Funzioni speciali e trasformate integrali

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Funzioni speciali e trasformate integrali
Funzioni speciali e trasformate integrali
Stefano Isola
1
Introduzione
In queste note cercherò di discutere nel modo più omogeneo possibile alcuni
aspetti dell’analisi matematica che per varie ragioni restano esclusi dai corsi
tradizionali e che tuttavia credo che siano spesso di grande utilità sia nella
ricerca pura che nelle applicazioni.
2
La funzione gamma di Eulero
Un ruolo fondamentale in tutta la teoria delle funzioni speciali è svolto dalla
funzione gamma, che può essere definita dall’integrale infinito:
Z ∞
Γ(s) =
e−x xs−1 dx
(1)
0
che converge se < s > 0 ed ivi definisce una funzione analitica di s. Integrando
per parti si ottiene l’equazione funzionale
s Γ(s) = Γ(s + 1)
(2)
da cui discende subito che Γ(k) = (k − 1)! per ogni k ≥ 1. La (2) determina
inoltre un prolungamento analitico di Γ a una funzione meromorfa in C.
Infatti, se <s > −k la funzione Γ(s + k) è analitica e dunque riscrivendo la
(2) nella forma
Γ(s + k)
Γ(s) =
(3)
s(s + 1) · · · (s + k − 1)
si vede che i punti s = 0, −1, −2, . . . , −k + 1 sono poli semplici di Γ(s). La
tesi segue ora dall’arbitrarietà di k. Da quanto visto è anche evidente che il
residuo di Γ(s) in s = −k è uguale a (−1)k /k!
1
Osserviamo che se a è una costante reale e positiva e sostituiamo x con ax
nella (1) si ottiene la formula
Z ∞
Γ(s)
e−ax xs−1 dx = s
(4)
a
0
spesso di utilità nelle applicazioni.
2.1
La funzione beta
La funzione gamma è intimamente legata alla funzione beta, definita per
< s > 0 e < t > 0 dall’integrale
Z 1
(1 − x)t−1 xs−1 dx .
(5)
B(t, s) =
0
L’integrale è simmetrico in s e t come si vede con il cambiamento di variabile
u = 1 − x. Più precisamente si ha la relazione
B(t, s) =
Γ(t) Γ(s)
.
Γ(t + s)
(6)
Per ottenerla usiamo il teorema di Fubini e scriviamo l’integrale doppio
Z ∞Z ∞
Γ(t) Γ(s) =
e−(x+y) xt−1 y s−1 dx dy ,
0
0
che con la sostituzione u = x + y, v = x/(x + y) diviene
Z ∞Z 1
e−u (uv)t−1 (u(1 − v))s−1 u du dv =
Z0 ∞ 0
Z 1
−u t+s−1
e u
du
v t−1 (1 − v)s−1 dv = Γ(t + s) B(t, s)
0
0
come richiesto.
2.2
Rappresentazione di Weierstrass
Ora, dalla (3) vediamo che Γ(s) e una funzione senza zeri al finito e dunque
1/Γ(s) è una funzione intera, di cui si può dare una interessante rappresentazione come prodotto infinito, detta rappresentazione di Weierstrass. A
2
questo scopo scegliamo un intero positivo n sostituiamo x con x/n nella (6)
con t = n + 1:
Z n
x n s−1
Γ(n + 1) Γ(s)
−s
1−
=n
x dx
Γ(s + n + 1)
n
0
n
è monotona crescente e
Osservando che la sequenza di funzioni 1 − nx
−x
converge a e , per il teorema di convergenza monotona l’integrale scritto
sopra converge a Γ(s) quando n → ∞ e si ha (usando ancora l’equazione
funzionale)
Γ(n + 1) ns
n! ns
=
→1
Γ(s + n + 1)
(s + n) · · · (s + 1)sΓ(s)
che si può riscrivere nella forma
(s + n) · · · (s + 1)s
n→∞
n! ns
n
s Y
s
= lim s
1+
n→∞ n
k
k=1
1
=
Γ(s)
lim
= s lim es(
Pn
1
k=1 k −log n
)
n→∞
= s eγ s
∞ Y
k=1
n Y
1+
k=1
1+
s
k
s
e− k
s −s
e k
k
(7)
dove abbiamo posto
γ = lim
n→∞
s
k
− ks
n
X
1
k=1
k
!
− log n
(8)
−2
Ora 1 + e
= 1 + O(k ) e pertanto il prodotto converge. Essendo
1/Γ(s) intera anche il limite (8) deve convergere. La costante γ a cui converge
prendo il nome di costante di Eulero-Mascheroni e vale γ = 0.5772156649 . . .
Osserviamo infine che la rappresentazione (9) mostra in modo palese che i
punti s = 0, −1, −2, . . . sono poli semplici di Γ(s) essendo zeri semplici di
1/Γ(s). Osserviamo infine che la prima riga della (7) fornisce una definizione
alternativa della funzione gamma, peraltro molto usata,
n! ns
.
n→∞ (s + n) · · · (s + 1)s
Γ(s) = lim
3
(9)
Per mezzo della (9) si può inoltre facilmente mostrare che
γ = −Γ(1)
2.3
(10)
Formula asintotica di Stirling
Una formula di estrema utilità, che ad esempio consente di stimare con precisione l’andamento di n! quando n → ∞, è la formula di Stirling per la
funzione gamma (con s reale e positivo):
√
1
(11)
Γ(s) ∼ 2πss− 2 e−s , s → ∞ .
Otterremo più avanti una formula asintotica più generale e valida anche per
valori complessi di s. Iniziamo con l’osservare che per s reale e positivo il
cambiamento di variabili x = ts nella (1) dà
Z ∞
1
Γ(s)
s f (t)
e
dt dove f (t) = −t + 1 −
=
log t
(12)
ss
s
0
Ora la funzione f (t) per t > 0 e s > 1 è sempre negativa e concava con
un massimo assoluto in t0 = 1 − 1s e f (t) → −∞ per t → 0+ e t → ∞.
Nell’intorno di t = t0 avremo
1
f (t) = f (t0 ) + f 00 (t0 )(t − t0 )2 + ξ(t)
2
(t − 1 − 1s )2
+ ξ(t)
= f (t0 ) −
2 1 − 1s
= f (t0 ) − τ 2 + η(τ )
dove η(τ ) = ξ(t(τ )) le variabili t e τ sono legate da
√
t = t0 + 2t0 τ
quando τ > 0, con il segno − altrimenti. Dunque l’integrale in (12) diviene
Z ∞
Z ∞
√
2
s f (t)
sf (t0 )
e
dt = 2t0 e
e−s (τ +η(τ )) dτ
(13)
−∞
0
La funzione η(τ ) soddisfa
η(0) = η 0 (0) = η 00 (0) = 0
4
come è facile verificare. Ciò implica che (η 0 (τ )−η 0 (0))/τ → 0 quando τ → 0 e
dunque η 0 (τ ) = o (τ ) (τ → 0). Se |τ | è abbastanza piccolo possiamo applicare
il teorema del valor medio a η ed ottenere che η(τ ) − η(0) = τ η 0 (θτ ) per
qualche 0 < θ < 1. Abbiamo trovato che η(τ ) = τ o (θτ ) = o (τ 2 ) e dunque
fissato > 0 possiamo trovare δ tale che se |τ | < δ allora |η(τ )| ≤ τ 2 . Da
ciò si deduce che
Z δ
Z δ
Z δ
2
−s (τ 2 +η(τ ))
−s τ 2 (1+)
e−s τ (1−) dτ
e
dτ <
e
dτ <
−δ
−δ
−δ
D’altra parte si ha
Z δ
Z ∞
2
−s τ 2 (1−)
e
dτ =
e−s τ (1−) dτ + O(e−α s )
−δ
r−∞
π
=
+ O(e−α s )
s(1 − )
r
π
≤
s(1 − 2)
dove α può dipendere da δ (e quindi da ) ma non da s e l’ultima disuguaglianza è valida per s abbastanza grande. Infine, è facile rendersi conto
che per ogni δ > 0 si può trovare un numero positivo φ(δ) tale che se |τ | > δ
allora −(τ 2 + η(τ )) ≤ −φ(δ). Pertanto si può trovare β = β(δ) tale che
Z ∞
Z ∞
Z δ
2
−(s−1) φ(δ)
e−(τ +η(τ )) dτ = O(e−β s ), s > 1
<e
+
−∞
δ
−∞
Vediamo dunque che l’integrale in (13) quando s è abbastanza grande può
essere stimato da
Z ∞
r
π
−s (τ 2 +η(τ ))
e
dτ ≤
s(1 − 3)
−∞
Analoga disuguaglianza in senso opposto (con +3 al posto di −3) si ottiene
allo stesso modo.
Osserviamo infine che quando s → ∞ si ha
s s−1
√
√
1 1−s
1
sf (t0 )
2t0 e
= 2 1−
e
1−
∼ 2 e−s
(14)
s
s
Mettendo tutto insieme e usando l’arbitrarietà di si ottiene (11).
5
2.4
Formula di duplicazione di Legendre
Studiamo ora l’andamento asintotico della funzione
G(s) = 22s−1
Γ(s)Γ(s + 1/2)
Γ(1/2)Γ(2s)
(15)
Osserviamo che l’equazione funzionale (2) implica che G(s)
√ = G(s + 1), cioè
G(x) è 1-periodica. Inoltre usando il fatto che Γ(1/2) = π (vedi (18)) e la
(11) si vede che G(s) ∼ 1 quando s → ∞ e dunque limn→∞ G(s + n) = 1 con
n intero. Ma G(s + n) = G(s) e dunque possiamo concludere che G(s) = 1.
Abbiamo cos`i ottenuto la formula di duplicazione, che scriviamo nella forma
s s + 1 √
Γ
(16)
Γ
= π 21−s Γ(s).
2
2
2.5
Formula di riflessione di Eulero
Consideriamo ora la funzione I(s) = Γ(s) Γ(1 − s). Dall’equazione funzionale
per Γ(s) si vede che I(s) ha periodo 2:
I(s + 2) = I(s)
Se poi nella (6) poniamo t = 1 − s otteniamo
Z
Z 1
−s s−1
(1 − x) x dx =
I(s) = B(1 − s, s) =
0
0
∞
y s−1
dy
1+y
dove gli integrali convergono per 0 < <s < 1 e nell’ultimo abbiamo posto
x = y/(1 + y). Calcoliamo questo integrale con il metodo dei residui. A
questo scopo consideriamo l’integrale
Z
z s−1
dz
C 1−z
dove C consiste in due cerchi centrati nell’origine di raggio R e rispettivamente, collegati lungo il semiasse negativo da −R a −. Se ci muoviamo
sul cerchio esterno in senso antiorario e su quello interno in senso orario il
teorema dei residui dice che l’integrale vale −2πi (ove si sia assegnato a z s−1
il suo valore principale). D’altra parte si ha
Z
Z π
Z s−1 isπ
Z π
Z R s−1 −isπ
z s−1
iRs eisθ
y e
is eisθ
y e
dz =
dθ+
dy+
dθ+
dy
iθ
iθ
1+y
1+y
C 1−z
−π 1 − Re
R
−π 1 − e
6
Se ora facciamo tendere R → ∞ e → 0 il primo e il terzo integrale tendono
a zero mentre il secondo e il quarto si combinano per dare
Z
Z ∞ s−1
∞ y s−1
y
−isπ
isπ
−2πi = e
−e
dy = −2i sin(πs)
dy
1+y
1+y
0
0
Abbiamo cos`i trovato la formula di riflessione:
Γ(s) Γ(1 − s) =
π
sin(πs)
(17)
che vale evidentemente ovunque entrambi i membri siano definiti, cioè in
tutto C a parte i poli semplici in s = 0, ±1, ±2, . . .
La (17) ha numerose importanti conseguenze. Innanzitutto si vede subito
che
√
1
Γ
= π
(18)
2
L’equazione funzionale dà poi
1
3
1
1
1
= n−
n−
···
Γ
Γ n+
2
2
2
2
2
e dunque
1
(2n − 1)!! √
Γ n+
π
=
2
2n
(19)
Utilizzando queste relazioni e la sostituzione x = z 2 nella (1) otteniamo le
note identità
Z ∞
Z ∞
√
(2n − 1)!! √
2
−z 2
e−z z 2n dz =
2
e dz = π,
2
π, n ≥ 1. (20)
2n
0
0
Esercizio. Usando (2), (9) e (17) si ottenga la formula
∞ Y
x2
sin(πx) = πx
1− 2
n
n=1
la cui derivata logaritmica dà lo sviluppo in frazioni parziali
∞ n
X
1 X
1
1
1
π cot(πx) = +
+
= lim
·
n→∞
x n=1 x + n x − n
x
−
k
k=−n
7
(21)
(22)
I numeri di Bernoulli Bn sono definiti dallo sviluppo in serie
∞
∞
X xn
x X
x
x2k
=
B
=
1
−
+
B
n
2k
ex − 1 n=0
n!
2 k=1
(2k)!
(23)
dove nell’ultima identità si è usato il fatto facilmente verificabile che la funzione exx−1 + x2 è pari. I primi numeri di Bernoulli sono
1
1
1
1
1
5
B0 = 1, B1 = − , B2 = , B4 = − , B6 = , B8 = − , B10 =
2
6
30
42
30
66
In generale, vale la formula ricorsiva
m X
m+1
Bl = 0,
l
l=0
m ≥ 1.
(24)
Osserviamo ora che usando la (23) si può scrivere
∞
X
eix + e−ix
2ix
22k x2k
k+1
x cot x = ix ix
=
ix
+
=
1
−
(−1)
B
2k
e − e−ix
e2ix − 1
(2k)!
k=1
d’altra parte la (22) può essere riscritta nella forma
x cot x = 1 + 2
∞
X
n=1
∞ X
∞
X
x2k
x2
=
1
−
2
x2 − n 2 π 2
n2k π 2k
n=1 k=1
Uguagliando i coefficienti di x2k nelle due serie otteniamo l’importante identità, valida per ogni intero positivo k,
∞
X
1
(−1)k+1 22k−1 π 2k
=
B2k
2k
n
(2k)!
n=1
2.6
(25)
Polinomi di Bernoulli
La (23) può essere generalizzata per definire i polinomi di Bernoulli
∞
X
xetx
xn
=
B
(t)
n
ex − 1 n=0
n!
8
(26)
cosicchè
Bn ≡ Bn (0)
(27)
Osserviamo che si può anche scrivere
∞
∞
∞
X
xn X n xn X xn
xn
tx
Bn
=e
=
t
·
Bn
Bn (t)
n!
n!
n! n=0
n!
n=0
n=0
n=0
∞
X
(28)
da cui si ottiene la formula esplicita (utile solo se si conoscono i primi n
numeri di Bernoulli!)
n X
n
Bn (t) =
Bn−k tk ,
(29)
k
k=0
dalla quale a sua volta si deduce facilmente l’equazione ricorsiva
d
Bn (t) = n Bn−1 (t) ,
dt
Bn (0) = Bn .
(30)
Cos`i, ad esempio,
B0 (t) = 1,
2.7
1
B1 (t) = t − ,
2
B2 (t) = t2 − t +
1
·
6
(31)
La formula di somma di Eulero-MacLaurin
Si tratta di una formula di grande utilità che mette esplicitamente in relazione
la somma dei valori di una funzione differenziabile nei punti a coordinata intera di un intervallo reale con l’integrale della funzione sul suddetto intervallo.
Cominciamo col considerare una funzione differenziabile f definita su un insieme che contiene l’intervallo [m, n] con m e n interi. Dato k intero con
m ≤ k < n possiamo scrivere in prima approssimazione
Z k+1
f (k) + f (k + 1)
f (x)dx ≈
2
k
Per stimare l’errore osserviamo che
Z k+1
f (k) + f (k + 1)
d
1
=
x−k−
f (x) dx
2
dx
2
k
Z k+1
Z k+1 1
=
f (x)dx +
x−k−
f 0 (x)dx
2
k
k
Z k+1
Z k+1 1
=
f (x)dx +
x − [x] −
f 0 (x)dx
2
k
k
9
dove [x] indica la parte intera di x. Indichiamo ora con B n (x) la funzione
1-periodica che coincide con Bn (x) nell’intervallo [0, 1), cioè
B n (x) = Bn (x − [x]).
