Documento per la discussione della FSESP La crisi economica e
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Documento per la discussione della FSESP La crisi economica e
1 Documento per la discussione della FSESP La crisi economica e finanziaria Conseguenze per il settore pubblico e per l’economia in generale; una risposta della FSESP Introduzione L’attuale crisi dell’economia reale colpisce le lavoratrici e i lavoratori e le loro comunità di appartenenza. Aumenta la povertà e milioni di persone in tutto il mondo hanno perso il proprio posto di lavoro1. La crisi attuale dimostra quanto sia instabile il capitalismo. La liberalizzazione e la deregolamentazione di servizi pubblici, un tempo regolati, contribuisce a tale instabilità, la quale getta lavoratori e gente comune nell’incertezza e nella miseria. I servizi pubblici di proprietà dello Stato e regolati dal pubblico avevano garantito stabilità all’economia. Tale pilastro di stabilità si è seriamente indebolito negli ultimi 30 anni, con la privatizzazione e l’apertura al mercato di detti servizi. I servizi pubblici svolgono un ruolo fondamentale nel tutelare i cittadini dagli effetti peggiori che può avere una congiuntura economica negativa. Le risposte essenziali da apportare alla crisi sono pertanto gli investimenti nei pubblici servizi e nelle infrastrutture pubbliche, i quali rappresenteranno un bene per tutti, stabilizzeranno l’economia, consentiranno di mantenere costante domanda e occupazione e contribuiranno ad una crescita economica futura eco-sostenibile2. Autorità pubbliche e servizi pubblici all’impiego sono chiamati a promuovere politiche attive del mercato del lavoro. 1 600.000 i posti di lavoro persi a gennaio 2009 solo negli Stati Uniti. Si parla inoltre di agitazioni in Cina dove milioni di lavoratori avrebbero perso il posto di lavoro. 2 In genere, per ogni dollaro speso in infrastrutture, se ne aggiungono 1,59 al prodotto interno lordo, secondo i calcoli di Mark Zandi, Moody’s Economy.com (Scientific American, Febbraio 2009, pag. 22). Si confronti questo dato con l’aumento derivante da un taglio dell’imposta sulle società, che si calcola sia solo di 0,30 dollari. In base allo studio di Zandi, una delle modalità più efficienti per spendere il denaro pubblico consiste nell’aumentare temporaneamente i buoni viveri per i poveri (con un incremento di 1,73 dollari del PIL per ogni dollaro di aumento), nell’estendere il sussidio di disoccupazione (con un incremento sul PIL di 1,63 dollari), nell’incrementare la spesa per le infrastrutture (con un aumento del PIL di 1,59 dollari per ogni dollaro speso) e nell’aumentare i sussidi diretti per gli Stati che sono finanziariamente in ginocchio (con incremento sul PIL di 1,38 dollari per ogni dollaro stanziato). (Fortune Magazine, articolo consultabile al link: http://money.cnn.com/2009/01/16/news/economy/stimulus_howto.fortune/). Si precisa che le stime riguardano l’economia americana, e potrebbero non essere valide anche per il resto del mondo. Zandi si avvale di una tabella completa, ricavata dal modello macro-economico di Moody’s, sull’effetto di tutte le principali forme di tagli fiscali, incrementi assistenziali e di spesa. Chiaramente, i tagli alle imposte sulle società sono l’ultima cosa da fare, mentre si sostiene che i tagli all’imposta sul ruolo paga (e quindi di natura previdenziale) sono il miglior modo di procedere alla riduzione fiscale. (Questo almeno evidenzia l’analisi di Zandi). Hooray. Per un’analisi dell’opera di Zandi, si rimanda al link: http://www.economy.com/markzandi/default.asp?src=economy_homepage. Il suo recente studio contenente la famosa tabella degli effetti è consultabile al link http://www.economy.com/mark-zandi/documents/Economic_Stimulus_House_Plan_012109.pdf ). L’esperienza dimostra che solo una piccola percentuale di tagli fiscali è in grado di dare ossigeno all’economia in periodo di recessione. I vantaggi degli investimenti in infrastrutture pubbliche e servizi restituiscono il 120% in più all’economia. Gauti Eggertsson, economista presso la Fed di New York, stima che in realtà i tagli fiscali finiscono per ridurre la 2 La FSESP vuole un cambiamento vero, che porti ad un effettivo progresso in campo economico, sociale ed ambientale. Non abbiamo bisogno di azioni che servono meramente a salvaguardare le pratiche del passato e le istituzioni fallimentari del passato. Occorre che i provvedimenti tesi ad affrontare la crisi economica e finanziaria integrino altresì le numerose priorità socio-ambientali, affinché le varie politiche – finanziaria, economica, sociale ed ambientale – siano in grado di rafforzarsi reciprocamente. La sfida è quella di evitare il ripetersi ancora in futuro di una crisi finanziaria di tale portata. Il modello neoliberista, irresponsabile e ideologicamente orientato, ha consegnato molte delle economie mondiali alla più grave recessione che si sia mai conosciuta dalla seconda guerra mondiale. Allo stato attuale, è pertanto importante procedere nuovamente alla regolazione dei mercati finanziari, abbandonando l’assunzione del rischio a breve termine e ritornando invece agli investimenti a lungo termine. I mercati (ivi compresi quelli finanziari) devono essere gestiti dai governi e dalle istituzioni sociali. Di cruciale importanza è il coinvolgimento delle parti sociali. Il ruolo dei governi è necessario perché ad essi è demandato il compito di guida nella lotta alla povertà, nella tutela e nel diritto alla salute, nell’affrontare la sfida dei cambiamenti climatici e nell’investire in infrastrutture pubbliche. La FSESP è a favore di un’azione da intraprendere nei seguenti tre ambiti: • Regolazione dei mercati finanziari, con la messa al bando dei prodotti finanziari rischiosi, avendo come priorità la stabilità finanziaria, l’istituzione di casse di risparmio pubbliche, la nazionalizzazione degli istituti bancari in difficoltà, e prendendo in considerazione l’eventualità di costituire nuove istituzioni finanziarie europee quali: una Cassa di risparmio europea dove gli enti pubblici possano depositare i propri fondi, ovvero un Fondo Sovrano Europeo in grado di emettere titoli europei, nonché la concessione di maggiori poteri alla Banca Centrale Europea (BCE) affinché abbia facoltà di vigilare sulle multinazionali bancarie. Andrebbe attivato un coordinamento a livello globale che aiuti la ripresa economica incentrata su una crescita economica e sociale più equa e “più verde”. • Un massiccio piano di espansione dei finanziamenti, incentrato sugli investimenti in infrastrutture pubbliche e pubblici servizi, ed una nuova Politica Economica. • Ripristinare un equilibrio di potere tra, da un lato, lavoratori, famiglie e le comunità in cui vivono e, dall’altro, gli interessi delle grandi aziende e dei relativi gruppi di interesse in tutte le sfere dell’attività economica, attraverso una nuova agenda sociale comprendente proposte legislative. L’Unione europea dovrebbe garantire ai sindacati di partecipare a tutte le attività dell’UE alla pari del mondo aziendale, e consentire un più ampio accesso a tali attività da parte dei gruppi che in particolare organizzano campagne a favore dell’ambiente e di lotta alla povertà. produzione, mentre la spesa pubblica ha un effetto moltiplicatore pari ad 1,95. Egli sostiene altresì che sia della massima importanza ‘sostenere il circolo virtuoso della spesa’ fino a quando la recessione non sarà definitivamente superata: “L’effetto generale di equilibrio che produce il taglio fiscale è in realtà dovuto al contrarsi della produzione industriale… [laddove] è facile dimostrare che l’effetto della spesa pubblica è sempre positivo e sempre superiore ad uno. Pertanto, in base al modello, ogni dollaro di spesa pubblica dovrebbe incrementare la produzione di più di uno. Nel nostro esempio numerico, il moltiplicatore è 1,95, pertanto ogni dollaro di spesa pubblica incrementa il totale della produzione di 1,95 dollari. Come mai il moltiplicatore è così elevato? La ragione principale del crollo della produzione e dei prezzi è data dal fatto che ci si aspettava per il futuro una recessione e deflazione. Pertanto, le aspettative che si nutrono sulla politica da adottare per il futuro svolgono un ruolo essenziale quando si tratta di spiegare il potenziale che può avere la spesa pubblica, ed un elemento fondamentale per fare in modo che tale leva funzioni è impegnarsi a sostenere l’euforia della spesa pubblica fino a quando la recessione non sarà definitivamente alle nostre spalle”. (http://www.newyorkfed.org/research/economists/eggertsson/ContractionaryTaxes.pdf ) 3 A. La regolamentazione dei mercati finanziari Sono state investite parecchie centinaia di miliardi di Euro nelle banche d’Europa. Il salvataggio finanziario degli istituti bancari è stato realizzato senza tenere molto in considerazione quali sarebbero state le conseguenze sul lungo periodo, e senza minimamente curarsi degli effetti per gli investimenti in infrastrutture pubbliche e pubblici servizi. Si sta usando il 6% circa del PIL di tutta l’UE per ricapitalizzare le banche: si tratta di una cifra nettamente superiore a quanto viene stanziato per accelerare la crescita economica. Si calcola che le garanzie per il settore finanziario rappresentino il 19% del PIL dell’UE, e non siamo ancora alla fine. Ciò incrementa il debito pubblico degli Stati e non vi è molta trasparenza su come i governi e la BCE contano di recuperare tali fondi dalle istituzioni finanziarie. La FSESP pretende di avere piani più chiari e trasparenti su come tali fondi saranno recuperati. A.1 La nazionalizzazione delle banche Risulta inoltre fin troppo evidente che le banche non stanno spendendo i fondi che in esse sono stati investiti. Le banche ancora non si fidano le une delle altre e finiscono per parcheggiare i fondi presso la BCE. Occorre che i governi, le banche centrali nazionali e la BCE adottino misure di maggiore trasparenza e chiarezza sui prestiti negativi e sui rischi in cui le banche hanno accettato di incorrere. È necessaria un’azione rapida e più decisiva per riavviare il sistema bancario. • La nazionalizzazione degli istituti bancari in difficoltà è la soluzione che preferiamo, in modo da socializzare non solo le perdite, ma anche gli utili. I governi devono far leva sulla propria influenza per garantire che le banche offrano crediti ad imprese e cittadini, concedendo ai mutuatari i tassi di interesse più vantaggiosi3. A.2 Un cambiamento fondamentale: aumentare trasparenza e governance democratica La FSESP richiede con forza che i governi usino i fondi pubblici investiti nel sistema finanziario per attuare cambiamenti fondamentali in seno allo stesso sistema finanziario, migliorandone la regolazione, la trasparenza e la governance democratica, puntando all’investimento a lungo termine, segnatamente in infrastrutture pubbliche, servizi pubblici e in un’economia che sia sostenibile sotto il duplice profilo ambientale e sociale. Lo Stato come azionista di maggioranza e l’inserimento di esponenti governativi nei Consigli di Amministrazione delle società finanziarie rappresentano modalità di realizzazione fattiva. La FSESP si associa ai recenti appelli da parte del Parlamento europeo e della BCE a conferire alla BCE un più ampio ruolo di vigilanza e controllo nei confronti delle banche transnazionali che operano nei diversi Paesi di Eurolandia. Tale controllo può essere esercitato di concerto con le banche centrali dei singoli Paesi4. Vanno vietati strumenti e 3 La nazionalizzazione delle banche implica altresì che i governi non sosterranno (o salveranno) gli azionisti. E, dato ancora più importante, dette banche non hanno capitali a copertura delle perdite realizzate e non dispongono pertanto dei mezzi per concedere crediti nella misura richiesta e, fintantoché sono corrotte, gli investitori privati non affideranno loro ulteriori capitali. Altre soluzioni, quali ad esempio garanzie contro le perdite da attività negative, oppure le soluzioni delle partnership pubblico-privato attraverso cui i governi prestano denaro agli investitori affinché acquistino queste attività negative, finiscono per orientare i fondi pubblici verso gli azionisti, che ci guadagneranno se i corsi e le azioni risalgono, mentre, in caso contrario, è il governo a perdere. 