i costi di produzione - "G. Deledda"

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i costi di produzione - "G. Deledda"
I COSTI DI PRODUZIONE
PREMESSA
Dall’analisi della legge dell’offerta ricaviamo che le imprese producono e vendono quantità
crescenti di un bene al crescere del suo prezzo. La curva di offerta è, quindi, rappresentata
crescente rispetto al prezzo.
Molto spesso, però, le decisioni delle imprese relative a prezzi e quantità da offrire sono
condizionate dalla situazione e dalle caratteristiche del mercato in cui si trovano ad operare.
Innanzitutto è necessario partire dall’obiettivo di ogni impresa, che nella maggior parte dei
casi è la massimizzazione del profitto (la differenza tra il ricavo totale che un’impresa
riceve dalla vendita della sua produzione e il costo totale che essa deve sostenere per
produrla ed espressa nella formula Profitto = RT – CT).
L’impresa nell’operare le sue scelte cercherà quindi di rendere più elevata possibile la
differenza tra il ricavo totale (cioè la somma che l’impresa riceve dalla vendita dei propri
beni e servizi moltiplicando il prezzo di vendita unitario per la quantità venduta ed espressa
nella formula RT= P x Q) e il costo totale (cioè la somma che l’impresa spende per produrre i
propri beni e servizi, espressa nella formula CT= CF + CV dove i primi sono i costi fissi e i
secondi i costi variabili).
La misurazione del costo totale risulta più complicata rispetto al profitto e al ricavo totale.
In Economia Politica quando si parla dei costi di produzione di un’impresa si comprendono
tutti i costi-opportunità che l’impresa sostiene per realizzare la propria produzione di beni e
servizi.
I costi opportunità di produzione si suddividono in:
- costi espliciti che richiedono un pagamento di denaro da parte dell’impresa vale a dire il
flusso monetario per sostenere il costo delle materie prime (es. per fare il pane si spendono €
1000 per acquistare la farina e, quindi, si rinuncia a € 1000 per avere la farina), dei salari dei
lavoratori, ecc.
- costi impliciti che non richiedono un pagamento di denaro da parte dell’impresa vale a dire
i redditi e le rendite alternative a cui si rinuncia impegnando lavoro (es. il fornaio può ottenere
un reddito orario di € 50 svolgendo un’altra attività, per cui per ogni ora che dedica alla
produzione di pane rinuncia a € 50) e capitale (es. se spendo € 300 mila per acquisire una
fabbrica, rinuncio a € 15 mila annui di interesse al 5%) nell’impresa.
Dal profitto in senso economico (ricavo totale meno costo totale, inclusi i costi espliciti e
quelli impliciti) occorre distinguere il profitto in senso contabile (ricavo totale meno i costi
espliciti).
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PRODUZIONE E COSTI
Per capire le scelte delle imprese nelle diverse tipologie di mercato in cui si trovano a vendere
i propri beni e servizi, è necessario analizzare la struttura dei costi delle imprese stesse.
Le imprese, per produrre una quantità di beni e servizi, devono impiegare una quantità di
fattori produttivi necessari alla produzione. I tipici fattori produttivi sono:
- lavoro,
- materie prime,
- capitale (terreni, immobili, impianti).
La loro combinazione nel processo di produzione dipende dalla dimensione, dalla
tecnologia e dall’organizzazione produttiva dell’impresa stessa.
La relazione che esiste tra quantità di fattori impiegati nella produzione di un bene e la
quantità prodotta di quel bene viene definita funzione di produzione dell’impresa.
La funzione di produzione più importante è la funzione di produzione relativa al fattore
produttivo lavoro. La funzione di produzione del lavoro ci indica il livello di produzione per
ciascuna quantità di lavoro impiegato e quindi mette in relazione la produzione con la
quantità di lavoro necessaria per ottenerla (ad esempio il numero di lavoratori o le ore di
lavoro).
Nel grafico sopra riportato è rappresentato un esempio tipico di funzione di
produzione.
