il sistema educativo di istruzione e di formazione (*) Umberto Tenuta
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il sistema educativo di istruzione e di formazione (*) Umberto Tenuta
Prima di affrontare l'analisi di ciò che si intende in Europa per istruzione e formazione sarà opportuno riflettere un poco sui termini usati, partendo da due interessanti contributi rispettivamente di Umberto Tenuta apparso su Scuola Italiana Moderna e di Benedetto Vertecchi, pubblicato su Tuttoscuola, XXXIV, 486, 2008, pp. 28-29. il sistema educativo di istruzione e di formazione (*) Umberto Tenuta Nell’accezione più comune il termine istruzione sta ad indicare l’acquisizione di conoscenze, informazioni, nozioni. Invece, il termine educazione viene comunemente utilizzato per indicare l’acquisizione degli atteggiamenti e delle capacità che attengono al comportamento morale (educazione morale), ma anche alle altre dimensioni della personalità (educazione sociale, educazione affettiva, educazione linguistica…). Nella stessa accezione viene spesso utilizzato il termine formazione (formazione morale, formazione sociale, formazione affettiva, formazione linguistica, formazione cognitiva…). Precisazioni terminologiche Al contrario, nei testi normativi e pedagogici i termini istruzione, educazione e formazione vengono spesso utilizzati in modo equivoco. Il termine istruzione Il termine istruzione viene spesso utilizzato, sia per indicare l’acquisizione delle conoscenze, sia come sinonimo di educazione e di formazione, cioè di acquisizione di atteggiamenti e di capacità. Questo equivoco è rafforzato anche dall’espressione “istruzione formativa” (“istruzione educativa”), nella quale l’aggettivo formativa (educativa) viene inteso come esplicativo del termine istruzione. Ora non v’è chi non veda che l’aggettivo formativa (educativa) non sta ad indicare la natura costitutiva dell’istruzione, ma la sua particolare finalizzazione, nel senso che l’istruzione può assumere carattere formativo (educativo). Se di per se stessa l’istruzione fosse formativa (educativa), non vi sarebbe bisogno di aggettivarla (istruzione formativa/educativa). In effetti, l’istruzione può essere formativa/educativa, ma può essere anche diseducativa o neutrale. L’istruzione è cosa diversa dalla formazione e dall’educazione. I termini educazione/formazione Anche i termini educazione/formazione sono utilizzati in modo equivoco, come sinonimi o con significati specifici diversi. Il termine educazione viene spesso utilizzato per indicare l’acquisizione di atteggiamenti e di capacità di ordine comportamentale (educazione morale, civile, sociale…) o di natura disciplinare (educazione linguistica, educazione matematica, educazione scientifica…). Il termine formazione viene frequentemente utilizzato come sinonimo di educazione (formazione morale, sociale, linguistica, matematica…), ma viene anche utilizzato specificamente per indicare la formazione professionale, stabilendo l’equivalenza tra formazione e formazione professionale [1] . Al riguardo, tuttavia, si può ritenere che in linea di massima i due termine educazione e formazione possano essere utilizzati come sinonimi e che essi possano assumere specifici significati attraverso le aggettivazioni (educazione /formazione morale, educazione/formazione linguistica…), da utilizzare anche per la formazione professionale. Ciò che invece non può ritenersi accettabile è che i termini educazione e formazione vengano utilizzati come sinonimi di istruzione o viceversa. Anche se è vero che l’istruzione può essere formativa/educativa ma può anche non essere educativa/formativa e che l’educazione/formazione presupponge anche l’acquisizione di conoscenze, tuttavia si deve riconoscere che l’istruzione consiste essenzialmente nell’acquisizione di conoscenze e che l’educazione/formazione consiste essenzialmente nell’acquisizione di atteggiamenti e di capacità. Pertanto, è cosa diversa assegnare alla scuola compiti di istruzione oppure compiti di educazione/formazione. Al riguardo, però, è a tutti noto che da trent’anni la scuola vive in una situazione di estrema equivocità in ordine ai suoi compiti, per cui non si sa con certezza se essa debba limitarsi ad istruire o debba anche impegnarsi a promuovere l’educazione e la formazione dei giovani o, più esplicitamente, se debba impegnarsi nell’educazione/formazione morale dei giovani [2] . È pertanto quanto mai opportuno cercare di affrontare la questione per arrivare ad una conclusione che sia chiara e inequivocabile per tutti in ordine ai compiti di istruzione e/o di educazione/formazione della scuola. CONSIDERAZIONI DI MERITO Al riguardo, si impongono alcune precisazioni. La prima riguarda l’assunto che la scuola debba curarsi solo dell’istruzione. Questo assunto può avere due motivazioni: o si assume che la persona umana sia già dotata di atteggiamenti e di capacità o si assume che la scuola non debba occuparsi dell’educazione/formazione. La prima motivazione è la più comune, in quanto, spesso implicitamente, si parte dal presupposto che l’individuo, al momento della nascita, sia già dotato delle capacità e degli atteggiamenti, soprattutto di ordine cognitivo, per cui il compito della scuola non sarebbe quello di promuovere la formazione delle capacità (percettive, di discriminazione, di generalizzazione, di astrazione di intuizione, di analisi, di sintesi…) ma solo quello di fornire le informazioni, le conoscenze, il sapere di cui le capacità hanno bisogno per esplicarsi. Molto spesso, troppo spesso, si lascia presupporre che le capacità siano innate (“intelligenti si nasce”) o che esse si sviluppino spontaneamente, indipendentemente da ogni azione formativa intenzionale e sistematica. Al riguardo, è appena il caso di precisare che le ricerche più aggiornate portano a superare tale visione innatistica e riconoscono il consistente apporto delle stimolazioni socioculturali, ritenendo che la formazione delle capacità risulti dalla interazione delle possibilità genetiche con le stimolazioni socioculturali, sia che le potenzialità genetiche vengano intese come presenza di pre-capacità, pre-atteggiamenti, pre-conoscenze che hanno bisogno solo di stimoli per esplicarsi, venir fuori, svilupparsi, sia invece che, come oggi la ricerca più avanzata è orientata, si ritenga che al momento della nascita esistano solo delle “possibilità genetiche”, che possono assumere direzioni diverse, cioè formarsi a seconda delle stimolazioni socioculturali. Comunque, si può ritenere che oggi sia prevalente la propensione a ritenere che le capacità non siano innate. Nessuna capacità è innata, né quella di camminare, né quella di parlare, né quella di risolvere problemi, né quella di relazionarsi agli altri. Le capacità umane, tutte le capacità che costituiscono l’uomo nella sua “umanità” debbono formarsi; diversamente non si diventa uomo, anche se si acquisiscono le conoscenze. La formazione delle capacità può avvenire nel contesto delle esperienze spontanee di vita: molte capacità si formano così, spontaneamente. Ma nelle esperienze spontanee la formazione delle capacità risulta aleatoria: alcune capacità non si formano, altre si formano a livelli limitati. Si rende perciò necessario l’intervento intenzionale e sistematico della scuola. In tal senso, nel Regolamento dell’autonomia scolastica e nella Legge di riforma dei cicli si afferma che le finalità della scuola sono costituite dall’acquisizione di capacità e competenze, oltre che di conoscenze. La seconda motivazione che porta ad attribuire alla scuola solo compiti