossi e
levigati blocchi calcarei, alla quale gli abitanti del luogo si recavano con orci e bottiglioni
ad attingere acqua per bere, certamente migliore di quella piovana, raccolta nelle
innumerevoli cisterne domestiche, e preferendola per avita tradizione a quella
proveniente dall‟ormai conquistata fornitura pubblica domestica. Tuttora, l‟acqua delle
Fontanelle, è ricordata in paese come acqua pura e leggera.
Oggi, a distanza di oltre mezzo secolo, nemmeno le cisterne domestiche assolvono più
alla loro preziosa funzione di raccolta delle acque piovane – chissà se un giorno non
converrà ripristinarle per alcuni usi! – mentre la fontanella in collina continua ancora ad
emettere un getto d‟acqua sempre più flebile e certamente non più potabile, non solo per
lo stato interno di conservazione del qanat, quanto per il forte inquinamento della falda
acquifera prodotto dal drammatico stravolgimento d‟uso dei terreni sovrastanti.
Resta anche, qual rudere robusto e ammonitore, il serbatoio dell‟acqua che alimentava la
fontana a due cannelle in piazza, e forse, qua e là, qualche pezzo dei vecchi tratti di
conduttura.
L‟acquedotto delle Fontanelle di Roccarainola fa parte della storia di questo antico centro
campano, per il suo fondamentale ruolo sociale, alla stregua di un qualsiasi altro
acquedotto naturale, e fu quindi oggetto di cura continua da parte della popolazione,
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specialmente di quella rurale che coltivava i circostanti terreni collinari. Sul finire del
1800 ci fu un duro contenzioso tra il comune e il proprietario del terreno soprastante la
parte terminale di uno dei suoi bracci, con sentenza finale in buona misura sfavorevole
all‟amministrazione pubblica, in quanto emergeva dalla stessa che al comune toccasse
solo il diritto per usucapione di prelevare l‟acqua utilizzata della comunità ma non la
proprietà delle acque denominate “le fontanelle” sorgenti nel fondo “Serrone”, che veniva
riconosciuta al proprietario ricorrente1. Se dovesse ripetersi oggi, questo giudizio
potrebbe facilmente capovolgersi, in quanto la struttura stessa del qanat, ormai
interamente studiata e conosciuta, risulta essere assolutamente svincolata dai numerosi
possessori dei terreni sovrastanti, e la sua costruzione, risalente a tempo immemorabile,
aveva e ha tuttora l‟unica funzione di un servizio primario a beneficio dell‟intera
popolazione. Quindi, da trattare come una vera e propria sorgente naturale. Nella
storiografia locale e regionale l‟acquedotto delle Fontanelle compare per la prima volta
nel trattato di idraulica del prof. Udalrico Masoni, dove è presentato come esempio di
acquedotto artificiale di epoca romana:
“I Romani ... furono maestri nelle opere di derivazione: essi sapevano adoprare tutti i
mezzi più acconci per improntare le acque di alimentazione, sia da quelle superficiali,
quali fiumi, laghi, sorgenti, sia dalle falde sotterranee, creando anche le sorgenti artificiali
a mezzo di cunicoli filtranti, quali si osservano in tutti i dintorni di Roma e nelle nostre
contrade ancora, come per es. abbiamo avuto occasione di osservare a Roccarainola e in
alte località” 2.
Successivamente, Luigi D‟Avanzo, pur riconoscendovi l‟antica tecnica costruttiva citata
dal Masoni, ne attribuisce la costruzione ad epoca medievale, al servizio del vicino
castello di epoca normanna:
Attribuisco la costruzione dell‟acquedotto (delle Fontanelle) all‟epoca medievale e non a
quella romana, perché nell‟epoca romana non c‟era in quei luoghi un centro abitato di
tale importanza da poter intraprendere un‟opera di non poca entità e le città vicine de
Avella e di Nola erano approvvigionate da altri acquedotti. ... È più verosimile che i
feudatari, contemporaneamente o poco dopo la fondazione del castello abbiano pensato a
provvedere la loro dimora di acqua, chiamando abili operai saraceni ... 3.
Il terzo a parlarne, in un saggio prettamente biologico, è Domenico Capolongo, il quale si
limita a dichiarare l‟opera di epoca medievale sulla scorta di D‟Avanzo, e ne dà la prima
descrizione dettagliata, con la pianta dei cunicoli e la relativa distribuzione dei pozzi 4.
Questo stesso autore, in un secondo studio sulla interessante valenza biologica di questi
antichi e singolari ambienti sotterranei, riconosce nell‟acquedotto delle Fontanelle di
Roccarainola e in quello analogo della Fontana di San Marzano (nel limitrofo comune di
San Felice a Cancello), la tipologia degli antichissimi “qanat”, di origine persiana, tuttora
molto usata in Iran e altri paesi del medio oriente. Dai persiani questa particolare
tecnologia passò poi ai romani e successivamente agli arabi 5.
