C arcereprivat o. §.2861. Per obbedienza al metodo ricordiamo qui
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C arcereprivat o. §.2861. Per obbedienza al metodo ricordiamo qui
- 515- TITOLO II. C a r c e r e p r i v a t o. §.2861. Per obbedienza al metodo ricordiamo qui questo titolo sebbene infrequentissimo. Fu necessità di trattare largamente a questo luogo del Ca1"Cere p1"ivato (1) pel C a r m i g n n i e per gli altri che come lui non avevano fatto una classe speciale dei reati contro la libertà individttale. La detenzione arbitraria di un uomo contro sua voglia non poteva non offrire un titolo. di delitto per la palpabile lesione del diritto dello individuo imprigionato; e mancando la classe dei reati contro la libertà personale, non trovava collocazione: perciò onde darle una sede fu posta qui, come fu posto tra i delitti contro la proprietà il plagio senza detenzione (§. 1666) per non sapere dove collocarlo. Gli ulteriori progressi della scienza hanno dovuto con tutta verità riconoscere (§. 1558) una classe speciale di malefizi che si determinano dall' oggettivo della libertà individuale violata; e in quella classe ha trovato congrua sede con la vis privata e col plagio anche la detenzione arbitraria (o carcere privato improprio) della quale dicemmo ai §§. 1674, '1675 '1676. a (1) BIBLIOGRAFIA - C a r a v it a instit. cI'im. lib. 4, §. 1, cap. 4, n. 1 - C o l e r o deciso 164 - p a o l e t t i inst. crim. lib. 5, tit. 6 - P o g g i jurisprudentia lib. 2, cap. 18, §. 97 - S a i n t E d m e dictionnaire de la pénalité, mat détention - C a r m i g n a n i elernenta §. 885. et seqq. - 516- • §.2862. La detenzione arbitraria assume per altro una forma speciale in ragione di uno speciale intendimento che incontrisi nello agente. Finchè si rinchiude altri arbitrariamente contro volontà di lui per motivo di odio o vendetta, si ha un semplice delitto naturale che trova tutti i suoi criterii nella violata libertà dello individuo. Ma come la detenzione arbitraria degenera dalla nozione che le assegnereboe la sua materialità quando sia commessa pel fine di estorcere denaro dall' uomo rinchiuso o dalla famiglia sua, e diviene furto con ricatto; cosÌ degenera dalla sua ordinaria natura a causa di altro oggettivo prominente, quando fu commessa nello intendimento di esercitare giustizia sull' uomo rinchiuso. Sorge allora evidentemente l' oltraggio alla pubblica giustizia usurpata: gli antichi lo avrebbero detto reato di lesa maestà per la invasione dei diritti mai estatici : noi dobbiamo riconoscervi un delitto sociale che avversa la istituzione della pubblica giustizia, e distinguerlo col nome di carcere privato proprio (1). (1) La moderna scuola germanica ha introdotto una distinzione fra delitti permanenti e delitti continuati. Qual' è il vero concetto del delitto permanente posto in antitesi al delitto continuato ? Dicesi che è permanente quel delitto, il cui substrato è una protratta condi.zione di fatto contraria alleI legge penale. Se io non erro nello intendere questa nozione il delitto permanente sarebbe quello che .J o u s se chim;nò successivo: ed avrebbe per sua condizione - 517- essenziale che quella protratta condizione di fatto contraria alla legge penale si estrinsecasse come conseguenza naturale e spontanea del primo fatto criminoso, senza bisogno (no~ lisi bene) di nuovi atti che in loro stessi costituiscano una nuova violazione del diritto, perchè se ciò fosse avremmo evidentemente il delitto continuato. Ora trovo da un recente scrittore esemplificato il delitto permanente nel carcere privato, ed a questo non parmi potere aderire. Delitto permanente sarà il furto, perchèil ritenere presso di sè la cosa altrui anzichè renderla è uno stato contrario alla legge, ma non è un atto costituente nuovo delitto. Ma il carcere privato ogni giorno in cui si prolunga la detenzione presenta un atto nuovo che di per sè solo sarebbe