archivio sergardi - Dipartimento di Storia

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archivio sergardi - Dipartimento di Storia
Benedetta Borello
COMPRARE E INVESTIRE
LE CASE DEI SERGARDI A ROMA TRA CINQUECENTO E SETTECENTO
Appunti su una ricerca in corso
Il mezzo per ottenere una«malleveria o fideiussione», indispensabile per la propria attività economica, la possibilità di disporre di «testimoni pronti
a giurare sullo stato libero» dei nubendi, il segno di «una scelta soprattutto politica, tesa a legittimare e a rivestire di valori giurisdizionali la
presenza di una famiglia o di un’istituzione all’interno di un determinato quartiere» o anche la base per costruire «reti di relazioni locali» è in tutti
questi vari modi che Gérard Delille e Renata Ago, nella Premessa al recente numero di «Quaderni Storici», dedicato a Proprietari e inquilini,
disegnano la relazione che si può instaurare tra le mura domestiche e i loro occupanti [AGO, DELILLE, 2003].
La casa è indubbiamente il luogo in cui ogni individuo rappresenta se stesso, le scelte professionali che ha fatto, i legami di amicizia ed è un luogo
sempre scelto in funzione delle protezioni su cui può contare [BORELLO, 2000]. Per tutte queste ragioni, partire dalla casa consente di avere un
quadro d’insieme delle scelte di breve e di lungo periodo fatte da una famiglia; ma, nel caso di trasferimento in un’altra città, permette anche di
capire il rapporto che un gruppo familiare aveva con il luogo di partenza e quello di destinazione [BORELLO, 2001]. Qualora poi queste
informazioni siano lette sullo sfondo delle logiche di trasmissione patrimoniale all’interno della famiglia, si possono anche delineare interessanti
ambiti di iniziativa personale e armonizzarli con la logica più vasta di accumulazione delle ricchezze, perseguita dall’intero gruppo familiare.
Presento qui i primi risultati di una ricerca ancora in corso sulla famiglia Sergardi, soffermandomi proprio sugli investimenti immobiliari effettuati
da alcuni membri della famiglia a Roma.
I Sergardi, originari di Montalcino, erano solidamente insediati a Siena dalla metà del Quattrocento circa. Appartenevano al Monte del Popolo e,
con il passare degli anni, abbandonarono l’attività mercantile per trarre le loro rendite dal possesso immobiliare e fondiario. All’inizio del
Cinquecento Filippo, come moltissimi altri esponenti del patriziato urbano dell’Italia centro settentrionale prese la via di Roma e della Camera
Apostolica [PARTNER, 1990]. La Curia oltre a cariche piuttosto remunerative offrì ai Sergardi possibilità di investimento in una città in piena
espansione.
Tavola 1
La famiglia Sergardi
nel Quattocento e nel primo Cinquecento
Sergardo
(di Montalcino)
Francesco
Giovanni
(di Montalcino)
Niccolò
(nato a Montalcino)
Ludovico
n.1460
(a Siena)
Girolamo
n.1462
(a Siena)
Achille
n.1467
(a Siena)
Filippo
n.1466
(a Siena)
Andrea
n.1473
(a Siena)
G. Francesco
n.1467
(a Siena)
curiale
Marcantonio
1495
Niccolò Antonio
1505
Pietro
1508
Bartolomea
poi
Sergardi Bindi
banchiere
Ludovico
1498
Roberto
1499
Fabio
1507
Caterina Antonia
1509
Niccolò Angelo
1510
morto dopo 1568
Claudio
(1532-1588ca)
Sergardi
di Fabio
In una prima fase,
l’acquisto di immobili si
realizzò all’interno di
una cerchia di persone conosciute e toscane, come si vede dalla Tavola 4. Non ho potuto ricostruire da chi Filippo Sergardi avesse comprato la casa
di abitazione nel rione Arenula, ma tutti gli atri immobili e i terreni entrati nelle sue proprietà fino al 1530, erano appartenuti a senesi. Anche la
scelta del locatario della casa di Parione nel 1561 non mi sembra casuale, ma piuttosto il segno di un’intensa circolazione di informazioni tra i
toscani a Roma. Sotto questo profilo, sono da sottolineare le diverse modalità di insediamento in città di individui inseriti o meno in reti di relazioni
nazionali [LEE, 1994]. Le ricerche di Irene Fosi sui fiorentini hanno contribuito a individuare un tipo di insediamento all’interno di un tessuto fitto
di relazioni preesistenti, che non mi sembra di poter vedere nel caso dei Sergardi, senesi e che mancava completamente, per esempio, ai Pamphilj di
Gubbio[FOSI, 1989; BORELLO 2001].