4 Si rimanda al link: http://www.wiwo.de/finanzen/ezb-fordert-verantwortung-fuer-europaeische-bankenaufsicht382648/ 4 prodotti finanziari che mettono insieme prestiti buoni e prestiti negativi (al fine di ottenere più alte valutazioni del credito). Le banche di proprietà degli Stati dovrebbero avvalersi della propria influenza in seno alle associazioni bancarie europee e internazionali per richiedere maggiore regolazione e controllo, pena il ritiro da tali organismi. Va inoltre imposto l’alt alle attività di lobby di imprese bancarie e di assicurazione che siano state rilevate dallo Stato o con partecipazione statale. La lobby bancaria ha avuto un ruolo decisivo nell’opporsi ad un controllo e ad una regolazione più cogenti sui propri prodotti finanziari rischiosi. A.3 Vigilanza e regolazione, la chiusura dei paradisi fiscali e l’introduzione di un’imposta sui trasferimenti finanziari Non vi deve essere alcuna istituzione finanziaria o segmento di mercato o giurisdizione che possa sfuggire a regolazione e vigilanza, il che deve valere altresì per i fondi speculativi (hedge fund) e per quelli di private equity, nonché per i cosiddetti paradisi fiscali. I fondi hedge e di private equity devono essere assoggettati a regole di trasparenza, informativa e rendicontazione, alla stregua di ogni altra società. Sono necessarie nuove regole sull’apporto di capitale da parte degli attori finanziari e in materia di restrizioni da prevedere per prestiti eccessivi. Tutti i rischi devono chiaramente figurare nei bilanci societari e, per un’elevata esposizione ai rischi, vanno previsti apporti di capitali propri di maggiore entità. La CES ha proposto un controllo più rigoroso della capacità delle istituzioni finanziarie di indebitarsi, rafforzando i coefficienti di capitale proprio. 5. Le banche che erogano prestiti ad un fondo speculativo (hedge fund), il quale specula su una materia prima e su altri prezzi, devono essere tenute a depositare almeno il 50% del credito erogato presso la banca centrale, a titolo di deposito senza interessi; occorre che fondi speculativi e di private equity, ma anche le altre istituzioni finanziarie migliorino il rapporto previsto tra attività stabili e passività. L’UE dovrebbe incitare i governi a porre limiti all’ “ingranaggio” che vige negli hedge fund e nei private equity, secondo cui si ricavano utili gravando di debiti massicci le società acquisite. I paradisi fiscali rappresentano una basilare minaccia per i servizi pubblici e le politiche previdenziali, in quanto consentono in particolare alle aziende e ai ricchi di sottrarsi all’imposizione fiscale6. Un sistema fiscale giusto e progressivo aiuterà ad affrontare la povertà e ad assicurare una società più equa. I sistemi fiscali hanno bisogno di essere ben finanziati ed amministrati e di avere personale qualificato e sufficiente per impedire frodi ed evasione fiscale. Occorre che l’Unione europea adotti provvedimenti tali da impedire alle società che operano in Europa di avvalersi dei paradisi fiscali o di qualunque altra pratica di evasione fiscale. Il primo e più immediato passo da compiere per le banche a partecipazione statale consiste nel chiudere i propri conti in essere in detti paradisi fiscali. L’UE dovrebbe inoltre avviare un processo che porti i governi nazionali a chiudere definitivamente i paradisi fiscali.Il Consiglio europeo ha dichiarato che va tutelato il sistema internazionale da quei centri (finanziari) che non collaborano, e ci attendiamo pertanto che vengano a tal fine proposti provvedimenti. L’adozione di norme comuni tra centri finanziari diversi contribuirà a maggiore chiarezza e trasparenza, grazie a regole prudenziali tali da prevenire le bolle speculative. 5 6 CES - Dichiarazione di Londra: un appello alla giustizia e a un’azione risoluta http://www.etuc.org/a/5405 Una pubblicazione delle TUC I miliardi perduti – Close the UK Tax Gap rivela che molte aziende e molti individui manipolano il sistema fiscale per evitare di pagare le tasse. 5 Lotta contro i paradisi fiscali e l’evasione fiscale L’evasione e l’elusione delle imposte da parte delle imprese e l’arricchimento individuale da parte dei singoli grazie ai paradisi fiscali e all’evasione delle imposte costa ai governi miliardi di euro. Questo denaro non potrà essere utilizzato in servizi pubblici, sicurezza sociale o misure contro la crisi economica. La crescita dei deficit pubblici grava così sui redditi medio bassi, a cui è chiesto di pagare il conto. Sono possibili passi molto semplici: - La Commissione Europea, insieme al Consiglio dei Ministri, ha promosso la Responsabilità Sociale delle Imprese (RSI) . Si deve rendere chiaro che le imprese socialmente responsabili versano la giusta somma di tasse anche nei paesi in via di sviluppo . Il G20 ha anche indicato l’importanza di rispettare la Responsabilità Sociale delle Imprese - Dovrebbe diventare illegale assistere le imprese nell’evadere il fisco spesso attraverso ingegnosi schemi di finanza creativa. La Commissione può fare proposte in questo senso; - L’UE può fare diventare la lotta all’evasione fiscale una priorità chiave della sua politica per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Questo richiede una collaborazione con l’ONU, il FMI ed altre istituzioni. Tali temi servono anche per creare una nuova governante finanziaria internazionale. Assistere i paesi in via di sviluppo con la formazione e con altre forme di assistenza nella creazione di amministrazioni fiscali che possano raccogliere e amministrare le tasse aiuterà a finanziare i servizi pubblici e le misure per combattere la povertà. I tempi sono maturi per istituire un’imposta sui movimenti speculativi di capitale7, il che richiede la volontà politica congiunta dei principali governi mondiali. Hedge fund: regolazione diretta e indiretta – proposte della CES La CES ha risposto alla Consultazione della Commissione europea sui fondi speculativi (hedge fund) presentando le seguenti proposte: Regolazione diretta • Registrare i fondi speculativi presso le competenti autorità nazionali. • I fondi hedge devono essere soggetti a requisiti di capitale e vigilanza prudenziale. • Vanno applicate vere e proprie prove di tenuta, di resistenza: ovvero i regolatori devono istituire una sorta di registro che tenga traccia delle posizioni finanziarie degli hedge fund ad intervalli regolari, e ciò al fine di poter disporre di una visione e di una valutazione generale di tutti i rischi in gioco. • Le agenzie di rating indipendenti devono informare puntualmente il pubblico della situazione e della strategia di gestione dei rischi di un fondo (e potrebbero eventualmente portare ad una diversificazione dei requisiti di capitale). • Fissare dei limiti per l’accesso agli hedge fund da parte del mercato retail europeo, al fine di proteggere i piccoli investitori e azionisti. I fondi speculativi con sede al di fuori 7 Detta anche imposta sulle operazioni finanziarie (IOF) (da Keynes a proposito della compravendita di titoli), ovvero Tobin tax (relativamente alle transazioni sui mercati valutari). 6 dell’Europa, e segnatamente quelli con sede nei paradisi fiscali, non dovrebbero avere affatto accesso ai mercati retail europei. • Va regolamentata la cosiddetta re-hypothecation (ovvero una strategia che pompa sia il credito che la leva finanziaria). • Andrebbe vietata la vendita a breve termine, se il fondo hedge non possiede interamente le azioni. Regolazione indiretta Visto il numero esiguo di istituti di credito che erogano prestiti agli hedge fund (15-20 circa), delle regole più cogenti per questi istituti quando erogano prestiti rappresenterebbero certo una regolazione indiretta, ma importante. • Andrebbero potenziati i requisiti di capitale per quegli istituti bancari che erogano prestiti agli hedge fund (nel quadro di Basilea II). Per i fondi hedge specializzati in speculazione su materie prime e petrolio, ovvero con sede in uno dei paradisi fiscali, vanno previsti requisiti di capitale ancora più elevati che riflettano le priorità politiche del momento. • Analoghi requisiti di capitale più cogenti si possono ipotizzare per quegli istituti bancari che erogano prestiti a fondi speculativi i quali: o Sono in condizione di pesante illiquidità o Non forniscono informazioni sul portafoglio investimenti totale o Non applicano misure di sicurezza per i propri investitori o Non hanno a disposizione altre linee di credito in tempo di crisi. A.4 Un’agenzia di rating europea Le agenzie di rating hanno bisogno di maggiore chiarezza, la quale si può ottenere con trasparenza in fase di registrazione dei fondi, migliore vigilanza e con l’applicazione delle regole di governance. Inoltre, le agenzie di rating dovrebbero inserire nelle loro valutazioni anche i criteri di responsabilità sociale delle imprese (RSI) e le organizzazioni sindacali dovrebbero essere coinvolte nei processi di vigilanza e controllo. La Commissione europea dovrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di istituire un’agenzia di rating europea. Va infatti infranto il circolo vizioso secondo cui le agenzie di rating ricevono i propri compensi proprio dalle stesse società di cui valutano il credito. A.5 I nodi dell’assunzione del rischio, e di stipendi e premi troppo elevati Ci aspettiamo non solo parole, ma che il Consiglio dei Ministri proponga politiche tese a vietare l’eccessiva assunzione di rischi da parte delle istituzioni finanziarie. Dette politiche dovrebbero altresì intervenire sulle politiche salariali e retributive delle stesse istituzioni finanziarie. Va rivisto il sistema di premi corrisposti da queste istituzioni finanziarie ai propri dirigenti, al fine di garantire che siano tarati sugli obiettivi di crescita a lungo termine, di investimento, di sostenibilità ambientale e di occupazione previsti per le altre società. La FSESP si aspetta proposte da parte della Commissione e del Consiglio Economico e Finanziario (EcoFin) che consentano l’adozione di un approccio coordinato, affinché venga posto un limite alle retribuzioni e ai premi degli amministratori delegati e dei vertici aziendali e che si ponga fine alle buonuscite “d’oro”. A.6 La ricostituzione delle casse di risparmio pubbliche La FSESP è a favore di un ritorno a casse di risparmio pubbliche che non si impegnano in rischiose attività speculative e di cui possano fidarsi imprese e cittadini. In molti Paesi, la privatizzazione di questi istituti bancari pubblici ha finito per eliminare un pilastro di stabilità 7 per il sistema finanziario, il quale va invece ripristinato. La crisi finanziaria ha anche evidenziato che molti enti e imprese pubbliche (a tutti i livelli: comunale, regionale e nazionale) si sono trovate esposte ai rischi, innanzitutto per aver depositato i fondi presso istituti rischiosi (come ad esempio un certo numero di banche in Islanda), in cambio di promesse di rendimento nient’affatto realistiche; ed in secondo luogo per essersi lanciate in operazioni di ingegneria finanziaria, quali contratti di leasing transfrontalieri con investitori statunitensi, che adesso espongono comuni e imprese pubbliche a grossi rischi. E questo dimostra che si è speculato sulle differenze tra i sistemi fiscali esistenti tra Paesi diversi o diverse regioni del mondo. Commissione europea, BCE e Stati