manuale pratico delle tecniche di indagine

Transcript

manuale pratico delle tecniche di indagine
MANUALE PRATICO DELLE TECNICHE DI INDAGINE
Capitolo 1
L’investigazione
L’investigazione è la ricerca meticolosa di elementi utili all'accertamento della verità.
Costituisce quindi il percorso necessario per giungere ad una risposta attendibile all'interrogativo posto, per
realizzare una corretta ricostruzione storica, per trovare riscontri ad un sospetto o verificarne l'infondatezza.
Il bravo investigatore è quello che si accosta con umiltà e curiosità al teatro operativo e raccogliere
accuratamente e pazientemente ogni possibile dato, consapevole di non essere in grado, in quel momento, di
riconoscere ciò che gli servirà e di separarlo dal superfluo. Il grande investigatore dubita il dubbio costituisce
il motore della sua ricerca.
Ecco un primo punto su cui fermare l'attenzione: l'istinto.
L’ istinto fornisce un formidabile supporto all’ investigazione. pur non sottovalutando, perciò, la prima
impressione, le armi vincenti dell'investigatore sono soprattutto l'analisi scrupolosa delle informazioni
acquisite e la capacità di sviluppare, ogni volta, un processo logico e razionale sottoponendolo a rigorosi
controlli. Ogni processo logico, infatti, può considerarsi corretto se verificabile e quindi modificabile, perché
solo attraverso un percorso di progressiva autocorrezione l'investigatore può gradualmente avvicinarsi alla
verità.
Altro rischio per l'investigatore viene dai pregiudizi. Il comportamento di ciascuno di noi subisce l'influenza
del pregiudizio, il cui uso, frequentemente non intenzionale, costituisce soltanto un modo per semplificare la
personale visione del mondo. Tuttavia, quando lo stesso pregiudizio impedisce di riconoscere le differenze
individuali in una classe di persone, allora diventa inadeguato potenzialmente pericoloso.
La stessa intuizione investigativa presenta seri margini di insidia quando non è immediatamente integrata e
supportata da un adeguato processo logico.
alla verità ci accompagnano soltanto umiltà, equilibrio e capacità di raccolta, di elaborazione, di severa
analisi dei dati.
Partiamo con il ribadire la necessità di contenere il più possibile istinti e intuizioni, dando invece spazio ad
un processo logico severo e rigoroso. Secondo la logica razionale i modi classici del ragionamento sono il
tipo induttivo è il tipo deduttivo.
L'induzione è quel tipo di ragionamento che, partendo dall'esperienza, evidenza ciò che è vero per alcuni
casi e lo estende statisticamente a tutti i casi. Il processo induttivo non porterà mai alla certezza, ma
aumenterà statisticamente il suo valore di verità man mano che conferme arriveranno da ulteriori esperienze.
la deduzione è il procedimento opposto. Parte, cioè, da una premessa già totale e ne ricava conclusioni. È
evidente che la deduzione funzionerebbe nell’ investigazione solo se chi svolge un'indagine avesse, nella
premessa, una totalità dispiegata di casi, ma ciò non accade mai e dovrà soccorrere allora il ragionamento
induttivo.
Senonché anche l'induzione non funzionerebbe se presa da sola, perché ha bisogno, a monte, di una serie
di ipotesi plausibili; una serie di possibilità da sottoporre a verifica; solo dopo l'investigazione potrà ricorrere
all'induzione, una volta che sarà stato stabilito il campo di probabilità entro le quali è ragionevole aspettarsi
che si trovi la causa del fenomeno indagato.
È quindi l'intelligenza umana che dovrà stabilire che cosa è plausibile, che cos'è ragionevole, che cos'è
probabile e ci riuscirà con un ragionamento che Pierce definisce Abduttivo.
Se l'induzione costituisce la verifica della ricerca investigativa l’abduzione ne rappresenta le fondamenta.
Essa è la capacità di avanzare ipotesi plausibili, istanze probabili. Presuppone uno stato di cose antecedente
non osservabile che spiega uno stato di cose presente osservabile. Le conclusioni cui si perviene non sono
definitive e aprono la strada a nuove ricerche e a nuove conclusioni secondo il modello di approssimazione
progressiva alla verità che caratterizza la ricerca investigativa di investigazione.
L'investigatore quindi è chiamato soprattutto ragionare e poi, naturalmente, ad avviare tempestivamente le
azioni conseguenti.
Quali sono queste azioni?
Alcune “mosse” sono codificate e vincolate a specifiche procedure (ad esempio l'intercettazione telefonica);
altre sono “a schema libero” (il pedinamento o l’osservazione); altre ancora, pur non avendo il preciso
riferimento normativo dei cosiddetti atti tipici della polizia giudiziaria, hanno comunque bisogno
dell'autorizzazione del magistrato(è il caso dell'esame dei tabulati contengono i dati del traffico telefonico).
Le prime sono naturalmente un numero determinato; tutte le altre sono quante riuscirà a produrne la
creatività di chi indaga. Di fondamentale importanza si rivelerà per l'investigatore la scelta dei tempi per
ciascuna.
Non esiste, di massima, un'iniziativa migliore di un'altra, esiste invece l'esigenza di operare nel complessivo
disegno investigativo un'intelligente scelta della mossa di volta in volta ritenuta più opportuna.
La scelta terrà conto di vari fattori: della necessità, o meno, dell'investigatore di operare all'insaputa del
soggetto; delle condizioni ambientali eccetera…
Per prima cosa la scelta dovrà essere coerente con il corso investigativo che è stato intrapreso e con
l'obiettivo cui tende l'ipotesi di lavoro che si vuol verificare.
È un lavoro di pazienza; l’investigatore deve attentamente e diligentemente scegliere quali azioni svolgere e
in quale sequenza. Molta pazienza ed altrettanta determinazione verso l'obiettivo. L’investigazione richiede
fermezza e dedizione assoluta. L’investigatore deve approfondire con cura la parte dell'ordinamento
giuridico che più direttamente riguarda l'indagine. Dovrà operare, infine, nella più assoluta trasparenza;
guidato da un unico faro: l'amore per la verità che è sempre una sola e non trattabile.
L’investigazione può avere anche finalità soltanto preventive ed essere condotto fuori dal processo penale.
Scopo dell’ investigazione preventiva è la conoscenza delle abitudini, del tenore di vita, delle relazioni
interpersonali, dei comportamenti di una persona o delle dinamiche, delle caratteristiche, della forza, dei
punti di vulnerabilità di un fenomeno criminale. L'indagine preventiva ha obiettivi ambiziosi concreti:
rilevare l'attualità della pericolosità di un soggetto o di un gruppo significa poter dare adeguata priorità agli
interventi che possono scongiurare fatti criminali. La capacità di agire in prevenzione riduce la necessità di
riparare al danno agendo in repressione.
La principale risposta in termini sanzionatori alla pericolosità sociale è costituita dalle misure di
prevenzione che rappresentano anche uno dei più significativi e misurabili frutti dell’ investigazione
preventiva.
Anche se la condotta del soggetto non dà luogo ad alcun rilievo penale, le indagini possono consentire di
formulare un giudizio probabilistico sulla sua capacità di delinquere o comunque di costituire un elemento di
turbativa dell'ordine e della sicurezza pubblica.
L’investigatore procede all’attento esame delle informazioni che emergono dagli atti di ufficio sulla
personalità e sui comportamenti di un soggetto, integrato da accertamenti sul campo dai quali può emergere
una valutazione di attualità della pericolosità del soggetto. Avvia, allora, le procedure per proporre l'adozione
da parte dell'autorità amministrativo giudiziaria di una delle misure previste dalla legge ritenuta adeguata al
livello di pericolosità accertato.
Altro interessante campo di investigazione preventiva e l'attività di intelligence sulla criminalità organizzata,
affidata agli investigatori che operano all'interno di organismi specializzati oltre che ai servizi di
informazione. Ma un terreno sul quale oggi la prevenzione misura tutta la sua efficacia è quello della lotta
al terrorismo internazionale di matrice religiosa.
La base di ogni investigazione è costituita da informazioni con natura, provenienza e grado di attendibilità
diversificati. L’investigazione, d'altronde, altro non è che la ricostruzione di comportamenti umani e gli stessi
comportamenti originano informazioni le quali ne esplicitano i contenuti. Tuttavia, un insieme
indifferenziato di informazioni complica le investigazioni. Dunque, è auspicabile analizzare non un’acritica
raccolta di dati, ma una ponderata sistematizzazione degli stessi. È indubbio che lo sviluppo della tecnologia
abbia semplificato il lavoro di catalogazione e, conseguentemente, di recupero delle informazioni, ma questa
facilità spesso induce a ritenere che nella sola acquisizione del maggior numero di dati risieda
automaticamente la risoluzione del caso proposto.
In alcune circostanze, una generica ed indiscriminata acquisizione di dati può dissimulare l'incapacità di
meglio indirizzare le indagini. Deve esistere, dunque, una sapienza investigativa che li governa e li indirizza.
I dati, quindi, devono essere analizzati, contestualizzati, vagliati ed interpretati per arrivare ad un'attenta e
corretta comprensione, organizzazione e valutazione globale.
Alla base dell'informazione sta, quindi:
- la notizia, cioè il fatto;
- l'informazione: astrazione del fatto notizia che implica una prima serie di valutazioni in termini di
attendibilità nell'alveo spazio-temporale, di credibilità in relazione alla fonte matrice, di probabilità e
verosimiglianza parametrate al reale e di possibilità di conferma che, se positivo, ne aumenta la valenza;
- la fonte: il canale informativo produttore che, seguendo una consolidata terminologia schematica
anglosassone adattata alla specificità dell'attività di polizia può essere di natura:
o umana (HUMINT) teste, persona informata sui fatti, ovvero informatore;
o mediatica (OSINT) notizie tratte dalla stampa, dalla pubblicistica, dei telegiornali, dai documentari, da
Internet o da tutti i media in genere;
o tecnologica (ELINT – elettronica; IMINT - fotografica; TECHINT - cibernetico informatica;
SIGINT - monitoraggio di canali di comunicazione, intercettazioni telefoniche e/o ambientali) previo
provvedimento autorizzato dalla magistratura.
L'attività della raccolta di tutte le informazioni disponibili e attività di intelligence. È sempre indispensabile
comunque l'ausilio del buon senso.
Capitolo secondo
le fonti delle informazioni
gli archivi di polizia.
l'archivio rappresenta lo strumento principe, è nell'archivio che si impara leggere un fascicolo. L'investigatore ha
bisogno ancora oggi di questo tipo di approccio. Sono mutati gli strumenti non lo spirito che deve animare
l'investigatore.
gli archivi elettronici di polizia.
L'archivio cartaceo è stato progressivamente affiancato da database; il centro elaborazione dati CED, del
Ministero dell'Interno, rappresenta l'antesignano di questa nuova generazione di archivi. Oggi il CED interforze
è un sistema integrato composto dai centri di ciascuna delle forze di polizia in cui le risorse informatiche acquisite
dalle rispettive articolazioni centrali e periferiche danno vita ad un unicum indistinto. A partire dal 1997 si è
assistito ad una profonda riforma che è culminata con l'attuazione di un nuovo modello informatico denominato
sistema di indagine SDI che fornisce il supporto all'attività operativa ed investigativa ed impone a tutti gli uffici
delle forze di polizia un aggiornamento in tempo reale dei dati previsti. Lo SDI ha un approccio di tipo
eventocentrico imperniato,cioè sul fatto. Il sistema, così realizzato, consente:
- la gestione della totalità delle informazioni relative ai fatti criminosi di interesse per la banca dati;
- l'ampliamento delle informazioni sui soggetti;
- l'estensione delle informazioni di dettaglio sugli oggetti;
- la massima integrazione tra i dati mediante la gestione di un'unica anagrafica su soggetti ed oggetti (con SDI è
possibile accedere e visualizzare la totalità delle informazioni sul soggetto sull'oggetto presenti in banca dati);
- la gestione delle correlazioni tra fatti, soggetti ed oggetti (questo aspetto costituisce uno dei punti più importanti
e qualificanti del progetto SDI, in quanto permette di poter correlare le informazioni in maniera automatica).
lo SDI organizza i dati secondo strutture di tipo relazionale. Tale soluzione è stata adottata per rispondere alle
esigenze di utenti impegnati in diverse ed eterogenee macroattività quali:
- quella operativa (necessità di avere a disposizione uno strumento semplice ed affidabile che sia in qualsiasi
frangente in grado di rispondere alle richieste in modo rapido e sintetico);
-quella investigativa ove gli operatori richiedono un sistema in grado di integrare e correlare informazioni per
successivi sviluppi investigativi);
- quella statistica (un maggior contenuto informativo strutturato in maniera da consentire maggiori livelli di
dettaglio ed una migliore articolazione).
Un naturale sviluppo dello SDI è costituito poi dalla MIPG/Web. Questo MIPG (modello di indagine di polizia
giudiziaria) è stato ideato per fornire un adeguato supporto all'attività svolta nella prevenzione e nella repressione
dei fenomeni criminali. Trattandosi di database che archiviano informazioni riguardanti la sfera privata di molti
cittadini è previsto un rigido sistema di controllo e di accesso ai dati. Il controllo sul CED è ora esercitato dal
garante per la protezione dei dati personali (il cosiddetto garante per la privacy) e i dati e le informazioni ivi
conservati possono essere utilizzati in procedimenti giudiziari ed amministrativi soltanto attraverso l'acquisizione
delle fonti originarie. L'investigatore e la privacy hanno un rapporto con diversi interessi in gioco, spesso
contrapposti: da una parte, si vuole tutelare il diritto all'oblio, mentre dall'altro, si ha necessità di acquisire
informazioni. La difesa della privacy si deve sostanziare in una corretta regolamentazione delle procedure di
raccolta e d'accesso ai dati. La tutela della sfera personale, perché sia veramente tale, deve realizzarsi per la
riaffermazione della giustizia e non già in ostacolo alla giustizia.
Le fonti aperte.
all'universo conosciuto della classificazione del database dell'archivio si aggiunge il pianeta dei media: stampa,
televisione, pubblicazioni in rete e Internet. Il mondo delle fonti aperte, dei documenti di libera consultazione
accessibile a chiunque, intellegibili da tutti, ma sfruttabili ai propri fini solo da investigatori pazienti, attenti e
soprattutto disposti ad utilizzare le categorie di selezione più rigorose, alla ricerca di un'informazione banale solo
in apparenza. È proprio il momento dell'analisi della notizia, della verifica del possibile riscontro che trasforma
l'informazione in conoscenza e che costituisce un passaggio di base nel processo di intelligence da cui si possono
e si devono articolare tutti gli altri elementi indispensabili per arrivare a quella sola ed unica verità dell'indagine.
L'analisi delle notizie costituisce oggi un'attività para investigativa fondamentale; le fonti aperte, se correttamente
interpretate, possono consentire costruzioni di scenari, possono fornire conferme indirette di informazioni non
ancora note. Nel sistema comunicazione informazione è insito il rischio di trovarsi di fronte a fenomeni di
disinformazione, di propaganda, se non addirittura di vera controinformazione.
- La disinformazione consiste nel miscelare abilmente notizie vere, verosimili, incomplete, parzialmente vere o
del tutto false, ricorrendo ad entrambe le categorie concettuali dell'inganno, cioè la dissimulazione e la
simulazione;
- Le dinamiche della propaganda si esprimono presentando solo un aspetto di una realtà vera, enfatizzando,
sottolineando e rendendolo aderente all'ideologia o allo scopo-motore, in modo da raggiungere il fine ultimo della
persuasione senza apparente alterazione dei fatti;
- La controinformazione, infine, si presenta come l'informazione per eccellenza. Ha pretese di verità e si pone in
primis come alternativa di libertà, scevra da quegli oneri mediatici dei finanziamenti e dalle pressioni dei poteri
forti e delle lobbies editoriali. L'esempio più attuale di controinformazione autogestita in rete è costituito dal
fenomeno Blog.
Lo schema classico dello scambio delle informazioni può sintetizzare gli elementi essenziali della comunicazione
nella formula: emittente, canale di comunicazione-messaggio, ricevente.
La vera rivoluzione nel mondo delle fonti aperte è nata con la diffusione di Internet. Un flusso continuo globale
di notizie alimentato da una fitta rete di produttori utenti. Anche l'investigatore deve adeguare il proprio bagaglio
professionale; il Web è anche un luogo in cui si commettono nuovi reati. In ambito cyber-investigativo, un ruolo
degli decisivo è stato assunto dalla polizia delle comunicazioni che è divenuto un efficace presidio di legalità nel
mondo delle comunicazioni in generale ed Internet in particolare
Le fonti riservate
L'investigatore ha nel proprio armamentario varie fonti informative. Con la nascita dello stato moderno si è
affermata l'esigenza di tutelare la sicurezza dello Stato attraverso una serie di schemi e procedure che la ponessero
al riparo da possibili vulnera. In tale prospettiva la sicurezza dello Stato si realizza attraverso la predisposizione di
appropriate norme e procedure organizzative volte a garantire la completa e continua tutela delle notizie, di
documenti e dei materiali alla stessa afferenti che debbano rimanere segreti o di vietata divulgazione. Si tratta di
materiale la cui non corretta divulgazione può arrecare un pregiudizio di intensità diversificata alle istituzioni del
nostro paese. Dunque appare immediata la percezione come i documenti classificati non siano direttamente
spendibili sul versante investigativo. Non è frequente, però, che gli organi investigativi ricevano documenti
riservati; in questo caso le informazioni potranno essere utilizzate come spunto per successivi ulteriori
accertamenti. Si potrà utilizzare anche in sede processuale lo stesso documento classificato, qualora si provveda
alla sua preventiva declassificazione. Sarebbe auspicabile che vi fosse un attento vaglio prima di conferire ad
un'informazione un livello qualsiasi di segretezza, onde evitarne un ingiustificato mancato utilizzo sul piano
investigativo, o una postuma macchinosa procedura di declassifica.
I servizi di informazione
Circa trent'anni, fa all'esito di una crisi che coinvolge settore dei servizi segreti nazionali, ne vennero riformulati
la costituzione l'ordinamento. Furono istituiti due servizi:
- sismi, per assolvere a tutti i compiti informativi di sicurezza per la difesa sul piano militare, dell'indipendenza
dell'integrità nello Stato da ogni pericolo minaccia ed aggressione, nonché compiti di controspionaggio;
- il Sisde, per assolvere tutti compiti informativi di sicurezza per la difesa dello Stato democratico e delle
istituzioni poste dalla costituzione a suo fondamento contro chiunque vi attenti, contro ogni forma di eversione.
