Come sono cambiati i preadolescenti?

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Come sono cambiati i preadolescenti?
Come sono cambiati i preadolescenti?
Ragazzi con la maschera di adulti
Mario Delpiano
(NPG 07-07-36)
Di tanto in tanto, a scadenza almeno annuale, ci giungono rapporti di ricerche, convegni di
analisi, che richiamano l’attenzione sui preadolescenti attuali, spesso schiacciati a fatica tra
fanciullezza e adolescenza.
Ho tra le mani i rapporti di ricerca e le tabelle dei dati dell’indagine annuale della Società
Italiana di Pediatria (anni 2004, 2005, 2006), e sono sollecitato a tornare a riflettere su quel
mondo dei soggetti che, nei decenni passati, sono stati definiti come l’«età negata»; fascia di
età che, a dire il vero, sembra rimasta, nonostante tutto, ancora ai margini dell’attenzione dei
ricercatori, soprattutto se assunta come età specifica della vita e non diluita nell’adolescenza.
Mi trovo dinanzi a tabelle, a domande semplici e di facile accesso da parte dei ragazzi e
ragazze di oggi, e a numeri e percentuali.
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Ciò mi ricorda quel progetto, poi eclissato, di ripartire agli inizi del terzo millennio, con una
nuova messa a fuoco del pianeta preadolescenza all’inizio del nuovo millennio.
L’esigenza resta e le domande sono sempre più cariche di interrogativi.
Quanti sono oggi i soggetti di questa fascia d’età sempre più eclissata nella vita sociale?
I preadolescenti stanno diventando invisibili nel sistema sociale, difficili da identificare, sfuggenti
all’occhio di una telecamera. Eppure resto confermato nella convinzione che la telecamera,
oltre che l’osservazione diretta, risultano essere gli strumenti più capaci di catturare qualcosa di
quel mondo, fedeli nel leggere quel libro aperto che è la loro personalità in fase di
cambiamento, in quell’oscillare pendolare di comportamenti tra infanzia e adolescenza,
esteriorità e interiorità, dipendenza e contro-dipendenza, ricerca di auto-definizione e bisogno di
etero-definizione.
Un primo dato è certo: questo universo di soggetti si sta riducendo, molto probabilmente tra gli
11 e i 14 anni non raggiunge i 2,5 milioni di unità. È l’esito della caduta della natalità. A
compensare la tendenza saranno i minori extracomunitari, in crescita numerica.
Sempre più «oggetto» di investimento e aspettative familiari
Ma i grandi interrogativi non sono dell’ordine quantitativo.
Il restringersi della base della piramide della popolazione giovanile, e pertanto non riguarda solo
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l’età della preadolescenza, è un dato che dà a pensare; e se teniamo conto della tendenza alla
drastica riduzione del numero dei fratelli e sorelle, questi nuovi figli di oggi diventano
l’investimento prioritario, spesso unico e assoluto, dei loro genitori. Figli sempre più solitari, di
genitori che sono disposti sempre di meno a rinunciare ad un elevato investimento affettivo, ma
anche finanziario e formativo stracarico di aspettative.
E così i preadolescenti stessi non vedono l’ora di bruciare le tappe per essere subito «grandi».
«Sempre più adulti senza esserlo», commenta la chiusura del rapporto 2006!
Se ciò da una parte può condurre ad una crescente responsabilizzazione della famiglia nel
collaborare in sinergia con le agenzie educative, dall’altra conduce di fatto all’aumento della
conflittualità inter-istituzionale e all’affiorare sempre più dominante di atteggiamenti iperprotettivi
nei confronti del minore, nell’incapacità evidente della famiglia di assolvere una parte corale
nella sinfonia dell’educazione, in un tempo di pluralismo culturale, valoriale e di modelli e stili
educativi.
Il conseguimento dell’alleanza educativa e progettuale, sulla piattaforma di valori sociali
condivisi, che spezzi il guscio privatistico-consumistico-borghese del sistema sociale, è sempre
più una scommessa e una conquista faticosa da parte delle agenzie sociali che giocano sul
terreno dell’educativo.
A CONFRONTO CON DATI CHE RIVELANO STILI, COMPORTAMENTI, MODELLI
L’interesse delle ultime ricerche della Società Italiana di Pediatria sui preadolescenti, (chiamati
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adolescenti) appare alquanto ristretto e delimitato, anche se ogni anno viene aperta una finestra
nuova su spicchi di vita e sul vissuto dei ragazzi/e di questa età della vita.
Vengono indagati i seguenti ambiti della vita del preadolescente: uso dei media (TV, PC, web
internet), sport e doping, modelli e io ideale; ideali: avere, fare, essere; percezione di sé, del sé
corporeo, del sé attuale e dell’io ideale, affettività e sessualità, famiglia e adulti, bullismo e
dintorni, alimentazione, addiction e consumi trasgressivi, comportamenti a rischio,
Certo sarebbe quanto mai interessante e opportuno poter accedere ai presupposti teorico
interpretativi sulla (pre-)adolescenza del terzo millennio che stanno alla base della ricerca e
delle ipotesi da essa avanzate.