membri devono analizzare di concerto i vincoli a cui vanno sottoposti gli enti pubblici nell’intraprendere operazioni finanziarie, facendo della prudenza, trasparenza (e informativa pubblica), unitamente alla stabilità, cardini imprescindibili per i servizi pubblici. La Commissione europea e gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione l’istituzione di una cassa di risparmio pubblica europea, presso cui comuni ed altri enti pubblici possano depositare i propri fondi, e che possa offrire l’accesso ai mercati mondiali di capitale a tassi di interesse convenienti. La FSESP ha richiesto l’istituzione di un Fondo Sovrano Europeo (FSE), che abbia la possibilità di emettere titoli europei da poter investire in industrie strategiche che immettano l’Europa sul binario dello sviluppo sostenibile. A.7 Un’azione decisiva tesa a modificare le politiche delle Banche europee La FSESP si dichiara favorevole a che la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) incrementi i prestiti erogati ai nuovi Stati membri attuali e futuri. La BERS dovrebbe rivedere la sua posizione di prevedere un’interruzione dei crediti concessi a molti degli Stati di nuova adesione a partire dal 2010, e prevedere invece di proseguire tale sua attività per un periodo più ampio di tempo. La FSESP plaude all’iniziativa di incrementare l’attività di erogazione di prestiti della Banca europea per gli investimenti (BEI) e di estenderla anche alle piccole e medie imprese. I limiti del settore privato in tal senso sono fin troppo evidenti e l’importanza del finanziamento pubblico dimostra il valore aggiunto di un ruolo pubblico che sia forte. Teniamo a sottolineare che entrambe le banche europee facevano parte del sistema finanziario che è collassato e che pertanto per il futuro il loro intervento necessita di un cambiamento e di maggiore sorveglianza e controllo. La Corte europea di giustizia ha statuito che il Parlamento europeo deve essere maggiormente coinvolto e informato su come la BEI attua le proprie politiche e prassi di erogazione crediti, in applicazione del principio democratico secondo cui “la gente deve prendere parte all’esercizio del potere (…)”. L’erogazione di prestiti da parte della BEI, segnatamente se realizzata attraverso banche (commerciali) intermediarie, va eventualmente rivista, dal momento che queste banche hanno dimostrato di non essere affidabili e trasparenti su come utilizzano i finanziamenti e in che misura i progetti che selezionano sono in linea con gli obiettivi socio-ambientali che l’Unione europea si è data. In assenza di un tale dispositivo di chiarezza e trasparenza, non sarà possibile capire e valutare come viene speso il denaro dei contribuenti. I crediti aggiuntivi da parte delle Banche europee vanno erogati per la realizzazione di infrastrutture pubbliche, come scuole, trasporti, ospedali, servizi idrici e fognari, reti di elettricità e gas), e delle energie sostenibili. La FSESP non approva che questi finanziamenti vengano utilizzati per le partnership di tipo pubblico-privato (PPP). Le PPP sono criticate per la mancanza di trasparenza che le caratterizza e perché rappresentano un modo per dirottare i fondi presso il settore privato, attraverso progetti dal prezzo eccessivo che andranno inutilmente a gravare sul debito e ad incrementarlo. Entrambe le Banche europee dovrebbero battersi in favore del cambiamento verso tecnologie più eco- 8 compatibili, in linea con gli obiettivi socio-ambientali dell’UE. Sappiamo bene che ciò richiederà l’assunzione di scelte dure, spostando l’attenzione su settori diversi dell’attività economica rispetto a quelli attualmente interessati. La BEI deve pertanto favorire i programmi che consentono la Giusta Transizione Occupazionale, ad esempio nei settori dell’energia e in quelli tendenti all’emissione di CO28. A.8 La riforma del sistema della finanza internazionale La FSESP lavorerà di concerto con l’Internazionale dei Servizi Pubblici (ISP) per spronare alla riforma del sistema finanziario globale. I lavoratori dei servizi pubblici e le loro organizzazioni sindacali di rappresentanza devono avere voce in capitolo nello sviluppo di un nuovo sistema finanziario. I lavoratori, le imprese e i governi hanno bisogno di un sistema finanziario stabile che tuteli occupazione, salari e risparmi. I lavoratori dei servizi pubblici auspicano un sistema di finanza pubblica che sia stabile ed affidabile, tale da garantire investimenti ed il finanziamento delle infrastrutture pubbliche e dei pubblici servizi, nonché livelli retributivi decorosi e programmi pensionistici pubblici. I fondi pensione dei lavoratori dei servizi pubblici appartengono ai maggiori investitori istituzionali ed influenzano il sistema finanziario. I risparmi di tutti i lavoratori, non solo quelli dei servizi pubblici, non devono in alcun modo essere trascinati in un capitalismo da gioco d’azzardo, ma devono anzi essere utilizzati per concorrere ad investimenti produttivi e sostenibili sotto il profilo ambientale9. I rappresentanti sindacali in seno agli organi direttivi dei fondi pensione hanno il compito di amministratori fiduciari e pertanto devono avere un peso nella determinazione delle regole giuridiche e dei codici deontologici per gli investitori, al fine di evitare di esporre a rischi globali i risparmi maturati dai lavoratori a fini pensionistici. Unitamente all’Internazionale dei Servizi Pubblici, la FSESP analizzerà il modo più agevole per riunire insieme i rappresentanti sindacali ed altri attori rappresentativi dei fondi pensione affinché riflettano sull’architettura finanziaria più adeguata necessaria a riformare il sistema finanziario globale e ad evitare che i fondi pensione siano esposti a grossi rischi, oltre che ad evitare investimenti rischiosi. B. L’economia: uscire dalla recessione Per la FSESP hanno contribuito alla crisi economica anche lo smantellamento dei servizi pubblici e la deregolamentazione dei mercati del lavoro. Eppure, vi è ancora chi sostiene che i processi di deregolamentazione e privatizzazione non si sono affatto conclusi e devono proseguire. Noi asseriamo che questa crisi si sarebbe potuta evitare se si fossero affrontati prima i nodi di un capitalismo da gioco d’azzardo caratterizzato da avidità, irresponsabilità finanziaria ed obiettivi sempre più rischiosi cui ambire per massimizzare i profitti. Politici conservatori, grandi aziende e loro gruppi di pressione hanno preferito non farlo. Occorre ora ritornare ad un sistema economico e finanziario basato su una prospettiva di lungo periodo, su tassi equi di rendimento, in modo da consentire di recuperare i costi e di finanziare gli investimenti, invece di concorrere a realizzare e corrispondere dividendi sempre in crescita esponenziale. Vogliamo un grosso piano di 8 Parte dei fondi aggiuntivi stanziati dalla BEI andranno, a titolo esemplificativo, a sostegno dell’industria automobilistica, industria, questa, che si oppone a norme ambientali più cogenti. 9 Il Congresso FSESP tenutosi a Stoccolma a giugno 2004 ha adottato una risoluzione in materia di pensioni, la quale affronta nello specifico questo punto. Si rimanda al link: www.epsu.org/a/638. 9 espansione dei finanziamenti incentrato su investimenti in infrastrutture pubbliche e pubblici servizi, sulla creazione di posti di lavoro in settori rispettosi dell’ambiente, sull’innovazione e sul capitale umano e coordinato a livello europeo. La FSESP si opporrà a qualunque tentativo di strumentalizzare la crisi economica per mettere sotto pressione i lavoratori e le loro organizzazioni sindacali di rappresentanza, affinché accettino maggiore flessibilità, maggiore concorrenza, congelamenti salariali, di vedere indeboliti i loro diritti e facciano altre concessioni in materia pensionistica, di minimi salariali e protezione sociale. Vogliamo lo stesso aiuto tempestivo, rapido e massiccio che è stato dato alle banche anche per i lavoratori, i pensionati e le famiglie a rischio povertà, nonché per le piccole e medie imprese a caccia di capitali da investire. Commento dei rappresentanti CAE della FSESP I rappresentanti delle organizzazioni sindacali aderenti alla FSESP presenti nei Comitati Aziendali Europei (CAE) evidenziano le conseguenze qui di seguito riportate: • Le aziende trovano maggiori difficoltà a reperire finanza da investire, in quanto le banche hanno ristretto molto i freni o richiedono tassi più elevati e maggiori garanzie contro il rischio10 • Le aziende sono terrorizzate all’idea di dover rifinanziare i propri debiti in questo particolare momento, un problema questo che si pone con maggiore forza per quelle aziende con grossi debiti. • Per tenere duro, le aziende rimandano o riducono gli investimenti e ne approfittano per intensificare quelle misure che consentono il massimo risparmio sui costi. Si riducono al minimo le assunzioni e si tagliano i posti di lavoro. • Le aziende si sono impegnate in taluni investimenti rientranti in accordi stipulati in passato e caratterizzati da una tempistica serrata. Sono pertanto costrette ad onorare tali obblighi finanziari, altrimenti incorrono in sanzioni, il che implica una riduzione degli investimenti su altri fronti anche perché è diventato meno agevole ottenere prestiti. • Le società che hanno preso parte ad accordi che prevedono che uno dei soci possa esercitare un’opzione tale da lasciare la società vendendo le proprie quote a terzi convenuti (nell’intento di poter facilmente contare su una linea di credito) trovano in questo momento maggiori difficoltà o terribilmente oneroso il ricorso a tale meccanismo. • Eppure, la maggior parte delle società continua a porsi obiettivi molto ambiziosi in termini di utili da realizzare e continua a voler corrispondere ai propri soci i dividendi promessi. Il problema di rifinanziare il debito aziendale, già evidenziato in autunno dai rappresentanti CAE, si sta ora manifestando in tutta la sua realtà11. In Eurolandia, il debito aziendale si attesta intorno ad 11 trilioni di Euro. 10 Pare che la stretta creditizia stia colpendo con particolare forza le società elettriche americane, pertanto gli investitori privati stanno abbandonando questo settore, e ciò porterà ad operazioni di fusione ed anche in alcuni casi al fallimento di talune società. Ciò in qualche modo ci riporta con la memoria alle reazioni dopo il crollo della Enron, ed eventualmente potrebbe verificarsi un incremento di capitale privato (attraverso fondi comuni e fondi infrastrutturali). 11 Nuova ondata di titoli tossici in Europa – Business Week del 5 febbraio 2009. 