Perelun, il Bosco Notturno - Campus
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Perelun, il Bosco Notturno - Campus
© Mondadori Education Michael Ende Perelun, il Bosco Notturno – Mia Fiordiluna! – esclamò Bastiano a voce bassa nell’oscurità. – Vengo! Fiordiluna! – Sentiva emanare1 da quel nome una indescrivibile dolcezza e una grande forza consolatrice, che gli colmavano il cuore. – Fiordiluna! Fiordiluna! Vengo, Fiordiluna! Sono qui! Ma dov’era? Non riusciva a scorgere il più tenue2 bagliore di luce, tuttavia quello che lo circondava non era più il buio gelido della soffitta, ma un’oscurità calda e vellutata in cui si sentiva protetto e felice. Ogni paura, ogni senso di oppressione3 erano scomparsi, e della paura si ricordava soltanto come di qualcosa di vago4, che apparteneva a un passato lontanissimo. Si sentiva l’animo così lieto e leggero che si trovò persino a ridere piano fra sé. – Fiordiluna, dove sono? Non sentiva più il peso del proprio corpo, tastò5 intorno con le mani e si rese conto di essere sospeso nell’aria. Sotto di lui non c’erano più le vecchie stuoie e nemmeno il solido pavimento della soffitta. Era una sensazione meravigliosa e mai conosciuta, un senso di leggerezza, uno sciogliersi in una libertà senza confini. Forse che era sospeso nell’universo? Era forse morto? – Fiordiluna, dove sei? E in quel momento udì la tenera voce di uccellino che gli rispondeva. La udì vicinissima, ma non avrebbe potuto dire da che direzione venisse. – Sono qui, Bastiano mio. – Fiordiluna, sei tu? Lei rise, in quella sua strana maniera, con un riso che pareva un canto. – Chi altri potrebbe essere? Questo bellissimo nome me lo hai appena dato tu. Te ne ringrazio. Sii il benvenuto, mio salvatore e mio eroe. – Dove siamo, Fiordiluna? – Io sono con te e tu con me. Era come un dialogo in sogno, eppure Bastiano era assolutamente sicuro di essere sveglio e di non star sognando. – Dov’è Fantàsia, Fiordiluna? Dove sono tutti gli altri, Atreiu e Fùcur? È tutto scomparso? E il Vecchio della Montagna Vagante e il suo libro? Non c’è più nulla di tutto questo? 1. emanare: provenire. 2. tenue: leggero. 3. senso di oppressione: senso di peso, di disagio. 4. vago: incerto, non ben definito. 5. tastò: toccò delicatamente con le mani per accertarsi di qualcosa. – Fantàsia rinascerà dai tuoi desideri, Bastiano mio. E grazie a me, essi si muteranno in realtà. – Dai miei desideri? – ripeté Bastiano sbalordito. – Tu lo sai bene – udì la dolce voce, – che mi chiamano la Sovrana dei Desideri. Che cosa desideri? Bastiano rifletté un momento e poi domandò cauto: – Quanti desideri ho a disposizione? – Quanti ne vuoi. Quanti più sono, tanto meglio è, Bastiano mio. Tanto più ricca e multiforme diventerà Fantàsia. Bastiano si sentì sopraffatto dalla sorpresa. Ma proprio perché d’improvviso si trovava di fronte a una simile illimitatezza di possibilità, non gli veniva in mente nulla di preciso da desiderare. – Non saprei –, disse alla fine. Per un momento tutto fu silenzio, poi egli udì di nuovo la tenera voce d’uccellino: – Questo è male. – Perché? – Perché in tal caso non ci sarà più Fantàsia. Bastiano tacque confuso. Sentire che tutto dipendeva da lui turbava un po’ il sentimento di sconfinata libertà che provava. – Perché è così buio, Fiordiluna? – domandò. – Il principio è sempre buio, Bastiano mio. – Mi piacerebbe tanto vederti ancora una volta, Fiordiluna, sai, come in quel momento in cui mi hai guardato. Di nuovo udì il lieve riso cantante. – Perché ridi? – Perché sono contenta, hai appunto espresso il tuo primo desiderio. Allunga la mano. Lui tese la mano e sentì che qualcosa gli si posava sul palmo aperto. Qualcosa di piccolissimo ma greve da cui emanava una sensazione di gelo. – Che cos’è, Fiordiluna? – Un granello di sabbia –, rispose lei. – È tutto ciò che è rimasto del mio Regno. Te lo regalo. – Grazie –, mormorò Bastiano stupito. Mentre