L`inno all`amore di Chiara Petrillo

Transcript

L`inno all`amore di Chiara Petrillo

L'inno
all'amore
di
Chiara
Petrillo
Questa
giovane
italiana
è
morta
di
tumore,
il
13
giugno,
a
38
anni,
sacrificandosi
per
dare
vita
al
suo
piccolo.
Riuniti
per
Famille
Chrétienne,
suo
marito,
Enrico
Petrillo,
e
il
suo
direttore
spirituale,
Padre
Vito
d'Amato,
testimoniano
un
itinerario
di
fede
luminoso.
Giovane
e
carina.
Chiara
Petrillo
aveva
tutto:
bellezza,
intelligenza,
eleganza.
E
una
fede
profonda.
È
morta
il
13
giugno
di
tumore,
a
38
anni.
Chiara
soprannominava
questa
malattia
"il
drago".
S'è
battuta
contro
lui
giorno
e
notte,
ma
ha
rimandato
il
trattamento
più
pesante,
prescrittole
dai
medici,
fino
alla
nascita
del
suo
terzo
bambino.
Per
preservarlo.
Enrico
Petrillo
e
Chiara
Corbella,
due
musicisti
italiani,
s'incontrano
durante
un
pellegrinaggio
in
2002.
Dopo
un
fidanzamento
lungo
"punteggiato
di
litigi
e
separazioni",
ricorda
Enrico,
ma
ricco
anche
di
ritiri
spirituali
e
d'una
solida
formazione,
si
sposano
il
21
settembre
2008
e
aspettano
una
figlia.
Presto,
i
medici
diagnosticano
alla
bimba
in
utero
un'anencefalia,
una
malformazione
congenita
e
fatale
del
sistema
nervoso
centrale.
La
coppia
rinuncia
all'aborto
che
viene
loro
proposto.
Maria
Grazie
Letizia
nasce.
Battezzata
da
Padre
Vito,
un
amico
francescano
e
direttore
spirituale
della
coppia,
parte
verso
il
Cielo
mezz'ora
più
tardi.
I
giovani
genitori
testimoniano
in
molte
occasioni,
nelle
parrocchie
e
le
associazioni
pro‐
vita,
della
loro
gioia
d'aver
accolto
fino
in
fondo
questo
bambino.
Qualche
mese
più
tardi,
un'altra
gravidanza.
La
prima
ecografia
rivela
che
il
piccolo
non
ha
le
gambe.
Poi
ci
si
accorge
che
gli
organi
interni
non
si
sviluppano.
Anche
Davide
muore
poche
ore
dopo
la
sua
nascita.
Infine,
una
terza
gravidanza.
Gli
esami
confermano
che
il
bimbo
sta
bene.
È
un
maschietto,
e
si
chiamerà
Francesco.
Ma
al
quinto
mese,
viene
annunciato
a
Chiara
che
la
ferita
apparsa
sulla
sua
lingua
è
in
realtà
un
tumore
maligno
aggressivo.
La
giovane
donna
decide
di
rimandare
il
trattamento
pesante
propostole
dai
medici.
Si
accorda
coi
medici
e
riesce
a
rimandare
l'intervento
chirurgico
all'ottavo
mese.
Il
30
maggio
2011,
la
nascita
di
Francesco
viene
stimolata.
Chiara,
dopo
l'intervento,
comincia
la
chemioterapia
e
la
radioterapia.
L'aprile
scorso
le
viene
fatto
sapere
che
nessuna
terapia
sarà
più
utile.
È
la
fase
terminale
della
malattia.
"Ma
ero
l'unico
a
sapere
che
l'ultima
data
era
vicina,
precisa
Enrico.
Chiara
m'aveva
chiesto
de
non
svelarle
nessuna
prognosi
affinché
potesse
continuare
a
vivere
liberamente,
nell'istante
presente,
senza
dare
presa
all'avversario."
Sfinita,
avendo
perso
il
suo
occhio
destro,
decide
nondimeno
con
Enrico
di
compiere
un
pellegrinaggio
mariano
per
chiedere
alla
Vergine
di
aiutarli
a
accogliere
la
grazia
del
Signore,
qualsiasi
questa
fosse.
Duemila
persone
al
suo
funerale
Il
12
giugno,
intuisce
che
la
sua
ultima
ora
si
avvicina.
Avvertito,
Padre
Vito
accorre
e
raggiunge
Roma
nella
notte.