Ma a questo tipo di dati non possiamo accedere; anche il Rapporto è molto scarno e non lascia
trasparire ipotesi da verificare. Possiamo al massimo indurre e operare delle inferenze.
Mi pare tuttavia interessante interrogare questi dati e questi rapporti con le pre-comprensioni
sulla preadolescenza maturate con la ricerca dell’Età negata e individuare dei trends di
cambiamento di modelli comportamentali, comunicativi, soprattutto fruitivi e consumistici dei
preadolescenti di oggi, rispetto al passato. Anche se ciò che interessa più da vicino l’educatore
è se in questo contesto di cambio veloce, nella sur-modernità della telematica e del virtuale, i
compiti evolutivi della preadolescenza siano più facilmente assicurati o non invece ostacolati e
resi più problematici. Perché, a quanto pare, si può desiderare e voler apparire «adulti», cioè
cresciuti e cambiati, ma senza aver elaborato fino in fondo i compiti di crescita che questo
tempo della vita, questa età, getta spudoratamente sul tavolo della crescita come sfida.
La situazione di vita, le offerte di consumo, di fruizione di beni, di relazionalità, di opportunità e
di espressività, sono certamente state profondamente modificate nell’arco di questi 10-15 anni.
Cambiare attraverso il mondo degli strumenti di comunicazione
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Video TV e video PC, cellulare e playstation, mp3 e quant’altro, sono gli oggetti-fratelli
minori/maggiori con cui interagiscono maggiormente in casa in vita quotidiana. Mentre
diminuiscono ragazzi con fratello e/o sorella, crescono questi fratelli elettronici e telematici con i
quali entrare in relazione tra le mura domestiche. Ma quale relazione?
9 ragazzi e ragazze su 10 oggi ha in casa l’accesso ad un PC. Oltre la metà dei maschi lo ha
disponibile personalmente nella propria cameretta; pertanto la regolazione e l’uso è
essenzialmente lasciato alla propria discrezionalità, quando non capriccio.
Quasi la totalità dei ragazzi ha il collegamento ad internet dal PC disponibile, anche se la
stragrande maggioranza asserisce di collegarsi solo «ogni tanto»; sono il 20% i soggetti che si
collegano quotidianamente ad internet. Il trend è in crescita di anno in anno.
Chiaramente l’acceso ad internet funge prevalentemente da enciclopedia e banca dati di facile
accesso, anche se la maggior parte dei ragazzi indica, con percentuali elevate, che da internet
scarica canzoni, immagini, musica, e minoritariamente scambia posta elettronica.
4 maschi su 10 navigano senza precisa meta, a caccia di curiosità, di informazioni e di emozioni
nuove, e ben 4 su 10, soprattutto ragazze, scelgono la modalità del chattare per comunicare
nella piazza virtuale con altri navigatori di età spesso sconosciuta.
Ciò che affascina di più internet ai nostri ragazzi e ragazze è acquisire oggetti informatici
appetibili, come musica e dvd o anche acquistare oggetti; ma interessa anche l’avventura di
accedere alla diversità e varietà delle informazioni, di mondi virtuali sconosciuti.
Il tempo preferito per la navigazione è il pomeriggio e la prima serata, e questi collegamenti
vengono fatti in prevalenza da soli o con qualche amico, a volte i fratelli e sorelle, ma solo 1 su
10 accede a questo mondo dell’informazione a tutto campo in compagnia dei genitori.
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Da questi dati si coglie come la famiglia non percepisca assolutamente il rischio di questo
abbandono dei figli preadolescenti al mondo della comunicazione virtuale e come stenti a porsi
riflessamente il problema di una tutela dei figli e dunque la predisposizione di eventuali filtri di
accesso, siano essi costituiti dalla relazione interpersonale del genitore presente, o invece di
ordine tecnologico-informatico.
La libertà di navigare lasciata ai nostri preadolescenti è massima e senza limite. Un indicatore
alquanto aggiornato del permissivismo e dell’atteggiamento rinunciatario della famiglia, sempre
più spesso celebrata retoricamente nel suo dover essere la grande agenzia primaria
dell’educazione! Agenzia dell’allevamento magari, ma sempre meno della responsabilità
educativa.
È ancora fresca l’informazione di Bill Gates e consorte che si sono offerti come modello ai
genitori di mezzo mondo decidendo di limitare il tempo di navigazione alla propria figlioletta.
Chissà che questa notizia non riesca a contagiare anche un po’ di genitori e di educatori?
In questo libero navigare nel mondo virtuale i preadolescenti riconoscono essi stessi il rischio di
imbattersi in siti dannosi, oltre che vietati ai minori, che danno paura o fastidio, nonostante la
maschera dell’indifferenza dichiarata più spesso dai maschi.
Il 50% dei soggetti, sono soprattutto le ragazze, asseriscono di fermarsi e di non entrare in certi
siti; soprattutto la maggioranza dei maschi non resiste al fascino del vietato che incuriosisce,
garantito dalla falsa consapevolezza che «nessuno può sapere che ci sono entrato».