passib!le di pena: dunque è un delitto continuato e non un delitto' permanente. Un esempio fa toccare con mano questa verità. Se un minore di diciotto anni ruba un cavallo e poscia divenuto maggiore continua ad usare e ritenere il cavallo sottratto, oppure lo aliena, e ne ritrae il prezzo, que. sta permanenza di uno stalo antigiuridico doloso n,on vi autorizza per cerIo ad imputare il furto a colui come commesso in età maggiore. Ma se quel minorenne commise una detenzione arbitraria, e poi fatto maggiore continuò a tenere in carcere il suo nemico, non sembra che nello imputare a colui il delitto di carcere privato che continuò a consumare in età maggiore possa menarglisi buona la scusa della minoretà. Ecco la differenza fra il delitto permanente e il delitto continuato. Notisi che il carcere privato non sempre si consuma col rinchiudimento, ma anche col ritenere indebitamente colui avverso il quale il primo fatto del materiale rinchiudi mento era stato legittimo. Ad ogni giorno pertanto in cui si ritiene indebitamente il recluso si reilera un alto consumativo della offesa all' altrui libertà, e questa nel mio modo d'intendere è vera continuazione di delitto e non semplice pel'manenza della condizione antigiuridica ormai costituita con la prima consumazione. 1:, , l' l' - 518§. 2863. Uno di quelli scrittori umoristici che sanno trarre il ridicolo da certi confronti potrebbe darsi il piacere di un' arguzia ponendo a faccia il titolo di carcere privato col titolo di esimizione dal carcere. Descrivendo un tale che fosse stato punito per avere incarcerato Tizio onde castigarlo di una offesa a lui fatta, e poscia divenuto amico del medesimo, quando esso era prigione per un delitto si volesse di nuovo punire per averlo liberato, potrebbe porre in bocca a costui un rimprovero alla autorità. Come si vive egli con te? Privai Tizio della libertà e mi punisti; rendo a Tizio la libertà e mi punisci; qual è la tua logica? Ma l' arguzia non approda perchè la società ha due diritti, il diritto (o come altri (1) dice il dovere) di punire; e più ha il diritto di punir sola, ed impedire che il privato infligga la punizione. Senza ciò la costituzione dell' autorità civile non basterebbe a togliere l'anarchia che renderebbe impossibile la tutela giuridica necessaria alla umanità. Se rispetto ad alcune elassi riferite ai reati sociali può (come accennerò a suo luogo) elevarsi dubbio sulla vera loro natura di reati sociali, siffatto dubbio certamente non cade in questa prima classe dei reati contro la pubblica giustizia i quali sarebbero inconcepibili in uno stato di consociazione naturale: ed è sotto tale punto di vista che vogliono essere giudicati tutti questi malefizi. (1) Una scuola moderna della quale in Italia è caldo propugnatore il Fui v i o (acutissimo ingeguo) sostiene questa - 519- nuova formula. Fu posta perpetuamente male la questione se la società avesse il diritto di punire, essa ne ha il dovere. JUa la nuova formula non può farsi signora della dottrina, perchè essendo relativamente falsa non è assoluta. Finchè si contemplano i delitti naturali è verissimo che l'autorità civile ha il dovere di punirli: è questa la unica sua ragione di essere imposta dalla necessità della tutela giuridica che preesiste alla sua costituzione; senza ciò faremmo bene 11 meno di lei: ma ne abbiamo bisogno assoluto perchè ab. biamo necessità di una forza superiore a tutte le forze individuali, la quale (oltre al mantenere il diritto nella sua pratica signoria mercè il magistero. civile) assuma in sè stessa il magistero penale, e detti i divieti e distribuisca le punizioni. L'autorità col non punire i delitti naturali non rinuncierebbe 1Id un diritto ma violerebbe il debito cardinale dell' uffizio suo. Quando però si contemplano i delitti sociali la punizione di questi (o almeno della maggior parte di loro) assume il carattere di vero diritto. È costante questa verità