Criteri di grafia
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Criteri di grafia
Aggiornamento professionale degli insegnanti del Grigionitaliano (valle Bregaglia, 13/14 agosto 2008) Stefano Vassere, La ricerca toponomastica nella Svizzera italiana Criteri di grafia semplificata delle collane «Archivio dei nomi di luogo» e «Repertorio toponomastico ticinese» Le pubblicazioni a carattere dialettologico si trovano spesso di fronte al problema fondamentale di rendere accessibili i propri dati a un pubblico che non sia formato nella sua totalità da specialisti della disciplina o in generale da linguisti. Questo discorso varrà in particolar modo per opere come la nostra, le cui caratteristiche non sono (esclusivamente) linguistiche. Per quanto ci riguarda i problemi maggiori sono concentrati soprattutto in aspetti connessi con la grafia dell’elenco dei nomi. Abbiamo quindi deciso di operare una scelta, in un certo senso obbligata e del resto piuttosto diffusa tra le pubblicazioni a sfondo dialettologico: quella di fornire un sistema di trascrizione semplificato a uso dei non specialisti. La base di questo sistema di trascrizione è il sistema grafico dell’italiano, che è stato completato con alcune soluzioni particolari atte soprattutto a rendere alcuni suoni del dialetto non presenti nel sistema di opposizioni della lingua e a segnalare le vocali accentate. Una grafia del dialetto che fa riferimento al sistema dell’italiano dovrà necessariamente rinunciare alla resa di alcune particolarità fonetiche che una trascrizione fonetica rigorosa riuscirebbe invece a rappresentare: gli scopi principali di questo sistema non sono quelli di fornire tratti e opposizioni fonetiche rigidamente definiti. Un tratto di fondo del sistema grafico semplificato è il carattere normativo (in opposizione al carattere meramente percettivo e soggettivo di una trascrizione fonetica). In sostanza la tendenza è quella di rendere i suoni non come il parlante nativo li riproduce effettivamente, ma come si presume che il parlante creda di riprodurli, o meglio, come si presume creda che sia norma riprodurli. Accenti Si accentano unicamente le sillabe toniche delle singole unità lessicali. L’accento acuto (´) viene usato per tutte le vocali toniche, escluse le e e le o aperte per cui si utilizza l’accento grave (`). Non si accentano i monosillabi, fatta eccezione per quelli con e ed o (di cui si indicano apertura o chiusura secondo le regole di accentazione viste), per gli avverbi monosillabici, per gli infiniti monosillabici e per alcune forme particolari (dí ‘giorno’). Il criterio di base per queste ultime categorie è quello che vale grosso modo anche per l’italiano: si sceglie di mettere l’accento là dove nel sistema lessicale due unità vengono ad avere una forma fonetica coincidente, differenziabile graficamente con l’uso dell’accento (si pensi all’italiano si/sì, da/dà ecc.). Un secondo criterio fondamentale è quello dell’analogia con l’italiano: quando c’è corrispondenza si sceglie di mettere l’accento sulla forma accentata in italiano: ciò vale anche per i casi in cui non si renda necessaria una distinzione grafica (italiano già, più ecc.). Non si accentano nemmeno le preposizioni articolate (anche se plurisillabiche), le congiunzioni, i pronomi personali. Per quanto riguarda le parole terminanti per due vocali identiche, equivalenti a una vocale lunga, si è deciso di porre l’accento sulla prima delle due unicamente se si tratta di e oppure o. Non si accentano le maiuscole. ö e ü (v. qui sotto) vanno considerate toniche se l’accento non è indicato altrove nell’unità lessicale. Vocali Si usano tutte le vocali dell’italiano. I segni ä, ö, ü indicano rispettivamente una e molto aperta, la vocale del francese peu, quella del francese plus. Per quanto concerne le vocali (atone) indistinte si trascrive a per rendere la intermedia tra a ed e, si trascrive e per la intermedia tra e ed o. La a molto ‘scura’ (cioè velarizzata, tendente verso o), presente in alcuni dialetti della valle di Blenio, si indica con â. Semivocali i, ü ed u sono da considerare semivocali quando formano sillaba con la vocale precedente o seguente (Biögn, Quint). La situazione di i completamente vocalica in una posizione che si