10 B.1 Necessità di un più vasto piano europeo di ripresa A novembre 2008, la Commissione europea ha proposto un Piano europeo di ripresa economica, approvato successivamente dal Consiglio l’11 e 12 dicembre 2008. Si è trattata della prima e ben accetta misura intrapresa dall’UE in materia di coordinamento delle politiche economiche e tesa ad affrontare la crisi economica. Poiché la ripresa economica europea non può fare assegnamento né sulle banche, né sulle famiglie che stanno cercando di ridurre i propri debiti, l’unica via d’uscita è rappresentata dall’iniziativa dei governi. La FSESP è a favore di un’espansione della politica finanziaria e di investimenti massicci in nuovi settori, centri di conoscenza, per l’ammodernamento delle infrastrutture pubbliche, dell’edilizia sociale, della ristrutturazione dei centri urbani, dell’istruzione e dello sviluppo sostenibile; è a favore di investimenti per tecnologie pulite ed un uso efficiente e razionale delle energie12, per promuovere le fonti rinnovabili di energia e i servizi pubblici quali sanità ed istruzione, nonché a favore di una maggiore spesa sociale per contrastare la recessione. Comuni e regioni (segnatamente quelli delle aree già più deboli) vanno rafforzati affinché possano svolgere il proprio ruolo di investitori in infrastrutture locali e servizi sociali ed avere i finanziamenti di cui necessitano. La FSESP appoggia e promuove tutti gli appelli ad utilizzare gli investimenti per conseguire il cosiddetto duplice vantaggio (economico e ambientale) o per concludere i cosiddetti patti verdi (ovvero di sostenibilità ambientale). Occorre a tal fine profondere uno sforzo massiccio che richiede il potere congiunto di tutti gli Stati membri che devono agire all’unisono. L’obiettivo già previsto dell’1,5% del PIL libererà a tal fine considerevoli risorse, anche se evidentemente già si capisce che non basta, vista la portata dell’attuale crisi economica. La FSESP ha richiesto che ci si ponga un obiettivo del 2% del PIL da investire in risorse umane, innovazione e ambiente13; e anche questo certamente non basterà. Importanti economie mondiali, quale quella statunitense e quella cinese stanno stanziando somme di gran lunga più ingenti per rimettersi in moto. B.2 Stop alla privatizzazione dei servizi pubblici e un più rigoroso controllo sugli accordi di partenariato di tipo pubblico-privato La FSESP chiede con forza che si ponga fine alla privatizzazione dei servizi pubblici. In casa europea vi è una gran confusione sotto il profilo economico e finanziario e l’ultima cosa di cui hanno bisogno i cittadini europei nonché i lavoratori dei servizi pubblici e l’economia in generale è la vendita di beni pubblici ad un settore privato che non offre a lungo termine garanzie per le infrastrutture pubbliche e i pubblici servizi. Le partnership pubblico-privato già in essere, le iniziative di finanza pubblica ed altre forme di cooperazione tra il settore pubblico e quello privato finalizzate all’erogazione dei servizi pubblici vanno tenute sotto stretto controllo, al fine di garantire che il settore privato possa 12 Quando, ad esempio va ristrutturato o costruito un edificio scolastico, occorre ormai integrare pienamente tecnologie che consentono efficienza e risparmio energetico. E’ previsto un aumento dei fondi stanziati per i programmi di efficienza energetica (attraverso l’isolamento, ad esempio), i quali devono poter essere utilizzati, in maniera da avvantaggiare anche i nuclei familiari a basso reddito. La FSESP partecipa alla campagna tesa ad incoraggiare UE e Stati membri ad affrontare il nodo della “povertà” energetica. 13 Di cui l’1% per interventi d’urgenza sul breve periodo (del tipo azione massiccia di sostegno del mercato del lavoro); ed il rimanente 1% per investimenti in infrastrutture pubbliche, ecc. 11 onorare la propria parte dei contratti, finanziando dunque gli investimenti e la realizzazione di servizi di qualità. Si invitano pertanto le organizzazioni sindacali aderenti alla FSESP a chiedere chiarimenti alle proprie autorità pubbliche in merito all’impatto della crisi finanziaria su questo tipo di accordi. B.3 Il pieno coinvolgimento delle organizzazioni sindacali Le organizzazioni sindacali sono pronte a svolgere un ruolo per uscire dalla crisi, sempre che siano coinvolte a pieno titolo negli sforzi tesi a trovare soluzioni. La FSESP ha richiesto l’istituzione di un Comitato europeo anticrisi col pieno coinvolgimento delle organizzazioni sindacali. La FSESP rifiuta politiche unilaterali, come le richieste di moderazione salariale per i lavoratori del settore pubblico, da parte della BCE e dei Ministri delle Finanze della zona Euro. B.4 I governi dovrebbero cessare di considerare e trattare i lavoratori dei servizi pubblici come categoria a parte Molti governi hanno fatto dei lavoratori del settore pubblico coloro che sono chiamati a pagare lo scotto della crisi, con proposte di blocco dei salari se non addirittura di riduzioni salariali e di taglio dei posti di lavoro nei pubblici servizi. Dette proposte rientrano altresì nelle condizioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI) dei pacchetti di erogazione di prestiti ad Ungheria ed altri Paesi europei. Si tratta di politiche pro-congiuntura che finiscono per contribuire a deflazione e depressione. La FSESP dissente con forza da coloro che in questo momento sostengono la necessità di un contenimento della spesa pubblica e della spesa sociale, al fine di mantenere al livello minimo il disavanzo degli Stati: gli eventi hanno infatti dimostrato che si tratta invece di un vicolo cieco. Il mondo è entrato in recessione e tali politiche finanziarie restrittive causerebbero un’ulteriore contrazione delle economie e finirebbero dunque per prolungare la crisi. B.5 Far leva su stabilizzatori automatici e spesa sociale La FSESP chiede che si consenta agli stabilizzatori automatici (ovvero maggiori stanziamenti a favore dei disoccupati, programmi assistenziali e fondi a disposizione degli enti locali e regionali…) di svolgere il proprio ruolo e che anzi siano estesi: possono infatti essere potenziati e incrementati, soprattutto laddove i sussidi di disoccupazione sono di scarsa entità e di breve durata. Ciò garantirà altresì che i fondi arrivino direttamente a coloro che saranno più duramente colpiti dalla crisi. I tagli fiscali a pioggia non rappresentano certo il modo migliore per conseguire tale obiettivo, visto che nella maggior parte dei casi si tratterà di denaro risparmiato. Gli accordi di Stand by con Paesi già duramente colpiti dalla crisi economica riducono la spesa sociale, andando a complicare le cose proprio per coloro che già sono in situazione di difficoltà. Tale spesa andrebbe infatti in questo momento tenuta fuori da qualunque forma di ridimensionamento dei finanziamenti. B.6 Taglio dei tassi di interesse e non tagli di natura fiscale Anche se i tassi di interesse sono stati abbassati da quando è scoppiata la crisi, non lo si è fatto tempestivamente. È importante che la BCE risponda rapidamente, per fare in modo che i tagli ai tassi di interesse abbiano effetto e stimolino gli investimenti, evitando che 12 l’Europa entri in una situazione di ulteriore deflazione. Unitamente a questo, andrebbero prese misure tese ad impedire prestiti di natura speculativa da parte delle banche. Gli investimenti pubblici in infrastrutture concorreranno a stimolare la domanda, a creare occupazione e a realizzare le infrastrutture necessarie per uno sviluppo di lungo periodo. Tali investimenti risulteranno più efficaci dei tagli fiscali. B.7 I vincoli del FMI e dell’UE creano instabilità sociale Di fronte a crisi finanziarie di vasta portata, taluni governi si sono visti costretti a richiedere il sostegno dell’UE e del FMI. Il Fondo Monetario Internazionale ha risposto nella maniera che gli è usuale, richiedendo i soliti vincoli che impone quando eroga prestiti a Paesi in difficoltà. Tali vincoli prevedono il contenimento della spesa pubblica, tagli al settore pubblico, il blocco dei minimi salariali e la deregolamentazione sociale. Si tratta invece di politiche da contestare in periodi di crisi economica14. Esse finiscono per favorire la congiuntura negativa e far sprofondare ulteriormente un Paese in recessione. Come già argomentato in precedenza, la spesa pubblica al fine di stabilizzare e stimolare la domanda è ora di cruciale importanza. Il taglio della spesa proposto per l’Ungheria, ad esempio, è del 2% del PIL, laddove lo stimolo indicato nel Piano europeo di ripresa è dell’ordine dell’1,5% del PIL. Questi piani UE e/o del FMI di assistenza finanziaria finiscono per prendere di mira anch’essi i più vulnerabili. L’accordo per l’Ungheria finisce per colpire i pensionati e i lavoratori con contratto del settore sanitario. Il prestito erogato dal FMI all’Ucraina prevede il blocco dei minimi salariali. La FSESP è solidale con le organizzazioni sindacali ucraine, non solo del pubblico impiego, nelle loro rivendicazioni affinché vi sia trasparenza sulle concessioni economiche che sono state pretese. I drastici tagli salariali operati nel settore pubblico in Irlanda (per finanziare le pensioni) sono imposti ai lavoratori del pubblico impiego e alle loro organizzazioni sindacali, violando il modello UE del dialogo sociale e della libera contrattazione collettiva. Anche questi avranno un effetto negativo sulla crisi economica, andando a ridurre la domanda. Dal momento che molte donne lavorano nei servizi pubblici e molte donne fanno affidamento sui pubblici servizi, le riduzioni retributive e i tagli alla spesa sociale finiranno per colpire le donne, con un effetto potenzialmente negativo anche in termini di pari opportunità. Gli accordi per l’erogazione di prestiti alla Lettonia sono particolarmente interessanti, poiché prevedono un coinvolgimento non solo delle Banche, ma anche della Commissione europea e di sette governi (Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Norvegia, Polonia e Svezia), chiamati tutti a sostenere i vincoli imposti, ivi compresa la forte interferenza nell’autonomia delle parti sociali. 14 Il ragionamento del FMI nel richiedere il contenimento della spesa pubblica si basa sull’idea secondo cui “nei Paesi con mercato emergente e con cospicui disavanzi, l’effetto Keynesiano di un aggiustamento di bilancio è probabile che venga spiazzato dagli effetti cosiddetti non keynesiani connessi ad aspettative e credibilità. Gli effetti non keynesiani dipendono dal controbilanciamento creato dalla risposta del risparmio privato a mutamenti di natura politica del risparmio pubblico. In particolare, se l’aggiustamento di bilancio segnala presumibilmente una migliore solvibilità del settore pubblico, allora è possibile che una contrazione dei finanziamenti finisca in realtà per tramutarsi in un’espansione degli stessi, in quanto aumentano i consumi privati, in base alla previsione che gli aumenti fiscali futuri saranno in realtà di entità minore rispetto a quanto previsto in precedenza”. (Citazione dall’accordo FMI-Ungheria). 13 Lettonia Il Protocollo di intesa tra la CE e la Lettonia statuisce che l’UE fornisce assistenza finanziaria a sostegno di un programma messo a punto dalla Lettonia, il quale prevede, tra le altre cose, il contenimento delle spinte inflazionistiche, riducendo i costi salariali del settore pubblico, misura, questa, centrale in un programma di ben maggiori strette sotto il profilo finanziario. L’UE condizionerà gli aiuti ai “progressi che si realizzeranno nel Paese in materia di taglio dei salari nominali e tagli occupazionali, anche negli enti locali, in agenzie dello Stato e altre istituzioni pubbliche”. Anche le aziende di proprietà pubblica sono chiamate ad operare riduzioni dei livelli retributivi, di entità simile a quelle realizzate nella pubblica amministrazione. Ulteriori risparmi sulla spesa pubblica dovranno essere realizzati a livello di bilancio statale e degli enti locali. Le condizioni imposte prevedono altresì che si ottengano miglioramenti nel sistema retributivo degli impiegati della funzione pubblica, unificando i principi per la determinazione e la programmazione delle retribuzioni con quelli di altre categorie. Va semplificato e soggetto a ben specifiche condizioni il processo di fissazione dei livelli retributivi, così come va attivato un unico sistema di pianificazione e gestione delle risorse umane per tutte le istituzioni della pubblica amministrazione. Inoltre, va istituito ed attuato un sistema unico di valutazione annuale di funzionari ed impiegati in base alle competenze. Occorre inoltre che sia adottata una legge in materia di partenariati di tipo pubblico-privato, in linea con le raccomandazioni dell’UE e del FMI. La Lettonia è tenuta a rivedere i meccanismi di determinazione dei salari di tutti i settori economici, al fine di promuovere meccanismi retributivi per il pubblico impiego che siano in linea con i vincoli imposti da un tasso di cambio fisso. La Commissione europea dovrà essere debitamente informata delle attività del Comitato tripartitico deputato alla promozione dei contenimenti salariali. Contribuiscono al prestito erogato: - Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) - I Paesi scandinavi (Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca ed Estonia) - La Banca Mondiale - La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, Repubblica Ceca e Polonia - La stessa Unione europea (UE); la Commissione europea mutuerà i fondi dal mercato finanziario per conto della Comunità europea. La confederazione sindacale lettone (LBAS) dissente da molte delle misure prese, in quanto vengono attuate in maniera tale da andare a colpire maggiormente i lavoratori della pubblica amministrazione con i livelli retributivi inferiori. I provvedimenti relativi ai minimi salariali sono inammissibili per le organizzazioni sindacali. Il minimo salariale mensile lordo è di 256 Euro (ovvero 175 Euro netti, contro i 240 Euro riconosciuti come minimo per la sopravvivenza mensile). Un quinto circa dei lavoratori riceve una retribuzione che si aggira più o meno intorno al minimo calcolato per la sopravvivenza. I contratti collettivi non vengono quasi mai rispettati. Le organizzazioni sindacali hanno lavorato con l’Associazione lettone degli enti locali e regionali e con la Confederazione datoriale, al fine di proporre una serie di azioni tese a migliorare le attività economiche e a garantire il mantenimento dei posti di lavoro. 