(32)
Ad esempio
1
B 0 (x) = 1 e B 1 (x) = x − [x] − .
(33)
2
Se ora ricordiamo che B1 = −1/2 e sommiamo l’espressione scritta sopra per
k = m, . . . , n − 1 otteniamo
Z n
Z n
n−1
X
f (k) =
f (x)dx +
B 1 (x) f 0 (x)dx + B1 [f (n) − f (m)]
(34)
k=m
m
m
Questa è un caso particolare della formula cercata. Più in generale, se f
ha r derivate continue allora integrando ripetutamente per parti e usando la
formula ricorsiva (30) si mostra che
Z
Z n
n−1
X
(−1)r−1 n
f (x)dx +
B r (x) f (r) (x)dx
f (k) =
r!
m
m
k=m
r
i
X
Bl h (l−1)
+
f
(n) − f (l−1) (m)
(35)
l!
l=1
Esercizio. Una funzione interessante legata alla funzione gamma è la sua
derivata logaritmica:
Γ0 (s)
ψ(s) =
·
(36)
Γ(s)
Derivando logaritmicamente l’equazione funzionale (2) si ottiene
1
(37)
ψ(s + 1) = ψ(s) +
s
mentre dalla (7) si ottiene facilmente l’identità
ψ(n) =
n−1
X
1
k=1
k
−γ
(38)
dove γ è la costante di Eulero-Mascheroni. Usando questa relazione e la (35)
mostrare che
n−1
X
1
B2k
θB2q
ψ(n) = log n +
−
−
(39)
2k
2n k=1 2kn
2qn2q
con 0 < θ < 1.
10
2.8
Serie di Fourier
Una prima applicazione della (35) consiste nel ricavare lo sviluppo in serie
di Fourier per le funzioni periodiche B n (x). Ricordiamo che se f (x) è una
funzione limitata, misurabile e 1-periodica, cioè tale che f (x + 1) = f (x), si
possono definire i suoi coefficienti di Fourier an per ogni intero n ∈ Z:
Z 1
an =
f (x)e2πinx dx
(40)
0
Le somme parziali della serie di Fourier sono date da
N
X
σN (x) =
an e−2πinx
(41)
n=−N
Se x0 è un numero reale qualsiasi in cui f (x) ammette limiti destro e sinistro
f (x0 ± 0) = lim+ f (xo ± δ)
δ→0
il fondamentale teorema di Fejer afferma che
N −1
1 X
f (x0 + 0) + f (x0 − 0)
= lim
σk (x0 )
N →∞ N
2
k=0
(42)
Se poi f (x) è continua in x e le somme parziali σN (x) convergono allora si
ha
∞
X
−2πinx
an e
+ a−n e2πinx .
(43)
f (x) = a0 +
n=1
Il P
caso più favorevole si ha quando f (x) è continua su tutta la retta reale
e ∞
n=−∞ |an | < ∞. In questo caso f può essere rappresentata dalla serie
assolutamente convergente
f (x) =
∞
X
an e−2πinx .
(44)
n=−∞
Calcoliamo ora i coefficienti di Fourier delle funzioni B n (x):
Z 1
c(n, r) =
B n (x)e2π i r x dx
0
11
(45)
A questo scopo basta scrivere la (35) con m = 0, n = 1 e f (x) = e2π i r x .
L’ultimo termine è nullo in quanto f e le sue derivate sono 1-periodiche e
quindi
Z 1
(−1)n−1
2π i r x
(2πir)n c(n, r)
(46)
1=
e
dx +
n!
0
da cui si ricava
c(n, r) =
0,
se r = 0,
(−1)n−1 n!/(2πir)n , se r 6= 0.
(47)
P
Ora, per n ≥ 2 la serie n6=0 r−n converge assolutamente, e la stessa proprietà
vale per la serie di Fourier
B n (x) =
(−1)n−1 n! X e−2πirx
(2πi)n r6=0 rn
(48)
In particolare, si ha
B 2k−1 (x) = 2(−1)k (2k − 1)!
X sin (2πrx)
r≥1
e
B 2k (x) = 2(−1)k−1 (2k)!
(2πr)2k−1
X cos (2πrx)
r≥1
k ≥ 1,
,
(2πr)2k
.
(49)
(50)
Infine, ponendo x = 0 troviamo la formula per i numeri di Bernoulli
Bn =
(−1)n−1 n! X 1
,
(2πi)n r6=0 rn
n = 2, 3, . . .
(51)
Da cui si evince subito che Bn = 0 se n è dispari, n ≥ 3. Se invece n = 2k
allora si riottiene facilmente la formula (25).
2.9
Funzioni zeta
La funzione zeta di Riemann è definita dalla serie
ζ(s) =
∞
X
1
ns
n=1
12
(52)
che converge per <s > 1 ed ivi definisce una funzione analitica. Le (25)
danno ad esempio i valori
ζ(2) =
π2
,
6
ζ(4) =
π4
,
90
ζ(6) =
π6
945
Vedremo che ζ(s) può essere prolungata analiticamente a tutto il piano complesso con un solo polo semplice in s = 1. La continuazione analitica al
semipiano <s > 0 può essere ottenuta come segue: se [x] e {x} denotano
rispettivamente la parte intera e la parte frazionaria di x possiamo scrivere
la (52) per <s > 1 nella forma
Z ∞
∞
∞
X
X
dx
1
=
s
ns
xs+1
n
n=1
n=1
Z ∞
[x]
= s
dx
xs+1
1
Z ∞
1
{x}
= 1+
−s
dx
s−1
xs+1
1
L’ultimo integrale converge assolutamente per <s > 0 perchè {x} ∈ [0, 1[.
Abbiamo cos`i ottenuto la continuazione cercata. Il polo in s = 1 ha residuo
1 e inoltre
Z ∞
1
{x}
lim ζ(s) −
dx
= 1−
s→1
s−1
x2
1
Z n
[x] − x
= lim 1 +
dx
n→∞
x2
1
!
n
X
1
= lim
− log n = γ
n→∞
k
k=1
Per ottenere il prolungamento analitico all’intero piano complesso il modo
più diretto utilizza l’equazione funzionale della funzione zeta: se definiamo
s
− 2s
ζ(s)
(53)
ξ(s) = s(1 − s)π Γ
2
allora ξ(s) è una funzione intera che soddisfa
ξ(s) = ξ(1 − s).
13
(54)
La dimostrazione di questa importante relazione sarà data in seguito. Per
adesso limitiamoci ad osservare che per quanto visto Γ(s) è analitica nel
semipiano <s > 0 mentre ζ(s) è meromorfa in tale semipiano con un solo
polo semplice in s = 1 con residuo 1. Dunque ξ(s) non ha in <s > 0
1
alcuna singolarità (in s = 1 vale π − 2 Γ 21 = 1). Dall’equazione funzionale
(54) segue subito
che lo stesso vale per <s < 1. Osserviamo che avendo la
s
funzione Γ 2 poli semplici in s = −2, −4, −6, . . . ed essendo ξ(s) regolare
in questi punti, i poli si cancellano con gli zeri di ζ(s), dunque si ha
ζ(−2) = ζ(−4) = ζ(−6) = · · · = 0
(55)
Dall’equazione funzionale si deduce subito che ogni altro zero di ζ(s) si trova
nella striscia critica 0 ≤ <s ≤ 1 e se ζ(ρ) = 0 con ρ = β + iγ e 0 ≤ β ≤ 1
allora ζ(1 − ρ) = 0.
Digressione: l’ipotesi di Riemann e i numeri primi. La funzione zeta
riveste un’importanza fondamentale nello studio dei numeri primi. Eulero
notò per primo che
1
1
1
ζ(s) =
1 + s + s + s + ···
2
4
8
1
1
1
1
· 1 + s + s + ··· · 1 + s + s + ··· ···
3
9
5
25
−1
Y
1
=
1− s
(56)
p
p
dove il prodotto infinito è su tutti i numeri primi e converge per <s > 1. In
particolare, c’è una stretta relazione tra la distribuzione degli zeri di ζ(s) nella
striscia critica 0 ≤ <s ≤ 1 e la distribuzione dei numeri primi. Facendo uso di
tale relazione è stato dimostrato nel 1896, indipendentemente da Hadamard e
La Vallée-Poussin, il teorema dei numeri primi, congetturato da Gauss (1792)
e Legendre (1798):
Z x
dt
π(x) := #{p ≤ x} ∼
(57)
2 log t
Una forma particolarmente semplice della relazione tra la distribuzione dei
numeri primi e gli zeri ρ = β + iγ della funzione zeta è data dalla formula
X
X xρ
√
Ψ(x) :=
Λ(n) = x −
− log 2π − log 1 − x−2
(58)
ρ
ρ
n≤x
14
dove si è introdotta la funzione di von Mangoldt
log p, se n = pk per qualche k,
Λ(n) =
0,
altrimenti.
(59)
In termini della funzione Ψ(x) il teorema dei numeri primi (57) può essere
riespresso nella forma
Ψ(x) ∼ x
(60)
Ora, dal fatto che |xρ | = xβ segue che per avere (60) deve essere necessariamente β < 1.
L’ipotesi di Riemann, tuttora indimostrata, asserisce che tutti gli zeri di ζ(s)
nella suddetta striscia hanno parte reale β = 1/2. Tra le altre cose, questa
ipotesi è equivalente al fatto che nel teorema dei numeri primi (57) vale la
seguente stima: per ogni > 0
Z x
1
dt
+ O(x 2 + ).
(61)
π(x) =
2 log t
Dimostriamo ora il prolungamento analitico di ζ(s) a tutto C per mezzo della
formula di somma di Eulero-MacLaurin applicata alla funzione f (x) = x−s .
Ponendo m = 1 nella (35) si trova
n
X
k=1
k −s =
1 − n1−s 1 + n−s
+
s−1
2
Z n
1
s(s + 1) · · · (s + r − 1)
−
B r (x)x−s−r dx
r!
1
r
X
Bl
+
s(s + 1) · · · (s + l − 2) (1 − n−s−l+1 )
l
!
l=2
P
−s
Vediamo prima il caso <s > 1, in cui la serie ∞
converge a ζ(s). Se
k=1 k
facciamo tendere n all’infinito nell’espressione scritta sopra otteniamo
r
1
1 X Bl
ζ(s) =
+ +
s(s + 1) · · · (s + l − 2)
s − 1 2 l=2 l !
Z ∞
1
−
s(s + 1) · · · (s + r − 1)
B r (x)x−s−r dx
r!
1
15
(62)
Tutte queste formule, per r = 1, 2, . . . sono valide nel suddetto semipiano. D’altra parte, essendo le funzioni B r (x) 1-periodiche e dunque limitate,
l’integrale
Z
∞
B r (x)x−s−r dx
1
converge nel semipiano <s > 1 − r. Ritroviamo quindi che ζ(s) rappresenta
una funzione meromorfa in C, la cui sola singolarità è un polo semplice in
s = 1 e che, in aggiunta, nel semipiano <s > 1 − r è data dalla formula (62).
Ad esempio, dal caso particolare con r = 2, valido in <s > −1,
Z ∞
1
1
1
1
+ +
s − s(s + 1)
ζ(s) =
B 2 (x)x−s−2 dx
(63)
s − 1 2 12
2
1
si deduce
1
(64)
ζ(0) = − ·
2
Ponendo poi s = −m e r = m+2 nella (62) il fattore (s+r−2) nel coefficiente
dell’integrale si annulla e si ottiene
m+1
1
1 X (−1)l Bl
ζ(−m) = −
+ −
m(m − 1) · · · (m − l + 2)
m+1 2
l!
l=2
Ora, sappiamo già che Bl = 0 se l è dispari e ≥ 2. Dunque (−1)l Bl = Bl
nella formula precedente che diviene
m+1 1 X m+1
Bm+1
ζ(−m) = −
Bl = −
,
m + 1 l=0
l
m+1
(65)
dove per l’ultima identità si è usata la formula ricorsiva (24). Evidentemente
questa espressione generalizza la (55). Ricordiamo infine che i valori di ζ(s)
per s = 2k (k ≥ 1) sono dati dalla (25).
Un’altra interessante applicazione della formula (34) è la seguente. Osserviamo preliminarmente che ζ 0 (s) è data, per <s > 1, dalla serie
0
ζ (s) = −
∞
X
log n
n=1
16
ns
·
(66)
Sia dunque f (x) = x−s log x e m = 1. Allora si trova, integrando per parti,
n
X
log k
k=2
ks
n1−s log n 1 − n1−s
+
1−s
(s − 1)2
Z n
1 −s
B 1 (x)
n log n +
+
(1 − s log x)dx
2
xs+1
1
=
(67)
dove B 1 (x) = x − [x] − 21 . Se <s > 1 possiamo prendere il limite n → ∞ ed
ottenere
Z ∞
1
B 1 (x)
0
ζ (s) = −
−
(1 − s log x)dx
(68)
(s − 1)2
xs+1
1
D’altra parte in <s > −1 l’integrale converge: basta notare che
Z
∞
B 1 (x)dx =
∞ Z
X
1
l=1
l+1
B 1 (x)dx = 0,
l
che la funzione (1 − s log x)/xs+1 è monotona decrescente ed applicare il test
di convergenza di Abel. Allora si ha
Z ∞
x − [x] − 21
0
dx .
ζ (0) = −1 −
x
1
Per calcolare l’espressione a destra possiamo ragionare come segue: ponendo
s = 0 nella (67) si trova
Z n
x − [x] − 12
1
log n + n = 1 +
dx
(69)
log n! − n +
2
x
1
e dunque, usando la formula di Stirling (11), ricaviamo facilmente
√
ζ 0 (0) = − log 2π.
Ciò si può interpretare dicendo che la ‘rinormalizzazione’
lim
s→0+
della serie divergente
P∞
n=1
∞
X
log n
n=1
ns
log n è uguale a log
17
√
2π.
(70)
2.9.1
Funzione zeta di Hurwitz
Una importante generalizzazione della ζ(s) è data dalla funzione zeta di
Hurwitz:
∞
X
1
ζ(z, s) =
,
z > 0.
(71)
(z + n)s
n=0
Applicando la formula di Eulero-Maclaurin alla funzione f (x) = (z + x)−s
con m = 0 e procedendo in modo interamente analogo a quanto fatto per la
(62) otteniamo, con analoga interpretazione per z > 0,
r
z −s X Bl
z 1−s
+
+
s(s + 1) · · · (s + l − 2) z −s−k+1
ζ(z, s) =
s−1
2
l!
l=2
Z ∞
1
−
s(s + 1) · · · (s + r − 1)
B r (x)(z + x)−s−r dx
r!
1
(72)
Per mezzo di questa espressione le (64) e (65) si generalizzano con
ζ(z, 0) =
1
−z
2
e ζ(z, −m) = −
Bm+1 (z)
,
m+1
m = 0, 1, 2, . . .
(73)
mentre la (70) si estende a (teorema di Lerch):
√
∂ζ(z, s) = log Γ(z) − log 2π.
∂s
s=0
(74)
Un’ultima applicazione della formula di Eulero-Maclaurin, di cui però non
daremo la dimostrazione, è data dalla seguente espressione per log Γ(z), valida per ogni z ∈ C \ (−∞, 0]:
r
X
√
1
B2j
log Γ(z) = log 2π + z −
log z − z +
z 1−2j
2
2j(2j − 1)
j=1
Z ∞
1
−
B 2r (x)(z + x)−2r dx
(75)
2r 1
dove il valore di log z è quello del ramo che prende valori reali quando z è
reale. È evidente che quando |z| → ∞ e |arg z| < π la (75) fornisce una
notevole generalizzazione della formula di Stirling (11).