Qualche anno dopo, nella sua ricerca storica sul passato di Roccarainola, Domenico
Capolongo riprende il tema dei due predetti qanat, così vicini tra di loro, posti entrambi in
una zona di media altura, con presenza di una diffusa attività agricola – documentata da
1
L. D‟Avanzo, 1943, Memorie storiche di Roccarainola, Nola, Tip. Scala, p.57-58.
U. Masoni, 1924, Corso di idraulica teoretica e pratica, Napoli, Tip. Pellerano, V Edizione, p.492.
3
L. D‟Avanzo, 1943, op. cit., p.57.
4
D. Capolongo, 1967, L’acquedotto medievale di Roccarainola, biotopo di fauna troglofila nel
Napoletano, in: Bollettino della Società Entomologica Italiana, Vol.XCVII, N.3-4, pp.56-61.
5
D. Capolongo, 1972, Ricerche nei qanat dell’Italia meridionale, in: Bollettino della Società
Entomologica Italiana, Vol.104, N.4-5, pp.59-62.
2
7
numerosi resti di villae rusticae e altro materiale archeologico a partire da alcuni secoli
prima di Cristo – mancante di qualsiasi sorgente naturale, attraversata inoltre da un
importante e antichissimo valico viario tra la via Appia a nord e la via Popilia a sud. In
base a tali elementi l‟autore ricolloca in epoca romana sia le Fontanelle che la Fontana di
San Marzano 6.
2.3.2 Nota biologica
L‟importanza in biologia delle cavità artificiali è ormai dato acquisito nello studio delle
forme troglofile e troglobie. La biocenosi del qanat di Roccarainola è stata oggetto di
studio tra il 1960 e il 1970, allorché lo stato interno dell‟acquedotto era ancora in discrete
condizioni di manutenzione e pulizia, e molta gente ancora si recava ad attingervi acqua
dalla sua vicina fontanella a getto continuo7.
Le pessime condizioni attuali delle gallerie sotterranee dell‟acquedotto, abbandonato a se
stesso da vari anni e con maldestre attività di presunta conservazione, hanno sconsigliato
qualsiasi prelievo di materiale biologico, dato l‟accumulo diffuso di materiali sversati o
caduti dall‟alto attraverso le bocche dei pozzi e il quasi totale allagamento di numerosi
tratti interni per effetto dei predetti accumuli di materiali alla base di vari pozzi.
In altri termini, lo stato attuale di questo peculiare mondo sotterraneo risulta oggi
snaturato e caotico rispetto alle condizioni di assoluta tranquillità della sua plurisecolare
precedente esistenza. Inoltre, il disfacimento fisico della sua porticina d‟ingresso facilita
l‟instaurarsi nelle gallerie sotterranee di violente correnti d‟aria per effetto delle
numerose bocche di pozzi.
Riepiloghiamo pertanto di seguito i risultati delle predette ricerche, auspicando una
saggia opera di recupero del qanat che ne riporti le condizioni interne in condizioni di
normalità e quindi idonee per future prospezioni biologiche.
Le specie animali, rinvenute oltre trent‟anni fa nel qanat di Roccarainola, erano costituite
essenzialmente da artropodi, tutti di piccola o minima taglia, una planaria (nelle acque
limpide e lievemente correnti) e un paio di specie di pipistrelli:
Actenipus acutangulus acutangulus Schauf. (coleottero carabide)
Blaps gibba Cast. (coleotttero tenebrionide)
Choleva sturmi Ch. Brisout (coleottero silfide)
Dolichopoda geniculata Costa (ortottero)
Gryllomorpha dalmatina Ocsk. (ortottero)
Stenophilax mucronatus Mc. L. (tricottero)
Callipus sorrentinus Verh. (diplopodo)
Trogulus sp. (coriziformis C. L. Koch?) (opilionide)
Amaurobius ferox Walk. (ragno)
Tegenaria parietina Four. (ragno)
una planaria indeterminata (Dugesia sp.?) (platelminte)
Rhinolophus ferrumequinum Schreber (chirottero)
Rhinolophus hipposideros Bechstein (chirottero)
6
D. Capolongo, 1976, Del passato di Roccarainola e di antichi itinerari del territorio di Nola, (I Parte),
Libreria Editrice redenzione, Napoli-Roma, pp.100-107.
7
D. Capolongo, 1967, op. cit.; D. Capolongo, 1972, op. cit.: D. Capolongo et alii, 1984, Specie
cavernicole di Campania, in: Annuario dell’Istituto e Museo di Zoologia dell’Università di Napoli,
Vol.XX, pp.33-213.; D. Capolongo, 1989, Specie cavernicole di Campania: primo aggiornamento, in:
Atti del XV Congresso Nazionale di Speleologia, Castellana Grotte, pp.811-840.
8
Si tratta di una comunità di specie ben rappresentativa di un ecosistema autosufficiente,
con presenza tra l‟altro di predatori e predati. Da sottolineare la troglofilia di buona parte
di queste specie, normalmente presenti in altre cavità artificiali di antica costruzione,
nelle zone vestibolari delle cavità naturali e in genere in ambienti sotterranei.
La specie più diffusa e vistosa era costituita dalle grosse dolicopode, specie di cavallette
attere dalle lunghe zampe e antenne, vaganti sulle pareti. I pipistrelli, a loro volta, se non
disturbati, potevano osservarsi appesi per i piedi lungo le volte delle gallerie, isolati e
immobili, ammantellati nell‟ampio patagio.
un‟ultima considerazione va fatta sul ridotto numero di specie determinate, rispetto al
sicuramente più ampio spettro di quelle presenti, al cui studio rimandiamo volentieri i
futuri investigatori, una volta che questo prezioso qanat sia stato restituito alle sue
condizioni normali.