di istruzione si fonda sul rifiuto di riconoscere alla scuola il compito della formazione/educazione, soprattutto della formazione/educazione morale e della formazione/educazione religiosa. Si riconosce che le capacità e gli atteggiamenti in cui consiste la formazione umana non siano innati, ma debbano essere acquisiti. Tuttavia, mentre si ritiene conforme ai compiti della scuola promuovere la formazione cognitiva, la formazione linguistica, la formazione estetica…, non si ritiene invece accettabile che essa si occupi anche della formazione morale e ancor meno della formazione religiosa. Si tratta di una motivazione che ha il suo fondamento, oltre che nel riconoscimento della libertà degli individui, soprattutto nel rischio della catechizzazione, dell’indottrinamento, dell’ideologismo. Al riguardo, però, si può osservare che, per quanto attiene alla formazione religiosa, resta acquisito che si tratta di scelta personale e che pertanto nella scuola essa debba essere attuata nella forma della mera istruzione (“conoscenza dei fatti religiosi”, come si afferma nei Programmi del 1985). Per quanto attiene invece alla formazione morale, che è la più controversa, la soluzione dovrebbe essere quella individuata nei Programmi del 1985, cioè dei “valori condivisibili”, secondo gli orientamenti contenuti nella Carta costituzionale.. Tuttavia, non sembra che la scuola possa non impegnarsi anche sul piano della formazione morale, almeno per due motivi. Da una parte, occorre prendere atto che la moralità, fondamentale dimensione costitutiva della persona umana, non è innata ma si realizza attraverso un processo formativo che si avvia nella famiglia e nella società e che però abbisogna anch’esso dell’apporto intenzionale e sistematico della scuola . D’altra parte, occorre considerare che la formazione morale costituisce un’esigenza sociale oggi profondamente avvertita, ineludibile, indilazionabile, come peraltro testimoniano i numerosi Progetti educativi sollecitati dall’Amministrazione scolastica in risposta a pressanti richieste della società e della famiglia nell’ultimo decennio. Al riguardo, occorre peraltro prendere atto che l’educazione sociale e soprattutto l’educazione civica, in cui si concretizza la formazione del cittadino, non può fondarsi sulla sanzione sociale, civile e penale, ma trova sicuro fondamento solo nella legge morale, anche laica, kantiana, la cui formazione però non può essere lasciata alla spontaneità dello sviluppo e della formazione informale che si attua nella famiglia e nella società, ma va intenzionalmente e sistematicamente promossa anche nella scuola, se si vuole che sia garantita la convivenza civile, democratica, umana. Evidentemente, occorrerà assicurare che non si assumano prospettive unilaterali e di parte e si rimanga invece nell’ambito dei valori condivisibili su cui si fonda la carta costituzionale. Dovrebbe perciò risultare acquisito che anche la formazione/educazione morale costituisce un preciso compito della scuola, soprattutto della scuola di base. Ulteriori conferme in tal senso possono essere ritrovate nei più recenti testi normativi. I testi normativi Nella Legge di riforma dei cicli sono contenute le seguenti espressioni specificamente riferite all’educazione ed alla formazione: • <<Il sistema educativo di istruzione e di formazione è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona umana… • <<La scuola dell'infanzia… concorre alla educazione e allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e delle bambine di età compresa tra i tre e i sei anni, promuovendone le potenzialità di autonomia, creatività, apprendimento e operando per assicurare una effettiva eguaglianza delle opportunità educative nel rispetto dell'orientamento educativo dei genitori, concorre alla formazione integrale dei bambini. • <<La scuola di base …. è caratterizzata da un percorso educativo unitario e articolato in rapporto alle esigenze di sviluppo degli alunni; si raccorda da un lato alla scuola dell'infanzia e dall'altro al ciclo dell'istruzione secondaria. … persegue le seguenti finalità: acquisizione e sviluppo delle conoscenze e delle abilità di base; • <<La scuola secondaria … ha la finalità di consolidare, riorganizzare ed accrescere le capacità e le competenze acquisite nel ciclo primario… di arricchire la formazione culturale, umana e civile degli studenti, sostenendoli nella progressiva assunzione di responsabilità…>>. D’altra parte, il Regolamento dell’autonomia scolastica statuisce che le istituzioni scolastiche possono riorganizzare <<i propri percorsi didattici secondo modalità fondate su obiettivi formativi e competenze>> [3] . Dalle indicazioni normative di cui sopra sembra emergere chiaramente che le finalità previste per la nuova scuola, in particolare per la scuola di base, non sono limitate alla sola istruzione, cioè alla mera acquisizione di conoscenze, ma comprendono anche l’educazione/formazione, cioè l’acquisizione di atteggiamenti e di capacità. In effetti, basterebbe solo considerare che nel Regolamento dell’autonomia scolastica si parla di Piano dell’offerta formativa e nella Legge di riforma dei cicli si parla di sistema educativo di istruzione e di formazione [4] . Al riguardo, non sembra che la “formazione” cui si fa riferimento nel Regolamento dell’autonomia scolastica e nella Legge di riforma dei cicli debba essere riferita solo alla formazione cognitiva ed alla formazione sociale, civile ecc., e non anche alla formazione morale, atteso che per la scuola dell’infanzia si afferma che essa <<concorre alla educazione e allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e delle bambine… promuovendone le potenzialità di autonomia, creatività, apprendimento e operando per assicurare una effettiva eguaglianza delle opportunità educative nel rispetto dell'orientamento educativo dei genitori [5] , concorre alla formazione integrale [6] dei bambini e delle bambine>>. A chi volesse osservare che tali finalità, peraltro più esplicitamente indicate negli Orientamenti educativi del 1991 come <<sviluppo etico-morale>>, <<sviluppo sociale>>, <<sviluppo affettivo ed emotivo>>, <<sviluppo di un corretto atteggiamenti nei confronti della religiosità e delle religioni e delle scelte dei non credenti>>, si riferiscono alla scuola dell’infanzia, si può osservare che, nella Legge di riforma dei cicli viene espressamente riaffermato il principio della continuità educativa e che peraltro sarebbe ben strano che l’educazione morale finisse, appena avviata, nella scuola dell’infanzia. L’IMPEGNO EDUCATIVO/FORMATIVO DELLA NUOVA Scuola Non solo le considerazioni di ordine sociopsicopedagogico, ma anche la lettura della vigente normativa sull’autonomia scolastica e sulla riforma dei cicli inducono a ritenere che la nuova scuola si caratterizza per il suo preminente impegno educativo/formativo, sia in ordine alle dimensioni cognitive, linguistiche, estetiche…, sia in ordine alle dimensioni morali, sociali, affettive… della personalità. Riconoscere questo significa che la nuova scuola deve impegnarsi soprattutto a far maturare atteggiamenti e capacità, oltre che a far acquisire le conoscenze essenziali. Se ci si muoverà in questa direzione, la formazione scolastica garantirà ai giovani gli atteggiamenti, le capacità e le conoscenze essenziali per la loro <<effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economia e sociale del Paese>>, così come prevede la Carta costituzionale. Affermare che la scuola dell’autonomia ha preminenti finalità formative significa riconoscere che essa deve mirare soprattutto alla formazione di atteggiamenti e di capacità, pur impegnandosi a far acquisire le conoscenze essenziali [7] . Le conoscenze sono strumenti che le persone utilizzano per l’esercizio delle loro capacità, secondo i loro atteggiamenti. Non basta conoscere le parole per saper parlare: la capacità di parlare è cosa diversa dalla conoscenza delle parole. E, quindi, assieme all’acquisizione delle conoscenze, sono necessarie le capacità. Le capacità sono le abilità, sono le competenze, sono il saper fare e come tali attengono a tutte le dimensioni della personalità, da quella cognitiva (capacità percettive, discriminative, di generalizzazione…) a quelle linguistiche (capacità comunicative, espressive….)