Fulvia
di Girolamo
Spannocchi
Altro elemento da non trascurare nel tipo di insediamento in città è il fatto che nella generazione successiva a quella di Filippo, nessun membro
della famiglia Sergardi intraprese carriere ecclesiastiche o risiedette a Roma. Al contrario, invece, dei Pamphilj, i quali dal 1470, quando Antonio
comprò la casa in Parione, nucleo originario dell’attuale Palazzo di Piazza Navona, come si vede dalle Tavole 5 e 6, non tornarono più nella loro
città natale, ma contrassero sempre matrimoni romani e crebbero la loro prole nella nuova città [BORELLO, 2003].
Non è un caso, infatti, che anche per i Sergardi, residenza in città e matrimoni romani, abbiano significato un incremento del patrimonio urbano e
abbiano imposto un’accelerazione negli scambi commerciali. Curzio di Fabio Sergardi che sposò Marzia Rustici, romana, proveniente da un’antica
famiglia di bobacterii, nel 1568 e che da lei ebbe sette figli, tutti battezzati a Roma, nella Chiesa di San Lorenzo in Damaso, decise anche di
comprare da Curzio Saccocci il Palazzo con case attigue nei pressi di San Marco, vicino al Campidoglio [cfr. Tavv. 2 e 4 ]. Anche in questo caso le
notizie sugli immobili sembravano circolare velocemente nella cerchia degli acquirenti, ma a differenza di Filippo, Curzio erano ormai inserito una
rete romana. Curzio Saccocci, oltre ad essere uno tra i notai più attivi della Roma cinquecentesca, era anche il notaio dei Rustici, presso cui
Camillo, il suocero di Curzio Sergardi rogò le quattro versioni del suo testamento.
Tavola 2
Sergardi di Fabio
[XVI-XVII secolo]
Fabio
1507-1568ca
Cinzia
Venturi
Settimia
1552
Curzio
1550-1625
Bruto Cassio
1548
Marzia
di Camillo Rustici
a Rm 1568
Roberto
n. a Roma 1572
Fabio
n. a Roma 1571
Clarice
n. a Roma 1575
Filippo
n. a Roma 1577
Porzia
n. a Roma 1582
Fulvia
n. a Roma 1587
Cinzia
Suor Placida
a Tor de'Specchi (Rm)
nel 1633 Arcivescovo di Si
Orazio D'Elci
nel 1592
Settimia
Massimi
Rm 1595
sc. 20.000
Settimio
Lucrezia
Accarigi
Alessandro
Piccolomini
Si 1629
Si 1600
Curzio
16 ago 1630
Ubaldino
Ubaldini
Tavola 3
Sergardi di Curzio
[ XVII - XVIII secolo]
Curzio
(1630-1689)
Olimpia
Filip
di Giovanni di Lattanzio
po
Biringucci
Serg
ardi,
Filippo Domenico
Marzia
Fabio
Ludovico Teodoro
(1654-1713)
(1648)
+1678
(1660)
il
gesuita
(carriera ecclesiastica)
figli
Isabella
Francesco Tondi
o di
di Sallustio
Cur
Forteguerri
zio,
in
conc
Fabio
Curzio Galgano
Lattanzio
Lucrezia
Antonio
(1702)
(1694)
(1695)
(1698)
(1701)
omit
dal 1727 diventa
1734 dottore in utriusque
Marcello Biringucci e erede
anza
con
Faustina
Francesco
di Mario Bianchi
di Fulvio
la
duc. 5.000
Buonsignori
mort
nel 1742
e del
Ludovico
padr
+ a Roma
e
1785
deci
se di tornare a Siena, ove contrasse matrimonio con Lucrezia Accarigi e dove nacque e visse anche suo figlio, chiamato, anch’egli Curzio [cfr.
