Cimiteri, luoghi della memoria

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Cimiteri, luoghi della memoria
Cimiteri, luoghi della memoria.
La ricerca storica per la tutela e la valorizzazione
di Anna Còccioli Mastroviti
Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Parma e
Piacenza
La crescente attenzione riservata, in questi ultimi anni, anche in Italia,
all’architettura cimiteriale, le numerose acquisizioni storiografiche e metodologiche
non solo obbligano lo studioso a confrontarsi con l’allargamento dei confini delle
discipline storico-artistiche, con una sempre più sottile specializzazione degli studi,
ma vanno altresì disvelando la ricchezza e la qualità di un patrimonio storico,
architettonico, artistico in senso lato che offre gli strumenti, nel più ampio panorama
della storia dell’architettura, per nuove riflessioni sui modi di fare storia, sulle
connessioni tra le diverse forme artistiche e sulle implicazioni storiografiche che ogni
tematica, ogni soggetto, ogni storia, comporta.
La mostra sul cimitero di Lodi curata da Luciano Roncai all’Archivio Storico
Comunale di Lodi (autunno 2011), gli studi di Vittorio Giola e Luciano Roncai, i
corsi e i laboratori da entrambi guidati al Politecnico di Milano e nelle Università
dell’Insubria e di Parma1, hanno significato importanti affondi della didattica
universitaria su questo specifico settore dell’architettura degli ultimi due secoli,
hanno offerto ai successivi tavoli di lavoro una serie di spunti, interrogativi e
riflessioni sollecitanti, che insieme costituiscono suggestioni utili a chi riflette sulla
storia e sulla cultura. Una delle questioni principali emersa dallo studio sul Cimitero
di Lodi e, più in generale, dall’ampia indagine diretta da Luciano Roncai sulle
architetture cimiteriali del comune di Piacenza e della sua provincia, ha ribadito
l’importanza imprescindibile della conoscenza e dell’indagine storica per la tutela e la
valorizzazione di questi luoghi/paesaggi della memoria, e non solo in riferimento alle
grandi testimonianze del Cimitero Monumentale di Milano, del Cimitero di Staglieno
di Genova, alle architetture cimiteriali di Napoli, Roma, Venezia ecc.
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L’introduzione, a fronte della sola nozione di “stile”, di nuovi parametri di analisi
per la conoscenza dell’architettura cimiteriale, di questi ampi e articolati luoghi della
memoria all’interno dei quali la funzione, la committenza, la personalità
dell’architetto, dello scultore e la fortuna critica dell’opera fra i suoi contemporanei,
l’assidua frequentazione degli archivi, quale per esempio va emergendo dalla lettura
dei materiali di studio concernenti il cimitero di Piacenza, quello di alcuni comuni
come S. Giorgio Piacentino e Rottofreno per esempio, hanno consentito di
raccogliere una ricca documentazione che, lungi dal fornire certezze assolute, induce
a nuovi quesiti e a nuovi obiettivi. La necessaria indagine storica sull’architettura
cimiteriale non solo potrà consentire uno studio del fenomeno storico-artistico più
ampio e approfondito, ma potrà risultare determinante ai fini della tutela e/o dei
successivi interventi progettuali, affinché i singoli approcci filologici, stilistici,
archeologici, che pure costituiscono una base certa per il nostro lavoro, si estendano a
comprendere altre discipline: la storia sociale, economica, la letteratura, la politica
urbana.
Le testimonianze documentarie confermano come anche nel caso della città di
Parma e di Piacenza, l’editto napoleonico di S. Cloud (1804), emesso nello stesso
anno in cui sorge il celebre cimitero di Père-Lachaise, ma esteso sul territorio italiano
nel 1806, abbia innescato una serie di provvedimenti che andavano ben oltre le
disposizioni di polizia urbana, verso la nobilitazione degli spazi di sepoltura che, già
oggetto dell’esercizio progettuale e tecnico di architetti e di scultori, esigevano ora
risposte concrete che traducessero le idee dell’architettura funeraria in architettura
praticabile. Questo spiega l’intensa attività progettuale sul tema cimiteriale e le
numerose proposte e realizzazioni che coinvolgono centri come Genova 2, Brescia,
Torino, Verona, Parma, Piacenza3, Modena, Pavia4.
Lo spoglio dei documenti d’archivio, in particolare la consultazione delle licenze
di fabbrica a partire dagli anni sessanta dell’Ottocento, hanno offerto numerosi dati
che, se riordinati e riletti nelle trame della storia, dimostrano come anche a Parma e a
Piacenza l’architettura cimiteriale sia un capitolo centrale della storia dell’architettura
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tra Otto e Novecento, e le due componenti, architettura e scultura, risultino pressoché
inscindibili. Dalla lettura dei documenti si evidenziano le vicende dell’arte e
dell’architettura, lo svolgersi dell’iconografia e dei simboli. I sarcofagi, la statuaria e
le targhe marmoree si allineano e si alternano nella ripartizione delle pareti, le
cappelle ricavate negli archi e le edicole nel campo centrale si susseguono secondo un
ordinamento planimetrico che crea l’ordinamento monumentale. Nella parata delle
sepolture il committente esibisce il proprio status. È la monumentalizzazione
borghese del privato che si accentua nella seconda metà del XIX secolo5.