18
2.9.2
Funzione di Möbius e formule d’inversione
La funzione di Möbius µ è definita per ogni intero m ≥ 1 dall’equazione
X
1, se m = 1
m
µ(d) = δ1 ≡
(76)
0, altrimenti
d|m
dove d|m significa che d divide m. Alcuni suoi valori sono
µ(1) = 1,
µ(2) = −1,
µ(3) = −1,
µ(4) = 0,
µ(5) = −1
Möbius si accorse che la formula di ricorrenza scritta sopra corrisponde al
seguente importante principio d’inversione:
X
X
m
g(m) =
f (d) ⇐⇒ f (m) =
µ(d) g( )
(77)
d
d|m
d|m
Per dimostrare quest’identità osserviamo innanzitutto che vale la regola
X
X m
(78)
f (d) =
f( )
d
d|m
d|m
perchè quando d è un divisore di m anche m/d lo è, e viceversa. Allora si ha
X
X m
µ(d) g(m/d) =
µ( ) g(d)
d
d|m
d|m
X m X
=
µ( )
f (k)
d
d|m
k|d
XX m
µ( ) f (k)
=
kd
k|m d| m
k
XX
=
µ(d) f (k)
k|m d| m
k
=
X
m
δ1k f (k) = f (m)
k|m
L’altra relazione si prova in modo analogo. Ora,
P è un facile esercizio mostrare
per induzione che se una funzione g(m) = d|m f (d) è moltiplicativa, cioè
g(nm) = g(n)g(m) allora lo è anche f (m) (provarlo!). Dal fatto che δ1m è
19
moltiplicativa segue dunque dalla definizione che lo è anche µ(m). Sia ora p
un numero primo e m = pk . La (76) dà
µ(1) + µ(p) + µ(p2 ) + · · · + µ(pk ) = 0,
k ≥ 1.
Pertanto si ha µ(p) = −1 e µ(pk ) = 0 per ogni k > 1. Si ha cos`i la formula
(1
se m = 1,
Y
µ(m) =
µ(pmp ) = (−1)r , se m = p1 · · · pr ,
(79)
2
0,
se m è divisibile per qualche p .
p|m
Un’altra bella proprietà della funzione di Möbius è la ulteriore legge d’inversione
g(x) =
∞
X
f (mx)
⇐⇒
f (x) =
m=1
∞
X
µ(m) g(mx)
(80)
m=1
P
valida per ogni f tale che n,m≥1 |f (nmx)| < ∞. In effetti, sotto queste
ipotesi,
X
X
X
µ(m) g(mx) =
µ(m)
f (mnx)
m≥1
m≥1
n≥1
=
X
=
X
`≥1
m|`
=
X
f (` x) δ1` = f (x) .
f (` x)
X
µ(m) δ`nm
n,m≥1
`≥1
f (` x)
X
µ(m)
`≥1
Vedremo più avanti, quando discuteremo la trasformata di Mellin, in che
modo la (80) può essere usata per dimostrare la formula d’inversione per la
funzione zeta:
∞
X
µ(n)
1
=
(81)
ζ(s) n=1 ns
3
Le funzioni ipergeometriche
Una serie ipergeometrica è una serie
razionale di n, cioè della forma
P
cn tale che cn+1 /cn è una funzione
cn+1
(n + a1 )(n + a2 ) · · · (n + ap )x
=
cn
(n + b1 )(n + b2 ) · · · (n + bq )(n + 1)
20
(82)
La x tiene conto del fatto che il polinomio potrebbe non essere monico (cioè
con coefficiente del grado più elevato = 1) e il fattore (n+1) è stato introdotto
per convenienza (vedi oltre). Introduciamo il simbolo
(a)n := a(a + 1) · · · (a + n − 1) =
Γ(a + n)
,
Γ(a)
n > 0,
(a)0 = 1.
(83)
In particolare si ha per ogni intero k ≥ 0,
(k + 1)n =
(n + k)!
·
k!
(84)
Supponendo per semplicità c0 = 1 si ha
∞
X
∞
X
a1 , . . . , a p
(a1 )n · · · (ap )n xn
=: p Fq
;x .
cn =
(b1 )n · · · (bq )n n!
b1 , . . . , b q
n=0
r=0
(85)
Talvolta per la funzione p Fq sopra definita si adotterà il simbolo alternativo
p Fq (a1 , . . . , ap ; b1 , . . . , bq ; x). Per determinare la regione di convergenza della
serie generale (85) possiamo usare il criterio del rapporto ed osservando che
p−q−1
cn+1 (1 + a1 /n) · · · (1 + ap /n)
≤ |x|n
cn |(1 + 1/n)(1 + b1 /n) · · · (1 + bq /n)|
concludere che la serie diverge per ogni x 6= 0 se p > q + 1 mentre converge
assolutamente per tutti gli x se p ≤ q e per |x| < 1 se p = q + 1. In
quest’ultimo caso il coefficiente di xn è
Q
Γ(bi ) P ai −P bi −1
(a1 )n · · · (aq+1 )n
∼Q
n
,
n → ∞,
(b1 )n · · · (bq )n n!
Γ(ai )
dove si è usata l’espressione (??) per la funzione gamma per ricavare l’andamento
asintotico
n! na−1
(a)n ∼
.
(86)
Γ(a)
Quindi
di convergenza |x| = 1 la serie converge assolutamente
Psul cerchio
P
iθ
se P
<( bi P
− ai ) > 0, converge condizionatamente
P
P se x = e 6= 1 e 0 ≥
<( bi − ai ) > −1 e infine diverge se <( bi − ai ) ≤ −1.
Ricordiamo che molte funzioni ordinarie sono di fatto funzioni ipergeometriche.
21
Esercizio. Verificare le seguenti identità:
−n, a
n
(1 + x) = 2 F1
; −x
a
1, 1
log(1 + x) = x 2 F1
; −x
2
−
1, a
x
e = 0 F0
; x = lim 2 F1
; x/a
a→∞
−
1
−
x2
;−
sin x = x 0 F1
4
3/2
−
x2
;−
cos x = 0 F1
1/2
4
Concentriamoci ora sulla funzione
∞
X
(a)n (b)n xn
(c)n n!
n=0
2 F1 (a, b; c; x) =
(87)
∞
Γ(c) X Γ(a + n)Γ(b + n) xn
=
Γ(a)Γ(b) n=0
Γ(c + n)
n!
definita per |x| < 1 e per prolungamento analitico altrove. Osserviamo che
l’ennesimo termine della serie (87) è
∼
Γ(c)
na+b−c−1
Γ(a)Γ(b)
(88)
dunque se <(c − a − b) > 0 allora la serie converge assolutamente in |x| ≤ 1.
Per ottenere un prolungamente analitico fuori dal disco unitario supponiamo
per fissare le idee che <c > <b > 0 e ragioniamo come fece Eulero scrivendo
∞
Γ(c) X (a)n Γ(b + n) xn
Γ(b) n=0 Γ(c + n) n!
Z
∞
X
xn 1 n+b−1
Γ(c)
=
(a)n
t
(1 − t)c−b−1 dt
Γ(b)Γ(c − b) n=0
n! 0
Z 1
Γ(c)
=
tb−1 (1 − t)c−b−1 (1 − xt)−a dt
(89)
Γ(b)Γ(c − b) 0
2 F1 (a, b; c; x) =
22
dove per la seconda identità abbiamo usato la (6) nella forma
Γ(b + n)Γ(c − b)
= B(c − b − 1, b + n − 1)
Γ(c + n)
e per l’ultima abbiamo usato la formula del binomio nella forma
∞
X
(a)n
a
−a
n
(1 − xt) =
(xt) ≡ 1 F0
; xt .
n!
−
n=0
Evidentemente l’integrale in (89) converge per x ∈ C \ [1, ∞) e dunque fornisce il prolungamente cercato. Osserviamo che la (89) si può riscrivere nella
forma
Z 1
Γ(c)
tb−1 (1 − t)c−b−1 1 F0 (a; xt) dt
(90)
2 F1 (a, b; c; x) =
Γ(b)Γ(c − b) 0
ed osservando che per la (6)
Γ(c)
Γ(b)Γ(c − b)
Z
1
tb−1 (1 − t)c−b−1 dt = 1
0
si può interpretare dicendo che la 2 F1 è ottenuta integrando la 1 F0 rispetto
alla distribuzione beta. Questa formula può essere facilmente generalizzata
nella forma:
Γ(bq+1 )
a1 , . . . , ap , ap+1
;x =
p+1 Fq+1
b1 , . . . , bq , bq+1
Γ(ap+1 )Γ(bq+1 − ap+1 )
Z 1
a1 , . . . , a p
ap+1 −1
bq+1 −ap+1 −1
t
(1 − t)
; xt dt
(91)
p Fq
b1 , . . . , b q
0
Esempio. Il dilogaritmo è definito dalla serie
Li2 (x) =
∞
X
xn
n=1
n2
,
|x| ≤ 1.
Dallo sviluppo in serie di Taylor di log(1 − t) segue che
Z x
log(1 − t)
Li2 (x) = −
dt.
t
0
23
(92)
(93)
Questa rappresentazione determina una continuazione analitica di Li2 (x) al
piano tagliato C \ [1, ∞). Anche la polidromia di Li2 (x) può essere studiata
facilmente: vi sono due punti di diramazione in 1 e ∞. Se poi Li2 (x) viene
prolungata lungo una curva chiusa che gira una volta intorno al punto x = 1
il valore di Li2 (x) cambia in Li2 (x) − 2πi log x. Inoltre la (91) ne fornisce una
rappresentazione ipergeometrica:
Z x
Z 1
1, 1
1, 1
1, 1, 1
Li2 (x) =
; t dt = x
; xu du = x 3 F2
;x .
2 F1
2 F1
2
2
2, 2
0
0
Asintotica per x → 1− . Se <(c − a − b) > 0 possiamo prendere il limite
x → 1− nella rappresentazione integrale (89) ed usare la (6) per ottenere la
formula di Gauss:
2 F1 (a, b; c; 1)
=
Γ(c)Γ(c − a − b)
,
Γ(c − a)Γ(c − b)
(94)
almeno quando <c > <b > 0. Il caso generale si ottiene usando il prolungamento analitico della funzione gamma.
Se invece <(c − a − b) ≤ 0 allora ci serve il seguente teorema tauberiano
P∞
k
per le serie di potenze: sia ck ≥ 0 e supponiamo che F (x) =
k=0 ck x
converga per |x| < 1. Se L(x) è una funzione a variazione lenta, cioè tale
che L(cx) ∼ L(x) per x → ∞, e 0 ≤ ρ < ∞, allora le seguenti relazioni si
implicano a vicenda:
1
1
F (x) ∼
L
,
x → 1−
(95)
ρ
(1 − x)
1−x
e
n−1
X
k=0
ck ∼
1
nρ L(n),
Γ(ρ + 1)
n → ∞.
(96)
Se poi la sequenza dei ck è monotòna e 0 < ρ < ∞ allora (95) è equivalente
a
1 ρ−1
cn ∼
n L(n),
n → ∞.
(97)
Γ(ρ)
Tornando alle funzioni ipergeometriche, dalla (88) si ha che se <(c−a−b) < 0
allora
n−1
X
(a)k (b)k
Γ(c)
∼
na+b−c
(c)
k!
(a
+
b
−
c)Γ(a)Γ(b)
k
k=0
24
e dunque dal teorema tauberiano e l’equazione funzionale (2) otteniamo
lim−
x→1
2 F1 (a, b; c; x)
(1 − x)(c−a−b)
=
Γ(c)Γ(a + b − c)
.
Γ(a)Γ(b)
(98)
Γ(c)
.
Γ(a)Γ(b)
(99)
Similmente, se c = a + b si trova
lim−
x→1
2 F1 (a, b; c; x)
log(1/(1 − x))
=
Esercizio. Dalla formula di Gauss (94) si ricavi la formula di Chu-Vandermonde:
m
X (−m)n (b)n
−m, b
(c − b)m
; 1) ≡
=
.
2 F1 (
c
(c)n n!
(c)m
n=0
Esercizio. Verificare che
d
a, b
ab
a + 1, b + 1
;x =
;x
2 F1
2 F1
dx
c
c
c+1
(100)
(101)
e che la serie ipergeometrica 2 F1 (a, b; c; x) è una soluzione dell’equazione ipergeometrica
x(x − 1)
du
d2 u
+ [c − (a + b + 1) x] − ab u = 0
2
dx
dx
(102)
(i cui soli punti singolari sono 0, 1, ∞). Applicando (101) alla (102), usando la
trasformazione di Pfaff (che segue dalla rappresentazione integrale di Eulero
(89) ove vi si sostituisca t con 1 − s):
a, b
1
a, c − b x
;
(103)
;x =
2 F1
2 F1
c
(1 − x)a
c
x−1
e dopo alcune semplificazioni in cui si pone z = x/(x − 1), si sostituisce c − b
con b si ottiene la relazione di contiguità
a, b
c + (a − b + 1)z
a + 1, b
;z
=
;z
2 F1
2 F1
c
c
c+1
(a + 1)(c − b + 1)z
a + 2, b
−
;z .
(104)
2 F1
c(c + 1)
c+2
25
Consideriamo di nuovo l’equazione ipergeometrica (102). Se sostituiamo x
con x/b, la nuova equazione ha i punti singolari in 0, b e ∞. Se ora facciamo tendere b → ∞ nel punto all’infinito confluiscono due singolarità.
L’equazione risultante si chiama equazione ipergeometrica confluente:
x
d2 u
du
− au = 0
+ (c − x)
2
dx
dx
(105)
una soluzione della quale è data da
a a, b x
= 1 F1
;x .
u(x) = lim 2 F1
;
b→∞
c
c b
4
(106)
Le funzioni di Bessel
L’equazione di Laplace in condizioni di simmetria cilindrica diviene l’equazione
di Bessel
d2 u 1 du
p2
+
+ 1− 2 u=0
(107)
dx2 x dx
x
dove p è un parametro complesso e la cui soluzione è la funzione di Bessel
del primo tipo e di ordine p definita da
Jp (x) =
∞
X
(−1)k
k=0
p+2k
1
x
2
(x/2)p −ix
=
e
1 F1
k! Γ(p + k + 1)
Γ(p + 1)
p + 12
; 2ix
2p + 1
(108)
che è analitica nell’intero piano complesso ad eccezione di un taglio lungo
l’asse reale negativo nel caso in cui p non sia intero. Le funzioni di Bessel sono
generalizzazioni (non banali) delle funzioni trigonometriche e in particolare
si vede facilmente usando la (19) che
r
r
2
2
J 1 (x) =
sin x e J− 1 (x) =
cos x
(109)
2
2
πx
πx
La seguente relazione di ricorrenza si verifica facilmente:
2p
Jp (x) = Jp−1 (x) + Jp+1 (x)
x
Valgono poi le relazioni asintotiche:
26
(110)
• Jp (x) ∼
• Jp (x) ∼
q
2
πx
cos x −
(x/2)p
,
Γ(p+1)
πp
2
−
π
4
, |x| → ∞ e |arg x| < π;
x → 0+ .
Osserviamo anche che se Jp è una soluzione della (107) anche J−p lo è, e se
p 6= n le soluzioni sono linearmente indipendenti. Si costruiscono cos`i altre
soluzioni come le funzioni di Bessel del secondo tipo o funzioni di Weber
definite da
1
[Jp (x) cos pπ − J−p (x)]
(111)
Yp (x) =
sin pπ
o le funzioni di Bessel del terzo tipo o funzioni di Hankel definite da
Hp(1) (x) = Jp (x) + iYp (x),
e Hp(2) (x) = Jp (x) − iYp (x).
