n.12 - 15 giugno - Pro Civitate Christiana

Transcript

n.12 - 15 giugno - Pro Civitate Christiana
70
ANNO
periodico quindicinale
Poste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post.
dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)
art. 1, comma 1, DCB Perugia
€ 2.70
12
15 giugno 2011
Rocca
4
6
11
sommario
Rivista
della
Pro Civitate Christiana
Assisi
13
14
17
18
.........
minori
in carcere
economia
conoscenza
& occupazione
maschi potenti
il sesso
come accessorio
del potere
cervelli diversi
altri modi e forme
dell’insegnamento
21
22
25
26
29
15 giugno
2011
36
India
il fondamentalismo
della tradizione
e della modernità
nuova rubrica
di Rosella
De Leonibus
i volti del disagio
se la terra agricola
sparisce
TAXE PERCUE – BUREAU DE POSTE – 06081 ASSISI – ITALIE
ISSN 0391 – 108X
32
38
12
41
44
Ci scrivono i lettori
47
Anna Portoghese
Primi Piani Attualità
Vignette
Il meglio della quindicina
Raniero La Valle
Resistenza e pace
??
49
51
Maurizio Salvi
??
??
52
Romolo Menighetti
Oltre la cronaca
L’amore che sboccia dal dolore
54
Ritanna Armeni
??
??
56
Tonio Dell’Olio
Camineiro
La terapia dell’informazione
57
Roberta Carlini
Maschi potenti
Il sesso come accessorio del potere
58
Oliviero Motta
Terre di vetro
Persone attive
58
Pietro Greco
Economia
Conoscenza & occupazione
59
Fiorella Farinelli
Non solo calcio
Piccoli calciatori e grandi diseducatori
59
Giuseppe O. Longo
Nativi digitali cervelli diversi
Altri modi e forme dell’insegnamento
60
Ugo Leone
Consumo di suolo
Se la terra agricola sparisce
60
Rosella De Leonibus
I volti del disagio
Se l’anima è analfabeta
61
62
Elisabetta Proietti
Rapporto Antigone
Minori in carcere
Marco Gallizioli
India
Il fondamentalismo della tradizione e della modernità
63
Stefano Cazzato
Maestri del nostro tempo
Gilbert Ryle
Fare caso alle parole
Giuseppe Moscati
Nuova Antologia
Natalia Ginzburg
Un paradosso del neorealismo
Filippo Gentiloni
Vizi&virtù
Arturo Paoli
Amorizzare il mondo
La forza di sradicare il potere
Carlo Molari
Teologia
Critiche infondate alla Gaudium et spes
Lidia Maggi
Giobbe
Quando tutto crolla
Paolo Vecchi
Cinema
The Tree of Life
Roberto Carusi
Teatro
Animale da palcoscenico
Renzo Salvi
Rf&Tv
Plastik
Mariano Apa
Arte
Gio Ponti
Michele De Luca
Fotografia
Jodice al Louvre
Enrico Romani
Musica
Musica e sanità pubblica
Giovanni Ruggeri
Siti Internet
La rete cambia
Libri
Carlo Timio
Rocca Schede
Organizzazioni in primo piano
Omc (Organizzazione mondiale del commercio)
Luigina Morsolin
Fraternità
Burundi: se ho fame, non capisco
NATIVI DIGITALI CERVELLI DIVERSI
altri modi e forme
dell’insegnamento
L
la lingua digitale
ROCCA 15 GIUGNO 2011
La crisi coinvolge più la scuola e i docenti
che non i discenti: essa riguarda più che
altro i modi e le forme dell’insegnamento,
poiché l’apprendimento trova con facilità
la propria strada, sostenuto dall’opportunismo degli allievi, i quali si destreggiano senza troppe difficoltà tra le varie fonti di conoscenza che emergono nel quadro della
trasformazione digitale. È importante ribadire che i nati (o nativi) digitali hanno connessioni cerebrali diverse dagli «immigrati
digitali», cioè da coloro che si accostano ai
32
nuovi media in età adulta: come chi apprende una lingua straniera da adulto non la
parlerà mai con la disinvoltura e naturalezza di chi in quella lingua è nato, così gli
immigrati digitali non parleranno mai la
«lingua digitale» con la naturalezza degli
«aborigeni».