Questa Struttura binaria fu compensata da un comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza (Censis)
e, sempre secondo la legge del 24 ottobre 1977 numero 801 articolo nove, tutti gli ufficiali ed agenti di polizia
giudiziaria debbono fornire ogni possibile cooperazione agli agenti dei servizi. Di converso, i servizi forniscono
informazioni agli organi investigativi per il contrasto di ogni forma criminale. Un quadro apparentemente
armonico, ma il codice di procedura penale non sembra poi pensarla alla stessa maniera e, laddove affronta i
mezzi di prova, all'articolo 203, nel salvaguardare le fonti degli ufficiali degli agenti di polizia giudiziaria, nonché
il personale dei servizi, specifica che le informazioni fornite da queste, qualora non siano esaminate come
testimoni, non possono essere acquisite ne utilizza. Un limite di non poco conto. All'indomani di tragici fatti
dell'11 settembre 2001 apparve tutti chiaro che ognuna delle 13 agenzie interessate disponeva di un'informazione
parziale, non in grado da sola di farcomprendere ciò che si stava preparando e che, condividendo le informazioni,
sarebbero stati in grado di contenere e, conseguentemente, di bloccare quegli eventi terroristici. In Italia, nel
maggio del 2004, il Ministero dell'Interno ha creato un comitato permanente denominato CASA in cui ci sono
qualificati rappresentanti della polizia di Stato, dell'arma dei carabinieri, del sismi e del Sisde. Nello specifico, il
comitato svolge compiti di analisi e valutazione delle notizie di particolare rilievo sul terrorismo interno
internazionale pervenute al Dipartimento della polizia di Stato, allo scopo primario, una volta verificata
l'attendibilità della concretezza della minaccia, di consentire a quest'ultimo l'attivazione delle necessarie misure di
prevenzione. Il comitato si è rivelato un ottimo strumento che da la possibilità di confrontarsi e,
conseguentemente, di effettuare un'immediata e puntuale disamina delle varie notizie, attivando le articolazioni
periferiche dei rispettivi enti o, in caso contrario, evitandole una inutile diffusione.
L'informatore
una fonte di informazioni tanto antica quanto amata dall'investigatore perciò assai diffusa all'interno del mondo
dell'indagine è costituita dal cosiddetto confidente. È confidente colui che fornisce informalmente elementi che
asserisce essere utili all'indagine. Le sue affermazioni non devono dunque essere documentate dall'investigatore in
un verbale, limitandosi a costituire un contributo informativo non utilizzabile quale fonte di prova nel processo. A
consacrarne l'esistenza e la piena legalità è l'articolo 203 del codice di procedura penale nella parte in cui
stabilisce che il giudice non può obbligare gli ufficiali degli agenti di polizia giudiziaria, nonché il personale
dipendente dei servizi per la sicurezza militare o democratica a rivelare i nomi dei loro informatore.
Il più delle volte, il confidente non è uno stinco di santo, e questa circostanza spiegherebbe già da sola la
complessità della delicatezza del rapporto cui è chiamato. Un utile informatore esercita grande suggestione
sull'investigatore che intravede la possibilità di un'allettante scorciatoia negli impervi meandri dell'indagine.
Fermiamo l'attenzione sul momento del primo incontro con informatore. Un arresto, un accompagnamento
dell'ufficio di polizia, una perquisizione, la notifica di un atto giudiziario, di una misura di prevenzione, possono
essere l'occasione dell'incontro. L' Investigatore è alla costante ricerca di notizia e non fa mistero. Il potenziale
confidente lo sa bene e cerca di entrare in sintonia. È un rituale delicato che poggia su equilibri fragili. È un
legame forte tra persone che verranno a cementare intorno quel segreto una crescente reciproca fiducia o la
vedranno sgretolarsi. Perché lo fa si chiederà l'investigatore. Capire perché lo fa è importante per l'investigatore
che non ha la possibilità di seguire ogni spunto investigativo con la stessa determinazione e deve quindi fare una
selezione a monte. La fiducia nella propria fonte diventa precondizione per un impiego investigativo senza
risparmio. Il confidente non vuol sentirsi tale, non essere percepito come tale. Confidente, nel mondo nel mondo
della malavita, sta per traditore, infame, vigliacco. L'Investigatore lo sa ed agisce di conseguenza. Con molte
precauzioni avvierà la proposta di collaborazione per realizzare l'obiettivo. Attenderà pazientemente il momento
giusto. Accelerare, forzare i tempi, può significare rovinare tutto il rapporto con il confidente. Segreto.
L'investigatore deve saper mantenere il segreto. Il mondo cui appartiene è abituato a gestire materia riservata, ma
non sempre del tutto impermeabile.Rivelerà perciò al proprio superiore l'avvio di un rapporto di collaborazione
con una fonte e ne illustrerà le potenzialità operative, i rischi per l'incolumità personale propria della fonte, le
precauzioni che intende adottare per i successivi incontri, gli eventuali elementi critici, l'eventuale richiesta di
danaro dall'utilità avanzata. Sarà opportuno che l'investigatore accompagni la relazione orale con una nota scritta.
Verrà adottata ogni possibile precauzione per garantire riservatezza nei successivi incontri. In particolare deve
essere subito chiaro quale sia la contropartita pretesa dal confidente e che la stessa venga corrisposta solo ad
operazione conclusasi positivamente, senza possibilità di un'anticipazione di parte della somma pattuita. Il
confidente non sempre si propone o fa trasparire la sua disponibilità. Momento di difficoltà economica, una crisi
d'identità, il bisogno di essere compresi, la vendetta, sono solo alcune delle molle che a volte determinano
un'integerrimo militante, un incallito criminale a fare il salto. Bisogna saperle cogliere o coltivare con instancabile
pazienza.
L'anonimo
l'anonimo ha in sé una carica di disvalore etico che anche l'ordinamento recepisce, ostracizzandone ogni effetto
dal procedimento penale e, a maggior ragione, dal processo. L'anonimo è una segnalazione verbale con la quale
una persona non identificata fornisce informazioni. In esso, spesso, traspaiono intenti calunniatori o diffamatori o
intenti maniacali dei più disparati. Non sempre, però, alla base dell'anonimo sussistono motivazioni moralmente
riprovevoli. La paura di ritorsioni, il timore di essere travolto da una giustizia che a volte appare macchinosa e non
sempre rispettosa di testimoni, sconsigliano molte persone dal rendere pubblicamente la loro testimonianza. Ciò,
al contrario, deve essere interpretato come una richiesta di aiuto e come uno strenuo tentativo di denunciare un
torto subito o di far punire i colpevoli. Tutto deve essere vagliato e contestualizzato
L'agente sotto copertura
l'agente sotto copertura rappresenta la forma più avanzata della penetrazione informativa. Il panorama criminale
offre alcune manifestazioni caratterizzate da elevati livelli di impermeabilità non altrimenti violabili, se non
attraverso l'inserimento di soggetti che, dall'interno, né individuino le attività ed i partecipi ai fini di una
successiva incriminazione. Negli anni novanta l'infiltrazione era affidata la figura dell'agente provocatore, frutto di
una interpretazione giurisprudenziale della causa di giustificazione. In tale costruzione, la non punibilità
dell'agente era riferita al carattere indiretto, marginale, del suo intervento nella fase ideativa ed esecutiva del fatto
reato. In buona sostanza, la sua attività, per essere non penalmente rilevante, si doveva estrinsecare nel
controllare, osservare, e contenere l'azione illecita. Il legislatore ha introdotto una causa di giustificazione
speciale: i presupposti posseggono lo schema di esimente dell'articolo 51 del codice penale: l'adempimento di tutte
le varie fattispecie previste; e ricorrono uniformi limitazioni. Tali limitazioni si sostanziano nella:
- natura speciale della scriminante, applicabile esclusivamente ad appartenenti alla polizia giudiziaria facenti capo
all'unità specializzate o agli ausiliari di cui i predetti si siano avvalsi;
- nella necessità che l'operazione sia eseguita nell'ambito di un'investigazione più ampia e sia autorizzata da ben
individuate autorità;
- nella stretta interdipendenza tra la condotta dell'opera e l'obiettivo dell'acquisizione di elementi di prova.
ipotesi specifiche
delle originarie fattispecie, sono tuttora vigenti:
- per i reati in materia di stupefacenti: gli ufficiali di polizia giudiziaria non sono punibili allorquando, al solo
fine di acquisire elementi di prova, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano sostanze stupefacenti o
psicotrope o compiono attività prodromiche e strumentali;
- per i reati in materia sessuale: il quale rende possibile, al solo fine di acquisire elementi di prova, detenzione di
materiale pornografico minorile, di acquistare, in maniera simulata, materiale pornografico, consentirne la relativa
attività di intermediazione. La norma permette, altresì, la partecipazione ad iniziative turistiche volte allo
sfruttamento della prostituzione minorile. E lo stesso articolo, al comma due, estende la possibilità di attività sotto
copertura a personale specializzato della polizia delle comunicazioni. Taleattività under cover può estrinsecarsi
nell'attività nell'attivare siti di reti, realizzare e gestire aree di comunicazione e di scambio su reti o sistemi
telematici. Per le restanti fattispecie la materia trova uniforme trattazione nel richiamato articolo 9.
Quando è necessario per acquisire rilevanti elementi probatori, ovvero per l'individuazione o la cattura dei
responsabili dei delitti gli ufficiali di polizia giudiziaria, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, possono omettere
o ritardare gli atti di propria competenza, dandone immediata avviso, anche oralmente, al pubblico ministero e
provvedono a trasmettere allo stesso motivato rapporto nelle successive 48 ore. Per gli stessi motivi il pubblico
ministero può ritardare l'esecuzione dei provvedimenti che applicano una misura cautelare. Il pubblico ministero
impartisce alla polizia giudiziaria le disposizioni necessarie al controllo degli sviluppi dell'attività criminosa.
Chiunque nel corso delle operazioni indebitamente rivela, ovvero divulghi i nomi degli ufficiali di polizia
giudiziaria che effettuano le operazioni stesse è punito con la reclusione da due a sei anni.
Requisiti dell'attività under cover.
Si danno alcune raccomandazioni:
- non operare in maniera estemporanea: un'operazione sotto copertura non può essere frutto di improvvisazioni, di
scelta avventata. Va preparata nei minimi particolari. Per questo tipo di operazione vale il principio secondo il
quale la tecnica investigativa dev'essere sempre proporzionata gli interessi lesi, alle risorse a disposizione e al
risultato che si deve conseguire;
- precisare gli obiettivi da raggiungere al fine di non essere distratti da eventuali successi intermedi. La positiva
riuscita di un'attività di questo tipo è legata anche la capacità dell'operatore di gestire al meglio gli imprevisti.
L'accertamento dei reati che all'attività sotto copertura intendeva seguire, l'individuazione dei soggetti che li
pongono in essere rappresentano gli obiettivi primari. Eventuali fattispecie di reato diverse non dovranno
costituire motivo di distrazione per l'agente;
- monitoraggio del contesto criminale in cui si opera: ogni attività è una storia se. In tale senso deve esistere un
approfondito studio del contesto criminale in cui si opera, dei soggetti che lo popolano, delle loro storie, dei loro
profili caratteriali. L'attività dovrà essere calibrata al diverso scenario criminale di riferimento.
- La creazione di una identità: la falsa identità dell'agente è la chiave di volta di tutta l'attività sotto copertura.
Intorno ad essa ruota la credibilità dell'operatore e la sua stessa possibilità di sopravvivenza.
- definizione dei livelli di conoscenza dell'agente: lo studio del contesto criminale dev'essere il più esaustivo
possibile. Tanto più esaustivo sarà, maggiore sarà la possibilità di determinare il grado di conoscenza che l'agente
dovrà manifestare a seconda del livello in cui potrà essere inserito. Sarebbe infatti sospetto il partecipe che
dimostrasse una conoscenza di vicende e situazioni superiori al grado della sua collocazione all'interno
dell'organizzazione.
- doti fisiche, psichiche, caratteriali: l'individuazione della gente più idoneo a svolgere un'attività sotto copertura è
senza dubbio l'impresa più ardua. Ogni operazione ha la sua dinamica, i suoi rischi. Ogni contesto criminale una
propria specificità e, conseguentemente, difficoltà diversificate. Indubbiamente esistono delle doti essenziali quali:
equilibrio, il sangue freddo, autocontrollo, la capacità di dominare le situazioni impreviste, di gestire
adeguatamente lo stress. E poi, in tali situazioni, risultano essere basilari la pazienza, la capacità di
improvvisazione, la tenacia.
- Comprendere e ricordare: importanti risultano essere la capacità di comprendere le dinamiche criminali interne e
la riferibilità delle varie fattispecie di reato per ciascuno dei partecipi individuati.
- Predisposizione di una squadra di appoggio: un agente sotto copertura non può essere concepito come una
monade lasciata a se stessa. Deve poter contare, in ogni momento, su una squadra di appoggio da cui potrebbe
dipendere la sua stessa vita. Al riguardo è auspicabile prevedere vie di fuga che l'a dovrà utilizzare. In dette
circostanze, la squadra di appoggio garantirà all'agente la necessaria copertura per rendere meno difficoltosa la sua
esfiltrazione.
- La segretezza dell'operazione: ulteriore condizione per il buon esito di un'attività sotto copertura è la sua
blindatura rispetto a quelli che sono i soggetti che non sono immediatamente e direttamente coinvolti.
- La messa a fattore comune delle esperienze acquisite: abbiamo detto che ogni attività ha una sua genesi, un suo
sviluppo, un altrettanto proprio esito. Questo, però, non può esimerci dal fare tesoro di ogni singola esperienza, sia
essa positiva, negativa, e di condividerla nell'ottica di una comune crescita.
Il collaboratore di giustizia e il fenomeno del pentitismo
Quano si parla di collaboratori di giustizia ci si riferisce ad un soggetto che rende formalmente dichiarazioni su
reati commessi e sui loro autori divenendo un'importante pedina dell'accusa nel processo. Il contributo
collaborativo può riguardare persone e fatti dei quali il dichiarante abbia comunque cognizione, pur non avendo
avuto un rapporto diretto con essi. Pure il collaboratore di giustizia ha un proprio disegno e motivazioni che lo
spingono ad avvicinarsi all'inquirente. Non tocca certo all'investigatore approfondirlo. Chi ha militato in
formazioni terroristiche o ha compiuto azioni anche cruenti in nome della propria ideologia, solitamente avvia un
rapporto di collaborazione anche in conseguenza di una rielaborazione critica della propria esperienza che lo porta
alla scelta di contribuire all'eliminazione di quel delirio e alla neutralizzazione dei rivoluzionari. Per l'investigatore
quello che conta è che riferisca lealmente tutto quel che sa e, soprattutto, che le sue dichiarazioni siano utili
all'indagine. Come con il confidente, l'investigatore cercherà con il collaboratore un dialogo senza reticenze,
finalizzato all'accertamento della verità. Non sarà facile trovare la sintonia necessaria per avviare un percorso
comune, fatto di reciproca fiducia e piena convergenza di interessi. L'investigatore confida nel contributo
collaborativo per arrivare a prima e più efficacemente alla verità. Il collaboratore spera di raggiungere l'obiettivo
che si è prefisso. L'investigatore deve dare fiducia a chi, dopo aver violato gravemente la legge, teme ora per la
propria incolumità a causa dei rapporti con il gruppo criminale di cui ha fatto parte, oppure cerca solo rifugio nel
perché stanco, esausto, sfibrato da una vita che gli ha fatto conoscere stress, violenza, dolore, paura e non gli
consente di regalare un futuro alle persone che gli sono state vicine.
L'investigatore diventa allora l'istituzione, lo Stato, e nello Stato si può e si deve aver fiducia se non si vuole
smarrire la strada della speranza. E così il soggetto si consegna all'investigatore, cui raccomanda i familiari. Il
ruolo è come un'armatura dura che lo ha protetto fino ad allora. Il collaboratore, ora, è nudo. Ha perso la propria
identità. Ha urgenza di ritrovare se stesso in un ambito diverso. L'investigatore deve accompagnarlo, diventare il
suo interlocutore, aiutarlo a saltare il fosso, ma deve farlo con lealtà. Essere leale significa non fargli una
rappresentazione idilliaca di ciò che gli accadrà quando sarà diventato tutti gli effetti un collaboratore di giustizia.
Dovrà spiegargli che sta per liberarsi di un gran peso, di una morsa che sarebbe stata probabilmente mortale per
lui, ma al tempo stesso sta iniziando un percorso tutt'altro che facile, anzi, decisamente impegnativo, che
coinvolge anche i familiari più cari. L'investigatore deve anche formulare una valutazione di attendibilità delle
prime dichiarazioni rese dal collaboratore. Può costruire, perciò, un primo filtro e conseguentemente indirizzare il
magistrato verso una rigorosa contestazione delle falsità raccontate. In ogni caso l'utilizzazione processuale delle
dichiarazioni del collaboratore rispetto a quelle fornite dal confidente introduce un tema ulteriore: quello della
loro valenza. Un'affermazione accusatoria comunque esplicitamente indirizzata verso una certa ricostruzione della
realtà costituisce certamente un elemento informativo utile per l'investigatore, ma non fornisce un contributo
processualmente determinate se non concorre con altri congruenti indizi e non è irrobustito da riscontri oggettivi.
Riscotri
Si tende ad affermare che una dichiarazione processualmente utile solo se trova un riscontro oggettivo (ad
esempio su indicazione collaboratore viene trovato un cadavere) o soggettivo (ad esempio le dichiarazioni di altri
soggetti sono analoghe).
In effetti, la materia è ben più complessa; essendo frequenti dichiarazioni che, pur veritiere, non risultano
riscontrabili. Lassenza di uno specifico riscontro non rende però inutili tali dichiarazioni. L'Investigatore dovrà
raccogliere con pazienza ogni informazione fornitagli nel corso degli incontri, simili a quelli che suole avere con
il confidente, ma caratterizzati dalla prospettiva di verbalizzazione di ciò che viene detto e della conseguente sua
utilizzazione processuale. Uso di ogni precauzione per realizzare la riservatezza dell'incontro, lealtà, rispetto della
dignità dell'interlocutore, sono queste le raccomandazioni da rivolgere all'investigatore che si appresta a realizzare
primi incontri con un soggetto che potrebbe diventare un collaboratore di giustizia.
Nel nostro ordinamento, collaboratore è chiunque comunque fornisce un rapporto collaborativo agli inquirenti
dal quale possono derivare di benefici processuali. Solo da qualche anno con la normativa è stata prevista la figura
del testimone di giustizia che, non essendo implicato in vicende di criminalità, rende coraggiosamente
dichiarazioni accusatorie nel processo penale dalle quali derivano le esigenze di protezione speciale. Il rapporto
dell'investigatore con il testimone di giustizia deve tener conto della sua posizione processuale, diversa da quella
del collaboratore, cui, frequentemente, si accompagna un diverso vissuto, una maggiore sensibilità, vulnerabilità.
