La collina del Litto ricade nel SIC ( Sito di Importanza Comunitaria)
Transcript
La collina del Litto ricade nel SIC ( Sito di Importanza Comunitaria)
Richiesta presentazione progetto: ID 96 Obiettivo operativo: 1.9 Beneficiario: Comune di Roccarainola Titolo: Lavori di recupero e valorizzazione del Parco monumentale ed archeologico del castello, Palazzo baronale ed aree circostanti – II° stralcio del Lotto di completamento. PREMESSA La presente relazione viene, dunque, resa in allegato al progetto definitivo dei “lavori di recupero e valorizzazione del Parco Monumentale del Castello, Palazzo baronale ed aree circostanti”, rimodulato in riferimento alla D.G.R. 378/2013: Progetti Legge n.1/2009 di cui all‟Avviso pubblico (D.D. n.62/2009 – Agc 08 Settore 02) e graduatoria (Decreto Dirigenziale n.10 del 18/02/2010) per essere trasmesso in riscontro alla nota regionale prot. n.32395 del 16/01/2014 del Dirigente ratione materiae, pervenuta al Comune di Roccarainola in data 21/01/2014 al protocollo n.505. Rispetto alla determinazione del contributo, di cui all‟Allegato 1 – Elenco dei progetti individuati dal Gruppo di Lavoro di cui al DPGR n.139/2013 e s.m.i., di € 2.498.515,00 il progetto che si trasmette unitamente alla presente relazione, risulta essere di € 2.098.515,00 in quanto sono stati stralciati gli interventi afferenti al I° stralcio del lotto di completamento, finanziati con il Programma Strategico di Valorizzazione dei Beni Culturali dei Comuni dell’Area Nolana per un importo di € 400.000,00: 1. INTRODUZIONE Roccarainola è ubicata strategicamente tra quattro province: Avellino, Benevento, Caserta e Napoli, a cui appartiene territorialmente con la caratteristica di essere l‟unico comune della Provincia napoletana ad avere gran parte del suo territorio all‟interno del Parco Regionale del Partenio. Dal punto di vista naturalistico ed ambientale Roccarainola è importante per l‟enorme patrimonio faunistico e floreale e per la foresta demaniale regionale, considerata da tutti vero fiore all‟occhiello. Roccarainola conserva anche un ricco patrimonio storico-architettonico ed archeologico con una serie di resti dislocati in prevalenza lungo la fascia collinare a ridosso dell‟agglomerato urbano, che risultano essere ancora poco conosciuti, anche se le analisi condotte in loco lasciano presagire un consistente insediamento medievale in rapporto alle strutture di epoca antica del territorio. In termini di attrattività, dunque l‟area risulta appetibile sia per la consistenza storicoarcheologico-monumentale che per le sue risorse naturali e paesaggistiche che offrono scorci di grande suggestione sulla piana nolana, lasciando scorrere lo sguardo anche oltre, fino alle pendici del Monte Somma. Sulla collina che si erge alle spalle del centro storico si conservano i resti del Castello, ignorati per secoli e abbandonati al degrado ed all‟incuria. Tuttavia oggi è possibile leggerne la consistenza grazie alle tracce cospicue dei muri di cinta, delle diverse torrette e del mastio che campeggiano sul punto più alto della collina. Da questo punto di vista, si evidenzia una contraddizione oggettiva di cui soffre l‟area: da una lato, la ricchezza e la complessità della stratificazione storica, insieme alla vastità dell‟area d‟interesse archeologico che la circonda, con la presenza di zone di notevole interesse naturalistico (Parco del Partenio), dall‟altro, si registra un importante problema di visibilità in quanto questi potenziali attrattori non riescono ad esercitare un forte richiamo di visitatori o turisti. 1 Dalle considerazioni svolte nell‟analisi, emerge con evidenza la necessità di far collaborare, mediante un percorso tematico, la realtà dei luoghi ponendo in correlazione i resti archeologici, che devono consentire ai fruitori la percezione di un organico quadro d‟insieme della vicenda storica del territorio. Ogni intervento deve perciò contribuire alla formazione di una rete integrata, nella quale la valorizzazione del sito – parco naturalistico/area archeologica - implichi lo sviluppo di connessioni, sia reali che virtuali, con gli altri siti dei territori limitrofi, quali l‟area archeologica avellana, e nolana in genere, obiettivi del PIT Antico Clanis. 2. INQUADRAMENTO STORICO ED ELEMENTI SIGNIFICATIVI PRESENTI NELL’AREA DI INTERVENTO 2.1 IL CASTELLO 2.1.1 Il sito Il castello sorge sul pendio meridionale del monte Majo, a m 175 circa slm, ed è raggiungibile percorrendo un‟antica strada che si diparte dal centro dell‟abitato e raggiunge direttamente l‟interno del perimetro fortificato. 2.1.2 Notizie storiche La costruzione del castello è da collocare nel XII secolo, con molta probabilità successiva al 1139. Tale datazione, in assenza di documenti d‟archivio, può essere dedotta soprattutto dalla tipologia dell‟impianto e delle strutture murarie. Dal Catalogus Baronum si evince che il feudo di Roccarainola era tenuto, nel 1152, da Guglielmo Fallarino. In epoca sveva il Castello faceva parte delle fortificazioni di Terra di Lavoro ed è citato in un documento del 1241, il Mandatum de reparacione castrorum imperialium di Federico II e doveva contribuire alle spese per il restauro del castello di Somma. Con la conquista angioina del Regno di Napoli, il Castello fu infeudato nel 1268 a Martino I, al quale successe il figlio Goffredo ed il nipote Martino II. Dal 1329 al 1341 il castello fu tenuto da Nicola figlio di Martino II, dal quale passò a Clemenza di Villacublay che lo tenne fino al 1344. Gli successero nel possesso i figli Filippo, Nicola e Carlo, dai quali fu venduto a Giovannello Fuscaldo nel 1381. Durante la guerra tra Angioini e Durazzeschi, Giovannello Fuscaldo fu privato del feudo che fu concesso dal re a Giacomo Gaetani, nobile napoletano risulta una infeudazione a Giacomo Gaetani che aveva aiutato Carlo III di Durazzo contro Giovanna I per la conquista del Regno. Successivamente il feudo passò a Petriccione Janville da cui pervenne a Cola d‟Alagno che restaurò ed ampliò il Castello. Intorno alla metà del XV secolo il Castello venne in possesso di Floramonte di Pietramala che lo tenne fino al 1457 anno in cui lo donò alla nipote Francesca, moglie di Ugo D‟Alagno, dal quale fu tenuto fino al 1481 per passare successivamente al figlio Cola che lo tenne fino al 1512. Probabilmente in questo periodo il castello non era più la dimora fissa del feudatario essendo stato costruito poco lontano il palazzo baronale del quale si conservano ancora le strutture principali in cui si distinguono le decorazioni in tufo grigio delle finestre con motivi rinascimentali e che attualmente è oggetto di un progetto di recupero e valorizzazione. Con la conquista spagnola il castello passò a Goffredo Galluccio, nipote di Ugo d‟Alagno, il cui possesso durò fino al 1527. la fortificazione, divenuta proprietà di Giovanni Tomacelli, fu in parte distrutta nel 1528 dai soldati spagnoli e francesi che devastarono il paese e ne saccheggiarono le case. Dalle carte dell‟Archivo di Simancas Roccarainola è descritta come una terra che “…tiene un castillo viejo e sin guardia…”. 