Arriva
dai
Petrillo
all'una
di
notte
e
celebra
subito
l'eucaristia
davanti
alla
coppia
e
a
qualche
membro
della
famiglia.
Il
Vangelo
è
quello
del
"sale
della
Terra
e
luce
del
mondo".
Il
frate
sottolinea
che
la
Luce
è
Gesù,
poi
chiede
a
Chiara
qual
è
il
candelabro.
Lei
risponde
"la
Croce".
Il
francescano
conclude
"Se
tu
irradi
luce
in
questo
modo,
Chiara,
è
perché
sei
sulla
Croce
con
Lui."
La
giovane
donna
si
spegne
l'indomani,
a
mezzogiorno.
Enrico
chiede
che
sia
rivestita
del
suo
abito
da
sposa,
spiegando
che
"parte
verso
il
suo
Sposo,
quello
che
l'ama
molto
più
di
me".
Duemila
persone
assistono
ai
funerali
di
Chiara,
tre
giorno
dopo,
nella
parrocchia
di
Santa
Francesca
Romana
a
Roma.
La
liturgia
non
è
quella
dei
defunti,
ma
quella
della
Vergine
Maria,
alla
quale
la
coppia
si
consacrava
ogni
mattino.
Il
Cardinale
Agostino
Vallini,
vicario
generale
di
Roma,
assiste
semplicemente
alla
Messa
per
lasciare
a
Padre
Vito
di
celebrare,
secondo
la
volontà
di
Chiara.
I
canti,
composti
da
Enrico,
sono
quelli
del
loro
matrimonio."Questo
ha
sicuramente
contribuito
all'atmosfera
gioiosa
e
piacevole
che
regnava
durante
la
celebrazione,
dice.
Al
punto
che
alcuni,
entrando
in
chiesa,
hanno
creduto
essersi
sbagliati
d'indirizzo!"
Il
piccolo
Francesco,
con
l'incoscienza
di
un
bimbo
di
un
anno,
corre
tra
i
banchi.
Un
giorno,
potrà
ascoltare
la
lettera
che
sua
madre
gli
ha
scritto
una
settimana
prima
di
morire,
e
di
cui
suo
padre
legge
alcuni
estratti
al
microfono:
"Siamo
nati
un
giorno,
e
non
moriremo
mai
più.
Qualsiasi
cosa
tu
faccia
nella
vita,
non
scoraggiarti
mai,
figlio
mio:
se
Dio
ti
toglie
qualcosa,
è
per
darti
di
più.
È
bello
poter
disporre
di
esempi
di
vita
che
ti
ricordano
che
possiamo
raggiungere
il
massimo
della
gioia
già
qui,
su
questa
Terra,
lasciando
Dio
guidarci.
L'amore
è
la
sola
cosa
che
conta.
Lo
scopo
della
nostra
vita
in
terra
è
il
paradiso,
e
dare
la
vita
per
amore
è
qualcosa
di
così
bello.
Me
ne
vado
in
cielo
a
occuparmi
di
Maria
e
Davide;
tu
resta
con
babbo.
Da
lassù,
pregherò
per
voi.
Francesco,
il
Signore
t'ha
voluto
da
sempre
e
ti
mostrerà
il
cammino
da
seguire
se
gli
apri
il
cuore.
Dagli
fiducia,
ne
vale
la
pena.
Chiara,
tua
mamma".
La
Croce
è
leggera,
quando
la
si
vive
con
Cristo
Enrico
Petrillo,
il
marito
di
Chiara,
assieme
a
Padre
Vito
d'Amato,
hanno
accompagnato
la
giovane
donna
fino
in
fondo.
Entrambi
dicono
aver
visto
morire
una
donna
piena
di
speranza.
Enrico,
il
21
settembre
avresti
festeggiato
il
quarto
anniversario
di
matrimonio
con
Chiara.
Come
hai
vissuto
gli
ultimi
mesi
della
tua
sposa?
E.
Sono
stati
al
contempo
dolorosi
e
magnifici.
Chiara
sentiva
dolori
dappertutto,
ma
riuscivamo
ad
affrontare
il
quotidiano
assieme,
una
cosa
alla
volta.
La
nostra
vita
coniugale
non
ha
fatto
altro
che
approfondirsi
attraverso
la
prova.
Il
Signore
era
realmente
presente
tra
noi.
È
così
bello
essere
accompagnati
da
Cristo
stesso
sulla
nostra
croce!