2.4 LA GROTTA NEOLITICA, IL CIESCO MATRONE, I RESTI DELLE
STRUTTURE ANTICHE NELLA PINETA DEMANIALE
In un‟area a ridosso di un enorme costone roccioso, a pochi passi dalle rovine del
castello, è ubicata la Grotta cosiddetta di Roccarainola che è posta ad una altitudine tra i
110 e i 130 m.s.m. e sovrasta maestosa l‟abitato di Roccarainola centro.
La sua importanza come stazione preistorica, risalente probabilmente al periodo
paleolitico, è stata messa in luce nel 1976 da D. Capolongo, il quale raccolse nel terreno
all‟ingresso di questa cavità, un certo numero di selci lavorate ascrivibili alla stessa
tipologia e datazione di quelle del Riparo di Fellino.
Dal punto di vista paesaggistico tale cavità naturale, peraltro di imponenti dimensioni, è
ricca di elementi suggestivi, tanto che spesso è stata teatro di manifestazioni religiose
(presepe vivente) che ha richiamato un discreto numero di visitatori.
E‟ facilmente accessibile sia da via Cava che dalla strada che porta alla Chiesetta di Santa
Lucia mediante sentieri che necessitano di interventi di sistemazione e manutenzione.
Inoltre nell‟area oggetto dell‟intervento si trova un‟altra emergenza geologica
denominata Ciesco Matrone, un pinnacolo di roccia calcarea che con la sua presenza
caratterizza parte della collina ed è visibile da molte parti del centro abitato
configurandosi come un polo visivo territoriale.
Poco lontano sono localizzati anche i resti di antiche strutture che versano in uno stato di
abbandono totale e necessitano di interventi di recupero per scongiurarne la scomparsa.
Tali strutture con molta probabilità, sono da mettere in relazione alla presenza
dell‟acquedotto del Quanat, che si ferma poco prima, ma che fino a pochi decenni or sono
doveva proseguire in direzione del castello ed alimentare la cisterna posizionata ad ovest
del castello che alimentava anche una fontana al centro del paese.
3. INQUADRAMENTO DELL’AREA DI INTERVENTO
L‟area oggetto dell‟intervento interessa una superficie di oltre 20.000 mq circa. Si
sviluppa, con un andamento planimetrico ed altimetrico estremamente articolato e
comprende la zona delimitata a sud dal centro storico ed a nord dalla zona collinare e
pedemontana su cui sorgono i diversi complessi turistici e per la ristorazione,
dominando la piana nolana e gli antichi tracciati viari pedemontani.
Il comune di Roccarainola, infatti, è territorialmente annoverato tra i comuni della piana
nolana, per la felice collocazione geografica, e costituisce l‟elemento di raccordo tra l‟
Agro Nolano e la Bassa Irpinia, rappresentando l‟unica “porta” di accesso della
Provincia di Napoli al Parco Regionale del Partenio, la cui perimetrazione comprende
gran parte del territorio montano di Roccarainola, che si configura come l‟unico comune
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della Provincia di Napoli ad essere annoverato tra i comuni ricadenti nell‟area tutelata
del Parco. Inoltre l‟area oggetto di studio è parte integrante del P.I.T. – “Valle del
Clanis - Antica Terra dei Miti e degli Dei” ed è sede della Comunità Montana
“Montedonico-Tribucco”. Complessivamente l‟area di Roccarainola sarà meglio servita
dagli assi infrastrutturali a seguito del casello in costruzione sulla A16 Napoli-Bari nei
pressi di Tufino.
4. INQUADRAMENTO URBANISTICO E VINCOLI
L‟area interessata dal progetto di recupero e valorizzazione del Parco Monumentale del
Castello, del Palazzo baronale ed aree circostante ricade in gran parte zona demaniale,
anche se su alcune particelle catastali (n.12-13-14-15-87-88-89-93-98-99-306-94-90304-86-312-72 dei fogli di mappa n. 26, 27) risultano di proprietà privata, (IN
QUESTO INTERVENTO SONO PREVISTE OPERE DA ESEGUIRSI SULLE
PROPRIETA PUBBLICHE. LE PROPRIETA PRIVATE SONO IN CORSO DI
ESPROPRIO CON I FONDI CONCESSI DAL PIANO STRATEGICO DI
VALORIZZAZIONE DELL’AREA NOLANA – PO FESR 2007 – 2013.
Si rileva la presenza delle mura del castello e di parte della struttura del palazzo
baronale. Tuttavia le suddette particelle da un punto di vista urbanistico ricadono in aree
contrassegnate come Zona F8, cioè avente destinazione specifica di “Parco
Monumentale” così come classificate dal vigente Piano Regolatore Generale, adottato in
data 17/11/2002 con delibera di Consiglio Comunale n° 37.
Alcune particelle inoltre, ricadono nella zona sottoposta a “Vincolo Idrogeologico”,
anche se con rischi prevalentemente moderati, per i quali vige il vincolo di cui al Piano
di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) dell‟Autorità di Bacino Nord – Occidentale della
Campania, adottato con deliberazione di Giunta Regionale della Campania.