2 Dopo tali eventi, nel 1528, troviamo infeudato il Castello a Luigi Ram che lo ebbe in possesso fino al 1532, per ritornare a Giovanni Tomacelli, che lo tenne fino al 1551, anno in cui passò al figlio Scipione. Si succedettero nel possesso del castello prima Marcello, figlio di Scipione e poi Porzia, figlia minore di Marcello, per conto della quale resse il feudo la madre Luisa Loffredo. Per motivi economici, il castello fu venduto per 46.000 ducati a Francesco Antonio David nel 1592, per passare dopo pochi mesi al figlio Giovan Battista, morto nel 1612. Gli successe nel possesso del castello Francesco Antonio, che dopo una condotta dissoluta mori senza eredi nel 1663. Entrato in possesso del Regio Demanio, nel 1659 ne viene fatto l‟Apprezzo, nel quale il castello è descritto come ”… diruto, et disabitato, vi sono più et diverse stanze inferiori, et superiori con le fosse et sue ritirate un tempo s’habitava in esse fortissimo per essere bene esposto…”. Nel 1665 il feudo ed il castello passarono, per 49.689 ducati, in possesso della famiglia Mastrilli. Il primo possessore appartenente a questa famiglia fu Francesco, dal quale passò al nipote Marcello, duca di Marigliano, che lo tenne fino al 1706 e da questi pervenne alla figlia Isabella che lo ebbe in possesso fino al 1761. Ad Isabella successe prima Marzio che ne ebbe il possesso fino al 1781 ed infine a Giovanni che fu l‟ultimo possessore fino al 1806, anno dell‟eversione della feudalità. Nel 1799 Giovanni Mastrilli, l‟ultimo feudatario, fu preso come ostaggio dai repubblicani e rinchiuso per un anno in Castel Sant'Elmo a Napoli. Durante il Decennio francese, quando la feudalità venne abolita da Giuseppe Bonaparte, i Mastrilli persero la giurisdizione su Roccarainola, che fu retta da un sindaco eletto dal popolo. Nel corso dei secoli le strutture del Castello subirono danni e devastazioni dovute all‟incuria dei proprietari che non vi risiedevano e lo usavano prevalentemente come tenuta agricola fino alle devastazioni che furono operate dalle truppe tedesche nell‟ottobre del 1943. Attualmente le strutture superstiti versano in uno stato di abbandono ed incuria totale e vengono continuamente danneggiate dagli agenti atmosferici e dagli interventi dei contadini che operano nell‟area. 2.1.3 Dati metrici e caratteristici Il castello è costituito da tre cinte murarie che seguono l‟andamento del declivio della collina, occupando un area di mq. 10000 circa, che dalla quota s.l.m di m.175 del mastio scende fino alla quota di m. 130 del muro perimetrale esterno che lambisce l‟agglomerato urbano. La prima cinta muraria, in sommità, è costituita dalle strutture del mastio che si sviluppano nella parte più alta della fortificazione. Essa è costituita da alti muri in pietra che poggiano direttamente sulla roccia e si elevano per diversi metri, delimitando un area che finisce direttamente sullo strapiombo nella parte ovest e degrada in maniera dolce verso est e verso nord, dove verosimilmente era collocata la porta principale di accesso alla fortificazione. Al centro dell‟area del mastio si conservano ancora ampi tratti di muri con altezza considerevole che mostrano le tracce dei diversi livelli (almeno due) in cui era articolata la struttura, da identificare con il Palatium, originaria residenza del feudatario. Le varie strutture del mastio probabilmente affacciavano su uno o più cortili con funzione prevalentemente militare; nei pressi di uno dei cortili, con molta probabilità, era collocata anche la cappella di cui non si distinguono più le tracce. Nell‟angolo sud est, attaccata ai muri del mastio, si erge la “Torre Angioina” costruita probabilmente nel XIV secolo per rinforzare il lato più esposto agli attacchi. Essa si compone di un‟alta base scarpata su cui si eleva un considerevole corpo cilindrico, originariamente articolato in più piani, dei quali rimangono solo alcune tracce. 3 Nei resti delle murature del corpo cilindrico si notano ancora le feritoie di difesa, di forme diverse, utilizzate indifferentemente sia per le balestre sia per le prime armi da fuoco. La forma e la posizione delle feritoie suggeriscono che esse erano utilizzate prevalentemente per la difesa radente lungo i muri perimetrali del mastio. Nei pressi di tale torre era ubicata la seconda porta di accesso alla fortificazione alla quale si accedeva direttamente dal percorso che proveniva dai monti ed era in relazione all‟antico acquedotto del Qanat. Nel lato sud, tra il perimetro del mastio e la torre angioina, si notano le tracce di altre strutture, molte delle quali crollate completamente ma che in un rilievo degli anni 60 erano evidenziate come probabili torri che intervallavano la prima cinta muraria. La seconda cinta muraria, nel lato sud-ovest, è costituita prevalentemente da un alto muro che, assecondando l‟andamento del terreno, costituisce soprattutto nella parte sud ovest un insormontabile baluardo. Tale muraglia è costruita in pietrame calcareo del posto tagliato in conci di medie e grandi dimensioni. Il muro assolve anche alla funzione di sostegno del terrapieno superiore, alla cui estremità meridionale e, sopra un banco di roccia affiorante, si notano ancora le tracce delle strutture di una torretta quadrangolare. Tale torretta di modeste dimensioni (m. 3x3 circa), aveva una funzione prevalente di vedetta con una visuale che spaziava su tutta la valle. Lungo i resti del muro sud-ovest della seconda cinta muraria corre un sentiero che probabilmente ricalca un antico tracciato viario interno al castello, con il compito di collegare le varie aree della fortificazione, che immetteva nella porta secondaria. Il lato est della seconda cinta muraria è pressoché scomparso ed è rintracciabile nel forte scoscendimento della collina. Le strutture dovevano essere sicuramente meno imponenti di quelle del lato ovest poiché il sito era reso inaccessibile già dalla natura e dalla conformazione del versante della collina, costituito da roccia affiorante e da un ciglio fortemente scarpato. La terza cinta muraria si collega alla seconda, ampliandola sul lato sud-ovest, includendo diverse costruzioni sorte probabilmente sulle antiche strutture. Questa terza cinta muraria è la più articolata e racchiude un‟area a forte pendenza, collegando i due massi rocciosi: quello sud, su cui sorge la torretta di avvistamento, con quello nord, su cui sorge il palatium. Molto probabilmente nell‟angolo nord della terza cinta, ai piedi della roccia, facilmente difendibile anche dall‟alto, era posizionata la porta secondaria di accesso al castello. La cinta proseguiva verso il basso alternando in modo casuale torrette tonde e quadrate, sporgenti dal muro perimetrale. Queste torri di piccole dimensioni, m. 3 circa di diametro per quelle tonde e m. 4 circa di lato per quelle quadrate, si conservano per un altezza media di m. 4 e sono poste a distanza abbastanza ravvicinata. Le torrette quadrate sono costituite da una struttura apparentemente piena all‟interno, perché non presenta nessuna feritoia di difesa, la quale veniva attuata probabilmente solo dall‟alto dove vi era un ambiente aperto probabilmente merlato e comunicante con il camminamento, anch‟esso merlato, che collegava le diverse torri. La tecnica costruttiva, simile a quella del muro di cinta, è eseguita con pietrame calcareo di medie e piccole dimensioni, legate con malta pozzolana e con qualche traccia di intonaco sull‟esterno del paramento. Le torrette tonde sono costruite prevalentemente in pietrame di tufo giallo con conci piuttosto regolari e conservano ancora le feritoie per la difesa frontale e radente. Dal sistema costruttivo e dagli elementi conservati si può dedurre che le torrette si articolassero su due livelli, di cui, quello inferiore, chiuso anche verso l‟interno, era raggiungibile attraverso una botola ed una scala a pioli asportabile da quello superiore, aperto e comunicante con un camminamento probabilmente merlato. 