Chiara
ha
potuto
trascorrere
le
sue
ultime
ore
con
Gesù
esposto
davanti
ai
suoi
occhi.
Ero
meravigliato
nel
vederla
così
innamorata
del
suo
divino
Sposo,
il
suo
amato
Gesù,
che
l'ama
molto
di
più
di
me!
Non
sei
geloso
di
Gesù?
E.
(Risate)
Non
posso
essere
geloso,
visto
che
l'amo
anch'io!
Ed
è
il
solo
Sposo
che
non
delude
mai...
Chiara
è
andata
verso
Colui
che
ama!
È
in
questo
amore
per
Cristo
che
attingeva
il
suo
amore
coniugale.
Padre
Vito,
come
spiega
la
gioia
ai
funerali
di
Chiara,
il
16
giugno?
P.V.
Come
il
compimento
di
una
preghiera.
Il
4
aprile,
quando
le
hanno
annunciato
che
la
medicina
non
poteva
più
fare
nulla,
Chiara
è
entrata
in
casa
e
ha
annunciato
la
notizia
alla
famiglia
e
agli
amici.
Tutti
hanno
fatto
una
faccia
da
funerale!
Allora
Chiara
ha
detto:
"Signore,
chiedimi
tutto,
ma
co'
'ste
facce,
non
ce
la
posso
fare!".
È
stata
esaudita:
non
ho
mai
visto
un
funerale
così
gioioso.
Non
dimenticherà
mai
nemmeno
la
messa
celebrata
da
loro
alla
vigilia
della
sua
morte...
P.V.
Certamente
no!
Alla
fine
della
messa,
Chiara
era
raggiante.
Era
come
Gesù
sulla
croce
che
dice
"Tutto
è
compiuto".
Non
abbiamo
visto
morire
una
donna
serena,
ma
una
donna
felice,
pienamente
felice.
Abbiamo
visto
ciò
che,
duemila
anni
fa,
ha
visto
il
centurione
che
ha
esclamato
"Costui
è
davvero
il
figlio
di
Dio".
Al
momento
della
morte
di
Chiara,
abbiamo
visto
Gesù
vivo
in
uno
dei
suoi
figli.
E.
Valeva
la
pensa
di
vivere
tutta
la
vita
solo
per
questa
messa.
Dopo
l'Eucarestia,
Chiara
ha
detto
a
ciascuno
quanto
l'amava.
Ogni
parola
era
per
lodare,
benedire,
rendere
grazie.
Qual
è,
secondo
voi,
il
segreto
della
sua
gioia?
P.V.
Il
suo
principio
di
vita:
non
dobbiamo
possedere
nulla
come
se
ci
fosse
dovuto,
ma
ricevere
tutto
come
un
dono.
Chiara
accoglieva
la
vita
come
un
dono...
e
sapeva
riconoscere
il
Donatore.
Ha
attraversato
situazioni
oggettivamente
molto
difficili:
ne
usciva
sempre
grazie
a
questo
gesto
d'abbandono,
con
il
quale
riconosceva
che
c'è
qualcuno
che
veglia
su
di
lei
e
che
ha
un
disegno
d'amore
sulla
sua
vita.
O
vivi
la
tua
esistenza
come
un
dono
e
la
doni,
o
vivi
in
una
ricerca
di
possesso
sempre
più
grande
e
quindi
nella
paura
di
perdere.
È
così
che
gli
altri,
perfino
il
proprio
figlio,
possono
finire
per
diventare
una
minaccia.
Cosa
direste
a
quelli
che
non
sentono
lo
stesso
coraggio?
P.V.
Vedere
come
Chiara
ha
compiuto
il
suo
viaggio
terreno
è
stato
per
me
un'immensa
lezione:
aveva
capito
che
siamo
fatti
per
la
vita
eterna
e
che
questa
comincia
quaggiù.
Guardandola,
ho
capito
che
un’esistenza
si
valuta
dalla
fine.
Chiara
è
morta
felice
perché
ha
visto
la
sua
vita
all'indietro,
non
rimpiangendo
nessuna
scelta
presa.
Testimoniava
spesso
che
se
avesse
abortito
Maria
avrebbe
avuto
un'ossessione
costante:
dimenticare
quel
giorno.
Mentre
la
sua
nascita,
come
quella
di
Davide,
è
stata
una
gioia
immensa!
È
per
questo
che
vi
auguro
una
bella
morte,
bella
come
la
sua.