Dall’analisi di questa funzione di produzione si nota che:
- all’aumento del numero di lavoratori impiegati, la produzione aumenta;
- l’aumento della produzione determinato da ogni ulteriore lavoratore impiegato decresce al
crescere del numero di lavoratori assunti, poiché il capitale (terreni, immobili, impianti) con
cui i lavoratori devono lavorare viene mantenuto costante (non viene aumentato). Se nella
parte iniziale della curva l’incremento del numero dei lavoratori può accrescere la produzione
proporzionalmente o più che proporzionalmente (rendimento costante o crescente), il
successivo aumento dei lavoratori indurrà sicuramente un aumento della produzione
sempre minore (rendimento decrescente), fino all’appiattimento della curva stessa.
Questo ragionamento ci porta a introdurre il concetto di produttività marginale (aumento di
produzione generato da un aumento unitario dei fattori di produzione) e, di conseguenza, a
definire la produttività marginale del lavoro decrescente (rendimenti del lavoro decrescenti)
vale a dire la situazione in cui l’aumento di produzione determinato da una unità addizionale
di lavoro decresce al crescere della quantità impiegata di lavoro.
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Per facilitare la comprensione di questo concetto si propone di seguito un esempio
numerico, che rispecchia la rappresentazione grafica precedente:
Pertanto, le decisioni di produzione che un’impresa può prendere all’interno del suo sistema
produttivo, relativamente alla combinazione dei fattori produttivi, dipenderanno dalla
funzione di produzione e, soprattutto, dall’intervallo temporale a cui riferire quelle scelte
imprenditoriali vale a dire il breve periodo (periodo es. una stagione durante il quale è
impossibile far variare tutti i fattori di produzione ma soltanto quelli da cui derivano i costi
variabili quale il lavoro) o il lungo periodo (intervallo di tempo durante il quale si possono far
variare tutti i attori di produzione sia quelli da cui derivano i costi variabili es. lavoro sia quelli
da cui derivano i costi fissi es. capitale).
STRUTTURA DEI COSTI DELL’IMPRESA NEL BREVE PERIODO (BP)
Per definire le sue scelte sulla quantità da produrre nel BP periodo l’impresa terrà conto di un
principio empirico molto semplice per cui maggiore è la quantità prodotta, maggiore è il costo
totale vale a dire la somma tutti i costi che un’impresa deve sostenere per produrre beni e
servizi. Il costo totale è la somma dei costi fissi e dei costi variabili espressa nella formula CT =
CF + CV.
Mentre i costi fissi (CF) rappresentano la parte del costo totale che non varia al variare della
quantità prodotta (es. i costi degli stabilimenti, dei terreni, delle macchine, degli impianti,
ecc.) i costi variabili (CV) rappresentano la parte del costo totale che varia al variare della
produzione (es. i salari dei lavoratori, la materie prime, ecc.).
Si veda qui sotto un esempio numerico in tabella e la curva che rappresenta la funzione del
solo costo totale in relazione alla quantità prodotta.
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Si veda qui sotto, invece, la rappresentazione grafica di tutte e tre le funzioni (di costo totale,
di costo fisso e di costo variabile) messe sempre in relazione con la quantità prodotta.
La funzione di costo variabile e la funzione di costo totale sono due curve crescenti al crescere
della quantità prodotta. Le due curve hanno la stessa forma ma si differenziano di un
ammontare pari ai costi fissi.
La funzione di costo fisso è un retta parallela all’asse delle ascisse e indica che per ogni
quantità prodotta i costi fissi sono costanti (rimangono invariati, indipendentemente dalla
quantità prodotta).
L’andamento della funzione di costo variabile e quindi anche di costo totale dipendono
dall’andamento della funzione di produzione. Se la funzione di produzione ha una
produttività marginale decrescente, la funzione di costo variabile e totale crescerà in misura
più che proporzionale rispetto alla quantità prodotta: in altre parole questo significa che
produrre nuove unità di prodotto avrà un costo variabile aggiuntivo (e di conseguenza anche
totale) sempre maggiore.
Per analizzare le funzioni di costo, e quindi capire la struttura dei costi dell’impresa nel BP, è
necessario porsi due domande essenziali:
- quanto costa in media produrre una unità di prodotto ?
- quanto costa aumentare di un’unità la produzione?
Per rispondere a queste due domande è necessario introdurre i concetti di costo medio
totale e costo marginale.