Cosa è che fa paura e dà fastidio quando il preadolescente si imbatte in siti o messaggi? Le
immagini pornografiche, quelle di violenza, certe conversazioni avute nel chattare e a volte
anche messaggi di posta elettronica. Sono i maschi quelli che si dichiarano più immunizzati e
insensibili.
Spesso la posta elettronica personale o il chattare vengono a sostituire quello che un tempo era
il luogo preferito dell’interiorità da scoprire e da esternare: il diario, dove raccontarsi a se stessi
e a qualcuno immaginario. Gli amici infatti sono i primi in assoluto ad essere messi
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eventualmente a parte delle comunicazione più personali.
Per quanto riguarda il chattare, il preadolescente lo fa spesso da solo, e i maschi sono in
maggioranza; quando ci sono gli amici... meglio ancora, perché insieme.
La signora TV
Un altro media gettonato da tutti i ragazzi e ragazze di oggi è la TV, che non viene soppiantata
per nulla dal PC.
È una tendenza crescente quella di trascorrere sempre più tempo davanti al televisore che,
insieme al PC, diventa in casa il mezzo inconsapevole di segregazione sociale e di riduzione
della socializzazione nel tempo della preadolescenza.
È vero che qualche lieve cambiamento di fruizione del tempo televisivo fa ben sperare: sono
diminuiti sia i ragazzi che trascorrono più di tre ore dinanzi al televisore, che quelli che ne
trascorrono meno di un’ora giornaliera. Invece aumentano anche se di poco quelli della fascia di
mezzo.
All’incirca 9 su 10 dei ragazzi e delle ragazze di oggi trascorre da 1 a 3 ore davanti al televisore
lungo la giornata, mentre il restante 10% si accontenta di 1 ora (questi sarebbero interessanti
da intervistare e da conoscere, perché sono coloro che costituiscono la minoranza sempre più
ridotta di quelli che possono dotarsi di alternative alla vita «libera» trascorsa in appartamento!).
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Pomeriggio, sera e dopocena sono i tempi prescelti, cioè quelli che restano liberi dal tempo
obbligatorio della scuola.
Pur con tutte le variabili intervenienti, compreso il periodo dell’epoca di amministrazione del
questionario del 2004 (il periodo tra maggio e settembre rischia di essere un po’ deformante la
vita quotidiana e ordinaria del preadolescente nel corso dell’anno!) affiora un dato
preoccupante: 7 ragazzi su 10 di ambo i sessi fruiscono anche di solito della TV fino alle 23... e
2 su 10 anche oltre la mezzanotte.
Anche questo è un indicatore delle abitudini e dell’assenza di regolazione della vita domestica:
infatti affiora il dato che i genitori sostanzialmente non pongano «limiti» nemmeno temporali alla
fruizione del mezzo televisivo. Basta che li tenga buoni e non diano fastidio, e se ci sono bisticci
la soluzione c’è: un televisore in camera per ciascuno, così non si fanno guerre e tutti
perseguono il proprio individuale programma di gradimento. Se poi a ciò si aggiunge che
durante pranzo e cena ordinariamente si mangia con la tv accesa (oltre i 2/3 del campione), ci
si interroga: ma i genitori di questi ragazzi quando si danno il tempo per dialogare con i figli e
figlie e fermarsi ad ascoltarli?
L’astinenza totale per almeno un giorno al mese del mezzo televisivo è una cosa alquanto rara
e raggiunge 3 su 10 dei soggetti.
Anche di fronte al mezzo televisivo i preadolescenti esprimono la loro reazione emotiva rispetto
ad immagini violente: fastidio e paura per le ragazze, indifferenza prevalente nei maschi.
Interessante questa dichiarata immunizzazione emotiva dei maschi di fronte a immagini, scene,
rappresentazioni virtuali di violenza. La mia ipotesi è che ci troviamo dinanzi a differenti
meccanismi di difesa di fronte alle emozioni intense: paura, fuga, fastidio dalle femmine,
negazione e finta indifferenza da parte dei maschietti.
Annoiati dalla pubblicità… prigionieri di un mondo virtuale
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Ciò non toglie che oggi sia da collocare nella massima attenzione proprio nel tempo della
preadolescenza l’educazione alle emozioni e alla loro espressione.
E quale è la presa di posizione di questi nostri soggetti preadolescenti dinanzi ai contenuti della
tv?
Pur riconoscendo che essa tende ad influenzare gusti e scelte di consumo e di acquisto, quasi
9 soggetti su 10 del campione asserisce che «la pubblicità in TV è troppa»; e tenendo presente
che essi stessi solo in piccola percentuale sentono di essere influenzati nel desiderare e
acquistare cose pubblicizzate in TV, sembrerebbe poter indurre l’ipotesi che l’eccedenza di
pubblicità possa col tempo produrre nei fruitori indifferenza, saturazione e rifiuto dagli stessi
prodotti simbolico-mediatici pubblicizzati.