5. ANALISI DELLO STATO DI FATTO
5.1 Il Palazzo Baronale (Area A1 di intervento)
Secondo L. D‟Avanzo questo magnifico palazzo rinascimentale fu edificato “verso la
fine del „400 o nei primi anni del „500”. P. Manzi ripete quasi la stessa ipotesi: “La
costruzione, iniziata negli ultimi anni del Quattrocento ad opera di Cola d‟Alagno venne
ultimata nei primi del Cinquecento”. Uno studio conclusivo sulla datazione di questo
edificio non si è ancora fatto. Il suo attuale stato di conservazione ne permetterebbero
una ricostruzione pressoché integrale.
Essendo un bene del feudo di Roccarainola i suoi ultimi possessori furono i Mastrilli, e
da questi il Palazzo, con annesso giardino, passò, in proprietà ormai privata, agli eredi
ultimi di questa famiglia, per divenire, di recente proprietà comunale.
Di recente il palazzo baronale è stato oggetto di interventi di recupero e restauro
che hanno interessato una sola ala del palazzo, che ospita il Museo Civico “L.
D’Avanzo”, e pertanto si confida in questa ulteriore fonte di finanziamento per la
riqualificazione ed il recupero dell’altra ala del Palazzo e dei giardini annessi, con
particolare riferimento al giardino interno alla corte.
5.2 Il Castello di Roccarainola (Area A3 di intervento)
L. D‟Avanzo pone la fondazione di questo castello tra gli anni 1139 e 1241. D.
Capolongo restringe tale arco tra gli anni 1139 e 1151. Partendo da una sua ardita
ipotesi etimologica su Ravinola, P. Manzi anticipa tale arco temporale tra gli anni 1016
e 1045.
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Trattata dai tre predetti autori tra gli anni 1943 e 1977, la storia di questo maniero, di cui
si conservano ancora vistosi ruderi e una pressoché intatta cinta muraria con otto
torrette, è stata oggetto di recenti studi propedeutici al presente progetto.
La collina dalla quale svetta il Castello domina l‟abitato di Roccarainola, e più
esattamente il suo Centro Storico. L‟insieme collina-castello si presta a diventare una
formidabile attrattiva turistica possedendo tutte le potenzialità storiche, architettoniche e
naturalistiche, da considerare in abbinamento agli altri monumenti (Palazzo baronale,
Acquedotto romano, Grotta paleolitica e pineta demaniale) inclusi nell‟area “Parco
Monumentale” di cui tratta il progetto.
Allo stato attuale le rovine del castello versano in condizioni deplorevoli sia per la
vegetazione infestante che ha devastato il mastio e le cinte murarie superiori, sia per
l‟intervento dell‟uomo che ha invaso e devastato la parte più vicina all‟agglomerato
urbano. In particolare le torrette di avvistamento, in gran parte ancora in piedi, e la torre
angioina necessitano di interventi urgenti di consolidamento, in vista di ulteriori crolli
che potrebbero essere imminenti.
GLI ESPROPRI DELLE AREE INTERESSATE DAI RUDERI DELLA
FORTIFICAZIONE SONO IN CORSO DI ESPLETAMENTO CON I FONDI
DEL GIA FINANZIATI DALLA REGIONE CAMPANIA NELL’AMBITO DEL
PIANO STRATEGICO DELL’AREA NOLANA.
5.3 L’Acquedotto delle Fontanelle (Area A5 di intervento)
Questo singolare sistema di gallerie sotterranee di oltre 600 metri di lunghezza è posto
in zona collinare sovrastante l‟abitato di Roccarainola centro. E‟ sicuramente di epoca
romana, anche se fu usato per approvvigionare d‟acqua il castello medievale e
successivamente, fino ad oltre la metà del secolo XX, lo stesso abitato di Roccarainola.
E‟ costituito da un sistema dei cunicoli artificiali filtranti, in quanto le sue gallerie
sotterranee vengono spinte fino a raggiungere la falda freatica. Con termine persiano
questi acquedotti artificiali, usati molto a tuttora nei paesi aridi medio-orientali,
vengono universalmente conosciuti come “qanat”. Il “qanat” di Roccarainola, con i suoi
20 pozzi, o bocche di collegamento con l‟esterno, è uno dei più ampi, imponenti e
conservati dei pochi esistenti in tutta Italia.
5.4 L’Area paesaggistico-ambientale del “Parco Monumentale”
L‟area oggetto di intervento è caratterizzata da un‟ampia fascia collinare in parte già
destinata a pineta, con una serie di percorsi esistenti e da ripristinare, poiché attualmente
si presentano non in condizioni percorribili.
In tale fascia è possibile imbattersi in ruderi di altre strutture (vecchi casali, chiese
rurali, etc.) ed in siti naturalistici di particolare pregio come il Ciesco Matrone, la Grotta
paleolitica di Roccarainola, posta a metà strada tra l‟acquedotto di origine romana
(Qanat) ed il Palazzo baronale, ad una altitudine tra i 130 e i 150 m.s.m., che sovrasta
maestosa l‟abitato di Roccarainola.
A coronamento dei monumenti citati troviamo la pineta demaniale che potrebbe offrire
ai visitatori scorci veramente suggestivi se si percorrono i sentieri interni, attraverso i
quali è possibile raggiungere i diversi siti architettonici ed archeologici citati.