Il costo medio totale indica il costo dell’unità di prodotto che si ottiene dividendo il costo
totale per la quantità di beni prodotti ed è espressa nella formula CMeT = CT/Q
Il costo medio totale è formato dalla somma del costo medio fisso e del costo medio variabile.
La curva del costo medio totale ha quindi una forma ad U e questo è spiegato dal diverso
andamento delle due componenti del costo totale:
- il costo medio fisso diminuisce progressivamente al crescere della produzione, quindi per
basse quantità di produzione peserà molto sulla media, mentre per elevate quantità di
produzione il suo peso diventerà sempre più marginale,
- il costo medio variabile, invece, a causa della produttività marginale decrescente, aumenta
più che proporzionalmente al crescere della produzione e quindi per basse quantità di
produzione non è molto elevato, mentre per elevate quantità di produzione sarà sempre
maggiore.
Da questo si deduce che inizialmente il costo medio totale decresce perché con l’aumentare
della produzione i costi fissi medi si abbassano e i costi variabili sono anch’essi bassi, poi
invece da un certo punto il costo medio totale inizia a crescere perché, anche se i costi fissi
sono molto bassi, la componente del costo variabile, in quanto crescente, diventa
dominante. Il punto più basso della curva a U del costo medio totale è detto Dimensione
minima efficiente dell’impresa.
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Il costo marginale indica, invece l’aumento del costo totale che deriva dalla produzione di una
unità addizionale di prodotto e si ottiene dalla variazione del costo totale per la variazione
della quantità con la formula CM = ∆CT/ ∆Q
La curva del costo marginale è crescente in quanto riflette la caratteristica del prodotto
marginale decrescente: per produrre un’unità in più di produzione ha costi maggiori perché
deve utilizzare più unità di fattori produttivi. Per dare una rappresentazione più reale del
costo marginale, spesso si usa rappresentare la curva del costo marginale nel suo primo tratto
(quindi per basse quantità di produzione) decrescente o costante (in questo modo si
ipotizza che la produttività marginale dell’impresa sia crescente o costante per valori bassi
della produzione).
RELAZIONE TRA COSTO MARGINALE E COSTO MEDIO TOTALE
La curva del costo marginale interseca la curva del costo medio totale nel suo punto di
minimo.
Questo significa che:
- quando il costo marginale è inferiore al costo medio totale, il costo medio totale è
decrescente (CM < CMeT -> CMeT decresce);
- quando il costo marginale è superiore al costo medio totale, il costo medio totale è crescente
(CM > CMeT -> CMeT cresce)
- quando il costo marginale è uguale al costo medio totale, il costo medio totale è al suo
minimo (CM = CMeT -> Dimensione Minima Efficiente)
IL COSTO MEDIO MINIMO E IL PUNTO DI FUGA
Come già detto, la curva del costo marginale incontra la curva del costo medio totale nel suo
punto di minimo cioè più basso e in corrispondenza di tale punto il costo marginale risulta
uguale al costo medio.
Tale punto rappresenta il costo medio minimo, cioè il costo medio più basso possibile
registrato dall’imprenditore, data una certa tecnologia impiegata.
Qualsiasi livello di produzione superiore o inferiore fa registrare costi medi superiori.
Per questo motivo tale punto è chiamato punto di fuga: infatti se il prezzo di mercato si
dovesse trovare ad un livello più basso del punto di fuga, cioè ad un livello più basso del costo
medio minimo, l’imprenditore produrrebbe in perdita e dovrebbe abbandonare il mercato.
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Il punto di fuga rappresenta allora per l’imprenditore un segnale di fondamentale importanza
per valutare la produttività della propria impresa.
Avremo così tre tipologie di imprese:
- l’impresa marginale.
