Documento per la discussione della FSESP La crisi economica e

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Documento per la discussione della FSESP La crisi economica e
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Documento per la discussione della FSESP
La crisi economica e finanziaria
Conseguenze per il settore pubblico e per l’economia in generale;
una risposta della FSESP
Introduzione
L’attuale crisi dell’economia reale colpisce le lavoratrici e i lavoratori e le loro comunità di
appartenenza. Aumenta la povertà e milioni di persone in tutto il mondo hanno perso il
proprio posto di lavoro1. La crisi attuale dimostra quanto sia instabile il capitalismo. La
liberalizzazione e la deregolamentazione di servizi pubblici, un tempo regolati, contribuisce
a tale instabilità, la quale getta lavoratori e gente comune nell’incertezza e nella miseria. I
servizi pubblici di proprietà dello Stato e regolati dal pubblico avevano garantito stabilità
all’economia. Tale pilastro di stabilità si è seriamente indebolito negli ultimi 30 anni, con la
privatizzazione e l’apertura al mercato di detti servizi.
I servizi pubblici svolgono un ruolo fondamentale nel tutelare i cittadini dagli effetti peggiori
che può avere una congiuntura economica negativa. Le risposte essenziali da apportare
alla crisi sono pertanto gli investimenti nei pubblici servizi e nelle infrastrutture pubbliche, i
quali rappresenteranno un bene per tutti, stabilizzeranno l’economia, consentiranno di
mantenere costante domanda e occupazione e contribuiranno ad una crescita economica
futura eco-sostenibile2. Autorità pubbliche e servizi pubblici all’impiego sono chiamati a
promuovere politiche attive del mercato del lavoro.
1
600.000 i posti di lavoro persi a gennaio 2009 solo negli Stati Uniti. Si parla inoltre di agitazioni in Cina dove milioni
di lavoratori avrebbero perso il posto di lavoro.
2
In genere, per ogni dollaro speso in infrastrutture, se ne aggiungono 1,59 al prodotto interno lordo, secondo i calcoli di
Mark Zandi, Moody’s Economy.com (Scientific American, Febbraio 2009, pag. 22). Si confronti questo dato con
l’aumento derivante da un taglio dell’imposta sulle società, che si calcola sia solo di 0,30 dollari. In base allo studio di
Zandi, una delle modalità più efficienti per spendere il denaro pubblico consiste nell’aumentare temporaneamente i
buoni viveri per i poveri (con un incremento di 1,73 dollari del PIL per ogni dollaro di aumento), nell’estendere il
sussidio di disoccupazione (con un incremento sul PIL di 1,63 dollari), nell’incrementare la spesa per le infrastrutture
(con un aumento del PIL di 1,59 dollari per ogni dollaro speso) e nell’aumentare i sussidi diretti per gli Stati che sono
finanziariamente in ginocchio (con incremento sul PIL di 1,38 dollari per ogni dollaro stanziato). (Fortune Magazine,
articolo consultabile al link: http://money.cnn.com/2009/01/16/news/economy/stimulus_howto.fortune/). Si precisa che
le stime riguardano l’economia americana, e potrebbero non essere valide anche per il resto del mondo. Zandi si avvale
di una tabella completa, ricavata dal modello macro-economico di Moody’s, sull’effetto di tutte le principali forme di
tagli fiscali, incrementi assistenziali e di spesa. Chiaramente, i tagli alle imposte sulle società sono l’ultima cosa da fare,
mentre si sostiene che i tagli all’imposta sul ruolo paga (e quindi di natura previdenziale) sono il miglior modo di
procedere alla riduzione fiscale. (Questo almeno evidenzia l’analisi di Zandi).
Hooray. Per un’analisi dell’opera di Zandi, si rimanda al link: http://www.economy.com/markzandi/default.asp?src=economy_homepage. Il suo recente studio contenente la famosa tabella degli effetti è consultabile
al link http://www.economy.com/mark-zandi/documents/Economic_Stimulus_House_Plan_012109.pdf ). L’esperienza
dimostra che solo una piccola percentuale di tagli fiscali è in grado di dare ossigeno all’economia in periodo di
recessione. I vantaggi degli investimenti in infrastrutture pubbliche e servizi restituiscono il 120% in più all’economia.
Gauti Eggertsson, economista presso la Fed di New York, stima che in realtà i tagli fiscali finiscono per ridurre la
2
La FSESP vuole un cambiamento vero, che porti ad un effettivo progresso in campo
economico, sociale ed ambientale. Non abbiamo bisogno di azioni che servono
meramente a salvaguardare le pratiche del passato e le istituzioni fallimentari del passato.
Occorre che i provvedimenti tesi ad affrontare la crisi economica e finanziaria integrino
altresì le numerose priorità socio-ambientali, affinché le varie politiche – finanziaria,
economica, sociale ed ambientale – siano in grado di rafforzarsi reciprocamente.
La sfida è quella di evitare il ripetersi ancora in futuro di una crisi finanziaria di tale portata.
Il modello neoliberista, irresponsabile e ideologicamente orientato, ha consegnato molte
delle economie mondiali alla più grave recessione che si sia mai conosciuta dalla seconda
guerra mondiale. Allo stato attuale, è pertanto importante procedere nuovamente alla
regolazione dei mercati finanziari, abbandonando l’assunzione del rischio a breve termine
e ritornando invece agli investimenti a lungo termine. I mercati (ivi compresi quelli
finanziari) devono essere gestiti dai governi e dalle istituzioni sociali. Di cruciale
importanza è il coinvolgimento delle parti sociali. Il ruolo dei governi è necessario perché
ad essi è demandato il compito di guida nella lotta alla povertà, nella tutela e nel diritto alla
salute, nell’affrontare la sfida dei cambiamenti climatici e nell’investire in infrastrutture
pubbliche.
La FSESP è a favore di un’azione da intraprendere nei seguenti tre ambiti:
•
Regolazione dei mercati finanziari, con la messa al bando dei prodotti finanziari
rischiosi, avendo come priorità la stabilità finanziaria, l’istituzione di casse di
risparmio pubbliche, la nazionalizzazione degli istituti bancari in difficoltà, e
prendendo in considerazione l’eventualità di costituire nuove istituzioni finanziarie
europee quali: una Cassa di risparmio europea dove gli enti pubblici possano
depositare i propri fondi, ovvero un Fondo Sovrano Europeo in grado di emettere
titoli europei, nonché la concessione di maggiori poteri alla Banca Centrale Europea
(BCE) affinché abbia facoltà di vigilare sulle multinazionali bancarie. Andrebbe
attivato un coordinamento a livello globale che aiuti la ripresa economica incentrata
su una crescita economica e sociale più equa e “più verde”.
•
Un massiccio piano di espansione dei finanziamenti, incentrato sugli investimenti in
infrastrutture pubbliche e pubblici servizi, ed una nuova Politica Economica.
•
Ripristinare un equilibrio di potere tra, da un lato, lavoratori, famiglie e le comunità in
cui vivono e, dall’altro, gli interessi delle grandi aziende e dei relativi gruppi di
interesse in tutte le sfere dell’attività economica, attraverso una nuova agenda
sociale comprendente proposte legislative. L’Unione europea dovrebbe garantire ai
sindacati di partecipare a tutte le attività dell’UE alla pari del mondo aziendale, e
consentire un più ampio accesso a tali attività da parte dei gruppi che in particolare
organizzano campagne a favore dell’ambiente e di lotta alla povertà.
produzione, mentre la spesa pubblica ha un effetto moltiplicatore pari ad 1,95. Egli sostiene altresì che sia della
massima importanza ‘sostenere il circolo virtuoso della spesa’ fino a quando la recessione non sarà definitivamente
superata: “L’effetto generale di equilibrio che produce il taglio fiscale è in realtà dovuto al contrarsi della produzione
industriale… [laddove] è facile dimostrare che l’effetto della spesa pubblica è sempre positivo e sempre superiore ad
uno. Pertanto, in base al modello, ogni dollaro di spesa pubblica dovrebbe incrementare la produzione di più di uno.
Nel nostro esempio numerico, il moltiplicatore è 1,95, pertanto ogni dollaro di spesa pubblica incrementa il totale della
produzione di 1,95 dollari. Come mai il moltiplicatore è così elevato? La ragione principale del crollo della produzione
e dei prezzi è data dal fatto che ci si aspettava per il futuro una recessione e deflazione. Pertanto, le aspettative che si
nutrono sulla politica da adottare per il futuro svolgono un ruolo essenziale quando si tratta di spiegare il potenziale
che può avere la spesa pubblica, ed un elemento fondamentale per fare in modo che tale leva funzioni è impegnarsi a
sostenere l’euforia della spesa pubblica fino a quando la recessione non sarà definitivamente alle nostre spalle”.
(http://www.newyorkfed.org/research/economists/eggertsson/ContractionaryTaxes.pdf )
3
A. La regolamentazione dei mercati finanziari
Sono state investite parecchie centinaia di miliardi di Euro nelle banche d’Europa. Il
salvataggio finanziario degli istituti bancari è stato realizzato senza tenere molto in
considerazione quali sarebbero state le conseguenze sul lungo periodo, e senza
minimamente curarsi degli effetti per gli investimenti in infrastrutture pubbliche e pubblici
servizi. Si sta usando il 6% circa del PIL di tutta l’UE per ricapitalizzare le banche: si tratta
di una cifra nettamente superiore a quanto viene stanziato per accelerare la crescita
economica. Si calcola che le garanzie per il settore finanziario rappresentino il 19% del PIL
dell’UE, e non siamo ancora alla fine. Ciò incrementa il debito pubblico degli Stati e non vi
è molta trasparenza su come i governi e la BCE contano di recuperare tali fondi dalle
istituzioni finanziarie. La FSESP pretende di avere piani più chiari e trasparenti su come
tali fondi saranno recuperati.
A.1
La nazionalizzazione delle banche
Risulta inoltre fin troppo evidente che le banche non stanno spendendo i fondi che in esse
sono stati investiti. Le banche ancora non si fidano le une delle altre e finiscono per
parcheggiare i fondi presso la BCE. Occorre che i governi, le banche centrali nazionali e la
BCE adottino misure di maggiore trasparenza e chiarezza sui prestiti negativi e sui rischi
in cui le banche hanno accettato di incorrere. È necessaria un’azione rapida e più decisiva
per riavviare il sistema bancario.
•
La nazionalizzazione degli istituti bancari in difficoltà è la soluzione che preferiamo, in
modo da socializzare non solo le perdite, ma anche gli utili. I governi devono far leva
sulla propria influenza per garantire che le banche offrano crediti ad imprese e
cittadini, concedendo ai mutuatari i tassi di interesse più vantaggiosi3.
A.2
Un cambiamento fondamentale: aumentare trasparenza e governance democratica
La FSESP richiede con forza che i governi usino i fondi pubblici investiti nel sistema
finanziario per attuare cambiamenti fondamentali in seno allo stesso sistema finanziario,
migliorandone la regolazione, la trasparenza e la governance democratica, puntando
all’investimento a lungo termine, segnatamente in infrastrutture pubbliche, servizi pubblici
e in un’economia che sia sostenibile sotto il duplice profilo ambientale e sociale. Lo Stato
come azionista di maggioranza e l’inserimento di esponenti governativi nei Consigli di
Amministrazione delle società finanziarie rappresentano modalità di realizzazione fattiva.
La FSESP si associa ai recenti appelli da parte del Parlamento europeo e della BCE a
conferire alla BCE un più ampio ruolo di vigilanza e controllo nei confronti delle banche
transnazionali che operano nei diversi Paesi di Eurolandia. Tale controllo può essere
esercitato di concerto con le banche centrali dei singoli Paesi4. Vanno vietati strumenti e
3
La nazionalizzazione delle banche implica altresì che i governi non sosterranno (o salveranno) gli azionisti. E, dato
ancora più importante, dette banche non hanno capitali a copertura delle perdite realizzate e non dispongono pertanto
dei mezzi per concedere crediti nella misura richiesta e, fintantoché sono corrotte, gli investitori privati non affideranno
loro ulteriori capitali. Altre soluzioni, quali ad esempio garanzie contro le perdite da attività negative, oppure le
soluzioni delle partnership pubblico-privato attraverso cui i governi prestano denaro agli investitori affinché acquistino
queste attività negative, finiscono per orientare i fondi pubblici verso gli azionisti, che ci guadagneranno se i corsi e le
azioni risalgono, mentre, in caso contrario, è il governo a perdere.