Il presente progetto prevede, tra l‟altro anche la sistemazione ed il completamento della
sentieristica esistente in maniera da creare una rete di collegamenti pedonali tra i vari
siti di interesse culturali posti all‟interno del Parco Monumentale.
6. METODOLOGIA DI INTERVENTO
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La metodologia di intervento utilizzata per la proposta progettuale si articola in base ai
punti di seguenti elencati:
1 - La documentazione relativa all‟area di intervento è derivata da diverse
operazioni scientifiche e tecniche attraverso le quali si è provveduto ad una veloce
ricognizione delle conoscenze e degli scritti relativi all‟intero comune, con particolare
attenzione al castello ed al palazzo baronale dai quali, in rapporto anche alle conoscenze
pregresse dei componenti del raggruppamento, si può desumere che il Castello ha
diverse fasi di sviluppo direttamente collegate alle diverse dominazioni ed alle mutate
tecniche difensive. Dai sopralluoghi effettuati è stata ipotizzata una prima ricostruzione
storica delle caratteristiche architettoniche ed archeologiche individuando le principali
fasi edilizie e alcune stratigrafie murarie in modo da subordinare qualsiasi scelta alla
effettiva conoscenza storica ed archeologica del manufatto.
Tale procedura prevista dalla leggi vigenti è divenuta prassi consolidata in interventi
analoghi a quello in oggetto, anche in rapporto allo sviluppo progressivo, che si è avuto
negli ultimi anni, dell‟archeologia medievale.
In conseguenza di quanto sopra, si è ritenuto indispensabile far precedere la stesura
della presente proposta progettuale da accurate indagini bibliografiche, archivistiche e
storico- architettoniche in grado di evidenziare quanti più dati possibili sulla storia e
sulle trasformazioni che i monumenti oggetto del presente studio ed il loro contesto
hanno subito nel corso dei secoli. Tale ricerca è stata condotta contemporaneamente ad
un rilievo plano-altimetrico preliminare eseguito con apparecchiature elettroniche e di
precisione, che saranno ulteriormente implementati ed approfonditi nel corso delle
successive fasi di progettazione.
A seguito di tali operazioni, si è provveduto ad una restituzione fedele e rispettosa degli
standards consoni alla tipologia di cui in oggetto. Per migliorare ulteriormente tali
risultati, saranno integrati i rilievi attualmente disponibili, privilegiando la lettura
stratigrafica di tutte le murature più significative sintetizzando i dati in una
rappresentazione di tutte le fasi costruttive che hanno interessato il manufatto.
Tale analisi, sarà completata su indagini più approfondite e su ulteriori rilievi di
dettaglio (fotogrammetrie, fotoraddrizzamenti, fotopiani, o semplicemente foto e grafici
di restituzione, piante, sezioni, prospetti, particolari, viste tridimensionali) e servirà
anche a determinare un quadro dei materiali e delle tecniche impiegate, nonché alla
determinazione dei danni del quadro fessurativo e delle condizioni di degrado,
contribuendo in modo determinante alla ricostruzione virtuale delle parti mancanti o
trasformate. Tutto quanto enunciato diventa propedeutico ed indispensabile anche ad
una accurata indagine archeologica, la quale sarà parte integrante del progetto, che deve
necessariamente precedere ed accompagnare qualsiasi operazione o intervento sul
manufatto.
2 - Tale metodologia, ampiamente richiamata nelle leggi vigenti, è divenuta
prassi indispensabile per qualsiasi manufatto antico o medievale sul quale si intende
intervenire, come abbondantemente documentato dalla letteratura relativa al restauro ed
alla ricerca archeologica finalizzata alla conoscenza ed al recupero dei manufatti antichi.
Il recupero di un manufatto antico a nuove funzioni prevede necessariamente un
adeguamento delle strutture esistenti ai nuovi compiti da assolvere. Tale intervento deve
essere necessariamente compatibile e non stravolgere le caratteristiche originarie, come
ampiamente richiamato dalle leggi sulla salvaguardia e sul restauro dei beni
architettonici, ma per le opere fortificate ciò non avviene sempre, in quanto tessiture
murarie testimonianti fasi storico-costruttive diverse non vengono evidenziate, feritoie
bucature o apparati difensivi, non più funzionali, vengono completamente occultati o
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rimossi, cancellando di fatto secoli di storia. In nome di un adeguamento tecnologico e
funzionale spesso vengono stravolte disposizioni interne, caratteristiche tecniche e
particolari costruttivi che fanno perdere al manufatto il valore originale ed intrinseco di
strutture particolari come i castelli e le opere fortificate, intendendole semplicemente
come manufatti storici su cui intervenire osservando semplicemente le disposizioni
tipiche per gli interventi di restauro. Le opere fortificate hanno un significato diverso in
quanto sorte per una finzione specifica e per essa configurate. Qualsiasi intervento
eseguito anche in rispetto alle normative vigenti ed ossequioso alle regole del restauro
architettonico può produrre notevoli menomazioni e sminuire il loro elevato significato
storico-architettonico se non tiene conto della forte specificità di tali opere
salvaguardando anche il più piccolo particolare capace di richiamare o far percepire la
sua funzione originaria e la sua specifica configurazione architettonica.