Le strutture funerarie private afferiscono alle diverse forme tipologiche della
lapide, della stele, del monumento vero e proprio e dell’architettura, in linea con la
“fortuna” che queste tipologie conobbero nel corso dell’Ottocento, strutture
imprescindibili dalle nuove configurazioni urbane. Arredi pittorici e plastici
assurgono ben presto a specchio parallelo e corrispondente della società del tempo: la
monumentalizzazione della morte non è di esclusiva pertinenza nobiliare, non è
destinata alla celebrazione di plurisecolari glorie familiari, il monumento tombale,
ostensione della memoria, celebra il ruolo che il defunto ha avuto in vita o che
presume di avere nella società.
Bandito ogni egalitarismo, agli esponenti delle classi alte si riserva il privilegio di
una sepoltura negli spazi più aulici. In linea con quanto si era verificato a Modena,
ove il dibattito sulle questioni cimiteriali dall’epoca di Francesco III d’Este è di
grande interesse6, trascorrendo da una concezione utilitaristica volta a relegare la
morte in aree esterne alla città, ad episodi di esibito monumentalismo e
decorativismo, anche a Parma il Cimitero della Villetta e a Piacenza il cimitero
progettato da Lotario Tomba, diventano frequentati luoghi delle memorie.
Se la storia è un tessuto di linguaggi differenti in continua trasformazione, se,
come ha scritto Manfredo Tafuri, “la storia è determinata e determinante; è
determinata dalle proprie stesse tradizioni, dagli oggetti che analizza, dai metodi che
adotta; determina le trasformazioni di sé e del reale che decostruisce” (Tafuri, La
sfera e il labirinto. Avanguardie e architettura da Piranesi agli anni Settanta, Torino,
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1980,p. 5), dalla conoscenza della storia e dalle necessarie esplorazioni d’archivio,
imprescindibile punto di partenza per ogni indagine sulle architetture del passato, così
come dalla lettura comparata delle fonti, è possibile ricostruire le fasi progettuali e
costruttive dell’oggetto artistico e, nel caso di specie, dell’architettura cimiteriale.
Solo sottoponendo il singolo monumento cimiteriale a un’operazione di dissezione
che metta in luce gli elementi costitutivi, da studiare nella loro specificità, sarà
possibile comprenderne il significato più profondo.
La molteplicità dei dati raccolti nel corso delle indagini dirette da autorevoli
studiosi sui cimiteri di Lodi, Casalpusterlengo, Parma, Bergamo, Piacenza ecc., oltre
ai casi acclarati di Milano, Genova, Verona, Como, Mantova, così come gli studi sui
cimiteri dei centri minori, si sono rivelati di estrema importanza anche e soprattutto ai
fini dell’azione di tutela, di conservazione e di valorizzazione della molteplicità delle
forme e del linguaggio che connota questo esteso e diffuso patrimonio architettonico
e monumentale cui sono chiamate le Soprintendenze per i Beni Architettonici e
Paesaggistici. I cimiteri sono luoghi della memoria, città “altra” rispetto alla città dei
vivi; soprattutto, i cimiteri, come luoghi nei quali si concentrano la storia, la memoria
e l’identità di un luogo, sono beni culturali, oggetto di tutela secondo quanto disposto
dalla Parte seconda, Titolo I del D.Lgs. 42/2004 recante il Codice dei Beni Culturali e
Paesaggistici. Le architetture cimiteriali di proprietà di enti pubblici territoriali,
realizzate da autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni,
sono infatti sottoposti a disciplina di tutela e alle disposizioni della Parte seconda del
Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici, fino a quando non sia stata espletata la
verifica dell’interesse culturale ex art. 12 del medesimo D. Lgs. 42/2004. La recente
modifica introdotta dall’art. 4, comma 16 del decreto legge n.70/2011, ha infatti
innalzato da cinquanta a settanta anni la soglia oltre la quale le cose indicate
all’articolo 10, comma 1 sono tutelate ope legis fino a quando non sia stata espletata e
conclusa la verifica di cui all’art.12.