(112)
Un importante legame tra le funzioni di Bessel e le funzioni ipergeometriche
è dato dalla seguente formula per la trasformata di Laplace della funzione
xµ Jp (ax):
Z ∞
Γ µ2 + p2 + 12 Γ µ2 + p2 + 1
2µ ap
−νx µ
e x Jp (ax)dx =
×
µ
p
1
Γ (p + 1) Γ 21
(a2 + ν 2 ) 2 + 2 + 2
0
a2
µ p 1 p µ
+ + , − ; p + 1; 2
× 2 F1
(113)
2 2 2 2 2
a + ν2
Se invece della (107) abbiamo l’equazione modificata
p2
d2 u 1 du
+
− 1+ 2 u=0
dx2 x dx
x
(114)
le soluzioni sono date dalle funzioni di Bessel modificate del primo tipo
p+2k
∞
1
X
x
(x/2)p x
p + 21
2
Ip (x) =
=
e 1 F1
; 2x
(115)
k! Γ(p + k + 1)
Γ(p + 1)
2p + 1
k=0
e dalle funzioni di Bessel modificate del secondo tipo
π
Kp (x) =
[I−p (x) − Ip (x)]
2 sin pπ
(116)
Si vede che
r
I 1 (x) =
2
2
sinh x e I− 1 (x) =
2
πx
27
r
2
cosh x
πx
(117)
e dunque
r
K 1 (x) =
2
π −x
e
2x
(118)
Pertanto, come le Jp generalizzano le funzioni seno e coseno, le Ip generalizzano l’esponenziale. Formule analoghe alla (113) per le funzioni modificate si
possono ottenere sostituendovi a con ia. Ad esempio vale la seguente formula
di Nicholson
Z ∞
8
2
2
Jp (x) + Yp (x) = 2
K0 (2x sinh t) cosh(2pt)dt,
<x > 0
(119)
π 0
che generalizza la relazione sin2 x + cos2 x = 1.
5
Alcuni polinomi ortogonali
I primi ad essere stati introdotti sono stati i polinomi di Chebyshev (del
primo e del secondo tipo) definiti da
Tn (x) = cos nθ,
Un (x) =
sin(n + 1)θ
,
sin θ
x = cos θ.
La relazione di ortogonalità soddisfatta da Tn (x) è
Z 1
dx
Tn (x)Tm (x) √
= 0 quando m 6= n
1 − x2
−1
(120)
(121)
la quale, ricordando che x = cos θ, altro non è che
Z π
cos nθ cos mθ dθ = 0 quando m 6= n.
0
Similmente, la relazione di ortogonalità per Un (x) discende da
Z π
sin(n + 1)θ sin(m + 1)θ dθ = 0 quando m 6= n.
0
Valgono le relazioni di ricorrenza
2x Tn (x) = Tn+1 (x) + Tn−1 (x)
28
(122)
e
1
Tn (x)Tm (x) = (Tn+m (x) + Tn−m (x))
2
entrambe facilmente deducibili.
(123)
Esempio. La traiettoria {x1 (t), x2 (t)}t∈R corrispondente al sistema di equazioni
differenziali lineari (oscillatore armonico bidimensionale):
00
x1 = −ω12 x1
x002 = −ω22 x2
si svolge tutta all’interno del rettangolo
{(x1 , x2 ) ∈ R2 : |x1 | ≤ A1 , |x2 | ≤ A2 }
p
dove Ai = x2i (0) + (x0i (0)/ωi )2 è l’ampiezza dell’i-esima oscillazione (i =
1, 2). Tali traiettorie si chiamano figure di Lissajous. Se le posizioni condizioni inziali x1 (0) = x2 (0) = 1 e le velocità x01 (0) e x02 (0) tali che A1 =
A2 = 1 allora la traiettoria è semplicemente {cos ω1 t, cos ω2 t}t∈R e le sue
caratteristiche qualitative dipendono unicamente dalla natura del rapporto
ω2 /ω1 . Se scegliamo ω2 = nω1 allora si trova
x2 = cos (n arccos x1 ) = Tn (x1 ).
Polinomi di Legendre. Hanno l’espressione generale
[n/2]
1 X (−1)k
(2n − 2k)!
Pn (x) = n
xn−2k ,
2 k=0 k! (n − k)!(n − 2k)!
n = 0, 1, 2 . . .
(124)
e sono le soluzioni polinomiali dell’equazione differenziale
(1 − x2 )
du
d2 u
− 2x
+ n(n + 1)u = 0.
2
dx
dx
I primi sono
P0 (x) = 1,
1
P2 (x) =
(3x2 − 1),
2
P1 (x) = x,
1
P3 (x) = (5x3 − 3x)
2
Alcune proprietà interessanti sono elencate di seguito:
29
(125)
1. Pn (1) = 1, Pn (−1) = (−1)n .
(2n)!
2. P2n+1 (0) = 0, P2n (0) = (−1)n 22n
.
(n!)2
3. Tutti gli zeri di Pn sono semplici e si trovano nell’intervallo (−1, 1),
inoltre
|Pn (x)| ≤ 1, x ∈ [−1, 1].
4. Pn (−x) = (−1)n Pn (x);
5. Vale la formula di Rodrigues:
Pn (x) =
1 dn 2
(x − 1)n .
n
n
2 n! dx
6. I polinomi Pn (x) formano un insieme completo e ortogonale in L2 ([−1, 1])
e soddisfano la condizione
Z 1
2
Pn (x)Pm (x)dx =
δnm .
2n + 1
−1
Se f (x) ∈ L2 ([−1, 1]) allora
∞
X
2n + 1
f (x) =
an Pn (x) con an =
2
n=0
Z
1
f (x)Pn (x)dx.
−1
In particolare si ha la funzione generatrice
∞
X
1
√
=
an Pn (x)
2
1 − 2ax + a
n=0
|a| < 1.
7. Vale la formula ricorsiva
(n + 1)Pn+1 (x) = (2n + 1) x Pn (x) − n Pn−1 (x).
Polinomi di Hermite. Hanno l’espressione generale
[n/2]
Hn (x) =
X (−1)k
n!
(2x)n−2k ,
k!
k!(n
−
2k)!
k=0
30
n = 0, 1, 2 . . .
(126)
e sono le soluzioni polinomiali dell’equazione differenziale
du
d2 u
+ 2nu = 0.
− 2x
2
dx
dx
(127)
I primi sono
H0 (x) = 1,
H2 (x) = 4x2 − 2,
H1 (x) = 2x,
H3 (x) = 8x3 − 12x
Alcune proprietà:
1. Vale la formula ricorsiva
Hn (x) = 2x Hn−1 (x) − 2(n − 1) Hn−2 (x).
2. Vale la formula di Rodrigues:
2
Hn (x) = (−1)n ex
dn −x2
e .
dxn
3. I polinomi Hn (x) sono ortogonali in accordo con la condizione
Z ∞
√
2
Hn (x) Hm (x) e−x dx = π 2n n! δnm .
−∞
4. Si ha la funzione generatrice
e
2xa−a2
=
∞
X
an
n=0
n!
Hn (x),
|a| < 1.
Polinomi di Laguerre (generalizzati). Hanno l’espressione generale
Lrn (x)
=
n X
n + r (−1)k xk
k=0
k+r
k!
,
n, r = 0, 1, 2 . . .
ovvero, come si può rapidamente verificare,
(r + 1)n
−n
r
Ln (x) =
;x .
1 F1
n!
r+1
31
(128)
(129)
Dal confronto con la (108) si vede anche che
√
lim n−r Lrn (x/n) = x−r/2 Jr (2 x).
(130)
n→∞
Inoltre Lrn (x) è la soluzione polinomiale dell’equazione differenziale
x
d2 u
du
+ nu = 0.
+
(r
+
1
−
x)
dx2
dx
(131)
Oltre a Lr0 (x) = 1 per ogni r, si ha
L11 (x) = 2 − x,
1
L12 (x) = 3 − 3x + x2 ,
2
L31 (x) = 4 − x,
1
L13 (x) = 4 − 6x + 2x2 − x3
6
Alcune proprietà:
1. Vale la formula ricorsiva
r
r
(n + r) Lr−1
n (x) = (n + 1) Ln+1 (x) − (n + 1 − x) Ln (x).
2. Vale la formula di Rodrigues:
Lrn (x) =
x−r ex dn n+r −x
(x
e ).
n! dxn
3. I polinomi Lrn (x) sono ortogonali in accordo con la condizione
Z ∞
(n + r)!
Lrn (x) Lrm (x) xr e−x dx =
δnm .
n!
0
4. Si ha la funzione generatrice
∞
X
ax
1
− 1−a
e
=
an Lrn (x),
(1 − a)r+1
n=0
32
|a| < 1.
6
Generalità sulle trasformate integrali
Il metodo delle trasformate integrali è uno dei più potenti metodi dell’analisi.
Nell’essenza esso consiste nel convertire lo studio di una funzione in quello
della sua trasformata, talvolta molto più agevole. Ad esempio un’equazione
complicata in una certa funzione può essere convertita in un’equazione semplice nella sua trasformata.
Sia f (x) una funzione definita per x > 0 e K(ξ, x) un’altra funzione delle
due variabili ξ e x tale che l’integrale
Z ∞
f (x) K(ξ, x) dx
(132)
0
converga uniformemente per ξ > 0. In queste circostanze l’espressione (132)
definisce una funzione F (ξ) della variabile ξ detta trasformata integrale della
funzione f (x) attraverso il nucleo K(ξ, x). Talvolta è conveniente usare una
notazione del tipo
Z ∞
f (x) K(ξ, x) dx ≡ T [f ; ξ]
(133)
F (ξ) =
0
dove di volta in volta al posto del simbolo generico T verrà impiegato un
simbolo specifico che rifletta la natura del particolare nucleo usato. È evidente dalla definizione che la trasformata integrale T [f ; ξ] è un operatore
lineare, cioè
T [f + g; ξ] = T [f ; ξ] + T [g; ξ]
e, se c è una costante,
T [c f ; ξ] = c T [f ; ξ].
Esempi:
• Se K(ξ, x) = x ξ−1 si ha la trasformata di Mellin
Z ∞
M[f ; ξ] ≡
f (x) x ξ−1 dx
(134)
0
Osserviamo cha la funzione gamma altro non è che è la trasformata di
Mellin della funzione e−x .
33
• Se K(ξ, x) = e−ξx si ha la trasformata di Laplace
Z ∞
f (x) e−ξx dx
L[f ; ξ] ≡
(135)
0
• Se f (x) è assolutamente integrabile su tutto R e K(ξ, x) = √12π eiξx si
trova la trasformata di Fourier esponenziale o semplicemente trasformata di Fourier
Z ∞
1
F[f ; ξ] ≡ √
f (x) ei ξx dx
(136)
2π −∞
6.1
Nuclei di Fourier
È spesso desiderabile ‘risolvere’ l’equazione integrale (133) nella forma di una
formula inversa del tipo
Z ∞
F (ξ) H(ξ, x) dξ
(137)
f (x) =
0
con un nucleo opportuno H(ξ, x). Vedremo più avanti in che modo ciò può
essere fatto per le trasformate definite più sopra. Vi sono però alcuni speciali
nuclei, detti nuclei di Fourier, per i quali vale una formula di inversione
simmetrica, cioè
Z ∞
f (x) =
F (ξ) K(ξ, x) dξ ≡ T [F ; x].
(138)
0
Confrontando (133) e (138) si vede che in questo caso la trasformazione T è
involutiva:
T 2 = identità.
(139)
Essendo il più diffuso nelle applicazioni, ci limiteremo qui a considerare il
caso in cui K(ξ, x) è funzione solo di ξx,
K(ξ, x) = K(x, ξ) = K(ξx).
(140)
Si ha il seguente
Teorema 1 Condizione necessaria e sufficiente affinchè la funzione K(ξx)
sia un nucleo di Fourier è che la trasformata di Mellin K(s) della funzione
K(x) soddisfi l’equazione funzionale
K(s) K(1 − s) = 1.
34
(141)
Dimostrazione. Si ha
∞
Z
K(x) xs−1 dx
K(s) =
0
Moltiplicando la (133) per ξ s−1 , integrando rispetto a ξ tra 0 e ∞ e usando
il teorema di Fubini si ottiene
Z ∞
Z ∞
Z ∞
s−1
s−1
F (ξ) ξ dξ =
ξ dξ
f (x) K(ξx) dx
0
Z0 ∞
Z0 ∞
=
f (x) dx
K(ξx) ξ s−1 dξ
0
0
Posto η = ξx nell’ultimo integrale si ha
Z ∞
Z ∞
s−1
−s
K(ξx) ξ dξ = x
K(η) η s−1 dη = x−s K(s)
0
0
e dunque
R∞
F (ξ) ξ s−1 dξ
K(s) = R0∞
f (x) x−s dx
0
Se operiamo allo stesso modo con la formula inversa (138) si trova
R∞
f (x) xs−1 dx
K(s) = R0 ∞
F (ξ) ξ −s dξ
0
(142)
(143)
Il fatto che la condizione sia necessaria segue sostituendo s con 1 − s nella
(142) e moltiplicando per la (143). La dimostrazione che è anche sufficiente
richiede ulteriori proprietà della trasformata di Mellin che saranno discusse
più avanti. Osservazione: Introduciamo le trasformate di Mellin destra e sinistra, date
rispettivamente da
Z ∞
Z ∞
−s
∗
f∗ (s) :=
f (x) x dx e f (s) :=
f (x) xs−1 dx
(144)
0
0
(l’ultima non essendo altro che la trasformata di Mellin usuale). Evidentemente si ha
f ∗ (s) = f∗ (1 − s).
(145)
35
Inoltre la (142) può essere riformulata dicendo che l’equazione
Z ∞
F (ξ) =
K(ξx) f (x) dx
(146)
0
è equivalente a
F ∗ (s) = K ∗ (s) · f∗ (s) ,
mentre l’equazione
Z
f (x) =
(147)
∞
K(ξx) F (ξ) dξ
(148)
0
è equivalente a
f ∗ (s) = K ∗ (s) · F∗ (s) .
(149)
La condizione (141) è dunque equivalente al fatto che
f ∗ (s) · f∗ (s) = F ∗ (s) · F∗ (s) .
(150)
Esempi:
1) Se K(x) = A cos x allora
Z ∞
Z ∞
Z ∞
A
ix s−1
−ix s−1
s−1
e x dx +
e x dx
K(s) = A
x cos x dx =
2 0
0
0
e usiamo la (4) per scrivere formalmente
Z ∞
1
e±ix xs−1 dx = e± 2 πis Γ(s)
0
da cui si ricava
K(s) = A cos
sπ 2
Γ(s) e K(1 − s) = A sin
sπ 2
Γ(1 − s)
Se K(x) è un nucleo di Fourier allora deve essere
sπ sπ 2
1 = K(s)K(1 − s) = A sin
cos
Γ(s)Γ(1 − s)
2
2
A2
=
sin (sπ) Γ(s)Γ(1 − s)
2
36
p
che confrontata con la (17) dà A = 2/π. Vediamo dunque che la soluzione
dell’equazione integrale
r Z ∞
2
Fc (ξ) =
f (x) cos(ξx)dx
(151)
π 0
è data da
r Z ∞
2
Fc (ξ) cos(ξx)dξ.
(152)
f (x) =
π 0
La funzione Fc (ξ) definita in (151) si chiama trasformata di Fourier coseno
di f (x) e si indica anche con
Fc [f ; ξ] ≡ Fc (ξ).
(153)
Per quanto visto f (ξ) = Fc [Fc ; ξ] sarà la trasformata di Fourier coseno di
Fc (x).
2) Un calcolo interamente analogo mostra che se
r Z ∞
2
Fs (ξ) =
f (x) sin(ξx)dx
(154)
π 0
è data da
r Z ∞
2
f (x) =
Fs (ξ) sin(ξx)dξ.
(155)
π 0
La funzione Fs [f ; ξ] ≡ Fs (ξ) definita in (154) si chiama trasformata di Fourier
seno di f (x).