In ogni caso gli oggetti pubblicizzati più attraenti sono per i maschi gli oggetti del mondo
dell’elettronica e della informatica (hifi, videogiochi, telefonini, PC) e dell’abbigliamento. La cura
e l’interesse per gli oggetti simbolici con cui addobbare il corpo e presentarlo come modello ... è
quanto mai rispondente alla ricerca-esplorazione della nuova identità fisico-corporea del
preadolescente, soprattutto per le ragazze, mentre per i maschi il possesso e il dominio degli
ultimi ritrovati elettronici costituisce motivo di vanto e di affermazione di status sociale.
C’è un aspetto non indagato sul tempo della fruizione televisiva che meriterebbe particolare
attenzione: qual è l’uso prevalente della TV da parte del preadolescente? Quella di spettatore
passivo o non quella di soggetto interattivo? È qui che resta aperto il campo maggiore
d’indagine sulla fruizione televisiva.
La playstation (1 - 2 - 3) e il gioco interattivo, magari in compagnia di fratelli o di amici,
costituisce a mio parere il cantuccio e la nicchia di interazione privilegiata con il mezzo
televisivo da parte del preadolescente oggi. Ed è proprio attraverso l’analisi della qualità dei
programmi di gioco interattivo che forse si può inferire sui modelli relazionali e comportamentali
acquisiti in questo tempo di massima esposizione.
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A tutto questo mondo di oggetti magici che spingono il preadolescente ad abitare da casa più
un mondo virtuale che non il mondo reale, si aggiungono alcuni dati ulteriori: 9 su 10 dichiarano
di possedere il cellulare. E qui si apre un altro campo simbolico di comunicazione, dove viene
corroso sempre più lo spazio e le possibilità della comunicazione reale col mondo, lo scambio
fisico-corporeo con gli altri da sé, sostituito sempre più dallo scambio sostitutivo-simbolico.
Esso è certo uno dei fattori di deprivazione socio-relazionale, soprattutto affettivo-relazionale
con gli altri e con la realtà nel tempo della preadolescenza. Si tratta di tempi di comunicazione
sottratti al contatto e alla reazione reale col mondo degli altri per essere sostituiti dal contatto
digitale.
È quello che spesso mi capita in oratorio: osservare per periodi anche superiori alla mezz’ora in
cui l’adolescente è appartato in un angolo del cortile tutto assorbito dalla comunicazione digitale
con l’amico e la altrettanto virtuale amica del cuore.
9 su 10 posseggono lo stereo, il lettore dvd, il walk man e la playstation (7 su 10).
Tra tutti gli oggetti posseduti è indicata anche la bicicletta per quasi la totalità del campione.
E pertanto ci chiediamo: esiste almeno un giorno a settimana in cui questa bicicletta viene
usata e per quanto tempo e attraverso quali spazi urbani o extraurbani? Questo ci interessa
maggiormente... perché una bicicletta in garage non dice nulla del tempo libero dei ragazzi, dice
un possibilità solamente, forse anche accompagnata da una serie precisa di divieti, ma non dice
quanto movimento, quanto spazio fisico e sociale il preadolescente può ancora concedersi in
mezzo a questo mondo affollato da oggetti e strumenti in movimento solo virtuale.
E così il sospetto è quello che la bicicletta, uno strumento simbolico, insieme al motorino,
oggetto immaginario assoluto nel desiderio dei maschi, diventa sempre più simbolo di
possesso, di status, che non simbolo di attività e motricità praticata, di contro-dipendenza agita
nello spazio fisico e sociale.
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Movimenti virtuali e conquista di spazi reali
Ma andiamo a vedere le attività sportivo-motorie e espressivo-motorie che rispondono così
direttamente ai bisogni di espressione e rielaborazione dell’immagine corporea nel tempo della
preadolescenza.
Oltre metà dei maschi (6 su 10) dichiara di praticare attività sportiva agonistica o comunque in
società sportiva, un po’ meno le femmine; mentre 4 preadolescenti su 10 asseriscono di
praticare una attività sportiva come passatempo con gli amici.
Quanto dunque a motricità ed espressività psico-corporea, i preadolescenti sembrano avere
possibilità adeguate a livello di offerta, ma quanto tempo riescano a rubare allo stare in casa
incollati alla playstation o alla TV, questo non è riscontrabile dai dati; quel 70% che riesce a
stare sotto le 3 ore di fruizione dei media in casa, probabilmente rappresenta l’universo dei
soggetti sportivi, pur con modalità diverse.
E qui emerge invece con evidenza la fascia dei soggetti a rischio: quel 30% di preadolescenti
che trascorrono oltre le 3 ore dinanzi a TV e PC. Si tratta certamente di soggetti deprivati di
attività ludico-motorie e sportive, di ragazzi da appartamento e video-dipendenti, tra i quali, da
analisi successive, emergono indicatori rilevanti di rischio e di disagio.
Una certa preoccupazione è evidenziata dalla consapevolezza che i ragazzi di questa età
possiedono dell’uso di integratori o sostanze finalizzate a migliorare le prestazioni sportive da
parte di coetanei; desta meraviglia soprattutto l’accettabilità dell’uso di queste sostanze pur
dentro un limite da parte di 3 soggetti su 10.
Questo ci dice che la febbre della prestazione ottimale e la nevrosi della vittoria a tutti i costi
durante l’attività sportiva sono un indotto di strategie perseguite dai mister di turno o comunque
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una consapevolezza condivisa per contagio tra coetanei.