14 È la prima volta che UE e FMI collaborano, il che in via di principio può essere accolto come segnale di garanzia che le misure dell’UE e quelle del FMI non siano contraddittorie le une con le altre e che anzi si integrino vicendevolmente. Tuttavia, il FMI tende a prevalere e le regole di cooperazione non tengono conto degli obiettivi di altre politiche dell’UE, quali riduzione della povertà e promozione di uno sviluppo sostenibile. L’Unione europea non dovrebbe vincolare automaticamente i propri prestiti a quelli del FMI. Le condizioni poste dall’UE dovrebbero essere connesse alle conquiste sociali fatte dall’Unione europea e al Modello sociale europeo, ivi compreso il dialogo sociale ed il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali nelle misure economiche da intraprendere. Tali procedure di consultazione dovrebbero rientrare anche nel modo in cui UE e FMI trattano con i governi in difficoltà per addivenire ad un accordo. Peraltro, la FSESP nota che il FMI introduce un sistema di comparazione tra i Paesi UE, partendo dal presupposto che meno “pubblico” è meglio, incoraggiando pertanto una spirale al ribasso nella spesa dei governi destinata ai pubblici servizi15. La FSESP respinge una tale comparazione arbitraria che mette indirettamente in discussione decisioni assunte democraticamente dai popoli interessati La CES ha sostenuto di bandire il GMI ed i suoi programmi di (dis)aggiustamento strutturale dall’Europa ed invece agganciare il sostegno economico degli stati membri ai principi del Modello Sociale Europeo che include il principio della giustizia distributiva con robusti diritti dei lavoratori e sistemi fiscali equi nei quali “le spalle più forti dovrebbero portare il peso più forte”16. Provvedimenti finanziari imposti dal FMI – Accordo di Stand by per l’Islanda L’Islanda è stata duramente colpita dalla crisi finanziaria ed ha assistito al tracollo di molti dei suoi istituti bancari. Poiché il boom dell’economia islandese era ampiamente dovuto al settore finanziario, è per questo che l’economia del Paese è stata severamente colpita dalla crisi. L’Islanda sta ristrutturando il proprio settore finanziario e gran parte del programma del Fondo monetario internazionale punta proprio su questa ristrutturazione. Sono altresì previste una serie di altre misure di natura finanziaria. Ad esempio l’Islanda deve ridurre i propri trasferimenti monetari, tra cui si prevede: 9 La riforma dell’indicizzazione dei sussidi corrisposti agli anziani e agli individui che non percepiscono alcun reddito; 9 La riduzione dei trasferimenti al fondo che eroga prestiti agli studenti; 9 Gli assegni di maternità saranno ridotti e corrisposti solo previo accertamento delle effettive condizioni economiche delle beneficiarie; 9 Verrà eliminato il contributo governativo ad un fondo di riabilitazione per disabili; 9 Saranno operati tagli all’assistenza allo sviluppo; 9 Aumenterà il concorso dei pazienti al pagamento delle spese sanitarie sostenute presso strutture private; 15 “La decisione non solo di contenere la spesa in generale, ma anche di appoggiare l’obiettivo di ridurre le dimensioni (comparativamente grosse) del settore pubblico in Ungheria è importante a tale riguardo. L’adeguamento prevede pertanto un’ampia serie di tagli alla spesa, ivi compresa quella salariale e pensionistica. Si tratta di misure che sono inevitabilmente dolorose, tuttavia, nell’avvicinare l’Ungheria ai livelli salariali e pensionistici dei Paesi limitrofi, e consentendo un livello di spesa totale sostenibile e più orientata alla crescita, esse produrranno notevoli vantaggi sul lungo periodo”. 16 Risoluzione CES Marzo 2009 http://www.etuc.org/a/5985 15 9 Verranno ridotte le spese di gestione non di natura salariale (il che andrà a colpire agenzie pubbliche, polizia e i settori di sanità e istruzione), così come verrà tagliata la spesa per investimenti. E’ stato preventivato un incremento salariale del 3% per i dipendenti pubblici con decorrenza 1 marzo 2009. Il Fondo Monetario Internazionale ha avuto contatti con le organizzazioni sindacali in Islanda. Richiesta di un Accordo di Stand by tra FMI e Ungheria a novembre 2008 I paragrafi qui di seguito riportati sono tratti dall’accordo e riguardano direttamente nello specifico gli stipendi dei dipendenti pubblici. 17. Per conseguire tali obiettivi di bilancio, le autorità puntano sui provvedimenti relativi alla spesa, in linea con l’impegno già assunto di ridimensionare il vasto settore pubblico presente nel Paese Il programma punta ad una riduzione della spesa primaria dello Stato di 2 punti percentuali del PIL, rispetto al 2008. Ne risultano interessate tutte le categorie di spesa, con la sola eccezione dei pagamenti degli interessi. Le misure previste nella Lettera di intenti (LOI) sono: (i) un blocco dei salari nominali e l’eliminazione della tredicesima per tutto il pubblico impiego (1% del PIL); (ii) l’eliminazione della tredicesima per tutti quelli andati in pensione anticipatamente, ed un tetto massimo per la tredicesima di tutti gli altri pensionati, tale da non superare il limite di 80.000 HUF (0,2% del PIL) (iii) differimento o eliminazione dell’indicizzazione di tutti i sussidi sociali per categorie speciali (0,2% del PIL); e (iv) tagli senza quartiere a tutti gli stanziamenti di spesa previsti per i Ministeri (0,5% del PIL). Nel pacchetto spese in conto capitale, sarà accordata priorità a quei progetti di investimento cofinanziati dai fondi strutturati UE (0,1% del PIL). Sotto il profilo delle entrate, le autorità hanno già annunciato che le riduzioni tributarie precedentemente previste per il 2009 saranno rimandate fintantoché non si sarà creato un sufficiente margine di manovra fiscale attraverso prima il contenimento della spesa. Come parte del programma, le autorità si riservano il diritto di non introdurre eventuali emendamenti al codice tributario che potrebbero generare una perdita di introiti netti. B.8 L’impiego dei fondi UE per aiutare i Paesi in difficoltà La FSESP guarda con favore ai fondi che l’Unione europea mette a disposizione per aiutare gli Stati membri a fronteggiare i problemi finanziari, e che rappresentano la base dei meccanismi di solidarietà attivati in seno all’UE. Analogamente, si guarda con grande interesse all’impiego dei Fondi strutturali UE per affrontare la crisi economica. Le parti sociali devono essere coinvolte nello sviluppo dei programmi e progetti tesi all’utilizzo di tali fondi. Occorre che tali strumenti siano autonomi, che promuovano gli obiettivi ambientali e sociali dell’UE, ivi compreso lo sviluppo del modello sociale europeo e del dialogo sociale, e che non siano vincolati alle condizioni poste dal FMI. Ora, mentre tali azioni sono di respiro nazionale, andrebbero incrementate le risorse del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), come indicato dalla CES, e dovrebbero essere utilizzate per aiutare tutti i lavoratori che potrebbero perdere il posto di lavoro. 16 Anche i Paesi in via di sviluppo sono duramente colpiti dalla recessione economica. Essi potrebbero subirne un impatto diretto dovuto alla maggiorazione dei costi per ottenere finanziamenti, in parte spiegato da una sorta di effetto “affollamento”, una volta che governi e società ricorreranno maggiormente all’indebitamento. Si può ipotizzare che le economie dei Paesi sviluppati concentreranno la spesa pubblica sulle proprie priorità interne. E, per finire, il flusso delle rimesse (ovvero il denaro inviato in patria dai lavoratori migranti) potrebbe diminuire, poiché questi lavoratori, che sono spesso i più vulnerabili, potrebbero essere i primi ad essere licenziati e quindi a tornare nei Paesi d’origine. Ciò riguarda anche Paesi del continente europeo, come la Moldova17. La FSESP chiede con forza ai governi e all’UE di mantenere alti gli stanziamenti previsti per l’aiuto allo sviluppo. È esecrabile vedere che i governi agiscono rapidamente quando si tratta di tutelare le banche e gli interessi finanziari, ma poi hanno difficoltà a trovare i fondi necessari a favorire il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio (MDGs). Una nuova politica economica per l’Europa La FSESP è a favore di una Nuova Politica Economica per l’Europa18, la quale preveda: 1. Un cambiamento di ruolo per la Banca centrale europea; 2. La revisione del Patto di crescita e stabilità 3. Un nuovo governo economico per l’Unione europea. La BCE, il Patto di crescita e stabilità e la proposta di un governo economico dell’Unione europea si riferiscono ad Eurolandia. Avranno certamente un impatto e un’influenza più ampia se le loro misure si applicano anche ad altri Paesi. Un esempio è dato dalla norma del deficit di bilancio al 3%, contenuta nel Piano di crescita e stabilità, la quale è applicata anche nei Paesi non appartenenti ad Eurolandia e soprattutto in quelli che lottano per aderire all’UE. 1. Un cambiamento di ruolo per la Banca centrale europea La BCE si è concentrata troppo, in maniera miope e limitata, sulla lotta all’inflazione ed ha a torto predicato il contenimento salariale nel settore pubblico, il quale era previsto che fungesse da esempio per il settore privato. La riduzione dei livelli retributivi in un momento di contrazione dell’economia finirebbe solo per peggiorare le cose. Va incoraggiata la domanda e la BCE dovrebbe contribuire assicurando tempestivamente la riduzione dei tassi di interesse. In tal modo, la BCE concorrerà al Piano europeo di ripresa economica. Occorre che la BCE persegua gli obiettivi di crescita economica, piena occupazione e stabilità monetaria. A quel punto, la politica della BCE potrà coordinarsi con politica finanziaria e politica salariale. È previsto fra l’altro per la BCE il ruolo di sorveglianza delle banche transnazionali. Ora, sarà necessario prevedere per la BCE, per via di un accordo, che gli Stati membri si impegnino a ricapitalizzarla in caso la Banca centrale europea dovesse divenire insolvente. 17 La Moldova fu gravemente colpita dalla crisi prima finanziaria e poi economica in Russia del 1998. Il 75% della popolazione viveva sotto la soglia di povertà e si calcola che circa 600.000 persone avessero lasciato il Paese diventando in molti casi lavoratori clandestini. Le rimesse dei Moldavi all’estero rappresentano il 38% circa del PIL (al secondo posto nella classifica mondiale). La Moldova è il Paese più povero di tutto il continente europeo, con un PIL pro-capite di 2.500 dollari USA (dati del 2006) ed oltre il 20% della popolazione che vive al di sotto della soglia assoluta di povertà, con un reddito di meno di 2,15 dollari USA al giorno (dato risalente al 2005). 