3) Sia ora
1
K(x) = x 2 Jp (x)
(156)
dove Jp è la funzione di Bessel di ordine p definita in (108). Se poniamo ν = 0
nella (113) e usiamo la formula di Gauss (94) troviamo per la trasformata di
Mellin della (156)
p
s
1
+
+
1 Γ
2
2
4
(157)
K(s) = 2s− 2
Γ p2 − 2s + 34
ed è immediatamente evidente che K(s) soddisfa l’equazione funzionale (141).
Pertanto, se definiamo la trasformata di Hankel di ordine p di f (x) come
Z ∞
1
f (ξ) ≡ Hp [f ; ξ] =
f (x)(ξx) 2 Jp (ξx)dx
(158)
0
allora avremo che f (ξ) è la trasformata di Hankel (di ordine p) di f (x).
37
6.2
La trasformata di Fourier
Consideriamo il seguente problema: trovare una funzione u(x, y) che soddisfi
l’equazione di Laplace
∂ 2u ∂ 2u
+
=0
(159)
∂x2 ∂y 2
nella striscia |x| < a e y > 0 e soddisfi in aggiunta le condizioni al contorno
u(x, 0) = f (x),
−a ≤ x ≤ a
(160)
y→∞
(161)
u(x, y) → 0,
Applicando il metodo di separazione delle variabili e il principio di sovrapposizione troviamo una soluzione della forma
u(x, y) =
∞
X
an exp (−inπx/a − |n|πy/a)
(162)
n=−∞
e, per soddisfare la (160), dovremo scegliere le costanti an in modo che
f (x) =
∞
X
an e−i n π x/a
(163)
n=−∞
Ora, dalla teoria elementare delle serie di Fourier sappiamo che se f è continua a tratti nell’intervallo −a ≤ x ≤ a allora le costanti an si possono
calcolare con la formula
Z a
1
f (t) ei n π t/a dt
(164)
an =
2a −a
Sostituendo la (164) nella (163) troviamo
Z
∞
1 X −i n π x/a a
f (x) =
e
f (t) ei n π t/a dt
2a n=−∞
−a
(165)
Fin qui è tutto rigoroso. Adesso procediamo in modo puramente formale:
ponendo δξ = π/a otteniamo
Z π/δξ
∞
1 X
f (x) =
δξ
f (t) ei (t−x)n δξ dt
2π n=−∞
−π/δξ
38
Osservando che δξ → 0 quando
la serie si comporta come la somma
R ∞ a →R ∞,
∞
di Riemann per l’integrale −∞ dξ −∞ f (t) ei (t−x)ξ dt. Pertanto, nel limite
a → ∞ l’identità (165) diviene
Z ∞
Z ∞
1
−i x ξ
e
dξ
f (t) ei t ξ dt
(166)
f (x) =
2π −∞
−∞
ovvero
1
f (x) = √
2π
Z
∞
F (ξ) e−i x ξ dξ
ove si sia posto
1
F (ξ) = √
2π
(167)
−∞
Z
∞
f (t) ei ξt dt
(168)
−∞
Osserviamo che in questo modo la soluzione (formale) del problema al contorno diviene
Z ∞
1
F (ξ) e−i x ξ−y|ξ| dξ
(169)
u(x, y) = √
2π −∞
L’identità (166) (o (167)) prende il nome di teorema integrale di Fourier la
cui dimostrazione rigorosa richiede alcune ipotesi sul comportamento della
funzione f (x). Ad esempio si dimostra per funzioni che siano differenziabili
con continuità a tratti (cioè ad eccezione di un insieme finito o numerabile
di punti) ed assolutamente integrabili su tutta la retta reale. In questo caso
la (166) vale laddove x sia un punto di continuità per f , altrimenti f (x)
andrà sostituita con 12 (f (x+ ) + f (x− )). Se x è un punto di continuità per f
allora la coppia di equazioni (167) e (168) prende anche il nome di teorema
d’inversione di Fourier.
Se f è assolutamente integrabile su R, cioè se
Z ∞
|f (t)|dt < ∞
(170)
−∞
allora diciamo che f ∈ L1 (R) e in tal caso F è limitata, perchè vale
Z ∞
1
√
|f (t)|dt
|F (ξ)| ≤
2π −∞
(171)
Vale inoltre il teorema di Riemann-Lebesgue:
lim F (ξ) = 0,
|ξ|→∞
39
(172)
la cui dimostrazione può essere ottenuta senza sforzo per funzioni semplici
(cioè costanti a tratti) e quindi osservando che ogni funzione assolutamente
integrabile può essere approssimata con la precisione voluta da funzioni semplici. Se poi f è anche differenziabile a tratti allora è facile mostrare che F
è anche continua. Vediamo ora alcune operazioni che si possono fare con la
trasformata di Fourier. Usiamo la notazione
F (ξ) = F[f (x); ξ]
(173)
Innanzitutto, è un semplice esercizio verificare le seguenti proprietà generali,
valide per ogni numero reale a:
F[f (ax); ξ] =
1
F[f (x); ξ/a] ;
|a|
(174)
F[f (x − a); ξ] = ei ξ a F[f (x); ξ] ;
(175)
F[ei x a f (x); ξ] = F[f (x); ξ + a] .
(176)
Inoltre, se f ha valori complessi allora
F[f ∗ (−x); ξ] = F ∗ (ξ) .
(177)
Integrando ripetutamente per parti si vede poi che se f, f 0 , . . . , f (n−1) sono
continue su R e f (n) è differenziabile a tratti e se ciascuna delle derivate f (r) ,
r = 0, 1, . . . , n è assolutamente integrabile su R allora vale la formula
F[f (n) (x); ξ] = (−iξ)n F[f (x); ξ] .
(178)
In altri termini la trasformata di Fourier mappa l’operatore di derivazione
in un operatore di moltiplicazione. Inversamente, se f è differenziabile e se
xr f (x) è assolutamente integrabile per r = 0, 1, . . . , n allora si ha
F (r) (ξ) = ir F[xr f (x); ξ],
r = 0, 1, . . . , n.
(179)
Trasformata di Fourier multidimensionale Se f dipende da n variabili
x1 , . . . , xn la sua trasformata di Fourier n-dimensionale
F(n) (ξ) = F(n) [f (x); ξ]
con x = (x1 , . . . , xn ) e ξ = (ξ1 , . . . , ξn ) sarà definita da
Z
−n/2
F(n) (ξ) = (2π)
f (x) ei ξ·x dx.
Rn
40
(180)
(181)
Per essa vale le proprietà:
∂f
F(n)
; ξ = −i ξs F(n) [f (x); ξ].
∂xs
(182)
Più in generale, se L denota l’operatore differenziale
n
X
n
X ∂f
∂ 2f
Lf (x) =
ars
+
bs
+ cf
∂xs ∂xr s=1 ∂xs
r,s=1
(183)
F(n) [Lf ; ξ] = −P (ξ) F(n) [f (x); ξ]
(184)
allora
dove P è la forma quadratica
P (ξ) =
n
X
ars ξr ξs + i
r,s=1
n
X
bs ξs − c.
(185)
s=1
Trasformate seno e coseno. Se f (x) è definita solo per valori positivi di
x si possono costruire due ‘estensioni’ f+ (x) ed f− (x), rispettivamente pari
e dispari, definite su tutta la retta reale come segue:
f (x),
se x ≥ 0,
f+ (x) =
(186)
f (−x), se x < 0,
oppure
f− (x) =
f (x),
se x ≥ 0,
−f (−x) se x < 0.
(187)
È facile verificare che
F[f+ (x); ξ] = Fc [f (x); ξ] e F[f− (x); ξ] = i Fs [f (x); ξ],
(188)
dove Fc e Fs denotano la trasformata coseno e la trasformata seno di f ,
definite in (151) e (154), rispettivamente.
Calcoliamo ora le trasformate di alcune funzioni semplici. Poniamo innanzitutto
Z ∞
Z ∞
−ax
I=
e
cos (ξx)dx,
J=
e−ax sin (ξx)dx,
0
0
41
dove a è una costante reale e positiva. Integrando per parti si trova
Z
ξ ∞ −ax
1 ξ
−1 −ax
∞
I = [−a e
cos (ξx)]0 −
e
sin (ξx)dx = − J
a 0
a a
e
−1 −ax
J = [−a e
sin (ξx)]∞
0
ξ
+
a
Z
∞
e−ax cos (ξx)dx =
0
ξ
I
a
risolvendo queste equazioni per I e J otteniamo
I=
a
,
a2 + ξ 2
J=
ξ
a2 + ξ 2
da cui deduciamo immediatamente che
12
a
2
−ax
,
Fc [e ; ξ] =
2
π
a + ξ2
12
2
ξ
Fs [e−ax ; ξ] =
,
2
π
a + ξ2
(a > 0)
(189)
(a > 0) .
(190)
(a > 0) .
(191)
Osserviamo inoltre che la (189) è equivalente a
12
2
a
F[e−a|x| ; ξ] =
,
2
π
a + ξ2
Esercizio. Integrando e differenziando le relazioni scritte sopra rispetto ad
a verificare le formule seguenti:
F[x−1 ; ξ] =
π 12
2
i sgn ξ ,
12
2
2aiξ
F[ xe
; ξ] =
, (a > 0) ,
2
π
(a + ξ 2 )2
12
2
a2 − ξ 2
F[ |x|e−a|x| ; ξ] =
, (a > 0) .
π
(a2 + ξ 2 )2
−a|x|
Usando l’identità x2 − iξx = (x − 21 iξ)2 + 41 ξ 2 vediamo che
Z ∞
1
1
2 1 2
−x2
e−(x− 2 i ξ) − 4 ξ dx
F[e ; ξ] = √
2π −∞
42
(192)
(193)
(194)
D’altra parte si ha (cf. (20)),
Z
Z ∞
−(x− 12 i ξ)2
e
dx =
−∞
∞
2
e−t dt =
√
π
−∞
e dunque
1 2
1
2
F[e−x ; ξ] = √ e− 4 ξ .
2
Facendo uso della (174) troviamo
2 x2
F[e−a
cosicchè scegliendo a =
√1
2
1 2
1
2
; ξ] = √ e− 4 ξ /a
a 2
(195)
si ha
1
1
2
2
F[e− 2 x ; ξ] = e− 2 ξ .
(196)
Una funzione f (x) con la proprietà che
F[f (x); ξ] = f (ξ)
(197)
si dice autoreciproca rispetto alla trasformata di Fourier. Osserviamo che la
(196) è equivalente a
1 2
1 2
Fc [e− 2 x ; ξ] = e− 2 ξ .
(198)
Differenziando la (196) rispetto a ξ e usando la (179) troviamo invece
1
1
2
2
Fs [x e− 2 x ; ξ] = ξ e− 2 ξ .
1
(199)
2
Dunque e− 2 x è autoreciproca rispetto alle trasformate F e Fc , mentre la
1 2
funzione x e− 2 x è autoreciproca rispetto alla trasformata Fs .
Calcoliamo ora la trasformata della funzione f (x) = xp−1 , (0 < p < 1), con il
metodo dei residui. A questo scopo consideriamo la funzione g(z) = z p−1 e−ξ z ,
con ξ > 0, 0 < p < 1, che è analitica in C \ (−∞, 0]. Sia C la curva nel
semipiano {z : <z ≥ 0, =z ≥ 0} formata dai due archi di circonferenza C1
e C2 , dove C1 congiunge i punti (0, ) e (, 0), e C2 congiunge i punti (R, 0)
e (0, R), e dai due segmenti che congiungono i punti (, 0) e (R,
R 0) e i punti
(0, R) e (0, ), rispettivamente. Dal teorema di Cauchy si ha C g(z)dz = 0
ovvero
Z
Z R
Z
Z R
p−1 −ξx
iπp/2
g(z)dz +
x e dx +
g(z)dz = e
y p−1 e−iξy dy
C1
C2
43
Osserviamo
ora che z g(z) → 0 uniformemente quando |z| → 0 e dunque
R
lim→0 C1 g(z)dz = 0. Similmente, z g(z) → 0 uniformemente quando |z| →
R
∞ e dunque limR→∞ C2 g(z)dz = 0. Si ha dunque, usando la (4),
Z ∞
Z ∞
p−1 −iξy
−iπp/2
xp−1 e−ξx dx = e−iπp/2 ξ −p Γ(p).
y e
dy = e
0
0
Uguagliando le parti reale e immaginaria dei due membri si ottiene
Fc [x
p−1
Fs [x
12
πp 2
; ξ] =
ξ −p ,
Γ(p) cos
π
2
0 < p < 1,
(200)
12
πp 2
; ξ] =
Γ(p) sin
ξ −p ,
π
2
0 < p < 1.
(201)
p−1
In particolare, se p = 1/2 si trova
1
1
1
Fs [x− 2 ; ξ] = Fc [x− 2 ; ξ] = ξ − 2 ,
(202)
1
ossia la funzione x− 2 è autoreciproca rispetto ad entrambe le trasformate
seno e coseno.
6.3
La formula di somma di Poisson
Sia f (x) continua ed assolutamente integrabile su R e
Z ∞
1
f (t) ei ξt dt
F (ξ) = √
2π −∞
la sua trasformata di Fourier. Se a è una costante positiva arbitraria, la serie
X
g(x) =
f (x + na)
n∈Z
definisce una funzione continua g che ovviamente soddisfa g(x + a) = g(x).
I suoi coefficienti di Fourier sono
Z
1 a
am =
g(x)e2π i m x/a dx
a 0
X1Z a
=
f (x + na)e2π i m x/a dx
a
0
n∈Z
44
=
X1Z
a
n∈Z
Z
=
=
1
a
√
(n+1)a
f (u)e2π i m u/a du
na
∞
f (u)e2π i m u/a du
−∞
2π
F (2πm/a)
a
P
Ora se m∈Z |aP
m | converge possiamo rappresentare g per mezzo della sua
serie di Fourier m∈Z am exp (−2πimx/a), ovvero
√
X
2π X −2πimx/a
f (x + na) =
e
F (2πm/a).
(203)
a m∈Z
n∈Z
Per x = 0 troviamo
√
X
f (na) =
n∈Z
2π X
F (2πm/a)
a m∈Z
che può essere riscritta nella forma simmetrica
√ X
√ X
f (nu) = v
F (mv),
u
n∈Z
u v = 2π,
(204)
(205)
m∈Z
e prende il nome di formula di somma di Poisson.
Esempio. Se prendiamo f (x) = e−a|x| allora dalla (191) si ha F (ξ) =
√
√
1 a
2 2
e
applicando
ancora
la
(205)
con
u
=
v
=
2π
e
a
=
c/
2π
2
2
π
a +ξ
si trova
X
X
2c
2
e−c n = + 2
1+2
c
c2 + 4π 2 m2
m≥1
n≥1
che può essere riarrangiata nella forma
coth
X
1
c
=2
2
c − 2πim
m∈Z
e il cambiamento di variabili c = 2πix dà l’importante sviluppo in frazioni
parziali
∞
X
1
π cot(πx) =
(206)
x
−
m
m=−∞
45
già visto in precedenza (cf (22)).
Esempio. La formula di Eulero-Maclaurin segue dalla formula Poisson. In
effetti, se f (x) è differenziabile con continuità e si annulla fuori dall’intervallo
[q, p] con q e p interi allora la (204) con a = 1 dà
p−1
X
f (n) =
n=q+1
XZ
m∈Z
Z p
=
p
f (t)e2π i mt dt
q
f (t)dt + 2
q
Z
m≥1
p
f (t)dt − 2
=
q
p
XZ
f (t) cos (2πmt)dt
q
XZ
m≥1
p
f 0 (t)
q
sin (2πmt)
dt
2πm
dove all’ultimo passaggio si è integrato per parti. Ora, la (49) con k = 1 dà
−2
X sin (2πmx)
= B 1 (x)
2πm
m≥1
e dunque ritroviamo la formula di Eulero-Maclaurin (34). In modo simile
assumendo r derivate continue e usando la (30) si può ottenere la (35).