4 Un altro particolare interessante è rappresentato dal taglio netto, evidenziato dall‟accostamento delle diverse tecniche murarie e costruttive, che si nota in prossimità dell‟attacco tra torrette tonde e muro di cinta. Tale particolare lascia supporre che le torrette tonde, costruite interamente in tufo giallo, siano un rifacimento successivo, probabilmente del secolo XIV, di torrette precedenti per aumentare la capacità difensiva della cinta muraria. Attualmente alcune delle torrette sono utilizzate come vani di deposito o sono completamente piene di detriti; le loro condizioni statiche sono molto precarie ed avrebbero urgente bisogno di un intervento di salvaguardia per scongiurarne la definitiva scomparsa. All‟interno del perimetro della fortificazione si può facilmente individuare tutta una serie di strutture antiche, inglobate nelle moderne abitazioni sorte ai piedi della collina, ed altri ambienti ancora che conservano le caratteristiche di locali di servizi e cisterne per la raccolta dell‟acqua. 2.2 Il PALAZZO BARONALE La costruzione iniziata negli ultimi anni del Quattrocento dal feudatario Cola d‟Alagno venne ultimata nei primi del Cinquecento. In breve il palazzo risultò magnifico, confortevole, circondato da un bel parco, tanto che la commissione presieduta dal vescovo di Burgos, ebbe ad annotare che la “tierra de Rocha Raynola ay una casa o palacio con un jardin”. (N. Cortese,1931,p.52 Cfr. P.Manzi, 1964, p.129, pp.156-157). Parte recuperata Nelle carte conservate nell‟Archivio di Stato di Napoli si legge nell‟Apprezzo della Terra di Roccarainola eseguito dal Tavolario Pietro d‟Apuzzo il 4 luglio 1659: “ Il 5 palazzo baronale a tre tiri di scopeta, consistente in più et diversi membri inferiori et superiori; si entra in esso per intrato grande coverto a lamia, a destra et a sinistra vi è la carcere a destra uno stallone grande sotterraneo, avanti a detto intrato dalla parte di fuori si ha fonte d‟acqua viva, quale viene dalla montagna per acquedotti di fabbrica, per il detto intrato si ha cortile grande discoperto, nel piano di detto cortile vi sono 10 stanze et per grada di fabbrica se impiana nell‟appartamento, quale consiste nella sala grande, a destra 6 camere con logge avanti, per la quale si gode tanto delle terre circonvicine, et suoi territori et boschi ritirandosi in detta sala, a sinistra 8 altre camere con cocine, per detta sala si va alla loggia con struari di agrumi. Nel quale palazzo baronale vi sono coverte le sue stanze, parte di esse con suppegni coverte a tetti, et parte con astrachi sopra legnami: tiene di bisogno di molte accomodazioni et refettioni e per non essere stato in esso abitato da molti anni, vi è in detto palazzo cisterna, il suo vaso è grandioso, quale può servire anco per formale d‟acqua che viene dalla fontana: vi è anco in detta loggetta una conserva quale è comoda per adacquare lo agrume, di sotto a detto palazzo vi è giardino grande fruttato con diversi piedi di frutta, con un piede di pigna”. 2.3 L’ACQUEDOTTO DELLE FONTANELLE (Qanat) 2.3.1 Notizie storiche L‟acquedotto “delle Fontanelle”, come viene detto localmente il qanat di Roccarainola, ha fatto parte della vita quotidiana di questo paese da tempo immemorabile. Solo con la costruzione di un moderno acquedotto, sul finire degli anni ‟50 del secolo passato, alimentato dall‟acqua di alcune sorgenti della vicina Avella, la tanto agognata distribuzione domestica ridusse il modesto ma prezioso antichissimo acquedotto ad un ruolo ormai residuale. L‟acqua del qanat continuò infatti ad alimentare, con la sua limitata portata, la fontanella a getto continuo posta nei pressi del suo ingresso in collina, nonché un vecchio serbatoio in muratura, anch‟esso di ridotte capacità, che alimentava a sua volta due cannelle con rubinetti collocate ai due lati della fontana pubblica nella piazza del paese. Ben presto, con gesto ignobile da parte degli amministratori comunali dell‟epoca, questo antico monumento in piazza venne abbattuto. A suo perenne ricordo, e a dispetto di chi decise insensatamente di eliminarlo, diremo che era formato da una vasca semicircolare, addossata ad un muro e circondata da un robusto muretto basso, ricoperto da grossi e levigati blocchi calcarei, alla quale gli abitanti del luogo si recavano con orci e bottiglioni ad attingere acqua per bere, certamente migliore di quella piovana, raccolta nelle innumerevoli cisterne domestiche, e preferendola per avita tradizione a quella proveniente dall‟ormai conquistata fornitura pubblica domestica. Tuttora, l‟acqua delle Fontanelle, è ricordata in paese come acqua pura e leggera. Oggi, a distanza di oltre mezzo secolo, nemmeno le cisterne domestiche assolvono più alla loro preziosa funzione di raccolta delle acque piovane – chissà se un giorno non converrà ripristinarle per alcuni usi! – mentre la fontanella in collina continua ancora ad emettere un getto d‟acqua sempre più flebile e certamente non più potabile, non solo per lo stato interno di conservazione del qanat, quanto per il forte inquinamento della falda acquifera prodotto dal drammatico stravolgimento d‟uso dei terreni sovrastanti. Resta anche, qual rudere robusto e ammonitore, il serbatoio dell‟acqua che alimentava la fontana a due cannelle in piazza, e forse, qua e là, qualche pezzo dei vecchi tratti di conduttura. L‟acquedotto delle Fontanelle di Roccarainola fa parte della storia di questo antico centro campano, per il suo fondamentale ruolo sociale, alla stregua di un qualsiasi altro acquedotto naturale, e fu quindi oggetto di cura continua da parte della popolazione, 6 specialmente di quella rurale che coltivava i circostanti terreni collinari. Sul finire del 1800 ci fu un duro contenzioso tra il comune e il proprietario del terreno soprastante la parte terminale di uno dei suoi bracci, con sentenza finale in buona misura sfavorevole all‟amministrazione pubblica, in quanto emergeva dalla stessa che al comune toccasse solo il diritto per usucapione di prelevare l‟acqua utilizzata della comunità ma non la proprietà delle acque denominate “le fontanelle” sorgenti nel fondo “Serrone”, che veniva riconosciuta al proprietario ricorrente1. Se dovesse ripetersi oggi, questo giudizio potrebbe facilmente capovolgersi, in quanto la struttura stessa del qanat, ormai interamente studiata e conosciuta, risulta essere assolutamente svincolata dai numerosi possessori dei terreni sovrastanti, e la sua costruzione, risalente a tempo immemorabile, aveva e ha tuttora l‟unica funzione di un servizio primario a beneficio dell‟intera popolazione. Quindi, da trattare come una vera e propria sorgente naturale. Nella storiografia locale e regionale l‟acquedotto delle Fontanelle compare per la prima volta nel trattato di idraulica del prof. Udalrico Masoni, dove è presentato come esempio di acquedotto artificiale di epoca romana: “I Romani ... furono maestri nelle opere di derivazione: essi sapevano adoprare tutti i mezzi più acconci per improntare le acque di alimentazione, sia da quelle superficiali, quali fiumi, laghi, sorgenti, sia dalle falde sotterranee, creando anche le sorgenti artificiali a mezzo di cunicoli filtranti, quali si osservano in tutti i dintorni di Roma e nelle nostre contrade ancora, come per es. abbiamo avuto occasione di osservare a Roccarainola e in alte località” 2. Successivamente, Luigi D‟Avanzo, pur riconoscendovi l‟antica tecnica costruttiva citata dal Masoni, ne attribuisce la costruzione ad epoca medievale, al servizio del vicino castello di epoca normanna: Attribuisco la costruzione dell‟acquedotto (delle Fontanelle) all‟epoca medievale e non a quella romana, perché nell‟epoca romana non c‟era in quei luoghi un centro abitato di tale importanza da poter intraprendere un‟opera di non poca entità e le città vicine de Avella e di Nola erano approvvigionate da altri acquedotti. ... È più verosimile che i feudatari, contemporaneamente o poco dopo la fondazione del castello abbiano pensato a provvedere la loro dimora di acqua, chiamando abili operai saraceni ... 