L'investigatore dovrà calibrare il proprio approccio di dialogo ad una situazione per certi aspetti più complessa e
delicata, anche in questo caso accompagnando il difficile percorso collaborativo con altrettanta sensibilità.
L'utilità per l'indagine di un collaboratore di indubbia. Si pensi ad un'articolata organizzazione criminale. Resta
quasi sempre precluso all'investigatore ciò che accade all'interno, le dinamiche, gli scopi reali delle singole azioni,
rituali, le strategie. Il sodalizio è una vera e propria setta segreta. Il contributo del collaboratore di giustizia è
essenziale per contrastarla adeguatamente se non eliminarla alla radice. Negli
ultimi 10 - 15 anni abbiamo assistito ad una crescita esponenziale del pentitismo che è diventato un vero e
proprio fenomeno assai controverso, anche per la inaffidabilità di numerosi collaboratori di giustizia e per la
loro utilizzazione non sempre ineccepibile da parte degli inquirenti.
Accade sovente che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia vengono accolte direttamente dal magistrato,
che affida alla polizia giudiziaria un elenco di verifiche spesso avulse dal contesto complessivo, volte a
riscontrare l'attendibilità delle dichiarazioni collaborative. Questi accertamenti sono indispensabili per
riscontrare punti nodali delle affermazioni fatte dal collaboratore. L'indagine tradizionale, quella realizzata sulla
strada, non può e non deve morire. L'investigatore non è il notaio di un riscontro oggettivo di una
dichiarazione. Egli è l'anima dell'indagine, è la mente creativa di una strategia, rappresenta uno scatto di
fantasia, l'intuizione, l'analisi certosina.
Il pentitismo ha messo in pericolo tutto questo costituendo la degenerazione di una positiva novità nelle
investigazioni di quest'ultimo ventennio.
Il collaboratore appartiene ad entrambi i monti: quello della investigazione e quello della protezione: da un
lato, è vicino all'investigatore che accompagna il percorso, dall'altro, è vicino a chi lo protegge e con lui
costruisce un progetto di vita sicura attraverso la scelta mirata di appropriate di misure tutorie e assistenza
investigatore. L'investigatore dovrà sapersi tenere alla larga dalla sfera della protezione. L'investigatore non
può e non deve avere alcuna connessione con la qualità dei servizi di protezione prestati e la protezione non
deve invadere il campo dell'indagine. L'investigatore dovrà limitarsi a prendere nota delle esigenze tutorie o
assistenziali di cui dovesse venire a conoscenza nell'ambito della propria funzione e ad informare gli uffici
preposti alla protezione, nell'interesse generale della giustizia.
Capitolo terzo
gli strumenti e le tecniche dell'investigazione
gli strumenti dell'investigazione.
Per tecniche investigative si intendono le modalità d'uso degli strumenti di lavoro che l'investigatore ha in
dotazione e di cui si avvale per svolgere l'indagine. Alcuni strumenti sono previsti dal nostro ordinamento
giuridico e possono perciò definirsi "tipici", mentre altri sono frutto dell'esperienza e della creatività
dell'investigatore: sono detti perciò "atipici".
Ciascuno di noi può inventare uno strumento investigativo in più. All'investigatore vanno raccomandate tutte
cose:
1 - innanzitutto deve imparare a far tesoro delle opportunità che sono state colte negli anni da operatori
attenti ai creativi e sono entrate a pieno titolo nel novero degli strumenti investigativi cosiddetti atipici.
2 - deve vigilare, perché queste novità vengano messe a fattore comune.
3 - infine, non deve mai considerarsi appagato dagli strumenti a disposizione e deve invece sforzarsi di
produrne altri.
L'esame della scena del delitto
La scena del delitto parla il investigatore deve saper cogliere da quel racconto anche le sfumature più nascoste
per avvicinarsi rapidamente alla verità. Il sopralluogo si basa su principi metodologici consolidati nel tempo e
progressivamente arricchiti dalla moderna tecnologia. È caratterizzato da un "rigorismo obiettivo"; l'obiettività
consente, infatti, di "fissare" i luoghi e le cose pertinenti ai reati, in modo tale da documentare ed acquisire
tutti quegli elementi utili per i successivi accertamenti e per il proseguo delle indagini.
La metodologia del sopralluogo. Secondo Ottolenghi il ritratto parlato del sopralluogo rappresenta il
documento più importante di tutto l'incartamento processuale, la base di qualsiasi altra indagine di polizia
giudiziaria per l'accertamento dei reati e la ricerca dei rei. Il sopralluogo può, quindi, essere definito come quel
complesso di attività a carattere scientifico che ha come fine la conservazione dello stato dei luoghi, la ricerca e
l'assicurazione delle cose e delle tracce pertinenti al reato, utili per l'identificazione del vero e ho della vittima,
nonché per la compiuta ricostruzione della dinamica dell'evento e per l'accertamento delle circostanze in cui
esso si è realizzato, anche in relazione alla verifica del modus operandi dell'autore del reato.
L'evento criminoso configura, secondo la teoria dell'interscambio di Locard, il realizzarsi di un'interazione tra
reo, vittima ed ambiente-scenario. Da ciò deriva, quindi, una sorta di scambio di tracce tra i soggetti. Prima di
iniziare l'ispezione del luogo in cui è avvenuto il reato, l'investigatore provvede ad isolare la zona e ad
allontanare le persone strane affinché lo stato dei luoghi e delle cose da lui trovate non venga modificato. La
descrizione segue un rigoroso protocollo, che prevede il passaggio dal generale al particolare, da destra verso
sinistra e dal basso verso l'alto, rilevando, altresì, ubicazione e caratteristiche di ciascun elemento presente
sulla scena del crimine. Contestualmente alla fase descrittiva, egli curerà i rilievi tecnici che contribuiscono a
fissare obiettivamente la realtà del momento in cui si effettuò il sopralluogo. In particolare, ogni traccia sarà
accuratamente indicate con lettere e numeri identificativi sequenziali e relativi riferimenti meretrici bella legata
all'attività del sopralluogo di polizia è, infatti, l'attività di ricostruzione della dinamica della scena del crimine.
Tutte le informazioni raccolte dall'sopralluogo, infatti, possono essere elaborati in fasi o momenti successivi per
ricostruire scientificamente la dinamica degli eventi e l'azione dei soggetti attivi passivi coinvolti. L'investigatore
si avvale di numerosi mezzi e strumenti le caratteristiche di tali strumenti rispondono a criteri di funzionalità,
economicità, semplicità d'uso, robustezza, sensibilità, specificità. Se ne elencano i principali:
- fonti di luce portatili, crimescope, reagenti chimici altamente sensibili per l'individuazione di elementi
biologici, non visibili ad occhio nudo, ovvero pubblicati in sedi o superfici difficilmente ispezionatili ad occhio
nudo per condizioni ambientali o caratteristiche strutturali;
- termometro digitale a doppia sonda, strumento in grado di rilevare contemporaneamente temperatura
cadaverica ed ambientali, monitorandone le variazioni durante il sopralluogo;
- lift adesivi e sistemi portatili per l'evidenziazione delle impronte latenti;
- scanner biometrico, inserito nel sottosistema computerizzato portatile denominato SPAID, per l'immediata
acquisizione delle impronte digitali e l'invio delle impronte, per un tempestivo confronto identificativo, al
sistema AFIS;
- materiali plastici che consentono di fissare le impronte lasciate da calzature, pneumatici o mezzi di effrazione,
ottenendo i relativi calchi in modo semplice e rapido;
- microscopi ottici portatili per ispezioni in corso di sopralluogo e l'individuazione di fibre;
- STUB, particolare supporto adesivo, utile per acquisire i residui dello sparo sulla vittima, sulle persone
sospette di aver esploso il colpo o anche sulle superfici dell'ambiente;
- distanziometro a raggio laser, necessario per misurare con esattezza, soprattutto in ambienti aperti, le
distanze intercorrenti, ad esempio, tra punti di impatto balistici e lesioni d'arma da fuoco rilevate sul cadavere;
- replica torre laser di traiettorie balistiche;
- metal detector;
- sistema di ripresa video e foto ad alta qualità;
- fotogrammetria che offre la possibilità di acquisire fotograficamente e dimensionalmente la scena del
crimine, specie quando risulti estesa o quando siano necessari precisi riferimenti meretrici;
sonde radar per rilevare la presenza di irregolarità e disomogeneità nel terreno, a causa, ad esempio, della
presenza di resti inumati.
Non meno delicata del sopralluogo e l'attività di conservazione delle tracce del reato e se devono essere
conservate in modo da garantire l'autenticità delle successivi analisi di laboratorio e la cosiddetta "catena di
custodia". Al pari delle tecniche di ricerca, anche la repertazione si è notevolmente modernizzata, con
l'introduzione di dispositivi idonei a conservare meglio le tracce. Anch'essa va condotta in modo sistematico e
metodico.
L'identificazione di persone
l'identificazione di una persona rientra tra gli atti di investigazione tipici. Vuole fare emergere prima di tutto il
"chi è" di un soggetto è solo eventualmente il "cosa è", cioè le sue qualità, la sua professione, la fedina penale,
la disponibilità di beni patrimoniali. Riguarda innanzitutto la persona nei cui confronti vengono svolte le
indagini e quelle altre comunque in grado di riferire su circostanze rilevanti ai fini della ricostruzione dei fatti.
L'accertamento dell'identità avviene generalmente mediante l'esibizione di un valido documento di
riconoscimento, ma quando si tratta di persona indagata si può procedere anche a rilievi dattiloscopici,
fotografici e antropometrici e ad altri accertamenti. Per "altri accertamenti" si intendono tutti quelli che
consente la tecnica, peraltro in continua evoluzione, purché non siano invasivi. Ove ricorra il caso di urgenza
l'investigatore potrà rilevare segni esteriori, come cicatrici, tatuaggi, macchie, documentandoli anche con mezzi
video-fotografici. L'investigatore può procedere all'identificazione della persona in ogni luogo e, se questa si
rifiuta di sottoporvisi, può accompagnarla nel proprio ufficio per svolgervi gli adempimenti del caso.
L'identificazione dattiloscopica
riguardano solo la verifica dell'identità dell'indagato o di comunque si rifiuta di dare le proprie generalità o far
nascere il sospetto che possa averle date false o aver esibito un documento non autentico. La dattiloscopia e lo
studio delle creste cutanee dei polpastrelli delle dita, nel palmo della mano e della pianta dei piedi. Anch'esse
assumono forme e disegni strettamente individuali, immutabili nel tempo e non alterabili. Il confronto tra
impronte e passato storicamente e didatticamente sul principio della loro classificabilità. Oggi le applicazioni
informatiche hanno modificato la tecnica del confronto. Il sistema di riconoscimento automatico delle
impronte a da qualche anno velocizzato le procedure di identificazione e ridotto i margini di errore,
consentendo la rapida identificazione di una lista di candidati che deve essere sottoposta comunque alla
verifica del dattiloscopista. Le impronte palmari hanno gli stessi caratteri di immutabilità ed unicità. Nel palmo,
possono individuarsi tre zone che si formano dalla piegatura e prensilità della mano, a ciascuna delle quali
l'andamento delle creste papillari conferisce la propria individualità.
L'identificazione genetica
ha assunto importanza sempre maggiore negli ultimi tempi l'identificazione di persona mediante il test del
DNA, molecola che contiene l'informazione genetica. La traccia biologica è spesso presente sulla scena del
reato e può fornire un contributo determinante all'investigazione perché il DNA che viene estratto dal reperto
contiene le informazioni utili per la identificazione della persona che l'ha lasciata, a volte l'autore del reato. La
certezza scientifica dell'identità è assoluta.
Altre possibilità di identificazione
ulteriori confronti tra termini omologhi sono possibili per l'investigatore impegnato in un'attività di
identificazione di persone: si pensi, ad esempio, al confronto dell'arcata dentaria del cadavere con quella
risultante dalla documentazione sanitaria di un soggetto noto o al confronto tra gli esiti di accertamenti
radiologici fatti in tempi diversi dalla persona che si sospetta identica. La diffusione dei sistemi di video
sorveglianza in luoghi pubblici ha reso sempre più frequenti tentativi di identificazione personale attraverso un
procedimento di comparazione fisionomica tra soggetti video ripresi e persone indagate o sospettate.
La perquisizione
La perquisizione nell'atto di polizia giudiziaria con il quale l'investigatore va alla ricerca delle cose pertinenti al
reato o di chi l'ha commesso. La perquisizione è senza dubbio un atto dai risvolti imprevedibili e dal cui esito
dipendono le fortune di molte investigazioni. C'è una condizione che predispone favorevolmente l'esito di una
perquisizione: la sorpresa. Una traccia di un reato, un latitante, potranno trovarsi o non trovarsi in un
determinato luogo ed un investigatore dovrà, necessariamente, verificarlo all'esito della perquisizione. Ma una
perquisizione che non si caratterizzi per l'effetto sorpresa avrà la certezza dell'esito negativo.
Personale e locale, d'iniziativa e delegata.
Nel nostro ordinamento la perquisizione è disposta dall'autorità giudiziaria (perquisizione delegata)
allorquando "vi sia il fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona il corpo del reato o cose
pertinenti al reato" (perquisizione personale) o "che tali cose si ritrovino in un determinato luogo ovvero che in
esso si possa eseguire l'arresto dell'imputato o dell'evaso" (perquisizione locale). La perquisizione soggiace ad
una serie di obblighi che informano anche la disciplina delle singole previsioni della legislazione speciale:
- l'atto che dispone la perquisizione e consegnato all'arrestato o, qualora si tratti di perquisizione domiciliare, a
chi abbia la disponibilità del luogo, Financo ai congiunti, collaboratori o al portiere.
- Il perquisendo e reso edotto della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché sia prontamente
reperibile, in caso contrario si potrà procedere comunque.
- La sua esecuzione deve avvenire non prima delle 7:00 e non dopo l'evento, salvo che non venga
espressamente disposto altrimenti.
- La perquisizione personale deve essere seguita nel rispetto della dignità e del pudore di chi vi è sottoposto.
- Le cose rinvenute nella perquisizione devono essere sequestrate con le modalità previste dallo stesso codice.
La perquisizione è un atto non sempre programmabile e il legislatore ha previsto, in casi di necessità ed
urgenza, per investigatore di proprietà di iniziativa (perquisizione di iniziativa).
In particolare, è opportuno richiamare le seguenti previsioni:
- l'articolo 352 del codice di procedura penale rappresenta al pari delle disposizioni sulla perquisizione delegata
una sorta di norma quadro per le perquisizioni d'iniziativa;
- il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, all'articolo 41, in materia di armi ed esplosivi, prevede una
tipologia di perquisizione domiciliare particolarmente ampia, il cui presupposto è il "semplice indizio".
- L'articolo quattro della legge 22 maggio 1975, numero 152, consente la cosiddetta "perquisizione sul posto".
- L'articolo 103 del decreto del presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, numero 309, in materia di
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevede in tale ambito, anche per gli agenti di polizia giudiziaria,
perquisizioni "in ogni luogo";
- l'articolo 27 della legge del 19 marzo 1990 numero 55, consente, nel corso di indagini per la prevenzione della
delinquenza mafiosa, anche agli agenti di polizia giudiziaria, specifiche perquisizioni;
- l'articolo 25 bis della legge 7 agosto 1992 numero 356, anch'esso frutto della legislazione antimafia dei primi
anni 90, reintroduce per lo specifico settore la perquisizione per "interi edifici" o "blocchi di edifici", già
sperimentata negli anni di piombo e non mantenuta nel codice del 1988. Recentemente, la norma è stata
estesa anche alla lotta al terrorismo;
- l'articolo cinque della legge 25 giugno 1993, numero 200 ci, recante misure urgenti in materia di
discriminazione razziale, etnica e religiosa, prevede una specifica perquisizione in materia;
- l'articolo 33 della legge del 7 gennaio 1929, numero quattro, nell'ambito della repressione delle violazioni
delle leggi finanziarie, conferisce agli ufficiali di polizia tributaria una particolare potestà in materia di
perquisizioni.
La tecnica investigativa
qualora la perquisizione consenta un lasso temporale sufficiente, è necessario ricordare alcune regole
fondamentali:
- conoscenza approfondita del perquisendo;
- la possibilità di effettuare preventivi appostamenti potrà concorrere a determinare il numero dei soggetti che
potrebbero rinvenirsi al momento dell'irruzione e modulare l'entità del dispositivo necessario a condurre
l'attività in condizioni di sicurezza;
- sempre per capire con chi si ha a che fare sarà opportuno verificare presso i terminali di polizia dell'eventuale
possesso di armi, tipologia e quantità;
- se si deve procedere ad una perquisizione locale, buona norma sarà procurarsi le piante catastali
dell'immobile. Questi accertamenti sono fondamentali perché consentono al personale operante di conoscere
preventivamente la dislocazione dei bagni esistenti e di preventivare una razionale controllo degli stessi al
momento dell'irruzione;
- se l'abitazione si trova in uno stabile condominiale, sarà opportuno rendere l'accesso al complesso il più libero
possibile;
- l'irruzione in uno stabile senza dubbio la fase più delicata di una perquisizione: tempismo, sicurezza degli
operatori e di eventuali terzi sono condizioni imprescindibili;
- si dovrà sterilizzare la zona più efficacemente possibile, avendo preventivamente individuato presidiato ogni
possibile via di fuga. Arrivati di fronte alla porta d'ingresso si accederà all'interno dei locali con le modalità e il
tipo di perquisizione impongono. Mai dovranno fare difetto l'attenzione, la cautela e la prudente
determinazione;
- una volta entrati è buona norma comunque non dare mai per scontate le buone intenzioni dei perquisendi;
- resi sicuri i locali, gli operatori inizieranno un accurato controllo degli stessi. In tal senso risulterà utile una
puntuale pianificazione dell'atto;
- qualora la perquisizione sia finalizzata alla ricerca di sostanze stupefacenti, di esplosivi odiarmi, e di locali o gli
spazi in genere siano di notevole estensione sarà buona regola fare intervenire unità cinofile specializzate al
personale tecnico dotato di apparecchiature all'uopo destinate.
Molto spesso, però, le perquisizioni sono il frutto di eventi improvvisi o situazioni accidentali. In questo caso
l'operatore dovrà fare i conti con i requisiti di legge previsti e dovrà necessariamente modulare il suo
intervento alle risorse a disposizione ed ai pericoli che ogni singola circostanza operativa impone. La
perquisizione, soprattutto quella locale, si caratterizza, infatti, per un elevato numero di incognite. Non sempre
si ha contezza di quello che ci attende dietro una porta e una buona dose di prudenza non deve mai mancare.