…. In effetti, sembra universalmente acquisito che la scuola debba promuovere, come sua essenziale finalità, l’acquisizione della capacità di imparare Anche in ordine alle capacità occorre però una chiarificazione. Non basta acquisire le capacità, perché esse hanno significato solo se vengono esercitate: non basta possedere la capacità di parlare, di camminare, di leggere…per parlare, camminare, leggere… Occorre qualcos’altro, cioè gli atteggiamenti, le disponibilità, le motivazioni, gli interessi che portano ad attivare le capacità, che inducono a camminare, a parlare, a leggere, a riflettere, a pensare, a creare, a relazionarsi agli altri. Senza gli atteggiamenti, senza gli interessi, senza le motivazioni, senza le forze del cuore, le capacità non si attivano e le conoscenze sono inutili. In tale prospettiva, nel Documento sui contenuti essenziali si afferma che il compito fondamentale della scuola è quello di far nascere il piacere del matematizzare (<<Sembra essenziale, a questo riguardo, che bambini e ragazzi non perdano il piacere del matematizzare>>), il piacere del leggere (la lettura va intesa e sollecitata anche come emozione immediata e bisogno-piacere inesauribile). Perciò occorre che la scuola promuova la formazione di capacità, ma soprattutto occorre che la scuola promuova la formazione di atteggiamenti, di motivazioni, di interessi, di disponibilità ad apprendere, ad operare, ad agire. Innanzitutto, atteggiamenti nei confronti di se stessi (accettazione, autostima, fiducia); poi, atteggiamenti nei confronti degli altri (socievolezza, solidarietà…); infine, atteggiamenti nei confronti dei saperi (piacere di imparare, di apprendere…) [8] . Al riguardo, è appena il caso di precisare che, se il fine della scuola è quello di predisporre all’educazione permanente, ciò che maggiormente importa è l’acquisizione della capacità e soprattutto della motivazione ad imparare per tutto il corso della vita. In tal senso, con una felicissima espressione, nei Programmi didattici del 1955 si affermava che <<scopo essenziale della scuola non è tanto quello di impartire un complesso determinato di nozioni, quanto di comunicare al fanciullo la gioia ed il gusto di imparare e di fare da sé, perché ne conservi l'abito oltre i confini della scuola, per tutta la vita>>. Peraltro, oltre che nel Documento dei Saggi, questo invito si ritrova nei più recenti Programmi didattici, come quelli del 1985 (<<Il programma… mira ad aiutare l'alunno, impegnato a soddisfare il suo bisogno di conoscere e di comprendere, a possedere unitariamente la cultura che apprende ed elabora>>). La preminente importanza da assegnare all’acquisizione degli atteggiamenti e delle capacità non significa però che la scuola non debba impegnarsi a far acquisire anche le conoscenze, ma le conoscenze essenziali, i nuclei concettuali fondanti, le strutture delle discipline, bandendo finalmente dalla scuola il nozionismo. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE In conclusione, si può ritenere che la scuola dell’autonomia, la scuola della Riforma dei cicli, non è la scuola della mera istruzione, ma è la scuola della formazione integrale, la scuola che assicura il successo formativo, evidentemente inteso nell’accezione costituzionale di <<pieno sviluppo della persona umana>>, cioè di piena formazione dell’uomo nella integralità delle sue dimensioni costitutive (<<sistema integrato>> [9] ), che comprendono e vedono interconnesse ed interagenti la dimensione motoria, la dimensione cognitiva, la dimensione estetica, la dimensione linguistica, la dimensione musicale, la dimensione sociale, la dimensione civica, la dimensione morale ecc. Questa esigenza acquista particolare rilevanza soprattutto oggi, nel momento in cui si parla di intelligenza affettiva, di educazione psicomotoria ecc. L’uomo non può essere diviso (uomo ad una sola dimensione) e, pertanto, non si può pensare di formare l’uomo e di formare il cittadino occupandosi solo della formazione cognitiva o, peggio, della sola istruzione. Il Regolamento dell’autonomia scolastica e la Legge di riforma dei cicli restituiscono alla scuola il compito della piena formazione della persona umana, dando finalmente attuazione al dettato costituzionale del <<pieno sviluppo della persona umana>>. Evidentemente, la formazione cognitiva, la formazione affettiva, la formazione sociale, la formazione morale vanno promosse evitando ogni impostazione unilaterale, nello spirito del pluralismo culturale che è proprio della Carta costituzionale, pluralismo che non significa agnosticismo ma prospettiva democratica, cioè non misconoscimento ma valorizzazione delle diverse concezioni. È auspicabile che ci si muova concretamente in tale prospettiva, precisando, nel syllabus nazionale degli obiettivi formativi, non solo gli obiettivi formativi disciplinari, ma anche gli obiettivi formativi attinenti alla formazione morale, sociale, affettiva… Solo così la nuova scuola non si limiterà ad istruire, lasciando all’aleatorietà dei processi formativi non intenzionali della famiglia e dei contesti sociali la formazione delle capacità e degli atteggiamenti che assicurano la piena formazione umana e quindi l’effettiva uguaglianza dei cittadini, secondo il dettato della Carta costituzionale. Gli alunni che frequentano la scuola hanno diritto, non tanto all’acquisizione delle conoscenze, cui peraltro oggi possono accedere più agevolmente attraverso i canali delle tecnologie multimediali, quanto alla formazione delle loro capacità e dei loro atteggiamenti, non solo cognitivi, linguistici, matematici…, ma anche morali, sociali, affettivi…perché sia assicurata loro <<l’effettiva partecipazione… all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese>>. Al riguardo, è opportuno precisare che, mentre la scuola dell’istruzione si limita a prendere atto delle disuguaglianze prodotte dai condizionamenti socioculturali, solo una scuola formativa può assicurare l’uguaglianza dei cittadini, fondamento di una società democratica. A tale conclusione dovrebbe peraltro indurre anche e definitivamente la considerazione che, se la nuova scuola deve essere la scuola di una società democratica, essa deve superare l’impostazione classista della scuola dell’istruzione, fondata sull’assunto che le capacità e gli atteggiamenti sono innati e non si formano invece attraverso i processi educativi informali e formali, per cui spetta precipuamente alla scuola, non solo il compito di offrire il suo qualificato contributo alla loro formazione, ma anche di impegnarsi alla eliminazione dei condizionamenti socioculturali che hanno portato, non solo e non tanto ad una povertà di conoscenze, quanto al limitato sviluppo delle capacità e degli atteggiamenti cognitivi, linguistici, affettivi… affettivi, sociali, morali, che, se da una parte non possono assicurare l’uguale