3 - Partendo da tali principi necessariamente il progetto ha tenuto conto di tutti
gli indizi, le caratteristiche, i particolari costruttivi in parte già recuperati e che verranno
ulteriormente evidenziati dai rilievi e dagli studi specifici, compresi quelli derivanti
dall‟analisi archeologica. Tali elementi saranno evidenziati e valorizzati in modo
adeguato anche nella nuova disposizione architettonica. Nel recupero delle spazialità
interne saranno privilegiati gli assetti originari, la stessa suddivisione degli ambienti, e
la stessa alternanza di piani e solai, ricostruendo una spazialità interna ed esterna il più
vicino all‟originale. A tale scopo verranno utilizzati per le opere di completamento i
materiali recuperati ed accantonati durante gli scavi archeologici e le pulizie. Tali
operazioni consentiranno ulteriori risparmi ed una organizzazione particolare del
cantiere, evitando quasi completamente il trasporto di materiali in discarica, potendo
utilizzare anche i terreni di risulta per le eventuali sistemazioni esterne a verde.
Per le ricostruzioni saranno ridotti al minimo l‟uso del cemento armato e di tecnologie
improprie per il manufatto in questione. Per l‟eventuale ripristino di solai e volte
verranno utilizzate le stesse tecnologie e materiali originari, centine e travi in legno,
volte in pietra o laterizi etc. anche per gli eventuali portali, ornie, modanature, verranno
utilizzate gli stessi materiali e le tecniche utilizzate ed evidenziate dai manufatti
originari.
Viceversa per l‟eventuale arredo e complementi di arredo e impianti tecnologici a rete
(palazzo Baronale), saranno utilizzati materiali e componenti ad alta resa e di design
moderno che armonizzino con gli ambienti a cui sono destinati. Particolare attenzione
sarà posta all‟uso di materiali ecocompatibili e funzionali al risparmio energetico e che
facilitino la manutenzione ed il ripristino. Nel corso dell‟elaborazione del progetto
esecutivo sarà valutata anche la possibilità dell‟uso di tecnologie alternative per il
risparmio energetico quali l‟uso di pannelli fotovoltaici o altre risorse in grado di
limitare e ridurre la dipendenza energetica in ossequio agli ultimi sviluppi legislativi.
Tale scelta potrebbe anche favorire il reperimento di risorse aggiuntive da destinare al
recupero complessivo dei manufatti e dell‟area circostante.
In concomitanza e nel rispetto delle scelte dei principi di intervento sopra enunciati, e
successivamente, in accordo con la stazione appaltante, si potrà arrivare eventualmente
a scelte che esaltino la valenza architettonica urbanistica e territoriale del sito del
castello di Roccarainola, in quanto si ritiene che esso, oltre a tutte le altre valenze
storiche, architettoniche, paesistiche e naturalistiche, ha delle potenzialità di sviluppo
come parco archeologico naturalistico, facilmente raggiungibile dai maggiori assi
stradali provinciali e regionali ed essendo inoltre localizzato in luogo baricentrico
rispetto ai vari circuiti culturali, compreso quello del centro storico di Roccarainola, in
modo da creare un vero itinerario turistico comunale, da inserire in quello più vasto di
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ambito provinciale e regionale. In tale ottica non andrebbe trascurata la possibilità di
interventi collaterali che ne facilitino l‟accessibilità, senza stravolgere lo stato dei
luoghi, utilizzando interventi non invasivi e basati sull‟ingegneria naturalistica. In
funzione di tale possibilità andranno già predisposte piccole aree per la sosta,
funzionali alla creazione di un percorso naturale di visita organizzato in modo da
permettere la visione di tutti i manufatti più significativi del castello e della cinta
muraria. Tale percorso potrebbe essere attrezzato con pannelli esplicativi e
microattrezzature per la sosta, resa più piacevole dalla piantumazione di alberi d‟alto
fusto, compatibili con la vegetazione autoctona, in grado di fornire ombra nei mesi più
caldi.
Una ulteriore particolarità, nella conduzione dello scavo archeologico e del restauro,
potrebbe essere la visibilità e fruibilità del cantiere come cantiere scuola e museo
all‟aperto e continuo, al quale sia gli interessati che la popolazione, potrebbe assistere in
modo da creare la coscienza e la conoscenza del valore del territorio e delle sue risorse.
Tutto questo ovviamente organizzato in ossequio al più ampio rispetto delle norme sulla
sicurezza.
7. TIPOLOGIA DEGLI INTERVENTI PROPOSTI
In questi ultimi anni è cresciuta notevolmente in Italia l'attenzione per il recupero e la
valorizzazione del patrimonio culturale; attenzione cui corrisponde uno sviluppo di
nuove forme di turismo sostenibile, in particolare di turismo culturale, che pone sempre
più attenzione sui beni del nostro patrimonio storico-artistico.
In questo ambito, ha avuto una notevole crescita anche il cosiddetto turismo di
prossimità, fenomeno che porta sempre più spesso a visitare i musei e i beni che
insistono sul proprio territorio, nella propria città, nella propria provincia o regione,
lasciando presagire nuovi modi di accostarsi al patrimonio culturale. Tali processi
ingenerano una modifica della domanda di svago per il tempo libero, che richiede da
parte delle istituzioni nuove risposte.