2
Esempio. Se prendiamo f (x) = e−c x allora dalla (195) si ha F (ξ) =
2
√1 e−ξ /4c e applicando la (203) con a2 c = πt e x = av si trova
2c
1 X −π m2 /t −2πimv
2
e
e
e−π t (n+v) = √
t m∈Z
n∈Z
X
(207)
che per v = 0 diventa
1 X −π m2 /t
2
e−π t n = √
e
.
t m∈Z
n∈Z
X
(208)
Un’interessante applicazione di questa identità è la seguente. Un teorema di
teoria dei numeri dovuto a Lagrange afferma che ogni intero n ≥ 1 può essere
scritto come somma di quattro quadrati. In altre parole, se gk (n) denota il
numero di soluzioni dell’equazione x21 + · · · + x2k = n, con x1 , . . . , xk interi
46
allora il teorema di Lagrange può essere espresso nella forma: gk (n) > 0 se
k ≥ 4. Si può poi introdurre la funzione generatrice, detta funzione teta,
X 2
θ(q) =
q r = 1 + 2q + 2q 4 + 2q 9 + · · ·
(209)
r∈Z
che converge per |q| < 1. Inoltre si ha
X 2
X 2
θ(q)k =
q r1 · · ·
q rk
r1
=
=
rk
X
r1 ,...,rk
∞
X
q
r12 +···rk2
X
qn
n=0 r1 +···+rk =n
=
∞
X
gk (n)q n
n=0
P∞
pertanto la serie n=0 gk (n)q n converge per |q| < 1 e in particolare si mostra
che gk (n) ≤ Ck nk/2 .
Se nella (209) poniamo q = eπiτ allora per garantire che |q| < 1 dovrà essere
0
=τ > 0. Inoltre è evidente che eπiτ = eπiτ se τ − τ 0 è un intero pari.
Dunque possiamo rendere unica la scelta di τ richiedendo −1 ≤ <τ < 1. A
questo punto basta sostituire t con −iτ nella (208) per ottenere la formula
di trasformazione fondamentale per la funzione teta:
1
θ e−πi/τ ,
θ eπiτ = √
−iτ
=τ > 0.
(210)
P
−π n2 t
Esempio: l’equazione funzionale
per
ζ(s).
Poniamo
ϑ(t)
=
n∈Z e
√
cosicchè la (208) diviene ϑ(1/t) = t ϑ(t). Ricordiamo
che la funzione mod
s
− 2s
ificata ξ(s) è definita da ξ(s) = s(1 − s)π Γ 2 ζ(s). Osserviamo ora che
se nell’integrale (1) che definisce Γ 2s operiamo la sostituzione x = π n2 y si
ottiene per <s > 0
Z ∞
s s
s
2
− 2 −s
Γ
π n =
e−π n y y 2 −1 dy
2
0
47
Se <s > 1 possiamo sommare quest’identità per n = 1, 2, . . . ed ottenere
Z ∞
s s
s
1
−2
π
(ϑ(y) − 1)y 2 −1 dy
ζ(s)Γ
=
2
2
Z ∞
Z0 1
s
s
1
1
−1
(ϑ(y) − 1)y 2 dy +
(ϑ(y) − 1)y 2 −1 dy
=
2
0 2
1
Se nell’integrale tra 0 e 1 poniamo z = 1/y e usiamo l’equazione funzionale
per ϑ otteniamo
Z ∞
Z 1
s
1
1
1
−1
(ϑ(y) − 1)y 2 dy =
+
(ϑ(z) − 1)z −(s+1)/2 dz
2
s(s
−
1)
2
1
0
Mettendo tutto insieme si ha
Z
∞
ξ(s) = 1 + s(s − 1)
1
s 1
s
1
−2−2
−1
2
(ϑ(x) − 1) x
+x
dx
2
D’altra parte si ha ϑ(x) − 1 = O(e−πx ) che è ampiamente sufficiente ad
assicurare la convergenza dell’ultimo integrale in ogni dominio limitato di C,
definendo quindi una funzione analitica di s evidentemente invariante per la
trasformazione s → 1 − s.
6.4
La trasformata di Laplace
Se la condizione (170) non è soddisfatta la trasformata di Fourier F (ξ) di
f (t) non è necessariamente ben definita per valori reali di ξ. Ad esempio
ciò accade per la funzione f (t) = sin(ωt) con ω reale. In molti problemi
fisici, specialmente quando siano presenti fenomeni transienti, si incontrano
funzioni di questo tipo che in aggiunta si possono assumere identicamente
nulle per t < 0. Se al posto di f (t) consideriamo la funzione
0, se t ≤ 0,
−γt
g(t) = e f (t)H(t) dove H(t) =
(211)
1, se t > 0,
allora se γ è una costante positiva sufficientemente grande da far s`i che
l’integrale
Z ∞
e−γt f (t)dt
0
48
converga, allora possiamo applicare il teorema d’inversione di Fourier (166)
e scrivere
Z ∞
Z ∞
1
−i t ξ
e
dξ
g(u) ei ξ u du.
(212)
g(t) =
2π −∞
0
Sostituendo (211) in questa equazione si ottiene
Z ∞
Z
1 γt ∞ −i t ξ
f (u) e−(γ−i ξ)u du.
e
dξ
e
f (t) =
2π
0
−∞
Se ora poniamo p = γ − iξ e definiamo f˜(p) con
Z ∞
˜
e−pt f (t)dt
f (p) =
(213)
(214)
0
la (213) diviene
1
f (t) =
2πi
Z
γ+i∞
f˜(p) ept dp
(215)
γ−i∞
Come già detto, la funzione f˜(p) definita in (214) si chiama trasformata di
Laplace di f (t) e si indica con
f˜(p) = L[f (t); p]
(216)
L’argomento euristico appena svolto mostra che il teorema d’inversione per
la trasformata di Laplace deve avere la forma (215). Vedremo più oltre le
condizioni precise in cui ciò può essere fatto. Per il momento limitiamoci ad
osservare che l’integrale in (214) non esiste necessariamente per ogni f . Ad
2
esempio se f (t) = et l’integrale diverge per tutti i valori di p. In alcuni casi
l’integrale converge per alcuni valori di p e diverge per altri. Ad esempio se
f (t) = et allora converge per <p > 1.
Più in generale, per mezzo della decomposizione
Z ∞
Z a Z b
Z λ
−pt
e−pt f (t)dt
e f (t)dt = lim+
+
+ lim
0
→0
a
λ→∞
b
si mostra che se
• f (t) è integrabile in ogni intervallo finito [a, b] con 0 < a < b,
• Resiste un numero reale c tale che per ogni arbitrario b > 0 l’integrale
λ −ct
e f (t)dt tende ad un limite finito per λ → ∞,
b
49
• per un arbitrario a > 0 l’integrale
per → 0+ ,
Ra
|f (t)|dt tende ad un limite finito
allora L[f (t); p] esiste per <p ≥ c e definisce una funzione analitica f˜(p) nel
semipiano <p > c, che soddisfa f˜(p) → 0 quando |p| → ∞ e |arg (p − c)| ≤
θ < π/2.
Una delle trasformate più immediate è data da
L[eat ; p] =
1
,
p−a
(<p > <a).
(217)
Usando cose già viste, la (4) non dice altro che
L[tν−1 ; p] = p−ν Γ(ν)
(<ν > 0, <p > 0),
(218)
da confrontare con le (200) e (201). Se poi poniamo ξ = 1 e sostituiamo a
con p nelle (189) e (190) otteniamo
L[sin t; p] =
p2
1
,
+1
(<p > 0)
(219)
p2
p
,
+1
(<p > 0).
(220)
e
L[cos t; p] =
Dall’identità
√
∞
Z
−a2 u2 −b2 u−2
e
du =
0
π −2ab
e
2a
si ottiene facilmente la formula
− 21 −c/t
L[t
e
r
; p] =
π −2√cp
e
p
(221)
π −2√cp
e
.
c
(222)
e, differenziando rispetto a c,
L[t
− 32 −c/t
e
r
; p] =
Elenchiamo alcune regole utili (la cui semplice verifica lasciamo per esercizio)
per il calcolo delle trasformate di Laplace. Innanzitutto si ha
L[f (t) e−at ; p] = L[f (t); p + a]
50
(223)
Cos`i, ad esempio,
L[tν e−at ; p] =
Γ(ν + 1)
,
(p + a)ν+1
(<ν > −1, <p > −a).
(224)
Inoltre
L[f (bt); p] = b−1 L[f (t); p/b],
(b > 0).
(225)
Combinando le due precedenti otteniamo ad esempio
L[e−at sin(bt); p] =
b
,
(p + a)2 + b2
(<p > −a)
(226)
L[e−at cos(bt); p] =
p+a
,
(p + a)2 + b2
(<p > −a).
(227)
Si ha inoltre
dn ˜
f (p)
dpn
e nell’altra direzione, se f ha n − 1 derivate continue,
n
d
L
f (t); p = pn f˜(p) − pn−1 f (0) − pn−2 f 0 (0) · · · − f (n−1) (0)
dtn
L[tn f (t); p] = (−1)n
(228)
(229)
Cioè L trasforma un’operatore differenziale in un’operatore di moltiplicazione.
Integrando la (216) si trova
Z ∞
−1
f˜(u)du
(230)
L[t f (t); p] =
p
Cos`i, ad esempio
Z ∞
b
sin(bt)
−1 p
;p =
dp
=
cot
L
t
p 2 + b2
b
p
Procedendo induttivamente si trova poi
Z ∞
Z
−n
L[t f (t); p] =
···
p
Nell’altra direzione si ha
Z t
Z
L
···
0
0
u3
Z
u2
∞
u3
Z
(231)
∞
f˜(u1 )du1
(232)
u2
f (u1 )du1 ; p = p−n f˜(p)
0
51
(233)
Combinando le ultime due espressioni con n = 1 si trova
Z t
Z ∞
−1
−1
L
u f (u)du; p = p
f˜(v)dv
0
(234)
p
D’altra parte per calcolo diretto si trova
Z ∞
Z
−1
−1
u f (u)du; p = p
L
t
p
f˜(v)dv
(235)
0
Sommando queste relazioni otteniamo l’utile identità
Z ∞
Z ∞
−1
t f (t)dt =
f˜(p)dp
0
(236)
0
Ad esempio scegliendo f (t) = sin t si ha f˜(p) = (1 + p2 )−1 e dunque
Z ∞
sin t
π
dt =
t
2
0
(237)
Consideriamo ora le funzioni di Bessel del primo tipo e di ordine ν (già
introdotte in (108)):
ν+2r
∞
X
(−1)r 21 t
Jν (t) =
(238)
r!
Γ(ν
+
r
+
1)
r=0
Calcoliamo
∞
X
(−1)r 2−ν−2r
L t2(ν+r) ; p
L [t Jν (t); p] =
r! Γ(ν + r + 1)
r=0
ν
e usando la (218) si ha per <p > 0 e ν > −1/2,
1
Γ(2r + 2ν + 1) −2r−2ν−1
L t2(ν+r) ; p =
p
Γ(r + ν + 1)
Γ(r + ν + 1)
1 −2r−2ν−1
− 12 2r+2ν
= π 2
Γ r+ν+
p
2
dove nell’ultima identità abbiamo usato la formula di duplicazione (16). Si
ha quindi
∞
X
Γ r + ν + 21
ν
ν − 21 −2ν−1
L [t Jν (t); p] = 2 π p
(−p−2 )r
r!
r=0
52
Se ora usiamo lo sviluppo
−α
(1 − x)
=
∞
X
Γ (r + α)
r=0
Γ(α)r!
xr ,
|x| < 1,
troviamo che, per |p| > 1 e ν > −1/2 la serie scritta sopra converge a
1
Γ ν + 21 (1 + p−2 )−ν− 2 . Abbiamo cos`i la formula generale
1
Γ
ν
+
1
2 (p2 + 1)−ν− 2 ,
<p > 1.
(239)
L [tν Jν (t); p] = 2ν
1
Γ 2
In modo simile si può mostrare che per ogni a > 0
h ν
i
√
a
ν
2
L t Jν (2 at); p = a 2 p−ν−1 e− p ,
<p > 0.
(240)
Da questa relazione si derivano le seguenti identità:
Z ∞
Z ∞
h ν
i
√
√
ν
ν
ν
−
L t2
s 2 Jν (2 st)f (s)ds; p =
s− 2 L t 2 Jν (2 st); p f (s)ds
0
Z0 ∞
s
ν ν
=
s− 2 s 2 p−ν−1 e− p f (s)ds
0
= p−ν−1 f˜(p−1 )
Abbiamo cos`i ottenuto il teorema di Tricomi:
Z ∞
√
ν
ν
−
L t2
s 2 Jν (2 st)f (s)ds; p = p−ν−1 L f (t); p−1
(241)
0
Da questo risultato si deduce subito che se f è tale che
L [f (t); p] = p−ν−1 L f (t); p−1
allora
Z
∞
(242)
√
ν
ν
s− 2 Jν (2 st)f (s)ds = t− 2 f (t)
0
Se ora poniamo
−ν− 21
g(t) = t
53
2
t
f
2
(243)
allora quest’identità diviene
Z ∞√
st Jν (st) g(s) ds = g(t)
0
Ricordando la definizione di trasformata di Hankel (158) vediamo che una
funzione g che soddisfa (242) e (243) è autoreciproca rispetto a Hν :
Hν [g(s); t] = g(t)
(244)
1
La funzione più semplice che soddisfa questa relazione è g(t) = t− 2 che
ν
1
corrisponde a f (t) = (2t) 2 − 2 e dalla (218) si ha
h ν 1 i Γ ν + 1
h ν 1
i
1
−1
−2
−2
2
2
2
2
L t
;p =
= ν+1 L t
;p
,
(<ν > −3, <p > 0).
ν
1
p
p2+2
Definiamo ora la convoluzione f ∗ g tra due funzioni f e g come l’integrale
Z t
f (τ )g(t − τ )dτ
(245)
f ∗ g(t) =
0
È evidente che f ∗ g = g ∗ f , e si ha inoltre
Z ∞
Z t
−pt
L [f ∗ g; p] =
e dt
f (τ )g(t − τ )dτ
0
0
Z ∞
Z ∞
e−pt g(t − τ )dt
f (τ )dτ
=
τ
Z0 ∞
Z ∞
−pτ
=
f (τ )e dτ
e−ps g(s)ds
0
(s = t − τ )
0
= f˜(p) · g̃(p)
O anche
(246)
h
i
L−1 f˜(p) · g̃(p); t = f ∗ g(t).
(247)
Se ad esempio
f (t) = ta−1 ,
g(t) = tb−1 ,
(<a > 0),
(<b > 0)
allora si ha
f˜(p) = Γ(a) p−a ,
g̃(p) = Γ(b) p−b ,
54
mentre dalla (247) si ricava
Z t
Γ(a)Γ(b) a+b
τ a−1 (t − τ )b−1 dτ = Γ(a)Γ(b)L−1 p−a−b ; t =
t
Γ(a + b)
0
(248)
che per t = 1 non è altro che la formula (6).
Un’altra applicazione è la seguente: dalla (239) si ha che se
1
f (t) = J0 (t) allora f˜(p) = (1 + p2 )− 2 .
Usando la (247) e la (226) si ha dunque
Z t
J0 (τ )J0 (t − τ )dτ = L−1 (1 + p2 )−1 ; t = sin t
(249)
0
Teoremi tauberiani. Si tratta di un complesso di risultati che mettono in
luce il fatto che il comportamento di f (x) nell’intorno dell’origine si riflette
in quello di f˜(p) per |p| → ∞. Consideriamo innanzitutto il polinomio
f (x) =
n
X
ak
k=0
k!
xk
Dalla (218) si ha
f˜(p) =
n
X
ak p−k−1
k=0
da cui si deduce immediatamente che
lim p f˜(p) = lim+ f (x)
(250)
lim pn+1 f˜(p) = n! lim x−n f (x).