La perquisizione esige, ove consentito, una puntuale pianificazione e per il suo buon risultato, molto dipenderà
da una corretta irrazionale esecuzione.
Le sommarie informazioni testimoniali.
L'indagine su un episodio criminoso tende alla sua fedele ricostruzione. Un decisivo aiuto all'investigatore può
venire dal testimone, da una persona, cioè, che sa perché ha visto o sentito e dunque può far fede di un fatto di
cui ha diretta conoscenza. Tale "fatto" può non essere direttamente quello su cui verte l'indagine, ma può
riguardare una circostanza comunque utile l'investigatore e all'investigazione. Persone potenzialmente
informate sui fatti utili all'indagine vanno cercate ed individuate al più presto da parte dell'investigatore
accorto, sia perché la memoria meglio rispondesse sollecitata a caldo, sia perché il passare del tempo, a volte,
suggerisce 1000 cautele a chi ha visto o comunque sa, inducendolo a comportamenti reticenti se non
addirittura omertosi. La normativa vigente, prevede che la polizia giudiziaria raccolta "ogni elemento utile alla
ricostruzione del fatto e all'individuazione del colpevole", raccomanda all'investigatore di procedere, tra l'altro,
"alla ricerca delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti". Non sempre,
però, l'investigatore sa ciò che può essere rilevante. Quindi, a costo di fare un po' di fatica in più, deve
esaminare con cura anche ciò che sembra marginale. L'assunzione di sommarie informazioni da persone
informate sui fatti, dunque, è un atto di investigazione tipico. Persona informata sui fatti e non soltanto chi ha
diretta cognizione di una circostanza interessante, ma anche chi ha direttamente subito il reato o ne ha
ricevuto un danno. D'altra parte con il testimone più diretto del rapinato? In proposito, non è superfluo
sottolineare che, definendo la parte offesa come il testimone "più diretto", non si intende definirla
necessariamente il testimone "più attendibile"
persona informata sui fatti può essere chiunque. L'investigatore si potrà trovare in presenza di eccezioni
all'obbligo di deporre. Esse riguardano alcune categorie di persone tassativamente indicate dalla legge (non
sono obbligati a deporre: i prossimi congiunti dell'indagato, le persone che hanno informazioni in ragione del
loro ministero, ufficio, professione: sacerdoti, medici, eccetera; i pubblici ufficiali, i pubblici impiegati incaricati
di un pubblico servizio che, per ragioni del loro ufficio, hanno informazioni che devono rimanere segrete; gli
ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria ed il personale dei servizi segreti sui nomi dei loro informatori.). Quali
formalità deve osservare l'investigatore nella conduzione dell'esame testimoniale? Nulla viene previsto per
l'anno nuovo atto che compie l'investigatore della polizia giudiziaria, che, perciò, non soggiace a specifiche
limitazioni. Possiamo analizzare come l'investigatore si accinge all'esame "testimoniale". Il luogo ove assumerà
le informazioni dalla persona che potrebbe essere a conoscenza di circostanze utili all'indagine, sarà
generalmente, il proprio ufficio. Egli cercherà di creare delle migliori condizioni perché l'esame possa svolgersi
in serenità e favorire un rapporto positivo con il potenziale teste. L'investigatore deve saper creare un clima
collaborativo e tener conto dell'emozione, dello stato di confusione, dell'imbarazzo, del disagio, a volte della
paura in cui può trovarsi il soggetto. Il compimento dell'atto può essere positivamente avviato in una situazione
di sufficiente distensione. L'investigatore chiederà preliminarmente al soggetto di fornirgli le informazioni di cui
è a conoscenza su un certo fatto e verbalizzata fedelmente le dichiarazioni acquiste. Porrà, quindi, domande di
dettaglio. L'utilità dell'esame "testimoniale" dipenderà molto dalla capacità dell'investigatore di non
influenzare l'esaminato suggerimenti voluti costituiscono, oltre che un reato, anche una gravissima,
inammissibile ed inqualificabile violazione dell'etica professionale ed appaiono strumenti di comoda scorciatoia
per arrivare alla particolare verità di cui l'investigatore si è innamorato.
L'escussione dell'indagato
La possibilità per l'investigatore di escutere l'indagato rappresenta uno dei momenti più significativi di
un'intera investigazione. Sia nell'immediatezza del fatto reato, sia allorquando la persona che l'investigatore ha
imparato a conoscere sempre più approfonditamente gli si presenti davanti per dimostrare la sua innocenza
per dissimulare la sua colpevolezza, due diverse ed opposte esigenze si confronteranno: da una parte, quella di
un individuo su cui gravano i sospetti di colpevolezza, dall'altra quella dell'investigatore che vorrà capire quanto
degli indizi raccolti possono confermarla o confutarla.
L'interrogatorio
l'interrogatorio è senza dubbio uno degli armamentari più tradizionali dell'investigatore. Il magistrato del
pubblico ministero può delegare gli investigatori della polizia giudiziaria l'interrogatorio della persona
sottoposta alle indagini, purché in stato di libertà, ed alla presenza del suo difensore. L'investigatore
provvederà alla conduzione dell'atto ed alla stesura del relativo verbale nelle forme previste dalla legge
l'interrogatorio è uno dei momenti più delicati significativi di un'intera investigazione. Un atto delicato, che
deve essere svolto con la massima attenzione ed un'accurata preparazione. L'investigatore deve saper
stimolare i ricordi e le emozioni della persona che viene sentita, con una sapiente impostazione
dell'interrogatorio, fatto di domande via via più specifiche e "stringenti" ed ampi spazi per le cause e le
spontanee dichiarazioni dell'interrogato. Le modalità con le quali condurre un'interrogatorio dipendono
dall'interlocutore, dalla strategia che si intende seguire, dagli elementi conoscitivi di cui si dispone, da quanto si
è disposti, in quella fase, a disvelare. Ogni interrogatorio ha una sua propria unicità. Non esiste un efficace
manuale. In Italia il codice di procedura penale dice che "non possono essere utilizzati, neppure con il consenso
della persona interrogata, metodi o tecniche idonee ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad
alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti". Dunque, nulla di tutto l'armamentario appartiene al nostro
investigatore, anche perché, nel nostro ordinamento l'interrogatorio è essenzialmente un atto favore
dell'indagato, avendo quest'ultimo, in tale contesto, la possibilità di discolparsi e di chiarire la sua posizione.
Alla luce di ciò, apparirà ulteriormente chiara la sua importanza e la sua delicatezza e di quanto l'investigatore
dovrà farne uso è sollecitarne la delega al magistrato del pubblico ministero. Con riguardo alla sua condizione,
l'articolo 64 del codice di procedura penale, ne detta le regole generali:
- la persona sottoposta alle indagini interviene libera all'interrogatorio;
- prima che all'inizio l'interrogatorio, la persona deve essere avvertita che:
a) le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti;
b) ha facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il procedimento simile al suo corso;
c) se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali
fatti, l'ufficio di testimone, salve le incompatibilità previste dall'articolo 197 codice di procedura penale e le
garanzie di cui all'articolo 197 bis del codice di procedura penale.
Nel condurre l'interrogatorio, l'investigatore si farà ispirare dal buon senso, avvalendosi di uno schema
generale di domande preventivamente predisposto e adattandolo al quadro che va delineandosi alla luce delle
risposte ottenute o integrandolo con nuove domande proprio da quelle risposte suggerite.
L'assunzione di dichiarazioni dall'indagato
l'investigatore, nella fase in cui opera di propria iniziativa, altresì la facoltà di assumere sommarie informazioni
utili per le investigazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini che non si trovi in stato di
arresto o di fermo. Prima di iniziare l'atto, l'investigatore in vita la persona nei cui confronti vengono svolte le
indagini a nominare un difensore di fiducia e, in difetto, provvede a nominarne un ufficio. Le sommarie
informazioni sono assunte con la necessaria assistenza del difensore. Questi all'obbligo di presenziare al
compimento dell'atto. L'investigatore, sul luogo o nell'immediatezza del fatto, può assumere dalla persona nei
cui confronti vengono svolte le indagini, anche se restate in flagranza o in stato di fermo, notizie e indicazioni
utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini. L'opportunità non è di poco conto il fatto che
l'ordinamento non è consentita ogni documentazione e o utilizzazione non è sminuisce l'importanza.
L'impossibilità di documentare la provenienza dell'informazione, suggerirà all'investigatore di agire con
particolare cautela affinché non ne sia inficiata la validità in sede dibattimentale o anche nel momento della
rivisitazione della posizione dell'indagato ai fini del mantenimento della misura cautelare. L'investigatore può
altresì ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ma di esse
non è consentita l'utilizzazione nell'dibattimento, se non ai fini della contestazione della sua deposizione. Le
"spontanee dichiarazioni", al contrario delle precedenti "informazioni rese nell'immediatezza di virgolette,
hanno dunque una ricaduta processuale, per cui una puntuale annotazione risulterà sempre doverosa.
Il confronto.
Le dichiarazioni rese da potenziali testi o degli indagati possono presentare significativi punti di contrasto che
l'investigatore ha interesse a chiarire quanto prima. In tal caso, chi indaga dovrà cercare di risolvere il
disaccordo, accertando chi dice il vero e chi invece mentre. Potrà farlo in vari modi ma potrà anche ritenere più
efficace ed immediato mettere a confronto le due o più persone in disaccordo. La legge non prevede il
confronto tra potenziali "testimoni". Ne consegue che può rientrare tra gli atti di indagine atipici.
L'investigatore deve muovere nel rispetto di alcuni presupposti:
- che le persone invitate al confronto abbiamo già reso dichiarazioni;
- che da tali dichiarazioni si è messo un significativo contrasto;
- che sia ritenuto necessario accertare chi abbia detto il vero.
Avuta la presenza delle persone che hanno fornito una diversa ricostruzione dei fatti e circostanze,
l'investigatore dà lettura delle dichiarazioni da loro in precedenza rese. Evidenziato/i il/i punto/i di contrasto,
che le loro si intendono confermarle oppure modificarle. Si dovranno, poi, mettere a verbale le considerazioni,
provocazioni, accuse, repliche, concitati battibecchi e perfino eventuali gestualità ritenute importanti.
L'investigatore dovrà fare esplodere il contrasto, evidenziando la divergenza delle loro posizioni. Dovrà
stimolarli alla verità. Dovrà stare attento ai gesti, di rossore, alle emozioni che faranno da cornice ad un atto di
investigazione del genere. Il ritmo delle domande sarà incalzante. Ma ancor più incalzanti saranno le
contestazioni che reciprocamente le persone messe a confronto si faranno, se ben provocate dalla sapiente
regia dell'investigatore. La compresenza di potenziali testi, o indagati, o di potenziali testi ed indagati,
l'attenzione che inevitabilmente domina la scena, l'aggressività scatenata dalla presenza di una persona che
dice il contrario di quanto sostenuto dall'altra, il disagio, l'imbarazzo, l'ansia, l'irritazione, sono tutti fattori che
celano una grossa insidia, che costituisce il vero rischio di questo tipo di investigazione. Si tratta di un atto
investigativo assai delicato, e l'investigatore è chiamato a far mostra delle proprie qualità di uomo e di
conoscitore dell'animo umano, oltre che di professionista dell'indagine.
L'individuazione.
Nel corso dell'indagine accade di frequente che la vittima del reato o una persona che abbia assistito al fatto
criminoso descriva compiutamente il colpevole o il corpo del reato o quant'altro possa essere oggetto di
percezione sensoriale e ritenga di essere in grado di riconoscerlo qualora dovesse vederlo sentirlo di nuovo.
Accade altrettanto frequentemente che l'investigatore, in base alla tipologia del reato, all'età anagrafica
dell'autore, alla sua descrizione, diriga i propri sospesi sulla persona un gruppo di persone. In questi casi,
l'investigatore può ritenere opportuno presentare la persona una cosa sospetta all'attenzione di chiedere le
condizioni di riconoscerla, qualora si tratti della persona della cosa vista consentita. Stiamo parlando
dell'individuazione di persone o cose, atto di investigazione atipico. Come strumento di indagine,
l'individuazione presenta aspetti apparentemente contraddittorio: da un lato, non imprigiona l'investigatore
nei rituali del formalismo e lo lascia libero di operare così come l'esperienza e la tecnica gli suggeriscono,
dall'altro, gli impone una particolare correttezza ed il rispetto massimo delle garanzie perché un uso improprio
di tale strumento potrebbe inficiare atti processuali successivi. Non sempre la memoria riesce ad imprimere le
informazioni necessarie per un successivo riconoscimento, anzi, la situazione di stress a volte altera addirittura
la percezione. Ancora più complicato è il momento che precede l'individuazione e cioè la preventiva
descrizione, che presuppone la memorizzazione di una serie di dati e la capacità di elencarli con cura, mentre
invece il riconoscimento presuppone che sia un'immagine a fare affiorare il ricordo e non viceversa. La
complessità delle situazioni descritte rende conto dell'alta incidenza di errori da parte di chi è chiamato ad
effettuare l'individuazione, a fronte della sua certa buonafede. L'investigatore inviterà il teste a fare una
preventiva descrizione della persona o della cosa che è chiamato ad individuare, fornendo ogni particolare
ricordato e gli chiederà, poi, se abbia già visto foto ho effettuato riconoscimenti o abbia ricevuto da altri
indicazioni o descrizioni. Di estrema importanza è poi la ricerca di eventuali circostanze comunque in grado di
influire sull'attendibilità dell'individuazione. L'investigatore deve, in primis, predisporre l'atto. Se ritiene che la
persona chiamata all'individuazione possa essere intimorita dalla presenza della persona sottoposta all'atto, si
userà la precauzione di utilizzare due stanze, divise da uno specchio unidirezionale. A questo punto il teste sarà
invitato a dire se ha riconosciuto la persona una cosa e in caso affermativo ad indicarla. L'investigatore dovrei
evitare di suggestionarlo in alcun modo. L'atto ha valenza pressoché esclusivamente investigativa.
Il colloquio a fini investigativi.
Lo stato di carcerazione è senza dubbio un'a condizioni di particolare disagio che può contribuire a determinare
la decisione di intraprendere scelte collaborative. L'ordinamento penitenziario consente di visitare gli istituti
penitenziari e di effettuare colloqui personali con detenuti e internati al fine di acquisire informazioni utili per
la prevenzione e la repressione dei delitti di criminalità organizzata. Il colloquio investigativo è per sua natura
una zona grigia, in cui l'investigatore cerca di capire la disponibilità del detenuto a fornire informazioni utili per
la prevenzione di gravi delitti e per quest'ultimo è l'occasione di verificare i termini di una sua possibile
collaborazione. In questo contesto si inseriscono sovente personaggi equivoci che cercano di proporsi quali
veicoli informativi per ogni tipo di situazione. È il caso della recente recrudescenza del fenomeno terroristico
che ha spinto numerosi detenuti a richiedere colloqui investigativi per poi rilasciare informazioni quantomeno
inattendibili. In questo tipo di intossicazione i predetti detenuti sono soliti miscelare informazioni. Di gran lunga
più interessante il colloquio che si pone all'esito di un percorso carcerario di cui l'investigatore abbia avuto
contezza a mezzo del personale di quelle strutture, qui l'investigatore deve porre sempre maggiore attenzione.
Il colloquio non può esaurirsi in una estemporanea apparizione e non sempre le prime schermaglie sono
corrispondenti, in un senso come in un altro, all'esito finale. A volte gli inizi sono difficili, caratterizzati da una
naturale e comprensibile diffidenza soprattutto se il colloquio caricato da ingiustificate aspettative. Il miglior
approccio è la consapevolezza che l'esito non potrà mai essere negativo, nel senso che da un colloquio o da una
serie di colloqui non si uscirà mai un quadro informativo inferiore a quello posseduto, tutt'al più sarà rimasto
invariato. Un ruolo decisivo sarà giocato dalla scelta dell'operatore più idoneo. Tanto più l'investigatore sarà
riuscito a conquistare la fiducia del suo interlocutore, tanto più i due avranno instaurato un rapporto di
empatia, tanto maggiori saranno le possibilità che il colloquio raggiunga il suo scopo. Vi sono, poi, tutta una
serie di colloqui che potremmo, comunque definire, "investigativi": da quelli con detenuti agli arresti domiciliari
a quelli con detenuti all'estero.
L'intercettazione di ogni forma di comunicazione
l'investigatore e la sua attività soggiacciono alla legge, che in materia, è assolutamente perentoria: la libertà e
la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione
può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. Le
intercettazioni delle comunicazioni raggiungono il loro primario scopo solo se le conversazioni intercettate
vengono ascoltate. Troppo spesso, prigionieri di stereotipi letterari o cinematografici, quando si pensa alle
intercettazioni si è portati ad immaginare stanze, magari bunker, pieni di registrazioni o di diavolerie tecniche,
ma tutto questo ha un'effettiva incidenza sulla realtà, fornendo un concreto contributo all'indagine, solo
qualora per ognuno di questi congegni esista un attento operatore che ascolta. Tutto il resto è fantasia o,
peggio ancora, maldestro uso degli strumenti investigativi l'intercettazione ha dei costi, non solo economici.
Un'intercettazione mal gestita non solo non permette di conseguire i risultati sperati, ma può rappresentare
anche un pregiudizio per l'intera indagine.
L'intercettazione telefonica
l'intercettazione telefonica rappresenta senza dubbio l'antesignana della più generale categoria delle
intercettazioni di comunicazioni. L'articolo 266 del codice di procedura penale per disciplinare i limiti propri
dell'intero settore afferma che l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche, è consentita nei
procedimenti relativi ai seguenti reati:
- delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo
a cinque anni;
- delitti contro lo pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore
nel massimo di cinque anni;
- delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope;
- delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive;
- delitti di contrabbando;
- reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziarie, molestia o disturbo delle persone col
mezzo del telefono;
- delitti previsti dall'articolo 600 ter, terzo comma, del codice penale
nell'attuale sistema, il pubblico ministero ha facoltà di richiedere l'intercettazione al giudice per le indagini
preliminari che, riscontrata l'esistenza di gravi indizi di reato e l'assoluta indispensabilità dell'atto ai fini della
prosecuzione delle indagini, le autorità con decreto motivato per le indagini sui reati di criminalità organizzata
in senso stretto e per quelle in materia di terrorismo esistono alcune significative deroghe:
- Le intercettazioni non debbono essere assolutamente indispensabili, ma sono necessarie;
- esse possono essere richieste anche per l'iniziale svolgimento delle indagini e non già per la
prosecuzione;
- gli indizi richiesti devono essere sufficienti e non necessariamente gravi.