4
Si rimanda al link: http://www.wiwo.de/finanzen/ezb-fordert-verantwortung-fuer-europaeische-bankenaufsicht382648/
4
prodotti finanziari che mettono insieme prestiti buoni e prestiti negativi (al fine di ottenere
più alte valutazioni del credito).
Le banche di proprietà degli Stati dovrebbero avvalersi della propria influenza in seno alle
associazioni bancarie europee e internazionali per richiedere maggiore regolazione e
controllo, pena il ritiro da tali organismi. Va inoltre imposto l’alt alle attività di lobby di
imprese bancarie e di assicurazione che siano state rilevate dallo Stato o con
partecipazione statale. La lobby bancaria ha avuto un ruolo decisivo nell’opporsi ad un
controllo e ad una regolazione più cogenti sui propri prodotti finanziari rischiosi.
A.3
Vigilanza e regolazione, la chiusura dei paradisi fiscali e l’introduzione di un’imposta
sui trasferimenti finanziari
Non vi deve essere alcuna istituzione finanziaria o segmento di mercato o giurisdizione
che possa sfuggire a regolazione e vigilanza, il che deve valere altresì per i fondi
speculativi (hedge fund) e per quelli di private equity, nonché per i cosiddetti paradisi
fiscali. I fondi hedge e di private equity devono essere assoggettati a regole di
trasparenza, informativa e rendicontazione, alla stregua di ogni altra società. Sono
necessarie nuove regole sull’apporto di capitale da parte degli attori finanziari e in materia
di restrizioni da prevedere per prestiti eccessivi. Tutti i rischi devono chiaramente figurare
nei bilanci societari e, per un’elevata esposizione ai rischi, vanno previsti apporti di capitali
propri di maggiore entità. La CES ha proposto un controllo più rigoroso della capacità delle
istituzioni finanziarie di indebitarsi, rafforzando i coefficienti di capitale proprio. 5. Le
banche che erogano prestiti ad un fondo speculativo (hedge fund), il quale specula su una
materia prima e su altri prezzi, devono essere tenute a depositare almeno il 50% del
credito erogato presso la banca centrale, a titolo di deposito senza interessi; occorre che
fondi speculativi e di private equity, ma anche le altre istituzioni finanziarie migliorino il
rapporto previsto tra attività stabili e passività. L’UE dovrebbe incitare i governi a porre
limiti all’ “ingranaggio” che vige negli hedge fund e nei private equity, secondo cui si
ricavano utili gravando di debiti massicci le società acquisite.
I paradisi fiscali rappresentano una basilare minaccia per i servizi pubblici e le politiche
previdenziali, in quanto consentono in particolare alle aziende e ai ricchi di sottrarsi
all’imposizione fiscale6. Un sistema fiscale giusto e progressivo aiuterà ad affrontare la
povertà e ad assicurare una società più equa. I sistemi fiscali hanno bisogno di essere
ben finanziati ed amministrati e di avere personale qualificato e sufficiente per impedire
frodi ed evasione fiscale. Occorre che l’Unione europea adotti provvedimenti tali da
impedire alle società che operano in Europa di avvalersi dei paradisi fiscali o di qualunque
altra pratica di evasione fiscale. Il primo e più immediato passo da compiere per le banche
a partecipazione statale consiste nel chiudere i propri conti in essere in detti paradisi
fiscali. L’UE dovrebbe inoltre avviare un processo che porti i governi nazionali a chiudere
definitivamente i paradisi fiscali.Il Consiglio europeo ha dichiarato che va tutelato il sistema
internazionale da quei centri (finanziari) che non collaborano, e ci attendiamo pertanto che
vengano a tal fine proposti provvedimenti. L’adozione di norme comuni tra centri finanziari
diversi contribuirà a maggiore chiarezza e trasparenza, grazie a regole prudenziali tali da
prevenire le bolle speculative.
5
6
CES - Dichiarazione di Londra: un appello alla giustizia e a un’azione risoluta http://www.etuc.org/a/5405
Una pubblicazione delle TUC I miliardi perduti – Close the UK Tax Gap rivela che molte aziende e molti individui
manipolano il sistema fiscale per evitare di pagare le tasse.
5
Lotta contro i paradisi fiscali e l’evasione fiscale
L’evasione e l’elusione delle imposte da parte delle imprese e l’arricchimento individuale
da parte dei singoli grazie ai paradisi fiscali e all’evasione delle imposte costa ai governi
miliardi di euro. Questo denaro non potrà essere utilizzato in servizi pubblici, sicurezza
sociale o misure contro la crisi economica. La crescita dei deficit pubblici grava così sui
redditi medio bassi, a cui è chiesto di pagare il conto.
Sono possibili passi molto semplici:
- La Commissione Europea, insieme al Consiglio dei Ministri, ha promosso la
Responsabilità Sociale delle Imprese (RSI) . Si deve rendere chiaro che le imprese
socialmente responsabili versano la giusta somma di tasse anche nei paesi in via di
sviluppo . Il G20 ha anche indicato l’importanza di rispettare la Responsabilità Sociale
delle Imprese
- Dovrebbe diventare illegale assistere le imprese nell’evadere il fisco spesso attraverso
ingegnosi schemi di finanza creativa. La Commissione può fare proposte in questo senso;
- L’UE può fare diventare la lotta all’evasione fiscale una priorità chiave della sua politica
per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Questo richiede una collaborazione
con l’ONU, il FMI ed altre istituzioni. Tali temi servono anche per creare una nuova
governante finanziaria internazionale. Assistere i paesi in via di sviluppo con la formazione
e con altre forme di assistenza nella creazione di amministrazioni fiscali che possano
raccogliere e amministrare le tasse aiuterà a finanziare i servizi pubblici e le misure per
combattere la povertà.
I tempi sono maturi per istituire un’imposta sui movimenti speculativi di capitale7, il che
richiede la volontà politica congiunta dei principali governi mondiali.
Hedge fund: regolazione diretta e indiretta – proposte della CES
La CES ha risposto alla Consultazione della Commissione europea sui fondi speculativi
(hedge fund) presentando le seguenti proposte:
Regolazione diretta
• Registrare i fondi speculativi presso le competenti autorità nazionali.
• I fondi hedge devono essere soggetti a requisiti di capitale e vigilanza prudenziale.
• Vanno applicate vere e proprie prove di tenuta, di resistenza: ovvero i regolatori
devono istituire una sorta di registro che tenga traccia delle posizioni finanziarie degli
hedge fund ad intervalli regolari, e ciò al fine di poter disporre di una visione e di una
valutazione generale di tutti i rischi in gioco.
• Le agenzie di rating indipendenti devono informare puntualmente il pubblico della
situazione e della strategia di gestione dei rischi di un fondo (e potrebbero
eventualmente portare ad una diversificazione dei requisiti di capitale).
• Fissare dei limiti per l’accesso agli hedge fund da parte del mercato retail europeo, al
fine di proteggere i piccoli investitori e azionisti. I fondi speculativi con sede al di fuori
7
Detta anche imposta sulle operazioni finanziarie (IOF) (da Keynes a proposito della compravendita di titoli), ovvero
Tobin tax (relativamente alle transazioni sui mercati valutari).
6
dell’Europa, e segnatamente quelli con sede nei paradisi fiscali, non dovrebbero avere
affatto accesso ai mercati retail europei.
• Va regolamentata la cosiddetta re-hypothecation (ovvero una strategia che pompa sia
il credito che la leva finanziaria).
• Andrebbe vietata la vendita a breve termine, se il fondo hedge non possiede
interamente le azioni.
Regolazione indiretta
Visto il numero esiguo di istituti di credito che erogano prestiti agli hedge fund (15-20
circa), delle regole più cogenti per questi istituti quando erogano prestiti
rappresenterebbero certo una regolazione indiretta, ma importante.
• Andrebbero potenziati i requisiti di capitale per quegli istituti bancari che erogano
prestiti agli hedge fund (nel quadro di Basilea II). Per i fondi hedge specializzati in
speculazione su materie prime e petrolio, ovvero con sede in uno dei paradisi fiscali,
vanno previsti requisiti di capitale ancora più elevati che riflettano le priorità politiche
del momento.
• Analoghi requisiti di capitale più cogenti si possono ipotizzare per quegli istituti bancari
che erogano prestiti a fondi speculativi i quali:
o
Sono in condizione di pesante illiquidità
o
Non forniscono informazioni sul portafoglio investimenti totale
o
Non applicano misure di sicurezza per i propri investitori
o
Non hanno a disposizione altre linee di credito in tempo di crisi.
A.4
Un’agenzia di rating europea
Le agenzie di rating hanno bisogno di maggiore chiarezza, la quale si può ottenere con
trasparenza in fase di registrazione dei fondi, migliore vigilanza e con l’applicazione delle
regole di governance. Inoltre, le agenzie di rating dovrebbero inserire nelle loro valutazioni
anche i criteri di responsabilità sociale delle imprese (RSI) e le organizzazioni sindacali
dovrebbero essere coinvolte nei processi di vigilanza e controllo. La Commissione
europea dovrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di istituire un’agenzia di rating
europea. Va infatti infranto il circolo vizioso secondo cui le agenzie di rating ricevono i
propri compensi proprio dalle stesse società di cui valutano il credito.
A.5
I nodi dell’assunzione del rischio, e di stipendi e premi troppo elevati
Ci aspettiamo non solo parole, ma che il Consiglio dei Ministri proponga politiche tese a
vietare l’eccessiva assunzione di rischi da parte delle istituzioni finanziarie. Dette politiche
dovrebbero altresì intervenire sulle politiche salariali e retributive delle stesse istituzioni
finanziarie. Va rivisto il sistema di premi corrisposti da queste istituzioni finanziarie ai propri
dirigenti, al fine di garantire che siano tarati sugli obiettivi di crescita a lungo termine, di
investimento, di sostenibilità ambientale e di occupazione previsti per le altre società. La
FSESP si aspetta proposte da parte della Commissione e del Consiglio Economico e
Finanziario (EcoFin) che consentano l’adozione di un approccio coordinato, affinché venga
posto un limite alle retribuzioni e ai premi degli amministratori delegati e dei vertici
aziendali e che si ponga fine alle buonuscite “d’oro”.
A.6 La ricostituzione delle casse di risparmio pubbliche
La FSESP è a favore di un ritorno a casse di risparmio pubbliche che non si impegnano in
rischiose attività speculative e di cui possano fidarsi imprese e cittadini. In molti Paesi, la
privatizzazione di questi istituti bancari pubblici ha finito per eliminare un pilastro di stabilità
7
per il sistema finanziario, il quale va invece ripristinato. La crisi finanziaria ha anche
evidenziato che molti enti e imprese pubbliche (a tutti i livelli: comunale, regionale e
nazionale) si sono trovate esposte ai rischi, innanzitutto per aver depositato i fondi presso
istituti rischiosi (come ad esempio un certo numero di banche in Islanda), in cambio di
promesse di rendimento nient’affatto realistiche; ed in secondo luogo per essersi lanciate
in operazioni di ingegneria finanziaria, quali contratti di leasing transfrontalieri con
investitori statunitensi, che adesso espongono comuni e imprese pubbliche a grossi rischi.