3. Il terzo a parlarne, in un saggio prettamente biologico, è Domenico Capolongo, il quale si limita a dichiarare l‟opera di epoca medievale sulla scorta di D‟Avanzo, e ne dà la prima descrizione dettagliata, con la pianta dei cunicoli e la relativa distribuzione dei pozzi 4. Questo stesso autore, in un secondo studio sulla interessante valenza biologica di questi antichi e singolari ambienti sotterranei, riconosce nell‟acquedotto delle Fontanelle di Roccarainola e in quello analogo della Fontana di San Marzano (nel limitrofo comune di San Felice a Cancello), la tipologia degli antichissimi “qanat”, di origine persiana, tuttora molto usata in Iran e altri paesi del medio oriente. Dai persiani questa particolare tecnologia passò poi ai romani e successivamente agli arabi 5. Qualche anno dopo, nella sua ricerca storica sul passato di Roccarainola, Domenico Capolongo riprende il tema dei due predetti qanat, così vicini tra di loro, posti entrambi in una zona di media altura, con presenza di una diffusa attività agricola – documentata da 1 L. D‟Avanzo, 1943, Memorie storiche di Roccarainola, Nola, Tip. Scala, p.57-58. U. Masoni, 1924, Corso di idraulica teoretica e pratica, Napoli, Tip. Pellerano, V Edizione, p.492. 3 L. D‟Avanzo, 1943, op. cit., p.57. 4 D. Capolongo, 1967, L’acquedotto medievale di Roccarainola, biotopo di fauna troglofila nel Napoletano, in: Bollettino della Società Entomologica Italiana, Vol.XCVII, N.3-4, pp.56-61. 5 D. Capolongo, 1972, Ricerche nei qanat dell’Italia meridionale, in: Bollettino della Società Entomologica Italiana, Vol.104, N.4-5, pp.59-62. 2 7 numerosi resti di villae rusticae e altro materiale archeologico a partire da alcuni secoli prima di Cristo – mancante di qualsiasi sorgente naturale, attraversata inoltre da un importante e antichissimo valico viario tra la via Appia a nord e la via Popilia a sud. In base a tali elementi l‟autore ricolloca in epoca romana sia le Fontanelle che la Fontana di San Marzano 6. 2.3.2 Nota biologica L‟importanza in biologia delle cavità artificiali è ormai dato acquisito nello studio delle forme troglofile e troglobie. La biocenosi del qanat di Roccarainola è stata oggetto di studio tra il 1960 e il 1970, allorché lo stato interno dell‟acquedotto era ancora in discrete condizioni di manutenzione e pulizia, e molta gente ancora si recava ad attingervi acqua dalla sua vicina fontanella a getto continuo7. Le pessime condizioni attuali delle gallerie sotterranee dell‟acquedotto, abbandonato a se stesso da vari anni e con maldestre attività di presunta conservazione, hanno sconsigliato qualsiasi prelievo di materiale biologico, dato l‟accumulo diffuso di materiali sversati o caduti dall‟alto attraverso le bocche dei pozzi e il quasi totale allagamento di numerosi tratti interni per effetto dei predetti accumuli di materiali alla base di vari pozzi. In altri termini, lo stato attuale di questo peculiare mondo sotterraneo risulta oggi snaturato e caotico rispetto alle condizioni di assoluta tranquillità della sua plurisecolare precedente esistenza. Inoltre, il disfacimento fisico della sua porticina d‟ingresso facilita l‟instaurarsi nelle gallerie sotterranee di violente correnti d‟aria per effetto delle numerose bocche di pozzi. Riepiloghiamo pertanto di seguito i risultati delle predette ricerche, auspicando una saggia opera di recupero del qanat che ne riporti le condizioni interne in condizioni di normalità e quindi idonee per future prospezioni biologiche. Le specie animali, rinvenute oltre trent‟anni fa nel qanat di Roccarainola, erano costituite essenzialmente da artropodi, tutti di piccola o minima taglia, una planaria (nelle acque limpide e lievemente correnti) e un paio di specie di pipistrelli: Actenipus acutangulus acutangulus Schauf. (coleottero carabide) Blaps gibba Cast. (coleotttero tenebrionide) Choleva sturmi Ch. Brisout (coleottero silfide) Dolichopoda geniculata Costa (ortottero) Gryllomorpha dalmatina Ocsk. (ortottero) Stenophilax mucronatus Mc. L. (tricottero) Callipus sorrentinus Verh. (diplopodo) Trogulus sp. (coriziformis C. L. Koch?) (opilionide) Amaurobius ferox Walk. (ragno) Tegenaria parietina Four. (ragno) una planaria indeterminata (Dugesia sp.?) (platelminte) Rhinolophus ferrumequinum Schreber (chirottero) Rhinolophus hipposideros Bechstein (chirottero) 6 D. Capolongo, 1976, Del passato di Roccarainola e di antichi itinerari del territorio di Nola, (I Parte), Libreria Editrice redenzione, Napoli-Roma, pp.100-107. 7 D. Capolongo, 1967, op. cit.; D. Capolongo, 1972, op. cit.: D. Capolongo et alii, 1984, Specie cavernicole di Campania, in: Annuario dell’Istituto e Museo di Zoologia dell’Università di Napoli, Vol.XX, pp.33-213.; D. Capolongo, 1989, Specie cavernicole di Campania: primo aggiornamento, in: Atti del XV Congresso Nazionale di Speleologia, Castellana Grotte, pp.811-840. 8 Si tratta di una comunità di specie ben rappresentativa di un ecosistema autosufficiente, con presenza tra l‟altro di predatori e predati. Da sottolineare la troglofilia di buona parte di queste specie, normalmente presenti in altre cavità artificiali di antica costruzione, nelle zone vestibolari delle cavità naturali e in genere in ambienti sotterranei. La specie più diffusa e vistosa era costituita dalle grosse dolicopode, specie di cavallette attere dalle lunghe zampe e antenne, vaganti sulle pareti. I pipistrelli, a loro volta, se non disturbati, potevano osservarsi appesi per i piedi lungo le volte delle gallerie, isolati e immobili, ammantellati nell‟ampio patagio. un‟ultima considerazione va fatta sul ridotto numero di specie determinate, rispetto al sicuramente più ampio spettro di quelle presenti, al cui studio rimandiamo volentieri i futuri investigatori, una volta che questo prezioso qanat sia stato restituito alle sue condizioni normali. 