18 Sostanzialmente, BCE, Patto di crescita e stabilità e Governo Economico dovrebbero essere ristretti unicamente ad Eurolandia. 17 2. La revisione del Patto di crescita e stabilità Il Patto europeo di crescita e stabilità è stato criticato dal movimento sindacale in quanto non riconosce nella spesa pubblica uno strumento adeguato di politica economica a favore dell’occupazione e dello sviluppo economico e sociale. L’investimento in risorse umane e ambiente va considerato come un investimento in riforme strutturali e non come un’eccezione. Il Patto di stabilità e crescita non tiene sufficientemente conto delle possibilità offerte dalle politiche anticongiunturali19. Il Piano europeo di ripresa economica e i provvedimenti intrapresi in molti Paesi per incrementare la spesa pubblica non vanno visti come una violazione delle regole rigorose del Patto di stabilità e crescita20. Inoltre, anche quei Paesi che, in base al Piano di crescita e stabilità, non avrebbero margine di manovra per incrementare la spesa pubblica, dovrebbero comunque partecipare al piano di ripresa; altrimenti, il rilancio dell’economia europea è affidato ad un numero limitato di Stati membri. Pertanto, il Patto di crescita e stabilità necessita di un attento riesame, tale da integrare politiche anticongiunturali ed il lato positivo della spesa pubblica e del debito pubblico a favore di investimenti a lungo termine che sospingono un’economia sul binario di una crescita socio-economica sostenibile anche per l’ambiente. Le misure di stimolo alla spesa comportano un aumento del debito degli Stati, anche se il debito è già destinato ad aumentare quando la recessione si aggraverà ulteriormente, diminuirà il gettito fiscale e i governi potrebbero essere costretti ad indebitarsi ulteriormente per sostenere i disoccupati, spesa previdenziale, ecc. Ecco perché noi siamo a favore di investimenti a breve termine che concorreranno ad una crescita di lungo periodo. Quando si innescherà la ripresa economica, i maggiori introiti andranno usati per ridurre il deficit in periodo di crescita economica in espansione. La chiusura dei Paradisi Fiscali e prevenire l’elusione fiscale contribuirà a finanziare il disavanzo pubblico. La FSESP sottolinea che, anche in questi periodi, si deve poter contare sul debito pubblico per finanziare investimenti a lungo termine. Inoltre, i governi dovrebbero prendere in esame la possibilità di aumenti tributari sui redditi più elevati, sui grossi patrimoni e sui profitti delle grandi aziende. La FSESP ha già notato che si parla molto di fare in modo che i disavanzi di bilancio rimangano entro la soglia del 3% del PIL o di fare in modo di riportarli rapidamente all’interno di detta soglia. Ciò potrebbe comportare misure di austerità tali da vanificare i pacchetti di stimoli che i governi stanno varando, e quindi da prolungare la crisi. 3. Un rafforzamento della governante economica europea La presente crisi e le reazioni che si stanno avendo in vari Paesi sottolineano l’importanza di avere un governo economico europeo, con il trasferimento dei poteri decisionali in materia economica a livello UE, soprattutto per Eurolandia. A quel punto, l’UE avrebbe ad affiancare la BCE un’istituzione forte in materia di politica finanziaria, la quale potrebbe andare oltre quanto sin qui fatto o statuito dal Consiglio dei Ministri finanziari della zona Euro. Si garantirebbe un miglior coordinamento ed una politica economica europea più 19 Le Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo sottolineano che il Patto di stabilità e crescita rappresenta la pietra angolare del quadro finanziario dell’UE e garantisce la flessibilità delle misure da attuare per la ripresa. Esso prevede che gli stanziamenti possano anche essere temporaneamente incrementati. Il Consiglio sollecita gli Stati membri ad impegnarsi sulla via di disavanzi pubblici sostenibili e a ritornare nel più breve tempo possibile (in conformità con il Patto ed in linea con la ripresa economica) agli obiettivi di bilancio previsti per il medio periodo. 20 La riforma del Patto di crescita e stabilità nel 2005 aveva previsto circostanze eccezionali che consentissero ai Paesi di incrementare il disavanzo pubblico. Una deroga ai meccanismi che disciplinano il Patto era stata altresì prevista per gli investimenti in riforme strutturali. Adesso gli Stati membri dovrebbero avvalersi di tali possibilità. 18 efficace. Un tale tipo di coordinamento di politiche dovrebbe avere come obiettivo uno sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale e la creazione di occupazione. Una tale istituzione dovrebbe altresì avere il compito di coordinare progetti di respiro UE, quali ad esempio i progetti infrastrutturali transfrontalieri. Il passo successivo potrebbe essere quello di prevedere che a tale governo sia affidato il compito dell’imposizione fiscale e quindi dello stanziamento dei fondi. Ciò richiederà altresì un ulteriore potenziamento della democrazia in seno all’UE, ad esempio attraverso una composizione della Commissione che rifletta la maggioranza politica presente nel Parlamento europeo. Il nuovo governo economico UE dovrebbe accompagnarsi ad un ruolo più forte delle organizzazioni sindacali. Va rafforzato il dialogo sulla politica macroeconomica (che prevede la presenza di una delegazione della CES) e ne vanno intensificate le adunanze. B.9 Impiego dei fondi UE per aiutare i Paesi in difficoltà, riconoscendone le differenze, ma soprattutto i molti tratti in comune per potenziare il livello di cooperazione in tutta l’Unione Pur sottolineando l’importanza di riconoscere che ogni Paese è diverso dagli altri, l’adesione all’UE e soprattutto all’Euro impone che vi siano delle somiglianze e che si rispettino determinati vincoli. La crisi economica mette molto a dura prova Eurolandia, per fare in modo che i Paesi non risultino inadempienti in fatto di debito. Già per Grecia, Portogallo, Italia, Irlanda e Spagna è diventata più onerosa l’emissione di titoli di credito21. Nei Paesi non aderenti all’Euro, è sotto attacco la forza della valuta locale. Secondo una valutazione strutturale, la Germania starebbe realizzando risparmi in eccesso (avanzo delle partite correnti: la macchina dell’export tedesco), mentre altri Paesi come Spagna e Grecia avrebbero un disavanzo della bilancia delle partite correnti (facendo affidamento su capitali stranieri). Per risolvere tali squilibri interni ad Eurolandia, è necessario un più forte governo proprio a livello della zona Euro, ed un sistema di monitoraggio ancora più rigoroso e vincolante sui bilanci degli Stati membri. Se, da un lato, le regole della moneta unica impediscono il salvataggio di un Paese, sembra probabile che in caso di uno sforamento di uno dei Paesi di Eurolandia (il Paese rimarrebbe comunque nell’Euro), ma gli altri Paesi che pagano il conto richiederebbero maggiori riforme strutturali. Un confronto finirebbe per attivare lo stesso tipo di condizioni che si applicano ai prestiti del FMI, i quali sotto il profilo politico sono ben più prescrittivi rispetto alle regole del Piano di crescita e stabilità22. Poiché un governo economico a livello di Eurolandia porterebbe la propria attenzione sui bilanci pubblici, sui disavanzi e sulla spesa pubblica (facendo rientrare il tutto negli sforzi tesi a garantire un debito pubblico sostenibile e una finanza pubblica di qualità), la cooperazione è un imperativo per le organizzazioni sindacali dei servizi pubblici. La FSESP è a chiedere pertanto una sua presenza permanente in seno alla delegazione CES che partecipa al dialogo sulla politica macroeconomica, coadiuvata, se possibile, da una rete FSESP di economisti, come proposto nella risoluzione congressuale sul Coordinamento in materia di contrattazione collettiva. 21 I cosiddetti spread dei titoli di Stato a dieci anni rispetto a quelli tedeschi (la differenza tra il tasso di interesse applicato dalla Germania e quello applicato dagli altri Paesi) sono passati dallo 0,1-0,4% (ad inizio 2008) a quasi il 2,5% per la Grecia e al 2% per l’Irlanda (a inizio febbraio 2009). Le agenzie di rating hanno declassato o emesso avvertimenti sul debito pubblico di tali Paesi, rendendo più onerosa l’assunzione di prestiti. E con la crisi bancaria che ora colpisce gli istituti di credito che hanno fatto grossi investimenti negli Stati membri di recente adesione, questi spread sono aumentati, rendendo anche i titoli di Stato olandesi e austriaci più cari per i governi interessati. 22 Vedasi il riferimento alla Lettonia, in cui Paesi UE e Commissione richiedono un più rigoroso controllo della spesa pubblica. 19 B.10 Serve maggiore iniziativa da parte del G20 e delle istituzioni internazionali La crisi è globale. Da qui la necessità di collaborazione e coordinamento intergovernativo. Il summit del G20 di Londra ha fornito la piattaforma (2 Aprile 2009). Il movimento sindacale mondiale ha presentato ai capi di governo un piano d’azione dettagliato ed ha chiesto ai G20 di applicare il “piano a 5 punti” come chiara roadmap per un migliorare la governance globale e come garanzia perché una crisi di questa magnitudine non possa più ripetersi. Il G20 ha messo l’occupazione e la crescita in cima alla sua agenda. Ha incoraggiato la continuità del lavoro fatto dall’OCSE insieme ad altre istituzioni per integrare gli standard economici e sociali internazionali come quelli dell’OIL per iscriverli in una cosiddetta Carta. C’è accordo per coinvolgere l’OIL nei suoi lavori. Questo è stato sottolineato dal Summit Sociale del G8 a Roma. 23 Ci aspettiamo che le istituzioni dell’UE (Consiglio, Commissione Europea e Parlamento Europeo) giochino un ruolo rilevante nel realizzare questa roadmap. Piano d’azione globale dei sindacati per combattere la crisi La Confederazione Sindacale Internazionale ha sviluppato un piano d’azione in 5 punti. Il piano prevede un piano internazionale coordinato per la ripresa economica e la crescita sostenibile; regole per il sistema finanziario mondiale; lotta contro il rischio di deflazione salariale ed eliminazione delle diseguaglianze di reddito attraverso l’estensione della copertura della contrattazione collettiva e il rafforzamento delle istituzioni incaricate della fissazione dei salari per stabilire una base decente per i mercati del lavoro; un ampio e lungimirante accordo internazionale sul cambiamento climatico al COP15 di Copenhagen nel Dicembre 2009; e riforma delle istituzioni globali per assicurare una responsabile governance economica mondiale. http://www.ituc-csi.org/IMG/pdf/No_16_-_G20_London_Declaration_FINAL.pdf C. Su contrattazione collettiva e politica sociale: un nuovo equilibrio di poteri La politica salariale rappresenta un altro pilastro negli interventi di politica economica. Talvolta per noncuranza, ma anche con specifica intenzionalità (le proposte della BCE a favore del contenimento salariale nel settore pubblico e dell’abolizione dell’indicizzazione automatica), l’assunto di base è che i salari vanno usati come strumento di adeguamento alle crisi economiche. La BCE si è rifiutata di promuovere incrementi salariali anche laddove necessari (come nel caso della Germania in questi ultimi anni). Se si tende troppo al ribasso dei salari (ed è già chiaramente quello che sta avvenendo nel caso degli stipendi nel pubblico)24, si indebolirà la domanda, andando in tal modo a prolungare la 23 24 Le valutazioni del Summit Sociale del G8 e del G20 sono disponibili sui siti web TUAC e ITUC Un recente esempio di pressione esercitata