Sembra che oggi finalmente la gente e le istituzioni riscoprano un senso di orgoglio per
il proprio patrimonio culturale. Gli enti locali, in particolare, stanno assecondando
questo nuovo corso, ed è anche in quest‟ottica che va ad inquadrarsi il “Progetto di
Recupero e Restauro del Castello di Roccarainola”.
All‟interno di questa cornice, le azioni progettuali sviluppate sono distinte in due aree
tematiche che vanno intese come interfunzionali, entrambe finalizzate ad incrementare
l‟effetto sistema degli interventi delineati. Una prima riguarda la valorizzazione del
patrimonio naturalistico della splendida collina, la seconda mira ad un recupero dei
resti archeologici ed architettonici esistenti, favorendo nuove ricerche da effettuarsi in
loco necessarie a mettere in luce eventuali ulteriori strutture e reperti, per un loro
recupero integrale.
7.1 Il Palazzo Baronale e le aree annesse
Premesso che il Palazzo baronale è stato oggetto, nel corso del 2008, di un intervento di
recupero che ha riguardato l‟ala prospiciente la strada pubblica finanziato con fondi
comunali e fondi provenienti dal POR Campania, mentre l‟area del giardino antistante
sarà sistemata a breve con un progetto finanziato con fondi della Comunità Montana
“Montedonico Tribucco, di cui il comune di Roccarainola fa parte.
Pertanto, al fine di completare il recupero dell‟ala est del Palazzo e del giardino interno
alla corte se ne propone l‟inserimento nella presente progettazione, in quanto il palazzo
baronale rappresenta una struttura di eccellenza del costituendo Parco Monumentale.
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Gli interventi progettuali prevedono, tra l‟altro, la rimessa in pristino del livello d‟uso
originario sul fronte est ed ovest, oltre ad una serie di lavori di ristrutturazione e di
sistemazione a verde come di seguito elencati:
1. Lavori generali di pulizia dell‟area di intervento e diserbo della vegetazione
infestante con particolare riferimento alle strutture del Palazzo che si intende
recuperare;
2. Sistemazione del viale di accesso al Palazzo e consolidamento dell‟androne,
da realizzarsi con pietra calcarea a spacco e acciottolato per la zanella.
3. Messa in opera di una recinzione metallica su montanti in legno di castagno
per la realizzazione della recinzione perimetrale.
4. Fornitura e posa in opera di cancello metallico a due ante da realizzare in
ferro, con finitura in vernice scura martellata (tipo ferro battuto) su idonei pilastri in tufo
faccia vista con cappellotto piramidale in pietra lavica o tufo grigio.
4. Realizzazione di vialetti interni al giardino su apposito masso drenante il cui
livello di calpestio dovrà sarà in graniglia di pietrisco calcareo miscelata con scaglie di
tufo, ai fini di un migliore impatto ambientale. I cordoli di delimitazione dei percorsi
saranno anch‟essi in tufo con la superfici fuori terra modanata. Le aree del giardino da
sistemare ad agrumeto (tipico frutto dell‟epoca) e quelle in leggera pendenza lungo il
lato nord del percorso di accesso al palazzo saranno riempite con terreno di coltivo.
5. Realizzazione dell‟area di parcheggio, antistante il Palazzo baronale, mediante
spandimento di brecciolino miscelato a tufo o di cls pigmentato appositamente
preconfezionato con pigmenti naturali del luogo.
6. Consolidamento del portale di accesso al Palazzo previo pulizia sistematica
delle radici e dei microrganismi infestanti, sarcitura delle lesioni murarie, ripresa e
restauro del portale e dei locali annessi con la ricollocazione delle cornici rinvenute in
sito nel corso del I° lotto dei lavori, nonché il consolidamento dell‟intero versante a
valle del Palazzo.
7. Il recupero dell‟altra ala del Palazzo sarà condotto in maniera analoga a quella
che ha prodotto la realizzazione dell‟ala prospiciente la strada comunale che conduce
alla zona ristoranti di Contrada Cannelle, appena completata.
8. Per le parti che non sarà possibile recuperare o consolidare, sarà realizzata una
sistemazione a rudere, previo pulizia sistematica della vegetazione infestante, che allo
stato attanaglia le strutture del Palazzo, le quali saranno opportunamente evidenziate
mediante installazione di idoneo impianto di illuminazione notturna che si estenderà
fino alle rovine del limitrofo Castello, con l‟obiettivo di rendere fruibile il Palazzo e le
aree circostanti per manifestazioni serali e, contestualmente, creare una nuova e
suggestiva scenografia a coronamento dell‟agglomerato urbano.
Tutti gli interventi saranno trattati in maniera esplicativa in fase di progettazione
definitiva, nel corso della quale verranno esaminati in maniera dettagliata le parti
soggette a recupero e quelle oggetto di una valorizzazione sotto forma di rudere.
7.2 Area del castello
PREMESSO CHE GLI ESPROPRI DELLE AREE INTERESSATE DAI RUDERI
DELLA FORTIFICAZIONE E DELLE AREE ANNESSE SONO IN CORSO DI
ESPLETAMENTO ATTRAVERSO I FONDI GIA FINANZIATI DALLA REGIONE
CAMPANIA NELL‟AMBITO DEL PIANO STRATEGICO DELL‟AREA NOLANA.