Tavola 2].
Roma tornò ad essere, invece, la residenza del figlio cadetto di Curzio, Ludovico che intraprese la carriera ecclesiastica e, dopo di lui, di Lattanzio,
suo nipote e, in seguito di Ludovico, il nipote di Lattanzio, che morì a Roma nel 1785 [cfr. Tavola 3]. Le case di Roma, insomma, dalla morte di
Curzio, offrirono la possibilità materiale di moltiplicare le possibilità di carriera e di migliorare i destini familiari[AGO, 1992].
Che caratteristiche aveva dunque il patrimonio immobiliare dei Sergardi e che rapportò si instaurò tra i membri delle famiglia e le loro case
romane?
Tavola 4
Il patrimonio immobiliare dei Sergardi a Roma
Data dell’acquisto o saldo del Acquirente o locatore
debito
8 dicembre 1513
Filippo Sergardi
Importo annuo dovuto o prezzo Contratto e notaio
20 agosto 1519
Filippo Sergardi
Donazione
20 agosto 1519
Achille e i figli di Gianfrancesco duc. 216
Sergardi
28 maggio 1520
15 ottobre 1530
Achille e i figli di Gianfrancesco duc. 120
Sergardi
Filippo Sergardi
Donazione
2 agosto 1534
Pietro di Girolamo Sergardi
2 marzo 1561
Beatrice di Ascanio Giacomo ?
Bestini, moglie di Angelo Venturi
19 novembre 1565
Roberto di Pietro Sergardi e Divisione dei beni
Fabio di Girolamo Sergardi
duc. 2.200
sc. 250
Feliziano de
d’Archivio
Cesis
Immobile
scrittore “Una casa assieme con altre
piccole case intorno Ponte nella
contrada di Parione confinanti
col crocefisso di San Biagio” Di
Silvio Piccolomini d’Aragona
Tutto il patrimonio immobiliare
acquistato da Silvio d’Aragona a
Achille e ai nipoti figli di
Gianfrancesco e di Girolamo
Sergardi
Terza parte di una vigna e un
pezzo di “sodo” fuori S.Maria
del Popolo di Giovanni Betto,
senese,
pollaiolo
a
Ponte
S.Angelo
Resto della vigna fuori S. Maria
del Popolo
Rogato da Filippo Sergardi Dono nepotibus meis masculis ex
decano della Reverenda Camera fratribus meis ex maculis natis
Apostolica di fronte a Michele De per equali portione la casa al
Floribus de Fabriano, notaio rione Arenula e la vigna
apostolico
acquistata fuori porta del
Popolo da Giovanni Pollarolo
[redatto a Siena]
Pietro acquista da Fabio di
Gianfrancesco Sergardi, suo
cugino, un terzo della casa del
rione Parione, con case contigue
e un terzo della vigna
[redatto a Siena]
Una casa a Roma a Piazza
Ponte, in strada Paolina, “dietro
ai banchi” a Domenico de
Grillandaribus,
laicus
florentinus, con il consenso del
marito e di Roberto Sergardi,
avunculus,
Arbitrato a Siena
[Marciano A Roberto un terzo della casa
Venturi e Angelo Venturi]
senese a San Francesco e la
pigione delle case romane
5 maggio 1569
29 aprile 1570
13 novembre 1573
11 dicembre 1582
5 novembre 1614
30 novembre 1614
1° dicembre 1614
3 novembre 1617
19 settembre 1615
7 ottobre 1615
Fabio Sergardi
Testamento che
fidecommisso
istituisce
il Bernardino
apostolico
notaio A Curzio “casa grande di Roma
alli Chiavari, con quattro casette
contigue, vigna fuori Porta San
Paolo, magazzino a Ripa”
Ludovico Sergardi
Testamento
Virgilius
Thomasii
Lauretii A Roberto la sua parte di casa di
notaio senese
Roma “concernente case, casette,
stalle e simili quali detto …
Roberto lasciò ad esso testatore
… la parte che esso testatore ha
nella detta loro casa di Roma, con
case casette stalle e simili la sua
parte di vigna … fuor della
Porta del Popolo”
Curzio
Sergardi
regionis ?
