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i n P RO S P E T T I VA P E R S O N A
M E N S I L E D I I N F O R M A Z I O N E E C U LT U R A
Anno XLIII - n.5 maggio-giugno 2016
Reg. n. 119 del 17-10-1974 - Tribunale di Teramo - R.O.C. n. 5615 del 18.06.2003
“Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1/ TE”
Brexit: disastro o opportunità?
L’uscita del Regno Unito dall’Unione
Europea è un evento epocale e richiede contromisure efficaci e tempestive per evitare trattative lunghe ed estenuanti, disastrose per gli
Inglesi e per l’UE. Bisogna prendere atto che
l’Europa così com’è non va, si deve registrare il
momento negativo legato alla Brexit e volgerlo
alla costruzione di un’Europa federale e con
poteri reali come era nel sogno degli Stati Uniti
d’Europa di Cattaneo, Rosmini, Gioberti,
Sturzo e Spinelli (il manifesto di Ventotene). È necessario che Francia e Italia si battano perché non prevalga la
tattica
attendista
della
Germania che propone di
aspettare due anni per trarre
le conclusioni sulla Brexit,
restando così nel peccato di
sempre: la incapacità di decidere, salvo l’emanazione di direttive inutili o dannose che arrivano
anche in Italia. Gli Inglesi per anni hanno rallentato il progresso dell’Europa, attenti sempre
e soprattutto ai propri interessi in ogni campo,
per cui due anni di trattative sono troppi: così
l’Ue è condannata a finire.
L’UE è la naturale erede della Comunità
Economica Europea, nata nel 1957 quando a
Roma venne firmato un trattato tra Italia,
Germania, Lussemburgo, Francia, Olanda e
Belgio. La Gran Bretagna, invece, è entrata solo
nel 1973, né poi ha adottato l’euro, e il suo
ingresso è stata un’indubbia conquista di portata storica per tutta l’Europa. Dopo l’immane
tragedia della seconda guerra mondiale si realizzava una grande operazione geopolitica che
univa tra loro i popoli. La collaborazione, nonostante le tante (e giuste) critiche ricevute negli
ultimi anni, ha assicurato per 70 anni a tutti gli
Europei un presente e un futuro di pace. Ci si
poteva dividere, pertanto, nella gestione (e la
Gran Bretagna ha goduto di alcuni privilegi!),
ma sull’appartenenza all’Unione non era assolutamente opportuno indire un referendum che,
nei fatti, è stato un vero disastro: la responsabilità ricade tutta su David Cameron. Il premier
conservatore britannico, spinto dal desiderio di
rafforzare la sua leadership, non ha tenuto
conto delle conseguenze. Si
è assunto la responsabilità di
un atto che nei fatti non ha
reso onore ai tanti inglesi
che riposano nei cimiteri
sparsi in Europa, uomini che
hanno lottato non solo contro l’oppressione nazifascista
ma anche per consegnare un
futuro di pace e libertà a tutti i cittadini europei.
Dopo la scossa Brexit, però, i 27 membri
rimasti potranno andare avanti a patto che decidano di guardare meno agli interessi particolari
di ciascuna nazione e maggiormente al bene
comune di tutti. Se il Consiglio dell’Europa non
fa lo scatto verso l’esercito unico, il Governo
effettivo dell’economia, del lavoro, dell’immigrazione, con i ministri reali che decidono per il
bene di tutti, per una solidarietà efficace verso i
più poveri e una politica di sviluppo per i giovani disoccupati di ogni paese, cresceranno le
spinte isolazioniste e populiste verso una balcanizzazione dalle conseguenze funeste e irreparabili. Gli Inglesi hanno voluto la Brexit? Noi
vogliamo gli Stati Uniti d’Europa e non una
Commissione che sta continuamente sotto il
ricatto dei banchieri e dei veti incrociati.
Politikon.
Un mondo d’amore
La legge sulle unioni civili ha scatenato
una bufera, aumentando la distanza tra il
mondo cattolico e quello laico, e non poteva
essere diversamente, se si considera che mai
come oggi l’amore di coppia è inteso in una
pluralità di modi assai differenti ed in contrasto fra loro.
Certo non è facile definire un sentimento
di cui tutti parlano anche troppo spesso, nei
trattati, al cinema, nella musica, nella poesia,
ma che in realtà ognuno intende come può,
come sa, e cioè in base al proprio carattere ed
alla formazione personale.
Le varianti spaziano dal “ci ameremo per
sempre, non ci lasceremo mai” al “che ne dici
di passare insieme il prossimo week-end”? In
mezzo ci sono infinite sfumature, che però
possono essere ricondotte essenzialmente a
due opinioni di base: per i cattolici l’amore è
un sentimento che diventa importante solo se
vissuto a lunga scadenza, con un progetto di
vita che darà i suoi frutti, cioè la famiglia,i
figli, in un percorso pazientemente affrontato
con dedizione e coraggio, seguendo un ideale
di stabilità e concretezza.
La visione laica vede invece l’amore come
un sentimento tout-court, basato su un’infinità di componenti, quelle che Goethe chiamava “le affinità elettive”, un’attrazione irresistibile che ci si augura di lunga durata ma
che può svanire “dans l’espace d’un matin”,
perché la materia di cui è fatta non è sempre
chiaramente definibile o utile per un progetto di vita insieme.(segue a p.2)
Quando i ladri
presero la città
Questa favoletta è del 1960. Dopo 56
anni è ancora attuale non perché
Flaiano fosse dotato di particolari doti
profetiche ma perché gli Italiani del
2016 sono creduloni quanto quelli del
1960.
Quando i ladri presero la città, il
popolo fu contento, fece vacanza e
bei fuochi d’artifizio.
La cacciata dei briganti autorizzava
ogni ottimismo e i ladri, come primo
atto del loro governo, riaffermarono
il diritto di proprietà. Questo rassicurò i proprietari più autorevoli. Su
tutti i muri scrissero: ‘Il furto è una
proprietà’. Leggi severe contro il
furto vennero emanate e applicate. A
un tagliaborse fu tagliata la mano
destra, a un baro la mano sinistra
(che serve per tenere le carte), a un
ladro di cappelli, la testa.
Poi si sparse la voce che i ladri rubavano. Dapprincipio, questa voce
parve una trovata della propaganda
avversaria e fu respinta con sdegno.
I ladri stessi ne sorridevano e ritennero
inutile
ogni
smentita
ufficiale.Tutto parlava in loro favore,
erano stimati per gente dabbene,
patriottica, ladra, onesta, religiosa.
Ora, insinuare che i ladri fossero
ladri sembrò assurdo.
Il tempo trascorse, i furti aumentavano, un anno dopo erano già imponenti, e si vide che non era possibile
farli senza l’aiuto di una grossa organizzazione.
E si capì che i ladri avevano quest’organizzazione. (segue a p. 2)
Disse la Verità alla Falsità:
“Io sono il sole e tu sei il fulmine.
Io illumino tu abbagli.
Io sono l’ora e tu sei l’attimo.
Per quanto tu possa anticiparmi
Io ti raggiungerò sempre”.
Ai lettori
La magnifica redazione de La
Tenda augura a tutti
BUONE VACANZE.