E pertanto in certi casi la pratica sportiva, anziché essere promozione della persona del
preadolescente attraverso sport e attività ludico-motorie, viene centrata sulla promozione dello
sport stesso e sui traguardi di prestazioni.
ASPETTO FISICO, PERCEZIONE DI SÉ E CAMBIAMENTO
Dal momento che la costruzione di una buona e accettabile immagine corporea, segnata essa
stessa dalla differenza di genere, è un compito evolutivo di quest’età, a partire dalla quale i
preadolescenti cominciano a sviluppare una completa immagine di sé, oltre il corpo, alcuni dati
della indagine più recente, che si aggiungono ai dati delle ricerche precedenti, appaiono quanto
mai illustrativi.
I ragazzi di oggi si piacciono nel loro aspetto fisico? 7 su 10 dicono di sì (2004).
Tuttavia, di fronte alla domanda «se potessi, ti piacerebbe essere...» metà del campione
esprime il desiderio di avere un fisico diverso da quello che sente di avere: il 70% delle ragazze
vorrebbe essere più bella, il 60% più magra, e il 58,5% più alta.
Dall’altra parte 6 maschi su 10 più muscolosi e più alti, più di 5 su 10 più belli.
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Il desiderio di crescere e di cambiare può spiegare questo desiderio di miglioramento della
propria immagine corporea, soprattutto in relazione ai coetanei e al gruppo, anche se
richiamerei l’attenzione a quel 30% di preadolescenti che non sono contenti del proprio aspetto,
perché, connesso ad altri indicatori, potrebbe divenire agli occhi dell’educatore un indicatore di
disagio.
Il desiderio di essere grandi
Il desiderio di cambiamento e di crescita si rivela ancora più spiccato nelle risposte che danno i
soggetti dell’indagine alla richiesta di «sentirsi grandi». 4 maschi su 10 e 5 femmine su 10
asseriscono di voler avere più anni di quelli che hanno, soprattutto i ragazzi e le ragazze del
nord.
Analizziamo le ragioni: al 43% per essere più liberi, e a scendere, per guidare l’auto (o il
motorino?), per poter uscire quando si vuole (15,5%), per non avere regole (9%), per non dover
chiedere permesso ai genitori (8,7%).
Questo desiderio di «diventare adulti» trasuda dei modelli di riferimento tratti più dal mondo
«virtuale» dei media che non dalla realtà di tutti i giorni.
Questo desiderio poi si traduce nel piacere e nel desiderio di apparire adulti, cioè più grandi di
quelli che sono.
I comportamenti e gli stili di sentirsi grandi sono il trucco per le ragazze (68%!), vestirsi da
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grande e avere il ragazzo; per i maschi l’avere la ragazza (44%), il vestirsi da grande, firmato o
come pare e piace, e il dire le parolacce (26,7%), senza trascurare la cura dell’aspetto fisico e,
per una minoranza di soggetti chiaramente a rischio e disagio, l’assumere alcolici (14,6%), il
fumo in compagnia (8,8 % maschi).
Identità e dimensione dello spazio territoriale e socio-relazionale
Una considerazione. Questa area di comportamenti, a mio parere inadeguatamente considerati
«adultistici» da parte dei preadolescenti di oggi, appare come una delle direzione della ricerca
di autonomia e di indipendenza propria dell’età. Essa tuttavia orienta i soggetti a bruciare le
tappe nella dimensione del tempo, e sempre meno ad assumere, invece, quella
«controdipendenza spazio- motoria e affettivo-relazionale» propria della dimensione «spaziale»
dell’identità in costruzione durante la preadolescenza, sia che si consideri lo spazio fisico e
cittadino, sia che si prenda in considerazione lo spazio sociale e le reti di relazioni nuove da
intessere.
Oggi invece lo spazio considerato è sempre più solo lo spazio «virtuale» e la stessa ricerca di
relazioni appare sempre più influenzata dai modelli di quel mondo che allontana dal reale della
sperimentazione di relazioni, di conflittualità, di scontro-incontro fisico-corporeo con le persone
reali.
Diventa allora interessante anche approfondire la dimensione psico-affettiva relazionale, che è
quella legata all’interesse sessuale e alla maturazione dell’affettività.
L’85% dei preadolescenti asserisce di essersi «innamorato di qualcuno» almeno una volta.
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Sarebbe stato quanto mai interessante approfondire questo dato di narrazione all’interno dei
focus groups attivati, per cogliere il significato e il vissuto di innamoramento dei preadolescenti.
L’affettività orientata nelle relazioni eterosessuali tra i pari è consolidata già fortemente nella
preadolescenza di oggi.
Nell’informazione sul sesso gli amici sono in assoluto la fonte maggiore di informazioni, seguiti
dalla scuola. Sono i maschi che ritengono di possedere le informazioni necessarie, più delle
femmine (73,2% rispetto a 59,2%), anche se tra tutta questa autosufficienza 3 su 10 sentono la
necessità di un corso di educazione sessuale, e i maschi si rivelano come i più interessati.