sulle retribuzioni del settore pubblico è dato dall’adozione del bilancio previsionale 2009 per la Romania. Il governo innalzerà pensioni e stipendi per i lavoratori del settore pubblico di cinque punti percentuali nel 2009, in linea con il tasso medio di inflazione atteso per quest’anno (anche se altri si aspettano che l’inflazione aumenterà molto di più). Ma il governo si è altresì impegnato a prevedere un massimale per le retribuzioni del settore pubblico e a tagliare altre spese dell’1,5%. Il governo pensa altresì di sostituire lo straordinario con ore libere dal lavoro e di ridurre le spese per il personale del settore pubblico dello 0,9% del PIL, se non addirittura del 20%. I 20 recessione. Inoltre, se i Paesi cercano di raggiungere la moderazione salariale ingaggiandosi in una gara l’uno con l’altro, finiranno per trascinarsi tutti al ribasso, andando a ridurre ulteriormente la domanda e pertanto a prolungare la recessione25. Tale pressione al ribasso giunge in un momento in cui le istituzioni deputate alla contrattazione collettiva nazionale o di categoria risultano indebolite sempre in base alle stesse politiche che hanno cercato di privatizzare le aziende pubbliche e di liberalizzare i pubblici servizi (minore copertura, contrattazione più decentrata, attacchi agli scioperi per solidarietà…). Le sentenze della Corte europea di giustizia nelle cause Laval, Viking, Rüffert e Lussemburgo mettono in discussione la difesa da parte dei lavoratori e delle loro organizzazione sindacali della parità salariale sul posto di lavoro, consentendo alla mobilità dei lavoratori di ridurne i livelli retributivi. È questa la ragione principale dei recenti scontri verificatisi nel Regno Unito per il settore edile ed ingegneristico (a inizio febbraio 2009)26. Le organizzazioni sindacali britanniche, la FSESP e la CES hanno preteso che rientri nel Trattato una revisione della direttiva sul distaccamento dei lavoratori, nonché un protocollo in materia di progresso sociale. Entrambi garantirebbero che fondamentali diritti sindacali, quali il diritto di sciopero, il diritto alla contrattazione collettiva per difendere la parità retributiva sul posto di lavoro, vengano rispettati ed assumano priorità rispetto alla libera circolazione di beni, servizi, capitali e lavoratori. Occorre un nuovo equilibrio di poteri che sia a favore dei lavoratori, delle loro famiglie e delle loro comunità. C.1 La flessibilità dei mercati del lavoro in Europa: i precari colpiti dalla crisi economica La crisi evidenzia che i mercati del lavoro in Europa sono grandemente flessibili e quindi una congiuntura economica negativa comporta notevoli e rapide perdite di posti di lavoro. Questo fatto ha colpito in maniera significativa coloro che hanno contratti precari, come coloro che lavorano per il tramite di agenzie e i lavoratori con contratto a termine. Si tratta di lavoratori che non beneficiano di una totale copertura previdenziale e che non hanno accesso a tutta la vasta gamma di opzioni formative. La FSESP invita a corrispondere a tali lavoratori una una-tantum per aiutarli a trovare un altro posto di lavoro. Le agenzie di lavoro interinale hanno anche il dovere di non licenziare i propri dipendenti. I lavoratori interinali devono avere accesso a tipologie di contratti di lavoro che prevedono orari più brevi e alle opportunità di formazione professionale. La Commissione europea e gli Stati membri devono incoraggiare e sostenere iniziative di questo tipo ed incentivare ulteriormente i programmi di formazione professionale e tesi a migliorare le qualifiche e le competenze dei disoccupati, e tutto ciò con il pieno coinvolgimento delle organizzazioni sindacali. C.2 Le opzioni ci sono: necessità di una consistente agenda sociale La crisi effettivamente permette di operare scelte nuove e di potenziare l’agenda sociale dell’UE e degli Stati membri. Sostanzialmente, si chiede ai lavoratori europei, ed in particolare a quelli dei servizi pubblici, di pagare il prezzo della situazione di confusione pensionati, che sono in migliaia a vivere con meno di 100 euro al mese, sono preoccupati di queste misure. La valuta romena si è indebolita di 20 punti percentuali rispetto all’Euro negli ultimi tre mesi e due delle principali agenzie di rating classificano la Romania a livello più basso tra i Paesi dell’Unione europea. Sono cominciate anche le manifestazioni di protesta non appena il governo ha ridotto la spesa destinata al finanziamento del settore sanitario. 25 Presentazione FSESP, La dinamica salariale in Europa: esiste il pericolo di un crollo dei salari? Bollettino di informazione FSESP sulla Contrattazione collettiva, numero 1/2009. 26 Per ulteriori informazioni sui conflitti nel Regno Unito, si rimanda al link: http://www.epsu.org/a/4558. 21 generale sui mercati finanziari. Coloro che hanno avuto la bontà di trascinarci in tutto questo pasticcio, ovvero maghi della finanza, banchieri, intermediari e altri profili del mondo della finanza, ne stanno uscendo sostanzialmente illesi. Visto che a pagarne le spese sono i lavoratori, le loro famiglie e le comunità in cui vivono, la FSESP pretende di vedere che ci sia una contropartita, ovvero migliori misure sociali ed anche iniziative di natura giuridica intraprese da parte della Commissione europea27, il rafforzamento della contrattazione collettiva, misure a favore dell’azione sindacale, la riduzione delle disparità a cominciare dal taglio degli stipendi (e dei premi, delle stock option ed altri bonus) dei vertici aziendali ed altro personale dirigenziale, nelle aziende a partecipazione statale e/o che ricevono aiuti con fondi pubblici. La FSESP analizzerà queste eventualità nei propri comitati di settore (energia, gestione rifiuti, servizi idrici, sanità, ecc.) con le organizzazioni sindacali presenti nelle varie aziende interessate. Misure a breve termine devono poter indurre le aziende dei settori più duramente colpiti dalla crisi a non procedere alla messa in cassa integrazione o a forme di prelicenziamento di massa ed incentivare piuttosto la riduzione dell’orario lavorativo, avvalendosi di possibilità di qualifica e miglioramento delle competenze dei lavoratori, facendo leva su strumenti quali i congedi formativi, periodi sabbatici, ecc. Altre modalità per attenuare l’impatto della crisi possono essere la riduzione dell’orario lavorativo e la limitazione degli straordinari. C3. Essenziali gli incrementi salariali La FSESP mette in guardia sul repentino crollo dei costi salariali unitari, il quale trascina con sé l’inflazione (già bassa), esponendo Eurolandia al rischio di deflazione. Gli incrementi salariali sono pertanto necessari, quale misura complementare al pacchetto di stimoli all’economia e all’abbassamento dei tassi di interesse. Gli incrementi salariali consentiranno di stimolare la domanda, evitare la deflazione, stabilizzare le entrate fiscali e proteggere le pensioni. La BCE dovrebbe astenersi dall’approccio unilaterale normalmente seguito nella formazione dei salari, criticando i governi (e le parti sociali) nei Paesi che hanno problemi di inflazione e di competitività. Non si è mai espressa a favore di un aumento salariale, invogliando governi e parti sociali a garantire sviluppi della politica salariale che siano in linea con gli incrementi di produttività. Le evoluzioni salariali sul lungo periodo devono riflettere il trend dell’inflazione e degli incrementi di produttività. E questo imporrà prima o poi di ridurre le disparità di reddito e consentirà di sostenere l’economia, dal lato della domanda. C.4 Resistere ai governi e alle parti datoriali che usano la crisi per attaccare i diritti sindacali Le organizzazioni sindacali aderenti alla FSESP ci informano del fatto che la crisi viene usata da aziende e governi per indebolire ed erodere i diritti sindacali. I governi impongono provvedimenti assunti unilateralmente ai lavoratori del pubblico impiego e stanno sospendendo la contrattazione collettiva e il dialogo sociale. La FSESP sosterrà le organizzazioni sindacali ad essa aderenti che si scontrano con datori di lavoro e governi i 27 Si tratta di azioni che possono spaziare dalla revisione della direttiva sul distaccamento dei lavoratori, ad un protocollo in materia di progresso sociale, alla presenza di rappresentanti sindacali e di esperti in materia di formazione sui posti di lavoro, alla presenza di rappresentanti esperti in materia ambientale, a strumenti giuridici di attuazione e controllo della responsabilità sociale d’impresa e della responsabilità attraverso tutta la catena di produzione, ecc. ecc. In passato, molte di queste iniziative sono state bloccate dalle aziende stesse e da politici conservatori. 22 quali dimostrano di non avere alcun rispetto per la voce dei lavoratori dei servizi pubblici e delle loro organizzazioni sindacali di rappresentanza. Pretendiamo che la Commissione europea agisca con forza nei confronti di governi e parti datoriali che violano i diritti sindacali e i dispositivi della contrattazione collettiva e del dialogo sociale. Alla VIII Conferenza regionale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL)28, cui hanno partecipato governi, datori di lavoro e organizzazioni sindacali, si è sottolineato che i pacchetti coordinati di stimolo all’economia sono strutturati per espandere la domanda aggregata, evitare spirali deflazionistiche e mantenere occupazione e decorose opportunità lavorative. Gli individui più vulnerabili della società vanno protetti per evitare che risultino scollati dal mercato del lavoro o che diventino poveri che lavorano. La Conferenza OIL ha evidenziato e insistito sul bisogno impellente di un dialogo sociale e di una contrattazione collettiva efficaci. I governi, le parti datoriali e le organizzazioni sindacali hanno ribadito che principi fondamentali e diritti sul lavoro vanno salvaguardati. Essi rappresentano, infatti, “un’importante garanzia contro il rischio che la recessione possa comportare un maggiore sfruttamento dei lavoratori”. L’organismo tripartitico ha inoltre sottolineato la necessità di promuovere norme di respiro internazionale sul lavoro, e di utilizzare tutto il potenziale di meccanismi quali sviluppo delle competenze dei lavoratori, maggiore formazione professionale, e delle istituzioni deputate al dialogo sociale. C.5 Il nodo degli arretrati salariali Le organizzazioni sindacali affiliate hanno altresì informato la FSESP dell’incremento degli arretrati salariali nei Paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO), quali Russia e Moldova, e delle richieste di aiuto ai sindacati affinché si riescano a recuperare tali arretrati. Il mancato pagamento degli stipendi ai lavoratori dei servizi pubblici è inammissibile viste le attività di lavoro difficili e spesso pericolose che essi svolgono per garantire i servizi, e per l’effetto pro-congiuntura che ha questo problema. Lotta al razzismo e alla xenofobia, raccomanda l’OIL, soprattutto in tempo di crisi La Conferenza regionale europea tripartitica dell’OIL ha affermato: “Le parti (ovvero i governi, i datori di lavoro e le organizzazioni sindacali) rimarranno estremamente vigili sui rischi di un possibile rigurgito di reazioni politiche di fronte al crescere della disoccupazione e dell’esclusione sociale per ragioni razziali e di odio religioso, di discriminazione nei confronti degli immigrati o delle minoranze etniche, di vessazioni nei confronti di rappresentanti sindacali, e di politiche economiche di natura protezionistica che finirebbero per aggravare la crisi”. C.6 La tutela dei redditi più bassi La FSESP insiste sul fatto che non si possono tagliare fuori le persone dalla fruizione di servizi essenziali che altrimenti non potrebbero permettersi di pagare. Non si devono mettere le famiglie a basso reddito in condizioni di dover scegliere tra il riscaldamento e mangiare. I governi dovrebbero sostenere la sollecitazione del Parlamento europeo e di molti gruppi di azione sociale, ivi compresa la FSESP e la Rete europea antipovertà, ad affrontare il problema della povertà energetica, attraverso piani di azione nazionali. Non si può sfrattare la gente dalle proprie case, e i governi dovrebbero concedere fondi sufficienti, anche ai comuni, per aiutare le famiglie a basso reddito, spronare la ripresa 28 Comunicato stampa OIL del 13 febbraio 2009. Questa conferenza regionale riunisce i rappresentanti degli Stati membri dell’OIL provenienti da Europa e Asia centrale. 