E questo dimostra che si è speculato sulle differenze tra i sistemi fiscali esistenti tra Paesi
diversi o diverse regioni del mondo. Commissione europea, BCE e Stati membri devono
analizzare di concerto i vincoli a cui vanno sottoposti gli enti pubblici nell’intraprendere
operazioni finanziarie, facendo della prudenza, trasparenza (e informativa pubblica),
unitamente alla stabilità, cardini imprescindibili per i servizi pubblici. La Commissione
europea e gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione l’istituzione di una
cassa di risparmio pubblica europea, presso cui comuni ed altri enti pubblici possano
depositare i propri fondi, e che possa offrire l’accesso ai mercati mondiali di capitale a
tassi di interesse convenienti. La FSESP ha richiesto l’istituzione di un Fondo Sovrano
Europeo (FSE), che abbia la possibilità di emettere titoli europei da poter investire in
industrie strategiche che immettano l’Europa sul binario dello sviluppo sostenibile.
A.7
Un’azione decisiva tesa a modificare le politiche delle Banche europee
La FSESP si dichiara favorevole a che la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo
(BERS) incrementi i prestiti erogati ai nuovi Stati membri attuali e futuri. La BERS
dovrebbe rivedere la sua posizione di prevedere un’interruzione dei crediti concessi a molti
degli Stati di nuova adesione a partire dal 2010, e prevedere invece di proseguire tale sua
attività per un periodo più ampio di tempo. La FSESP plaude all’iniziativa di incrementare
l’attività di erogazione di prestiti della Banca europea per gli investimenti (BEI) e di
estenderla anche alle piccole e medie imprese. I limiti del settore privato in tal senso sono
fin troppo evidenti e l’importanza del finanziamento pubblico dimostra il valore aggiunto di
un ruolo pubblico che sia forte. Teniamo a sottolineare che entrambe le banche europee
facevano parte del sistema finanziario che è collassato e che pertanto per il futuro il loro
intervento necessita di un cambiamento e di maggiore sorveglianza e controllo. La Corte
europea di giustizia ha statuito che il Parlamento europeo deve essere maggiormente
coinvolto e informato su come la BEI attua le proprie politiche e prassi di erogazione
crediti, in applicazione del principio democratico secondo cui “la gente deve prendere
parte all’esercizio del potere (…)”. L’erogazione di prestiti da parte della BEI,
segnatamente se realizzata attraverso banche (commerciali) intermediarie, va
eventualmente rivista, dal momento che queste banche hanno dimostrato di non essere
affidabili e trasparenti su come utilizzano i finanziamenti e in che misura i progetti che
selezionano sono in linea con gli obiettivi socio-ambientali che l’Unione europea si è data.
In assenza di un tale dispositivo di chiarezza e trasparenza, non sarà possibile capire e
valutare come viene speso il denaro dei contribuenti.
I crediti aggiuntivi da parte delle Banche europee vanno erogati per la realizzazione di
infrastrutture pubbliche, come scuole, trasporti, ospedali, servizi idrici e fognari, reti di
elettricità e gas), e delle energie sostenibili. La FSESP non approva che questi
finanziamenti vengano utilizzati per le partnership di tipo pubblico-privato (PPP). Le PPP
sono criticate per la mancanza di trasparenza che le caratterizza e perché rappresentano
un modo per dirottare i fondi presso il settore privato, attraverso progetti dal prezzo
eccessivo che andranno inutilmente a gravare sul debito e ad incrementarlo. Entrambe le
Banche europee dovrebbero battersi in favore del cambiamento verso tecnologie più eco-
8
compatibili, in linea con gli obiettivi socio-ambientali dell’UE. Sappiamo bene che ciò
richiederà l’assunzione di scelte dure, spostando l’attenzione su settori diversi dell’attività
economica rispetto a quelli attualmente interessati. La BEI deve pertanto favorire i
programmi che consentono la Giusta Transizione Occupazionale, ad esempio nei settori
dell’energia e in quelli tendenti all’emissione di CO28.
A.8
La riforma del sistema della finanza internazionale
La FSESP lavorerà di concerto con l’Internazionale dei Servizi Pubblici (ISP) per spronare
alla riforma del sistema finanziario globale. I lavoratori dei servizi pubblici e le loro
organizzazioni sindacali di rappresentanza devono avere voce in capitolo nello sviluppo di
un nuovo sistema finanziario. I lavoratori, le imprese e i governi hanno bisogno di un
sistema finanziario stabile che tuteli occupazione, salari e risparmi. I lavoratori dei servizi
pubblici auspicano un sistema di finanza pubblica che sia stabile ed affidabile, tale da
garantire investimenti ed il finanziamento delle infrastrutture pubbliche e dei pubblici
servizi, nonché livelli retributivi decorosi e programmi pensionistici pubblici. I fondi
pensione dei lavoratori dei servizi pubblici appartengono ai maggiori investitori istituzionali
ed influenzano il sistema finanziario. I risparmi di tutti i lavoratori, non solo quelli dei servizi
pubblici, non devono in alcun modo essere trascinati in un capitalismo da gioco d’azzardo,
ma devono anzi essere utilizzati per concorrere ad investimenti produttivi e sostenibili
sotto il profilo ambientale9.
I rappresentanti sindacali in seno agli organi direttivi dei fondi pensione hanno il compito di
amministratori fiduciari e pertanto devono avere un peso nella determinazione delle regole
giuridiche e dei codici deontologici per gli investitori, al fine di evitare di esporre a rischi
globali i risparmi maturati dai lavoratori a fini pensionistici. Unitamente all’Internazionale
dei Servizi Pubblici, la FSESP analizzerà il modo più agevole per riunire insieme i
rappresentanti sindacali ed altri attori rappresentativi dei fondi pensione affinché riflettano
sull’architettura finanziaria più adeguata necessaria a riformare il sistema finanziario
globale e ad evitare che i fondi pensione siano esposti a grossi rischi, oltre che ad evitare
investimenti rischiosi.
B. L’economia: uscire dalla recessione
Per la FSESP hanno contribuito alla crisi economica anche lo smantellamento dei servizi
pubblici e la deregolamentazione dei mercati del lavoro. Eppure, vi è ancora chi sostiene
che i processi di deregolamentazione e privatizzazione non si sono affatto conclusi e
devono proseguire. Noi asseriamo che questa crisi si sarebbe potuta evitare se si fossero
affrontati prima i nodi di un capitalismo da gioco d’azzardo caratterizzato da avidità,
irresponsabilità finanziaria ed obiettivi sempre più rischiosi cui ambire per massimizzare i
profitti. Politici conservatori, grandi aziende e loro gruppi di pressione hanno preferito non
farlo. Occorre ora ritornare ad un sistema economico e finanziario basato su una
prospettiva di lungo periodo, su tassi equi di rendimento, in modo da consentire di
recuperare i costi e di finanziare gli investimenti, invece di concorrere a realizzare e
corrispondere dividendi sempre in crescita esponenziale. Vogliamo un grosso piano di
8
Parte dei fondi aggiuntivi stanziati dalla BEI andranno, a titolo esemplificativo, a sostegno dell’industria
automobilistica, industria, questa, che si oppone a norme ambientali più cogenti.
9
Il Congresso FSESP tenutosi a Stoccolma a giugno 2004 ha adottato una risoluzione in materia di pensioni, la quale
affronta nello specifico questo punto. Si rimanda al link: www.epsu.org/a/638.
9
espansione dei finanziamenti incentrato su investimenti in infrastrutture pubbliche e
pubblici servizi, sulla creazione di posti di lavoro in settori rispettosi dell’ambiente,
sull’innovazione e sul capitale umano e coordinato a livello europeo.
La FSESP si opporrà a qualunque tentativo di strumentalizzare la crisi economica per
mettere sotto pressione i lavoratori e le loro organizzazioni sindacali di rappresentanza,
affinché accettino maggiore flessibilità, maggiore concorrenza, congelamenti salariali, di
vedere indeboliti i loro diritti e facciano altre concessioni in materia pensionistica, di minimi
salariali e protezione sociale. Vogliamo lo stesso aiuto tempestivo, rapido e massiccio che
è stato dato alle banche anche per i lavoratori, i pensionati e le famiglie a rischio povertà,
nonché per le piccole e medie imprese a caccia di capitali da investire.
Commento dei rappresentanti CAE della FSESP
I rappresentanti delle organizzazioni sindacali aderenti alla FSESP presenti nei Comitati
Aziendali Europei (CAE) evidenziano le conseguenze qui di seguito riportate:
• Le aziende trovano maggiori difficoltà a reperire finanza da investire, in quanto le
banche hanno ristretto molto i freni o richiedono tassi più elevati e maggiori garanzie
contro il rischio10
• Le aziende sono terrorizzate all’idea di dover rifinanziare i propri debiti in questo
particolare momento, un problema questo che si pone con maggiore forza per quelle
aziende con grossi debiti.
• Per tenere duro, le aziende rimandano o riducono gli investimenti e ne approfittano per
intensificare quelle misure che consentono il massimo risparmio sui costi. Si riducono
al minimo le assunzioni e si tagliano i posti di lavoro.
• Le aziende si sono impegnate in taluni investimenti rientranti in accordi stipulati in
passato e caratterizzati da una tempistica serrata. Sono pertanto costrette ad onorare
tali obblighi finanziari, altrimenti incorrono in sanzioni, il che implica una riduzione degli
investimenti su altri fronti anche perché è diventato meno agevole ottenere prestiti.
• Le società che hanno preso parte ad accordi che prevedono che uno dei soci possa
esercitare un’opzione tale da lasciare la società vendendo le proprie quote a terzi
convenuti (nell’intento di poter facilmente contare su una linea di credito) trovano in
questo momento maggiori difficoltà o terribilmente oneroso il ricorso a tale
meccanismo.
• Eppure, la maggior parte delle società continua a porsi obiettivi molto ambiziosi in
termini di utili da realizzare e continua a voler corrispondere ai propri soci i dividendi
promessi.
Il problema di rifinanziare il debito aziendale, già evidenziato in autunno dai rappresentanti
CAE, si sta ora manifestando in tutta la sua realtà11. In Eurolandia, il debito aziendale si
attesta intorno ad 11 trilioni di Euro.
10
Pare che la stretta creditizia stia colpendo con particolare forza le società elettriche americane, pertanto gli investitori
privati stanno abbandonando questo settore, e ciò porterà ad operazioni di fusione ed anche in alcuni casi al fallimento
di talune società. Ciò in qualche modo ci riporta con la memoria alle reazioni dopo il crollo della Enron, ed
eventualmente potrebbe verificarsi un incremento di capitale privato (attraverso fondi comuni e fondi infrastrutturali).
11
Nuova ondata di titoli tossici in Europa – Business Week del 5 febbraio 2009.
10
B.1
Necessità di un più vasto piano europeo di ripresa
A novembre 2008, la Commissione europea ha proposto un Piano europeo di ripresa
economica, approvato successivamente dal Consiglio l’11 e 12 dicembre 2008. Si è
trattata della prima e ben accetta misura intrapresa dall’UE in materia di coordinamento
delle politiche economiche e tesa ad affrontare la crisi economica. Poiché la ripresa
economica europea non può fare assegnamento né sulle banche, né sulle famiglie che
stanno cercando di ridurre i propri debiti, l’unica via d’uscita è rappresentata dall’iniziativa
dei governi.
La FSESP è a favore di un’espansione della politica finanziaria e di investimenti massicci
in nuovi settori, centri di conoscenza, per l’ammodernamento delle infrastrutture pubbliche,
dell’edilizia sociale, della ristrutturazione dei centri urbani, dell’istruzione e dello sviluppo
sostenibile; è a favore di investimenti per tecnologie pulite ed un uso efficiente e razionale
delle energie12, per promuovere le fonti rinnovabili di energia e i servizi pubblici quali
sanità ed istruzione, nonché a favore di una maggiore spesa sociale per contrastare la
recessione. Comuni e regioni (segnatamente quelli delle aree già più deboli) vanno
rafforzati affinché possano svolgere il proprio ruolo di investitori in infrastrutture locali e
servizi sociali ed avere i finanziamenti di cui necessitano.