partecipazione alla vita sociale, politica ed economica, dall’altra creano profonde difficoltà alla convivenza democratica. Ed è questa, la convivenza democratica che non può non essere fondata sui valori morali il problema più urgente delle società multietniche, multireligiose e multiculturali del villaggio globale. Ritenere ancora che la scuola abbia solo compiti di istruzione e, al più, anche compiti di formazione cognitiva, sociale ed affettiva, significa, non solo disattendere l’impegno costituzionale del <<pieno sviluppo della persona umana>>, ma anche e soprattutto non preparare i giovani a vivere responsabilmente nella difficile società del 2000. (*) da Scuola Italiana Moderna [1] Quando si parla di formazione, spesso si intende specificamente formazione professionale. [2] In effetti, nessuno mostra difficoltà a riconoscere che la scuola ha fini formativi sul piano cognitivo e disciplinare, in quanto si dà per scontato che la scuola debba promuovere la formazione di capacità e di atteggiamenti cognitivi, linguistici, scientifici, storici, matematici…Le incertezze nascono in ordine alla formazione affettiva, sociale civile e soprattutto alla formazione morale e religiosa. [3] Negli altri articoli del Regolamento dell’autonomia scolastica si fa riferimento ad <<obiettivi formativi ..offerta formativa…. Interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana…>>. [4] L’espressione sistema educativo di istruzione e di formazione risulta incomprensibile, sia perché si avrebbe un sistema educativo di istruzione, sia perché l’espressione sistema educativo di formazione è quanto meno ripetitiva. Forse l’interpretazione autentica sta nell’aggiunta di una o due virgole: sistema educativo, di istruzione e di formazione (sistema educativo, di istruzione, di formazione). Almeno questa dovrebbe essere la lettura. [5] L’orientamento educativo dei genitori ha significato soprattutto se riferito alle scelte morali. Se le parole hanno un significato, la formazione integrale comprende tutte le dimensioni della personalità, quindi anche la dimensione morale. [6] [7] In merito cfr. UMBERTO TENUTA, I contenuti essenziali per la formazione di base: homo patiens, habilis, sapiens, in RIVISTA DELL’ISTRUZIONE, MAGGIOLI, RIMINI, 1998, N. 5 [8] <<atteggiamento positivo verso questa meravigliosa attività del pensiero umano>>, come si afferma nei Programmi del 1985 a proposito dell’educazione matematica. [9] Cfr. Documento dei saggi sui contenuti essenziali. Le parole e le idee. Educazione, istruzione e formazione Benedetto Vertecchi (pubblicato in Tuttoscuola, XXXIV, 486, 2008, pp. 28-29) Può sembrare una stravaganza che, coi tempi che corrono e con tutti i problemi che quotidianamente occorre affrontare, ci si preoccupi di questioni lessicali e ci si riprometta, com’è implicito nel titolo di questo intervento, di puntualizzare il significato di parole che tutti siamo soliti utilizzare, come educazione, istruzione e formazione. Eppure, se si ha la pazienza di seguire gli argomenti che mi appresto a esporre, si può giungere ad una conclusione diversa, e cioè che un po’ di chiarezza potrebbe giovare a porre il confronto su un terreno di maggiore correttezza e, soprattutto, potrebbe accrescere la consapevolezza relativa alle trasformazioni in atto nel sistema educativo italiano e in quelli dei paesi con i quali è più frequente l’abitudine a stabilire confronti. Anche se provvisoriamente, possiamo riconoscere a due delle tre parole che stiamo per prendere in considerazione (educazione e istruzione) i significati con i quali sono state usate nella tradizione culturale italiana ed europea. In tale tradizione, i significati delle due parole sono collegati da un rapporto di inclusione, perché l’istruzione è parte dell’educazione. Più specificamente, l’istruzione è una manifestazione esplicita dell’educazione, che ha l’intento di trasferire repertori culturali. Il messaggio di istruzione procede da chi possiede gli elementi da trasferire a chi non li possiede, senza particolari vincoli derivanti dall’età dei soggetti che partecipano al processo. Ciò è particolarmente evidente nel caso dell’istruzione che interessi un pubblico adulto: chi formula il messaggio di istruzione può essere più anziano di chi lo riceve (situazione questa improbabile se i destinatari, com’è nella scuola, sono bambini e ragazzi). Ovviamente, il significato di educazione è più ampio, investendo aspetti dell’adattamento alla vita che non comportano apprendimenti formalizzati. Spesso tali aspetti sono acquisiti in modi impliciti, per imitazione, e riguardano stili di comportamento, valori, pratiche dell’esistenza quotidiana. In Italia il contrasto politico tra laici e cattolici che aveva cominciato a manifestarsi nell’età del Risorgimento ha prodotto una contrapposizione artificiosa, che si è conservata fino a qualche decennio fa: i cattolici hanno preferito parlare di educazione, perché si poteva comprendere nel significato della parola il trasferimento di principi morali, mentre i laici hanno posto maggior enfasi sull’istruzione, perché hanno visto nel trasferimento di repertori culturali una condizione di progresso individuale e sociale. La fortuna della terza parola, formazione, è abbastanza recente. Negli anni sessanta, sull’onda della incipiente collaborazione tra cattolici (democristiani) e laici (socialisti) sembrò opportuno smussare le differenze tra i rispettivi orientamenti ideali anche dal punto di vista linguistico. La parola formazione era molto meno usata di quanto non sia avvenuto successivamente: indicava, com’è evidente considerandone l’etimologia, il prender forma (per esempio, nel processo di sviluppo) o il dar forma (in questo caso, si trattava di conferire a qualcuno caratteristiche che precedentemente non aveva: è il caso della formazione professionale, come ha posto opportunamente in evidenza Max Weber in Die protestantische Ethik und der Geiste des Kapitalismus). Nella cultura italiana era frequente l’uso di formazione con il significato di prender forma, mentre lo era molto di meno in quello di dar forma. La stessa formazione professionale era indicata con la parola addestramento, peraltro corrispondente all’inglese training: è interessante osservare che in questo caso i cultori della lingua imperiale abbiano preferito seguire una via diversa. Molti ritennero che l’eccesso d’ideologia che si riconosceva nell’uso di educazione e istruzione potesse essere eliminato ricorrendo ad una parola non compromessa nelle polemiche fra cattolici e laici, come formazione. È accaduto il contrario: non solo formazione ha mostrato di essere quello che era (una parola satura di connotazioni ideologiche), ma ha finito col costituire una sorta di cavallo di Troia per trasportare nel campo dell’educazione modelli, formule organizzative, pratiche funzionali ad altre logiche e coerenti con altri scopi. In particolare, l’enfasi sulla formazione si è accompagnata all’affermazione di una categoria di utilità che forse è appropriata per l’acquisizione di competenze professionali, ma che è difficile affermare lo sia per l’educazione. Basterà un esempio per chiarire il senso di questa affermazione: leggere la Commedia è utile in una prospettiva educativa, ma è del tutto inutile in una formativa, dal momento è del tutto improbabile che ciò che si ricava da tale lettura possa essere utilizzato per fornire prestazioni orientate ad ottenere un beneficio valutabile in termini economici; viceversa, imparare ad usare un computer può essere carico di utilità nel breve termine, ma non produce