Nei casi di urgenza pubblico ministero dispone l'intercettazione con decreto motivato, che va comunicato
immediatamente e comunque non oltre le 24 ore al predetto giudice. Il giudice, entro quarantott'ore dal
provvedimento, decide sulla convalida con decreto motivato. Se il decreto del pubblico ministero non viene
convalidato nel termine stabilito, l'intercettazione non può essere proseguita. È il pubblico ministero che
dispone con proprio decreto l'intercettazione indicando le modalità e la durata. Tale durata non può superare i
15 giorni, ma può essere prolungata dal giudice con decreto motivato. Delle comunicazioni intercettate e delle
operazioni è redatto verbale. Le operazioni debbono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti
installati nella procura della Repubblica. Il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato il il
compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria.
L'intercettazione telefonica, oggi più che mai, deve rappresentare una forma integrata di sorveglianza
dell'indagato, alla quale devono essere affiancate più penetranti tecniche, quali l'intercettazione ambientale, il
pedinamento ed altro. Chiede dunque non può prescindere dal comunicare. Pertanto porrà in essere tutte
quelle cautele per rendere più difficile l'individuazione dell'utenza buona. Risulterà utile effettuare un
preliminare screening del traffico telefonico di utenze a vario titolo afferenti ai soggetti indagati, individuando
quelle meritevoli di ulteriori approfondimenti ivi compresa l'intercettazione.
L'intercettazione ambientale
lo stesso articolo 266 del codice di procedura penale stabilisce che è possibile effettuare l'intercettazione di
comunicazioni tra presenti (generalmente definita ambientale). Qualora queste avvengano nei luoghi di privata
dimora o con delle appartenenze di essi, l'intercettazione è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere
che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa. L'intercettazione ambientale rappresenta già di per sé una efficace
fonte di prova potendola definire una forma di inconsapevole confessione. Una intercettazione ambientale, per
risultare decisiva, dovrà essere collocata nel posto giusto e con modalità tali da non far insospettire i
monitorati. Alla prima esigenza dovrà provvedere una serie di attività investigative volta a verificare le abitudini
degli indagati, i mezzi di trasporto utilizzati, i luoghi in cui sono soliti ritrovarsi, non disgiunti dalle modalità con
le quali vi si recano. Tanto più queste ultime appariranno macchinose tanto più il luogo risulterà essere di
interesse. Ci sono soggetti particolarmente sensibili a queste problematiche a tal punto che sono soliti
bonificare le loro autovetture e di luoghi di privata dimora con una sistematicità che scade nella paranoia. Ci
sono, invece, altri soggetti che meglio si prestano a questa attività intrusiva. La pianificazione di
un'intercettazione ambientale, pertanto, dovrà tenere conto di tutte queste variabili. Si potranno verificare casi
nei quali una ambientale presenti tutta una serie di contro indicazioni operative che le sconsiglieranno la
realizzazione. Anche qui, l'ultima parola spetterà agli investigatori, alla sua sensibilità e dalla sua esperienza.
L'intercettazione telematica
il legislatore del 1993 ha introdotto l'articolo 266 bis, in forza del quale è consentita l'intercettazione del flusso
di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici ovvero intercorrente tra più sistemi. Un indubbio
ausilio per l'investigatore, anche in considerazione della sempre più crescente e pervasivo uso di tali mezzi di
comunicazione. Le tipologie di intercettazione da realizzare attraverso la rete Internet sono sostanzialmente
riconducibili a due macro aree:
- intercettazioni realizzate attraverso la infrastruttura di comunicazione di un ISP, il cosiddetto provider;
- intercettazioni sulla linea telefonica dell'indagato.
Quando si procede attraverso il provider, esso potrà riguardare un account definito, o un account non definito.
Il primo caso si realizzerà allorquando l'indagato sia già stato identificato e la raccolta delle informazioni
effettuate con modalità tradizionali evidenzino abitudini non costanti in termini di utilizzo di postazione
informatica. Analogamente, l’altra modalità di intercettazione verrà posta in essere quando il soggetto non è
stato ancora identificato, ma si sia in possesso degli estremi dell'indirizzo di posta elettronica gli strumenti
variano in funzione del caso specifico e possono comprendere la nomina di un tecnico individuato di concerto
con il provider da incaricare formalmente per la collaborazione alla realizzazione dell'attività quale ausiliario di
polizia giudiziaria. In tali casi l'attività si concretizza nella duplicazione del traffico generato attraverso
l'infrastruttura di comunicazione del provider qualora, invece, vi sia mancanza assoluta di elementi utili ad
individuare i soggetti da sottoporre all'indagine, un'ulteriore modalità di intercettazione da svolgersi presso il
provider è effettuata con l'impiego delle sonde ADSL, la cosiddetta intercettazione parametrica. In questo caso
la sonda potrà individuare, nel flusso delle comunicazioni che vengono trattate dal singolo provider, i dati
corrispondenti a parametri di ricerca impostati dall'investigatore. Anche qui la tecnologia e gli strumenti che ci
offre devono essere gestiti, sempre e comunque, dalla sapienza investigativa.
Giudiziaria e preventiva
Le intercettazioni che abbiamo appena esaminato e che corretto definire giudiziarie si muovono all'interno di
un quadro rigidamente tipizzato, per il quale sono necessari specifici requisiti. Ciò in considerazione della
particolare incidenza nella sfera della libertà degli individui. Su un versante pre processuale si muove un altro
tipo di intercettazioni definite, non a caso, preventive. Queste hanno avuto una definitiva sistemazione con la
legge antiterrorismo del 2001. Queste intercettazioni non vedono il concorso autorizzatorio del giudice delle
indagini preliminari e non avranno alcun riverbero processuale. Allo scopo di fornire agli investigatori elementi
di conoscenza per scongiurare la consumazione di gravi delitti e, qualora non siano ancora emersi indizi tali da
richiedere una intercettazione giudiziaria, di far acquisire spunti per il corretto prosegue delle investigazioni.
L'articolo 226 delle norme di attuazione di coordinamento e transitorie del nuovo codice di procedura penale
prevede l'autorizzazione all'intercettazione di comunicazioni o conversazioni, anche per via telematica, nonché
all'intercettazione di comunicazioni o conversazioni tra presenti anche se queste avvengano nei luoghi di
privata dimora, quando sia necessario per l'acquisizione di notizie concernenti la prevenzione di gravi delitti di
criminalità organizzata e di terrorismo. Il procuratore della Repubblica, qualora vi siano elementi investigativi
che giustifichino l'attività di prevenzione e lo ritenga necessario, autorizza l'intercettazione per la durata
massima di 40 giorni. L'autorizzazione alla prosecuzione delle operazioni è data dal pubblico ministero con
decreto motivato, nel quale deve essere dato chiaramente atto dei motivi che vengano necessaria la
prosecuzione delle operazioni. Può essere autorizzato, altresì, il tracciamento delle comunicazioni telefoniche e
telematiche, nonché l'acquisizione dei dati esterni relativi alle comunicazioni telefoniche e telematiche
intercorse e l'acquisizione di ogni altra informazione utile in possesso degli operatori di telecomunicazioni. In
ogni caso, gli elementi acquisiti attraverso le attività preventive non possono essere utilizzati nel procedimento
penale e le notizie acquisite a seguito delle attività medesime non possono essere menzionate in atti di
indagine, né costituire oggetto di deposizione, né essere altrimenti divulgate. Qualora si presenti la necessità di
convertire le intercettazioni preventive intercettazioni giudiziarie il giudice non potrà avvalersi del dato
informativo emerso dalle intercettazioni preventive, perché assolutamente inutilizzabile.
La sorveglianza.
La sorveglianza è l'attività attraverso la quale l'investigatore pone l'indagato in uno stato di perdurante
osservazione: ne scruta movimenti, ne studia i comportamenti, analizza le sue reazioni alle sollecitazioni che lo
Stato di sospettato, consapevole o meno, gli impone.
Il pedinamento
il pedinamento comporta una serie di innumerevoli attenzioni e di sensibilità che solo il tempo della pratica
possono affinare e migliorare. Il pedinamento dovrà seguire alcune regole base:
- preliminare studio del soggetto che si intende pedinare, acquisendo ogni utile informazione che ne
faciliti il primo approccio;
- un pedinamento dipende, molto, da un adeguato dispositivo, in cui ad un buon livello qualitativo faccia
eguale riscontro un numero sufficiente di operatori. Il dispositivo deve essere calibrato sulla lunghezza
temporale dell'essere di più, sul territorio coperto e sulle difficoltà che questi presenti, e, infine, sulle
apparecchiature a disposizione.
- Ogni dispositivo che si rispetti dovrà avere un coordinatore. La diversa dislocazione dipenderà
dall'affiatamento della squadra e dagli strumenti tecnici di cui disporrà. Sarà il coordinatore ad avere
l'ultima parola nei momenti critici;
- certamente non dovrà difettare di una buona rete di comunicazione;
- approfondita conoscenza dei luoghi;
- molte organizzazioni utilizzano in maniera sistematica il cosiddetto "contro pedinamento". Questa
tecnica consiste nel far passare il militante in luoghi ove si è preventivamente collocato un altro
militante (contro pedinatore), il quale avrà la funzione di agganciarlo a distanza e verificare presenze
indesiderate. L'investigatore dovrà far pedinare, a sua volta, i suoi pedinatori;
- ove possibile, le fasi di un pedinamento, almeno quelle ritenute più significative, saranno video riprese.
Il pedinamento elettronico
anche in questo campo la tecnologia ha fornito ausili certamente non immaginabili solo qualche anno fa. Fra
tutti, ha assunto un ruolo sempre più importante il GPS che, grazie ad un sistema integrato di satelliti in cui
segnali sono gestiti da un apposito software, permette in tempo reale di seguire gli spostamenti, ad esempio di
un veicolo, evitando ai pedinatori sovraesporsi nel collocarvisi a ridosso. Il GPS, inoltre, consentirà
all'investigatore di disporre di una puntuale e documentata ricostruzione degli spostamenti del monitorato al
fine di dimostrare, eventualmente, la compatibilità delle sue presenze con eventi afferenti ad attività delittuose
al medesimo addebitabili. Questi apparecchi necessitano di un'adeguata alimentazione, hanno un ingombro
possono essere rinvenuti ad un'attenta ispezione del mezzo. Quindi, prima di collocarli, accertarsi che vi siano
le condizioni per farlo, verificare che i soggetti destinatari delle investigazioni non siano soliti "bonificare il
mezzo", evitando, in tal modo, le sirene dei mercanti che ne sollecitano, sempre comunque, l'installazione.
La video sorveglianza
un altro importantissimo ausilio all'osservazione dell'indagato è costituito dalla video sorveglianza che ha in
molti casi sostituito, sublimandolo, il vecchio appostamento. La tecnologia ha fornito il proprio insostituibile
apporto e quindi laddove un giorno era necessario investire notevoli risorse, un numero consistente di
operatori, con il rischio peraltro di essere scoperti, oggi è sufficiente predisporre una o più sofisticate
telecamere in cui segnali potranno essere trasportati in un comodo ufficio. È ovvio che su strada dovrà essere
sempre disponibile un dispositivo umano.
Altre tecniche di indagine
non meno diffuse nella pratica sono le iniziative che nascono dalle opportunità sempre nuove che la realtà
offre. La telefonia radiomobile, ad esempio. Il gestore telefonico, infatti, in grado di tracciare gli spostamenti
sul territorio di una utenza cellulare e di conoscere il momento esatto in cui si verifica la conversazione
telefonica, in entrata o in uscita, la sua durata, il numero contattato o quello chiamante e la posizione
geografica dell'utente all'atto della chiamata. Ciò significa che l'investigatore entrando in possesso del tabulato
contenente il traffico di una certa utenza telefonica relativo ad un determinato periodo, acquisisce un
formidabile patrimonio informativo sul conto di quella utenza utilizza. Il gestore telefonico alla possibilità di
visualizzare la posizione sul territorio di un telefono cellulare con un'approssimazione corrispondente, più o
meno, all'ampiezza di un quartiere. A volte l'autore del reato, a conoscenza delle tecniche di indagine più
diffuse, usa precauzioni per escludere possibili intrusioni investigative nella sua vita, cambiando, ad esempio,
continuamente le schede telefoniche del proprio cellulare. Anche in questo caso, l'unicità del codice del
telefono, detto "IMEI", consente di accertare quali e quante carte siano state utilizzate e di acquisirne,
conseguentemente, il traffico. Anche le schede prepagate possono fornire elementi utili alle indagini. Ciascuna
scheda, infatti, è sempre identificabile, avendo una banda magnetica che ne consente la riconoscibilità. I posti
telefonici pubblici che ancora conservano l'uso della moneta e perciò non consentono di acquisire tracce
oggettive lasciate dall'autore della telefonata, tuttavia, siccome ogni postazione conservi memoria i dati relativi
al traffico, possono comunque suggerire qualche iniziativa investigativa. Non meno remunerative sono le
tecniche finalizzate a capitalizzare investigativamente il patrimonio di informazioni contenute nelle banche dati
informatizzati negli archivi cartacei di aziende, pubbliche e private, che nascono ovviamente per altri fini. Ad
esempio, le modalità del loro pagamento raccontano molte cose sull'utilizzazione dell'immobile, ma,
soprattutto, sulla persona che lo occupa, che potrebbe non identificarsi nell'intestatario.
L'investigazione su stranieri.
Oggi, il nostro territorio, vede una presenza significativa di stranieri regolarmente soggiornanti, a fronte di
sacche perduranti di clandestinità. È come per ogni altro fenomeno ciò ha prodotto riverberi sul versante della
criminalità, si essere comune e terroristica. Le investigazioni che si sono succedute nel tempo in materia hanno
accertato l'operatività sul nostro territorio di mafie etniche. A fronte di ciò l'apparato statale ha affinato o ha
creato ex novo strumenti di contrasto per consentire all'investigatore di meglio penetrare questa realtà e
consentire il contenimento di questi fenomeni criminali, nonché l'individuazione e l'arresto di soggetti
responsabili di attività illecite. Il nostro ordinamento prevede la possibilità di fare ingresso nel territorio dello
Stato allo straniero in possesso di passaporto valido o di documento equipollente e del visto di ingresso, ad
esclusione dei casi di esenzione. I visti d'ingresso sono rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari
italiane nello Stato di origine o di stabile residenza dello straniero. Gli stranieri, all'atto della richiesta del titolo
di soggiorno, sono sottoposti a rilievi foto dattiloscopici. Fatte salve le ipotesi giudiziarie e l'eventuale richiesta
dello status di rifugiato politico, lo straniero, qualora non apolide o la cui nazionalità non sia accertabile, potrà
essere espulso dal territorio per i seguenti motivi:
- ordine di sicurezza pubblica o allorquando la sua permanenza nel territorio nazionale possa agevolare
organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali;
- ingresso nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera;
- permanenza nel territorio senza permesso di soggiorno;
- appartenenza alle categorie previste dalla legislazione speciale in materia di usura di prevenzione.
I provvedimenti, salvo per i motivi di ordine e sicurezza pubblica disposti dal ministro, sono assunti dal prefetto.
I permessi di soggiorno per fini collaborativi
il legislatore prevede forme di tutela per quei soggetti che collaborano con la giustizia.
Testo unico sull'immigrazione
il nostro ordinamento previsto la possibilità di regolarizzare la loro posizione ai fini del soggiorno. L'articolo 18
del testo unico sull'immigrazione prevede che qualora siano accertate situazioni di violenza o di grave
sfruttamento nei confronti di uno straniero ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità, il questore
possa rilasciare uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai
condizionamenti dell'organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione
sociale.
La legislazione antiterrorismo
l'articolo due della legge 155 del 2005, consente sempre al questore di rilasciare lo straniero uno speciale
permesso di soggiorno allorquando nel corso di operazioni di polizia vi è l'esigenza di garantire la sua
permanenza nel territorio dello Stato avendo lo stesso offerto all'autorità giudiziaria o agli organi di polizia una
collaborazione avente le caratteristiche di cui al comma tre dell'articolo nove del citato decreto legislativo
numero otto del 1991. Quando la collaborazione offerta, poli, abbia avuto straordinaria rilevanza per la
prevenzione nel territorio dello Stato di attentati terroristici alla vita o all'incolumità delle persone o per la
concreta riduzione delle conseguenze dannose o pericolose degli attentati stessi ovvero per identificare i
responsabili di atti di terrorismo, allo straniero può essere concessa la carta di soggiorno.
Gli strumenti che abbiamo esaminato presentano dunque una duplice valenza: da un lato, infatti, assolvono ad
un'esigenza tutoria connessa ad un'attività collaborativa dello straniero, dall'altro, consentono una efficace
penetrazione informativa a più ampio spettro, non altrimenti realizzabile.
La scienza al servizio delle investigazioni
l'evoluzione scientifica del novecento ed il conseguente sviluppo tecnologico hanno profondamente inciso sulla
tecnica delle investigazioni. La fase dell'investigazione scientifica successiva al sopralluogo si caratterizza per
l'esecuzione degli accertamenti tecnici. Questo tipo di indagine può essere ripetibile o i ripetuti in punto ed a
sottolineare quanto, nell'ultimo decennio, lo studio delle tracce di sangue o dei materiali biologici abbia subito
un notevole sviluppo grazie alla scienza e alle tecniche di biologia molecolare. La possibilità, ad esempio, di
estrarre profili genetici da quantità anche esigue di sangue ovvero da materiale biologico vario a ampliato le
possibilità di identificazione individuale. In particolare, per quanto concerne l'amplificazione di regioni di
piccole dimensioni del DNA, la tecnologia attualmente utilizzate, denominata reazioni a catena della
polymerasi, consente di ottenere grandi quantità di copie della regione di DNA prescelta. In seno alle indagini
biologiche, è stato poi introdotto il cosiddetto sistema CODIS, sorta di archivio informatico del DNA capace di
elaborare i dati inerenti alle frequenze genotipiche della popolazione di riferimento. Le indagini di laboratorio
sono integrazione sviluppo delle indagini tipiche ed atipiche di polizia giudiziaria e degli accertamenti urgenti
svolti dall'investigatore durante l'esame della scena del delitto.
Indagini biologiche
riguardano, oltre che l'analisi del DNA, quelle su reperti biologici costituiti da sostanza emetica, liquido
seminale, saliva, formazioni pilifere e resti umani. In particolare, vengono effettuate indagini generiche e
specifiche per stabilire la natura delle tracce sequestrate ed accertamenti enzimatico-colorimetrici per la
diagnosi generica sulla saliva e morfologici, al microscopio ottico, sulle formazioni pilifere.