2.4 LA GROTTA NEOLITICA, IL CIESCO MATRONE, I RESTI DELLE STRUTTURE ANTICHE NELLA PINETA DEMANIALE In un‟area a ridosso di un enorme costone roccioso, a pochi passi dalle rovine del castello, è ubicata la Grotta cosiddetta di Roccarainola che è posta ad una altitudine tra i 110 e i 130 m.s.m. e sovrasta maestosa l‟abitato di Roccarainola centro. La sua importanza come stazione preistorica, risalente probabilmente al periodo paleolitico, è stata messa in luce nel 1976 da D. Capolongo, il quale raccolse nel terreno all‟ingresso di questa cavità, un certo numero di selci lavorate ascrivibili alla stessa tipologia e datazione di quelle del Riparo di Fellino. Dal punto di vista paesaggistico tale cavità naturale, peraltro di imponenti dimensioni, è ricca di elementi suggestivi, tanto che spesso è stata teatro di manifestazioni religiose (presepe vivente) che ha richiamato un discreto numero di visitatori. E‟ facilmente accessibile sia da via Cava che dalla strada che porta alla Chiesetta di Santa Lucia mediante sentieri che necessitano di interventi di sistemazione e manutenzione. Inoltre nell‟area oggetto dell‟intervento si trova un‟altra emergenza geologica denominata Ciesco Matrone, un pinnacolo di roccia calcarea che con la sua presenza caratterizza parte della collina ed è visibile da molte parti del centro abitato configurandosi come un polo visivo territoriale. Poco lontano sono localizzati anche i resti di antiche strutture che versano in uno stato di abbandono totale e necessitano di interventi di recupero per scongiurarne la scomparsa. Tali strutture con molta probabilità, sono da mettere in relazione alla presenza dell‟acquedotto del Quanat, che si ferma poco prima, ma che fino a pochi decenni or sono doveva proseguire in direzione del castello ed alimentare la cisterna posizionata ad ovest del castello che alimentava anche una fontana al centro del paese. 3. INQUADRAMENTO DELL’AREA DI INTERVENTO L‟area oggetto dell‟intervento interessa una superficie di oltre 20.000 mq circa. Si sviluppa, con un andamento planimetrico ed altimetrico estremamente articolato e comprende la zona delimitata a sud dal centro storico ed a nord dalla zona collinare e pedemontana su cui sorgono i diversi complessi turistici e per la ristorazione, dominando la piana nolana e gli antichi tracciati viari pedemontani. Il comune di Roccarainola, infatti, è territorialmente annoverato tra i comuni della piana nolana, per la felice collocazione geografica, e costituisce l‟elemento di raccordo tra l‟ Agro Nolano e la Bassa Irpinia, rappresentando l‟unica “porta” di accesso della Provincia di Napoli al Parco Regionale del Partenio, la cui perimetrazione comprende gran parte del territorio montano di Roccarainola, che si configura come l‟unico comune 9 della Provincia di Napoli ad essere annoverato tra i comuni ricadenti nell‟area tutelata del Parco. Inoltre l‟area oggetto di studio è parte integrante del P.I.T. – “Valle del Clanis - Antica Terra dei Miti e degli Dei” ed è sede della Comunità Montana “Montedonico-Tribucco”. Complessivamente l‟area di Roccarainola sarà meglio servita dagli assi infrastrutturali a seguito del casello in costruzione sulla A16 Napoli-Bari nei pressi di Tufino. 4. INQUADRAMENTO URBANISTICO E VINCOLI L‟area interessata dal progetto di recupero e valorizzazione del Parco Monumentale del Castello, del Palazzo baronale ed aree circostante ricade in gran parte zona demaniale, anche se su alcune particelle catastali (n.12-13-14-15-87-88-89-93-98-99-306-94-90304-86-312-72 dei fogli di mappa n. 26, 27) risultano di proprietà privata, (IN QUESTO INTERVENTO SONO PREVISTE OPERE DA ESEGUIRSI SULLE PROPRIETA PUBBLICHE. LE PROPRIETA PRIVATE SONO IN CORSO DI ESPROPRIO CON I FONDI CONCESSI DAL PIANO STRATEGICO DI VALORIZZAZIONE DELL’AREA NOLANA – PO FESR 2007 – 2013. Si rileva la presenza delle mura del castello e di parte della struttura del palazzo baronale. Tuttavia le suddette particelle da un punto di vista urbanistico ricadono in aree contrassegnate come Zona F8, cioè avente destinazione specifica di “Parco Monumentale” così come classificate dal vigente Piano Regolatore Generale, adottato in data 17/11/2002 con delibera di Consiglio Comunale n° 37. Alcune particelle inoltre, ricadono nella zona sottoposta a “Vincolo Idrogeologico”, anche se con rischi prevalentemente moderati, per i quali vige il vincolo di cui al Piano di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) dell‟Autorità di Bacino Nord – Occidentale della Campania, adottato con deliberazione di Giunta Regionale della Campania. 5. ANALISI DELLO STATO DI FATTO 5.1 Il Palazzo Baronale (Area A1 di intervento) Secondo L. D‟Avanzo questo magnifico palazzo rinascimentale fu edificato “verso la fine del „400 o nei primi anni del „500”. P. Manzi ripete quasi la stessa ipotesi: “La costruzione, iniziata negli ultimi anni del Quattrocento ad opera di Cola d‟Alagno venne ultimata nei primi del Cinquecento”. Uno studio conclusivo sulla datazione di questo edificio non si è ancora fatto. Il suo attuale stato di conservazione ne permetterebbero una ricostruzione pressoché integrale. Essendo un bene del feudo di Roccarainola i suoi ultimi possessori furono i Mastrilli, e da questi il Palazzo, con annesso giardino, passò, in proprietà ormai privata, agli eredi ultimi di questa famiglia, per divenire, di recente proprietà comunale. Di recente il palazzo baronale è stato oggetto di interventi di recupero e restauro che hanno interessato una sola ala del palazzo, che ospita il Museo Civico “L. D’Avanzo”, e pertanto si confida in questa ulteriore fonte di finanziamento per la riqualificazione ed il recupero dell’altra ala del Palazzo e dei giardini annessi, con particolare riferimento al giardino interno alla corte. 5.2 Il Castello di Roccarainola (Area A3 di intervento) L. D‟Avanzo pone la fondazione di questo castello tra gli anni 1139 e 1241. D. Capolongo restringe tale arco tra gli anni 1139 e 1151. Partendo da una sua ardita ipotesi etimologica su Ravinola, P. Manzi anticipa tale arco temporale tra gli anni 1016 e 1045. 10 Trattata dai tre predetti autori tra gli anni 1943 e 1977, la storia di questo maniero, di cui si conservano ancora vistosi ruderi e una pressoché intatta cinta muraria con otto torrette, è stata oggetto di recenti studi propedeutici al presente progetto. La collina dalla quale svetta il Castello domina l‟abitato di Roccarainola, e più esattamente il suo Centro Storico. L‟insieme collina-castello si presta a diventare una formidabile attrattiva turistica possedendo tutte le potenzialità storiche, architettoniche e naturalistiche, da considerare in abbinamento agli altri monumenti (Palazzo baronale, Acquedotto romano, Grotta paleolitica e pineta demaniale) inclusi nell‟area “Parco Monumentale” di cui tratta il progetto. Allo stato attuale le rovine del castello versano in condizioni deplorevoli sia per la vegetazione infestante che ha devastato il mastio e le cinte murarie superiori, sia per l‟intervento dell‟uomo che ha invaso e devastato la parte più vicina all‟agglomerato urbano. In particolare le torrette di avvistamento, in gran parte ancora in piedi, e la torre angioina necessitano di interventi urgenti di consolidamento, in vista di ulteriori crolli che potrebbero essere imminenti. GLI ESPROPRI DELLE AREE INTERESSATE DAI RUDERI DELLA FORTIFICAZIONE SONO IN CORSO DI ESPLETAMENTO CON I FONDI DEL GIA FINANZIATI DALLA REGIONE CAMPANIA NELL’AMBITO DEL PIANO STRATEGICO DELL’AREA NOLANA. 