quell’adattamento stabile del profilo culturale di un soggetto che siamo abituati a collegare all’educazione. Del resto, nessuno parla di formazione poetica, mentre ascoltiamo cori assordanti di cantori della formazione tecnologica. Oggi i termini del contendere non sono più tra cattolici e laici (educazione versus istruzione), ma tra chi enfatizza per le nuove generazioni l’adattamento a breve termine (formazione) e chi è convinto che si debbano considerare le esigenze che si presenteranno in un lungo, e per di più crescente, periodo di tempo, quello che segue gli anni dell’educazione sequenziale e che comprende la partecipazione alle attività produttive e alla vita sociale, fino all’epilogo che interviene in un’età sempre più tarda (ricordiamo che in un secolo la speranza media di vita è cresciuta di una trentina d’anni). Si direbbe che oggi il fattore che distingue le scelte di politica scolastica sia costituito dalla maggiore o minore attenzione al tempo come criterio per la definizione d’interventi in senso lato educativi (ma di volta in volta orientati soprattutto all’istruzione, se l’intento è l’affermazione della ragione e della creatività di bambini e ragazzi, o alla formazione, se invece si ritiene preferibile, come sembra che molti siano convinti, fornire i giovani di un corredo di competenze utilitarie valide nell’immediato). Non c’è dubbio che le scelte educative centrate sull’istruzione siano le più impegnative, e per certi versi le più impopolari, perché possono cozzare con opinioni radicate nel senso comune senza potersi giovare degli aloni suggestivi richiamati da molte delle proposte della formazione. Sono aloni che impressionano soprattutto gli strati meno favoriti della popolazione, ai quali si suggerisce di approfittare dell’utilità collegata all’acquisizione di capacità utilizzabili nell’immediato. Si trascura di osservare che si tratta, in ogni caso, di un’utilità transitoria, perché soggetta a ritmi incalzanti di sostituzione delle tecnologie e delle abilità necessarie per servirsene. E si trascura anche di osservare che a questa utilità sembrano del tutto insensibili gli strati favoriti della popolazione, che continuano a preferire per i loro figli un’impostazione degli studi nella quale la maggior attenzione sia rivolta ad apprendimenti che possano essere conservati nel corso della vita e possano costituire la base per processi di adattamento successivo: meglio saper argomentare e esprimere correttamente in forma scritta il proprio pensiero che saper riversare un testo in una memoria digitale tramite un programma di scrittura. Saper esprimere il proprio pensiero è un elemento che connota il profilo di un soggetto per tutto l’arco della vita; usare un programma di scrittura è utile finché non cambi la tecnologia prevalente per la conservazione dei testi. Un utile strumento di analisi è quello che possiamo ricavare partendo da Wikipedia e da numerosi materiali reperibili in rete. Analizzeremo dunque di seguito la storia e per così dire la "geografia" del concetto di educazione a partire dalla definizione fresca fresca di Treccani " L'educazione è il processo e l'attività volta allo sviluppo e alla formazione di facoltà e attitudini mentali, sociali e fisiche di un individuo, soprattutto, ma non soltanto, nei bambini e negli adolescenti. Etimologicamente il termine deriva dal verbo latino educare ("trarre"), a sua volta derivato dal verbo educĕre (cioè «trarre fuori, "tirar fuori" o "tirar fuori ciò che sta dentro") e ducĕre ("condurre") Il termine educazione è spesso ritenuto complementare all'istruzione. Tuttavia, mentre col termine istruzione si intendono metodologie più spiccatamente "trasmissive" dei saperi, il significato di educazione è più ampio e mirante ad estrapolare e potenziare anche qualità e competenze spesso nascoste. La prima disciplina che studiò sistematicamente i problemi dell'educazione fu la pedagogia, che si concentrò sull'educazione infantile. In tempi moderni nacquero quindi le scienze dell'educazione e della formazione, per trattare anche l'educazione continua in età adulta, rendendo questa accezione di "formazione" un sinonimo di educazione. Interessante, per noi, è il momento in cui si giunge alla definizione di educazione come diritto e diritto di tutti: • A livello mondiale gli stati membri dell'ONU nel 1948 sottoscrivono laDichiarazione Unversale dei Diritti Umani che con l'articolo 26 garantisce il diritto all'istruzione. Con la Convenzione Contro la Discriminazione nell'Istruzione: l' UNESCO stabilisce nel 1960 che una parte importante del diritto all'istruzione consiste nella mancanza di discriminazione. Nel 1966 laConvenzione internazionale sui diritti civili e politici (ICESCR) dell'ONU del 1966 ribadisce il diritto all'istruzione per tutti nell'Art. 13. • A livello europeo sin dal 1953 laConvenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali con l'Art. 2 del primo protocollo obbliga tutti i Paesi firmatari a garantire forme di educazione appropriate ai propri cittadini. • A livello nazionale quasi tutti i Paesi possiedono legislazioni che garantiscono le fondamentali forme di educazione ai propri cittadini anche se non tutti riescono ad applicarle pienamente. L'Italia nella sua Costituzione stabilisce nell'articolo 33 e soprattutto nell'articolo 34, la garanzia di una scuola aperta a tutti e di istruzione inferiore gratuita e obbligatoria da impartirsi per almeno otto anni. L'obbligo di frequenza e la gratuità non riguardano, al contrario, l’istruzione superiore e quella di livello universitario. La legge fondamentale della Repubblica Italiana stabilisce inoltre che «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Infine, diamo un'occhiata a Wikipedia: [nascondi] • 1 L'educazione come diritto di tutti • 2 Storia • 3 Organizzazione • 3.1 Nel mondo • 3.2 In Italia • 4 Il processo educativo • 4.1 Sistemi di educazione formale • 4.1.1 Educazione prescolare • 4.1.2 Educazione scolastica • 4.1.3 Educazione continua • 4.2 Sistemi di educazione non formale • 4.3 Sistemi di educazione informale • 5 Modelli e metodologie educative • 6 Educazione e problematiche di genere • 7 Principali temi • 7.1 Educazione all'ambiente • 7.2 Educazione all'arte • 7.3 Educazione alla società • 7.4 Educazione all'immagine • 7.5 Educazione alla salute • 7.6 Educazione stradale • 7.7 Educazione tecnica • 8 Educazione a livello europeo • 9 Indicatori OCSE per la Valutazione dei Sistemi Educativi • 10 Note • 11 Bibliografia • 12 Voci correlate • 13 Altri progetti [modifica] L'educazione come diritto di tutti • [modifica] Storia L'evoluzione della cultura e della società umana è strettamente legate al processo di acquisizione di conoscenza unitamente a quello di costruzione e trasmissione di saperi. Nelle società preletterate la trasmissione attraverso le diverse generazioni avveniva mediante la memorizzazione delle tradizioni orali e l'immitazione. L'invenzione della scrittura rese maggiormente possibile non solo la preservazione, ma anche la diffusione del sapere. Ciò contribuì a trasformare sensibilmente i processi educativi e diede l'opportunità di emergere alle prime forme di educazione formale. Forme di scolarizzazione di questo tipo esistevano nell'antico Egitto già in un periodo compreso tra il 3000 e il 500 a.c. Secondo la filosofia platonico-socratica, imparare altro non è che un "tirar fuori" una conoscenza, che già esiste in noi e che deve essere "condotta fuori" da noi tramite un processo atto a condurre fuori, e-ducere. Col metodo Socratico della maieutica, esposto da Platone