stava ancora chiedendosi che cosa Fiordiluna si aspettasse da lui, avvertì d’un tratto un lievissimo pizzicore sul palmo della mano. Osservò attentamente. – Guarda, Fiordiluna! – sussurrò. – Comincia a luccicare. Fiordiluna, ma questo non è un granello di sabbia! È un seme luminoso che comincia a germogliare! – Ben fatto, Bastiano mio! – la udì esclamare. – Vedi, per te è molto facile. Dal puntolino sul palmo di Bastiano saliva un lievissimo bagliore, che andava rapidamente crescendo e che gettava un raggio di luce a illuminare i due volti infantili, così diversi fra loro, chini sul miracolo. Bastiano ritirò lentamente la mano e il punto luminoso restò sospeso nell’aria, tra loro due, come una minuscola stella. Il germoglio cresceva molto rapidamente. Buttava foglie e rami, formava delle gemme che poi si aprivano in meravigliosi fiori multicolori, luminosi e fosforescenti. E già si formavano piccoli frutti che, appena maturi, esplodevano come razzi in miniatura, diffondendo intorno una pioggia di minuscoli semi. E dai nuovi semi nascevano nuove piante. E ciascuna brillava e luccicava di un colore diverso. Ben presto intorno a Bastiano e a Fiordiluna, sopra e sotto di loro e da ogni lato, tutta l’oscurità di velluto fu colma di rigogliose piante lucenti. Una palla di fuoco di mille colori, un mondo appena nato che cresceva e cresceva, splendente, sospeso nel nulla. E nel cuore del suo interno sedevano Bastiano e Fiordiluna, che si tenevano per mano e guardavano con occhi pieni di meraviglia quello straordinario spettacolo. Man mano che crescevano, le piante prendevano forme sempre nuove e diverse, in una inesauribile ricchezza di colori. E tutto quel crescere e fiorire si compiva nel più profondo silenzio. Dopo un po’ alcune piante avevano già raggiunto l’altezza di un girasole, altre erano già alte come alberelli da frutta. C’erano pennelli e ventagli di foglie di un bel verde smeraldo e fiori che parevano code di pavone. Altre piante facevano pensare a pagode formate da ombrelli di seta violetta, aperti l’uno sopra l’altro. Alcuni grossi tronchi si attorcigliavano a treccia e, poiché erano trasparenti, parevano strutture di vetro rosa, illuminate dall’interno. E c’erano cespugli fioriti che rammentavano enormi grappoli di lampioncini gialli e azzurri. Altrove, invece, pendevano dall’alto migliaia e migliaia di piccole stellarie che ricadevano come cascate d’argento; oppure scendevano tendaggi di campanule d’oro scuro, con lunghi calici a nappa. E sempre più fitta cresceva questa luminosa vegetazione della notte, formando pian piano un sontuoso tappeto di morbida luce. – Devi dargli un nome! – sussurrò Fiordiluna. – Perelun, il Bosco Notturno, – disse. Fissò l’Infanta Imperatrice negli occhi. Restò lì a fissarla, senza riuscire a staccare gli occhi dal suo viso. La prima volta che l’aveva vista era malata da morire, ma adesso era ancora cento e cento volte più bella. Il suo abito strappato era tornato nuovo, e sull’immacolato6 candore della seta e dei lunghissimi capelli si rifletteva la luminosità di quelle mille tenere luci. Il suo desiderio era stato esaudito. – Fiordiluna –, balbettò Bastiano stordito, – adesso sei davvero guarita? Lei sorrise. – Non lo puoi vedere, Bastiano mio? Bastiano tacque. Non voleva altro che stare lì davanti a lei e guardarla. Bastiano non badò più a quello che accadeva fuori. Non sapeva che Perelun intanto continuava a crescere e crescere, e le singole piante a ingrandire. Lui se ne stava lì, assorto nella contemplazione di Fiordiluna. Quando lei gli coprì gli occhi con la mano, non avrebbe saputo dire se era passato molto tempo o solo un istante. – Perché mi hai fatto aspettare tanto prima di venire? Perché non sei venuto quando ti ho chiamato? Bastiano deglutì. 