Anche a fronte dei nuovi limiti cronologici previsti dal Codice dei Beni Culturali e
Paesaggistici per l’azione di tutela di un bene di proprietà pubblica, la realtà
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cimiteriale della provincia di Piacenza si conferma particolarmente ricca sia di
architetture realizzate nel secondo Ottocento, sia di architetture erette nella prima
metà del Novecento, ed offre una campionatura molto significativa della ricerca dello
stile in quell’arco di tempo. Del resto, è noto che la preferenza accordata a un
materiale lapideo o a particolari motivi figurativi, decorativi e architettonici è legata
all’esistenza di cataloghi cui facevano riferimento gli artisti attivi in località
eccentriche e/o periferiche. Inoltre, la consapevolezza e la conoscenza di altre realtà
cimiteriali, divulgate dalle pubblicazioni professionali illustrate sui cimiteri
monumentali di Milano e di Genova favoriva l’aggiornamento degli stili e dei temi.
Grazie alla veicolazione di questa letteratura tecnica destinata agli ingegneri e agli
architetti, artigiani del marmo, della pietra e decoratori potevano disporre di un ricco
campionario di stili e di modelli, di materiali e di soluzioni iconografiche rimeditate e
riproposte in sintonia con il luogo e con la committenza. Fra il 1881 e il 1885
“Ricordi d’Architettura” pubblica dodici cappelle gentilizie, fra le quali la cappella
Lecconi realizzata nel 1886 nel cimitero di S. Miniato. Questi ed altri blasonati
riferimenti uniti al repertorio del simbolismo funebre - sarcofago con face, torce
capovolte, edicola, urna - ritornano nei monumenti e nelle tombe Caprari Molinari,
Scarabelli nel cimitero di Parma, Tedaldi (1880) e Sforza Fogliani (1887) nel
Cimitero di Piacenza.
Se la tutela e la conservazione delle singole architetture funerarie e dei cimiteri, in
quanto beni culturali, sono disciplinate dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio,
è d’altra parte purtroppo innegabile, come scrivono Giola e Roncai nel testo
introduttivo alla mostra (La tutela del patrimonio cimiteriale), che il loro rilevante
interesse culturale e la loro giusta valorizzazione siano in parte inesplorati e/o
disattesi. Per quanto attiene al comune di Piacenza e alla provincia di Piacenza, molto
è stato fatto in termini di tutela del patrimonio cimiteriale dal momento della
istituzione della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le
province di Parma e Piacenza (16 maggio 2005), anche grazie alle singole e fattive
risposte di alcuni comuni e alla volontà di adempiere agli obblighi previsti dagli
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articoli 10 e 12 del D. Lgs. 42/2004, ma si dovrà altresì riconoscere che con alcuni
altre amministrazioni comunali della provincia, sia di pianura, sia della fascia di alta
collina, il dialogo è tuttora in corso. La documentazione conservata presso l’Archivio
di Stato di Piacenza, e quella rinvenuta negli Archivi comunali, ha consentito una
prima, estesa e significativa mappatura di queste architetture, passibile di ulteriori
ampliamenti ai fini di una completa ricognizione del patrimonio cimiteriale presente
sull’intero territorio della provincia di Piacenza. Il censimento appena concluso sulle
architetture cimiteriali di Piacenza e di alcuni comuni limitrofi, diretto dal prof.
architetto Luciano Roncai del Politecnico di Milano, congiuntamente a quello in
itinere, relativo ai cimiteri della provincia di Piacenza e che sta per concludersi con la
supervisione del medesimo docente, entrambi sorretti da un discorso metodologico e
da un lavoro concreti, potranno offrire solide basi per una necessaria operazione di
tutela e di valorizzazione di questo ricco e articolato patrimonio culturale.
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1
Rimando al testo di V. Giola e L. Roncai, La tutela del patrimonio cimiteriale.
F. Sborgi, Il Cimitero monumentale di Staglieno a Genova, in Arte y Arquitectura Funeraria, Milano, 2003, ed ora
anche Genova, 2004.
3
M. Pizzo, Un museo per la morte. Il Cimitero di Piacenza, Piacenza, 2004.
A. Còccioli Mastroviti, La memoria abitata: architetture e sculture nel Cimitero della Villetta(1838-1940), in Città
perduta, Architetture ritrovate. L’Ottagono del cimitero della Villetta e altre architetture funerarie a Parma studi e
progetti, a cura di M. Rossi, Pisa, 2007, pp. 71-83 con bibliografia precedente.
4
Cfr. le belle pagine di E. Valeriani, Il luogo della morte tra memoria e immaginario, in “Hinterland”, 29-30, I-II,
1984, pp. 40-48; La Certosa di Bologna. Immortalità della memoria, Bologna, 1998.
5
A. Còccioli Mastroviti, L’Accademia Atestina e l’architettura a Modena nell’età della Restaurazione, in La cultura
architettonica nell’età della restaurazione, a cura di G. Ricci, G. D’Amia, Atti del Convegno (Milano, ottobre 2001),
Milano 2002, pp. 225-239.
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