Vinea cum domuncula vasca et
Arenulae
puteo in ea existentibus
Curzio di Fabio Sergardi e Concordia sulla divisione dei
Curzio riconosce a Claudio il
Claudio di Roberto Sergardi
beni
possesso “libero e vacuo” dei due
terzi della casa senese a S.
Francesco e le pigioni sulle vigne
romane di cui reclama le spese di
manutenzione. Le pigioni dei
beni extraurbani romani si
scambiano con i frutti di un
podere e di un mulino a Siena
Curzio Sergardi.
Acquisto sc. 7.350
Not. Beninincontro e Cigno
Casa grande a S. Marco di
proprietà di Curzio Saccocci
Bernardo Cappellini e Pietro sc.48
Livio Prata
Casa alli Macelli delli Corvi
Brocchi, facchini
(30 novembre 1614)
Curzio Sergardi
sc. 42
Lorenzo Bonincontro, notaio cap. Bottega sotto palazzo S. Marco,
sc.35
(5 dic. 1614)
del Sr, Curzio Sergardi in affitto a
Coralli,
Francesco Benetti, sellaro
notaio capitolino
Antonio
Maria
de
Rossi,
(3 novembre 1617)
fiorentino
Curzio Sergardi
Permuta
Livio Prata e della SS. Trinità (19 “Il mio magazzino e cantina a
Il magazzino è affittato per s. 50; settembre 1615)
Ripa con la casa della trinità al
la casa della trinità sc. 60.
ratifica
alla
congregazione mucchio de’cocci vicino ai beni
generale della Trinità (20 comprati dai Saccocci”
settembre 1615)
Curzio Sergardi
Acquisto sc. 1.400
Bonincontro e Cigno not. cap.
Casa di Curzio Saccocci
“attaccata alla casa grande già
compra dal medesimo”
de
Benis,
16 maggio 1616
Curzio Sergardi
sc. 280
8 giugno 1616
Curzio Sergardi
sc. 46
14 giugno 1616
Curzio Sergardi
sc. 25
Curzio Sergardi
sc.50
Curzio Sergardi
sc. 14
21 giugno 1616
Curzio Sergardi
sc. 14
21 settembre 1616
Michele del q. Ludovico Paolino, sc. 25
fiorentino e Dionisio Nani, senese
Livio Prata
(13 maggio 1616)
Palazzo di Piazza S. Marco e
una credenza con cassettini e
scalini di noce, una tavola di noce
intagliata da allungare, due pili di
marmo piccoli e un grande con
una statua in capolascala che
giace con l’arme di Sergardi, una
testa grossa di marmo sopra una
colonna, un mascarone di marmo
attaccato al muro, trenta chiavi
con trenta serrature, otto telari
con invetriate, con tutti l’occhi
integri,
vintitre
telari
da
impannate in affitto a Gaspare e
Giovanni Battista Garzonio
Livio Prata
Casa sotto Palazzo S. Marco in
affitto Claudia del Bufalo, vedova
Livio Prata
Hosteria alla Piazza di San
Marco affittata a Pietro Di
Donato, milanese
? [?compra affittata da Paolo e Casa a S. Marco contigua al
figlioli di Saccocci, per 1.400 sc.] palazzo affitta a Mastro Cesare,
[casa acquistata il 7 ottobre 1615, tessitore di coperte
per gli atti di L. Bonincontro e
Biagio Cigni, not. Capitolini]
Tinello sotto la casa che
habitano li facchini nella strada
di Macello de Corvi affitata a
Alessandro Della Chiesa,
da Cavi, mulattiere.