Ar...rileggerci a setttembre
Appunti e spunti
Un libro per l’estate
“Ignazio Silone - Percorsi di una coscienza inquieta” di Giulia
Paola Di Nicola e Attilio Danese (Effatà Editrice, To 2011)
Scritto a 4 mani dai coniugi Di Nicola e Danese, l’opera viene
maturata nell’arco di alcuni anni in cui infuriava la polemica, nata
intorno al 2000, sul caso Silone - delatore (prima con il fascismo e
poi, nel dopoguerra, con la CIA) vissuto nell’ambiguità e falsità per
buona parte della sua vita. A sostenere questa tesi, soprattutto gli
studiosi Biocca e Canali, contrastati da una schiera di oppositori
giustificazionisti tra cui Tamburrano, che hanno fatto esplodere un
vero e proprio conflitto di interpretazioni. Nella prefazione, gli
autori stessi esplicitano la finalità del loro lavoro: un’accurata e filologica indagine storica, biografica e letteraria durata quasi 5 anni
che ha portato gli autori al convincimento di un uso strumentale
della “spia”con i fascisti, per negoziare la scarcerazione del fratello
Romolo (accusato di partecipazione ad una strage a Milano) ed
evitargli la condanna a morte. Le indagini porteranno ad accertare
più tardi l’estraneità del fratello quando già sarà morto nel carcere
di Procida per torture che gli procurarono lesioni ai polmoni.
Secondino Tranquilli (lo pseudonimo più famoso fra i tanti assunti
da giovane, poi legalizzato) provò tutti i mezzi, leciti e riprovevoli,
per scagionare il fratello della cui sorte si sentiva responsabile, sia
perchè più grande (erano rimasti orfani presto di padre e madre),
sia perchè convinto che Romolo fosse segnalato e poi perseguitato
a causa sua. Si spiega con questo il motivo per cui il paragrafo
riguardante il fratello occupi una posizione centrale nell’economia
dell’opera, con il titolo Morire per Romolo, nell’ambito del capitolo
Terremoti interiori.
Di Nicola e Danese mettono in luce, attraverso documenti e
testimonianze dirette e indirette, che Silone non rivelò mai notizie
sostanziali tali da compromettere il partito e i compagni del PCI
dicui allora era dirigente, e comunque sempre in accordo con loro
sulle spiate non compromettenti.Nel paragrafo Un uomo, tanti
nomi, essi sottolineano inoltre come fosse prassi diffusa sotto la dittatura fascista, da parte degli oppositori politici, ricorrere a pseudonimi, ambiguità e clandestinità o all’espatrio come rifugiati politici. Secondino visse anche questa condizione in Svizzera, dove si
trovava quando si svolse il triste epilogo del destino sfortunato di
Romolo. Assoluzione piena per Secondino, dunque, da un’accusa
da p. 1 - Un mondo d’amore
La frattura appare insanabile: tutte e
due queste posizioni hanno qualcosa di
assai valido, infatti è giusto stabilizzare i
sentimenti in una vita concreta, ma è
altrettanto essenziale scegliere la persona che ti rende felice anche senza programmi ma per il
solo fatto di esistere e di rappresentare un unicum irripetibile.
La battaglia è
aperta e durissima: da una parte
si grida alla
degenerazione
dei costumi, alla
negatività
di
relazioni non sempre stabili, viste come
fluide, fumose, prive di connessioni col
tessuto sociale; dall’altra si rivendica la
libertà di scelta, il diritto di essere felici
al di fuori delle regole tradizionali, vissute come obblighi stabiliti in modo arbi-
2 la tenda n.5 maggio-giugno 2016
tanto infamante, considerato il contesto storico e biografico? Gli
autori lasciano il lettore libero di formulare un proprio giudizio
facendo parlare spesso direttamente i personaggi delle opere siloniane, le loro vicende,la morale ed il senso di giustizia che da essi
promanano. L’opera, infatti,che si propone come saggio per la ricostruzione scientifica di fatti di una vita intrecciata ad un’epoca
complessa e per lo stile pregnante della lucidità investigativa, si
rivela anche critica letteraria nell’analisi acuta e penetrante dei testi
da cui ricavare emblemi interpretativi di un’anima, di un uomo
dalla coscienza inquieta. Le citazioni testuali numerosissime ricostruiscono il percorso di un uomo che attraverso le ferite e i
dolori,le adesioni convinte a partito, chiesa e amore, ma successivamente anche il loro rifiuto e il distacco lacerante da ognuno di
essi, è rimasto in fondo sempre fedele ad un’unica chiesa, quella
non istituzionale del Vangelo e del Pater noster; ad un unico partito,quello non partitico della giustizia; ad un unico amore, quello
della fraternità e solidarietà.La sua stessa opera letteraria sconfesserebbe dunque qualunque ipotesi di doppiogioco per tradimento.
D’altra parte, dopo le polemiche del critico Bo riguardo al rapporto
tra scrittura e vita che sul “Frontespizio” lo portarono negli anni ‘30
a rifiutare la contaminazione dell’opera con la vita per la ricerca
della verità dell’arte”pura”, successivamente si affermò la linea dell’interscambio tra la letteratura e la biografia, e addirittura lo stesso
Bo confutò le sue precedenti teorie. Ormai è acclarato che la scrittura rifletta le vicende storiche e quelle personali, e perfino
Kandinsky, considerato l’iniziatore della pittura astratta, ebbe a
dichiarare: “L’artista non è il beniamino della vita; non ha il diritto di
vivere senza un compito, deve svolgere un lavoro duro, che spesso è la sua
croce. Deve sapere che le sue azioni, i suoi sentimenti, i suoi pensieri sono
il materiale sottile, impalpabile ma concreto che forma le sue opere.” E
dalla lettura delle opere di Secondino Tranquilli, condotti dall’abile
penna indagatrice e dalla sensibilità interpretativa dei due autori,si
evince che il compito di Silone nello scrivere non è nè estetico nè
politico o di protagonismo ma etico: la sua croce è “rivendicare la
libertà della ricerca della verità in contrapposizione ad ogni imposizione”, essi dicono, perchè “la coscienza è al disopra dell’ubbidienza”.
Elisabetta Di Biagio
trario solo da una parte della società.
E allora come fare? Forse la strada
per comporre queste diatribe può esistere, anche se lunga e faticosa, ma richiede di abbandonare i pregiudizi storici
che tutte e due le parti ostentano con
impudenza: una coppia ‘irregolare’ non
necessariamente
vive
immersa
nella concupiscenza più ottusa e volgare
come pure i
matrimoni ‘classici’ non sono
sempre ragionati
a tavolino oppure piatti ed in
fase di letargo
interminabile. Insomma,più comprensione e tolleranza reciproca… ma queste
cose non ce le siamo già dette un bel po’
di anni fa? Pazienza, ricominciamo a dircele
Lucylove
da p.1 - Quando i ladri presero la città
Una mattina, per esempio, ci si accorgeva
che era scomparso un palazzo del centro
della città. Nessuno sapeva darne notizia.
Poi sparirono piazze, alberi, monumenti,
gallerie coi loro quadri e le loro statue, officine coi loro operai, treni coi loro viaggiatori, intere aziende, piccole città.
La stampa, dapprima timida, insorse: sparirono allora i giornali coi loro redattori e
anche gli strilloni, e quando i ladri ebbero
fatto sparire ogni cosa, cominciarono a derubarsi tra di loro e la cosa continuò finché
non furono derubati dai loro figli e dai loro
nipotini.
Ma vissero sempre felici e contenti.
Nota. I compilatori di un libro di lettura per
le scuole elementari mi avevano chiesto una
favola arguta per bambini dai sette ai dieci
anni. Ho inviato loro questa favola, l’hanno
respinta cortesemente, dicendo che “non era
adatta”. Forse non è una favola arguta. O
forse non è nemmeno una favola
Ennio Flajano
CULTURA
W. Shakespeare. Tutto il resto è silenzio
Sulla tomba di William Shakespeare si legge vita (…) Shakespeare visse una vita che è
l’epitaffio :
un’Allegoria: le sue opere ne sono il commento”.