5.3 L’Acquedotto delle Fontanelle (Area A5 di intervento) Questo singolare sistema di gallerie sotterranee di oltre 600 metri di lunghezza è posto in zona collinare sovrastante l‟abitato di Roccarainola centro. E‟ sicuramente di epoca romana, anche se fu usato per approvvigionare d‟acqua il castello medievale e successivamente, fino ad oltre la metà del secolo XX, lo stesso abitato di Roccarainola. E‟ costituito da un sistema dei cunicoli artificiali filtranti, in quanto le sue gallerie sotterranee vengono spinte fino a raggiungere la falda freatica. Con termine persiano questi acquedotti artificiali, usati molto a tuttora nei paesi aridi medio-orientali, vengono universalmente conosciuti come “qanat”. Il “qanat” di Roccarainola, con i suoi 20 pozzi, o bocche di collegamento con l‟esterno, è uno dei più ampi, imponenti e conservati dei pochi esistenti in tutta Italia. 5.4 L’Area paesaggistico-ambientale del “Parco Monumentale” L‟area oggetto di intervento è caratterizzata da un‟ampia fascia collinare in parte già destinata a pineta, con una serie di percorsi esistenti e da ripristinare, poiché attualmente si presentano non in condizioni percorribili. In tale fascia è possibile imbattersi in ruderi di altre strutture (vecchi casali, chiese rurali, etc.) ed in siti naturalistici di particolare pregio come il Ciesco Matrone, la Grotta paleolitica di Roccarainola, posta a metà strada tra l‟acquedotto di origine romana (Qanat) ed il Palazzo baronale, ad una altitudine tra i 130 e i 150 m.s.m., che sovrasta maestosa l‟abitato di Roccarainola. A coronamento dei monumenti citati troviamo la pineta demaniale che potrebbe offrire ai visitatori scorci veramente suggestivi se si percorrono i sentieri interni, attraverso i quali è possibile raggiungere i diversi siti architettonici ed archeologici citati. Il presente progetto prevede, tra l‟altro anche la sistemazione ed il completamento della sentieristica esistente in maniera da creare una rete di collegamenti pedonali tra i vari siti di interesse culturali posti all‟interno del Parco Monumentale. 6. METODOLOGIA DI INTERVENTO 11 La metodologia di intervento utilizzata per la proposta progettuale si articola in base ai punti di seguenti elencati: 1 - La documentazione relativa all‟area di intervento è derivata da diverse operazioni scientifiche e tecniche attraverso le quali si è provveduto ad una veloce ricognizione delle conoscenze e degli scritti relativi all‟intero comune, con particolare attenzione al castello ed al palazzo baronale dai quali, in rapporto anche alle conoscenze pregresse dei componenti del raggruppamento, si può desumere che il Castello ha diverse fasi di sviluppo direttamente collegate alle diverse dominazioni ed alle mutate tecniche difensive. Dai sopralluoghi effettuati è stata ipotizzata una prima ricostruzione storica delle caratteristiche architettoniche ed archeologiche individuando le principali fasi edilizie e alcune stratigrafie murarie in modo da subordinare qualsiasi scelta alla effettiva conoscenza storica ed archeologica del manufatto. Tale procedura prevista dalla leggi vigenti è divenuta prassi consolidata in interventi analoghi a quello in oggetto, anche in rapporto allo sviluppo progressivo, che si è avuto negli ultimi anni, dell‟archeologia medievale. In conseguenza di quanto sopra, si è ritenuto indispensabile far precedere la stesura della presente proposta progettuale da accurate indagini bibliografiche, archivistiche e storico- architettoniche in grado di evidenziare quanti più dati possibili sulla storia e sulle trasformazioni che i monumenti oggetto del presente studio ed il loro contesto hanno subito nel corso dei secoli. Tale ricerca è stata condotta contemporaneamente ad un rilievo plano-altimetrico preliminare eseguito con apparecchiature elettroniche e di precisione, che saranno ulteriormente implementati ed approfonditi nel corso delle successive fasi di progettazione. A seguito di tali operazioni, si è provveduto ad una restituzione fedele e rispettosa degli standards consoni alla tipologia di cui in oggetto. Per migliorare ulteriormente tali risultati, saranno integrati i rilievi attualmente disponibili, privilegiando la lettura stratigrafica di tutte le murature più significative sintetizzando i dati in una rappresentazione di tutte le fasi costruttive che hanno interessato il manufatto. Tale analisi, sarà completata su indagini più approfondite e su ulteriori rilievi di dettaglio (fotogrammetrie, fotoraddrizzamenti, fotopiani, o semplicemente foto e grafici di restituzione, piante, sezioni, prospetti, particolari, viste tridimensionali) e servirà anche a determinare un quadro dei materiali e delle tecniche impiegate, nonché alla determinazione dei danni del quadro fessurativo e delle condizioni di degrado, contribuendo in modo determinante alla ricostruzione virtuale delle parti mancanti o trasformate. Tutto quanto enunciato diventa propedeutico ed indispensabile anche ad una accurata indagine archeologica, la quale sarà parte integrante del progetto, che deve necessariamente precedere ed accompagnare qualsiasi operazione o intervento sul manufatto. 2 - Tale metodologia, ampiamente richiamata nelle leggi vigenti, è divenuta prassi indispensabile per qualsiasi manufatto antico o medievale sul quale si intende intervenire, come abbondantemente documentato dalla letteratura relativa al restauro ed alla ricerca archeologica finalizzata alla conoscenza ed al recupero dei manufatti antichi. Il recupero di un manufatto antico a nuove funzioni prevede necessariamente un adeguamento delle strutture esistenti ai nuovi compiti da assolvere. Tale intervento deve essere necessariamente compatibile e non stravolgere le caratteristiche originarie, come ampiamente richiamato dalle leggi sulla salvaguardia e sul restauro dei beni architettonici, ma per le opere fortificate ciò non avviene sempre, in quanto tessiture murarie testimonianti fasi storico-costruttive diverse non vengono evidenziate, feritoie bucature o apparati difensivi, non più funzionali, vengono completamente occultati o 12 rimossi, cancellando di fatto secoli di storia. In nome di un adeguamento tecnologico e funzionale spesso vengono stravolte disposizioni interne, caratteristiche tecniche e particolari costruttivi che fanno perdere al manufatto il valore originale ed intrinseco di strutture particolari come i castelli e le opere fortificate, intendendole semplicemente come manufatti storici su cui intervenire osservando semplicemente le disposizioni tipiche per gli interventi di restauro. Le opere fortificate hanno un significato diverso in quanto sorte per una finzione specifica e per essa configurate. Qualsiasi intervento eseguito anche in rispetto alle normative vigenti ed ossequioso alle regole del restauro architettonico può produrre notevoli menomazioni e sminuire il loro elevato significato storico-architettonico se non tiene conto della forte specificità di tali opere salvaguardando anche il più piccolo particolare capace di richiamare o far percepire la sua funzione originaria e la sua specifica configurazione architettonica. 