Livio Prata
Bernardo Rappellini e compagni
facchini prendono in affitto un
(21 giugno 1616)
Tinello sotto la casa che loro
abitano nella strada del Macello
de’ Corvi. I Sergardi faranno una
“cantara” “et loro pagaranno la
spesa a conto delle pigioni che
devono”
Livio Prata
Hosteria alla Piazza di S.
notaro alla Trinità de’ Ponte
Marco
(21 settembre 1616)
30 novembre 1616
Curzio Sergardi
sc. 100
13 ???
Curzio Sergardi
sc. 20
Simone Corallo
notaio capitolino
13 ???
21 dicembre 1616
Curzio Sergardi
sc.14
Livio Prata
(21 giugno 1616)
13 gennaio 1621
Curzio Sergardi
Vendita sc. 1.400 “da pagarmesi Lorenzo Buonincontro
fra anni otto e intanto darmi sc. (13 gennaio 1621)
50 l’anno e loro pagare la risposta
della vigna ai frati di S. Alessio
[paga tutto fino al 1624]
15 aprile 1621
I figli ed eredi di Crisoforo Scotti Procura per compensazione debiti Raimondo not. capitolino
devono riscuotere la pigione delle
case dove abita Ms. Cesare
cupertaro, attaccata al palazzo di
S. Marco, su cui Scotti aveva un
censo di 39 scudi l’anno
Curzio e poi Filippo Sergardi
sc. 14 all’anno (paga ogni 6 mesi)
21 luglio 1621
18 giugno 1623
22 giugno 1624
Curzio e poi Filippo Sergardi
sc. 28 all’anno (paga ogni 3 mesi)
[paga fino al 1625 prima a Curzio
poi a Filippo Sergardi]
Censo di sc. 150 (al 6%) “per il Not. Giulio Olivello dal Pasciuti
bisogno mio di vivere ... e
l’imposi sopra la casa dove abito
oggi imposto da Franscesca Rota,
moglie di Agniolo Ratta, fedele
Vigna in affitto a G. Tommaso e
Annibale Piozzelli
Gasparo Pizzo, milanese, prende
in affitto la casa del Sr Curzio ad
uso di Hosteria posta a S.
Marco
Tinello sotto la casa che
Bernardo Rappellini et compagni
facchini abitano nella strada del
macello dei corvi.
Curzio promette “di far in detto
tinello una cantara, et loro
pagheranno la spesa a conto però
delle pigioni che devono”
“Vignia fuor porta S. pavolo nel
logo detto monte della Bagniara
proprietà dei frati di S. Alessio” a
Francesco Veraldi, bresciano
abitante nella piazza di S. Maria
in Trastevere e Don Camillo
Verallo, bresciano della Chiesa
cattedrale di Albano
Casa attaccata al palazzo di
Curzio a Piazza S. Marco.
Il censo è di 39 scudi all’anno, la
casa è affittata per 50.
Riscossione fino all’estinzione
del censo.
Stalla nella strada del macello
dei Corvi in affitto a Giacomo,
carrettiere. A dicembre 1625 paga
a suor Placida che li usa per il
“mortorio di nostro padre”
Bottega sotto la sala del palazzo
in affitto a Giovanni cocchiere e
vetturale savoiardo
di Campidoglio
sc. 250 l’anno per 3 anni (paga Tullio not. capitolino
ogni tre mesi)
sc. 10 annui
Paolo Vispignani, not. cap.