“Caro amico, per amore di Gesù, rinuncia
Al di là dei dubbi sorti riguardo all’autenticità
a scavare la polvere qui racchiusa.
dei suoi lavori e della sua stessa esistenza, quel
Benedetto chi risparmierà queste pietre
che di Shakespeare interessa all’umanità
Maledetto chi rimuoverà le mie ossa”.
Quando conto le ore che seguono il tempo
Sicuramente sono gli ultimi versi scritti
e vedo il glorioso giorno sprofondare
dal bardo di Strafford. Il 23 aprile 1616,
nell’oscura notte,
nel giorno dedicato a S. Giorgio patroquando vedo la viola sfiorire
no dell’Inghilterra, un gruppo di persoe i riccioli corvini striarsi di bianco;
ne accompagnava la salma del dramquando
miro gli alberi maestosi cedere le foglie
maturgo nel suo ultimo percorso terresotto
i
quali
riposarono gli armenti nella canicola
no lungo le strade di Strafford dov’era
ed il verde estivo tutto legato in covoni
nato 52 anni prima. Il corteo passò
ed essere portato ispido e bardato sui carretti,
davanti alla Grammar School da lui freallora pensando a te, temo per la tua bellezza
quentata per entrare infine nella Holy
ch’essa pure vada a stringersi tra i rifiuti,
Trinity Church. Le notizie biografiche
perché le cose dolci e belle immiseriscono
su W. Shakespeare sono quasi tutte
e muoiono cedendo il passo alle altre.
controverse, accumulate nei secoli graNulla vale contro la falce del tempo
zie allo zelo di ammiratori, studiosi e
se non generare, per sfidarlo quando colpisce.
propalatori di fantasie poco serie e non
Sonetto XII
sempre oneste.
Nel 1616, dei 154 sonetti e delle
37opere teatrali da lui composte, solo
18 lavori erano stati pubblicati e la prima edi- sono le opere e nient’altro che le opere. Il
zione ufficiale, il First Folio, verrà stampata genio del bardo dell’Avon è fuori discussione,
nel 1623. Mancano purtroppo diari, appunti la sua poetica e la sua poesia insuperabili e la
e altri testi importanti sotto il profilo biogra- prova è data dalla costante popolarità nel
fico. Nella sua storia della letteratura inglese tempo. Da 400 anni le sue tragedie e commeil critico traduttore Mario Praz riporta le die sono continuamente rappresentate in
parole di J. Keats: “La vita di un uomo, una vita tutto il mondo e considerate come una delle
di qualche rilievo, è una continua allegoria - e espressioni più alte dell’arte occidentale.
ben pochi possono scrutare il mistero della sua La sua influenza, scarsa nei drammaturghi
dell’epoca successiva e nei teatri del ‘700 e
dell’800, va cercata soprattutto nella presenza
di nuove strutture, nella ricchezza della
gamma e nell’uso ricco e diverso del lessico.
Chiunque sia comparso sulla scena letteraria
dopo di lui gli è debitore. L.P.
Per quanto si sa la vita di Shakespeare non ha
granché di interessante: figlio di un guantaio
frequentò le scuole nel suo villaggio, ma mancano testimonianze di un suo proseguimento
degli studi a livello universitario. Il drammaturgo suo contemporaneo Ben Jonson ebbe a dire
che “Shakespeare sapeva poco di latino e ancor
meno di greco”, anche se in seguito affermò che
“Giacomo I fu conquiso dai voli del cigno dell’Avon
non meno di Elisabetta” . Molto giovane sposò
una donna di otto anni più grande di lui ed
ebbe tre figli. Nel 1585 William lasciò frettolosamente Strafford per evitare un processo per
l’accusa di caccia fraudolenta nel terreno di un
aristocratico. Giunto a Londra iniziò a lavorare
nelle compagnie teatrali come guardiano dei
cavalli. Negli anni dal 1592 al 1594, anni in cui
le frequenti epidemie di peste portarono alla
chiusura dei teatri, forse Shakespeare fu
nell’Italia settentrionale per via di particolari
geografici e topografici presenti in diverse
opere.Fino al 1599 fu sicuramente a Londra
essendo coinvolto nella costruzionedel teatro
‘The Globe’, cointeressato nella gestione del
Black Friars e nella rappresentazione dei suoi
lavori anche come attore. Nel 1611 dopo aver
accumulato una piccola fortuna, si ritirò definitivamente a Strafford dove rimase fino alla
morte. L.P.
E Christo....camminò sulle acque!
È proprio così: Christo camminò sulle acque… del Lago d’Iseo.
Christo è un artista notissimo per aver ‘impacchettato’ con teli enormi e corde possenti, palazzi,monumenti, alberi e anche piccoli
oggetti ritenendo che qualunque cosa può essere degna delle attenzioni dell’arte. ‘Svelare occultando’ è la sintesi del suo ricreare sculture nuove usando ciò che già esiste - pensiamo al Reichstadt di
Berlino o al Pont Neuf di Parigi - o sfruttare luoghi naturali e trasformarli con l’inserimento di oggetti di vario genere- ricordiamo gli
ombrelloni colorati sparsi nelle valli del Giappone o le porte di stoffa leggerissima e colorata disseminate in Central Park a New York
o alla recentissima passerella giallo oro costruita sul lago d’Iseo per
congiungere la terraferma alle due isole del lago- seguendo la convinzione che “La scultura tradizionale crea il proprio spazio. *Noi
prendiamo uno spazio che non appartiene alla scultura e lo utilizziamo
per creare una scultura. I nostri progetti non nascono dalla fantasia. La
fantasia è qualcosa che troviamo al cinema o al teatro, è la nostra nozione immaginaria delle cose. Ma quando sentiamo il vento vero, il sole vero,
il fiume vero, la montagna, le strade- questa è realtà, ed è ciò che utilizziamo nel nostro lavoro. I nostri lavori si fanno portatori di quella realtà”.
Le creazioni di Christo sono, comunque e sempre, installazioni
temporanee: ‘durano’pochi giorni, vengono poi smontate e il materiale riciclato. La teporaneità è la cifra della sua idea di arte:
“Un’opera d’arte temporanea dà luogo a un sentimento di fragilità e vulnerabilità, all’urgenza di vedere e insieme alla consapevolezza dell’assenza, perché sappiamo che domani non ci sarà più. Il tipo di amore e tenerezza che gli esseri umani provano verso ciò che non è destinato a durare,
ad esempio l’amore e la tenerezza per l’infanzia e per la nostra vita, è ciò
che vogliamo infondere nel nostro lavoro come qualità estetica supplementare”. E ancora “Tutti i nostri progetti hanno una fortissima qualità, che
ricorda le tribù che si spostano; usando un materiale fragile si avverte una
maggiore urgenza di vedere quello che domani non ci sarà più…nessuno
può comprare questi progetti, nessuno può diventarne proprietario, nessuno li può commercializzare, nessuno può far pagare biglietti d’ingresso;
nemmeno noi possediamo queste opere. Il nostro lavoro è sulla libertà. La
libertà è nemica del possesso, e il possesso equivale alla permanenza. Ecco
perché l’opera non può rimanere”. Si comprende da queste affermazioni quanto Christo sia amato e contestato al tempo stesso: se si collega, infatti, l’ arte all’idea di ‘eternità’, di lascito alle future generazioni perché ne possano godere - quadri, sculture, palazzi creati nel
passato e ancor oggi fonte di emozione per chi guarda - la scelta di
Christo non è condivisibile. Nonostante restino bozzetti, disegni,
progetti, foto e filmati, l’esperienza emozionante di vederne concretamente la realizzazione è privilegio di pochi mentre gli altri guarderanno il catalogo dell’evento artistico e non è la stessa cosa! Tutti,
invece, possono almeno sperare di vedere (e stupire) la Pietà di
Michelangelo o le tele di Caravaggio.