che ogni diritto nasce da un dovere: cosÌ la società civile ha nella sua genesi il dovere di punire i delitti naturali: ma dalla necessità di adempiere a questo dovere nasce in lei il diritto di essere, e il diritto di creare i reati sociali per mantenere quegli ordini e quelle istituzioni, senza le quali l'adempimento del suo dovere le sarebbe impossibile. §.2864. A questa forma di reato oltre tutte le condizioni già sopra indicate per la detenzione arbitraria, si esige la specialità caratteristica che siasi privato contro sua voglià un uomo della sua fisica libertà per punirlo di un delitto che noi crediamo essersi da lui commesso. Procedendo con tale concetto è incontrastabile che r oggettivo prominente del malefizio sta nella usurpazione della pubblica potestà. - 520- Sa ognuno quanto fosse frequente simile concetto ai tempi delle celebri contese, decise ovunque con le armi, fra i Re ed i Baroni, ed i Baroni fra loro, relative allo esercizio della così detta alta e bassa giustizia: da ciò ebbe origine quel dettato toute justice vient dtt 1'oi; col quale si volle esprimere la definitiva vittoria dei Re sui Baroni e non già emettere un pronunciato sull' antitesi fra i diritti del Re e i diritti della N azione. Ma oggi tranne casi di una esagerata opinione di autorità domestica questo reato non s'incontra tanto facilmente fra noi. Un esempio ne vidi più di quaranta anni addietro in Lucca in una celebre causa dove brillò per la difesa lo ingegno del C a r m i g n a n i: e finita con l' assoluzione. Ed un altro caso recentemente se ne volle trovare in Firenze nel celebre processo Lattes riferito distesamente negli Annali di giurisprudenza italiana 1, 1, 2, 261, e giudicato ai termini del]' art. 360 del codice Toscano, il quale (interessa avvertirlo) riunisce in un solo titolo la detenzione arbitraria ed il carcere privato. §. 2865. In quest' ultimo caso si pretende trovare decisa in senso rigoroso la questione dell' influsso che esercita il consenso della persona rinchiusa sulla imputabilità del fatto. La ragazza incatenata da Lattes a causa di temute infedeltà erasi. essa medesima soggettata alla privazione temporaria della sua libertà. La Real Corte di Appello di Firenze, sezione di accusa, con decreto dell' 11 giugno 1867 aveva dichiarato non esser luogo a procedere, perchè (.se- - 521 - condo la dottrina di C a r m i g n a n i e di altri molti criminalisti) questo titolo esige per suo estremo il dissenso della persona rinchiusa. La Corte di Cassazione a cui quel decreto fu denunziato dal Procurator Generale lo cassò pronunciando l' invio a giudizio. Ma io non credo che per quest' ultimo decreto possa dirsi definitivamente sciolto neppure dalla nostra Corte Suprema il dubbio del consenso; perchè trovo che il decreto della Cassazione sentì il bisogno di dichiarare in fatto che la ragazza avendo consentito al proprio incatenamento per evitare i maggiori mali che le minacciava 1'amante, il di lei consenso non era libero e perciò mancava di giuridica validità: osservazione giustissima. §.2866. Del resto in ordine alla questione del consenso io credo che si debba distinguere, e qui trova agli occhi miei ulteriore importanza la differenza fra cm"cere prù'ato proprio e detenzione arbitraria. Quando si abbiano i termini di vero e proprio carcere privato, cioè detenzione inflitta di privato arbitrio per punizione di un fatto che dalle veglianti leggi è dichiarato delitto, oppure di un fatto che quantunque non dichiarato tale dalle veglianti leggi lo agente pretende nel suo privato giudizio elevarlo a delitto, credo ancor io inefficace il consenso per quanto libero della vittima, e così ravviso troppo indefinita la dottrina del C a r m i g n a n i. E la ragione è evidente: abbiamo in questi termini un delitto sociale, si è voluta usurpare 1'autorità del magistrato, tanto se il fatto che si è voluto punire era dichiarato ' " I ",I l' ,i ,i ,IIIl': I