Indagini balistiche
riguardano:
- La verifica della funzionalità dell'arma e della sua reale idoneità offensiva;
- Le attività sperimentali di sparo al fine di ricostruire o verificare la dinamica dell'evento;
- l'identificazione dell'arma che ha sparato attraverso l'esame di bossoli dei proiettili repertati in sede di
sopralluogo e di esame autoptico;
- Le comparazioni balistiche incrociate fra reperti omogenei per stabilire l'identica provenienza di bossoli
dei proiettili.
Le apparecchiature che vengono utilizzati in questo campo consentono di realizzare, in particolare:
- La stereomicroscopia comparativa, che permette di determinare anche l'arma effettivamente
utilizzata;
- il sistema integrato per l'identificazione balistica, che permette una rapida memorizzazione dei dati
balistici ed il confronto automatico delle immagini archiviate;
- la microscopia elettronica a scansione, che permette la ricerca e l'analisi delle particelle delle polveri da
sparo rilevate con appositi tamponi adesivi o con speciali filtri dalle mani dello sparatore e dalle altre
superfici investite.
Indagini su sostanze esplosive ed infiammabili
nei laboratori vengono analizzati esplosivi integri ovvero residui di esplosione. Numerose metodologie possono
essere utilizzate sulla base della classe di sostanza ed in funzione di specifiche esigenze. L'analisi delle sostanze
infiammabili si basa sulla gascromatografia. L'obiettivo di queste indagini innanzitutto individuare le cause
dell'incendio, attraverso la determinazione del punto delle modalità di innesco e la ricostruzione della dinamica
di propagazione. Esse tendono inoltre, a ricercare, attraverso l'analisi dei residui dell'incendio, le eventuali
tracce di sostanze infiammabili.
Indagini sulle fibre
l'analisi delle fibre è volta a trovare il contatto tra persone o la permanenza di persone o oggetti in un
determinato ambiente. Mira ad accertare la natura dell'origine delle stesse e si basa sull'esame morfologico,
mediante stereomicroscopia e microscopia ottica.
Indagini sulle pitture, sulle vernici e sugli inchiostri
soprattutto nei casi di pirateria stradale vengono usate tecniche micro analitiche per evidenziare tracce di
pitture. Gli investigatori esperti nel settore svolgono anche accertamenti assai apprezzabili si inchiostri per la
verifica di compatibilità di scritture e relativa collocazione temporale. Infine, attendibili tecniche
microspettrofotometriche consentono l'analisi oggettiva del colore.
Indagini su terreni, sulle polveri, sui vetri.
L'identificazione dei terreni è oggetto di indagini attraverso la diffrattometria a raggi X che consente di stabilire
la permanenza di un soggetto in un determinato ambiente. Le indagini in questione consentono la
comparazione tra frammenti di vetro ed accertamenti su polveri incognite
indagini sulle droghe
mirano all'individuazione di sostanze stupefacenti, eventualmente presenti in tracce repertate in sede di
sopralluogo o dei sequestri operati dalle forze di polizia. In tale ambito di indagine, l'investigatore può avvalersi
di un sistema robotizzato in grado di effettuare automaticamente tutte le operazioni necessarie per la
determinazione della quantità di stupefacenti.
Indagini grafiche
riguardano accertamenti su manoscritti, dattiloscritti e documenti realizzati con stampanti collegate al pc. Per
quanto concerne le manoscritture, vengono rilevate le loro caratteristiche generali e di dettaglio e messe a
confronto con le caratteristiche di altre scritture. Analoga attività, di individuazione di caratteri salienti e di
eventuali anomalie, viene svolta sul dattiloscritti ed altri documenti.
Indagini foniche
non hanno la pretesa di pervenire alla certezza dell'identità di una voce anonima con quella di una persona
sospetta, ma solo al grado statistico della compatibilità tra le due voci le indagini sul sole sulla voce
consentono, inoltre:
- di accertare l'autenticità dell'integrità dei nastri magnetici, con la loro eventuale manomissione;
- di migliorare il grado di intelligibilità di registrazioni degradate, utilizzando apparecchiature sofisticate
che realizzano ciò che viene chiamato il filtraggio.
Indagini sui documenti sulle banconote
vengono verificati eventuali falsificazioni su carte valori e documenti. Per accertare eventuali alterazioni
contraffazioni vengono controllati gli elementi di sicurezza.
Capitolo quarto
indagini sulle principali tipologie criminali
il sequestro di persona a scopo di estorsione.
È importante avere precise condizioni delle dinamiche ricorrenti in certe forme di criminalità, per poter
sviluppare tecniche di indagini mirate ed omogenee. Il reato è inteso come "un'istintiva reazione locale ad
una provocazione storica" piuttosto che "un'evoluzione della tradizione predonile, posto che un processo
evolutivo si manifesta gradualmente e progressivamente e non con improvvise impennate". Dalla
Sardegna, il fenomeno della sequestro di persona a scopo di estorsione, si era diffuso in Calabria e poi in
tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento alle regioni più ricche ed industrializzate del Nord ed
al Lazio. Da uno studio effettuato sugli autori conosciuti del reato di sequestro a scopo di estorsione, dei
quali il 96% di sesso maschile, emerge che il 75% aveva precedenti penali multipli quando ho partecipato, a
vario titolo, al rapimento è che il 58% circa aveva scolarità elementare. Questa tipologia di delitto ha avuto
adeguato contrasto attraverso azioni investigative altrettanto penetranti fino a far arrivare a pensare, negli
ambienti della malavita, che si tratti di un delitto che non paga.
Le tecniche investigative utilizzate per questo tipo di sequestro di persona potranno essere utilizzate,
almeno in parte, anche nei casi di sequestro di persona con finalità diverse da quelle estorsive. Il
sopralluogo costituisce un momento fondamentale dell'economia generale dell'investigazione, perché può
consentire all'investigatore un primo orientamento sulla sua matrice. L'investigatore raccoglierà ogni
possibile informazione sul fatto specifico ed approfondirà adeguatamente quelli ad esso direttamente
collegati. I dati raccolti in sede di sopralluogo potranno consentire anche di accertare significative analogie
con precedenti casi di sequestro e ciò può risultare determinante per circoscrivere l'attenzione ad un
gruppo criminale ben determinato. L'investigatore potrà chiedere al magistrato di essere autorizzato ad
acquisire il quadro completo delle conversazioni telefoniche intercorse in un lasso di tempo circoscritto nei
pressi del luogo del sequestro e dei diritti connessi. Predisposta questa prima rete di interventi, potranno
essere formulate alcune riflessioni sui soggetti o sugli ambienti criminali sospetti e pianificate le
conseguenti iniziative: verifica dell'attualità della reperibilità di persone sospette, perquisizioni domiciliari e
avvio di intercettazioni telefoniche ed ambientali, controllo di persone sottoposte a misure di prevenzione
o di sicurezza, attivazione di fonti confidenziali ed eventuale richiesta di autorizzazione all'effettuazione di
colloqui con detenuti a fini investigativi, eccetera immediate dovranno essere alcune attività
dell'investigatore rivolte alla famiglia della vittima del reato, cioè agli reali interlocutori dei sequestratori,
essendo l'ostaggio, quasi sempre, solo merce di scambio: l'intercettazione delle loro utenze telefoniche,
fisse e portatili e quella della corrispondenza in entrata dovranno essere subito richieste al magistrato.
Parimenti prioritaria e la ricerca dell'eventuale basista, figura molto ricorrente. Qualche ipotesi di lavoro
può emergere dall'ambiente professionale, familiare o amicale del sequestrato e, a volte, può essere
confidata all'investigatore dalla stessa famiglia dell'ostaggio. Ogni sequestro di persona è un caso se alcune
costanti, comunque, si registrano e, tra esse, l'assoluta necessità che l'investigatore riesca a stabilire un
rapporto di fiducia con la famiglia dell'ostaggio all'investigatore sta a cuore la vita dell'ostaggio, ma non è
certo la sfera affettiva ed emotiva dover orientare strategie e tecniche nella drammatica partita che si gioca
con i sequestratori. Non sembra, inoltre, che si possa attribuire validità assoluta all'equazione "pagamento
del riscatto uguale liberazione dell'ostaggio", perché ciò non è sempre vero e di numerosi casi in cui al
pagamento non è seguita la liberazione ne costituiscono l'indubbia prova. Il rischio della vita per colui che
viene sequestrato è inevitabile. A volte la decisione dell'uccisione precede lo stesso testo, o interviene per
fatti legati alla gestione della rapimento, o ancora è legata a ulteriori, sopraggiunte evenienze. Il pagamento
del riscatto, paradossalmente, segna il momento esecutivo della soppressione dell'ostaggio, nei casi in cui i
sequestratori che hanno deciso l'eliminazione. L'investigatore suggerirà ai familiari di valutare molto
attentamente ogni aspetto della complessa e delicata questione, prima di prendere decisioni che
potrebbero rivelarsi addirittura controproducenti. Nel corso del rapimento, i sequestratori devono
rassicurare la famiglia sull'esistenza in vita del congiunto. L'assistenza tecnica ai familiari, sconvolti,
emozionati e comunque inesperti, va assicurata costantemente dall'investigatore, che deve mettere al loro
servizio alla propria esperienza e quella del mondo al quale appartiene, ammonendoli, ad esempio,
sull'assoluta esigenza di richiedere un'ulteriore prova se quella fornita non convince del tutto. Il rapporto
fiduciario porta alla massima trasparenza e confidenza tra chi indaga e chi è vittima e consente
all'investigatore di avere un quadro dei dati che possono rivelarsi utili al mosaico. L'unico indirizzo possibile
quello della logica, così come il rispetto della legge, che oggi prevede l'obbligo per il magistrato di disporre
il blocco dei beni che potrebbero essere destinati alla soddisfacimento delle pretese estorsive. Questo
provvedimento segna inevitabilmente il momento di rottura del sereno dialogo tra famiglia e investigatori.
La famiglia si sente disperata impotente e trovo ingiusto che lo Stato, che non è capace di risolvere il caso
positivamente, non sappia fare di meglio che mostrare i muscoli alle vittime, impedendo loro di sopperire
con le proprie finanze alla sua incapacità. La famiglia cercherà allora una soluzione alternativa. In tal caso
l'impedimento non avrà sortito alcun effetto se non quello di far divergere le strade di chi indaga e di chi è
destinatario dell'estorsione. Il rapporto famiglia-investigatori segue una particolare andamento:
inizialmente l'investigatore è investito delle maggiori speranze per una pronta soluzione del caso; poi viene
gravato di aspetti negativi via via che la durata del sequestro si protrae improduttivamente; arriva, infine,
ad un rapporto di vetro di intolleranza quando lo si ritiene responsabile degli ostacoli emessi nel corso della
trattativa, come il blocco dei beni. L'obbligo del blocco dei beni è tuttora oggetto di dibattito circa
l'opportunità della sua previsione: apparentemente, infatti, serve a poco e disturba molto. L'esperienza ha
dimostrato che, proprio l'individuazione di uno dei sequestratori, consentendo agli investigatori di
pareggiare il conto con coloro che hanno nelle proprie mani il ostaggio, produce una serie di risultati
positivi: offre un ulteriore garanzia alla vita del sequestrato, perché la banda non intende esporre
l'arrestato ad una pena così elevata, specialmente in presenza di misure normative che prevedono benefici
così cospicui per chi avvia una collaborazione con la giustizia; inoltre, mette fretta i sequestratori, che
potrebbero essere portati a ridurre le loro pretese e chiudere presto la trattativa. Nel corso degli anni,
diverse sono state le modalità di conclusione delle trattative e di riscossione del riscatto. La lettera, ad
esempio, ha costituito un modo di comunicare piuttosto diffuso. Nella lettera, la famiglia era invitata a
segnalare la propria adesione alla richiesta pubblicando inserzione convenzionale su un quotidiano di
fronte a simili modalità, l'investigatore chiamato ad operare con il blocco della corrispondenza per evitare
che la lettera possa essere contaminata dal destinatario, che inconsapevolmente potrebbe compromettere
alcuni rilievi tecnici. Opererà, inoltre, su altri dati che la lettera dovesse fornire le somme necessarie
istruzioni alla famiglia per la risposta. Il mezzo telefonico consente oggi all'investigatore di beneficiare
dell'evoluzione tecnologica particolarmente avanzata in questo settore. Altre modalità di conduzione delle
trattative, forse la più insidiosa, è rappresentata dal garante, figura particolarmente diffusa in Sardegna,
rassicura la famiglia sulle condizioni di salute dell'ostaggio e i sequestratori sulla volontà della famiglia di
pagare il riscatto l'attività del garante è punita dalla legge penale, potendo i suoi comportamenti
configurare una fattispecie rientrante in un'ampia gamma di reati. All'investigatore tocca il compito di
individuarlo e neutralizzarlo, perché la sua presenza ne cancella il ruolo, quello dell'esperto che si pone al
fianco della famiglia per perseguire il duplice obiettivo, della liberazione dell'ostaggio e della cattura degli
autori del sequestro. Altro momento di estrema delicatezza e quello dell'esazione del riscatto. Le regole,
anche in questa fase, sono dettate dai sequestratori al termine delle trattative, con le modalità, telefoniche
o epistolari, usate per le stesse. Solitamente vengono preventivamente indicati un percorso con precise
indicazioni dell'auto da usare, della media oraria da temere, del luogo dell'orario di partenza, del luogo di
arrivo, dell'itinerario da seguire e del segnale che sarà usato dai banditi lungo il percorso per evitare che
l'auto deve fermarsi. Il lavoro investigativo in questa fase estremamente complesso può andare dall'attività
minimale di acquisizione di dati sulla reperibilità delle proprie abitazioni o sugli spostamenti di persone
sospette, mentre è in corso il giro, alla presenza simulata lungo l'itinerario per raccogliere indizi di decidere
sul momento interventi operativi, fino alla sostituzione dell'emissario della famiglia e alla predisposizione,
lungo il percorso, di servizi di appoggio per tentare la cattura degli esattori della banda, impresa, questa,
davvero assai ardua. Ancor più complicata e la predisposizione di servizi investigativi in vista di un
intervento volto alla cattura dei sequestratori, quando, alle istruzioni, l'itinerario e la modalità per
depositare il denaro assumono la veste di caccia al tesoro. Un altro momento di esposizione dei rapitori e
nella fase di liberazione dell'ostaggio, che non potendo avvenire nei pressi della prigione, determina la
necessità per i rapitori di rubare un'auto di effettuare un percorso non brevissimo per accompagnare la
vittima in un luogo sicuro. Anche questa fase può vedere l'investigatore svolgere servizi di sorveglianza nei
pressi di aree ritenute d'interesse. La liberazione dell'ostaggio costituisce la fase finale della complessa
vicenda criminale, cui seguirà solo quella della spendita del riscatto che si connette al tema del riciclaggio.
Un momento di interesse investigativo e la sua immediata escussione, avendo egli potuto vedere persone
luoghi ho sentito così importanti per chi indaga. L'atteggiamento del sequestrato nelle ore nei giorni
immediatamente successivi al suo rilascio, tuttavia, non favorisce un rapporto collaborativo con
l'investigatore. Si parla in proposito di sindrome di Stoccolma. All'iniziale obbligatorietà del rapporto,
passivamente subito dalla vittima, fa seguito una relazione che vede una progressiva partecipazione
dell'ostaggio, cui la relazione è necessaria per il mantenimento del senso della propria identità, seppure nei
modi consentiti dalla particolare situazione. Emerge spesso nella vittima la tendenza a solidarizzare con il
carceriere e ciò può nascere dalla convinzione di aver condiviso con lui una situazione di pericolo o di grave
disagio per l'azione di forze estranee ad entrambi e dalla gratitudine per la protezione ricevuta in un
momento così drammatico della propria vita. In tutti i casi in cui la sindrome di Stoccolma non consente un
esame testimoniale produttivo, l'investigatore lascerà che il tempo restituisca la vittima del sequestro la
pienezza della propria identità e serenità necessaria per raccogliere quello che ha visto ed ha sentito
durante la prigionia. Una misura particolarmente opportuna ed efficace è quella del "silenzio stampa" la
pubblicazione di una notizia apparentemente di scarso peso, ma non per i sequestratori che possono
leggere di un dettaglio assai significativo, può danneggiare gravemente l'indagine è dare un ingiusto
vantaggio ai banditi. Il silenzio-stampa previene possibili pericolose sbavature perciò va guardato con
favore dall'investigatore.
L'omicidio.
L'omicidio non è solo lo strumento con cui le grandi e le piccole consorterie criminali regolano i propri conti.
esiste un proscenio più intimo, l'ambiente familiare, dove si consumano atti di indicibile violenza. In questi
casi, le vittime sono quasi sempre i soggetti deboli del rapporto, la moglie, i figli e non è infrequente che la
tragedia si consumi con il suicidio del carnefice. Più raro è, invece, sempre in contesti familiari, l'omicidio
del padre padrone, per liberarsi del quale gli altri membri della famiglia decidono la soluzione estrema.
L'omicidio, spesso però, è la risultante di eventi improvvisi, non disgiunti da futili e inqualificabili motivi.
Un
particolare interesse suscita poi l'omicidio seriale, per i risvolti non sempre immediatamente intelligibili,
per la personalità dell'autore, per le storie che ogni vittima sottende. Ma che cos'è un omicidio seriale? È
possibile dare una definizione di travalichi gli stretti ambiti geografici e diversi contesti socio-culturali?
Sicuramente l'elemento distintivo per eccellenza in questo tipo di reato è la ripetizione dell'omicidio.
Dunque, il numero delle vittime in sé non connota in maniera esclusiva la serialità. L'omicidio seriale, poi,
avviene uno contro uno, tranne in rare eccezioni. L'assassino seriale prova l'impulso di uccidere. Gli omicidi
seriali non sempre vengono recepiti come tali, esiste infatti un numero di fatti omicidiari non
apparentemente collegati tra loro e che tali permarranno. Questo numero oscuro che sfugge alla statistica
ed all'investigazione viene ricompreso nel più ampio ambito delle scomparse mai chiarite e che mai
vedranno la luce della ribalta processuale. Poi, secondo il manuale di ripartizione del crimine violento
dell'FBI, questo reato può essere classificato in base al morente (omicidio seriale per guadagno personale;
situazionale, motivato da erotomania, provocato da un conflitto, per vendetta simbolica, con movente
irrazionale, motivato dell'estremismo, per eutanasia, per il controllo del potere, sessuale, a movente misto,
individuale, in coppia, di gruppo, il numero variabile, serial killer organizzati e disorganizzati, omicidio
seriale a pianificazione totale, a pianificazione parziale, a pianificazione zero, a pianificazione mista, a
pianificazione fasica, di uomini, di donne, di bambini, di massa, di coppie, a vittimologia mista.), Al numero
di persone coinvolte nell'azione omicidiaria, in relazione alle modalità, a seconda del tipo di vittima. La
nostra esperienza, poi, ed è anche il caso del cosiddetto omicidio politico. Recentemente, la sinistra liturgia
dell'omicidio politico ha avuto un fugace quanto inatteso rigurgito, cui ha fatto seguito una pronta reazione
degli apparati investigativi che hanno reso inoffensivo il manipolo di disperati che si era fatto carico della
sua riviviscienza.