La FSESP appoggia e promuove tutti gli appelli ad utilizzare gli investimenti per
conseguire il cosiddetto duplice vantaggio (economico e ambientale) o per concludere i
cosiddetti patti verdi (ovvero di sostenibilità ambientale). Occorre a tal fine profondere uno
sforzo massiccio che richiede il potere congiunto di tutti gli Stati membri che devono agire
all’unisono. L’obiettivo già previsto dell’1,5% del PIL libererà a tal fine considerevoli
risorse, anche se evidentemente già si capisce che non basta, vista la portata dell’attuale
crisi economica. La FSESP ha richiesto che ci si ponga un obiettivo del 2% del PIL da
investire in risorse umane, innovazione e ambiente13; e anche questo certamente non
basterà. Importanti economie mondiali, quale quella statunitense e quella cinese stanno
stanziando somme di gran lunga più ingenti per rimettersi in moto.
B.2 Stop alla privatizzazione dei servizi pubblici e un più rigoroso controllo sugli accordi
di partenariato di tipo pubblico-privato
La FSESP chiede con forza che si ponga fine alla privatizzazione dei servizi pubblici. In
casa europea vi è una gran confusione sotto il profilo economico e finanziario e l’ultima
cosa di cui hanno bisogno i cittadini europei nonché i lavoratori dei servizi pubblici e
l’economia in generale è la vendita di beni pubblici ad un settore privato che non offre a
lungo termine garanzie per le infrastrutture pubbliche e i pubblici servizi. Le partnership
pubblico-privato già in essere, le iniziative di finanza pubblica ed altre forme di
cooperazione tra il settore pubblico e quello privato finalizzate all’erogazione dei servizi
pubblici vanno tenute sotto stretto controllo, al fine di garantire che il settore privato possa
12
Quando, ad esempio va ristrutturato o costruito un edificio scolastico, occorre ormai integrare pienamente tecnologie
che consentono efficienza e risparmio energetico. E’ previsto un aumento dei fondi stanziati per i programmi di
efficienza energetica (attraverso l’isolamento, ad esempio), i quali devono poter essere utilizzati, in maniera da
avvantaggiare anche i nuclei familiari a basso reddito. La FSESP partecipa alla campagna tesa ad incoraggiare UE e
Stati membri ad affrontare il nodo della “povertà” energetica.
13
Di cui l’1% per interventi d’urgenza sul breve periodo (del tipo azione massiccia di sostegno del mercato del lavoro);
ed il rimanente 1% per investimenti in infrastrutture pubbliche, ecc.
11
onorare la propria parte dei contratti, finanziando dunque gli investimenti e la realizzazione
di servizi di qualità. Si invitano pertanto le organizzazioni sindacali aderenti alla FSESP a
chiedere chiarimenti alle proprie autorità pubbliche in merito all’impatto della crisi
finanziaria su questo tipo di accordi.
B.3
Il pieno coinvolgimento delle organizzazioni sindacali
Le organizzazioni sindacali sono pronte a svolgere un ruolo per uscire dalla crisi, sempre
che siano coinvolte a pieno titolo negli sforzi tesi a trovare soluzioni. La FSESP ha
richiesto l’istituzione di un Comitato europeo anticrisi col pieno coinvolgimento delle
organizzazioni sindacali. La FSESP rifiuta politiche unilaterali, come le richieste di
moderazione salariale per i lavoratori del settore pubblico, da parte della BCE e dei
Ministri delle Finanze della zona Euro.
B.4 I governi dovrebbero cessare di considerare e trattare i lavoratori dei servizi pubblici
come categoria a parte
Molti governi hanno fatto dei lavoratori del settore pubblico coloro che sono chiamati a
pagare lo scotto della crisi, con proposte di blocco dei salari se non addirittura di riduzioni
salariali e di taglio dei posti di lavoro nei pubblici servizi. Dette proposte rientrano altresì
nelle condizioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI) dei pacchetti di erogazione di
prestiti ad Ungheria ed altri Paesi europei. Si tratta di politiche pro-congiuntura che
finiscono per contribuire a deflazione e depressione.
La FSESP dissente con forza da coloro che in questo momento sostengono la necessità
di un contenimento della spesa pubblica e della spesa sociale, al fine di mantenere al
livello minimo il disavanzo degli Stati: gli eventi hanno infatti dimostrato che si tratta invece
di un vicolo cieco. Il mondo è entrato in recessione e tali politiche finanziarie restrittive
causerebbero un’ulteriore contrazione delle economie e finirebbero dunque per prolungare
la crisi.
B.5
Far leva su stabilizzatori automatici e spesa sociale
La FSESP chiede che si consenta agli stabilizzatori automatici (ovvero maggiori
stanziamenti a favore dei disoccupati, programmi assistenziali e fondi a disposizione degli
enti locali e regionali…) di svolgere il proprio ruolo e che anzi siano estesi: possono infatti
essere potenziati e incrementati, soprattutto laddove i sussidi di disoccupazione sono di
scarsa entità e di breve durata. Ciò garantirà altresì che i fondi arrivino direttamente a
coloro che saranno più duramente colpiti dalla crisi. I tagli fiscali a pioggia non
rappresentano certo il modo migliore per conseguire tale obiettivo, visto che nella maggior
parte dei casi si tratterà di denaro risparmiato. Gli accordi di Stand by con Paesi già
duramente colpiti dalla crisi economica riducono la spesa sociale, andando a complicare le
cose proprio per coloro che già sono in situazione di difficoltà. Tale spesa andrebbe infatti
in questo momento tenuta fuori da qualunque forma di ridimensionamento dei
finanziamenti.
B.6
Taglio dei tassi di interesse e non tagli di natura fiscale
Anche se i tassi di interesse sono stati abbassati da quando è scoppiata la crisi, non lo si è
fatto tempestivamente. È importante che la BCE risponda rapidamente, per fare in modo
che i tagli ai tassi di interesse abbiano effetto e stimolino gli investimenti, evitando che
12
l’Europa entri in una situazione di ulteriore deflazione. Unitamente a questo, andrebbero
prese misure tese ad impedire prestiti di natura speculativa da parte delle banche. Gli
investimenti pubblici in infrastrutture concorreranno a stimolare la domanda, a creare
occupazione e a realizzare le infrastrutture necessarie per uno sviluppo di lungo periodo.
Tali investimenti risulteranno più efficaci dei tagli fiscali.
B.7
I vincoli del FMI e dell’UE creano instabilità sociale
Di fronte a crisi finanziarie di vasta portata, taluni governi si sono visti costretti a richiedere
il sostegno dell’UE e del FMI. Il Fondo Monetario Internazionale ha risposto nella maniera
che gli è usuale, richiedendo i soliti vincoli che impone quando eroga prestiti a Paesi in
difficoltà. Tali vincoli prevedono il contenimento della spesa pubblica, tagli al settore
pubblico, il blocco dei minimi salariali e la deregolamentazione sociale. Si tratta invece di
politiche da contestare in periodi di crisi economica14. Esse finiscono per favorire la
congiuntura negativa e far sprofondare ulteriormente un Paese in recessione. Come già
argomentato in precedenza, la spesa pubblica al fine di stabilizzare e stimolare la
domanda è ora di cruciale importanza. Il taglio della spesa proposto per l’Ungheria, ad
esempio, è del 2% del PIL, laddove lo stimolo indicato nel Piano europeo di ripresa è
dell’ordine dell’1,5% del PIL. Questi piani UE e/o del FMI di assistenza finanziaria
finiscono per prendere di mira anch’essi i più vulnerabili. L’accordo per l’Ungheria finisce
per colpire i pensionati e i lavoratori con contratto del settore sanitario. Il prestito erogato
dal FMI all’Ucraina prevede il blocco dei minimi salariali. La FSESP è solidale con le
organizzazioni sindacali ucraine, non solo del pubblico impiego, nelle loro rivendicazioni
affinché vi sia trasparenza sulle concessioni economiche che sono state pretese. I drastici
tagli salariali operati nel settore pubblico in Irlanda (per finanziare le pensioni) sono imposti
ai lavoratori del pubblico impiego e alle loro organizzazioni sindacali, violando il modello
UE del dialogo sociale e della libera contrattazione collettiva. Anche questi avranno un
effetto negativo sulla crisi economica, andando a ridurre la domanda. Dal momento che
molte donne lavorano nei servizi pubblici e molte donne fanno affidamento sui pubblici
servizi, le riduzioni retributive e i tagli alla spesa sociale finiranno per colpire le donne, con
un effetto potenzialmente negativo anche in termini di pari opportunità.
Gli accordi per l’erogazione di prestiti alla Lettonia sono particolarmente interessanti,
poiché prevedono un coinvolgimento non solo delle Banche, ma anche della Commissione
europea e di sette governi (Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Norvegia,
Polonia e Svezia), chiamati tutti a sostenere i vincoli imposti, ivi compresa la forte
interferenza nell’autonomia delle parti sociali.
14
Il ragionamento del FMI nel richiedere il contenimento della spesa pubblica si basa sull’idea secondo cui “nei Paesi
con mercato emergente e con cospicui disavanzi, l’effetto Keynesiano di un aggiustamento di bilancio è probabile che
venga spiazzato dagli effetti cosiddetti non keynesiani connessi ad aspettative e credibilità. Gli effetti non keynesiani
dipendono dal controbilanciamento creato dalla risposta del risparmio privato a mutamenti di natura politica del
risparmio pubblico. In particolare, se l’aggiustamento di bilancio segnala presumibilmente una migliore solvibilità del
settore pubblico, allora è possibile che una contrazione dei finanziamenti finisca in realtà per tramutarsi in
un’espansione degli stessi, in quanto aumentano i consumi privati, in base alla previsione che gli aumenti fiscali futuri
saranno in realtà di entità minore rispetto a quanto previsto in precedenza”. (Citazione dall’accordo FMI-Ungheria).
13
Lettonia
Il Protocollo di intesa tra la CE e la Lettonia statuisce che l’UE fornisce assistenza
finanziaria a sostegno di un programma messo a punto dalla Lettonia, il quale prevede, tra
le altre cose, il contenimento delle spinte inflazionistiche, riducendo i costi salariali del
settore pubblico, misura, questa, centrale in un programma di ben maggiori strette sotto il
profilo finanziario.
L’UE condizionerà gli aiuti ai “progressi che si realizzeranno nel Paese in materia di taglio
dei salari nominali e tagli occupazionali, anche negli enti locali, in agenzie dello Stato e
altre istituzioni pubbliche”. Anche le aziende di proprietà pubblica sono chiamate ad
operare riduzioni dei livelli retributivi, di entità simile a quelle realizzate nella pubblica
amministrazione. Ulteriori risparmi sulla spesa pubblica dovranno essere realizzati a livello
di bilancio statale e degli enti locali.
Le condizioni imposte prevedono altresì che si ottengano miglioramenti nel sistema
retributivo degli impiegati della funzione pubblica, unificando i principi per la
determinazione e la programmazione delle retribuzioni con quelli di altre categorie. Va
semplificato e soggetto a ben specifiche condizioni il processo di fissazione dei livelli
retributivi, così come va attivato un unico sistema di pianificazione e gestione delle risorse
umane per tutte le istituzioni della pubblica amministrazione. Inoltre, va istituito ed attuato
un sistema unico di valutazione annuale di funzionari ed impiegati in base alle
competenze. Occorre inoltre che sia adottata una legge in materia di partenariati di tipo
pubblico-privato, in linea con le raccomandazioni dell’UE e del FMI.
La Lettonia è tenuta a rivedere i meccanismi di determinazione dei salari di tutti i settori
economici, al fine di promuovere meccanismi retributivi per il pubblico impiego che siano in
linea con i vincoli imposti da un tasso di cambio fisso. La Commissione europea dovrà
essere debitamente informata delle attività del Comitato tripartitico deputato alla
promozione dei contenimenti salariali.