Per acquisire familiarità con gli strumenti
digitali, gli adulti, in particolare gli insegnanti, dovrebbero intersecare le proprie
competenze (strutturate, formali, libresche,
in una parola classiche) con gli stili cognitivi dei discenti, senza lasciarsi condizionare
dalla diffidenza o dalla ritrosia o peggio
dalla sensazione di diminutio: solo rinunciando, almeno in parte, al tradizionale rapporto dissimmetrico tra docente e discenti,
che contempla una priorità gerarchica del
primo, per instaurare una collaborazione,
almeno in parte, simmetrica, basata sullo
scambio di competenze, sulla reciprocità e
sulla collaborazione, si può sperare che la
scuola imbocchi una strada feconda.
oltre i pregiudizi
Allo stato attuale, docenti e studenti hanno
cervelli diversi, quindi diverse visioni del
mondo, diversi stili di comunicazione, diversi
stili di descrizione e di rappresentazione dei
fenomeni e degli eventi. Si tratta allora di
indurre i docenti a rinunciare al pregiudizio
che il loro «stile» sia migliore di quello dei
discenti (e poi, migliore in che senso?) e non
semplicemente diverso, e di indurli a un esame ravvicinato degli stili dei ragazzi, premessa di una vera e propria collaborazione. Gli
insegnanti si sono formati attraverso esperienze culturali che li hanno dotati di stru-
menti critici, filosofici, scientifici di grande
valore nel mondo tradizionale, e tentano, a
volte con ostinazione, di applicare quegli
strumenti e quelle categorie al mondo nuovo, che non conoscono o che conoscono solo
dall’esterno. Per converso i giovani e i giovanissimi vivono immersi nell’attualità comunicativa e cognitiva, ma non posseggono le
parole, le categorie e gli strumenti critici per
comprenderla razionalmente (per farsene
una «teoria») ed esprimerla, e per orientarsi
senza rischiare di perdersi nel vaniloquio,
nella futilità, nelle patologie da rete.
Questa complementarità fra docenti e discenti comporta un problema etico: è sui
docenti che (noblesse oblige) ricade la responsabilità di cercare di penetrare nel
mondo digitale portandosi dietro gli strumenti critici validi nel mondo tradizionale,
ma adattandoli alla nuova realtà per aiutare i discenti a comprenderla meglio e a non
farsene travolgere.
oltre la tecnofobia
Non si tratta soltanto di introdurre nelle
scuole le tecnologie digitali: questo passo è
necessario ma non sufficiente alla trasformazione dei metodi d’insegnamento. Soprattutto non si deve considerare la tecnologia come un oggetto di studio in sé: relegare il computer in un laboratorio informatico separato dal resto della scuola, farne
l’oggetto di esercizi di programmazione e
in genere di studio in orari distinti, considerarne insomma gli aspetti teorici e tecnici come una delle tante materie scolastiche,
rischia di portare al fallimento ed è comunque indice di un atteggiamento vagamente
tecnofobico e ghettizzante nei confronti del
digitale che non giova a nessuno.
Una recente indagine di Adiconsum, svolta
in tutta Italia tra docenti, studenti e genitori rivela che il 73,5% degli istituti ha un’aula di informatica ben equipaggiata e nel 66%
dei casi le scuole dispongono di una connessione internet, ma, paradossalmente, il
35% degli studenti usa l’aula solo una volta
la settimana e quasi sempre per materie legate all’informatica, il 77% non usa mai una
lavagna multimediale e il 42% degli insegnanti ricorre a supporti elettronici allegati ai libri di testo meno di una volta al mese.
Insomma, sembra che le potenzialità comunicative e didattiche legate ai nuovi media
restino largamente inutilizzate. All’opposto,
i ragazzi utilizzano queste risorse in privato, non tanto per studiare quanto soprattutto per giocare e divertirsi, o per navigare
in rete in modo non sistematico: si crea così
uno iato anche mentale tra scuola e ambiente extrascolastico, iato che accresce l’impressione di seriosità dell’insegnamento
scolastico in contrapposizione con la piacevolezza della ricerca autonoma di dati e
notizie. I risultati dell’indagine Adiconsum
confermano la prevalenza delle risorse scolastiche collettive (aule attrezzate e separate dal contesto quotidiano) rispetto alle risorse destinate ai singoli o a piccoli gruppi.
Sembra tuttavia che il Ministero dell’Istruzione stia allestendo un piano nazionale per
la scuola digitale caratterizzato da una didattica collaborativa e interattiva, che passa attraverso la rete. E gli effetti di questo
impegno si fanno già sentire nel numero
crescente di aule dotate di computer e strumentazioni avanzate a disposizione degli
ROCCA 15 GIUGNO 2011
Giuseppe
O. Longo
a rivoluzione digitale di cui abbiamo dato una descrizione in un articolo precedente (vedi Rocca n. 7/
2011) ha conseguenze cospicue nel
settore cognitivo, in particolare
comporta modifiche profonde nei
modi e nei contenuti dell’apprendimento.