Va detto a proposito di comportamenti a rischio riguardanti l’area della sessualità, che proprio il
dato più vistoso è che le femmine segnalano tra i comportamenti più a rischio quello della
possibilità di rapporti sessuali non protetti.
Inoltre la percezione del rischio di determinati comportamenti non risulta solo possibile, ma
considerata come qualcosa «che capita» almeno qualche volta dal 60% dei soggetti inchiestati.
Se si tiene presente il dato dell’accresciuto aumento delle interruzioni di gravidanze nella sola
fascia adolescenziale e il numero elevatissimo della gravidanze indesiderate nella medesima
fascia, si rileva una esigenza e un appello chiarissimo alle agenzie educative: è quanto mai
urgente e necessario, proprio nella logica di interventi a rete, la tematizzazione e la
predisposizione di un progetto integrato di educazione sessuale e affettiva nel tempo della
preadolescenza che veda anche il coinvolgimento della famiglia, della scuola e delle agenzie
che sono più attente alla dimensione informale e alle relazioni paritarie.
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Quale famiglia e quale ruolo di essa nella vita del preadolescente?
La stagione della vita del preadolescente è un tempo importante per l’attivazione di qual
processo di desatellizzazione e di contro-dipendenza dal contesto familiare pur nella massima
riduzione della conflittualità. Non siamo ancora al tempo delle guerre d’indipendenza.
Oggi il prevalere della funzione affettiva del contesto familiare attutisce alquanto i conflitti alla
base della ricerca dell’autonomia.
Qual è la struttura della loro famiglia?
La quasi totalità dei preadolescenti ha in casa la mamma, ma 1 su 10 non registra la presenza
del padre in casa, vivendo pertanto in una famiglia monoparentale.
8 ragazzi su 10 vivono almeno con un fratello o una sorella maggiore o minore.
Nel 10% dei casi si vive in casa con i nonni, raramente con uno zio o una zia.
8 su 10 sono saturi del tempo vissuto con i genitori, 2 preadolescenti su 10 invece lamentano
che vorrebbero più tempo da trascorrere con loro.
La ricerca di spazi di maggiore autonomia in famiglia e la domanda latente di
responsabilizzazione e di essere considerati più maturi viene evidenziata dalla richiesta
esplicita ai genitori di fare qualche passo indietro nell’esprimere il loro parere e pertanto nel non
influire e condizionare i figli nella scelta dello sport da praticare, nel modo di vestire, nel
trascorrere il tempo libero, nella scelta delle amicizie da frequentare, la scuola superiore da
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scegliere.
In queste situazioni essi trovano condizionante il parere o addirittura la decisione dei genitori,
mentre vorrebbero che questi divenissero spazi di autonomia conquistati.
Solo per le abitudini alimentari, e le eventuali situazione di anoressia o bulimia, riconoscono che
è giusto che i genitori intervengano non solo con il loro parere, ma con la loro autorità.
Le regole date in famiglia dai genitori soddisfano all’incirca 7 ragazzi e ragazze su 10.
Dato rivelatore di un basso indice di conflittualità e di un modello educativo familiare alquanto
rinunciatario e permissivo, «leggero», lo definisce la ricerca; un modello che gioca al ribasso
sulla conflittualità intrafamiliare. Il rapporto chiude con l’interrogativo: «C’è da chiedersi se i
genitori così assertivi e sfumati siano una risposta adeguata alle reali esigenze di un’età difficile
come questa, e se questa eccessiva libertà non possa essere viatico, sia pure colposo, a tanti
comportamenti a rischio se non addirittura devianti».
1 su 4 dei preadolescenti si sentono «tristi» spesso, mentre questo stato d’animo raggiunge
qualche volta anche 7 su 10. Altre volte si sentono «soli»: spesso 13,6%, qualche volta metà
del campione. Nelle difficoltà tendono a rivolgersi maggiormente ai coetanei e agli amici (60%),
seguiti dalla madre, molto più raramente dal padre.
Gli insegnanti sono assenti dall’orizzonte di riferimento in caso di bisogno di consiglio.
Anche questo è un indicatore di quel lento processo di distanziamento dal mondo degli adulti, di
sganciamento dal sistema familiare e di ricerca di nuovi punti di riferimento al di fuori che
permettano sperimentazione di sé e apertura al nuovo dell’esperienza.
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Modelli del presente e proiezione nel futuro
L’ideale per il preadolescente è quello di essere un tipo o una tipa in gamba, apprezzato dal
gruppo. In questo caso le caratteristiche di personalità ritenute maggiormente importanti sono:
ottenere il rispetto dal gruppo dei coetanei, apparire coraggioso, bello, bravo nello sport e alla
moda, e magari anche spericolato per i maschi; rispettato dal gruppo, alla moda, bella,
coraggiosa, brava a scuola per le ragazze.
Insomma, anche l’ideale dell’io è composto da quei contenuti prevalentemente introiettati dal
mondo dei media, fatta eccezione forse il fatto che «riuscire» ad essere qualcuno apprezzato
per qualcosa dai coetanei, significa contare qualcosa nel loro mondo e ai loro occhi, invece che
essere valutato dagli adulti.