Affascina, tuttavia, la perseveranza di questo artista ottantunenne
che, fuggito nel 1956 dalla chiusa e isolata Bulgaria comunista,
giunge a Parigi e poco dopo vola a New York e con grandissima
coerenza si impegna nel mettere in pratica la sua idea di arte.
Affascinano la genialità e l’originalità delle sue realizzazioni, la
varietà e la quantità di eventi per cui è annoverato tra gli artisti
contemporanei più conosciuti, amati e rispettati.
*Noi= Christo e Jean Claude, sua compagna nella vita e nell’arte
fin dal 1958, scomparsa nel 2009. A loro è dedicata un’ampia
monografia ‘Christo e Jean Claude’ di Jacoob Baal-Teshuva - ed
Taschen, che consiglio di leggere.
mdf
la tenda n.5 maggio-giugno 2016
3
PARLIAMO DI...
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Maria Montessori e la nascita della pedagogia scientifica
Il 1896 fu un anno importante non solo per Maria Montessori, ma
anche per tutto l’universo femminile: fu la prima donna in Italia a
conseguire la laurea in medicina. Maria era nata a Chiaravalle (An) il
31 agosto 1870 in una famiglia benestante che professava ideali risorgimentali ed era vicina al cattolicesimo rosminiano, che ammetteva
l’armonia tra fede e ragione. Manifestò ben presto propensione per
gli studi scientifici e, una volta laureata, si dedicò alle ricerche di
laboratorio nell’ambito batteriologico, microbiologico, psichiatrico,
ecc. Il clima culturale in cui si era formata Maria era il positivismo, la
corrente culturale che si era sviluppata nel periodo della rivoluzione
industriale. La trasformazioni economiche e sociali del tempo indussero un ripensamento sulle teorie e le pratiche educative tradizionali,
e in questo ambito si inserì la riflessione della Montessori, che affrontò il problema educativo con spirito scientifico, partendo dall’ esperienza maturata nella clinica psichiatrica dell’università di Roma,
dove si occupava dei bambini handicappati. Per il recupero di questi
bambini elaborò un progetto educativo che ottenne buoni risultati,
portando al recupero parziale, e in alcuni casi totale, dei bambini
“anormali”; da qui nacque una teoria pedagogica generale esposta nel
“Metodo della pedagogia scientifica”. Fondò in seguito la Scuola
Ortofrenica Magistrale, per la formazione delle maestre, di cui assunse la direzione, mentre il suo metodo riscuoteva larga risonanza non
solo in Europa ma anche in America. Nel 1907 fondò la prima Casa
dei bambini, nel 1924 fondò a Roma la Scuola Magistrale Montessori
e l’Opera Nazionale Montessori, che però vennero chiuse dal fascismo nel 1934, come anche tutte le scuole montessoriane, anche perché il metodo veniva a scontrarsi con i principi neoidealisti fatti propri dal regime. Si recò allora in India e tornò in Europa nel 1946, stabilendosi in Olanda, dove morì nel 1952.
Nel corso degli anni Maria approfondì i suoi studi sull’infanzia e pubblicò numerosi volumi, dove esponeva la sua visione del bambino
Lascia sempre vagare la fantasia,
È sempre altrove il piacere:
E si scioglie, solo a toccarlo, dolce,
Come le bolle quando la pioggia picchia;
Il film Ritorno a Brideshead(2008) è un’avvincente dramma di amori
inconfessabili, potere e tradimenti. Ispirato al romanzo Brideshead
revisited’ (1945) di Evelyn Waugh - opera che consacrò lo scrittore
al vasto pubblico - la pellicola pone subito lo spettatore di fronte a
due iceberg: la religione cattolica e la tematica omosessuaule, il che
appesantisce, a tratti, la densità narrativa della storia che comunque
resta sempre affascinante e coinvolgente.
Il protagonista Charles Ryider, tornato come militare in tempo di
guerra a Brideshead (Castello Howard, west Yorkshire), rivive con
nostalgia i giorni passati nel sontuoso palazzo della famiglia
Marchmain; il pensiero ritorna inevitabilmente al rapporto tra lui e
Sebastian, un raffinato omosessuale incontrato ad Oxford, e fra lui
e Giulia sorella di Sebastian. Charles si viene a trovare a contatto
con i vari membri della famiglia che usano la religione cattolica per
manipolare gli altri o si ribellano ad essa, come fanno Sebastian
destinato ad una fine sciagurata e suo padre che, professatosi sempre ateo , si pente in punto di morte. Il protagonista, inizialmente
attratto dallo stile di vita dei Marchmain e dallo sfarzo che lo circonda, individua ben presto le contraddizioni e l’ipocrisia della
upper class britannica degli anni ’20 e si rende conto, alla fine, che
amore e potere hanno un prezzo piuttosto alto da pagare. Ottime
le interpretazioni di Emma Thompson e Matthew Goode e Ben
Whishaw e impeccabili la scenografia e i costumi. Particolare non
trascurabile: a Castle Howard Stanley Kubrik girò alcune scene del
celebre Barry Lindon .
Evelyn Waugh (1903-1966) scrittore, biografo e saggista nato a
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come “padre dell’uomo”, intendendo con ciò che solo se si forma
bene l’infanzia si può ottenere un’umanità migliore. La sua immagine
dell’infanzia era positiva e ottimistica, infatti credeva nello sviluppo
spontaneo e nella grande disponibilità all’apprendimento dei bambini. Purché guidati da un metodo adatto. Il metodo montessoriano si
basava (e si basa) su alcuni principi fondamentali: i bambini devono
essere posti in un ambiente a loro misura; gli adulti devono essere
disposti ad ascoltare e ad “accompagnare” come angeli custodi, senza
imporre degli obblighi; devono educare soprattutto con l’esempio,
essere precisi e insegnare ai bambini la precisione; devono essere
sempre disposti a lodare i piccoli per aiutarli ad acquistare sicurezza;
devono aver fiducia nelle abilità dei bambini tenendo conto che nessuno è troppo piccolo per imparare e per operare autonomamente;
devono insegnare ad amare e a rispettare la natura. Nelle scuole
montessoriane i bambini avevano a disposizione oggetti adeguati alle
loro dimensioni ed erano impegnati in attività scelte da loro stessi; nel
contempo erano loro offerti degli elementi (giochi) strutturati in
modo da stimolare e indirizzare la loro intelligenza (p. es. vi era un
gioco ci elementi ad incastro che aiutava a capire il quadrato del
binomio). Montessori considerava fondamentale per lo sviluppo la
cura nei primi 3 anni di vita, l’età in cui il bambino sviluppa il movimento, il linguaggio e il pensiero, traendo da se stesso le risorse fisiche e psicologiche della sua natura. L’educatore non deve far altro
che lasciare sviluppare queste risorse ed energie, rispettando il naturale e spontaneo sviluppo fisico e psichico dei bambini e avviandoli
alla responsabilità e all’indipendenza. Le scuole montessoriane sono
state soppiantate dalla pedagogia delle cosiddette “scuole nuove”, ma
continuano ancora ad accogliere bambini e ragazzi dall’infanzia
all’adolescenza (scuole materne ed elementari), specialmente in
Umbria e nelle Marche.
Emilia Perri
Lasciala quindi vagare, lei, l’alata,
Per il pensiero che davanti ancor le si stende;
Spalanca la porta alla gabbia della mente,
E, vedrai, si lancerà volando verso il cielo.