6. immacolato: bianco. – È stato perché –, riuscì a balbettare con grande imbarazzo, – ... pensavo... è stato un po’ di tutto, anche paura... ma in realtà era che mi vergognavo di comparire davanti a te, Fiordiluna. Lei ritrasse la mano e lo guardò meravigliata. – Ti vergognavi? E per qual motivo, poi? – Be’, capisci –, buttò fuori a fatica Bastiano, – voglio dire, tu certamente ti aspettavi qualcuno che fosse adatto a te. – E tu –, domandò lei, – non saresti adatto a me? – Voglio dire –, balbettò Bastiano, – volevo dire uno appunto all’altezza, uno coraggioso, forte e bello... un principe o qualcosa di simile. In ogni modo non uno come me. Ci fu un lungo silenzio e quando finalmente Bastiano trovò il coraggio di alzare nuovamente gli occhi, vide che lei era vicinissima e si chinava sopra di lui. Il suo volto era serio. – Voglio mostrarti qualcosa, Bastiano mio –, gli disse, – guardami negli occhi. Bastiano ubbidì, sebbene il cuore gli battesse forte e si sentisse girare la testa. E ora, nello specchio d’oro delle sue pupille, dapprima ancora piccina, come a una grande lontananza, poi via via più vicina, vide una figura che ingrandiva e si avvicinava, facendosi sempre più chiara. Era un ragazzo, press’a poco della sua stessa età, ma snello e di straordinaria bellezza. Il portamento era fiero e stava a testa alta, il volto dai nobili lineamenti, sottile e virile. Assomigliava a un giovane principe d’Oriente. La cosa più bella di quel ragazzo erano le mani, dalle dita lunghe e sottili, nobili e delicate e al tempo stesso straordinariamente forti. Incantato e pieno di ammirazione, Bastiano fissava l’immagine. Voleva giusto chiedere chi fosse quel bellissimo figlio di re quando, come il bagliore di un lampo, lo trapassò la consapevolezza di essere lui. Quella era la sua immagine riflessa negli occhi d’oro di Fiordiluna. Ciò che avvenne in quel momento in lui è assai difficile da descrivere a parole. Fu un rapimento, un’estasi che lo trasportò fuori da se stesso, portandolo lontano, come se avesse perso conoscenza, e quando ebbe fine ed egli fu tornato in sé si ritrovò esattamente quel bellissimo fanciullo di cui aveva visto l’immagine. Si guardò da capo a piedi e tutto era realmente come aveva visto riflesso negli occhi di Fiordiluna. Si volse verso Fiordiluna. Lei non c’era più! Era solo, in quello spazio circolare che lo scintillio della fitta vegetazione gli aveva formato intorno. – Fiordiluna! – chiamò in tutte le direzioni. – Fiordiluna! Ma non ricevette risposta. Perplesso restò lì e sedette. Che cosa doveva fare ora? Perché lei lo aveva lasciato solo? Mentre rifletteva, tentando di capire che cosa poteva aver indotto Fiordiluna ad abbandonarlo senza spiegazione e senza una parola di addio, le sue dita giocherellavano con un amuleto d’oro che gli pendeva dal collo, appeso a una catena. Era AURYN, il Gioiello, lo Splendore, l’insegna dell’Infanta Imperatrice, che dava a chi lo portava l’autorità di suo rappresentante! Fiordiluna aveva lasciato a lui il suo potere su tutte le creature e le cose di Fantàsia. E fintanto che avesse portato quell’amuleto, sarebbe stato come se lei gli fosse accanto. Bastiano osservò a lungo i due serpenti, quello scuro e quello chiaro, che si mordevano la coda formando così un ovale. Poi voltò il medaglione e con sua grande sorpresa trovò sulla faccia posteriore una scritta. Erano quattro brevi parole in lettere a svolazzi: Fa’ ciò che vuoi Quelle parole esprimevano il permesso, no, anzi, l’invito a fare tutto ciò che voleva. Bastiano si accostò alla parete di fitta vegetazione per vedere se poteva attraversarla, e constatò con piacere che la si poteva scostare senza fatica, quasi fosse un tendaggio. Passò oltre. La crescita delle piante notturne era continuata per tutto quel tempo, dolce e al tempo stesso terribilmente impetuosa, e Perelun era diventato un bosco quale, prima di Bastiano, nessun occhio umano aveva mai potuto vedere. I tronchi più grossi erano alti e larghi quanto dei campanili, eppure continuavano a