27 maggio 1624
Curzio e poi Filippo Sergardi
14 novembre 1624
Curzio e poi Filippo Sergardi
1 febbraio 1625
Curzio e poi Filippo Sergardi
sc. 20 annui (paga ogni sei mesi)
[paga prima a Curzio poi a
Filippo]
3 marzo 1690
Filippo e Ludovico Sergardi
sc.56→sc.60
2 giugno 1742
Lattanzio Sergardi
Donazione
24 maggio 1788
Fabio Sergardi
Scrittura privata
Stima delle case di Roma fatta da
Giuseppe Palazzi Architetto
Il palazzo affittato a Belardino
Maffei
Terreno fuori porta S. Paolo nel
luogo detto la Travicella affittata
a Quirico Orata, ortolano in
pescheria
Casa per uso di osteria per
entrare nel vicolo che va a
Macelli affittata a Bastiano
Piaceti
Contratto di miglioria di casa e
bottega affittata a Giambattista
Barigieri, poste sotto il palazzo
Sergardi a S. Marco. Casa e
bottega esistenti più stanze da
farsi saranno affittate ora a 60
scudi annui
Al
primogenito
Fabio
“desiderando la preservazione e
prosecuzione della sua famiglia”
dona “tutta la sua porzione dei
beni” riservandosi l’usufrutto dei
beni romani “per suo decoroso
trattamento”
Immo
b.
Casa a
S.
Marco
Casa
alla
Pedac
chia
Casa a
S.Gius
eppe
alla
Lungar
a
Valore
Cen
so
Affitt
o
247,2
3.021
effettivo
1922 ca
1000
(4%)
142,2
1180
effettivo
460
15, 5
annui
2,5%
6.180
Il primo investimento immobiliare documentato dei Sergardi a Roma è l’acquisto della casa di Parione, di cui entrano in possesso grazie a Silvio
Piccolomini. Parione era insieme a Ponte il rione chiave della Roma cinquecentesca e il cuore della vita curiale [BARBALARGA ET AL.1986].
Accanto a queste case, negli stessi anni Filippo compra la vigna fuori porta del Popolo, anche questo elemento ricorrente negli inventari dei
patrimoni immobiliari di romani e di curiali romana curia sequentes, in questo periodo. Anna Modigliani, tuttavia, rileva come questo tradizionale
tipo di investimento stava perdendo molta della sua attrattiva, giacché le rendite degli affitti in città stavano rapidamente superando le rese degli
investimenti extraurbani [MODIGLIANI1994].
Alla morte di Filippo, non molto dopo il 1530, le case e i terreni romani, acquistati dal curiale di famiglia, entrarono nel patrimonio dei Sergardi e
vennero equamente divisi tra gli uomini di casa.
Nella seconda metà degli anni Sessanta, Fabio di Girolamo prese stabile residenza a Roma. Nel 1568, suo figlio Curzio sposò Marzia Rustici e, a
distanza di un anno, sempre a Roma, iacens in lecto infirmus, alla presenza di Bernardino de Benis, notaio apostolico, Fabio dettò le sue ultime
volontà, istituendo il fidecommesso sui beni romani e senesi.
All’inizio del Seicento, dopo aver proceduto a una divisione dei beni con il cugino senese, Curzio di Fabio cominciò a incrementare il suo
patrimonio romano. Nel 1614, quando comprò da Curzio Saccocci il palazzo di Piazza San Marco, il Sergardi dette vita al primo nucleo di un
complesso abitativo alle pendici del Campidoglio. Benché nella Roma del Seicento non avesse più molto senso parlare di complessi, almeno dotati
delle caratteristiche che Broise e Maire-Vigueur attribuiscono loro alla fine del Trecento e nel Quattrocento, non era raro che gli investimenti
immobiliari perseguissero una logica di rione [BROISE, MAIRE-VIGUEUR1983]. Nel Cinquecento, inoltre, domicilio e investimento potevano essere
posti l’uno accanto all’altro, come nel caso dei Pamphilj, ma anche essere separati, come per i Porcari, i quali, in realtà ,possedevano uno stock
immobiliare molto più consistente di quello dei Pamphilj [BORELLO 2000; MODIGLIANI 1994].