nel Teeteto, attraverso l'arte della dialettica, paragonata da Socrate a quella della levatrice di "far partorire", il filosofo permetteva all'allievo di "tirar fuori" pensieri personali, appartenenti ad una conoscenza già da esso posseduta. Tale metodo era opposto a quello di coloro che volevano invece, tramite la retorica e la persuasione, imporre le proprie vedute agli altri come facevano i Sofisti. Con Emerson e le scuole a lui ispirate, invece, l'educazione si prospetta anzitutto come autoeducazione e come autocoltivazione che dura per tutta la vita. [modifica] Organizzazione [modifica] Nel mondo Nella maggior parte dei Paesi del mondo, l'educazione dell'individuo è affidata oltre che ai genitori, alla scuola pubblica con un'obbligatorietà di frequenza variabile. [modifica] In Italia Nell'ordinamento scolastico italiano la scuola dell'obbligo è suddivisa in cinque anni di scuola elementare e tre di scuola media. La frequenza scolastica è obbligatoria dal compimento del sesto anno di età fino al sedicesimo. Dopo il titolo finale dell'obbligo (che una volta era la licenza media, mentre oggi è il diploma conclusivo di primo ciclo di studi) scatta il diritto-dovere di istruzione e formazione, previsto dalla legge 53/2003, per assolvere al quale è possibile iscriversi a una scuola secondaria superiore oppure intraprendere percorsi di formazione e lavoro o alternanza scuolalavoro. La scuola pubblica nell'ordinamento amministrativo italiano veniva classicamente indicata come "Pubblica Istruzione". In seguito all'allargamento dell'apporto statale alla scuola anche in forma di contributi per le scuole private (confessionali e non), si è tolta l'accezione "pubblica" per l'indicazione dell'istituzione scolastica. Lo stesso ex Ministero della Pubblica Istruzione ("MPI") è stato ribattezzato Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ("MIUR"), accorpando così il settore istituzionale dell'università, fino ad allora MIUR. Nel 2006 sono stati ripristinati due ministeri distinti denominati Ministero della Pubblica Istruzione ("MPI") e Ministero dell'Università e della Ricerca ("MiUR") Nella lingua italiana, il termine educazione è anche sinonimo di corretta condotta, come nell'educazione civile, cioè il rispetto dei doveri e l'esercizio dei diritti. La corretta condotta può essere svolta secondo norme non necessariamente codificate, benché di pressoché generale condivisione, dette di buone maniere, gentilezza, urbanità. [modifica] Il processo educativo È il processo che può esplicarsi in presenza di diverse tipologie di specifici contesti, attori ed azioni: • Contesti: istituzioni educative formali (scuole, Accademie, Università) non formali (famiglia, amici, contesti culturali vari), informali (associazioni, club, società sportive ecc) • Attori: Discenti (come figure singole o come comunità di apprendimento) sono coloro che fruiscono dell'azione educativa. Impartiscono invece l'azione educativa: i Docenti (come singole figure professionali, appartenenti alla categoria dei lavorari della conoscenza, o come comunità docente) nel caso dei sistemi formali. Nel caso dei sistemi non formali saranno familiari, amici ecc,. Compagni di associazioni, squadre sportive ecc. nel caso dei sistemi informali. • Azioni: Educare: azione attraverso la quale gli individui sviluppano o perfezionano facoltà e attiudini intellettuali, sociali e fisiche. Istruire: azione attraverso la quale idee o concetti vengono trasmessi da parte di un insegnante o di un tutor. Insegnare: azioni di uno specifico operatore (insegnante o docente nel caso dei sitemi formali) di mettere in atto specifici percorsi di apprendimento. Nel caso delle istituzioni educative dei sistemi formali le azioni professionali degli insegnanti fanno riferimento a tecniche, metodologie e insiemi di pratiche della: • Didattica: che è la disciplina della pratica educativa e dell'insegnamento. Si è evidenziato come il processo educativo sia molto più ampio e distinto rispetto quello dell'istruzione, intesa come insieme delle tecniche e delle pratiche per mezzo delle quali ad un individuo vengono trasmesse nozioni teoriche o tecnico-operativo di una disciplina, di un'arte o di un'attività. Ciononostante oggi si tende a riconoscere alle fasi di istruzione la loro specificità e importanza all'interno di processi educativi volti a favorire contemporaneamente la formazione di autonmia, senso critico, e dialogico, potenziando le capacità esplorative dell'intelligenza e la creatività. Il processo educativo, qui rappresentato in modo schematico, è in realtà un fenomeo di tipo complesso a causa delle molte variabili coinvolte, alcune delle quali di difficile controllabilità. Possiede inoltre forme di retroazione tra le quali quella più tipica si instaura tra docente-discente e mette spesso in atto processi di apprendimento reciproco. In queste fasi anche colui che insegna "impara" ad insegnare. Esistono fondamentalmente tre categorie o "sistemi" di educazione: i sistemi formali, quelli non formali e quelli informali. [modifica] Sistemi di educazione formale È quella che si svolge nei luoghi formali cioè deputati e formalmente riconosciuti come un sistema scolastico, dalla scuola primaria all’università, insieme ad una svariata serie di istituti specializzati o di formazione tecnica e professionale. [modifica] Educazione prescolare Per approfondire, vedi la voce Educazione prescolare. [modifica] Educazione scolastica Per approfondire, vedi le voci Istruzione primaria e Istruzione secondaria. [modifica] Educazione continua Per approfondire, vedi la voce Educazione continua. [modifica] Sistemi di educazione non formale Sono tutte quelle attività educative organizzate al di fuori del sistema di educazione formale. Pur essendo socialmente utili non rivestono lo stesso carattere di ufficialità del sistema formale. Sono organizzate da enti o associazioni che possono rilasciare certificati di frequenza ma non titoli titoli o qualifiche di studio formalmente riconosciute. [modifica] Sistemi di educazione informale Sono tutti quei processi per mezzo dei quali, anche inconsapevolmente, si originano nell'individuo fenomeni educativi. Questo evento, altrettanto importante e spesso legato alla quotidianità, permette l'acquisizione di alcuni valori fondamentali, di molte abilità anche sociali e di conoscenze che potranno rivelarsi basilari nelle scelte di vita future. La famiglia, le conoscenze, il contesto sociale, i mass media unitamente alla qualità del contesto culturale sono variabili importanti di questo aspetto dell'educazione. [modifica] Modelli e metodologie educative [modifica] Educazione e problematiche di genere Alcuni orientamenti pedagogici ripropongono di dare spazio all'educazione differenziata separando fisicamente i due sessi, in tutte o in alcune fasi dell'azione educativa. Secondo i promotori di queste metologie, gli studenti dei due generi trarrebbero diversi benefici dall'inserimento in classi o gruppi di apprendimento composti da persone dello stesso sesso[6]. [modifica] Principali temi [modifica] Educazione all'ambiente Per approfondire, vedi la voce Educazione ambientale. [modifica] Educazione all'arte Per approfondire, vedi le voci Educazione artistica e Educazione musicale. [modifica] Educazione alla società Per approfondire, vedi le voci Educazione civica e Educazione interculturale. [modifica] Educazione all'immagine Per approfondire, vedi la voce Educazione all'immagine. [modifica] Educazione alla salute Per approfondire, vedi le voci Educazione fisica e Educazione