crescere, crescevano, crescevano e non la smettevano mai. E intanto i granelli continuavano a cadere come una pioggia di scintille. Bastiano si preoccupò dapprima di non calpestare uno solo dei germogli scintillanti che giacevano al suolo, ma ben presto si avvide che era impossibile. Così alla fine decise di non preoccuparsi troppo e si mise a camminare là dove i grossi tronchi gli offrivano un varco. Bastiano gioiva di essere bello. Il fatto che non ci fosse nessuno ad ammirarlo non lo disturbava. Al contrario, era contento di avere quel piacere tutto per sé. Non gli importava assolutamente nulla dell’ammirazione di coloro che nel passato avevano riso di lui. Ora non più. Pensava a loro quasi con un sentimento di compassione. Ma poi, a poco a poco, la gioia di essere bello si trasformò in un’altra sensazione: divenne qualcosa di naturale, di ovvio. Non che per questo fosse meno felice, ma aveva l’impressione di non essersi mai conosciuto diverso da così. C’era per questo un preciso motivo, che Bastiano solo molto, molto più tardi avrebbe potuto comprendere. Grazie alla bellezza che gli era stata donata, dimenticò cioè a poco a poco che un tempo era stato grassoccio e con le gambe storte. Gli parve di essere sempre stato come era adesso. Ora voleva anche essere forte, più forte di chiunque altro. Il più forte in assoluto! Mentre continuava a inoltrarsi nel Bosco Notturno, cominciò ad avvertire un senso di fame. Colse qua e là degli strani frutti luminosi, e li assaggiò cautamente7 per vedere se erano mangiabili. Altro che mangiabili! constatò con grande soddisfazione. Avevano un gusto squisito, alcuni dolci, altri asprigni, alcuni leggermente 7. cautamente: con prudenza. amarognoli, ma tutti molto appetitosi. Continuando a camminare, ne mangiava uno dopo l’altro, e intanto sentiva una meravigliosa energia dilagargli per tutto il corpo. Nel frattempo il luminoso sottobosco intorno a lui si era fatto così fitto da togliergli completamente la vista del mondo circostante. Continuò così ad avanzare, ma a un certo punto un muro di alberi giganteschi gli tagliò la strada; i tronchi erano così fitti da non lasciare passaggi. Bastiano afferrò con le mani due tronchi e li piegò, scostandoli l’uno dall’altro. Dietro di lui subito l’apertura si rinserrò senza rumore. Bastiano emise un selvaggio grido di trionfo. Era il signore della foresta! Per un po’ di tempo si divertì ad aprirsi un varco in quella foresta vergine, poi lo colse la voglia di contemplare Perelun, il suo regno, dall’alto, per vedere fin dove si estendeva. Guardò con occhi attenti sopra di sé, si sputò nelle mani, afferrò una liana e cominciò a salire, così, sollevandosi semplicemente, una mano dopo l’altra, senza neppure far uso delle gambe, come aveva visto fare dagli acrobati del circo. Come un’immagine sbiadita di tempi lontanissimi, si vide per un attimo durante le ore di ginnastica quando, con gorgogliante divertimento di tutta la classe, ciondolava come un sacco di patate all’estremità inferiore della fune. Gli venne da sorridere. Come sarebbero rimasti a bocca spalancata e col naso per aria, se avessero potuto vederlo in quel momento! Sarebbero stati fieri di averlo conosciuto. Ma lui adesso non si sarebbe neppure curato di loro. Bastiano guardò verso l’alto e vide che il tronco finiva a circa venti metri sopra di lui in un gigantesco fiore rosso cupo, di grande luminosità. Abbracciò strettamente il tronco e si arrampicò per gli ultimi venti metri come un acrobata. Giunse proprio sotto il fiore. Riuscì a infilare una mano fra i petali, trovando così un appiglio, li scostò l’uno dall’altro per farsi posto e si issò all’interno. La vista da lassù era grandiosa, al di là di ogni possibile descrizione! E Bastiano stava lì e si beava di quello spettacolo. Quello era il suo regno. Lui lo aveva creato! Lui era il signore di Perelun. Michael Ende, La storia infinita, Longanesi