(251)
p→∞
x→0
e
x→∞
p→0+
Un altro semplice esempio di una coppia di trasformate che soddisfa (250) è
f (x) = cos x e f˜(p) =
p2
p
·
+1
Mentre la coppia
f (x) = 1 − e−x
e f˜(p) =
55
1
·
p(p + 1)
soddisfa, oltre alla (250), la relazione analoga alla (251)
lim p f˜(p) = f (∞).
p→0+
(252)
Non è difficile verificare attraverso un semplice cambio di variabili con cui
possiamo scrivere
Z ∞
f (x/p)e−x dx
(253)
p f˜(p) =
0
che le condizioni sufficienti per la validità di queste relazioni sono date da:
• se esiste una costante M > 0 tale che |f (x)| < M eα x per ogni x > 0
allora vale (250);
• se esiste una costante M > 0 tale che |f (x)| < M per ogni x > 0 ed
esiste il limite limx→∞ f (x) = f (∞) allora vale (252).
In particolare, se f (x) = o(x) quando x → ∞ allora
lim p f˜(p) = 0.
p→0+
(254)
Più in generale, usando la (229) si vede che se f (n) (x) = o(x) quando x → ∞
e f (0), f 0 (0), . . . , f (n−1) (0) sono finite allora si ha
lim pn+1 f˜(n) (p) = 0,
p→0+
(255)
che generalizza la (251) valida per i polinomi. Con argomenti simili possiamo
dedurre uno sviluppo asintotico per la trasformata di Laplace di una funzione
con un dato sviluppo di Maclaurin nell’intorno di x = 0. Ricordiamo che una
serie
∞
X
ak t−k
(256)
k=0
è detta sviluppo asintotico di una funzione ϕ(t) se per ogni intero positivo n
si ha
n−1
X
ϕ(t) −
ak t−k = O(t−n ),
t → ∞,
(257)
k=0
e in tal caso scriveremo
ϕ(t) ≈
∞
X
k=0
56
ak t−k .
(258)
In particolare ogni sviluppo convergente in serie di potenze è (banalmente)
uno sviluppo asintotico ma il punto chiave è che la serie (256) può essere
divergente.
Esempio. Lo sviluppo asintotico
1
1
1
1
≈ − 2 + 3 − ··· t → ∞
1+t
t t
t
è convergente. Se invece consideriamo l’integrale esponenziale
Z t u
e
du
f (t) =
1 u
ed integriamo ripetutamente per parti otteniamo
u t Z t u
e
e
f (t) =
du
+
2
u 1
1 u
u
t Z t u
e
eu
e
=
+ 2 +
du
3
u
u 1
1 u
u
t Z t
2 · 3eu
e
eu 2eu
+
=
+ 2+ 3
du
u
u
u 1
u4
1
..
.
t
Z t u
1!
2!
(n − 1)!
1
e
u
= e
+ 2 + 3 + ··· +
du
+
n!
n+1
u u
u
un
1 u
1
Per n fissato l’ultimo integrale è O(t−n−1 et ) quando t → ∞. Si ha dunque lo
sviluppo asintotico
1 1! 2!
e−t f (t) ≈ + 2 + 3 + · · ·
t t
t
che diverge per ogni t > 0. Ciononostante, se prendiamo un numero fissato di
termini, per Rt abbastanza grande fornisce una buona approssimazione della
t u
funzione e−t 1 eu du. Ma se fissiamo t prendere sempre più termini dello
sviluppo non migliora l’approssimazione perchè appunto la serie diverge.
Tornando alle trasformate di Laplace si ha il seguente risultato (lemma di
Watson):
• se esiste una costante M > 0 tale che |f (x)| < M eα x per ogni x > 0 e
se in un intorno di x = 0 f (x) ha lo sviluppo di Maclaurin
∞
X
ak k
f (x) =
x ,
k!
k=0
57
allora la sua trasformata f˜(p) ha lo sviluppo asintotico
f˜(p) ≈
∞
X
ak p−k−1 .
k=0
Esempio. La funzione di Bessel del primo tipo Jν (x) soddisfa
∞
X
√
x Jν ( x) =
−ν
k=0
(−1)k xk
22k k! Γ(ν + k + 1)
e dunque ak = (−1)k 2−2k /Γ(ν + k + 1). Pertanto si ha
∞
h
i X
√
(−1)k 2−2k −k−1
−ν
p
.
L t Jν ( t); p ≈
Γ(ν
+
k
+
1)
k=0
Esempio. In teoria degli errori si considerano frequentemente le funzioni
erf ed erf c definite per t reale e positivo da
Z t
Z ∞
2
2
2
−u2
erf (t) = √
e du,
e−u du (259)
erfc (t) = 1 − erf (t) = √
π 0
π t
Non è difficile verificare che
L [erf (x); p] = p
−1
e
1 2
p
4
erfc
1
p
2
D’altra parte erf (t) ha lo sviluppo intorno a t = 0
∞
2 X (−1)r t2r+1
erf (t) = √
π r=0 r! (2r + 1)
e dunque per il lemma di Watson erfc (t) ha lo sviluppo asintotico
"
#
2
∞
X
e−t
erfc (t) ≈ √ 1 +
(−1)r (2r − 1)!!(2t2 )−r ,
t π
r=1
che evidentemente diverge per ogni t > 0.
58
(260)
Applicazione: diffusione lungo una semiretta. Mettiamo a confronto il
cosiddetto metodo delle trasformate integrali con diverse trasfromate su un
semplice esempio. Consideriamo l’equazione di diffusione unidimensionale
∂ 2u
1 ∂u
=
∂x2
κ ∂t
(261)
con le condizioni al contorno
t≥0
(262)
x→∞
(263)
u(0, t) = f (t),
u(x, t) → 0,
e la condizione iniziale
u(x, 0) = 0.
(264)
Utilizziamo innanzitutto la trasformata seno:
Us (ξ, t) = Fs [u(x, t); x → ξ]
Integrando due volte per parti e usando la condizione (262) si vede che
r
2
2
∂ u
Fs
; x → ξ = −ξ 2 Us (ξ, t) +
ξ f (t)
2
∂x
π
Pertanto l’equazione alle derivate parziali (261) per u(x, t) diviene l’equazione
differenziale ordinaria
r
2
∂Us
2
+ κ ξ Us =
κ ξ f (t)
∂t
π
per la sua trasformata seno Us (ξ, t), con condizione iniziale Us (ξ, 0) = 0. Da
ciò si deduce che
r
Z t
2
2
Us (ξ, t) =
κξ
f (τ )e−κ(t−τ )ξ dτ.
π
0
Applicando l’operatore Fs ad entrambi i membri si ottiene
r
Z t
h
i
2
−κ(t−τ )ξ 2
u(x, t) =
κ
f (τ )Fs ξe
; ξ → x dτ.
π
0
59
Usando la (199) si vede poi che
h
i
2
Fs ξe−κ(t−τ )ξ ; ξ → x =
x
x2
3
(2κ(t − τ )) 2
e− 4κ(t−τ )
e si ha dunque la soluzione
u(x, t) = √
x
4πκ
Z
t
dτ
x2
f (τ )e− 4κ(t−τ )
0
3
(t − τ ) 2
.
(265)
Osserviamo di passaggio che se al posto della (262) avessimo avuto la condizione ux (0, t) = f (t) allora la trasformata coseno sarebbe stata quella appropriata (verificarlo).
Risolviamo ora lo stesso problema per mezzo della trasformata di Laplace
rispetto a t. Se poniamo
u(x, p) = L [u(x, t); t → p]
si ha
∂u
; t → p = p u(x, p)
L
∂t
Pertanto l’equazione (261) diviene
∂ 2u
p
= u
2
∂x
κ
con condizioni al contorno
u(x, p) → 0,
u(0, p) = f (p),
la cui soluzione è
u(x, p) = f (p) e−x
x → ∞,
√
p/κ
.
D’altra parte, usando il teorema di convoluzione (246) vediamo che
Z t
u(x, p) =
f (τ )g(x, t − τ )dτ
0
dove
h √
i
x2
1
g(x, t) = L−1 e−x p/κ ; p → t = √
e− 4κt
4πκt3
e per l’ultima uguaglianza abbiamo usato la (222). Mettendo tutto insieme
riotteniamo la (265).
60
6.5
La trasformata di Mellin
Supponiamo di voler risolvere l’equazione di Laplace bidimensionale
∂ 2u ∂ 2u
+
=0
∂x2 ∂y 2
nella regione a forma di cuneo definita in coordinate polari x = ρ cos θ e
y = ρ sin θ da
ρ > 0,
|θ| < α.
L’equazione di Laplace in coordinate polari è
1 ∂ 2u
∂ 2 u 1 ∂u
+
+
=0
∂ρ2 ρ ∂ρ ρ2 ∂θ2
(266)
Osserviamo ora che
2
Z ∞
Z ∞
∂ u 1 ∂u
∂u
s+1
s ∂
ρ
+
dρ =
ρ
ρ
dρ
∂ρ2 ρ ∂ρ
∂ρ
∂ρ
0
0
∞
Z ∞
2
s+1 ∂u
s
u(ρ, θ)ρs−1 dρ
= ρ
− sρ u + s
∂ρ
0
0
Se ora assumiamo che le funzioni tra parentesi quadre si annullino in entrambi
i limiti ρ → 0 e ρ → ∞ allora si ha che
2
Z ∞
∂ u 1 ∂u
s+1
ρ
+
dρ = s2 u∗ (s, θ)
2
∂ρ
ρ
∂ρ
0
dove
∗
Z
u (s, θ) =
∞
u(ρ, θ) ρs−1 dρ = M[u; ρ → s]
0
è la trasformata di Mellin di u(ρ, θ) rispetto alla variabile ρ. L’equazione
(266) diviene un’equazione differenziale ordinaria per la u∗ :
∂ 2 u∗
+ s2 u∗ (s, θ) = 0
2
∂θ
(267)
Se poi si assegnano condizioni specifiche al bordo della regione, ossia
u(ρ, ±α) = f (ρ)
61
(268)
cosicchè
u∗ (s, ±α) = f ∗ (s)
(269)
dove f ∗ (s) è la trasformata di Mellin di f (ρ):
Z ∞
∗
f (ρ) ρ s−1 dρ.
f (s) = M[f ; s] =
0
La soluzione della (267) soggetta alla condizione (269) è data da
u∗ (s, θ) = f ∗ (s)
cos(sθ)
·
cos(sα)
(270)
La soluzione u(ρ, θ) della (266) sarà data dunque dalla trasformata di Mellin
inversa della u∗ (s, θ). Per ottenere la formula d’inversione procediamo come
segue. Nella trasformata di Fourier
Z ∞
1
G(ξ) = √
g(t) ei ξt dt
2π −∞
poniamo x = et e s = c + iξ ed otteniamo
Z ∞
1
G(ic − is) = √
x−c g(log x) xs−1 dx
2π 0
La stessa sostituzione nella formula inversa
Z ∞
1
G(ξ) e−i ξt dt
g(t) = √
2π −∞
fornisce la relazione
1
g(log x) = √
2πi
Z
c+∞
G(ic − is) xc−s ds
c−∞
Se infine poniamo
1
f (x) = √ x−c g(log x),
2π
f ∗ (s) = G(ic − is)
ricaviamo la coppia di relazioni diretta e inversa per la trasformata di Mellin:
Z ∞
∗
f (s) =
f (x)xs−1 dx,
(271)
0
62
1
f (x) =
2πi
Z
c+i∞
f ∗ (s) x−s ds.
(272)
c−i∞
Questo argomento euristico può essere sostanziato come segue: se esistono
due costanti a < b tali che f (x) = O(x−a ) per x → 0+ e f (x) = O(x−b )
per x → ∞ allora l’integrale (271) converge nella striscia a < <s < b ed ivi
definisce una funzione analitica. Se poi esiste una costante C > 0 tale che
Z ∞
|f ∗ (c + is)|ds < C per ogni a < c < b,
−∞
allora vale la formula d’inversione (272) per ogni a < c < b. Osserviamo che
con il cambio di variabile x = e−u la (271) diventa la trasformata di Laplace
(bilatera)
Z
∞
f ∗ (s) =
F (u)e−us du
−∞
−u
con F (u) = f (e ), mentre la (272) diviene la formula d’inversione per la
trasformata di Laplace
Z c+i∞
1
f ∗ (s) eus ds.
F (u) =
2πi c−i∞
Ritroviamo cos`i il fatto già osservato che le formule d’inversione per le
trasformate di Laplace e di Mellin sono semplici riscritture di quella per
la trasformata di Fourier.
Vediamo ora alcune proprietà della trasformata di Mellin e calcoliamone qualcuna. Innanzitutto è facile verficare le regole
M[f (ax); s] = a−s f ∗ (s),
(273)
M[xa f (x); s] = f ∗ (s + a),
(274)
M[f (xa ); s] = a−1 f ∗ (s/a),
a > 0,
(275)
e, similmente,
1
M f
x
1
; s = f ∗ (1 − s).
x
Usando poi la formula
d s−1
x
= (log x) xs−1
ds
63
(276)
si vede che
d ∗
f (s).
(277)
ds
Altre proprietà utili sono le seguenti. Integrando per parti si vede che se
xs−1 f (x) tende a zero quando x tende a 0 o a ∞, allora per ogni valore di s
per cui f ∗ (s − 1) esiste,
M[log x f (x); s] =
M[f 0 (x); s] = −(s − 1)f ∗ (s − 1).
(278)
Combinando con la (274) si trova
M[xf 0 (x); s] = −s f ∗ (s),
(279)
n
d
M x
f (x); s = (−s)n f ∗ (s).
dx
(280)
e, induttivamente,
Da quanto visto si deduce poi facilmente che
Z x
1
f (u)du; s = − f ∗ (s).
M
s
0
(281)
Nelle applicazioni è spesso utile calcolare la trasformata di Mellin di certe
espressioni integrali. Un semplice calcolo diretto mostra ad esempio che
Z ∞ x
du
f
M
g(u) ; s = f ∗ (s)g ∗ (s).
(282)
u
u
0
Abbiamo già di fatto calcolato alcune trasformate di Mellin. Come già osservato che la (1) altro non è che
M[e−x ; s] = Γ(s),
<s > 0.
(283)
Combinando quest’ultima con (273) e (275) si ottiene
M[e−
a2 x2
2
s
; s] = 2 2 −1 a−s Γ(s/2),
<s > 0.
(284)
Le (200)-(201), ove si sostituisca p con s e ξ con 1, danno
1
M[cos x; s] = Γ(s) cos( πs),
2
64
0 < <s < 1,
(285)
e
1
M[sin x; s] = Γ(s) sin( πs), 0 < <s < 1.
2
Inoltre dalla (113) si ricava facilmente
2s−1 Γ p2 + 2s
, −p < <s < p + 2.
M[Jp (x); s] =
Γ p2 − 2s + 1
(286)
(287)
Vogliamo ora generalizzare la trasformata di Mellin ai casi in cui f ∗ (s)
si estende a una funzione meromorfa su C. Assumiamo che f (x) abbia gli
sviluppi asintotici
X
ck x i k ,
x → 0+
(288)
f (x) ≈
k
e
f (x) ≈
X
d l xj l ,
x → ∞.
(289)
l
con
i0 < i1 < i2 < i3 · · ·
lim ik = +∞,
(290)
lim jl = −∞.
(291)
k→∞
e
j0 > j1 > j2 > j3 · · ·
l→∞
Decomponiamo f ∗ (s) nella somma di due integrali f ∗ (s) = f1∗ (s)+f2∗ (s) dove
Z 1
Z ∞
∗
s−1
∗
f1 (s) =
f (x)x dx,
f2 (s) =
f (x)xs−1 dx.