3 - Partendo da tali principi necessariamente il progetto ha tenuto conto di tutti gli indizi, le caratteristiche, i particolari costruttivi in parte già recuperati e che verranno ulteriormente evidenziati dai rilievi e dagli studi specifici, compresi quelli derivanti dall‟analisi archeologica. Tali elementi saranno evidenziati e valorizzati in modo adeguato anche nella nuova disposizione architettonica. Nel recupero delle spazialità interne saranno privilegiati gli assetti originari, la stessa suddivisione degli ambienti, e la stessa alternanza di piani e solai, ricostruendo una spazialità interna ed esterna il più vicino all‟originale. A tale scopo verranno utilizzati per le opere di completamento i materiali recuperati ed accantonati durante gli scavi archeologici e le pulizie. Tali operazioni consentiranno ulteriori risparmi ed una organizzazione particolare del cantiere, evitando quasi completamente il trasporto di materiali in discarica, potendo utilizzare anche i terreni di risulta per le eventuali sistemazioni esterne a verde. Per le ricostruzioni saranno ridotti al minimo l‟uso del cemento armato e di tecnologie improprie per il manufatto in questione. Per l‟eventuale ripristino di solai e volte verranno utilizzate le stesse tecnologie e materiali originari, centine e travi in legno, volte in pietra o laterizi etc. anche per gli eventuali portali, ornie, modanature, verranno utilizzate gli stessi materiali e le tecniche utilizzate ed evidenziate dai manufatti originari. Viceversa per l‟eventuale arredo e complementi di arredo e impianti tecnologici a rete (palazzo Baronale), saranno utilizzati materiali e componenti ad alta resa e di design moderno che armonizzino con gli ambienti a cui sono destinati. Particolare attenzione sarà posta all‟uso di materiali ecocompatibili e funzionali al risparmio energetico e che facilitino la manutenzione ed il ripristino. Nel corso dell‟elaborazione del progetto esecutivo sarà valutata anche la possibilità dell‟uso di tecnologie alternative per il risparmio energetico quali l‟uso di pannelli fotovoltaici o altre risorse in grado di limitare e ridurre la dipendenza energetica in ossequio agli ultimi sviluppi legislativi. Tale scelta potrebbe anche favorire il reperimento di risorse aggiuntive da destinare al recupero complessivo dei manufatti e dell‟area circostante. In concomitanza e nel rispetto delle scelte dei principi di intervento sopra enunciati, e successivamente, in accordo con la stazione appaltante, si potrà arrivare eventualmente a scelte che esaltino la valenza architettonica urbanistica e territoriale del sito del castello di Roccarainola, in quanto si ritiene che esso, oltre a tutte le altre valenze storiche, architettoniche, paesistiche e naturalistiche, ha delle potenzialità di sviluppo come parco archeologico naturalistico, facilmente raggiungibile dai maggiori assi stradali provinciali e regionali ed essendo inoltre localizzato in luogo baricentrico rispetto ai vari circuiti culturali, compreso quello del centro storico di Roccarainola, in modo da creare un vero itinerario turistico comunale, da inserire in quello più vasto di 13 ambito provinciale e regionale. In tale ottica non andrebbe trascurata la possibilità di interventi collaterali che ne facilitino l‟accessibilità, senza stravolgere lo stato dei luoghi, utilizzando interventi non invasivi e basati sull‟ingegneria naturalistica. In funzione di tale possibilità andranno già predisposte piccole aree per la sosta, funzionali alla creazione di un percorso naturale di visita organizzato in modo da permettere la visione di tutti i manufatti più significativi del castello e della cinta muraria. Tale percorso potrebbe essere attrezzato con pannelli esplicativi e microattrezzature per la sosta, resa più piacevole dalla piantumazione di alberi d‟alto fusto, compatibili con la vegetazione autoctona, in grado di fornire ombra nei mesi più caldi. Una ulteriore particolarità, nella conduzione dello scavo archeologico e del restauro, potrebbe essere la visibilità e fruibilità del cantiere come cantiere scuola e museo all‟aperto e continuo, al quale sia gli interessati che la popolazione, potrebbe assistere in modo da creare la coscienza e la conoscenza del valore del territorio e delle sue risorse. Tutto questo ovviamente organizzato in ossequio al più ampio rispetto delle norme sulla sicurezza. 7. TIPOLOGIA DEGLI INTERVENTI PROPOSTI In questi ultimi anni è cresciuta notevolmente in Italia l'attenzione per il recupero e la valorizzazione del patrimonio culturale; attenzione cui corrisponde uno sviluppo di nuove forme di turismo sostenibile, in particolare di turismo culturale, che pone sempre più attenzione sui beni del nostro patrimonio storico-artistico. In questo ambito, ha avuto una notevole crescita anche il cosiddetto turismo di prossimità, fenomeno che porta sempre più spesso a visitare i musei e i beni che insistono sul proprio territorio, nella propria città, nella propria provincia o regione, lasciando presagire nuovi modi di accostarsi al patrimonio culturale. Tali processi ingenerano una modifica della domanda di svago per il tempo libero, che richiede da parte delle istituzioni nuove risposte. Sembra che oggi finalmente la gente e le istituzioni riscoprano un senso di orgoglio per il proprio patrimonio culturale. Gli enti locali, in particolare, stanno assecondando questo nuovo corso, ed è anche in quest‟ottica che va ad inquadrarsi il “Progetto di Recupero e Restauro del Castello di Roccarainola”. All‟interno di questa cornice, le azioni progettuali sviluppate sono distinte in due aree tematiche che vanno intese come interfunzionali, entrambe finalizzate ad incrementare l‟effetto sistema degli interventi delineati. Una prima riguarda la valorizzazione del patrimonio naturalistico della splendida collina, la seconda mira ad un recupero dei resti archeologici ed architettonici esistenti, favorendo nuove ricerche da effettuarsi in loco necessarie a mettere in luce eventuali ulteriori strutture e reperti, per un loro recupero integrale. 7.1 Il Palazzo Baronale e le aree annesse Premesso che il Palazzo baronale è stato oggetto, nel corso del 2008, di un intervento di recupero che ha riguardato l‟ala prospiciente la strada pubblica finanziato con fondi comunali e fondi provenienti dal POR Campania, mentre l‟area del giardino antistante sarà sistemata a breve con un progetto finanziato con fondi della Comunità Montana “Montedonico Tribucco, di cui il comune di Roccarainola fa parte. Pertanto, al fine di completare il recupero dell‟ala est del Palazzo e del giardino interno alla corte se ne propone l‟inserimento nella presente progettazione, in quanto il palazzo baronale rappresenta una struttura di eccellenza del costituendo Parco Monumentale. 14 Gli interventi progettuali prevedono, tra l‟altro, la rimessa in pristino del livello d‟uso originario sul fronte est ed ovest, oltre ad una serie di lavori di ristrutturazione e di sistemazione a verde come di seguito elencati: 1. Lavori generali di pulizia dell‟area di intervento e diserbo della vegetazione infestante con particolare riferimento alle strutture del Palazzo che si intende recuperare; 2. Sistemazione del viale di accesso al Palazzo e consolidamento dell‟androne, da realizzarsi con pietra calcarea a spacco e acciottolato per la zanella. 3. Messa in opera di una recinzione metallica su montanti in legno di castagno per la realizzazione della recinzione perimetrale. 4. Fornitura e posa in opera di cancello metallico a due ante da realizzare in ferro, con finitura in vernice scura martellata (tipo ferro battuto) su idonei pilastri in tufo faccia vista con cappellotto piramidale in pietra lavica o tufo grigio. 