J. Keats
Ritorno a Brideshead
4
Pianeta donna
Cinema e letteratura
Londra, appartiene a quella generazione di romanzieri che, pur
avendo raggiunto il massimo della notorietà nel periodo di transizione tra le due guerre, continuò a dedicarsi alla scrittura anche
dopo il secondo conflitto mondiale. Studente di Oxford, ben presto
agli studi preferì la vita lussuosa, gli eccessi nell’abuso dell’alcool, i
viaggi e le frequentazioni con studenti altolocati appartenenti
all’aristocrazia inglese. Dal 1927 si dedicò interamente alla letteratura suscitando subito grande interesse nel mondo letterario, e non
solo, con i romanzi Declino e caduta e Una manciata di polvere, opere
nelle quali Waugh denuncia la frivolezza e il cinismo della upper
class britannica con un a satira che, a detta del critico Mario Praz,
“ ha più mordente che in Huxley giungendo talora, alle crudeli profondità di Swift”.
Nel 1930 Waugh si converte al Cattolicesimo che, a suo dire, rappresentava l’ultima difesa contro’l’età oscura’ del welfare e della cultura delle masse. Diventa praticante e rigido nell’osservanza delle
regole; indifferente, quando non ostile, verso il prossimo, alla giornalista Nancy Mitford che gli obiettava come potesse conciliare
questo suo atteggiamento col fatto di definirsi cristiano, rispose che
“se non fosse stato cristiano’ sarebbe stato anche peggio”.
Inizialmente entusiasta del rinnovamento voluto da Giovanni
XXIII, accettò malvolentieri l’abbandono del latino nei riti religiosi.
Alcolizzato, morì nel giorno di Pasqua nell’aprile 1966; nello stesso
mese fu celebrata una messa in latino nella Cattedrale cattolica di
Westminster.
L.P.
Teramo e dintorni
5
Un saluto a Marco Pannella
Con Marco Pannella Teramo perde il suo prode cavaliere, il paladino dei deboli, degli emarginati e anche degli alternativi.
Alternativo lo era innanzitutto lui, infatti in un fisico imponente,
da elegante gentiluomo di campagna, aspetto questo che tradiva le
sue origini, fremeva tuttavia una vena popolare e battagliera, e
insieme affettuosa e confidenziale.
Parlava spesso in un buffo, arcaico dialetto teramano, per sentirsi
più ‘nativo’ di quelli che a Teramo erano rimasti e che ormai usa-
vano un accento diverso, ma la sua politica è stata sempre un
passo avanti, le sue proposte spesso controcorrente e, condivise o
meno che fossero, comunque fascinose e magnetiche come era lui.
Per oltre cinquant’anni ha incarnato una instancabile appassionata
tensione ideale, e forse questa è la cosa che di lui ci mancherà di
più, in questo mondo troppo tecnico e disincantato.
Vale
La redazione
Il Guinnes World Record di Carmine Di Giandomenico
Il teramano Carmine Di Giandomenico, affermatissimo disegnatore di fumetti a livello internazionale, è entrato nel libro
d’oro dei Guinnes dei Primati: ha infatti
realizzato ben 56 tavole (70×100 cm) in 43
ore, nemmeno due giorni.
Le matite appartengono al graphic novel
Oudeis, la sua opera prima come autore
completo. Nonostante la rapidità del suo
tratto (da record, è il caso di dirlo e adesso
si può) i disegni appaiono perfetti in ogni
singolo dettaglio, ed eleganti come il resto
della produzione artistica che ha contraddistinto la sua carriera.
La maratona si è tenuta al Teramo Heroes,
10-11-12 giugno nella Villa Comunale, durante la quale Di
Giandomenico ha realizzato l’intero tomo conclusivo della saga
di Oudeis - rilettura cyber-fantasy dell’Odissea di Omero.
Di Giandomenico ha largamente battuto il record del Guinnes
dei Primati detenuto da un artista americano di realizzazione di
22 tavole, di dimensione nettamente inferiori, in 48 ore.
La ‘sfida’ è nata dalla decisione dell’editrice
Saldapress, insieme con il disegnatore, di
rieditare in un unico volume, che raccoglierà i primi due volumi dell’opera, Oudeis, una
reinterpretazione ermetica e intimistica
dell’Odissea realizzata dall’autore di Teramo.
La storia si sviluppa con due chiavi di lettura prevalenti, una corrispondente ad un
mondo realistico ma fantascientifico e
parallelamente la dimensione psichica del
protagonista, un moderno Ulisse che dovrà re-impossessarsi
della sua memoria guidato da un clown di nome Ego e da
numerose visioni criptiche.
Amore e magia. Bastiano e Bastiana di W. A. Mozart
L’opera Bastien e Bastienne, nella versione italiana, è stata eseguita il 4
giugno presso la sede dell’associazione culturale “La rondine”, a cura del
Direttore artistico della scuola di canto lirico, Maestro Edvige Giusto. Gli
interpreti principali: Bastiana, Erica Marinozzi; Colas Benedetto Di
Curzio; Bastiano Edvige Giusto; orchestra da camera del Liceo
Scientifico “A.Einstein”; direttore Maestro Giuseppe Fabrizio.
Wolfgang Amadeus Mozart aveva appena 12 anni quando compose
l’opera breve “Bastien und Bastienne”, un singspiel (composizione
mista in cui si alternano recitativi parlati e arie cantate) che venne
rappresentato a Vienna Nel 1768 nella residenza del dottor Mesner.
Negli anni precedenti, a partire dal 1763, il piccolo Wolfgang era
stato condotto dal padre in varie città europee per un giro di concerti, e durante tali viaggi egli aveva assorbito varie influenze da musicisti italiani, francesi, tedeschi, arricchendo e perfezionando le sue
già cospicue conoscenze in tema di composizione. Prima di questo
singspiel, infatti, Mozart alternava l’attività concertistica alla composizione di brani sacri e profani, e aveva al suo attivo anche due composizioni di ampio respiro: l’oratorio “L’obbligo del primo comandamento”, composto per l’arcivescovo di Salisburgo, e “La finta semplice”, scritta su commissione dell’imperatore.
L’opera Bastien und Bastienne è una composizione breve di carattere
giocoso, dove non si riscontra la complessità né la caratterizzazione
dei personaggi delle opere maggiori, ma che già rivela l’impronta
“mozartiana”: accuratezza e perfezione stilistica, ricerca dell’equilibrio fra gli strumenti e le voci e tra le parti dei tre protagonisti, apparente facilità melodica che bene nasconde le difficoltà tecniche. Il
canto si dispiega lieve e armonioso, rivelando una spiccata individualità, che distingue questo lavoro dalle composizioni dei maestri
contemporanei e precedenti. Del resto essersi avvicinato allo studio
di vari strumenti e al belcanto di tradizione italiana, proiettava il giovanissimo Mozart verso la ricerca di un linguaggio sul piano strumen
tale, e in prospettiva sul piano drammaturgico, rispetto alla musica
barocca. L’opera racconta di una giovane, Bastiana, che piange il tradimento del fidanzato Bastiano, invaghito di una ricca castellana. La
giovane si dispera, ma ecco che dalla collina scende Colas, accompagnato dal suono di una cornamusa, che dice di saper leggere il
futuro e si spaccia per mago. Bastiana gli racconta la sua vicenda e
il mago la consola e le consiglia di essere più allegra, di farlo ingelosire, e aver fiducia perché Bastiano tornerà da lei. Bastiana si lascia
convincere e si allontana. Arriva poi Bastiano e Colas gli parla dell’amore della ragazza e della sua disperazione.
Il giovane, allora, si rende conto che sta per perdere l’amore di
Bastiana e vorrebbe riconquistarla. Egli chiede aiuto al mago, ma
questo gli dice che ormai è inutile perché la ragazza, grazie alla sua
magia, ha trovato un altro corteggiatore. Bastiano non si rassegna e
chiede a Colas di aiutarlo; il mago sfodera il suo libro di magia, recitando una formula magica, che dovrebbe riportare a Bastiano l’amore della fanciulla. Bastiana arriva poco dopo e finge di essere disperata, Bastiano le chiede perdono, ma lei si rifiuta di sposarlo.