il '[,I , 'ILI i il "," l:'l' ,I ~; Il I l: " " i li' , , ! :' : I I - 522delitto dalla legge vegliante, la quale perciò ne aveva consegnato esclusivamente alla magistratura la pu. nizione, quanto se si è voluta usurpare l' autorità del legislatore; e mentre questi non aveva ravvisato criminosità nel fatto, il cittadino privato opponendo il giudizio proprio al giudizio del legislatore ha pronunciato in sè stesso che doveva tenersi come delitto, e come tale irrogargli una pena. Ora nei reati sociali l'oggettivo prevalente è nella lesione del diritto universale, il diritto cioè che nessun fatto si dichiari reato nè si punisca come tale tranne dape autorità alle quali compete la respettiva balìa; e la offesa a questo diritto universale sempre rimane, quantunque 1'individuo rinchiuso non possa lamentarsi di offesa per avere a ciò spontaneamente consentito. Ma la detenzione arbitraria è un delitto naturale; il suo oggettivo sta unicamente nella libertà dell' individuo che si è violata. Ora a senso di tutti i" pubblicisti il diritto alla libertà personale è nell' uomo un diritto alienabile, di quella alienazione che dicesi nella scienza modificativa: tale alienazione potrà essere ritrattabile per pentimento, ma finchè il pentimento non sopravviene, essa ha effetti giuridici, e specialmente quello di esimere da ogni responsabilità criminosa colui che accetti a proprio vantaggio il contratto. Nella vera e propria detenzione arbitraria accetto la regola del C a rm i g n a n i; non credo che la Cassazione l' abbia voluta contradire, e persisto nella massima che professai a §. 1674. Un giovine che tenga legata la sua druda affinchè non siagli infedele nelle ore della sua lontananza, non usurpa davvero una funzione che sia riserbata al magistrato, nè può far- - 523glisi rimprovero di non averne richiesto l' intervento; nè può certamente opporgIlsi di aver voluto censurare il legislatore e di aver sognato una legge che punisse di carcere le amanti capricciose ed infedeli: il procedere di costui è tutto ispirato dal desiderio· di guarentirsi della fedeltà della donna: la detenzione non è l' ultimo fine dell' azione', ma è mezzo per procurarsi un bene privato; nel qual bene non potendo configurarsi un lucro non sorgono i termini del ricatto o della estorsione. Siano pertanto in questa ed in consimile ipotesi nella semplice sfera di azioni private a fini privati che hanno per solo oggettivo i diritti dello individuo, e non è possibile al più sottile ingegno trovarvi l'ombra di reato sociale, E se tutto l'oggettivo del reato bisogna trovarlo nella libertà individuale indubitatamente modificabiIe per il consenso dell' individuo, tutte le volte che questo consenso sia intervenuto libero e pienamente spontaneo dovrà sparire il delitto. Chi vorrebbe punire come reo di tentata detenzione arbitraria il creditore che abbia costretto iI mutuatario ad obbligarsi con l'arresto personale, dove non lo ammette la legge? Il giudice non darà esecuzione a questo contratto quando chi vi si astrinse abbia mutato consiglio e reclami la sua libertà, ma non potrà trovarvi delitto. Quel bizzarro ingegno del celebre A l fi e r i narra nella sua vita come egli per vincere una sua passione amorosa si facesse legare dai servi sulla propria poltrona e colà dimorasse finchè non sentì spenta nell' animo la invisa fiamma: si sarebbero potuti condannare quei servi come colpevoli di detenzione arbitraria? - 524§.2867. Tenuto fermo lo speciale criterio che delimita il carcere privato proprio dallo improprio, è manifesto che quando la irrogazione del carcere per mano privata si commetta per un sentimento esorbitante dei poteri della domestica autorità, il fatto non ritrae esattamente i caratteri del reato che adesso accenniamo, ma è piuttosto una ragion fattasi che può guardarsi come qualificata dal modo. Altro infatti è che un privato si arroghi la funzione di giudice contro un estraneo che lo ha offeso, e pretenda infiiggergli una settimana o un mese od un anno di prigionia, costituendòsi così legislatore e giudice; altro è che per una orgogliosa tradizione di potestà patria o maritale o domenicale, per punire o correggere un suo sottoposto per qualche mancanza commessa trascenda i limiti del dovere. Sarà delitto anche in ciò (questo è chiaro) ma può dubitarsi Re ricorra il vero titolo di carcere privato p1'oprio, specialmente quando la legge positiva provvegga a questo reato con particolare severità. §. 