sessuale. [modifica] Educazione stradale Per approfondire, vedi la voce Educazione stradale. [modifica] Educazione tecnica Per approfondire, vedi la voce Educazione tecnica. [modifica] Educazione a livello europeo L'idea di armonizzare i sistemi educativi europei, nasce fin dall'avvento della CEE ma inizia a realizzarsi solo negli anni '90. [modifica] Indicatori OCSE per la Valutazione dei Sistemi Educativi Ogni anno l'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) pubblica un rapporto intitolato Uno sguardo all'Educazione: indicatori OCSE, che è basato su un insieme di indicatori statistici, e che vuole essere un aiuto per orientare le politiche nazionali di sviluppo dei sistemi educativi. Nel seguito, per dare un'idea di cosa possa essere dedotto dal citato rapporto, è riportato l'elenco degli indicatori usati nell'indagine del 2008. Resta sempre valida (nei vari anni di indagine) la suddivisione degli Indicatori in 4 aree tematiche (Capitoli): • • • • A. Risultati delle istituzioni scolastiche e impatto dell'apprendimento B. Risorse finanziarie e umane investite nell'educazione C. Accesso all'educazione, partecipazione e progressione D. Contesto pedagogico e organizzazione scolastica. INDICATORI OCSE 2008: Capitolo A: • • • • • • • • • • Indicatore A1: Quale è il livello di istruzione della popolazione adulta Indicatore A2: Quanti studenti proseguono gli studi dopo le scuole secondarie Indicatore A3: Quanti studenti prendono un Diploma universitario Indicatore A4: Quanti studenti avanzano negli studi universitari e quanti abbandonano Indicatore A5: Quali capacità nel campo delle Scienze posseggono gli studenti quindicenni Indicatore A6: Quale è la condizione sociale degli studenti quindicenni e il ruolo giocato dai loro genitori Indicatore A7: La condizione socio-economica dei genitori influisce sulla partecipazione dei figli a percorsi di formazione universitaria? Indicatore A8: In che modo la partecipazione a attività formative incide sulla inclusione nel mercato del lavoro Indicatore A9: Quali benefici economici derivano dalla formazione scolastica Indicatore A10: Quali sono gli incentivi ad investire nella Formazione Capitolo B Indicatore B1: Quanto si spende per ciascuno studente Indicatore B2: Che percentuale del Prodotto Interno Lordo viene spesa per la Formazione Indicatore B3: Quanta Spesa Pubblica e quanti Investimenti Privati ci sono in Formazione Indicatore B4: A quanto ammonta in totale la Spesa pubblica per la Formazione Indicatore B5: Quanto spendono gli studenti per la formazione universitaria e di quali sussidi pubblici dispongono • Indicatore B6: Su quali servizi e risorse viene fatta la spesa in Formazione • Indicatore B7: Con quale efficienza si usano le risorse per la Formazione • • • • • Capitolo C • • • • • Indicatore C1: Quanto sono diffusi programmi di formazione professionale Indicatore C2: Chi partecipa come studente alla formazione Indicatore C3: Chi studia all'estero e dove Indicatore C4: Con quanta efficacia avviene il passaggio dalla Formazione al lavoro Indicatore C5: Gli adulti che partecipano a iniziative di addestramento e formazione professionale Capitolo D • Indicatore D1: Quanto tempo stanno in aula gli alunni • Indicatore D2: Che rapporto numerico c'è fra studenti e insegnanti e quale è il numero di alunni per classe • Indicatore D3: Quanto sono pagati gli insegnanti • Indicatore D4: Quanto tempo gli insegnanti dedicano all'insegnamento • Indicatore D5: Quale incidenza hanno controlli di qualità sugli istituti ed esami e verifiche in genere per gli allievi nel Sistema Educativo • Indicatore D6: Chi è deputato a prendere decisioni in campo educativo • Indicatore D7: Chi sono gli insegnanti (Distribuzione del corpo docenti) Per ciascuno degli indicatori sopra elencati, esiste una ulteriore scomposizione in tavole e grafici che esprimono ulteriori dettagli dell'indagine. [modifica] Note ^ a b Educazione in Vocabolario - Treccani. URL consultato il 04-06-2011. ^ Istruzione sul Vocabolario Treccani. URL consultato il 05-06-2011. ^ Istruzione sul Vocabolario Treccani. URL consultato il 05-06-2011. ^ Formazione nell'Enciclopedia Treccani. URL consultato il 05-06-2011. ^ (EN) Convention against Discrimination in Education. Human Rights Education Associates. URL consultato il 08-11-2010. 6. ^ “Maschi e femmine a scuola. Le differenze di genere in educazione”, a cura di Giuseppe Zanniello, Sei, Torino 2007 1. 2. 3. 4. 5. [modifica] Bibliografia • Barrio J.M. (2005) (ed.), Educación diferenciada, una opción razonable, Pamplona, Eunsa. • Calvo M. (2005), El derecho a una educación diferenciada, Córdoba, Almuzara. • Dunkin M. J. (1987), Teachers' sex, in Dunkin M.j. (ed.), International encyclopedia of teaching and teacher education, Oxford, Pergamon Press. • Foster, V. 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[modifica] Voci correlate • • • • • • • • • • • • • • Coeducazione Didattica / Maieutica Educazione aperta Educazione differenziata Educazione interculturale Educazione omogenea Educazione permanente Edutainment Enis Galateo • Galateo overo de' costumi Paideia Pedagogia / Andragogia Psicopedagogia Videogiochi educativi Portale Istruzione: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di istruzione Categorie: Educazione | Infanzia | [altre] Sono ormai numerose le testimonianze di studiosi ed esperti sulla necessità di riflettere e ripensare le finalità educative della scuola per armonizzarle con le esigenze della società attuale in continua e rapida trasformazione. ' Il Libro Bianco' di J. Delors, ma anche altri documenti che in qualche modo lo hanno preparato o anche commentato, sono fra le testimonianze più note che a tale riguardo sono state prodotte. Nel richiamare gli obiettivi educativi che si ritengono debbano qualificare la scuola del nuovo secolo, noi ci rifaremo a quanto proposto in questi lavori. Integrando i punti essenziali, i lavori citati concordano nel sostenere che la scuola sia da ristrutturare in vista di un percorso di insegnamento/apprendimento al termine del quale gli studenti devono essere capaci di: 1. Saper imparare per tutta la vita. Riferisce il documento Delors: '...riteniamo che il concetto di un'educazione da continuare per tutta la vita, con tutti i suoi vantaggi in termini di flessibilità, diversità e disponibilità in tempi e luoghi differenti, debba esigere un ampio sostegno. Bisogna ripensare e ampliare il concetto di educazione permanente. Essa non solo deve adattarsi a cambiamenti nel tipo di lavoro, ma deve anche costituire un processo continuo di formazione dell'intero essere umano: delle sue conoscenze e attitudini, come anche delle sue facoltà e abilità critiche di agire. E dovrebbe consentire all'individuo umano di sviluppare la coscienza di se stesso e del suo ambiente, e incorag-giarlo a svolgere il proprio ruolo sociale nel lavoro e nella comunità'. 2. Saper ascoltare e parlare. Dicono Carnevale, Gainer e Meltzer nel loro documento sulle abilità fondamentali richieste dai datori di lavoro: 'Gli impiegati che mancano della competenza di emettere e ascoltare messaggi sono di fatto limitati nelle loro capacità di comprendere e comunicare, e nella possibilità di maturare personalmente e professionalmente. I dirigenti di aziende ritengono che le carenze in queste abilità costano ai datori di lavoro miliardi l'anno in perdita di produttività e in errori. La comunicazione è determinante per le delicate operazioni di un'azione aziendale competitiva. Le abilità comunicative sono alla base del rapporto umano e professionale con il cliente, cioè garantiscono il reperimento e il mantenimento dei clienti. Apportare cambiamenti, contribuire alla qualità del lavoro, risolvere conflitti e fornire significativi rinforzi costituiscono delle capacità professionali incluse nelle abilità di emettere e ascoltare efficacemente i messaggi comunicativi'. 