Contribuiscono al prestito erogato:
- Il Fondo Monetario Internazionale (FMI)
- I Paesi scandinavi (Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca ed Estonia)
- La Banca Mondiale
- La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, Repubblica Ceca e Polonia
- La stessa Unione europea (UE); la Commissione europea mutuerà i fondi dal mercato
finanziario per conto della Comunità europea.
La confederazione sindacale lettone (LBAS) dissente da molte delle misure prese, in
quanto vengono attuate in maniera tale da andare a colpire maggiormente i lavoratori della
pubblica amministrazione con i livelli retributivi inferiori. I provvedimenti relativi ai minimi
salariali sono inammissibili per le organizzazioni sindacali. Il minimo salariale mensile
lordo è di 256 Euro (ovvero 175 Euro netti, contro i 240 Euro riconosciuti come minimo per
la sopravvivenza mensile). Un quinto circa dei lavoratori riceve una retribuzione che si
aggira più o meno intorno al minimo calcolato per la sopravvivenza. I contratti collettivi non
vengono quasi mai rispettati. Le organizzazioni sindacali hanno lavorato con
l’Associazione lettone degli enti locali e regionali e con la Confederazione datoriale, al fine
di proporre una serie di azioni tese a migliorare le attività economiche e a garantire il
mantenimento dei posti di lavoro.
14
È la prima volta che UE e FMI collaborano, il che in via di principio può essere accolto
come segnale di garanzia che le misure dell’UE e quelle del FMI non siano contraddittorie
le une con le altre e che anzi si integrino vicendevolmente. Tuttavia, il FMI tende a
prevalere e le regole di cooperazione non tengono conto degli obiettivi di altre politiche
dell’UE, quali riduzione della povertà e promozione di uno sviluppo sostenibile. L’Unione
europea non dovrebbe vincolare automaticamente i propri prestiti a quelli del FMI. Le
condizioni poste dall’UE dovrebbero essere connesse alle conquiste sociali fatte
dall’Unione europea e al Modello sociale europeo, ivi compreso il dialogo sociale ed il
coinvolgimento delle organizzazioni sindacali nelle misure economiche da intraprendere.
Tali procedure di consultazione dovrebbero rientrare anche nel modo in cui UE e FMI
trattano con i governi in difficoltà per addivenire ad un accordo.
Peraltro, la FSESP nota che il FMI introduce un sistema di comparazione tra i Paesi UE,
partendo dal presupposto che meno “pubblico” è meglio, incoraggiando pertanto una
spirale al ribasso nella spesa dei governi destinata ai pubblici servizi15. La FSESP
respinge una tale comparazione arbitraria che mette indirettamente in discussione
decisioni assunte democraticamente dai popoli interessati
La CES ha sostenuto di bandire il GMI ed i suoi programmi di (dis)aggiustamento
strutturale dall’Europa ed invece agganciare il sostegno economico degli stati membri ai
principi del Modello Sociale Europeo che include il principio della giustizia distributiva con
robusti diritti dei lavoratori e sistemi fiscali equi nei quali “le spalle più forti dovrebbero
portare il peso più forte”16.
Provvedimenti finanziari imposti dal FMI – Accordo di Stand by per l’Islanda
L’Islanda è stata duramente colpita dalla crisi finanziaria ed ha assistito al tracollo di molti
dei suoi istituti bancari. Poiché il boom dell’economia islandese era ampiamente dovuto al
settore finanziario, è per questo che l’economia del Paese è stata severamente colpita
dalla crisi. L’Islanda sta ristrutturando il proprio settore finanziario e gran parte del
programma del Fondo monetario internazionale punta proprio su questa ristrutturazione.
Sono altresì previste una serie di altre misure di natura finanziaria. Ad esempio l’Islanda
deve ridurre i propri trasferimenti monetari, tra cui si prevede:
9 La riforma dell’indicizzazione dei sussidi corrisposti agli anziani e agli individui che non
percepiscono alcun reddito;
9 La riduzione dei trasferimenti al fondo che eroga prestiti agli studenti;
9 Gli assegni di maternità saranno ridotti e corrisposti solo previo accertamento delle
effettive condizioni economiche delle beneficiarie;
9 Verrà eliminato il contributo governativo ad un fondo di riabilitazione per disabili;
9 Saranno operati tagli all’assistenza allo sviluppo;
9 Aumenterà il concorso dei pazienti al pagamento delle spese sanitarie sostenute
presso strutture private;
15
“La decisione non solo di contenere la spesa in generale, ma anche di appoggiare l’obiettivo di ridurre le dimensioni
(comparativamente grosse) del settore pubblico in Ungheria è importante a tale riguardo. L’adeguamento prevede
pertanto un’ampia serie di tagli alla spesa, ivi compresa quella salariale e pensionistica. Si tratta di misure che sono
inevitabilmente dolorose, tuttavia, nell’avvicinare l’Ungheria ai livelli salariali e pensionistici dei Paesi limitrofi, e
consentendo un livello di spesa totale sostenibile e più orientata alla crescita, esse produrranno notevoli vantaggi sul
lungo periodo”.
16
Risoluzione CES Marzo 2009 http://www.etuc.org/a/5985
15
9 Verranno ridotte le spese di gestione non di natura salariale (il che andrà a colpire
agenzie pubbliche, polizia e i settori di sanità e istruzione), così come verrà tagliata la
spesa per investimenti. E’ stato preventivato un incremento salariale del 3% per i
dipendenti pubblici con decorrenza 1 marzo 2009.
Il Fondo Monetario Internazionale ha avuto contatti con le organizzazioni sindacali in
Islanda.
Richiesta di un Accordo di Stand by tra FMI e Ungheria a novembre 2008
I paragrafi qui di seguito riportati sono tratti dall’accordo e riguardano direttamente nello
specifico gli stipendi dei dipendenti pubblici.
17. Per conseguire tali obiettivi di bilancio, le autorità puntano sui provvedimenti
relativi alla spesa, in linea con l’impegno già assunto di ridimensionare il vasto
settore pubblico presente nel Paese
Il programma punta ad una riduzione della spesa primaria dello Stato di 2 punti percentuali
del PIL, rispetto al 2008. Ne risultano interessate tutte le categorie di spesa, con la sola
eccezione dei pagamenti degli interessi. Le misure previste nella Lettera di intenti (LOI)
sono:
(i) un blocco dei salari nominali e l’eliminazione della tredicesima per tutto il pubblico
impiego (1% del PIL);
(ii) l’eliminazione della tredicesima per tutti quelli andati in pensione anticipatamente, ed
un tetto massimo per la tredicesima di tutti gli altri pensionati, tale da non superare il limite
di 80.000 HUF (0,2% del PIL)
(iii) differimento o eliminazione dell’indicizzazione di tutti i sussidi sociali per categorie
speciali (0,2% del PIL); e
(iv) tagli senza quartiere a tutti gli stanziamenti di spesa previsti per i Ministeri (0,5% del
PIL).
Nel pacchetto spese in conto capitale, sarà accordata priorità a quei progetti di
investimento cofinanziati dai fondi strutturati UE (0,1% del PIL). Sotto il profilo delle
entrate, le autorità hanno già annunciato che le riduzioni tributarie precedentemente
previste per il 2009 saranno rimandate fintantoché non si sarà creato un sufficiente
margine di manovra fiscale attraverso prima il contenimento della spesa. Come parte del
programma, le autorità si riservano il diritto di non introdurre eventuali emendamenti al
codice tributario che potrebbero generare una perdita di introiti netti.
B.8
L’impiego dei fondi UE per aiutare i Paesi in difficoltà
La FSESP guarda con favore ai fondi che l’Unione europea mette a disposizione per
aiutare gli Stati membri a fronteggiare i problemi finanziari, e che rappresentano la base
dei meccanismi di solidarietà attivati in seno all’UE. Analogamente, si guarda con grande
interesse all’impiego dei Fondi strutturali UE per affrontare la crisi economica. Le parti
sociali devono essere coinvolte nello sviluppo dei programmi e progetti tesi all’utilizzo di
tali fondi. Occorre che tali strumenti siano autonomi, che promuovano gli obiettivi
ambientali e sociali dell’UE, ivi compreso lo sviluppo del modello sociale europeo e del
dialogo sociale, e che non siano vincolati alle condizioni poste dal FMI. Ora, mentre tali
azioni sono di respiro nazionale, andrebbero incrementate le risorse del Fondo europeo di
adeguamento alla globalizzazione (FEG), come indicato dalla CES, e dovrebbero essere
utilizzate per aiutare tutti i lavoratori che potrebbero perdere il posto di lavoro.
16
Anche i Paesi in via di sviluppo sono duramente colpiti dalla recessione economica. Essi
potrebbero subirne un impatto diretto dovuto alla maggiorazione dei costi per ottenere
finanziamenti, in parte spiegato da una sorta di effetto “affollamento”, una volta che
governi e società ricorreranno maggiormente all’indebitamento. Si può ipotizzare che le
economie dei Paesi sviluppati concentreranno la spesa pubblica sulle proprie priorità
interne. E, per finire, il flusso delle rimesse (ovvero il denaro inviato in patria dai lavoratori
migranti) potrebbe diminuire, poiché questi lavoratori, che sono spesso i più vulnerabili,
potrebbero essere i primi ad essere licenziati e quindi a tornare nei Paesi d’origine. Ciò
riguarda anche Paesi del continente europeo, come la Moldova17. La FSESP chiede con
forza ai governi e all’UE di mantenere alti gli stanziamenti previsti per l’aiuto allo sviluppo.
È esecrabile vedere che i governi agiscono rapidamente quando si tratta di tutelare le
banche e gli interessi finanziari, ma poi hanno difficoltà a trovare i fondi necessari a
favorire il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio (MDGs).
Una nuova politica economica per l’Europa
La FSESP è a favore di una Nuova Politica Economica per l’Europa18, la quale preveda:
1. Un cambiamento di ruolo per la Banca centrale europea;
2. La revisione del Patto di crescita e stabilità
3. Un nuovo governo economico per l’Unione europea.
La BCE, il Patto di crescita e stabilità e la proposta di un governo economico dell’Unione
europea si riferiscono ad Eurolandia. Avranno certamente un impatto e un’influenza più
ampia se le loro misure si applicano anche ad altri Paesi. Un esempio è dato dalla norma
del deficit di bilancio al 3%, contenuta nel Piano di crescita e stabilità, la quale è applicata
anche nei Paesi non appartenenti ad Eurolandia e soprattutto in quelli che lottano per
aderire all’UE.
1. Un cambiamento di ruolo per la Banca centrale europea
La BCE si è concentrata troppo, in maniera miope e limitata, sulla lotta all’inflazione ed ha
a torto predicato il contenimento salariale nel settore pubblico, il quale era previsto che
fungesse da esempio per il settore privato. La riduzione dei livelli retributivi in un momento
di contrazione dell’economia finirebbe solo per peggiorare le cose. Va incoraggiata la
domanda e la BCE dovrebbe contribuire assicurando tempestivamente la riduzione dei
tassi di interesse. In tal modo, la BCE concorrerà al Piano europeo di ripresa economica.
Occorre che la BCE persegua gli obiettivi di crescita economica, piena occupazione e
stabilità monetaria. A quel punto, la politica della BCE potrà coordinarsi con politica
finanziaria e politica salariale. È previsto fra l’altro per la BCE il ruolo di sorveglianza delle
banche transnazionali. Ora, sarà necessario prevedere per la BCE, per via di un accordo,
che gli Stati membri si impegnino a ricapitalizzarla in caso la Banca centrale europea
dovesse divenire insolvente.
17
La Moldova fu gravemente colpita dalla crisi prima finanziaria e poi economica in Russia del 1998. Il 75% della
popolazione viveva sotto la soglia di povertà e si calcola che circa 600.000 persone avessero lasciato il Paese
diventando in molti casi lavoratori clandestini. Le rimesse dei Moldavi all’estero rappresentano il 38% circa del PIL (al
secondo posto nella classifica mondiale). La Moldova è il Paese più povero di tutto il continente europeo, con un PIL
pro-capite di 2.500 dollari USA (dati del 2006) ed oltre il 20% della popolazione che vive al di sotto della soglia
assoluta di povertà, con un reddito di meno di 2,15 dollari USA al giorno (dato risalente al 2005).