23 dell’economia locale e mantenere i servizi di base (quali servizi idrici, riscaldamento, ma anche ordine pubblico, servizio antincendio e soccorso, istruzione e molti servizi di cura ed assistenza). La FSESP chiede che il nodo del conto per l’erogazione di energia sia affrontato in maniera più strutturata, per evitare che siano fissati prezzi imposti dal mercato e che non tengono in alcun conto quelli che sono i costi reali dell’energia. Prezzi più controllati e regolati assicurerebbero stabilità, incentiverebbero gli investimenti ed affronterebbero il nuovo problema della povertà energetica. La FSESP consiglia inoltre di istituire un prelievo fiscale su profitti inattesi realizzati nel settore energetico, segnatamente dalle compagnie petrolifere, e ciò al fine di consentire massicci investimenti pubblici nelle tecnologie rinnovabili e senza emissione di carbonio, creando in tal modo un duplice vantaggio. Tale imposta permetterà altresì di trovare i finanziamenti necessari per l’attivazione di programmi per contrastare la povertà delle famiglie a pagare il conto dell’energia. La FSESP ribadisce la propria rivendicazione di aumentare i minimi salariali previsti per legge (ove esistenti), e di portarli al 60% delle entrate mediane di ogni Paese, percentuale questa riconosciuta come soglia di reddito basso. I tempi massimi entro cui raggiungere tale obiettivo dovrebbero rientrare nei Piani di azione nazionali per affrontare i nodi della povertà, dei bassi redditi e della crisi economica. Azioni della FSESP Il Comitato esecutivo della FSESP chiede alle organizzazioni sindacali aderenti di: • Servirsi del presente documento nelle discussioni di politica portate avanti con le proprie confederazioni e con le autorità pubbliche, in modo tale da poter strutturare tutti insieme il futuro corso che intraprenderà l’Europa; • Informare il Segretariato della FSESP di eventuali attacchi al meccanismo della contrattazione collettiva, ai diritti sindacali e al dialogo sociale, laddove governi e datori di lavoro cerchino di imporre misure unilaterali come conseguenza della crisi. Il Comitato esecutivo della FSESP delibera quanto segue: • Monitorare la crisi economica e verificarne l’impatto sui lavoratori dei servizi pubblici. La FSESP non condivide affatto che i governi intraprendano misure unilaterali che finiscano per astrarre i lavoratori dei servizi pubblici dal contesto generale del lavoro, anche perché molti di essi appartengono agli scaglioni di reddito medi o bassi, mentre i ricchi, i banchieri ed altri sfuggono alle misure gravose. La crisi evidenzia l’importanza dei servizi pubblici; la FSESP cercherà di evitare che la crisi economica venga strumentalizzata per sminuire il ruolo dei servizi pubblici e dello Stato. Affrontare la questione dei paradisi fiscali e della evasione delle imposte e dare una chiara importanza ad una giusta fiscalità progressiva come elemento chiave per progredire economicamente, socialmente ed ambientalmente . Queste misure contribuiranno alla sostenibilità della finanza pubblica a lungo termine. Poiché la crisi è globale, la FSESP collaborerà strettamente con l’ISP, il sindacato mondiale dei lavoratori pubblici, per difendere i lavoratori dei servizi pubblici , promuovere i servizi pubblici di qualità e partecipare nella riforma ed alla formazione degli istituti finanziari globali. Richiede una speciale attenzione il ruolo del Fondo Monetario Internazionale e le condizioni dure che impone ai lavoratori del servizio pubblico, spesso senza consultazioni e contrattazioni, Ciò è tanto più importante in quanto il G-20 andrà a rafforzare la funzione e le dotazioni del FMI: L’UE e la Banche Europee (BCE, BEI, EBRD) dovrebbero essere capaci di sostenere le economie in difficoltà, agganciando l’assistenza al requisito di un Patto 24 sociale e verde ed al modello Sociale europeo piuttosto che alle politiche di austerità dell’FMI. • Riferire sugli sviluppi della contrattazione collettiva, confrontando l’andamento salariale nel pubblico e nel privato, così come l’orario lavorativo e le misure intraprese in materia di formazione e aggiornamento di qualifiche e competenze. • Ricordare regolarmente il contributo che la FSESP può apportare nell’affrontare la crisi economica e vigilare a che siano tenuti sempre presente gli interessi dei lavoratori dei servizi pubblici. Le organizzazioni sindacali devono far sentire la propria voce quando si discute di misure economiche da intraprendere a livello nazionale ed europeo. La FSESP deve essere integrata nella delegazione della CES che partecipa al dialogo sulla politica macroeconomica, con la BCE, la Commissione europea e la Presidenza UE. Se viene approvata la Risoluzione congressuale R2: Contrattazione collettiva e Dialogo sociale, la rete proposta di esperti designati dalle organizzazioni aderenti alla FSESP da coinvolgere nella politica economica potrà aiutare la FSESP ad influenzare la politica economica e di finanza pubblica dell’Unione europea. • La crisi economica, la risposta ed il coinvolgimento delle istituzioni europee (Commissione europea, BCE, Consiglio dei ministri, ministri della zona euro e Parlamento europeo degli Stati membri soprattutto di Eurolandia, richiedono un forte coordinamento delle istituzioni europee, possibilmente prevedendo il rafforzamento delle funzioni di coordinamento e governo della politica finanziaria e occupazionale. Poiché la FSESP dovrebbe essere messa in condizione di svolgere un ruolo per tutelare gli interessi dei lavoratori del pubblico, il Segretariato della FSESP dovrebbe preparare delle proposte al riguardo, da discutere ed approvare, affinché se ne tenga conto nella pianificazione delle priorità all’orizzonte 2010 e oltre. • Appoggiare il passaggio ad uno sviluppo sostenibile sotto il duplice profilo ambientale e sociale. La crisi economica permette di operare delle scelte in materia di investimenti pubblici. La FSESP deve contribuire ad ideare proposte tali da facilitare questa transizione, attraverso, ad esempio, lo sviluppo di un Accordo verde, di bilanci ecocompatibili, di un PIL più sostenibile sotto il profilo ambientale e sociale e la messa a punto di Principi giusti per un’occupazione di transizione. Dette proposte implicheranno necessariamente una riflessione su una redistribuzione globale della ricchezza e della crescita. La FSESP sollecita le organizzazioni sindacali ad essa aderenti a mobilitarsi contro i datori di lavoro e i governi che sfruttano la crisi per tagliare posti di lavoro, per ridurre stipendi e salari e violare i contratti collettivi. La FSESP invita le organizzazioni sindacali affiliate a partecipare in massa alle manifestazioni organizzate dalla CES nelle giornate del 15 e 16 maggio 2009. 25 APPENDICE Dalla richiesta di un accordo di stand-by tra il Fondo Monetario Internazionale e l’Ungheria, del 4 novembre 2008, pag.7 Riquadro 1: Ungheria – Cooperazione con l’Unione europea Ai sensi dell’articolo 119 del Trattato istitutivo della Comunità europea, uno Stato membro non aderente all’Euro è tenuto a consultarsi con la Commissione europea e con il Comitato economico e finanziario dell’Unione europea su eventuali necessità della propria bilancia dei pagamenti, prima di rivolgersi ad altre fonti per chiedere assistenza. Prima dei recenti eventi occorsi in Ungheria, non erano state messe a punto procedure operative per una tale interazione tra UE e FMI. Il processo, così come è stato sviluppato nel caso dell’Ungheria, potrebbe comunque diventare un riferimento su come procedere nell’eventualità dovessero verificarsi altri casi simili, ad esempio con Stati membri UE che non partecipano al meccanismo detto ERM II. Tra i principi di base figurerebbero: 1. Consultazione precoce e un continuo scambio informativo per tutta la durata delle trattative Gli Stati maggiori del Fondo e della Commissione si sono consultati reciprocamente non appena l’Ungheria ha cominciato a manifestare condizioni di difficoltà sui mercati finanziari e la potenziale necessità di un sostegno alla propria bilancia dei pagamenti. Vista la gravità e l’urgenza della situazione in Ungheria, l’UE ha convenuto che le consultazioni al proprio interno e con il FMI potessero tenersi in parallelo, ed ha garantito un’attuazione ampiamente accelerata delle normali procedure di consultazione (ad esempio col ricorso alle conference call). Una missione UE si è sovrapposta ad una contemporanea missione del FMI a Budapest nei primi giorni della crisi. Per tutto il resto della missione, le due delegazioni hanno collaborato ed hanno coordinato i propri sforzi per procedere allo stesso ritmo. Una volta che il dibattito era avanzato di molto, ma prima ancora che si giungesse ad un accordo finale, sia il FMI che la Presidenza del Consiglio EcoFin e la Commissione hanno fatto annunci coordinati alla stampa sulla loro tempestiva capacità di giungere in sostegno dell’Ungheria. 2. Contributo di entrambe le istituzioni alle esigenze di finanziamento Il pacchetto finale di programmi (20 miliardi di Euro) prevede ingenti contributi da parte del Fondo monetario internazionale (12,5 miliardi di Euro) e dell’UE (6,5 miliardi di Euro), nonché un contributo di un miliardo di Euro anche da parte della Banca mondiale. 3. Un accordo sulla programmazione a livello degli Stati maggiori delle due organizzazioni Un accordo a livello degli Stati maggiori delle due organizzazioni sul pacchetto di programmazione e il consenso dell’UE a partecipare al pacchetto di aiuti sono stati annunciati nei comunicati stampa coordinati del FMI e dell’Unione europea prima dell’apertura dei mercati finanziari il 29 ottobre scorso. Entrambe le istituzioni hanno poi più tardi sempre in quella giornata partecipato ad una conferenza stampa organizzata dalle autorità. FMI e UE anticiperanno gli aiuti in modo da far fronte immediatamente alle impellenti necessità della bilancia dei pagamenti, nell’ambito del programma. 4. Coerenza su strutturazione e condizioni del programma Per l’attuazione del programma di aiuti, entrambe le istituzioni faranno leva su una serie di vincoli e condizioni posti al Paese sotto il profilo delle politiche. Come convenuto nelle prime fasi delle trattative tra le istituzioni sulle procedure da adottare, si è previsto che le 26 condizioni imposte dall’UE, inserite a chiare lettere nella decisione del Consiglio UE e nel Protocollo di Intesa, siano assolutamente coerenti con i vincoli imposti dal FMI. Inoltre, i meccanismi di vigilanza della Commissione saranno anche estesi agli impegni politici assunti dalle autorità del Paese. 5. Consultazione anche in fase di monitoraggio del programma Una volta saldamente consolidati i legami di cooperazione a livello degli Stati maggiori delle due organizzazioni, per tutta la durata del programma vi saranno consultazioni regolari tra le due istituzioni. Nei casi in cui la mancata osservanza del programma attiverà il processo di consultazione previsto dal FMI, le autorità provvederanno parallelamente ad informarne altresì l’UE e le due istituzioni si coordineranno braccio a braccio per tutta la durata delle discussioni e dei dibattiti del caso.