0
1
Il primo integrale converge assolutamente per <s > −i0 e si ha
f1∗ (s)
=
n−1
X
k=0
ck
+
s + ik
Z
1
rn (x)xs−1 dx
0
dove rn (x) = O(xin ). Questa formula fornisce un prolungamento meromorfo
alla regione <s > −in . Dall’arbitrarietà di n concludiamo che f1∗ (s) si estende ad una funzione meromorfa in C con poli semplici in −i0 , −i1 , −i2 , . . .
e residuo uguale a ck in s = −ik . L’integrale f2∗ (s) si tratta allo stesso modo
(con il cambiamento di variabile x → 1/x) e definisce una funzione meromorfa in C con poli semplici in −j0 , −j1 , −j2 , . . . e residuo uguale a −dl in
65
s = −jl . Pertanto f ∗ (s) sarà meromorfa in C con due serie di poli semplici
in
· · · < −i2 < −i1 < −i0 e − j0 < −j1 < −j2 < · · ·
Esempio. Riconsideriamo la funzione gamma (283). Quando x è vicino a 0
possiamo usare lo sviluppo (convergente)
e−x =
∞
X
(−1)k xk /k!
k=0
mentre quando x è molto grande si ha e−x ≈ 0, che significa e−x = O(x−n )
per ogni intero n. Da quanto sopra segue il fatto già visto che Γ(s) ha poli
semplici nei punti s = 0, −1, −2, . . . , −k + 1, e il residuo in s = −k vale
(−1)k /k!
Esempio. Consideriamo ora una generica serie di Dirchlet
L(s) =
∞
X
cn n−s
(292)
n=1
Usando la formula (4) si vede che
Γ(s) L(s) =
∞
X
Z
cn
∞
e−nx xs−1 dx
0
n=1
Integrando termine a termine (assumendo <s grande abbastanza) troviamo
Z ∞
1
L(s) =
F (x) xs−1 dx
(293)
Γ(s) 0
con
F (x) =
∞
X
cn e−nx
(294)
n=1
Ciò si può interpretare dicendo che la serie di Dirichlet (292) è la trasformata di Mellin generalizzata (293) della serie di potenze (294). Se poi F (x)
ammette degli sviluppi asintotici intorno a x = 0 e x = ∞ allora dalla teoria
sopra descritta si ottiene un prolungamento di L(s) ad una funzione meromorfa in C.
66
Illustriamo questo principio nel caso di ζ(s), in cui cn = 1 per ogni n ≥ 1. In
questo caso
∞
X
1
F (x) =
e−nx = x
e −1
n=1
Se ricordiamo la definizione dei numeri di Bernoulli (23) vediamo che per x
vicino a 0 vale
∞
X
Bk+1 k
F (x) ≈
x
(k + 1)!
k=−1
mentre F (x) ≈ 0 per x grande. Pertanto ζ(s) è una funzione meromorfa che
può essere scritta nella forma
Z ∞ s−1
1
x
ζ(s) =
dx
(295)
Γ(s) 0 ex − 1
La struttura dei poli è la seguente:
• per la Γ(s),
s = 0, −1, −2, −3, . . ., residuo (−1)k /k! in s = −k;
R ∞ s−1
• per 0 exx −1 dx, s = 1, 0, −1, −2, . . ., residuo Bk+1 /(k + 1)! in s = −k.
Per cui la ζ(s) ha un solo polo in s = 1 con residuo 1, come già sapevamo.
Esempio. Dalla (273) si ha che
f (nx) = M−1 [n−s f ∗ (s); x]
e dunque si ottiene l’importante formula
∞
X
f (nx) = M−1 [ζ(s) f ∗ (s); x].
(296)
n=1
Un’applicazione di questa formula segue da (80), per cui
g ∗ (s) = ζ(s) f ∗ (s)
⇐⇒
f ∗ (s) =
∞
X
µ(n)
n=1
Si ha cos`i la formula d’inversione (81).
67
ns
g ∗ (s).
(297)
Inversamente, si possono derivare formule interessanti sfruttando semplici
proprietà della funzione zeta. Ad esempio, usando il fatto che
∞
X
n−1 −s
(−1)
n
=
n=1
∞
X
(2n − 1)
−s
−
n=1
∞
X
(2n)−s
n=1
∞
X
= ζ(s) − 2
(2n)−s
n=1
1−s
= (1 − 2
)ζ(s)
si ottiene
∞
X
(−1)n−1 f (nx) = M−1 [(1 − 21−s )ζ(s) f ∗ (s); x].
(298)
n=1
Similmente, dalle relazioni
∞
X
n=0
∞
X
(2n + 1)−s = (1 − 2−s )ζ(s),
(−1)n (2n + 1)−s = 2−2s (ζ(s, 1/4) − ζ(s, 3/4))
n=0
si deducono le formule
∞
X
f ((2n + 1)x) = M−1 [(1 − 2−s )ζ(s) f ∗ (s); x],
(299)
n=0
∞
X
(−1)n f ((2n + 1)x) = M−1 [2−2s (ζ(s, 1/4) − ζ(s, 3/4)) f ∗ (s); x],
(300)
n=0
dove ζ(s, a) è la funzione zeta di Hurwitz. Per illustrare l’uso che si può fare
di queste formule prendiamo (cfr. (287)),
f (x) = x−1 J1 (x),
f ∗ (s) = 2s−2
Γ( 2s )
.
Γ(2 − 2s )
La (300) dà
∞
X
n=0
1
+ 1)x)
=
2n + 1
2πi
n J1 ((2n
(−1)
Z
c+i∞
c−i∞
Γ( 2s )
(ζ(s, 1/4)−ζ(s, 3/4)) 2−s−2 x1−s dx
Γ(2 − 2s )
68
La funzione integranda ha poli semplici in s = −2n, n = 0, 1, . . . ed essendo
Γ( 2s + n + 1)
1
s
s
(−1)n
lim ( + n) s
lim (s + 2n)Γ( ) =
=
s→−2n
2
2 s→−2n 2
( 2 + n)( 2s + n − 1) · · · 2s
2 n!
il residuo in s = −2n è
1 (−1)n
1 (−1)n −B2n+1 ( 14 )
2n+1
(ζ(−2n, 1/4)−ζ(−2n, 3/4))(2x)
=
(2x)2n+1
4 n!(n + 1)!
2 n!(n + 1)! (2n + 1)
dove si è usata la (73). Infine troviamo
∞
∞
X
1 X (−1)n B2n+1 ( 14 )
(−1)n
J1 ((2n + 1)x) = −
(2x)2n+1
2n
+
1
2
n!(n
+
1)!(2n
+
1)
n=0
n=0
2
(301)
2
Esercizio. Ponendo f (x) = x− 3 (1 − x 3 ) nella (296) mostrare che la serie
finita
N
X
2
2
n− 3 (1 − xn 3 ), 0 < x < 1,
SN (x) =
n=1
2
dove N è l’intero più grande tale che xN 3 < 1, ha somma
#
"
3
s
−
1
Γ
3
5
2
ζ(s); s → x 2
Γ
M−1
2
Γ 32 s + 21
e dedurre da ciò lo sviluppo asintotico per x → 0
2
1
2
3 −1
1
SN (x) ≈ πx + ζ
+ x− ζ −
x2 + · · ·
4
3
4
8
3
6.6
La trasformata di Hankel
Ricordando la definizione (181) della trasformata di Fourier n-dimensionale,
supponiamo di voler trovare F(n) (ξ) a partire da una funzione f (r) che
1
dipende solo da r = |x| = (x1 + · · · + xn ) 2 . Consideriamo per semplicità
il caso n = 2 e introduciamo le coordinate polari
x1 = r cos θ,
x2 = r sin θ,
ξ1 = ρ cos φ,
69
ξ2 = ρ sin φ
da cui segue che
(x · ξ) = rρ cos (θ − φ)
e dunque
1
F(2) [f (r); x1 → ξ1 , x2 → ξ2 ] =
2π
Ora si ha che
1
2π
Z
∞
Z
2π
rdr
f (r) eirρ cos (θ−φ) dθ.
0
0
2π
Z
ei rρ cos (θ−φ) dθ = J0 (rρ)
(302)
0
e dunque
Z
∞
F(2) [f (r); x1 → ξ1 , x2 → ξ2 ] =
rf (r)J0 (rρ)dr
(303)
0
che può essere scritta in termini della trasformata di Hankel di ordine zero
h 1
i
1
F(2) [f (r); x1 → ξ1 , x2 → ξ2 ] = ρ− 2 H0 r 2 f (r); ρ
(304)
dove, lo ricordiamo,
Z
Hp [f (x); ξ] =
∞
1
f (x)(ξx) 2 Jp (ξx)dx
(305)
0
Più in generale, si trova
h 1
i
1
F(n) [f (r); x1 → ξ1 , . . . xn → ξn ] = ρ−p− 2 Hp rp+ 2 f (r); ρ ,
p=
n
− 1.
2
(306)
Ad esempio per n = 3 si ha p = 1/2 e ricordando che
21
2
sin(ρr)
(ρr) J 1 (ρr) =
2
π
1
2
si ottiene l’identità
F(3) [f (r); x → ξ] = ρ−1 Fs [rf (r); ρ]
(307)
Alcune proprietà: la relazione di ricorrenza (110) dà
ξ
Hp x−1 f (x); ξ =
(Hp−1 [f (x); ξ] + Hp+1 [f (x); ξ])
2p
70
(308)
Inoltre il teorema di Tricomi (241) può essere riscritto nella forma
h p 1
h
h p 1 √ i
p i i
−4
−p−1
2
L ξ
Hp f (x); 2ξ ; s = s
L x2−4 f
2x ; s
(309)
e dunque consente di calcolare le trasformate di Hankel in termini di trasformate di Laplace e delle loro inverse. In particolare il secondo membro della
(113) altro non è che
h
i
1
1
(310)
a− 2 Hp e−νx xµ− 2 ; a .
Se poniamo µ = ν = 0 e usiamo la formula di Gauss (94) vediamo che se
<p > −1
h 1 i
− 12
a Hp x− 2 ; a = a−1
1
ovvero la funzione x− 2 è autoreciproca rispetto a Hp ,
h 1 i
1
H p x− 2 ; ξ = ξ − 2 .
(311)
Un’altra interessante relazione di autoreciprocità è la seguente
h
i
1
1
2
2
Hp xp+ 2 e−x /2 ; ξ = ξ p+ 2 e−ξ /2
(312)
facilmente deducibile sostituendo al primo membro la definizione (108) di
Jp , scambiando somma e integrale e valutando ciascun integrale in termini
della funzione gamma. Osserviamo che per p = −1 si ha J−1 (x) = −J1 (x)
e dunque (312) dice in questo caso che la trasformata di Hankel di ordine 1
1
2
della funzione x− 2 e−x /2 è uguale alla funzione stessa cambiata di segno.
Ulteriori trasformate si possono ottenere facendo un cambiamento di variabili
in (312). Se t > 0 si vede che
1
2
(t x)p+ 2 e−t
x2 /2
1
−2
e t−1 (t−1 x)p+ 2 e−t
x2 /2
sono trasformate di Hankel di ordine p l’una dell’altra. Osserviamo ora che
la trasformata di Hankel è un’isometria in L2 (0, ∞), ovvero
Z ∞
Z ∞
2
|Hp [f (x); ξ] | dξ =
|f (x)|2 dx,
f ∈ L2 (0, ∞)
0
0
e dunque conserva il prodotto scalare, ovvero
Z ∞
Z ∞
Hp [f (x); ξ] Hp [g(x); ξ] dξ =
f (x) g(x)dx,
0
0
71
f, g ∈ L2 (0, ∞)
Ciò implica che l’identità
Z ∞
Z
p+ 12 −t2 x2 /2
f (x) (t x)
e
dx =
0
∞
1
−2
g(x) t−1 (t−1 x)p+ 2 e−t
x2 /2
dx
(313)
0
vale per ogni t > 0 ogni volta che f e g in L2 (0, ∞) sono trasformate di
Hankel di ordine p l’una dell’altra. Inversamente, sia f0 (x) (oltre a f (x))
una trasformata di Hankel di g(x). Dall’identità scritta sopra segue che
1
2 2
f (x) − f0 (x) è ortogonale alla famiglia di funzioni xp+ 2 e−t x /2 per ogni
t > 0. Dal momento che lo spazio vettoriale generato queste funzioni è denso
in L2 (0, ∞) si ha che f0 (x) = f (x) quasi ovunque. Da quanto visto si deduce
il seguente criterio
Teorema 2 Condizione necessaria e sufficiente perchè le funzioni f (x) e
g(x) in L2 (0, ∞) siano trasformate di Hankel di ordine p l’una dell’altra è
che valga l’identità (313) per ogni t > 0.
Se poi prendiamo la trasformata di Mellin dei due termini di (313) e usiamo
(284) e (276) otteniamo la nuova identità
p
p
s
3
1
s
s p 1
s p 3
∗
−
+
−
+
−
+ +
f (1 − s) = 2 2 2 4 Γ − + +
g ∗ (s)
22 2 4 Γ
2 2 4
2 2 4
Se dunque definiamo per f ∈ L2 (0, ∞) la trasformata pesata
s p 3
∗
− 2s + p2 − 14
fp (s) := 2
Γ − + +
f ∗ (s)
2 2 4
(314)
allora il criterio enunciato sopra è equivalente al seguente
Teorema 3 Condizione necessaria e sufficiente perchè le funzioni f (x) e
g(x) in L2 (0, ∞) siano trasformate di Hankel di ordine p l’una dell’altra è
che valga l’identità
fp∗ (1 − s) = gp∗ (s).
In particolare f ∈ L2 (0, ∞) sarà autoreciproca se e solo se
fp∗ (s) = fp∗ (1 − s).
72
Osservazioni finali. Talvolta, al posto della (305) si preferisce usare la
trasformata modificata
Z ∞
0
Hp [f (x); ξ] =
x f (x)Jp (ξx)dx
(315)
0
che evidentemente soddisfa
h 1
i
1
Hp0 [f (x); ξ] = ξ − 2 Hp x 2 f (x); ξ
In termini della Hp0 la (309) diviene
h p
h
h p √ i
p i i
0
−p−1
2
L ξ Hp f (x); 2ξ ; s = s
L x2 f
2x ; s
(316)
(317)
Una proprietà utile nelle applicazioni è la seguente: definiamo innanzitutto
l’operatore differenziale di Bessel di ordine p che agisce su una funzione f =
f (r) come
p+1
−p
−p−1 ∂
p ∂
r
(r f )
(318)
Bp f = r
r
∂r
∂r
È un facile esercizio mostrare per mezzo di un’integrazione per parti che se
f (r) = o(r−p−1 ) quando r → ∞ allora vale l’identità
Hp0 [Bp f ; ξ] = −ξ 2 Hp0 [f ; ξ] .
(319)
Se ad esempio stiamo considerando un problema in R3 in cui vi sia simmetria
rispetto alle rotazioni attorno ad un asse allora saranno appropriate le coordinate cilindriche (r, φ, z). Il laplaciano tridimensionale in queste coordinate
si scrive
1 ∂
1 ∂2
∂2
∂2
∆3 = 2 +
+
+
(320)
∂r
r ∂r r2 ∂φ2 ∂z 2
Se poi la simmetria è rispetto all’asse z allora questo si può ridurre a
∆a =
∂2
1 ∂
∂2
+
+
∂r2 r ∂r ∂z 2
(321)
Da queste definizioni risulta chiaro che
∆3 u(r, z)eipφ = Bp + D2 u(r, z)eipφ
(322)
∆a u(r, z) = B0 + D2 u(r, z),
(323)
e
73
dove D = ∂/∂z, e dunque per la (319) si ha
Hp0 ∆3 u(r, z)eipφ ; r → ξ = D2 − ξ 2 Hp0 u(r, z)eipφ ; r → ξ
(324)
e
H00 [∆a u(r, z); r → ξ] = D2 − ξ 2 H00 [u(r, z); r → ξ] ,
(325)
relazioni spesso usate nella risoluzione di problemi di idrodinamica ed elasticità.
74