Osserviamo intanto che oggi la scuola non
è più l’unica fonte di conoscenza: ad essa si
affiancano altre scaturigini informali e autogestite, che pongono il ragazzo o il bambino al centro del processo comunicativo e
didattico, consentendogli non solo di attingere nozioni dalla rete, ma anche di contribuire al patrimonio delle conoscenze con
creazioni proprie, attuate da solo o in collaborazione con altri. Questo protagonismo
cognitivo e creativo, consentito dalle caratteristiche interattive del Web 2.0, si scontra
con la struttura concettuale, spaziale e materiale della scuola tradizionale, mettendola in crisi. Infatti la scuola per tradizione è
basata su una struttura comunicativa unidirezionale, dal docente ai discenti.
33
NATIVI DIGITALI CERVELLI DIVERSI
da un’educazione ai media
a un’educazione con i media
ROCCA 15 GIUGNO 2011
La tecnologia digitale dev’essere da una
parte integrata nell’apprendimento di tutte
le materie e dall’altra radicata nel contesto
territoriale e sociale. Per quanto riguarda il
primo punto, si pensi ai libri, i quali non
vengono studiati in sé, nei loro vari aspetti
tipografici e materiali (rilegatura, frontispizio, impaginazione...), ma vengono impiegati come supporto per lo studio delle varie
materie scolastiche. Altrettanto dovrebbe
accadere per i computer, per la rete con il
suo enorme deposito di notizie e conoscenze, per i cellulari e così via. Insomma, si
dovrebbe tendere non tanto verso un’educazione «ai media» quanto verso un’educazione «con i media».
A fronte della radicale trasformazione della società, che sotto il profilo cognitivo e
informazionale non è più monopolio della
rigidità della stampa o della fissità unidirezionale della televisione generalista, ma è
salpata verso l’interattività e la struttura
reticolare di Internet, a fronte della pervasività onnidirezionale dei flussi d’informazione, la scuola non può restare ancorata a
una tradizione che, se ne faceva un organo
valido nell’ambito di una società diversa,
rischia di tarparle le ali nel contesto della
società digitale. Se non vuole diventare un
corpo estraneo e morire di inedia rispetto
alla nuova società, la scuola deve adeguarsi, accogliendo in sé le novità ma – e questo
è fondamentale – allo stesso tempo svolgendo la propria missione di filtro equilibratore,
indirizzato a insegnanti, genitori, operatori sociali
Rocca promuove un convegno in Assisi in data
11-12 novembre 2011
per affrontare con massimi esperti del settore
le problematiche inerenti l’apprendimento e il linguaggio
della nuova generazione tecnologica,
l’insegnamento nella scuola
e la comunicazione tra le generazioni
34
critico e culturale.
In altre parole: nessuna chiusura della scuola rispetto alla società, ma allo stesso tempo una sua funzione calmieratrice e ordinatrice, capace di smussare le novità effimere per rinforzare le tendenze promettenti
sotto il profilo cognitivo e inventivo, disponendole in una prospettiva culturale, critica e formativa.
per una reale trasformazione
della scuola, oggi
Una scuola che risponda a questi principi
non si attua semplicemente introducendo
le tecnologie nelle classi e addestrando gli
insegnanti, ma trasformando in maniera
organica i modi e gli spazi dell’insegnamento tradizionale, e introducendo una flessibilità e una libertà che si esplicano nella
scelta dei percorsi individuali di apprendimento-creazione e che temperano la rigidità didattica e il rigore disciplinare che a suo
tempo abbiamo sperimentato noi adulti.
Questa flessibilità si potrebbe esplicare nei
punti seguenti:
• Alternanza tra insegnamento reale e virtuale (offline e online).
• Alternanza tra lezioni frontali, lavoro
paritario docenti-discenti e gruppi di lavoro guidati da tutori, con il sussidio di strumenti digitali (Internet, iPod, lavagne multimediali...).
• Ricorso al Web e ai suoi strumenti (Wikipedia e affini) oltre che ai testi cartacei: i
testi potrebbero costituire la base di partenza, il nucleo da cui partire per compiere
esplorazioni multimediali e ipertestuali.
• Progettazione originale degli spazi: alla
classe tradizionale, in prospettiva molto
meno usata che per il passato, si affiancano classi con banchi mobili e ricombinabili, spazi aperti e laboratori per gruppi di
poche persone: la tendenza dovrebbe essere quella di aprire la scuola allo spazio extrascolastico (per esempio l’abitazione, ma
in genere l’arena sociale), dove ormai si
compie in buona parte il processo di formazione conoscitiva e identitaria e dove la
flessibilità è un prodotto dell’auto-organizzazione spontanea dei discenti.