La schermaglia continua per un po’, lui chiedendo di sposarla e lei
rifiutando, finché decidono di recarsi in città e cercare ciascuno un
nuovo innamorato.
Tuttavia non riescono a lasciarsi, così alla fine si abbracciano e decidono di riconciliarsi.
A questo punto torna
Di Ferdinando
in scena Colas e insieme a lui i due giovani
Vieni nel nostro salone
esultano per la ritroper scegliere la tua
vata felicità, non
nuova Toyota!
senza aver ringraziato
e lodato il mago per la
V. CAMELI 15/23 - TERAMO (TE)
sua saggezza.
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la tenda n. 5 maggio-giugno 2016
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MOLESKINE .
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Le stanze segrete di Sgarbi- mostra a Osimo (fino a ottobre)
“Lotto, Artemisia, Guercino. Le stanze segrete di Vittorio Sgarbi”
(Osimo, 18 marzo-30 ottobre 2016)
La mostra, allestita nel settecentesco Palazzo Campana di Osimo,
a cura di Pietro Di Natale sotto la guida di Sgarbi, espone per la
prima volta più di cento opere d’arte fra tele, sculture, disegni, provenienti dalla casa paterna del critico a Ro Ferrarese, dove in circa
trenta anni è stato accumulato un tesoro di oltre 4000 pezzi preziosi. La collezione è frutto di “una ricerca senza fine”, come dice
nel catalogo lo stesso titolo dell’introduzione di
Sgarbi, che definisce la sua passione come
“un’avventura, una battuta di caccia, una forma
di gioco, anche d’azzardo”. Coadiuvato in questo dalla madre, Rina Cavallini, che partecipava
alle aste per lui e aveva il fiuto della rarità e della
convenienza, cogliendo a volo l’attimo più
opportuno di “quando entrare e quando uscire”,
come afferma lei stessa in uno scritto esplicativo. A lei, madre severa ma intelligentissima, a
detta del figlio, la dedica della mostra proprio
nella prima sala, all’inizio del percorso espositivo:“A mia madre
Rina Cavallini, che ha risposto ad ogni mia richiesta. Ed è qui, in
Paradiso, tra queste stanze.” Accanto, un’aquila di terracotta di
Niccolò dell’Arca, datata 1478, l’ultimo acquisto della madre
prima di morire pochi mesi fa. “È stata la mia principale complice
nell’ossessione di acquistare opere d’arte”, dice il critico, una storia
iniziata 30 anni fa come una vera e propria caccia, “seguendo l’impulso di un dongiovannismo collezionistico” che lo ha portato a
cercare e volere “soltanto ciò che non c’era”, perchè “non si trova
quello che si cerca, si cerca quello che si trova”.
La caccia all’arte figurativa era stata preceduta da quella al libro,
ereditata dal padre, imprenditore edile ma grande lettore e collezionista di romanzi. Anche di questa passione c’è testimonianza
nelle sale espositive: una raccolta,altrettanto preziosa, di testi rari,
dal’400/’500 all’Ottocento su arte e architettura.
I dipinti, i disegni e le sculture sono stati selezionati secondo il cri-
Libro in vetrina: Il buio sconfitto
di G.P.Di Nicola e A. Danese - ed. Effatà, Torino
Il nuovo lavoro, appena uscito in libreria, di Giulia Paola Di Nicola e
Attilio Danese, analizza cinque relazioni matrimoniali: Charlotte
Baudouin e Charles Péguy, Raissa Oumançoff e Jacques
Maritain,Francesca Romani e Alcide De Gasperi, Mya Salvati e Igino
Giordani, Adrienne von Speyr e Hans Urs von Balthasar. Di seguito un
estratto dell’introduzione scritta dagli autori.
Questo libro è nato dalla curiosità e dall’ammirazione per il modo in
cui alcuni sposi hanno vissuto l’amore reciproco. Abbiamo voluto
dare risalto alla relazione di coppia, perché la grande storia isola
individui singoli, santi o criminali che siano, mettendo la sordina sul
contesto familiare e sociale, e soprattutto trascurando di far luce
sulla relazione privilegiata e unica con quel tu con cui si sono condivisi corpo, affetti, anima, progetti in una fucina di comunicazioni
“calde” e ricche di effetti benefici a cascata su se stessi e sulla società. Studiando questi sposi, si comprende meglio che la spiritualità
coniugale mira alla comunione ed è meno centrata sul lavoro del singolo sulla propria anima: preghiera, meditazione, attività in parrocchia, rapporto col padre spirituale, tutte scelte individuali che l’altro,
a seconda dei casi, condivide, rispetta o subisce. Conoscendo meglio
le diverse relazioni sponsali, amicali, spirituali del tipo che qui presentiamo e che la grande tradizio ne ci ha consegnato - senza sottovalutare quelle che non hanno lasciato traccia, che sono state dimenticate o che il pudore ha occultato - percepiamo che non è possibile
accostarsi ad una persona affettivamente coinvolta senza includere
il suo tu, capire il pensiero dell’una (anche se più famosa ed elevata
agli altari e/o agli onori del riconoscimento sociale) senza collegarlo
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la tenda n. 5 maggio-giugno 2016
terio di una complessa “geografia artistica” del nostro territorio,
privilegiando tuttavia le Marche, ormai patria d’adozione del critico e storico d’arte ferrarese. Particolare rilievo è dato pertanto ai
marchigiani Johannes Hispanus, Cola dell’Amatrice, Lorenzo
Lotto, Andrea Lilio, Sassoferrato, Francesco Podesti.Interessante
il disegno nitido e quasi razionale, in piena epoca barocca,della
Vergine in preghiera del Sassoferrato; empatico l’atteggiamento
umile ma quasi sensuale della sua S.Caterina che riceve rosario e
corona da Gesù Bambino in un gioco di chiaroscuri sul plasticismo dei volumi. Ascendenze
michelangiolesche e raffaellite si colgono nell’espressione malinconica e nelle fatture tornite
della Sacra famiglia di Cola dell’Amatrice, unite
però ad una fisognomica poco classica del viso
dei bambini, come nelle opere presenti nella
Pinacoteca Civica di Ascoli. Di Lotto, indicato
nel titolo come richiamo, forse, solo due ritratti
dall’atmosfera cupa che secondo me non rendono nella sostanza la poetica del pittore ma ne
rendono la “suprema padronanza di naturalismo psicologico” (P.
Di Natale). Sono rappresentate inoltre le principali scuole italiane:
quella veneta - particolarmente cariche di pathos barocchheggiante
le figure ricche di cromatismo di Pietro Liberi -; quella emiliana e
romagnola - colpisce lo scomposto dinamismo del classicismo
dell’Ascensione di Cristo del Garofalo e affascina il tratto naturalistico insieme al dato psicologico nel Ritratto del legale di Guercino; quella toscana - levigati ed espressivi i marmi ottocenteschi di
Dante e Beatrice di gusto “purista”attribuiti a Giovanni Dupré -;
quella romana - crudo e realistico il tratto di Artemisia Gentileschi
nella sua Cleopatra, sebbene mollemente abbandonata in una posa
languida ed erotica -; quella napoletana - di naturalismo “mistico”
parla Sgarbi a proposito del S.Girolamo di Jusepe de Ribera, per la
mescolanza del realismo delle carni con l’ascetismo dello sguardo
rivolto al cielo -.