18
Sostanzialmente, BCE, Patto di crescita e stabilità e Governo Economico dovrebbero essere ristretti unicamente ad
Eurolandia.
17
2. La revisione del Patto di crescita e stabilità
Il Patto europeo di crescita e stabilità è stato criticato dal movimento sindacale in quanto
non riconosce nella spesa pubblica uno strumento adeguato di politica economica a favore
dell’occupazione e dello sviluppo economico e sociale. L’investimento in risorse umane e
ambiente va considerato come un investimento in riforme strutturali e non come
un’eccezione. Il Patto di stabilità e crescita non tiene sufficientemente conto delle
possibilità offerte dalle politiche anticongiunturali19. Il Piano europeo di ripresa economica
e i provvedimenti intrapresi in molti Paesi per incrementare la spesa pubblica non vanno
visti come una violazione delle regole rigorose del Patto di stabilità e crescita20. Inoltre,
anche quei Paesi che, in base al Piano di crescita e stabilità, non avrebbero margine di
manovra per incrementare la spesa pubblica, dovrebbero comunque partecipare al piano
di ripresa; altrimenti, il rilancio dell’economia europea è affidato ad un numero limitato di
Stati membri. Pertanto, il Patto di crescita e stabilità necessita di un attento riesame, tale
da integrare politiche anticongiunturali ed il lato positivo della spesa pubblica e del debito
pubblico a favore di investimenti a lungo termine che sospingono un’economia sul binario
di una crescita socio-economica sostenibile anche per l’ambiente.
Le misure di stimolo alla spesa comportano un aumento del debito degli Stati, anche se il
debito è già destinato ad aumentare quando la recessione si aggraverà ulteriormente,
diminuirà il gettito fiscale e i governi potrebbero essere costretti ad indebitarsi
ulteriormente per sostenere i disoccupati, spesa previdenziale, ecc. Ecco perché noi
siamo a favore di investimenti a breve termine che concorreranno ad una crescita di lungo
periodo. Quando si innescherà la ripresa economica, i maggiori introiti andranno usati per
ridurre il deficit in periodo di crescita economica in espansione. La chiusura dei Paradisi
Fiscali e prevenire l’elusione fiscale contribuirà a finanziare il disavanzo pubblico. La
FSESP sottolinea che, anche in questi periodi, si deve poter contare sul debito pubblico
per finanziare investimenti a lungo termine. Inoltre, i governi dovrebbero prendere in
esame la possibilità di aumenti tributari sui redditi più elevati, sui grossi patrimoni e sui
profitti delle grandi aziende.
La FSESP ha già notato che si parla molto di fare in modo che i disavanzi di bilancio
rimangano entro la soglia del 3% del PIL o di fare in modo di riportarli rapidamente
all’interno di detta soglia. Ciò potrebbe comportare misure di austerità tali da vanificare i
pacchetti di stimoli che i governi stanno varando, e quindi da prolungare la crisi.
3. Un rafforzamento della governante economica europea
La presente crisi e le reazioni che si stanno avendo in vari Paesi sottolineano l’importanza
di avere un governo economico europeo, con il trasferimento dei poteri decisionali in
materia economica a livello UE, soprattutto per Eurolandia. A quel punto, l’UE avrebbe ad
affiancare la BCE un’istituzione forte in materia di politica finanziaria, la quale potrebbe
andare oltre quanto sin qui fatto o statuito dal Consiglio dei Ministri finanziari della zona
Euro. Si garantirebbe un miglior coordinamento ed una politica economica europea più
19
Le Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo sottolineano che il Patto di stabilità e crescita rappresenta la
pietra angolare del quadro finanziario dell’UE e garantisce la flessibilità delle misure da attuare per la ripresa. Esso
prevede che gli stanziamenti possano anche essere temporaneamente incrementati. Il Consiglio sollecita gli Stati
membri ad impegnarsi sulla via di disavanzi pubblici sostenibili e a ritornare nel più breve tempo possibile (in
conformità con il Patto ed in linea con la ripresa economica) agli obiettivi di bilancio previsti per il medio periodo.
20
La riforma del Patto di crescita e stabilità nel 2005 aveva previsto circostanze eccezionali che consentissero ai Paesi
di incrementare il disavanzo pubblico. Una deroga ai meccanismi che disciplinano il Patto era stata altresì prevista per
gli investimenti in riforme strutturali. Adesso gli Stati membri dovrebbero avvalersi di tali possibilità.
18
efficace. Un tale tipo di coordinamento di politiche dovrebbe avere come obiettivo uno
sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale e la creazione di occupazione. Una tale
istituzione dovrebbe altresì avere il compito di coordinare progetti di respiro UE, quali ad
esempio i progetti infrastrutturali transfrontalieri. Il passo successivo potrebbe essere
quello di prevedere che a tale governo sia affidato il compito dell’imposizione fiscale e
quindi dello stanziamento dei fondi. Ciò richiederà altresì un ulteriore potenziamento della
democrazia in seno all’UE, ad esempio attraverso una composizione della Commissione
che rifletta la maggioranza politica presente nel Parlamento europeo.
Il nuovo governo economico UE dovrebbe accompagnarsi ad un ruolo più forte delle
organizzazioni sindacali. Va rafforzato il dialogo sulla politica macroeconomica (che
prevede la presenza di una delegazione della CES) e ne vanno intensificate le adunanze.
B.9 Impiego dei fondi UE per aiutare i Paesi in difficoltà, riconoscendone le differenze,
ma soprattutto i molti tratti in comune per potenziare il livello di cooperazione in tutta
l’Unione
Pur sottolineando l’importanza di riconoscere che ogni Paese è diverso dagli altri,
l’adesione all’UE e soprattutto all’Euro impone che vi siano delle somiglianze e che si
rispettino determinati vincoli. La crisi economica mette molto a dura prova Eurolandia, per
fare in modo che i Paesi non risultino inadempienti in fatto di debito. Già per Grecia,
Portogallo, Italia, Irlanda e Spagna è diventata più onerosa l’emissione di titoli di credito21.
Nei Paesi non aderenti all’Euro, è sotto attacco la forza della valuta locale. Secondo una
valutazione strutturale, la Germania starebbe realizzando risparmi in eccesso (avanzo
delle partite correnti: la macchina dell’export tedesco), mentre altri Paesi come Spagna e
Grecia avrebbero un disavanzo della bilancia delle partite correnti (facendo affidamento su
capitali stranieri). Per risolvere tali squilibri interni ad Eurolandia, è necessario un più forte
governo proprio a livello della zona Euro, ed un sistema di monitoraggio ancora più
rigoroso e vincolante sui bilanci degli Stati membri. Se, da un lato, le regole della moneta
unica impediscono il salvataggio di un Paese, sembra probabile che in caso di uno
sforamento di uno dei Paesi di Eurolandia (il Paese rimarrebbe comunque nell’Euro), ma
gli altri Paesi che pagano il conto richiederebbero maggiori riforme strutturali. Un confronto
finirebbe per attivare lo stesso tipo di condizioni che si applicano ai prestiti del FMI, i quali
sotto il profilo politico sono ben più prescrittivi rispetto alle regole del Piano di crescita e
stabilità22. Poiché un governo economico a livello di Eurolandia porterebbe la propria
attenzione sui bilanci pubblici, sui disavanzi e sulla spesa pubblica (facendo rientrare il
tutto negli sforzi tesi a garantire un debito pubblico sostenibile e una finanza pubblica di
qualità), la cooperazione è un imperativo per le organizzazioni sindacali dei servizi
pubblici. La FSESP è a chiedere pertanto una sua presenza permanente in seno alla
delegazione CES che partecipa al dialogo sulla politica macroeconomica, coadiuvata, se
possibile, da una rete FSESP di economisti, come proposto nella risoluzione congressuale
sul Coordinamento in materia di contrattazione collettiva.
21
I cosiddetti spread dei titoli di Stato a dieci anni rispetto a quelli tedeschi (la differenza tra il tasso di interesse
applicato dalla Germania e quello applicato dagli altri Paesi) sono passati dallo 0,1-0,4% (ad inizio 2008) a quasi il
2,5% per la Grecia e al 2% per l’Irlanda (a inizio febbraio 2009). Le agenzie di rating hanno declassato o emesso
avvertimenti sul debito pubblico di tali Paesi, rendendo più onerosa l’assunzione di prestiti. E con la crisi bancaria che
ora colpisce gli istituti di credito che hanno fatto grossi investimenti negli Stati membri di recente adesione, questi
spread sono aumentati, rendendo anche i titoli di Stato olandesi e austriaci più cari per i governi interessati.
22
Vedasi il riferimento alla Lettonia, in cui Paesi UE e Commissione richiedono un più rigoroso controllo della spesa
pubblica.
19
B.10 Serve maggiore iniziativa da parte del G20 e delle istituzioni internazionali
La crisi è globale. Da qui la necessità di collaborazione e coordinamento intergovernativo.
Il summit del G20 di Londra ha fornito la piattaforma (2 Aprile 2009). Il movimento
sindacale mondiale ha presentato ai capi di governo un piano d’azione dettagliato ed ha
chiesto ai G20 di applicare il “piano a 5 punti” come chiara roadmap per un migliorare la
governance globale e come garanzia perché una crisi di questa magnitudine non possa
più ripetersi. Il G20 ha messo l’occupazione e la crescita in cima alla sua agenda. Ha
incoraggiato la continuità del lavoro fatto dall’OCSE insieme ad altre istituzioni per
integrare gli standard economici e sociali internazionali come quelli dell’OIL per iscriverli in
una cosiddetta Carta. C’è accordo per coinvolgere l’OIL nei suoi lavori. Questo è stato
sottolineato dal Summit Sociale del G8 a Roma. 23
Ci aspettiamo che le istituzioni dell’UE (Consiglio, Commissione Europea e Parlamento
Europeo) giochino un ruolo rilevante nel realizzare questa roadmap.
Piano d’azione globale dei sindacati per combattere la crisi
La Confederazione Sindacale Internazionale ha sviluppato un piano d’azione in 5 punti. Il
piano prevede
un piano internazionale coordinato per la ripresa economica e la crescita sostenibile;
regole per il sistema finanziario mondiale;
lotta contro il rischio di deflazione salariale ed eliminazione delle diseguaglianze di
reddito attraverso l’estensione della copertura della contrattazione collettiva e il
rafforzamento delle istituzioni incaricate della fissazione dei salari per stabilire una base
decente per i mercati del lavoro;
un ampio e lungimirante accordo internazionale sul cambiamento climatico al COP15 di
Copenhagen nel Dicembre 2009; e
riforma delle istituzioni globali per assicurare una responsabile governance economica
mondiale.
http://www.ituc-csi.org/IMG/pdf/No_16_-_G20_London_Declaration_FINAL.pdf
C. Su contrattazione collettiva e politica sociale: un nuovo equilibrio di poteri
La politica salariale rappresenta un altro pilastro negli interventi di politica economica.