• Coinvolgimento di insegnanti, allievi, famiglie e istituzioni nel processo conoscitivo e formativo e nella valutazione dei pro-
gressi e dei risultati.
Naturalmente di fronte a queste proposte
sorgono molte domande:
• Come colmare il divario tra l’Italia e i
Paesi più avanzati sotto il profilo didattico
e tecnologico? Divario che riguarda non
solo le attrezzature ma anche l’impostazione didattica, il patrimonio culturale, le competenze specifiche (matematica, scienze,
lingua italiana...) di allievi e insegnanti e il
rapporto con il territorio?
• Come procedere al passaggio dalla scuola tradizionale alla scuola potenziata, cioè
arricchita degli strumenti digitali e ridisegnata in base alle esigenze di flessibilità
sopra elencate?
• Come organizzare concretamente la
scuola flessibile e potenziata sotto il profilo di: orari, attività, curricula, programmazione, incentivi, promozioni e bocciature?
• Come ripartire gli studenti in base all’età,
alle capacità, alle conoscenze?
• Come procedere ai giudizi, cioè alle valutazioni, dei discenti?
• Come procedere ai giudizi, cioè alle valutazioni, dei docenti?
Il penultimo punto in particolare richiede
un’impostazione nuova dei metodi, a fronte della gamma molto più ampia e differenziata di attività che i discenti esplicano o potrebbero esplicare oggi rispetto al
passato. In particolare le tecnologie digitali consentono loro di contribuire, sia
pure in misura limitata, ai contenuti del
Web con apporti originali, allestiti da singoli o da gruppi, guidati o no dai tutori o
dagli insegnanti. Si sta passando dalla fase
di reperimento e di sistemazione di informazioni a una fase di produzione dal basso di contenuti che possono essere poi
messi a disposizione di tutti: si sta passando cioè dal Web 1.0 al Web 2.0, la cui caratteristica principale è quella di essere
interattivo.
In questa fase gli utenti hanno a disposizione più canali comunicativi e, come illustrano le notazioni su Homo Zappiens contenute nell’articolo precedente, i nati digitali passano con grande disinvoltura e rapidità dall’uno all’altro. Mentre l’interazione degli adulti con la tecnologia conserva
un residuo d’impaccio che si traduce in lentezza, i giovani interagiscono con una rapidità che sfiora l’immediatezza.
l’opposizione tra insegnanti e genitori
Una difficoltà che desidero mettere in rilievo riguarda il coinvolgimento delle famiglie
nel processo conoscitivo e formativo e nella valutazione dei progressi e dei risultati:
mentre gli insegnanti sono parte attiva e
interessata, spesso le famiglie si dimostrano meno sensibili, se non addirittura indifferenti, e intervengono, talora a sproposito, solo quando i figli incontrano difficoltà
conclamate. L’intervento delle famiglie, anziché teso alla ricerca delle ragioni dei problemi, è talvolta pregiudizialmente ostile
alle valutazioni degli insegnanti. Si costituisce una sorta di avversione tra due parti
che dovrebbero invece essere alleate e tendere, tramite un’interazione proficua, a un
miglioramento delle condizioni di apprendimento dei discenti. L’opposizione tra insegnanti e genitori costituisce uno dei fattori più devastanti a danno dell’educazione
degli allievi nel suo complesso, e non soltanto del processo di apprendimento.
la ricerca di un equilibrio difficile
Sopra ho accennato alla necessità di radicare l’uso della tecnologia digitale nel contesto territoriale e sociale. Nel passaggio
dalla scuola tradizionale alla scuola potenziata si deve evitare un’imitazione pedissequa delle soluzioni adottate in altri paesi,
le cui tradizioni e il cui patrimonio culturale sono molto diversi dai nostri. È di fondamentale importanza mantenere la nostra
identità culturale, sia pure aggiornata e integrata in un ambito che tenga conto della
globalizzazione e delle culture diverse dalla nostra, altrimenti si rischia di contribuire a una confusa e torpida omologazione,
in cui i fecondi contributi delle varie tradizioni si perdono a vantaggio di un’indistinta pseudocultura ambigua e velleitaria. La
ricerca di un equilibrio tra innovazione e
tradizione dovrebbe essere un processo continuo, un impegno costante della scuola,
tenendo conto che, come diceva Gregory
Bateson, «l’innovazione senza conservazione conduce alla follia e la conservazione
senza innovazione conduce alla morte».
Non è facile, certo, ma è necessario.
ROCCA 15 GIUGNO 2011
allievi e dei docenti senza che si debba ricorrere all’aula attrezzata che appare sempre più come una «riserva indiana».
Giuseppe O. Longo
35