Perché
conoscere
una
bella
morte
vuol
dire
aver
avuto
una
bella
vita.
Vi
auguro
di
vivere
come
figli
di
Dio
per
non
morire
mai.
E.
Avevo
da
tempo
nel
cuore,
come
una
domanda,
questa
frase
evangelica
dove
Gesù
afferma
che
il
suo
giogo
è
dolce,
e
il
suo
fardello
leggero.
Il
mattino
dell'ultimo
giorno,
verso
le
otto
del
mattino,
ho
osato
chiedere
a
Chiara
"Amore
mio,
ma
davvero
il
giogo
del
Signore
è
dolce?".
Respirava
e
parlava
a
fatica,
ma
ha
risposto
chiaramente,
sorridendo:
"Sì,
Enrico,
molto
dolce".
È
morta
a
mezzogiorno.
Sì,
abbiamo
visto
morire
una
donna
felice.
Amate
la
Croce?
E.
No,
non
amo
la
Croce,
e
Chiara
nemmeno.
Ciò
che
amiamo
è
Chi
è
sulla
Croce.
La
perla
preziosa
scoperta
lungo
questi
anni,
è
che
la
Croce
diventa
leggera
se
la
si
porta
con
Cristo.
E
che
non
è
così
brutta
come
la
si
dipinge,
se
ci
unisce
a
Lui!
Se
sai
che
Dio
vuole
amarti
nel
fuoco,
ebbene,
ti
butti
nel
fuoco!
I
vostri
primi
due
figli
erano
handicappati
e
sono
morti
molto
rapidamente.
Come
l'avete
vissuto?
E.
Come
una
prova
e
una
grazia.
Grazie
a
loro,
abbiamo
scoperto
che
non
c'è
una
reale
differenza
tra
una
vita
che
dura
mezz'ora
e
una
che
dura
cent'anni.
Dietro
questi
crucci
e
questi
drammi
si
nascondeva
una
grazia
più
grande
del
Signore,
che
ci
faceva
crescere
nell'amore.
E
noi
ci
innamoravamo
sempre
di
più,
a
ogni
volta...
Innamorati?
E.
Innamorati
l'uno
dell'altro,
e
innamorati
di
Gesù.
Il
suo
amore
non
ci
ha
mai
delusi.
Abbiamo
vissuto
una
vita
piena,
e
un
amore
più
forte
della
morte.
La
grazia
ricevuta
è
stata
di
non
mettere
limiti
alla
sua
grazia.
Abbiamo
detto
di
sì,
e
ci
siamo
aggrappati
a
Lui
con
tutte
le
nostre
forze.
Perché
quello
che
ci
chiedeva
era
più
grande
di
noi.
Non
potevamo
viverlo
da
soli.
Avete
parlato
della
guarigione
di
Chiara.
Ora,
non
è
stata
guarito.
Non
siete
arrabbiati
con
Dio?
E.
Ogni
giorno
abbiamo
pregato
per
questa
intenzione.
Ma
con
l'abbandono
di
non
sapere
che
cosa
fosse
meglio.
Quando
in
aprile
abbiamo
saputo
la
diagnosi
finale
di
Chiara,
ero
in
lacrime.
Chiara
mi
ha
detto:
"Enrico,
se
tu
sapessi
che
il
sacrificio
che
ti
è
proposto
può
salvare
dieci
persone,
lo
faresti?
‐
Sì,
lo
farei,
ma
soltanto
con
la
sua
grazie.
‐
Anch'io,
Enrico.
È
per
questo
che
prego
per
la
mia
guarigione,
ma
senza
davvero
sperarla".
Padre
Vito,
come
riassumerebbe
il
messaggio
spirituale
di
Chiara?
P.V.
Preciserei:
il
messaggio
di
Enrico
e
Chiara.
Chiara
si
è
consacrata
a
Gesù
attraverso
il
suo
dono
a
Enrico,
e
viceversa.
Hanno
mostrato
la
bellezza
e
il
limite
del
matrimonio
umano.
La
bellezza:
la
parola
coniugi
significa
"che
portano
il
medesimo
giogo".
Enrico
e
Chiara
hanno
portato
il
medesimo
giogo
in
Cristo.
Hanno
fatto
un'alleanza
con
un
alleato
molto
potente:
con
Lui,
hanno
percorso
dei
sentieri
inaccessibili
con
le
nostre
sole
forze.