Elisabetta Di Biagio
a ciò che è maturato negli scambi comunicativi con l’altra.
Le coppie che presentiamo hanno percepito la bellezza unica di quel
tu incontrato sulla loro strada, l’hanno riconosciuto come l’altro che
li ha convocati alla condivisione e hanno aderito alla promessa di
ulteriorità implicita in quel richiamo, accettando il travaglio dell’unità oltre le differenze di tempera mento, di cultura, di sensibilità spirituale e anche oltre i pre giudizi dell’ambiente. L’amore non ha loro
risparmiato conflitti e sofferenze, quelli interni alla psiche e all’anima di ciascu no, quelli provocati dagli ostacoli frapposti dai contesti
sociali, quelli che scaturiscono dalla necessità di ricalibrare il rapporto di fronte alle tante distruzioni e ricostruzioni. Senza cedere alla
tentazione di mollare, hanno lottato contro le avversità della sorte,
l’ostilità degli avversari, le diffidenze e gli sgambetti degli ambienti
più conservatori, pur di custodire il dono del misterioso legame di
unità che hanno continuato a considerare sacro, perché gradito a
Dio. L’amore reciproco ha agito da propulsore della loro adesione al
disegno di Dio come coppia e delle molteplici attività che da protagonisti o in seconda linea hanno messo in atto: ricerca, libri, attività
politica, figli, educazio ne,
poesia... In tutte le coppie
la fede, lungi dal limitare
l’amore, lo ha più profondamente radicato, purificato
Gentile Lea Norma sas
ed eternizzato, anche quanVia Paris 16 - 64100 Teramo
do è parso offeso e ferito a
Tel. 0861.245441 - 0861.240755
Fax 0861.253877
morte.
ZURIGO
7
Che mangio stasera?
Da un po’ di tempo sono vagamente disturbata dalla pubblicità di una
nota marca di yogurth che presenta un uomo di mezz’età, depresso,
che annuncia con voce funerea di aver trascurato il suo colesterolo,
lasciando intendere il peggio: parla dalla tomba? (come purtroppo
certi terribili spot sugli incidenti stradali). Rassicuratevi perché il
morente resuscita e annuncia di essere rinsavito e guarito bevendo una
magica pozione agli steroli vegetali… Fin dove può spingersi una pubblicità alimentare? È lecito ogni mezzo che faccia vendere il prodotto,
comprese le velate previsioni di prossima dipartita da questo mondo?
Ma è la cultura del momento, mode alimentari, pubblicità ingannevole, salutismo vero o finto, tutto è ormai mescolato in un minestrone
indigesto e folle. Alcune diete, basate sul gruppo sanguigno, vietano la
carne di quasi tutti gli animali, e così s’infittisce il gruppo dei vegetariani, vegani, animalisti, anacoreti, respiriani (quelli che sostengono di
sopravvivere senza mangiare, semplicemente respirando) e in generale
dei salutisti, rigidi e abbastanza critici contro noi poveri onnivori.
Senza troppo infierire nei loro riguardi, vorrei comunque dire qualcosa, giusto per dare aria alla mia linguaccia, dunque: questi signori
sanno che il mondo povero, cioè la grande maggioranza di esseri
umani, mangia quello che può e considera il pollo una grande risorsa,
accessibile perché costa meno di moltissimi altri cibi più ‘igienici’?
Quanto tempo e quanti soldi occorrono ad una famiglia media di
quattro persone per lavare, sminuzzare, infiocchettare semi e semini,
radici, alghe e consimili, tutta roba carissima proprio perché molto di
tendenza . Se posso permettermi, ci sarebbero poi altre mie curiosità,
ad esempio su quanti quintali di semi, verdure e frutta bisogna avere
in casa per una provvista, dove stoccarli, come trasportarli…oppure su
chi si ricorda che, malgrado la chirurgia plastica, i photoshop, le extension sui capelli, continuiamo ad essere quello che sembriamo, e cioè
non alieni, ma mammiferi e perciò intruppati con leoni, orsi ed anche
i tanto amati cani e gatti.
Certo,anch’io ho un cuore, perciò inorridisco al ricordo di una vecchina veneta che mi raccontava degli spezzatini di gatto tanto amati nella
sua regione, o della guida cinese che a Pechino ci ricordava come i
cani fossero presenti nella dieta da tempi immemorabili… però temo
che il mio disgusto sia solo culturale, più che sostanziale e che svanirebbe davanti ad una necessità vera ed urgente.I
Insomma. È tutto abbastanza complicato, invece i seguaci delle diete
salutistiche sono praticamente convinti di aver trovato la panacea di
tutti i mali: sta bene, salviamo gli agnellini di Pasqua e i conigli coi loro
musetti tremolanti, ma prepariamoci, in un non lontano futuro, a
nutrirci di insetti perché, come ci dicono gli esperti, a buon mercato,
facili da moltiplicare, ricchi di sostanze e, chissà, magari anche buoni.
Non vedo l’ora di rinunciare al cosciotto d’agnello o alla fiorentina al
sangue per deliziarmi il palato con pasticci a base di grilli, formiche,
cavallette con contorno di scarafaggi croccanti e bachi da seta in
umido (questi li ho provati, non sono male ).
Ma una domanda mi tiene col fiato sospeso: nasceranno campagne
mediatiche in difesa dei coleotteri o delle mosche cavalline?
Rifiuteremo di mangiarli? E inoltre, continueremo a spruzzare insetticidi sui nostri gerani e polveri assassine sui balconi, incuranti delle sofferenze inflitte ad afidi e vermetti? E non sto neanche scherzando troppo, se è questo che pensate, semplicemente non ho le risposte. E voi?
Lucia Pompei, entomologa
Stasera mangerò pasta di ‘Rosciola’
Stasera mangerò un buon piatto di pasta asciutta fatta con la
farina di Rosciola! L’ho assaggiata presso l’appassionato cultore
di farro e saragolla, Giulio Fiore da Torano Nuovo (Te), che
continua a riscoprire cereali antichi e dimenticati perché non
‘rendono’ molto nel raccolto. La Rosciola è un grano tenero - la
pasta in commecio è di grano duro - così chiamato perchè la
spiga ha un colore rossastro e noto anche come ‘grano alpinista’. Veniva coltivato, infatti, in zone di montagna, in valli e vallicelle sperdute e isolate. La Rosciola è un cereale molto antico
- la sua presenza in Abruzzo è documentata fin dal 1537 -, sopporta sia il freddo sia la siccità, cresce bene in terreni marginali
anche se rende meglio nei fondi vallivi e montani. Veniva seminata da secoli in aree di piena montagna, in terreni sopra i 1400
slm, verso la fine di agosto soprattutto, nelle zone remote nel
dedalo di monti e valli prossime all’altopiano di Campo
Imperatore, nel versante orientale del Gran Sasso (Castel del
Monte, Calascio, Santo Stefano di Sessanio e Barisciano). La
semina anticipata permetteva al grano di creare un buon apparato radicale sfruttando le piogge settembrine e le temperature
alte. Poi il grano rimaneva dai tre ai quattro mesi sotto la neve,
sempre abbondante a quelle altitudini. I terreni venivano
governati con la tecnica del maggese (ciclo bi-triennale e un
anno di riposo) e concimati dalle deiezioni delle pecore. La
mietitura veniva fatta nel mese di agosto e si lasciavano seccare
le piante per una quindicina di giorni. Era un cereale molto diffuso in passato, per la produzione di pane e pasta, mentre oggi
rimangono pochi appassionati agricoltori che ancora la coltivano, la utilizzano per la bontà della farina e ne hanno salvato la
specie. Ne vengono prodotti solo alcuni quintali e soprattutto
per autoconsumo. Rischia di scomparire perché l’interesse da
parte del mercato è scarso e, nel tempo, è stato sostituito da
varietà ibride più produttive. È dunque un grano non ibridato
e quando vi capiterà di assaggiare la pasta di ‘Rosciola’, specie
i fusilli, vi garantisco che il sapore vi conquisterà.
archeochef
Dopo tanto cibo, un attimo di
sana riflessione meditativa per
riportare l’equilibrio: è stato istituito dall’ONU l’International
YOGA DAY. Cade il 21 giugno,solstizio d’estate, e propugna la
pratica di tale disciplina - non è
uno sport- che molto giova all’equilibrio psico-fisico di quanti la praticano (60 milioni nel mondo).