2868. Per quanto attiene alle condizioni materiali di questo malefizio in ordine al modo scelto pel toglimento della libertà e la irrogazione della pena privata, vale qui ciò che accennammo in proposito della detenzione arbitraria; come pure si riproducono qui anche con più forte ragione le cause che eliminano la imputazione in ragione del buon fine (1) del- - 525l'agente. È poi evidente che questo reato si aggrava per le concomitanti di ;patimenti e sevizie inferite alla vittima e per le conseguenti di effetti dannosi alla salute di lei. (1) Generale e non contradetta è la dottrina dei pratici che la pena del privato carcere non s'incorra quando il rinchiudimento si fece a buon fine non usurpandae jurisdictionis gratia: la qual regola trovasi frequentissimamente applicata al caso di rinchiudimento di femmine, ed a favore non solo del padre, marito o fratello, ma anche di ogni altro consanguineo che a buon fine rinchiuda consanguineas in/wnestas et furorem uterinum patientes: A n t o n i n o variarum 1'esolutionum lib. 5, resolut. 45, n. 5 - Ber t a zz o I o consil. crimin. 426 - A n d r e o I o controv. 299Gua z z i n o de defensione reorum defensio 5 circa capturam,n. ti - Rolando a Valle constI. 12, n. 9, vol. 5. E a favore di chi rinchiuda un delinquente sorpreso in flagrante pel fine di consegnarlo alla giustizia: Br u nn e m a n n in pandectas ad lego ult. C. de exib. reor. _ G a i I observationum lib. 1, obs. 54, n. 5 - S t r u v i o de vindicta privata (h. 42 -1.25, {f. ad lego Jul. de adult.; 1.56, §. 1, {f. de furtis; l. congruit 15, §. 1, {f de o{f. praesid. Così mentre in Roma vigeva l'uso che il debitore potesse astringersi al carcere verso il creditore, non permettevasi a questo d'incarcerare il debitore, scaduto il termine, per autorità privata, dovendo egli impetrare l'opportuno mandato dal giudice: ma questa regola si limitava nel caso di debitore fuggitivo: lego 1, C. de privato cal'cereBer I i c h i o pracUcarum conclusionum pars 2, concI. 27> n.5 - Burckhardi Bardili dissertatio de obliga. tione faciendi §. 50, pago 65 - 1\[ o Il e r o semestriurn lib. 2, cap. 55, et 56 - S t r y k i o dissertatio de carcere ad custodiam cap. 2. Ad eccezione del caso' del debitore fuggitivo dovevano però dal creditore che volesse porre sotto - 526 -- la propria mano il debitore moroso rigorosamente osservarsi le forme solenni, sulle quali è a vedersi lo interessante scritto recentemente pubblicato dal mio dotto collega prof. Fra ne e s c o B u o n a m i c i sotto il titolo legis actiones cap. 59 et 45. §. 2869. Sotto il punto di vista del danno mediato già sappiamo che tutti i malefizi incontrano una aggravante dalla qualità di pubblico ufficiale nella persona del colpevole. E ciò bene a ragione, perchè da un lato la potenza della difesa privata procede in ragione inversa della potestà di nuocere della quale è investito il colpevole; e dall' altro lato il mal esempio procede in ragione diretta della dignità, della autorità, e posizione sociale del medesimo. Non vi è dunque motivo per cui l'aggravante desunta dalla qualità ed ufficio della persona non debba ammettersi anche nel privato carcere, e come regola generale bisogna accettare questo principio. Ma siccome la incarcerazione arbitraria di un cittadino può in molte combinazioni venire commessa al mezzo dello ufficio stesso, e della potestà pubblica che si