4. Realizzazione di vialetti interni al giardino su apposito masso drenante il cui livello di calpestio dovrà sarà in graniglia di pietrisco calcareo miscelata con scaglie di tufo, ai fini di un migliore impatto ambientale. I cordoli di delimitazione dei percorsi saranno anch‟essi in tufo con la superfici fuori terra modanata. Le aree del giardino da sistemare ad agrumeto (tipico frutto dell‟epoca) e quelle in leggera pendenza lungo il lato nord del percorso di accesso al palazzo saranno riempite con terreno di coltivo. 5. Realizzazione dell‟area di parcheggio, antistante il Palazzo baronale, mediante spandimento di brecciolino miscelato a tufo o di cls pigmentato appositamente preconfezionato con pigmenti naturali del luogo. 6. Consolidamento del portale di accesso al Palazzo previo pulizia sistematica delle radici e dei microrganismi infestanti, sarcitura delle lesioni murarie, ripresa e restauro del portale e dei locali annessi con la ricollocazione delle cornici rinvenute in sito nel corso del I° lotto dei lavori, nonché il consolidamento dell‟intero versante a valle del Palazzo. 7. Il recupero dell‟altra ala del Palazzo sarà condotto in maniera analoga a quella che ha prodotto la realizzazione dell‟ala prospiciente la strada comunale che conduce alla zona ristoranti di Contrada Cannelle, appena completata. 8. Per le parti che non sarà possibile recuperare o consolidare, sarà realizzata una sistemazione a rudere, previo pulizia sistematica della vegetazione infestante, che allo stato attanaglia le strutture del Palazzo, le quali saranno opportunamente evidenziate mediante installazione di idoneo impianto di illuminazione notturna che si estenderà fino alle rovine del limitrofo Castello, con l‟obiettivo di rendere fruibile il Palazzo e le aree circostanti per manifestazioni serali e, contestualmente, creare una nuova e suggestiva scenografia a coronamento dell‟agglomerato urbano. Tutti gli interventi saranno trattati in maniera esplicativa in fase di progettazione definitiva, nel corso della quale verranno esaminati in maniera dettagliata le parti soggette a recupero e quelle oggetto di una valorizzazione sotto forma di rudere. 7.2 Area del castello PREMESSO CHE GLI ESPROPRI DELLE AREE INTERESSATE DAI RUDERI DELLA FORTIFICAZIONE E DELLE AREE ANNESSE SONO IN CORSO DI ESPLETAMENTO ATTRAVERSO I FONDI GIA FINANZIATI DALLA REGIONE CAMPANIA NELL‟AMBITO DEL PIANO STRATEGICO DELL‟AREA NOLANA. Per quanto concerne la collina del castello ed i ruderi in essa contenuti, il progetto prevede il recupero e la fruizione dell‟area mediante il ripristino dei sentieri esistenti e la realizzazione di nuovi collegamenti, atti a rendere praticabile e di facile accesso il 15 sito, anche in relazione ad eventuali collegamenti pedonali, in parte già esistenti, con il Palazzo baronale, la pineta demaniale, il Ciesco Matrone, la Grotta paleolitica e l‟acquedotto del Qanat. Partendo da tale presupposto, in sintonia con la vocazione del sito e con le possibilità da sfruttare in sede di tavolo di concertazione del PIT Valle Clanis “Antica Valle dei Miti e degli Dei”, il progetto di recupero e valorizzazione del Castello e della collina su cui sorge, sarà attuato secondo il principio della sostenibilità ambientale, anche con l‟applicazione di quanto previsto dal Regolamento per l‟Attuazione degli Interventi di Ingegneria Naturalistica di cui al D.P.G.R. n. 574 del 22/07/02. Il tipo di intervento collima perfettamente con quanto richiamato nel documento del PIT nella Parte II.A: Descrizione e caratteristiche del P.I. cosi come di seguito riportato: “ sono identificati come progetti portanti interventi di scavo, restauro e recupero diretto di siti rilevanti collegati tra loro da un filo rosso costituito da un viaggio ideale dalla preistoria al medioevo”. In dettaglio gli interventi previsti dal progetto per l‟area del Castello sono: - miglioramento dell‟accessibilità all‟area di intervento; - pulizia del sito e messa in sicurezza delle strutture; - indagini scientifiche non invasive; - interventi di consolidamento preliminare - scavo archeologico: - approfondimento degli studi; - messa in sicurezza e miglioramento delle strutture emerse dagli scavi; - sistemazioni temporanee; - restauro definitivo delle strutture murarie; - sistemazione definitiva dell‟accessibilità alla collina e ai percorsi secondari; - integrazione e sistemazione aree a verde; - allestimento percorsi di visita. Specificamente nell‟area del castello, il progetto prevede il miglioramento di un percorso già esistente mediante il quale è possibile, allo stato, raggiungere l‟area fortificata. Tale percorso si dirama dalla Strada comunale che conduce alla zona ristoranti, in prossimità della località Fontanelle dove sono localizzate le omonime ”Acque” e da qui, con direzione sud sud-est si raggiungono le pendici dell‟altura dove campeggiano i resti della fortezza oggetto d‟intervento. Tale stradina di accesso termina in un‟area destinata alla sosta ed al parcheggio delle auto degli operatori e dei visitatori, ubicata in prossimità del Palazzo baronale. Anche per la sistemazione di questa area si terrà in considerazione che tutti gli interventi siano compatibili con la natura del sito e che non siano eseguite opere di sostegno invasive, quali manufatti in c.c.a. o materiali impermeabilizzanti. Un secondo percorso pedonale sarà recuperato dal vecchio sentiero che si dirama dalla via Nazario Sauro e sarà realizzato mediante lavori di pulitura, con la regolarizzazione e il decespugliamento del piano viabile, e con tutto ciò che potrà migliorare l‟accesso e garantire l‟incolumità del visitatore. Tutto ciò facendo si che la sede dei percorsi principali e secondari si adattino all‟andamento del terreno e non stravolgano la situazione ambientale e naturalistica esistente. 7.3 Area della pineta e del Qanat (Acquedotto delle Fontanelle) Questo sentiero si sviluppa come tracciato all‟interno della proprietà comunale e, partendo con un andamento piuttosto pianeggiante, conduce fino alla cima del Castello. In alcuni tratti prosegue con pendenze maggiori lungo il fianco dell‟altura, con ampie 16 anse panoramiche ( Ciesco Matrone, Grotta paleolitica, ecc) sui territori comunali della piana nolana. Questa promenade si completa con percorsi secondari lungo le cinte murarie costeggiandone i resti e rendendo fruibile l‟intero complesso architettonico che si trasformerà di fatto in un Parco Archeologico e Naturalistico. Il visitatore potrà cosi vivere le bellezze naturali e le peculiarità archeologiche offerte dal sito, che consentirà di godere del contatto con uno dei luoghi più suggestivi del territorio. A tale fine è stata inoltre prevista la progettazione di diverse aree belvedere dislocate nei punti strategici del percorso e una segnaletica appropriata renderà il sito facilmente fruibile e si potranno avere informazioni sulle caratteristiche del percorso, sulle valenze geologiche e naturalistiche e sulle emergenze architettoniche e archeologiche. In conclusione l‟intervento proposto va nella direzione del recupero integrale di una parte del territorio in cui sono concentrati diversi beni e che ne determinano una importanza strategica, anche in rapporto alla vicinanza del centro storico, creando di fatto una singolarità architettonico-naturalistica unica nell‟area dell‟Antico Clanio. Roccarainola (Na), Gennaio 2014 Il progettista : arch. Federico Cordella 17