3. Saper collaborare. Molti documenti sottolineano l'importanza che ha per le generazioni di oggi e degli anni futuri il saper lavorare in gruppo. Affermano Costa e Liebmann (1997): 'Gli esseri umani sono esseri sociali. Ci raduniamo in gruppi, troviamo terapeutico essere ascoltati, traiamo energie l'uno dall'altro, e cerchiamo reciprocità. Nei gruppi, dedichiamo tempo e energie a compiti che ci stancherebbero velocemente se dovessimo lavorare da soli. Infatti, una delle forme più crudeli di punizione che si può infliggere a un individuo è lasciarlo in totale solitudine. Gli esseri umani cooperativi comprendono che insieme si è più forti, intellettualmente e/o fisicamente, di un solo individuo. È probabile che la disposizione più importante nella società postindustriale sia l'abilità elevata di pensare insieme con altri, essere più interdipendenti e sensibili ai bisogni degli altri. La soluzione dei problemi è diventato un processo così complesso che nessuna persona può raggiungerla da sola. Nessuno ha l'accesso a tutte le informazioni necessarie per prendere decisioni critiche; nessuno può considerare tante alternative come possono invece fare alcune persone. Lavorare in gruppo richiede l'abilità a giustificare idee e saggiare la fattibilità delle strategie di soluzione con altri. Richiede anche lo sviluppo di una volontà e di un'apertura ad accettare il feedback da amici critici. Attraverso questa interazione, il gruppo e l'individuo continuano a crescere. Ascoltare, ricercare il consenso, sospendere un'idea per lavorare con qualcun altro, empatia, compassione, leadership di gruppo, sapere come sostenere gli sforzi del gruppo, e altruismo - tutti questi sono comportamenti indicativi di esseri umani cooperativi'. 4. Saper pensare ad un livello più elevato. Per 'saper pensare ad un livello più elevato' s'intende il possesso e il corretto uso di abilità e processi mentali di ordine superiore che appartengono all'area del pensare critico, del pensare creativo, della soluzione dei problemi e della presa di decisioni. La 'qualità delle competenze professionali è in buona parte legata alla 'prontezza' e all'efficacia con le quali si superano ostacoli e problemi nuovi. Il mondo, tra l'altro, esige dalle persone in maniera sempre più evidente e pressante la capacità di risolvere situazioni problematiche di tipo diverso, ad esempio, quelle etichettate come 'mal definite' che richiedono l'esame delle complesse relazioni che intercorrono tra le variabili presenti, sia quelle che non hanno una soluzione possibile o definitiva. La finalità educativa che sembra oggi improrogabile per la scuola è quella di promuovere, attraverso un profondo rinnovamento delle pratiche d'insegnamento, lo sviluppo nelle giovani generazioni di strumenti mentali che consentano loro di affrontare con convinzione, responsabilità e originalità le sfide sempre più impegnative che verranno nei prossimi decenni dall'incessante evoluzione delle condizioni di vita e di lavoro. 'Molte scuole medie in questo paese non riescono ad arricchire e interessare i giovani. Questo fallimento è particolarmente evidente nello sviluppo del ragionamento critico e nel pensiero di livello più elevato... Un obiettivo primario nella scelta dei curricoli e dei metodi di insegnamento per la scuola media dovrebbe essere l'educazione delle menti degli adolescenti, vale a dire, della loro capacità di attivare e utilizzare il pensiero. Uno studente con una mente ben educata è capace di assimilare la conoscenza, piuttosto che semplicemente memorizzare informazioni attraverso regole o applicare semplici algoritmi. Lo studente può sfidare l'attendibilità dell'evidenza; riconoscere un punto di vista o un'opinione al di là delle parole, immagini, o idee presentate; e chiedersi quali questioni sono sottese e supposte. Una mente ben educata si caratterizza per una disposizione verso l'indagare, lo scoprire, e il ragionare in tutte le discipline. Uno studente, è evidente, non può sviluppare una mente educata indipendentemente dal contenuto delle specifiche materie. La chiave di volta del problema sta nel modo in cui gli studenti accostano i contenuti delle discipline. Questa disposizione frammentata non aiuta gli studenti a connettere le idee nuove alle vecchie o a costruire il proprio significato delle informazioni. Nel curricolo principale della scuola media trasformata, lo studente confronta temi, che sono raggruppamenti di discipline, e apprende ad inquisire, associare e a fare sintesi trasversalmente alle discipline. Lo studente impara a ragionare anche mentre assimila le in-formazioni basilari sul contenuto di una disciplina. Questo approccio chiaramente richiede che l'enfasi attuale sull'acquisizione di una gran quantità di informazioni deve cedere il posto all'enfasi sulla profondità o qualità della comprensione degli studenti. Le scuole possono scegliere i principi e i concetti più importanti all'interno di ciascuna disciplina, e lì concentrare l'istruzione. Lo sviluppo dell'educazione della mente richiede un radicale distacco dalla tradizionale istruzione di classe. In particolare, richiede un cambiamento nella concezione ben radicata che la funzione dell'insegnante sia trasmettere conoscenza agli studenti. Piuttosto, gli insegnanti devono considerarsi come facilitatori attraverso cui i giovani costruiscono essi stessi la conoscenza... Gli insegnanti saranno invitati a promuovere uno spirito di ricerca e a stimolare gli studenti a riflettere e a comunicare idee. Una rilevanza molto più grande verrà data alle tecniche di apprendimento che consentiranno agli studenti di partecipare attivamente alla scoperta e alla creazione di nuove soluzioni ai problemi. Per esempio, gli adolescenti hanno bisogno di approcci di gruppo all'apprendimento. L'apprendimento spesso si realizza meglio quando gli studenti hanno l'opportunità di discutere, analizzare, esprimere opinioni, e ricevere feedback dai compagni. Il coinvol-gimento del gruppo dei pari è soprattutto fondamentale durante la prima adolescenza quando l'influenza, dei pari aumenta e diviene più importante per i giovani'. Il documento appena proposto fornisce un quadro ricco e coerente dei nuovi obiettivi educativi che dovrebbero orientare gli sforzi di preparare le classi più giovani al secolo che sta loro davanti. Tale documento, come d'altra parte altri che si potrebbero citare, sollevano una serie di questioni che coinvolgono quanti a diverso titolo sono impegnati nel mondo dell'istruzione/educazione: fino a che punto la scuola di oggi fa propri questi obiettivi? Ed eventualmente, con quali metodologie tenta di realizzarli? Gli obiettivi sono di natura così complessa e generale che non possono essere certamente perseguiti con l'approccio meto-dologico comportamentista dei piccoli passi (dal semplice al complesso) o con quello della rigida sequenzialità della procedura che si ispira al cognitivismo. Ma a quale altro orientamento metodologico o teoria di apprendimento la scuola si può richiamare? Il processo valutazione che la stessa scuola attualmente adotta, è appropriato per accertare il conseguimento dei nuovi obiettivi richiesti? Quali strategie e modalità didattiche potrebbe applicare per facilitare questo compito? Ed altre questioni ancora.