presterebbe anche a una sua interpretazione semivocalica, viene disambiguata con l’uso della dieresi (Mïiöia, Formïiéi). Consonanti Si usano le consonanti dell’italiano con fondamentalmente le stesse funzioni. Vanno osservate però alcune precisazioni. L’opposizione tra la s sorda (italiano sera) e la rispettiva sonora (italiano rosa) in posizione intervocalica si rende con ss per la sorda e s per la sonora (Pregassóna, Robassácch, Casíma). Una soluzione analoga è stata scelta per la z (sorda) dell’italiano azione, resa con zz, e quella (sonora) dell’italiano zona, resa con z (Novazzán, Gaziròla). Le palatali corrispondenti, seguite da i oppure e e in fine di parola, sono rese rispettivamente con sc (italiano sciame) e sg (francese jour). A proposito di queste ultime soluzioni va rilevato il fatto che di solito nei dialetti della Svizzera italiana s diventa sc (o sg) davanti a un’altra consonante (con l’eccezione di alcuni dialetti della valle Capriasca e della parte alta della valle del Cassarate). Abbiamo deciso di non segnalare graficamente questo fenomeno. Si adotteranno peraltro alcune soluzioni particolari: sc-r sg-r bösc-ru böisg-ra sc-c sg-g s-ciòp s-giaff L’uso di q si giustifica nelle situazioni in cui questo grafema ricorre in italiano (Quint); si eviterà per contro l’impiego di cq (Aqua Frésca), riferibile al raddoppiamento della consonante, fenomeno non presente nei dialetti ticinesi. Per quanto riguarda le consonanti finali dopo vocale tonica il sistema da noi adottato è quello che utilizza la consonante finale semplice con una vocale accentata lunga e la consonante finale raddoppiata con una vocale accentata breve, con l’eccezione delle fricative palatali che presentano una soluzione particolare: voc. tonica breve lunga + -cch + -gh/-ch Neròcch Brisságh breve lunga + -tt + -d/-t Ligurnétt Arbéd breve lunga + -ff + -v/-f al Bóff Röv breve lunga + -ss + -s Caráss Füs breve lunga + -cc + -g/-c Montécc al Colég breve lunga breve lunga + -sc + -sg + -cc’ + -g’/-c’ Besásc Canésg Stráda di Vacc’ Piègn di Furmíg’ breve lunga + -ll + -l Viganèll Rïál Questa soluzione è adottata anche in casi di consonanti finali che non presentano opposizione: -m, -p, -z (vocale tonica precedente sempre breve) e -r (vocale tonica precedente sempre lunga), mentre il raddoppiamento di -n in posizione finale indica l’articolazione dentale (Aránn) in opposizione a quella velare (Camorín) della nasale. Nel caso di -l la soluzione proposta non è utilizzata per articoli e preposizioni articolate. Nelle forme uscenti per consonante preceduta da vocale non accentata si adotterà la consonante sorda o quella sonora, determinando di volta in volta (senza un criterio preciso, ma in base a considerazioni riguardanti l’etimo del termine, la famiglia lessicale a cui appartiene e l’analogia con il lessema corrispondente italiano) quale delle due sia la più adeguata (Birònich). Lo stesso discorso vale per i nessi formati da n-, m-, l- e r- più consonante (Nuránch, Mairénc’, Mürált, Quint, Camp Lungh, Dòss Grand, San Giòrg, Bórgh, Ca di Rináld) e per i dittonghi discendenti (Béit). Le forme derivate da fenomeni fonosintattici saranno di regola ricondotte all’esito originale fuori contesto (Pizz Séla e non Pizzéla, Alp du Pián e non Aldupián). Analogamente all’uso dell’italiano si impiega l’apostrofo al posto di una vocale caduta (per esempio negli articoli e nelle preposizioni articolate), evitando però di estendere questa regola ai casi delle parole che iniziano per vocale seguita da consonante (l’Aqua, l Arbru da el Arbru). La sempre più diffusa eterogeneità dei livelli linguistici e culturali, che si riscontra pressoché ovunque in Ticino, si riflette in particolare nella frequenza di varianti fonetiche significative nella pronuncia di un toponimo; alla forma tradizionalmente locale, se ancora oralmente attestata, viene qui tendenzialmente dato il primato, anche quando varianti di koinè o di lingua avessero ormai preso il sopravvento. Nonostante il suo particolare status di nome proprio, il toponimo si riconnette agli altri elementi della catena parlata attraverso gli accorgimenti morfosintattici del sistema linguistico. Sono quindi riportate anche le preposizioni che si accompagnano al nome raccolto.