Dal loro arrivo in città, i Pamphilj, infatti, in modo non troppo dissimile da quanto fecero Sergardi alle pendici del Campidoglio nel Seicento,
indirizzarono i loro sforzi verso investimenti tutti localizzati nei pressi della piazza di Parione. Con l’elezione pontificia del 1644, questo nucleo di
abitazioni sarebbe diventato il palazzo di Navona [cfr.Tavv. 5 e 6].
Tavola 5
Patrimonio immobiliare di Angelo Benedetto di
Antonio Pamphilj [1501]
INVENTARIO DELL’EREDITÀ DI ANGELO BENEDETTO (1501)
Beni che restano nel patrimonio del figlio Pamphilio
4 case a Piazza Parione
2 altre piccole case nello stesso Parione
Beni che ne saranno esclusi
1 piccola casa presso San Pietro
1casa nel rione Campo Marzio vicino alla Scrofa
1 orto con casa a Campo Marzio
1 vigne fuori Porta del Popolo
1 casa grande e una piccola a Gubbio
2 terreni con case dei contadini Gubbio
1 vigna con mulino
1 casa a Nepi
15 rubbia nelle terre di Paolo Orsini
Tavola 6
Patrimonio immobiliare di Pamphilio
di Angelo Benedetto Pamphilj [metà Cinquecento]
PATRIMONIO IMMOBILIARE DI
PAMPHILIO PAMPHILJ NEL 1542
1 casa nei pressi di Banchi vicino a
quella di Savo Mattei
Casa nel rione Parione e 2 piccole case
nei paraggi molto rovinate per gli
interventi dei Maestri delle strade
1 piccola casa piuttosto vecchia nel rione
Parione vicino al palazzo del Cardinal.
Puti
1 piccola casa nel rione Ripa sulla strada
che va a S.Cecilia
VALORE
RENDITA
sc. 1800
(gravata da un censo di sc.1.100)
sc. 2600
(gravata da un censo di sc. 1050)
Affittata a Giovanni Bargini notaio
Residenza familiare
sc. 9 all’anno
Forse sc. 180
sfitta
Non ci fu nessuna elezione pontificia in casa Sergardi, ma Piazza San Marco e i dintorni divennero il loro spazio romano. Contemporaneamente
all’investimento di Curzio, infatti, scomparvero dal patrimonio di famiglia le case di Parione e di Arenula. Allo stato attuale della ricerca, non so
dire se questi immobili furono venduti o ceduti al cugino senese, è sicuro, in ogni caso, che insieme alla grande casa del notaio Saccocci, entrarono
nel patrimonio di famiglia altre case con botteghe, sempre nella Piazza di San Marco o al vicino Macello dei Corvi.
Il patrimonio immobiliare dei Sergardi a Roma è troppo esiguo per mettere in relazione le strategie attivate attorno alle case romane con quello di
famiglie di antica origine romana, come i Porcari, o solidamente insediati in città, come i Pamphilj. Marginale, risulta, infatti, nella vicenda
familiare, il ruolo delle case di Roma, se si eccettua naturalmente la fase, durata, comunque, due generazioni in cui i Sergardi risedettero nella città
dei papi. In questo lasso di tempo, Curzio e, per qualche anno Filippo (coadiuvato anche dalla sorella monaca che, restò a Roma a Tor de’Specchi)
si comportarono come altri investitori; per loro dimora scelsero una casa, non costosissima, ma decorosa e che, pur non sorgendo in un rione
centralissimo, aveva buone caratteristiche [CONNORS1989].Eliminarono, infine, le vigne, preferendo trarre rendite più cospicue dagli affitti di case
[VAQUERO PINEIRO1990; LE ROY LADURIE, COUPERIE 1970].