Se il prezzo di mercato è uguale al costo medio minimo siamo in presenza di un’impresa
marginale: in un medesimo punto (punto di fuga) si incontrano il costo marginale , il costo
medio minimo e il prezzo di mercato. In tale situazione l’imprenditore spingerà la produzione
fino a quando il costo marginale sarà uguale al prezzo di mercato: in questa situazione di
equilibrio si produrrà proprio quella quantità in corrispondenza della quale il costo medio è al
suo livello minimo coincidente appunto con il prezzo di mercato. Così facendo l’impresa non
subirà alcuna perdita ma solo un profitto normale, cioè quel margine di profitto che si
considera già compreso nei costi di produzione e che l’imprenditore considera sufficiente a
remunerare la sua capacità imprenditoriale ed il suo rischi d’impresa: il profitto è allora la
ricompensa al fattore imprenditorialità.
- l’impresa inframarginale.
Se il prezzo di mercato è superiore al costo minimo di produzione ci troviamo di fronte ad
un’impresa efficiente, cioè un’impresa capace di produrre extra-profitti. Anche in tale
situazione l’imprenditore spingerà la produzione fino a quando il costo marginale, cioè il costo
dell’ultimo bene prodotto è uguale al prezzo di mercato: questa rappresenta la sua condizione
di equilibrio, cioè quella condizione ottimizzante che gli permette di massimizzare il profitto:
produrre una unità in meno rappresenterebbe rinunciare al profitto dell’ultima unità
prodotta, produrre una unità in più farebbe registrare una perdita (costo marginale
risulterebbe infatti superiore al prezzo di mercato).
- l’impresa extramarginale.
Se il prezzo è inferiore al punto di fuga siamo in presenza di un’impresa inefficiente cioè non
produttiva: i costi totali superano i ricavi totali e quindi qualsiasi produzione l’imprenditore
deciderà di effettuare registrerà una perdita. Poiché siamo in presenza di un mercato
perfettamente concorrenziale in cui l’imprenditore non può decidere il prezzo di mercato del
bene cioè non ha potere di mercato, non resta da fare altro che abbandonare il mercato o in
ultima analisi introdurre una nuova tecnologia, maggiormente produttiva, in grado di far
ridurre i costi di produzione. Per minimizzare le perdite l’imprenditore può però spingere la
produzione fino a quando il costo marginale è uguale al prezzo di mercato.
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STRUTTURA DEI COSTI DELL’IMPRESA NEL LUNGO PERIODO (LP)
Per molte imprese la distinzione tra costi fissi e variabili dipende dall’orizzonte temporale
preso in considerazione.
Molti costi, ad esempio quelli per gli impianti o i contratti di locazione, sono fissi nel BP ma
diventano variabili nel LP quando l’impresa può fare i suoi aggiustamenti. Pertanto, la curva di
costo medio totale di BP è diversa da quella di LP. In particolare, la curva di costo medio totale
ha sempre una forma ad U, ma è più appiattita nel LP in quanto le imprese godono di una
maggiore flessibilità rispetto al BP.
Vediamo tre curve dei costi medi totali di BP relative a tre diverse dimensioni di impianto e
una curva di costo medio totale di LP.
Prof. Carlo Aprile
ITS Deledda - Lecce
Ad esempio, per passare da una quantità di 1.000 a 1.200 autovetture nel BP si possono
assumere più operai, ma il CMeT di BP aumenta da 10.000 a 12.000. Nel LP l’impresa può
aumentare la dimensione degli impianti, assumere più operai, ma il CMeT di LP non cambia.
La curva di costo medio totale di lungo periodo fornisce informazioni importanti sulla
tecnologia usata nella produzione di un bene e ci permette di capire come sono i rendimenti
di scala dell’impresa, cioè come variano le relazioni tra la produzione e i costi totali
all’aumentare di tutti i fattori produttivi.
In particolare si dice che l’impresa realizza:
- rendimenti di scala crescenti (economie di scala): quando il costo medio totale diminuisce
all’aumentare della quantità prodotta. Dipendono dal fatto che una produzione più elevata
permette di sfruttare meglio la specializzazione del lavoro e specifiche funzioni dell’impresa
quali la ricerca tecnologica;
- rendimenti di scala decrescenti (diseconomie di scala): quando il costo medio totale
aumenta all’aumentare della quantità prodotta. Sono provocate spesso da problemi di
coordinamento tra le diverse mansioni e funzioni, quando l’impresa assume dimensioni molto
ampie;
- rendimenti di scala costanti: quando il costo medio totale rimane invariato all’aumentare
della quantità prodotta.
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