La tecnica investigativa.
Più che in ogni altro reato, decisive risulteranno le prime fasi dell'investigazione la corretta conservazione
dei luoghi, lo scrupoloso sopralluogo, l'acquisizione, nel mondo più tempestivo possibile, di ogni notizia sul
conto della vittima. L'area, soprattutto se si tratta di un luogo aperto, dovrà essere delimitata e l'accesso
dovrà essere assolutamente vietato tutti quelli che non abbiano necessità di operarvi.
- Le modalità con cui la vittima è stata uccisa: le modalità di un omicidio molto spesso, sono
rivelatrici del rapporto tra vittima e carnefice. L'infierire su un corpo può essere infatti indice di una
relazione perversa e morbosa o di un particolare stato psichico dell'autore. L'omicida, in alcuni casi,
all'esigenza di trasmettere un messaggio (incaprettamento, pietre bocca, evirazione). Negli omicidi
politici, poi, la specifica connotazione del crimine si appaleserà dal ruolo pubblico della vittima e
dalla particolare cura con la quale gli autori dello stesso avranno agito.
- Lo stato dei luoghi: spesso le condizioni di una stanza a soqquadro ci fanno capire le modalità in cui
è avvenuto l'omicidio o le reali intenzioni di chi l'ha commesso. Altre volte, alcuni particolari, ci
rilevano come il disordine sia stato creato scientemente per indirizzare gli investigatori in un senso
piuttosto che in un altro.
- La testimonianza di quanti abbiano avuto contezza degli eventi, a partire, ovviamente, da quelli
omicidiari per poi giungere a quelli che li avevano preceduti e seguiti, ed ogni altra informazione sui
momenti che hanno preceduto la morte. È indubbio che la possibilità di disporre di testimoni
attendibili, molto spesso, rappresenta un elemento decisivo nella positiva risoluzione del caso.
Risulteranno decisive le testimonianze che possano consentire la ricostruzione delle ultime ore
della vittima, le sue relazioni, i suoi incontri.
- La personalità della vittima, i suoi trascorsi, le sue relazioni, la sua eventuale appartenenza a gruppi
criminali: l'analisi della personalità della vittima fornisce una serie di informazioni che possono
portare se non alla diretta individuazione del colpevole a definirne l'ambito in cui il delitto è
maturato.
- La ricorsività di alcuni elementi dell'assenza di un movente plausibile: la serialità non sempre è
immediatamente percepibile e come tale riconoscibile. Mai come in questi casi una puntuale
archiviazione dei dati acquisiti risulterà decisiva oltre all'insaziabile voglia di investigatore di
risolvere ogni caso, di non fermarsi alle prime difficoltà, di ricercare sempre comunque la verità su
ogni delitto.
L'estorsione.
Una compiuta valutazione della sua reale dimensione è resa difficile dalla sua scarsa visibilità. Vengono,
però, in soccorso dell'investigatore alcuni tradizionali indici di rilevazione, come attentati incendiari,
danneggiamenti ed altre forme di intimidazione, che rappresentano segnali indiretti dell'avvertimento a chi
è chiamato a pagare o della rappresaglia a chi si è rifiutato di farlo, ma si appaiono comunque inadeguati a
fornire un quadro certo dell'estensione dei fatti estorsivi sul territorio. Altri indicatori sono le denunce
anonime, la voce della gente, quella dei rappresentanti istituzionali e di categoria e quella del sempre più
diffuso associazionismo antiracket. Quando parliamo di estorsione come fenomeno criminale da
investigare, intendiamo riferirci al racket, al pizzo, cioè a quell'attività criminose che generalmente si
traduce nella violenta o comunque minacciosa richiesta ad un operatore economico di un pagamento
periodico in cambio di protezione. Il problema del racket non può essere affrontato solo in un'ottica di
ordine pubblico; è un tema che rimanda alle relazioni economiche e alle problematiche dello sviluppo. Il
danno più grave che compie la mafia nei confronti della competitività e della capacità di tenere il mercato
di un'impresa di piccole dimensioni è la demotivazione imprenditoriale: con il condizionamento estorsivo
viene meno la possibilità di prosperare e quindi di fare impresa e di costituire occasioni di sviluppo
economico. Si arriva ad ulteriori imposizioni, dall'acquisto di beni servizi esclusivamente da determinati
fornitori, all'assunzione di persone per compiti di guardiania o per altre mansioni, arrivando perfino ad
espropriare il titolare dalla sua azienda. L'investigatore che può fare? Hai il dovere di intervenire e prendere
posizione. Non può restare in ufficio ad aspettare la formale denuncia, perché le notizie di reato, dice la
legge, deve anche andarle a cercare di iniziativa e deve impedire che i reati vengano portati a conseguenze
ulteriori. L'obiettivo prioritario per chi indaga è l'emersione del fenomeno, perché solo portandolo alla luce
lo si può analizzare, penetrare a fondo è contrastare adeguatamente. Una misura di cautela potrebbe
essere costituita dal carattere informale del primo approccio dell'investigatore con la vittima. Questa ha
bisogno prima di tutto di rassicurazioni e non dell'immediato inserimento nel circuito formale è, per certi
versi, burocratico, degli adempimenti di polizia giudiziaria. Un'illustrazione dettagliata del fatto sarà
indispensabile per consentire a chi indaga di orientarsi. Il piano potrebbe prevenire, se ne sussistono i
presupposti, l'avvio di immediati accertamenti, ufficialmente all'insaputa della vittima di estorsione.
Potranno essere intercettate le sue conversazioni telefoniche e ambientali potrà essere sottoposto al video
sorveglianza l'esercizio commerciale o altro luogo di lavoro; potranno essere controllati i soggetti che vanno
ad esigere o hanno appena esatto il pagamento. Successivamente, il soggetto storto, in sede di
verbalizzazione delle dichiarazioni, racconterà l'esperienza vissuta, ufficialmente ammettendo di essere
stato vittima di estorsione e non assumendo l'iniziativa di denunciarla. Naturalmente, la strada maestra
resta quella della denuncia immediata.
Il momento del pagamento. Questa è la fase più delicata della vicenda estorsiva e documentarla è assai
utile per la corretta ricostruzione del fatto e l'identificazione degli autori. L'investigatore è chiamato ad
operare con riservatezza e con spiegamento di uomini adeguato alla pericolosità degli esattori e
all'obiettivo che non riescano a sfuggire. L'aver preventivamente contrassegnato le banconote o averne
annotato i numeri di serie risulta assai utile anche sotto il profilo del processo, quando, cioè, l'investigatore
è chiamato ad esibire le fonti di prova raccolte. Il momento dell'intervento conclude la fase operativa a
volte, però, l'investigatore ha bisogno di raccogliere ulteriori elementi per salire al livello superiore
dell'organizzazione criminale o solo per indentificarne anche gli altri associati. In tali casi, egli avrebbe
bisogno di documentare soltanto la scena del pagamento, riservandosi poi di catturare gli esattori potrà
farlo con un provvedimento del magistrato del pubblico di vero o, se c'è urgenza, con propria
determinazione, che dispone il ritardo dell'esecuzione dei provvedimenti che applicano una misura
cautelare e dell'arresto, del fermo, del sequestro.
L'usura.
L'usura e l'attività di chi presta denaro ad un tasso d'interesse eccessivo. Costituisce un delitto contro il
patrimonio commesso da chi si fa dare o promettere interessi o vantaggi sproporzionati come corrispettivo
di una determinata prestazione in danaro o altro bene mobile. Riguarda tutte le classi sociali e tutte le
categorie economiche. Da alcuni anni si registra anche il diretto impegno in questo campo della criminalità
organizzata. Il contesto delle dinamiche rendono particolarmente complesso il lavoro dell'investigatore.
Denunce ce ne sono poche. L'investigatore deve cercare la notizia di reato quasi sempre di propria iniziativa
per raccogliere informazioni di carattere generale sulle caratteristiche e sulla dimensione del fenomeno
dell'area territoriale in cui opera. Gli autori del reato appartengono in genere allo stesso contesto locale
delle vittime e, a volte, addirittura al medesimo settore economico merceologico. In alcuni casi può aversi
una stretta correlazione tra usura ed estorsione, la prima potendo derivare dall'esposizione debitoria creata
dalle pressanti ed esose pretese estorsive, mentre la seconda può costituire, in alcuni casi, la drammatica
evoluzione dell'altra. È importante che l'investigatore abbia idee chiare sulle figure dei protagonisti:
l'usuraio e la sua vittima. L'usuraio è spesso l'individuo singolo, ma può a volte identificarsi in un piccolo
gruppo. La vittima dell'usura è, invece, un soggetto che agisce per conto di se stesso e del proprio nucleo
familiare oppure un artigiano, un commerciante, un imprenditore in difficoltà o con velleità di ampliamento
dell'attività non sorretta dalle necessarie risorse finanziarie. L'esigenza di accedere al credito usurario
deriva dalla impossibilità di fornire adeguate garanzie alla banca o solo dalla consapevolezza della maggiore
velocità e semplicità di ottenere il prestito. L'investigatore dovrà favorire la denuncia in questa direzione gli
danno una mano la normativa vigente e gli attori, istituzionali e non, che operano in questo campo.
L'investigatore deve aiutare la vittima a spezzare la catena che lo tiene legato a chi lo strozza e può riuscirci,
assieme alle associazioni di categoria ed i consumatori, al volontariato, agli sportelli antiusura degli enti
locali, alle parrocchie, ai sindacati. Deve spiegare la vittima dell'usura che ha contratto il debito mentre
svolgeva un'attività economica, che oggi esiste un fondo di solidarietà in grado di elargirgli un sostanzioso
mutuo, senza interessi e pagabile in cinque anni, di entità commisurata agli interessi usurari pagati e
comunque al danno ricevuto, all'esclusivo scopo di reinserirlo nel circuito dell'economia legale. Un
intervento preventivo sarebbe ancor più efficace perché potrebbe evitare il circuito perverso bisognoprestitointeressi "capestro"-ulteriore debito-eccetera. Un apposito fondo mette a disposizione dei confidi
e delle fondazioni antiusura somme di denaro con le quali fornire alle banche garanzie sui prestiti richiesti
da soggetti in difficoltà. Il reato di usura e di difficile accertamento, sia perché non sempre l'usurato è in
grado di ricordare e raccontare dettagliatamente i termini del rapporto usurario, sia per la carenza di tracce
documentali dei flussi di danaro, sia perché è oggettivamente assai complicata la relazione che si instaura
tra usuraio e usurato. L'esperienza insegna che non sempre la verità coincide con la versione dei fatti
fornita dal denunciante. L'investigatore deve vagliare criticamente le vicende usurarie di cui venga a
conoscenza per analizzarne ogni aspetto ed arrivare alla verità che potrebbe essere ben altra rispetto a
quella prospettata dal usurato. La denuncia costituirà solo il punto di partenza. Gli strumenti classici
dell'investigazione, come nei casi di estorsione, potranno fornire le risposte più puntuali ai quesiti di chi
indaga.
La rapina.
La rapina è un classico reato predatorio, in cui la vittima, oltre alla privazione di un bene, subisce la violenza
che l'autore dispiega per l'ottenimento del suo ingiusto profitto. La rapina è un reato da specialisti. Il
rapinatore tende a reiterare determinate frequentazioni che portano alla costituzione di veri e propri
gruppi operativi, in gergo batterie. Non è infrequente, poi, che questi gruppi siano soliti muoversi sul
territorio nazionale per effettuare colpi in trasferta. Le rapine in villa rappresentano una sorta di evoluzione
della specie. Presentano modalità che richiamano quelle adottate in alcune tipologie di sequestro di
persona e generano un forte allarme sociale. Gli autori provengono in massima parte dall'est europeo e
non rispondono a strutture organizzate. Le rapine compiute da formazioni eversive si caratterizzano per la
meticolosità nella preparazione e nella esecuzione nonché per la presenza di donne, quasi mai riscontrabile
nella criminalità comune. L'attenzione con la quale i brigatisti sono soliti preparare le rapine risponde ad
esigenze di carattere ideologico e strategico.
Tecnica investigativa.
Le rapine presuppongono una fase preparatoria, nella quale verranno individuati gli obiettivi da colpire
nonché le modalità con le quali operare. Questa attività implicherà l'effettuazione di sopralluoghi ciò
comporterà una presenza sul territorio. Tutto questo rappresenta un indubbio vantaggio per
l'investigatore, il quale, potrà indirizzare correttamente da subito le investigazioni. Sarà necessario svolgere
le indagini cercando di evidenziare in maniera puntuale:
- La tecnica utilizzata: una particolare tecnica utilizzata per bloccare il furgone postale o il furgone
portavalori, un insolito stratagemma per introdursi in un istituto bancario, caratterizzano l'agire di
una batteria di rapinatori rispetto ad altre. Questo non significa che accettata la tecnica si arriverà
in maniera automatica all'individuazione dei colpevoli. Più precisamente, si comincerà a porre sotto
attenzione investigativa determinati soggetti piuttosto che altri. Soggetti che passeranno, poi, ad
ulteriori tagli nell'esame preventivo dei soggetti di interesse investigativo, una particolare
attenzione dovrà essere rivolta alla verifica dell'esistenza di un basista.
- L'acquisizione di informazioni sulle fasi della rapina: l'escussione delle vittime e dei testimoni
costituisce un passaggio fondamentale che, nonostante il trauma subito, le informazioni fornite
possono rivelarsi decisive. Si pensi all'informazione circa i dialetti o le lingue; oppure il ricordo di un
tatuaggio particolare. In questo ambito risultano particolarmente efficaci i sistemi di video
sorveglianza che offrono agli operatori della polizia scientifica l'occasione di effettuare
comparazioni antropometriche tali da non lasciare alcun dubbio alle corti o ai tribunali chiamati a
decidere.
- L'acquisizione di informazioni sulle fasi che hanno preceduto la rapina: le rapine comporteranno
che qualche partecipe della banda sia stato costretto a fare passaggi in zona. Questi passaggi
potrebbero essere rimasti nel ricordo di un passante, di un impiegato che potrebbe aver annotato
una targa o che comunque abbia ricordo di qualche particolare dell'improvvido osservatore.
Risulterà utile effettuare un accurato controllo dei luoghi che potrebbero essere stati interessati
dalla predetta attività d'inchiestativa, sia al fine di individuare una provvidenziale telecamera,
quanto un acuto testimone.
Il furto.
In Italia, i furti rappresentano circa il 60% della delittuosità in generale. Gli stessi studiosi della devianza
criminale hanno collocato per anni il furto all'interno di un contenitore definito microcriminalità. Ne è
conseguita, quindi, una limitata attenzione da parte dell'investigatore. In effetti, il furto e tra i reati più
odiosi, più invasivi della sfera privata: emotivamente e uno dei più distruttivi della serenità ed equilibrio di
ciascuno di noi; alimenta la percezione dell'insicurezza. L'indagine non può non avere un'anima, deve
entrare dentro fatti e protagonisti. L'investigatore deve mettere almeno un po' di cuore in quello che fa,
evitando di sottovalutare un'occasione dolorosamente favorevole per costruire un rapporto di fiducia con
la gente. Le più diffuse tipologie sono: i furti di abitazione, di autoveicoli, a bordo di autoveicoli, gli scippi, i
borseggi, i furti di opere d'arte, quelli dei caveau delle banche o in gioiellerie e i taccheggi. Fatta eccezione
per il taccheggio, i ladri spesso non fruiscono direttamente del bene rubato, ma lo cedono a terzi in cambio
di un profitto economico. Questo è un punto fermo di grande interesse per l'investigatore, che ha, quindi,
un'opportunità investigative più: quella di integrare le indagini sul reato-bassi, il furto, con investigazioni
mirate alla fase terminale dell'impresa criminosa, quella della ricettazione. Alcune semplici e preziose
attività si possono né si devono fare, come un corretto sopralluogo, che può evidenziare tracce dell'autore
del reato, o il monitoraggio degli strumenti deputati alla video sorveglianza nella misura in cui si è verificato
il furto, per accertare se una telecamera posizionata per altri fini possa aver ripreso immagini di un ladro,
così come deve essere tentata la ricerca di qualcuno in grado di riferire circostanze comunque utili
all'indagine. La corretta assunzione delle dichiarazioni del derubato. Generalmente, queste non sono
stimolate da domande esperte di chi indaga e finiscono con l'essere superficiali ed imprecise. Nella prassi,
l'accurata descrizione o addirittura la foto non vengono neanche richieste e, quando ciò avviene, succede
che il derubato risponde negativamente, rammaricandosi di non aver mai provveduto a fotografare il suo
piccolo tesoro di famiglia per conservarne traccia in caso di necessità. L'investigatore deve, allora, invitarlo
a cercare nelle normali foto-ricordo dei momenti della propria vita, perché in quelle compariranno, come
per incanto, i preziosi, che neppure si immagina di aver involontariamente fotografato quanto detto vale
per la generalità dei furti in abitazione o bordo delle auto, di furti o di borseggi, nonna anche per la
sottrazione di cose di particolare pregio, nel qual caso l'investigatore, dopo l'ordinaria fase di avvio
dell'indagine adotterà le particolari tecniche prenderà contatto con fonti informative in grado di conoscere
ciò che è di rilevante accade in un determinato ambiente, chi può aver commissionato il furto di un bene
certamente non destinato ad un mercato occasionale e che, perciò, può suscitare l'interesse di un
ricettatore qualsiasi. Analoga specializzazione nel settore è richiesta nel caso di furti in banche o in
gioiellerie. Agli strumenti e alle tecniche di indagine consueti, l'investigatore aggiungerà una particolare
attenzione al mondo degli specialisti, ciascuno dei quali ha un proprio modus operandi e, perciò, lascia
spesso la propria firma nei luoghi che visita. Gli scippi ed i borseggi costituiscono, poi, un particolare genere
di furto, che prevede un rapporto diretto, fisico, tra un autore e la vittima e perciò si prestano alla
utilizzazione da parte dell'investigatore dello strumento dell'individuazione, specialmente fotografica,
anche perché l'ambiente delinquenziale di provenienza, in questi casi, è generalmente ben noto agli
investigatori. I furti di auto sono compiuti per conto di grandi organizzazioni criminali, con contatti in diversi
paesi del mondo, che li commissionano e successivamente curano la fase di selezione mento della vettura e
quella immediatamente successiva dell'immissione di pezzi di ricambio in appositi circuiti, oppure
organizzano l'abrasione dei codici identificativi e l'esportazione all'estero delle autovetture intatte, che
saranno poi messi in vendita con documenti di circolazione contraffatti. Una citazione a parte merita il
taccheggio, il furto, cioè, di merci esposte in vendita soprattutto nei grandi magazzini o comunque in negozi
particolarmente affollati. La registrazione delle immagini video riprese a circuito chiuso con la puntuale
descrizione del ladro da parte di un testimone oculare del fatto possono fornire contributi determinanti al
lavoro dell'investigatore.