Talvolta per noncuranza, ma anche con specifica intenzionalità (le proposte della BCE a
favore del contenimento salariale nel settore pubblico e dell’abolizione dell’indicizzazione
automatica), l’assunto di base è che i salari vanno usati come strumento di adeguamento
alle crisi economiche. La BCE si è rifiutata di promuovere incrementi salariali anche
laddove necessari (come nel caso della Germania in questi ultimi anni). Se si tende troppo
al ribasso dei salari (ed è già chiaramente quello che sta avvenendo nel caso degli
stipendi nel pubblico)24, si indebolirà la domanda, andando in tal modo a prolungare la
23
24
Le valutazioni del Summit Sociale del G8 e del G20 sono disponibili sui siti web TUAC e ITUC
Un recente esempio di pressione esercitata sulle retribuzioni del settore pubblico è dato dall’adozione del bilancio
previsionale 2009 per la Romania. Il governo innalzerà pensioni e stipendi per i lavoratori del settore pubblico di cinque
punti percentuali nel 2009, in linea con il tasso medio di inflazione atteso per quest’anno (anche se altri si aspettano che
l’inflazione aumenterà molto di più). Ma il governo si è altresì impegnato a prevedere un massimale per le retribuzioni
del settore pubblico e a tagliare altre spese dell’1,5%. Il governo pensa altresì di sostituire lo straordinario con ore libere
dal lavoro e di ridurre le spese per il personale del settore pubblico dello 0,9% del PIL, se non addirittura del 20%. I
20
recessione. Inoltre, se i Paesi cercano di raggiungere la moderazione salariale
ingaggiandosi in una gara l’uno con l’altro, finiranno per trascinarsi tutti al ribasso,
andando a ridurre ulteriormente la domanda e pertanto a prolungare la recessione25.
Tale pressione al ribasso giunge in un momento in cui le istituzioni deputate alla
contrattazione collettiva nazionale o di categoria risultano indebolite sempre in base alle
stesse politiche che hanno cercato di privatizzare le aziende pubbliche e di liberalizzare i
pubblici servizi (minore copertura, contrattazione più decentrata, attacchi agli scioperi per
solidarietà…). Le sentenze della Corte europea di giustizia nelle cause Laval, Viking,
Rüffert e Lussemburgo mettono in discussione la difesa da parte dei lavoratori e delle loro
organizzazione sindacali della parità salariale sul posto di lavoro, consentendo alla
mobilità dei lavoratori di ridurne i livelli retributivi. È questa la ragione principale dei recenti
scontri verificatisi nel Regno Unito per il settore edile ed ingegneristico (a inizio febbraio
2009)26. Le organizzazioni sindacali britanniche, la FSESP e la CES hanno preteso che
rientri nel Trattato una revisione della direttiva sul distaccamento dei lavoratori, nonché un
protocollo in materia di progresso sociale. Entrambi garantirebbero che fondamentali diritti
sindacali, quali il diritto di sciopero, il diritto alla contrattazione collettiva per difendere la
parità retributiva sul posto di lavoro, vengano rispettati ed assumano priorità rispetto alla
libera circolazione di beni, servizi, capitali e lavoratori. Occorre un nuovo equilibrio di poteri
che sia a favore dei lavoratori, delle loro famiglie e delle loro comunità.
C.1 La flessibilità dei mercati del lavoro in Europa: i precari colpiti dalla crisi economica
La crisi evidenzia che i mercati del lavoro in Europa sono grandemente flessibili e quindi
una congiuntura economica negativa comporta notevoli e rapide perdite di posti di lavoro.
Questo fatto ha colpito in maniera significativa coloro che hanno contratti precari, come
coloro che lavorano per il tramite di agenzie e i lavoratori con contratto a termine. Si tratta
di lavoratori che non beneficiano di una totale copertura previdenziale e che non hanno
accesso a tutta la vasta gamma di opzioni formative. La FSESP invita a corrispondere a
tali lavoratori una una-tantum per aiutarli a trovare un altro posto di lavoro. Le agenzie di
lavoro interinale hanno anche il dovere di non licenziare i propri dipendenti. I lavoratori
interinali devono avere accesso a tipologie di contratti di lavoro che prevedono orari più
brevi e alle opportunità di formazione professionale. La Commissione europea e gli Stati
membri devono incoraggiare e sostenere iniziative di questo tipo ed incentivare
ulteriormente i programmi di formazione professionale e tesi a migliorare le qualifiche e le
competenze dei disoccupati, e tutto ciò con il pieno coinvolgimento delle organizzazioni
sindacali.
C.2 Le opzioni ci sono: necessità di una consistente agenda sociale
La crisi effettivamente permette di operare scelte nuove e di potenziare l’agenda sociale
dell’UE e degli Stati membri. Sostanzialmente, si chiede ai lavoratori europei, ed in
particolare a quelli dei servizi pubblici, di pagare il prezzo della situazione di confusione
pensionati, che sono in migliaia a vivere con meno di 100 euro al mese, sono preoccupati di queste misure. La valuta
romena si è indebolita di 20 punti percentuali rispetto all’Euro negli ultimi tre mesi e due delle principali agenzie di
rating classificano la Romania a livello più basso tra i Paesi dell’Unione europea. Sono cominciate anche le
manifestazioni di protesta non appena il governo ha ridotto la spesa destinata al finanziamento del settore sanitario.
25
Presentazione FSESP, La dinamica salariale in Europa: esiste il pericolo di un crollo dei salari? Bollettino di
informazione FSESP sulla Contrattazione collettiva, numero 1/2009.
26
Per ulteriori informazioni sui conflitti nel Regno Unito, si rimanda al link: http://www.epsu.org/a/4558.
21
generale sui mercati finanziari. Coloro che hanno avuto la bontà di trascinarci in tutto
questo pasticcio, ovvero maghi della finanza, banchieri, intermediari e altri profili del
mondo della finanza, ne stanno uscendo sostanzialmente illesi. Visto che a pagarne le
spese sono i lavoratori, le loro famiglie e le comunità in cui vivono, la FSESP pretende di
vedere che ci sia una contropartita, ovvero migliori misure sociali ed anche iniziative di
natura giuridica intraprese da parte della Commissione europea27, il rafforzamento della
contrattazione collettiva, misure a favore dell’azione sindacale, la riduzione delle disparità
a cominciare dal taglio degli stipendi (e dei premi, delle stock option ed altri bonus) dei
vertici aziendali ed altro personale dirigenziale, nelle aziende a partecipazione statale e/o
che ricevono aiuti con fondi pubblici. La FSESP analizzerà queste eventualità nei propri
comitati di settore (energia, gestione rifiuti, servizi idrici, sanità, ecc.) con le organizzazioni
sindacali presenti nelle varie aziende interessate.
Misure a breve termine devono poter indurre le aziende dei settori più duramente colpiti
dalla crisi a non procedere alla messa in cassa integrazione o a forme di prelicenziamento di massa ed incentivare piuttosto la riduzione dell’orario lavorativo,
avvalendosi di possibilità di qualifica e miglioramento delle competenze dei lavoratori,
facendo leva su strumenti quali i congedi formativi, periodi sabbatici, ecc. Altre modalità
per attenuare l’impatto della crisi possono essere la riduzione dell’orario lavorativo e la
limitazione degli straordinari.
C3. Essenziali gli incrementi salariali
La FSESP mette in guardia sul repentino crollo dei costi salariali unitari, il quale trascina
con sé l’inflazione (già bassa), esponendo Eurolandia al rischio di deflazione. Gli
incrementi salariali sono pertanto necessari, quale misura complementare al pacchetto di
stimoli all’economia e all’abbassamento dei tassi di interesse. Gli incrementi salariali
consentiranno di stimolare la domanda, evitare la deflazione, stabilizzare le entrate fiscali
e proteggere le pensioni. La BCE dovrebbe astenersi dall’approccio unilaterale
normalmente seguito nella formazione dei salari, criticando i governi (e le parti sociali) nei
Paesi che hanno problemi di inflazione e di competitività. Non si è mai espressa a favore
di un aumento salariale, invogliando governi e parti sociali a garantire sviluppi della politica
salariale che siano in linea con gli incrementi di produttività. Le evoluzioni salariali sul
lungo periodo devono riflettere il trend dell’inflazione e degli incrementi di produttività. E
questo imporrà prima o poi di ridurre le disparità di reddito e consentirà di sostenere
l’economia, dal lato della domanda.
C.4 Resistere ai governi e alle parti datoriali che usano la crisi per attaccare i diritti
sindacali
Le organizzazioni sindacali aderenti alla FSESP ci informano del fatto che la crisi viene
usata da aziende e governi per indebolire ed erodere i diritti sindacali. I governi impongono
provvedimenti assunti unilateralmente ai lavoratori del pubblico impiego e stanno
sospendendo la contrattazione collettiva e il dialogo sociale. La FSESP sosterrà le
organizzazioni sindacali ad essa aderenti che si scontrano con datori di lavoro e governi i
27
Si tratta di azioni che possono spaziare dalla revisione della direttiva sul distaccamento dei lavoratori, ad un
protocollo in materia di progresso sociale, alla presenza di rappresentanti sindacali e di esperti in materia di formazione
sui posti di lavoro, alla presenza di rappresentanti esperti in materia ambientale, a strumenti giuridici di attuazione e
controllo della responsabilità sociale d’impresa e della responsabilità attraverso tutta la catena di produzione, ecc. ecc.
In passato, molte di queste iniziative sono state bloccate dalle aziende stesse e da politici conservatori.
22
quali dimostrano di non avere alcun rispetto per la voce dei lavoratori dei servizi pubblici e
delle loro organizzazioni sindacali di rappresentanza. Pretendiamo che la Commissione
europea agisca con forza nei confronti di governi e parti datoriali che violano i diritti
sindacali e i dispositivi della contrattazione collettiva e del dialogo sociale.
Alla VIII Conferenza regionale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL)28, cui
hanno partecipato governi, datori di lavoro e organizzazioni sindacali, si è sottolineato che
i pacchetti coordinati di stimolo all’economia sono strutturati per espandere la domanda
aggregata, evitare spirali deflazionistiche e mantenere occupazione e decorose
opportunità lavorative. Gli individui più vulnerabili della società vanno protetti per evitare
che risultino scollati dal mercato del lavoro o che diventino poveri che lavorano. La
Conferenza OIL ha evidenziato e insistito sul bisogno impellente di un dialogo sociale e di
una contrattazione collettiva efficaci. I governi, le parti datoriali e le organizzazioni
sindacali hanno ribadito che principi fondamentali e diritti sul lavoro vanno salvaguardati.
Essi rappresentano, infatti, “un’importante garanzia contro il rischio che la recessione
possa comportare un maggiore sfruttamento dei lavoratori”. L’organismo tripartitico ha
inoltre sottolineato la necessità di promuovere norme di respiro internazionale sul lavoro, e
di utilizzare tutto il potenziale di meccanismi quali sviluppo delle competenze dei lavoratori,
maggiore formazione professionale, e delle istituzioni deputate al dialogo sociale.
C.5 Il nodo degli arretrati salariali
Le organizzazioni sindacali affiliate hanno altresì informato la FSESP dell’incremento degli
arretrati salariali nei Paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO), quali Russia e
Moldova, e delle richieste di aiuto ai sindacati affinché si riescano a recuperare tali
arretrati. Il mancato pagamento degli stipendi ai lavoratori dei servizi pubblici è
inammissibile viste le attività di lavoro difficili e spesso pericolose che essi svolgono per
garantire i servizi, e per l’effetto pro-congiuntura che ha questo problema.
Lotta al razzismo e alla xenofobia, raccomanda l’OIL, soprattutto in tempo di crisi
La Conferenza regionale europea tripartitica dell’OIL ha affermato: “Le parti (ovvero i
governi, i datori di lavoro e le organizzazioni sindacali) rimarranno estremamente vigili sui
rischi di un possibile rigurgito di reazioni politiche di fronte al crescere della
disoccupazione e dell’esclusione sociale per ragioni razziali e di odio religioso, di
discriminazione nei confronti degli immigrati o delle minoranze etniche, di vessazioni nei
confronti di rappresentanti sindacali, e di politiche economiche di natura protezionistica
che finirebbero per aggravare la crisi”.