La decisione presa da Filippo Sergardi di tornare a Siena e di prendere una moglie senese non poteva non ripercuotersi sulla composizione e
l’importanza del patrimonio immobiliare. Le case di Roma divennero, dopo poco, appannaggio dei cadetti destinati alla carriera ecclesiastica.
Chiamati a ricoprire un ruolo diverso da quello dei primogeniti, ma non per questo meno importante per la famiglia [SEGALEN, RAVIS GIORDANI
1994; VERNIER 1991], Ludovico, Lattanzio e poi Ludovico, di Fabio, non dimostrarono l’intenzione di stabilirsi definitivamente presso la Curia
romana, né di crearvi un solido punto di appoggio, come fecero invece molti altri curiali senesi. Allo stato attuale della ricerca, sembra che almeno
fino alla fine del Settecento, la famiglia Sergardi funzionasse e progredisse attraverso due figli maschi: il primo che teneva saldamente in mano il
patrimonio immobiliare, garantito dal fedecommesso, il secondo che faceva carriera ecclesiastica e poteva accumulare, oltre che rendite e privilegi,
significativi appoggi per l’intero gruppo familiare. La donazione del 1742 e le parole con cui Lattanzio la motivò si inseriscono perfettamente in
questa logica [cfr. Tavola 4 ]
Dal ritorno a Siena, anche le notizie su affitti e investimenti si fanno più rade nelle carte familiari. Fu soltanto nel 1788 che i Sergardi, dopo la
morte, avvenuta a Roma, di Ludovico, destinato alla carriera ecclesiastica, morte seguita da quella del padre Fabio, fecero fare una stima accurata
delle case, con l’intenzione, poi non perseguita, di venderle. Il patrimonio romano era ormai ridotto all’osso, abbandonato in mano a ad
amministratori privi di scrupoli.
Ripercorrere la parabola ascendente e poi discendete della accumulazione patrimoniale dei Sergardi a Roma offre un grimaldello utilissimo per
entrare nelle dinamiche familiari. Un’analisi degli acquisti e della gestione di una parte del patrimonio di una famiglia rappresenta, tuttavia soltanto
uno spunto alla riflessione sulle strategie di qual gruppo domestico.
Guardando sempre alle case e alle ricchezze dei Sergardi, ci sono almeno altri due elementi da prendere in considerazione. Oltre agli inventari, ai
testamenti e ai documenti sulla gestione del patrimonio, è di grande interesse vedere il reale utilizzo delle pareti domestiche da parte dei membri di
un casato. Studio questo spesso al centro degli antropologi, ma di recente compiuto, con finalità un po’ diverse anche dagli storici [CARSTEN,
HUGH-JONES 1995; SARTI 1999]. Da un’altra prospettiva, mi sembra importante, almeno a Roma, valutare la ricchezza che viene dalle rendite delle
cariche e dei censi, qui volutamente ignorati, ma da non sottovalutare in famiglie come i Pamphilj e, in misura minore, nel caso dei Sergardi, in cui
un membro della famiglia intraprende una carica ecclesiastica.
La casa, dunque, può assumere diversi e fondamentali significati per chi la occupa. Tentare di comprenderli a fondo implica necessariamente
tornare ai “costruttori” dello spazio domestico alle loro logiche individuali e al modo in cui queste logiche si armonizzavano con gli intenti più vasti
perseguiti dal gruppo familiare. Per i Sergardi, mi attendo risposte a una parte di queste domande dalla ricerca che sto completando su questa e altre
famiglie senesi.
Fonti
ARCHIVIO DI STATO DI SIENA, Archivio Sergardi, bb. A 4, A 10, A 14, G. 6.
ARCHIVIO DI STATO DI ROMA, Collegio Notai Capitolini, b.1573
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