esercita dal delinquente, così nel privato c?,rcere avviene il fenomeno che la qualità personale dalla semplice condizione di concomitante accessoria passi ad -essere una forza inerente alla forma speciale del malefizio: ed ecco che allora essa non è più un criterio misuratore del pristino titolo, ma opera una modificazione di titolo, e converte il reato di privato carcere in un abuso di autorità, aggravato dallo spoglio ingiusto e violento dell' altrui libertà (1). - 527- (1) La durata della detenzione arbitraria entra evidentemente nei criterii misura tori desunti dal danno immediato (che si direbbero naturali) dei quali detti cenno nel paragrafo superiore. Ma non mancò chi pretese trovare nella durata un criterio essenziale del malefizio. Il P r a t i (Re~ spons. 7) sostenne che non fosse punibile la modica detenzione di poche ore argomentando dalla lego unica C. de privato carcero e da alcune Costituzioni Napoletane. Ma questa limitazione è comunemente rejetta, ed anzi si disputò se il delitto di carcere privato si consumasse col solo rinchiu. dimento nel carcere, o se invece si avesse in questo un co. nato, e per avere la consumazione fosse necessario che al rinchiudimento tenesse dietro una effettiva privazione della libertà almeno per tempo brevissimo: e s'insegnò che il reato si consumasse col solo rinchiudimento: S t r y k i o Di. sputationes vol. 1, disputato 4, cap. 1, n. 7. §. 2870. Nella penalità del privato carcere fluttuarono le antiche leggi, ora salendo agli apici del rigore (,l) ora scendendo agli infimi della mitezza. Le legislazioni moderne si sono generalmente (2) tenute in un grado medio. Il codice Toscano all' art. 360 commina la casa di forza da tre a dodici anni, e nei casi più leggieri la carcere da sei mesi a tre anni. Ed io penso che caso leggero sia sempre il carcere privato irn:proprio dove manca la usurpazione della autorità giudiziaria. Il codice Sardo all' art. 199 commina la carcere non minore di un anno e nei casi più gravi sale alla reclusione. (1) Il delitto di carcere privato si punì un tempo con lo estremo supplizio iiI ossequio alla lego 1 C. de privatis car- - 528- ceribus: Fa b r o in C. Ub. 9, tit. 5, nota 4, pago 1060 Eckoldo compendiaria pago 1501. Ma la pratica abbandonò affatto tale rigore e vi sostituì pene arbitrarie: C I a r o practica §. fin. quaest. 68 - S t r u v i o synlagma jU1'is civilis exerc. 49, thes. 15 - C a r p z o v i o praxis pars 1. qua est. 41, n. 129 - Va n L e u W e n censura forensis pars l, tib. 5, cap. 4, n. 5 - S t r y k i o disputationes vol. 1,dispul.4,cap.l,n.8 - Groeneweghen de legibus abl'ogatis lib. 9, tit. 5. Deve però avvertirsi che i moderni interpetri opi nano non essersi mantenuto neppure nel giure romano il rigore dell' ultimo supplizio contro il carcere privato, ed essersi invece accolto lo estremo opposto della pena del taglione comminando altrettanti giorni di carcere allo incarcerante quanti egli ne aveva fatti subire alla sua vittima. E ciò lo argomentano da una Costituzione Greca esistente nelle Basiliche (Ub. 60, tit. 55) che trovasi riportata per estratto in calce al titolo de privlttis carceribus inhibendis nella edizione del F r e i e s l e b e n, la quale secondo loro avrebbe affatto abolito la severità di Z e n o n e verso questo reato: Ber g e r o resolutiones Lauterbachianaepag. 722. (2) Il codice Austriaco (§. 95, caso 9) minaccia sei mesi di carcere fino a cinque anni di carcere duro i il Francese (art. 541) i lavori forzati a tempo e nei casi piìl gravi a perpetuità: il codice Spagnuolo (art. 406) la prigione correzionale e nei casi più gravi la reclusione temporanea: il Portoghese (art. 550 e segg.) la pena della prigione correzionale da un mese ad un anno, da elevarsi anche ai lavori forzati a tempo: lo Svedese (cap. 15, §. 9) sei anni di lavori forzati e nei casi più leggeri il carcere: il Vodese (art. 252) la reclusione fino a dieci anni.