Per quanto concerne la collina del castello ed i ruderi in essa contenuti, il progetto
prevede il recupero e la fruizione dell‟area mediante il ripristino dei sentieri esistenti e
la realizzazione di nuovi collegamenti, atti a rendere praticabile e di facile accesso il
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sito, anche in relazione ad eventuali collegamenti pedonali, in parte già esistenti, con il
Palazzo baronale, la pineta demaniale, il Ciesco Matrone, la Grotta paleolitica e
l‟acquedotto del Qanat.
Partendo da tale presupposto, in sintonia con la vocazione del sito e con le possibilità da
sfruttare in sede di tavolo di concertazione del PIT Valle Clanis “Antica Valle dei Miti
e degli Dei”, il progetto di recupero e valorizzazione del Castello e della collina su cui
sorge, sarà attuato secondo il principio della sostenibilità ambientale, anche con
l‟applicazione di quanto previsto dal Regolamento per l‟Attuazione degli Interventi di
Ingegneria Naturalistica di cui al D.P.G.R. n. 574 del 22/07/02.
Il tipo di intervento collima perfettamente con quanto richiamato nel documento del
PIT nella Parte II.A: Descrizione e caratteristiche del P.I. cosi come di seguito riportato:
“ sono identificati come progetti portanti interventi di scavo, restauro e recupero
diretto di siti rilevanti collegati tra loro da un filo rosso costituito da un viaggio ideale
dalla preistoria al medioevo”.
In dettaglio gli interventi previsti dal progetto per l‟area del Castello sono:
- miglioramento dell‟accessibilità all‟area di intervento;
- pulizia del sito e messa in sicurezza delle strutture;
- indagini scientifiche non invasive;
- interventi di consolidamento preliminare
- scavo archeologico:
- approfondimento degli studi;
- messa in sicurezza e miglioramento delle strutture emerse dagli scavi;
- sistemazioni temporanee;
- restauro definitivo delle strutture murarie;
- sistemazione definitiva dell‟accessibilità alla collina e ai percorsi secondari;
- integrazione e sistemazione aree a verde;
- allestimento percorsi di visita.
Specificamente nell‟area del castello, il progetto prevede il miglioramento di un
percorso già esistente mediante il quale è possibile, allo stato, raggiungere l‟area
fortificata. Tale percorso si dirama dalla Strada comunale che conduce alla zona
ristoranti, in prossimità della località Fontanelle dove sono localizzate le omonime
”Acque” e da qui, con direzione sud sud-est si raggiungono le pendici dell‟altura dove
campeggiano i resti della fortezza oggetto d‟intervento.
Tale stradina di accesso termina in un‟area destinata alla sosta ed al parcheggio delle
auto degli operatori e dei visitatori, ubicata in prossimità del Palazzo baronale.
Anche per la sistemazione di questa area si terrà in considerazione che tutti gli
interventi siano compatibili con la natura del sito e che non siano eseguite opere di
sostegno invasive, quali manufatti in c.c.a. o materiali impermeabilizzanti.
Un secondo percorso pedonale sarà recuperato dal vecchio sentiero che si dirama dalla
via Nazario Sauro e sarà realizzato mediante lavori di pulitura, con la regolarizzazione e
il decespugliamento del piano viabile, e con tutto ciò che potrà migliorare l‟accesso e
garantire l‟incolumità del visitatore. Tutto ciò facendo si che la sede dei percorsi
principali e secondari si adattino all‟andamento del terreno e non stravolgano la
situazione ambientale e naturalistica esistente.
7.3 Area della pineta e del Qanat (Acquedotto delle Fontanelle)
Questo sentiero si sviluppa come tracciato all‟interno della proprietà comunale e,
partendo con un andamento piuttosto pianeggiante, conduce fino alla cima del Castello.
In alcuni tratti prosegue con pendenze maggiori lungo il fianco dell‟altura, con ampie
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anse panoramiche ( Ciesco Matrone, Grotta paleolitica, ecc) sui territori comunali della
piana nolana.
Questa promenade si completa con percorsi secondari lungo le cinte murarie
costeggiandone i resti e rendendo fruibile l‟intero complesso architettonico che si
trasformerà di fatto in un Parco Archeologico e Naturalistico. Il visitatore potrà cosi
vivere le bellezze naturali e le peculiarità archeologiche offerte dal sito, che consentirà
di godere del contatto con uno dei luoghi più suggestivi del territorio.
A tale fine è stata inoltre prevista la progettazione di diverse aree belvedere dislocate nei
punti strategici del percorso e una segnaletica appropriata renderà il sito facilmente
fruibile e si potranno avere informazioni sulle caratteristiche del percorso, sulle valenze
geologiche e naturalistiche e sulle emergenze architettoniche e archeologiche.
In conclusione l‟intervento proposto va nella direzione del recupero integrale di una
parte del territorio in cui sono concentrati diversi beni e che ne determinano una
importanza strategica, anche in rapporto alla vicinanza del centro storico, creando di
fatto una singolarità architettonico-naturalistica unica nell‟area dell‟Antico Clanio.
Roccarainola (Na), Gennaio 2014
Il progettista :
arch. Federico Cordella
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