Lo stesso immaginario del mondo dei media e del virtuale diventa alla fin fine per il
preadolescente il modello del proprio futuro: o un personaggio dello sport o dello spettacolo o
della moda.
Diventare famosi... sembra un imperativo dal poco sapore di realtà.
Devianza, comportamenti a rischio
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L’indagine 2006 ha un capitolo sul bullismo vissuto o immaginato dai preadolescenti.
L’esposizione a fatti di bullismo che riguardano compagni o amici tocca 6 preadolescenti su 10.
Solo una percentuale minore, ma per nulla insignificante (13,6% con punte al 16,1% da parte
dei maschi) asserisce di «assistere spesso» a fenomeni di prepotenza subita da coetanei da
parte di altri coetanei, il che non è cosa da poco: oltre 1 su 10. Quasi il 60% dice di essergli
capitato qualche volta di assistere a fenomeni tali.
Quale si prospetta ai preadolescenti la via ottimale di reagire a tale atto di prepotenza?
Per il 75% l’andare a raccontare ai genitori o agli insegnanti le prepotenze subite, a fronte di
ben 3 maschi su 10 che reputano tale comportamento da fifone o da spia.
Infatti la reazione immaginata da parte dei soggetti di eventuali atti di bullismo nei propri
confronti è quella dell’autodifesa (53% con oltre 20 punti percentuali maggiori dei maschi!).
Sembra si riproduca quella ingannevole percezione di «sentirsi già grandi» in grado di risolvere
da soli, con la difesa o con la passività, questo fenomeno.
Quasi un voler escludere i genitori e gli adulti educatori dal prendersene carico.
Come se si trattasse alla fine di «cose di gruppo», cose tra coetanei, come la lotta per
emergere nel gruppo, la conquista di una leadership, il riscatto di uno status di «adulto» dinanzi
ai coetanei, in sintonia con l’ideale che abbiamo già visto in precedenza del «tipo o della tipa
giusti», cioè della vittima che diventa «bullo» a sua volta, come recita uno dei videogiochi
correnti dal titolo «canis canem edit»!
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Come sono cambiati i preadolescenti?
I maschi hanno una percezione del rischio di certi comportamenti mediamente più bassa di
quella delle ragazze.
Nell’elenco questi sono quelli considerati maggiormente rischiosi: fumare canne, ubriacarsi,
guida dell’auto o moto senza patente, rubare in un negozio, avere rapporti sessuali non protetti,
assunzione di integratori, guida spericolata e sregolata della bici o del motorino.
Ma considerare alcuni comportamenti rischiosi non significa per nulla che gli adolescenti si
astengano dal praticarlo, per le stesse ragioni che portano al bullismo: l’essere considerati dai
coetanei.
A proposito dei comportamenti a rischio, aumentano i ragazzi che fumano, 3 su 10, soprattutto i
maschi. Aumenta anche il numero di soggetti che è in contatto con compagni/e che hanno
sperimentato il fumare le canne: al centro nord raggiunge la metà del campione dei maschi.
Segno che l’esposizione alle droghe cosiddette leggere sta diventando normale come quella al
fumo anche per i soggetti alle soglie dell’adolescenza.
Aumenta il consumo di sostanze alcooliche: vino, birra (soprattutto tra i maschi del sud), liquori,
anche se solo occasionalmente; aumentano i coetanei che si ubriacano, e non appaiono
differenze tra maschi e femmine.
Significativamente i soggetti più teledipendenti (gli «over 3» ore giornaliere di fruizione del
mezzo televisivo) hanno la minore tendenza a considerare rischiose certe azioni e rivelano la
maggior predisposizione ad adottare comportamenti da loro stessi giudicati rischiosi (fumo,
alcool, canna) e la tendenza più marcata a voler apparire «più adulti» e maggiormente
condizionati dai modelli televisivi e dalla pubblicità.
Ecco una categoria di preadolescenti del disagio sul crinale della devianza.
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Come sono cambiati i preadolescenti?
A MO’ DI CONCLUSIONE
Sono stati analizzati alcuni ambiti di vita del preadolescente nelle ultime indagini della «Società
Italiana di Pediatria». Io ho tentato di raccogliere alcuni spaccati tenendo presente i rapporti
degli ultimi 3 anni.
Eppure ci sono diversi ambiti di vita quotidiana del preadolescente che restano oscuri e che
pure sono importanti per comprenderne i cambiamenti.
Certo l’effetto dell’esposizione alla comunicazione massmediale e interattiva ha il suo peso,
e queste nuove generazioni appaiono maggiormente catturate e in certi casi quasi prigioniere
del mondo virtuale.
Altri ambiti relazionali come la vita in classe (i preadolescenti trascorrono ben 5 ore giornaliere
nel gruppo classe), la vita di gruppo e la compagnia extrascolastica informale, il trascorrere fuori
casa del tempo libero, le esperienze esplorative nel territorio, nella città, nella natura, nello
spazio sociale che essi si ritagliano, nelle altre istituzioni ci restano sconosciuti.
Qualche dato o tendenza ci viene dagli altri adulti oltre i genitori, ma non è granché.