Il
limite:
il
vero
matrimonio
è
quello
tra
il
Creatore
e
la
sua
creatura.
Siamo
tutti
destinati
all'unione
con
Lui.
E
se
il
Cristo
è
lo
Sposo
della
Chiesa,
lo
è
anche
di
ciascun
anima.
Il
rito
del
matrimonio
insiste
sul
valore
dell'amore
umano
come
icona
dell'amore
divino,
e
sottolinea
fino
a
che
punto
Dio
invita
gli
sposi
a
amarsi
per
dare
loro
parte
un
giorno
al
suo
amore
eterno.
Chiara
è
arrivata
al
matrimonio
con
Dio
attraverso
il
suo
matrimonio
umano.
E.
Quando,
il
mattino
del
13
giugno,
abbiamo
sentito
che
era
la
fine,
abbiamo
mandato
un
sms
ad
alcuni
preti
e
amici
perché
pregassero
per
noi
in
queste
ore
ultime.
Guardando
Chiara,
non
ho
potuto
che
scrivere
"Le
lampade
sono
accese.
Aspettiamo
lo
Sposo".
Noi
eravamo
pronti,
lo
Sposo
è
venuto.
Si
può
avere
la
tentazione
di
pensare
"È
molto
bello,
ma
è
troppo
per
me".
P.V.
Effettivamente
è
una
grande
tentazione
quella
di
dirsi
"È
roba
per
santi!"
Ma
bisogna
ricordarsi
che
Chiara
e
Enrico
sono
arrivati
a
questo
progressivamente,
e
che
il
Signore
li
ha
condotti
passo
dopo
passo.
Avevano
adottato
la
regola
delle
tre
P:
i
"piccoli
passi
possibili".
Spesso,
di
fronte
a
eventi
che
ci
superano,
pensiamo
che
saremo
incapaci
di
viverli.
La
tecnica
di
Chiara
era
di
fare
ciò
di
cui
era
capace,
a
quel
momento,
senza
lasciarsi
sommergere
dalla
paura
del
domani.
Il
Signore
non
ci
chiede
di
cambiare
l'acqua
in
vino,
ma
di
riempire
le
giare.
La
Chiesa
propone
a
ciascuno
la
santità:
vivere
come
figli
di
Dio.
Ciascuno,
a
modo
suo,
risponde,
passo
dopo
passo.
Enrico,
come
parlerai
a
Francesco
di
sua
madre?
E.
Ogni
mattino
recitiamo
davanti
alla
sua
foto
(la
chiama
mamma!)
la
consacrazione
a
Maria
che
dicevo
con
Chiara.
Più
tardi,
proverò
a
dirgli
"La
cosa
più
importante
nella
vita
è
di
lasciarsi
amare,
per
potere
amare
e
morire
felici.
È
quello
che
tua
madre
ha
vissuto
pienamente".
S'è
lasciata
amare,
e,
in
un
certo
senso,
credo
che
ora
stia
amando
il
mondo
intero.
La
sento
più
viva
che
mai.
Il
fatto
di
vederla
morire
felice
è
per
me
non
soltanto
un'enorme
consolazione,
ma
la
disfatta
della
morte:
la
certezza
che
"dall'altra
parte"
c'è
qualcosa
di
sublime
che
ci
aspetta.
Ecco
le
parole
del
Cardinale
Agostino
Vallini,
vicario
generale
di
Roma,
alla
fine
dei
funerali
di
Chiara
Petrillo.
"La
vita
è
come
un
arazzo,
di
cui
non
vediamo
che
il
rovescio,
il
lato
pieno
di
fili
in
disordine;
ma
ogni
tanto
la
fede
ci
permette
di
sollevarne
un
lembo...
Chiara
ci
lascia
una
grande
lezione
di
vita,
una
luce,
un
frutto,
il
frutto
di
un
meraviglioso
disegno
di
Dio
che
ci
sfugge
ma
che
è
là.
Non
so
che
cosa
Dio
abbia
preparato
per
noi,
per
la
città
di
Roma,
per
il
mondo,
attraverso
questa
nuova
Beretta
Molla
[canonizzata
nel
2004],
ma
certamente
è
qualcosa
che
non
abbiamo
il
diritto
di
lasciare
passare;
ecco
perché
siamo
invitati
a
raccogliere
quest'eredità
che
ci
ricorda
come
dare
il
giusto
valore
a
ogni
gesto
quotidiano,
anche
il
più
piccolo."