C.6 La tutela dei redditi più bassi
La FSESP insiste sul fatto che non si possono tagliare fuori le persone dalla fruizione di
servizi essenziali che altrimenti non potrebbero permettersi di pagare. Non si devono
mettere le famiglie a basso reddito in condizioni di dover scegliere tra il riscaldamento e
mangiare. I governi dovrebbero sostenere la sollecitazione del Parlamento europeo e di
molti gruppi di azione sociale, ivi compresa la FSESP e la Rete europea antipovertà, ad
affrontare il problema della povertà energetica, attraverso piani di azione nazionali. Non si
può sfrattare la gente dalle proprie case, e i governi dovrebbero concedere fondi
sufficienti, anche ai comuni, per aiutare le famiglie a basso reddito, spronare la ripresa
28
Comunicato stampa OIL del 13 febbraio 2009. Questa conferenza regionale riunisce i rappresentanti degli Stati
membri dell’OIL provenienti da Europa e Asia centrale.
23
dell’economia locale e mantenere i servizi di base (quali servizi idrici, riscaldamento, ma
anche ordine pubblico, servizio antincendio e soccorso, istruzione e molti servizi di cura ed
assistenza). La FSESP chiede che il nodo del conto per l’erogazione di energia sia
affrontato in maniera più strutturata, per evitare che siano fissati prezzi imposti dal mercato
e che non tengono in alcun conto quelli che sono i costi reali dell’energia. Prezzi più
controllati e regolati assicurerebbero stabilità, incentiverebbero gli investimenti ed
affronterebbero il nuovo problema della povertà energetica. La FSESP consiglia inoltre di
istituire un prelievo fiscale su profitti inattesi realizzati nel settore energetico,
segnatamente dalle compagnie petrolifere, e ciò al fine di consentire massicci investimenti
pubblici nelle tecnologie rinnovabili e senza emissione di carbonio, creando in tal modo un
duplice vantaggio. Tale imposta permetterà altresì di trovare i finanziamenti necessari per
l’attivazione di programmi per contrastare la povertà delle famiglie a pagare il conto
dell’energia.
La FSESP ribadisce la propria rivendicazione di aumentare i minimi salariali previsti per
legge (ove esistenti), e di portarli al 60% delle entrate mediane di ogni Paese, percentuale
questa riconosciuta come soglia di reddito basso. I tempi massimi entro cui raggiungere
tale obiettivo dovrebbero rientrare nei Piani di azione nazionali per affrontare i nodi della
povertà, dei bassi redditi e della crisi economica.
Azioni della FSESP
Il Comitato esecutivo della FSESP chiede alle organizzazioni sindacali aderenti di:
• Servirsi del presente documento nelle discussioni di politica portate avanti con le
proprie confederazioni e con le autorità pubbliche, in modo tale da poter strutturare tutti
insieme il futuro corso che intraprenderà l’Europa;
•
Informare il Segretariato della FSESP di eventuali attacchi al meccanismo della
contrattazione collettiva, ai diritti sindacali e al dialogo sociale, laddove governi e datori
di lavoro cerchino di imporre misure unilaterali come conseguenza della crisi.
Il Comitato esecutivo della FSESP delibera quanto segue:
• Monitorare la crisi economica e verificarne l’impatto sui lavoratori dei servizi pubblici. La
FSESP non condivide affatto che i governi intraprendano misure unilaterali che
finiscano per astrarre i lavoratori dei servizi pubblici dal contesto generale del lavoro,
anche perché molti di essi appartengono agli scaglioni di reddito medi o bassi, mentre i
ricchi, i banchieri ed altri sfuggono alle misure gravose. La crisi evidenzia l’importanza
dei servizi pubblici; la FSESP cercherà di evitare che la crisi economica venga
strumentalizzata per sminuire il ruolo dei servizi pubblici e dello Stato. Affrontare la
questione dei paradisi fiscali e della evasione delle imposte e dare una chiara
importanza ad una giusta fiscalità progressiva come elemento chiave per progredire
economicamente, socialmente ed ambientalmente . Queste misure contribuiranno alla
sostenibilità della finanza pubblica a lungo termine. Poiché la crisi è globale, la FSESP
collaborerà strettamente con l’ISP, il sindacato mondiale dei lavoratori pubblici, per
difendere i lavoratori dei servizi pubblici , promuovere i servizi pubblici di qualità e
partecipare nella riforma ed alla formazione degli istituti finanziari globali. Richiede una
speciale attenzione il ruolo del Fondo Monetario Internazionale e le condizioni dure che
impone ai lavoratori del servizio pubblico, spesso senza consultazioni e contrattazioni,
Ciò è tanto più importante in quanto il G-20 andrà a rafforzare la funzione e le dotazioni
del FMI: L’UE e la Banche Europee (BCE, BEI, EBRD) dovrebbero essere capaci di
sostenere le economie in difficoltà, agganciando l’assistenza al requisito di un Patto
24
sociale e verde ed al modello Sociale europeo piuttosto che alle politiche di austerità
dell’FMI.
•
Riferire sugli sviluppi della contrattazione collettiva, confrontando l’andamento salariale
nel pubblico e nel privato, così come l’orario lavorativo e le misure intraprese in materia
di formazione e aggiornamento di qualifiche e competenze.
•
Ricordare regolarmente il contributo che la FSESP può apportare nell’affrontare la crisi
economica e vigilare a che siano tenuti sempre presente gli interessi dei lavoratori dei
servizi pubblici. Le organizzazioni sindacali devono far sentire la propria voce quando
si discute di misure economiche da intraprendere a livello nazionale ed europeo. La
FSESP deve essere integrata nella delegazione della CES che partecipa al dialogo
sulla politica macroeconomica, con la BCE, la Commissione europea e la Presidenza
UE. Se viene approvata la Risoluzione congressuale R2: Contrattazione collettiva e
Dialogo sociale, la rete proposta di esperti designati dalle organizzazioni aderenti alla
FSESP da coinvolgere nella politica economica potrà aiutare la FSESP ad influenzare
la politica economica e di finanza pubblica dell’Unione europea.
•
La crisi economica, la risposta ed il coinvolgimento delle istituzioni europee
(Commissione europea, BCE, Consiglio dei ministri, ministri della zona euro e
Parlamento europeo degli Stati membri soprattutto di Eurolandia, richiedono un forte
coordinamento delle istituzioni europee, possibilmente prevedendo il rafforzamento
delle funzioni di coordinamento e governo della politica finanziaria e occupazionale.
Poiché la FSESP dovrebbe essere messa in condizione di svolgere un ruolo per
tutelare gli interessi dei lavoratori del pubblico, il Segretariato della FSESP dovrebbe
preparare delle proposte al riguardo, da discutere ed approvare, affinché se ne tenga
conto nella pianificazione delle priorità all’orizzonte 2010 e oltre.
•
Appoggiare il passaggio ad uno sviluppo sostenibile sotto il duplice profilo ambientale e
sociale. La crisi economica permette di operare delle scelte in materia di investimenti
pubblici. La FSESP deve contribuire ad ideare proposte tali da facilitare questa
transizione, attraverso, ad esempio, lo sviluppo di un Accordo verde, di bilanci ecocompatibili, di un PIL più sostenibile sotto il profilo ambientale e sociale e la messa a
punto di Principi giusti per un’occupazione di transizione. Dette proposte implicheranno
necessariamente una riflessione su una redistribuzione globale della ricchezza e della
crescita.
La FSESP sollecita le organizzazioni sindacali ad essa aderenti a mobilitarsi contro i
datori di lavoro e i governi che sfruttano la crisi per tagliare posti di lavoro, per
ridurre stipendi e salari e violare i contratti collettivi.
La FSESP invita le organizzazioni sindacali affiliate a partecipare in massa alle
manifestazioni organizzate dalla CES nelle giornate del 15 e 16 maggio 2009.
25
APPENDICE
Dalla richiesta di un accordo di stand-by tra il Fondo Monetario Internazionale e
l’Ungheria, del 4 novembre 2008, pag.7
Riquadro 1: Ungheria – Cooperazione con l’Unione europea
Ai sensi dell’articolo 119 del Trattato istitutivo della Comunità europea, uno Stato membro
non aderente all’Euro è tenuto a consultarsi con la Commissione europea e con il
Comitato economico e finanziario dell’Unione europea su eventuali necessità della propria
bilancia dei pagamenti, prima di rivolgersi ad altre fonti per chiedere assistenza. Prima dei
recenti eventi occorsi in Ungheria, non erano state messe a punto procedure operative per
una tale interazione tra UE e FMI. Il processo, così come è stato sviluppato nel caso
dell’Ungheria, potrebbe comunque diventare un riferimento su come procedere
nell’eventualità dovessero verificarsi altri casi simili, ad esempio con Stati membri UE che
non partecipano al meccanismo detto ERM II. Tra i principi di base figurerebbero:
1. Consultazione precoce e un continuo scambio informativo per tutta la durata
delle trattative
Gli Stati maggiori del Fondo e della Commissione si sono consultati reciprocamente non
appena l’Ungheria ha cominciato a manifestare condizioni di difficoltà sui mercati finanziari
e la potenziale necessità di un sostegno alla propria bilancia dei pagamenti. Vista la
gravità e l’urgenza della situazione in Ungheria, l’UE ha convenuto che le consultazioni al
proprio interno e con il FMI potessero tenersi in parallelo, ed ha garantito un’attuazione
ampiamente accelerata delle normali procedure di consultazione (ad esempio col ricorso
alle conference call). Una missione UE si è sovrapposta ad una contemporanea missione
del FMI a Budapest nei primi giorni della crisi. Per tutto il resto della missione, le due
delegazioni hanno collaborato ed hanno coordinato i propri sforzi per procedere allo
stesso ritmo. Una volta che il dibattito era avanzato di molto, ma prima ancora che si
giungesse ad un accordo finale, sia il FMI che la Presidenza del Consiglio EcoFin e la
Commissione hanno fatto annunci coordinati alla stampa sulla loro tempestiva capacità di
giungere in sostegno dell’Ungheria.
2. Contributo di entrambe le istituzioni alle esigenze di finanziamento
Il pacchetto finale di programmi (20 miliardi di Euro) prevede ingenti contributi da parte del
Fondo monetario internazionale (12,5 miliardi di Euro) e dell’UE (6,5 miliardi di Euro),
nonché un contributo di un miliardo di Euro anche da parte della Banca mondiale.
3. Un accordo sulla programmazione a livello degli Stati maggiori delle due
organizzazioni
Un accordo a livello degli Stati maggiori delle due organizzazioni sul pacchetto di
programmazione e il consenso dell’UE a partecipare al pacchetto di aiuti sono stati
annunciati nei comunicati stampa coordinati del FMI e dell’Unione europea prima
dell’apertura dei mercati finanziari il 29 ottobre scorso. Entrambe le istituzioni hanno poi
più tardi sempre in quella giornata partecipato ad una conferenza stampa organizzata
dalle autorità. FMI e UE anticiperanno gli aiuti in modo da far fronte immediatamente alle
impellenti necessità della bilancia dei pagamenti, nell’ambito del programma.
4. Coerenza su strutturazione e condizioni del programma
Per l’attuazione del programma di aiuti, entrambe le istituzioni faranno leva su una serie di
vincoli e condizioni posti al Paese sotto il profilo delle politiche. Come convenuto nelle
prime fasi delle trattative tra le istituzioni sulle procedure da adottare, si è previsto che le
26
condizioni imposte dall’UE, inserite a chiare lettere nella decisione del Consiglio UE e nel
Protocollo di Intesa, siano assolutamente coerenti con i vincoli imposti dal FMI. Inoltre, i
meccanismi di vigilanza della Commissione saranno anche estesi agli impegni politici
assunti dalle autorità del Paese.
5. Consultazione anche in fase di monitoraggio del programma
Una volta saldamente consolidati i legami di cooperazione a livello degli Stati maggiori
delle due organizzazioni, per tutta la durata del programma vi saranno consultazioni
regolari tra le due istituzioni. Nei casi in cui la mancata osservanza del programma attiverà
il processo di consultazione previsto dal FMI, le autorità provvederanno parallelamente ad
informarne altresì l’UE e le due istituzioni si coordineranno braccio a braccio per tutta la
durata delle discussioni e dei dibattiti del caso.