Rossini e l’elogio del cibo
Nella lirica Opera buffa, Rossini esprime tutta la sua passione per il cibo
Dopo il non far nulla,
io non conosco occupazione
per me più deliziosa
del mangiare,
mangiare come si deve,
intendiamoci.
L’appetito
è per lo stomaco
ciò che l’ amore
è per il cuore.
Lo stomaco vuoto rappresenta
il fagotto o il piccolo flauto,
in cui brontola il malcontento
o guaisce l’ invidia;
al contrario,
lo stomaco pieno
è il triangolo del piacere
oppure
i cembali della gioia.
Quanto all’ amore,
lo considero la prima donna per
eccellenza,
la diva che canta nel cervello
cavatine di cui l’ orecchio
si inebria
e il cuore ne viene rapito.
Mangiare e amare,
cantare e digerire:
questi sono in verità
i quattro atti
di questa Opera Buffa
che si chiama vita,
e che svanisce
come la schiuma
di una bottiglia di champagne
Chi la lascia fuggire
senza averne goduto,
è un pazzo.
la tenda n. 5 maggio-giugno 2016
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SATURA LANX
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Davanti a un quadro
Distinguere un’opera pittorica che piace da una che “vale” non
è così semplice; può diventarlo quando le due cose coincidono,
come avviene dinanzi al vasto ”olimpo” dei grandi dell’arte di ogni
tempo. Il carisma di un “genio” è così pervadente ed incontrovertibile da non ammettere che stupore ed emozione. Esiste, tuttavia,
perfino davanti ad un simile privilegio, la possibilità di maggiore o minore coinvolgimento a
seconda della sensibilità, del gusto personale,
dell’attitudine a saper leggere i significati e
qualche volta le trasposizioni dell’arte.Ciò
che, per eccellenza, rende consapevoli del
bello resta la “commozione”. È pur vero che ci
si può commuovere anche per un’immagine
qualsiasi che tocchi il tasto giusto al momento
giusto ma nel nostro discorso ci riferiamo a
quella che nasce dalla mediazione fra sentimento e intelletto e che, in un “lampo”, fa captare tutto: da cosa ha potuto muovere la
volontà creativa dell’artista alla scelta del
mezzo tecnico ed il suo perché, alla scuola di
riferimento e la disposizione a seguirla o trascenderla, fino all’innovazione. E quel “lampo”
può veramente costituire un attimo di rapimento. Ho provato qualcosa di simile a Parigi,
al Louvre, mentre giravo per il lungo percorso
dedicato agli artisti italiani, senza cartina,
senza accompagnatori né altri elementi di
distrazione. Così, del tutto assorta nei miei
pensieri, entro in una sala, neanche tanto grande, e lì come d’incanto, mi appare “la Vergine delle rocce” del nostro immenso
Leonardo da Vinci e non riesco a frenare le lacrime: quell’immagine, vista e rivista sui libri è ora davanti a me vera e tangibile, in una
luce quasi soprannaturale e in quella sublime mitezza nella quale
Leonardo ha saputo rappresentarla.
Per riprendere il filo del discorso in una dimensione più realistica supponiamo di capitare in una festa rionale, una fiera o qualsiasi altra occasione non paludata e di restare colpiti da un’opera
figurativa trovata lì per caso. Varrà la pena di darle un’occhiata
migliore, ci chiediamo, che ci aiuti a scovare il perché non siamo
passati oltre indifferenti? Il discorso, a questo punto si stringe proprio attorno a ciò che riguarda “come guardare un quadro”.
Partiamo dal concetto che anche davanti all’opera più ingenua,
la stima verso di essa deve somigliare più a quella verso una composizione musicale che non verso un’immagine fotografica, per
bella che possa essere. Le varie fasi immaginative dell’autore considerando come “immaginazione” la sua capacità di tradurre le
cose in “immagini”, si possono cogliere qualora egli ci dia la possi-
bilità di ricostruire quel percorso che lo ha portato dalla realtà, alla
“sua” realtà. Le soluzioni che il pittore sceglie possono dipendere
da più fattori: da cosa desidera raccontare, da cosa sceglie come
mezzo per esprimerlo , dalla fortuna di possedere le qualità per
farlo. Egli sarà un “artista” quando troverà “forma tangibile” per la
incorporea struttura di ciò che ha provato
davanti ad una “realtà tangibile”. L’osservatore
si accorgerà se egli si è costituito uno schema
equilibrato nel quale far esistere questa “sua”
realtà. Perché, lo ripetiamo, non sarebbe interessante vedere qualcosa di troppo vicino ad
una fotografia quanto invece capire come
siano stati captati i tratti più rilevanti di una
dato soggetto, fino a farli emergere fra altri
non protagonisti, per arrivare a porgerne una
visione efficace e percepibile. Chi guarda
deve, essenzialmente, essere capace di afferrare questo traslato espressivo che rappresenta
una realtà artistica sottendendone un’altra
materiale. Sembra un discorso complicato ma
si riassume in un concetto rapido come quello
di “colpo d’occhio”.
Il disegno fotografico è altra cosa. Pensiamo
solo ai vari campi nei quali esso è applicato,
vediamolo nella ritrattistica “di strada” o nella
matita di tante persone a noi vicine. L’arte però
si manifesta solo quando c’è perfetta compenetrazione fra struttura-funzione delle cose e
capacità di rappresentarle filtrate da quella “forza” che le trasforma
in elaborato artistico. L’osservazione di una determinata realtà in un
determinato momento è, peraltro, per l’autore sempre influenzata
da quanto egli ha visto e notato in precedenza e solo quando tali
dinamismi raccolti dalle cose diventano espressione di altrettante
“forze”capaci di esprimerle, la rappresentazione ne assume un significato più profondo e l’“autore” diviene “artista”. Egli saprà distinguere, nel corso del processo creativo e nell’elaborazione dell’opera,
ciò che l’ispirazione suggerisce come elemento essenziale ad esprimere la natura del suo “soggetto”, da ciò che è soltanto accidentale
impulso, piuttosto mistificatore che non mediatore del soggetto
stesso e qualora tale elemento si sia introdotto sarà pronto a correggere, a rivisitare l’opera fino a che non rappresenti l’essenza di ciò
che egli aveva nella mente e nel cuore. Per noi spettatori tutto questo è deducibile da un’ osservazione ben condotta, dal confronto
con altre versioni o stadi dell’opera stessa, quando ci sono, e con
altre opere dello stesso autore. Tutte cose ben fattibili all’interno di
una mostra, di un museo o, alla peggio, di un buon testo d’arte.
abc
Riso dolceamaro: ABRUZZEXIT
Arrosticini: li abbiamo
Genziana: l’abbiamo
Salsicce: le abbiamo
Montepulciano: lo abbiamo
Sorgenti d’acqua: le abbiamo
Mare: lo abbiamo
Monti: pure
Cultura: l’abbiamo
Mi pare ci sia tutto. Il resto non ci serve
Ignoranza: pure
L’Abruzzo può uscire dall’Italia. Ma il
Pasta: De Cecco
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