Ci vengono a mancare molti dati su ambiti di vita apparentemente secondari ma per nulla
irrilevanti per conoscere la vita e i cambiamenti del preadolescente di oggi.
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Questo non significa che non ci siano alcune tendenze alquanto preoccupanti dal punto di vista
educativo e pastorale.
* Anzitutto sembra sempre più ritrarsi il mondo degli adulti che interagiscono
significativamente con questa fascia di soggetti. Eppure, se il tempo di esposizione alla
relazione diretta con i genitori tende a restringersi, non viene a mancare la relazione con altri
adulti che si collocano nei tempo sociali di vita del preadolescente.
È stata messa in evidenza la «debolezza» dei modelli educativi familiari, anche se sarebbe
quanto mai interessante poter avere un raffronto con la incidenza dei diversi modelli educativi
circolanti. Non tutti i contesti familiari sono rinunciatari! La variabile principale credo sia
costituita dalla diversità degli stili relazionali degli adulti, genitori compresi.
* Affiora, anche se indirettamente, sempre più significativo e prevalente il peso e l’importanza
del gruppo dei coetanei, informale e formale
con le loro differenti funzioni; esso appare sempre più crogiuolo e mondo vitale all’interno del
quale sperimentare, vestire e svestire, stili relazionali nuovi, modelli, approcci per verificarli e
verificarsi.
* Il grande compito evolutivo di elaborazione dell’identità personale, sociale e culturale,
riguarda già il tempo della preadolescenza, seppure con tutte le modalità specifiche dell’età pur
culturalmente condizionate, ma sempre
attraverso il prevalere della dimensione spazio-relazionale dell’identità su quella
interiore-temporale
, propria dell’adolescenza.
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Come sono cambiati i preadolescenti?
Ho la netta impressione che in un tempo di riduzione del controllo familiare sul figlio/a dell’età
del cambio, divengano dominanti le strategie della reclusione dei figli nello spazio domestico,
concedendo loro come contraccambio l’alternativa dell’allontanamento solo «virtuale» dallo
spazio di casa, attraverso la via degli strumenti di comunicazione e di interazione di massa.
Un modo diverso e altro di continuare a «negare» spazi di vita reale, di relazioni concrete, di
contatto diretto con la natura, il mondo, gli altri, la città o il paese. E questa negazione di spazi e
di movimento reale diventa impedimento alla elaborazione di quegli interessi e quei bisogni
vitali che proprio attraverso il corpo il preadolescente ha necessità di mettere in atto.
Così che il mondo delle emozioni reali, degli affetti da gestire nelle forme più svariate e
camuffate dell’eros adolescenziale, la rete di relazioni nuove da costruire e da conquistare,
diventano ogni giorno più lontani, anzi, allontanati.
E ancora una volta la preadolescenza permane anche oggi in gran parte «età ancora
negata».
* Quale la reazione speculare dei preadolescenti, attraverso le forme rivelatrici dei soggetti più
esposti e più deboli, a questo perpetuarsi di una negazione?
L’introiezione della negazione. Essi sembrano sempre meno appassionati di vivere
l’avventura di questa età, anzi quasi incapace di coglierne il valore e i compiti di crescita.
Proiettati invece, con meccanismi di fuga in avanti, intenti a bruciare le tappe, al divenire
«subito cresciuti», adulti subito, senza troppe moratorie, senza attendere i tempi giusti per ogni
cosa.
Da qui quella serie di comportamenti compulsivi, che segnano l’aumento dei comportamenti
a rischio e della devianza, tra i quali si colloca significativamente il bullismo, la percezione
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stessa che la loro crescita sfugga al controllo personale. E in tal modo anticipano
comportamenti di età successive e si privano di quelle esperienze preziose per la realizzazione
dei compiti evolutivi di questa età.
* Adulti subito, ma sollevati dalla responsabilità intorno alla qualità della propria vita, sempre
meno consapevoli del valore inestimabile e unico di essa e del tesoro che essa costituisce;
abbagliati dai miti ingannevoli dell’immaginario pubblicitario, e ancora egocentrici dissacratori,
incapaci di aprirsi all’altro e al suo mistero, soggetti senza memoria e senza tempo, perché
prigionieri di un tempo circolare che non li aiuta a ricuperare la radici e ricucire frammenti della
propria storia personale.
Alle soglie dell’adolescenza che essa sola li potrà aprire al futuro.
* L’impressione è che i nostri preadolescenti arrivino meno attrezzati dei coetanei che li hanno
preceduti con quelle competenze che sono racchiuse nei compiti evolutivi propri di questa età
della vita. La dimensione dell’identità personale dal punto di vista dello «spazio» (il corpo agito
nello spazio territoriale e socio-affettivo-relazionale) viene ridimensionata e sacrificata a quel
movimento nello spazio virtuale e immaginario che impedisce e nega la corporeità e la fisicità.
Quale sarà allora il senso della realtà che i nostri preadolescenti vengono elaborando?
Come potranno verificare realmente a contatto con i corpi e con le cose, con la natura, il loro
divenire abitanti del mondo dell’uomo e non solo cuccioli?
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