La truffa.
Per il nostro codice, la truffa è il reato commesso da chi si procura un profitto illecito a danno di altri,
avendoli indotti in errore con artifici o raggiri. L'investigatore dovrà cogliere nelle parole della vittima il
dettaglio che può portare all'identificazione dell'autore della truffa, ma anche i particolari dell'incontro
avuto con lui, che possono suggerire specifici punti di indagine e l'esatta dinamica dell'imbroglio, che può
richiamare il modus operandi di analoghe vicende nelle quali esistono già sospettati o inquisiti. Le tecniche
investigative sono quelle tradizionali è, oltre ad appurare l'identità del presunto truffatore tendono ad
accertare se effettivamente vi sia stata carpita la buona fede e, quindi, di truffa effettivamente si tratti. Chi
indaga, perciò, dovrà pazientemente ripercorrere le fasi della vicenda. Alcuni tipi di truffa meritano un
cenno a parte per la loro diffusione (ad esempio, le frodi con carte di credito, l'uso di carte di credito
clonati, i falsi artistici, la produzione e la diffusione di oggetti contraffatti e, le ormai diffusissime truffe via
Internet.).
Una notazione particolare merita il fenomeno della contraffazione di merci e di beni. Accanto alle indagini
ordinarie, l'investigatore dovrà ricorrere ad approfondite indagini tecnico-scientifiche per accertare la
contraffazione e di individuare elementi che possano essere utili a stabilirne la provenienza e l'identità degli
autori materiali del falso, oltre che di coloro che ne hanno curato la commercializzazione.
Il traffico e lo spaccio di stupefacenti.
Costituisce uno dei fenomeni di maggiore complessità e danno sociale. L'investigatore è però in grado oggi
di condurre indagini vincenti, anche grazie agli strumenti assai efficaci che la normativa gli ha fornito negli
ultimi anni, ma, per avere maggiori possibilità di raggiungere il suo obiettivo, deve sapersi orientare in un
contesto molto articolato.
A. Lo scenario mondiale. Il problema del traffico di stupefacenti si presenta sullo scenario
internazionale nella sua drammatica attualità. Le strategie dei cartelli della droga puntano
all'apertura di nuovi mercati in ogni area del pianeta. Recenti investigazioni di respiro
internazionale testimoniano la nascita di forme di cooperazione e mutua assistenza tra
organizzazioni criminali di paesi diversi e tra cartelli della droga e gruppi terroristici che
utilizzano il mercato degli stupefacenti per sovvenzionarsi.
B. Il fenomeno in Europa. I principali punti di ingresso nell'unione europea rimangono Spagna,
Paesi Bassi e Portogallo. L'andamento dei sequestri di cocaina indica che il traffico di questa
droga e il terzo al mondo, dopo quelli della marijuana e dell'hashish, mentre le maggiori
quantità sono state sequestrate in Europa occidentale. L'eroina che arriva in Europa risulta
prodotta prevalentemente in Afghanistan. Entra nel nostro continente attraverso due principali
rotte di traffico di cui, quella dei Balcani, storicamente la più importante, continua a svolgere
un ruolo cruciale. Anche la seconda rotta del traffico, quella nota con il nome "la via della seta",
costituisce un'importante accesso in Europa. La cannabis continua ad essere la droga più
largamente prodotta e smerciata al mondo. La maggior parte della droga consumata
nell'unione europea proviene dal Marocco e penetra nel continente europeo soprattutto
attraverso la penisola iberica e, in minor misura, dai Paesi Bassi. La marijuana sequestrate in
Europa proviene dall'Albania, dai Paesi Bassi, dagli Stati africani ed agli USA; la sua coltivazione
avviene soprattutto in paesi UE. Il maggior numero di sequestri si è avuto nel regno unito,
seguito da Spagna e Francia. L'Europa resta il principale centro di produzione dell'estasi,
sebbene sia in calo, mentre è in aumento in altre parti del mondo, in particolare nel Nord
America e in Asia orientale e sud orientale.
C. Il fenomeno in Italia. La cocaina rimane ancora la più utilizzata delle droghe; di contro, l'uso
dell'eroina sempre in calo. Il nostro paese si afferma sempre più come fosse consumatore di
hashish a e ciò si rivela anche dalla circostanza che il sequestro di oltre 23.187 kg di questa
sostanza rappresenta una variazione in aumento del 45%. In decisa controtendenza rispetto al
preoccupante segnale d'allarme contenuto nel rapporto Onu presentato nel settembre del
2003, in cui veniva indicato nelle droghe sintetiche il principale nemico, sembrerebbe il dato
relativo al consumo di tali droghe, che nel 2005, con un totale di poco oltre le 320.000 dosi
sequestrate, ha registrato un decremento pari al 15% rispetto al 2004.
La criminalità organizzata nel traffico di droga.
A. Generalità. Il traffico di droga è per sua stessa natura un reato carattere transnazionale, con
organizzazioni criminali di tipo mafioso che ne controllano la produzione, lo stoccaggio, la
spedizione, il transito e la distribuzione e che operano in aree spesso molto lontani tra loro. Nei
gruppi criminali si è manifestata la necessità di una maggiore flessibilità organizzativa.
B. Organizzazioni criminali italiane. L'impiego della criminalità organizzata italiana nel narcotraffico
presenta caratteristiche peculiari che possono riassumersi:
a. organizzazioni internamente rimodellate;
b. formazione di alleanze tra gruppi criminali tradizionalmente dediti a settori dell'illecito
diversi da quello degli stupefacenti;
c. cooperazione e mutua assistenza con organizzazioni criminali di altri paesi;
d. predominio assoluto della 'ndrangheta calabrese nel traffico di cocaina.
Le quattro organizzazioni di tipo mafioso presenti nel territorio nazionale hanno risentito degli
arresti di alcune delle figure di comando che ha favorito la crescita del nostro paese di gruppi
criminali a base etnica, che hanno progressivamente occupato spazi sempre maggiori.
Nello specifico:
_ cosa nostra. Per quanto riguarda il traffico di eroina e cocaina, essa ha perso il controllo del
mercato europeo che deteneva da anni e sul territorio nazionale è passata da una
condizione di monopolio posizioni di oligopolio o di "compartecipazione agli utili".
Dall'analisi delle attività istitutive degli ultimi tempi è emerso che:
o La mafia non è direttamente coinvolta nella gestione di grandi canali del
narcotraffico;
o il coinvolgimento geografico della Sicilia appare collegato principalmente
all'implementazione del mercato interno ed i soggetti che ne assumono la gestione
non sempre sono organicamente inseriti nelle principali famiglie mafiose che
controllano il territorio, delle quali hanno comunque l'avallo;
o la mafia partecipa alla gestione di flussi finanziari legati al narcotraffico.
_ La 'ndrangheta. Emerge oggi una posizione di netta supremazia della criminalità calabrese
nel traffico internazionale di cocaina. La 'ndrangheta ha potenziato la propria influenza sul
territorio nazionale, stabilendo solidi collegamenti funzionali con le omologhe
organizzazioni di matrice siciliana, campana è pugliese, e sul piano internazionale,
soprattutto attraverso consolidati contatti in Canada, Australia, Argentina, Spagna, Olanda,
Germania, Francia meridionale, ma anche con i narcos colombiani e con altri cartelli della
criminalità internazionale, con i quali lei ha forme associative temporanee, capaci di gestire
le fasi di approvvigionamento, di stoccaggio e di vendita dello stupefacente. Emerge,
inoltre:
o La tendenza delle organizzazioni criminali calabresi ad operare fuori dalla regione di
origine;
o un consumo di sostanze stupefacenti in Calabria inferiore alla media nazionale;
o una rilevante incidenza della coltivazione di piantagioni di cannabis;
o l'assolvimento di funzioni di brokeraggio;
o l'impiego di latitanti calabresi di spicco riparati in paesi esteri come terminali o basi
operative per le reti di traffico di cocaina;
_ la camorra. Quasi tutti i clan camorristici sono impegnati nel traffico di stupefacenti con i
propri canali. La creazione di questi autonomi rapporti di scambio anche permesso ai
camorristi di svolgere funzioni di intermediazione per il rifornimento dei mercati illeciti in
alcuni paesi del Nord Europa. Particolarmente importante è il loro ruolo nel traffico di
cocaina. Dall'analisi delle attività investigative emerge:
o il perdurare della conflittualità tra i diversi gruppi criminali che operano nel settore
della droga;
o La tendenza alla spartizione del mercato della droga con metodi cruenti da parte di
gruppi camorristici;
o anche se in maniera meno incisiva della 'ndrangheta, i clan della camorra risultano
in contatto ed in affari con importanti fornitori sudamericani e sono costantemente
alla ricerca di ulteriori contatti diretti con i cartelli del narcotraffico e con le loro
promanazioni in Europa;
o sono sempre più frequenti le saldature tra le compagini camorristiche e quelle
'ndranghetiste;
o la conferma della Campania rimane un importante mercato di consumo.
_ La sacra corona unita. Il traffico di droga dall'Albania, che per posizione geografica
costituisce un ponte di transito verso l'Italia, è gestito in collaborazione con le
organizzazioni criminali albanesi e del Kosovo. Dall'analisi delle attività investigative emerge
che:
o Le organizzazioni pugliesi sputano oggi il canale albanese prevalentemente per il
traffico di eroina, di marijuana e, in minor misura, di cocaina;
o Le organizzazioni criminali albanesi hanno acquisito il monopolio, pressoché
completo, delle importazioni di droga destinata ai sodalizi italiani.
C. Le organizzazioni criminali straniere:
a. albanesi. Sono fortemente partner di quelle italiane nel traffico di droga ed hanno strette
relazioni con altri gruppi criminali attivi lungo la rotta balcanica. Per l'elevata affidabilità
loro riconosciuta dai cartelli colombiani, si pongono oggi come testa di ponte per la
preparazione, lo stoccaggio e la diffusione della cocaina in Italia e nel resto d'Europa.
b. Colombiani. Hanno un ruolo importante nel contesto mondiale del traffico della cocaina e,
dopo lo smantellamento di cartelli tradizionali sono state costrette a modificare la propria
struttura organizzativa. Sono nati, così, nuovi gruppi, più piccoli, specializzati, più
parcellizzati e ciò ha cambiato ulteriormente il già difficile lavoro dell'investigatore. Usano
anche nuove modalità operandi, privilegiando la corruzione sulla violenza.
c. Africani. I trafficanti africani hanno allargato la loro attività da contrabbando della cannabis
e derivati importavano cocaina dal Sudamerica in Europa, Asia, Africa; eroina dal Pakistan e
dall'India in Africa e da lì est Europa. Sono oggi al livello della criminalità organizzata
italiana, colombiana o turca e sono riusciti a raggiungere paesi fino ad ora estranei a tali
esperienze, come il Paraguay e l'Australia o la Svezia e la Malesia e la Repubblica ceca.
Cercano di evitare conflitti.
d. Turchi. Per quanto riguarda le modalità di trasporto degli stupefacenti, al tradizionale
impiego di autoarticolati è stato aggiunto l'uso di autovetture piccoli furgoni, avviati sulla
strada dell'Europa continentale e dell'Italia a partire dai nuovi terminali della rotta
balcanica.
Tecniche investigative.
Nell'accingersi ad impostare un'indagine, l'investigatore deve tener conto del carattere transnazionale e
della complessità del fenomeno ed aprirsi ad una leale ed intensa cooperazione sia a livello internazionale
che nazionale. Una linea di contrasto più avanzata non potrà che passare attraverso l'armonizzazione delle
legislazioni penali in materia di lotta alla droga dei paesi dell'unione e la condivisione di tabelle comuni
delle sostanze vietate favorendo l'integrazione di quegli stati disponibili ad applicare con determinazione
misure di contrasto adeguate al fenomeno. Sul piano tecnico, l'investigatore si avvarrà degli strumenti di
indagine tipici del contrasto alla criminalità organizzata, con il duplice obiettivo di trovare fonti di prova del
traffico di droga e di dimostrare il vincolo associativo, o l'occasionale correità, tra i diversi protagonisti della
vicenda criminosa. Per anni, chi indaga si è trovato di fronte ad un evidente impedimento a ricostruire per
intero il mosaico investigativo, ostacolo paradossalmente impostogli dalla legge. Nello specifico, si era
tenuti ad eseguire l'arresto in flagranza di reato. L'indagine sul traffico di droga è, invece, per sua natura,
un'attività complessa, che richiede pazienza, tenacia, certosina raccolta delle tessere che andranno a
riempire emostatico. Certo, l'arresto di un corriere e del sequestro dello stupefacente nelle sue mani può
costituire la chiave di lettura di conversazioni intercettate e la prova che effettivamente di droga trattano
gli attori nei cui confronti l'indagine procede. È quindi una tappa investigative importante, ma deve restare
soltanto una tappa. Quando l'esecuzione di un provvedimento restrittivo rischia di compromettere lo
sviluppo delle indagini, l'investigatore può chiederne ed ottenere dal magistrato il differimento. Ad analoga
tecnica investigativa si ricorre per differire un sequestro di sostanza stupefacente: si parla, in questo caso,
di consegna controllata, per indicare la discreta attività di constatazione a distanza della consegna dello
stupefacente da un soggetto ad altro o comunque il riservato controllo degli stupefacenti dall'attività
criminosa da parte dell'investigatore, pronto ad intervenire in un momento più propizio. Altra importante
opportunità concessa all'investigatore dalla stessa normativa è quella di potersi muovere sotto copertura.
Egli interpreterà il ruolo di un acquirente e potrà procedere, in tale veste, ad un vero e proprio acquisto di
droga. Operativamente, l'acquisto non presenta particolari difficoltà, sostanziandosi in uno scambio reale di
droga con danaro, che l'investigatore provvederà a documentare anche, se possibile, con materiale video
filmato. Quel che invece è estremamente complicato è in prima, cioè la gestione delle fasi in cui l'agente
sotto copertura si accredita, o meglio viene accreditato, ai criminali. Non meno complessa è la fase del
dopo, quella cioè che segue il momento operativo degli arresti e dei sequestri è, spesso, dello svelamento
dell'effettiva identità dell'agente sotto copertura, per l'esigenza di tutelare il garante. Non sempre l'azione
di contrasto al grande traffico parte dall'investigazione sugli alti livelli della criminalità organizzata,
passando spesso, invece, per i gradini più bassi del mondo della droga e della tossicodipendenza. Il piccolo
spacciatore pur essendo una pedina insignificante nell'organigramma del gruppo criminale per conto del
quale lavora, è pur sempre un anello della catena che porta i grandi trafficanti. L'investigatore dovrà
muoversi a cavallo tra due opposte esigenze: quella di fronteggiare con quotidiane operazioni di controllo
del territorio la routine dello spaccio è quella di intervenire sullo spacciatore solo quando ciò consenta di
arrivare all'altro anello della catena. Come si vede, si tratta di strategie di polizia del tutto contrapposte. Egli
individuerà lo spacciatore e lo sottoporrà ad attenta osservazione. Quando lo stato dell'investigatore lo
renderà opportuno, l'investigatore potrà intervenire nella flagranza di reato. Procederà successivamente
alle perquisizioni nei posti che avrà localizzato in precedenza.
Il riciclaggio.
E il processo attraverso il quale viene dissimulata la provenienza dei fondi, con l'obiettivo di far sembrare
legali il denaro e i valori illecitamente ricevuti, introducendoli nel circuito economico regolare.
Tattiche di riciclaggio.
Assai numerose sono le tecniche: da quelle più tradizionali, come l'effettuazione di limitate operazioni
bancarie, postali o di compravendita, alla gestione di case da gioco, bische clandestine e casinò, al totonero,
all'utilizzo di corrieri per il trasporto di valuta contante, agli investimenti immobiliari, a quelle più
sofisticate connesse ad un utilizzo spregiudicato dei sistemi bancari e finanziari che consentono facili
trasferimenti a livello internazionale.
Le case da gioco sono un canale di riciclaggio di estremo interesse per le organizzazioni criminali in
considerazione del copioso flusso di denaro contante che transita per le casse dei casinò e della possibilità
di sostituire le banconote provenienti da attività illecite con banconote pulite queste possono essere
utilizzate in vari modi: attraverso l'acquisizione diretta ed il controllo delle stesse e delle strutture collegate;
mediante l'abusiva concessione di crediti ed altissimi tassi di interesse ai giocatori, con la possibilità di
recuperarli anche ricorrendo a metodi estorsivi; ricorrendo a giocate fittizie senza rischio attraverso le quali
poter cambiare il denaro sporco con fiches, da ricambiare alla fine con altro denaro contante, questa volta
pulito. A ciò si aggiunge il settore delle scommesse clandestine.
Un altro canale di riciclaggio è rappresentato dagli investimenti immobiliari, in oro, in pietre preziose e in
opera d'arte. Relativamente agli immobili, le strade utilizzabili dal riciclaggio sono due: quella dell'acquisto
di proprietà immobiliari è quella della costituzione di società per la costruzione e la successiva vendita di
immobili. Questo è un sistema quasi del tutto abbandonato.
Il circuito bancario offre numerose modalità: si può procedere all'apertura di un conto corrente su cui
vengono versate somme non superiori alla cifra di € 10.329,13. Da tale conto vengono effettuati prelievi o
di denaro contante, da consegnare alla persona nell'interesse della quale è stata effettuata l'operazione, o
mediante richiesta di rilascio di assegni circolari trasferibili. Si può anche ricorrere all'apertura di libretti di
risparmio al portatore. Altro strumento è costituito dalle operazioni di cambio della valuta italiana in valuta
estera. A tale riguardo l'esportazione di valuta consente di ripulire capitali a fronte di importazioni di beni e
servizi effettivamente ho fittiziamente effettuate, mentre si ha importazione di valuta, quando si
reimmettono sul mercato nazionale capitali di origine illecita già depositati o transitati nel sistema bancario
internazionale.
Si ricicla, anche, a mezzo del sistema assicurativo: frodi nei confronti delle compagnie assicurative.
Con la sovra-fatturazione è sotto-fatturazione, invece, si avranno operazioni economiche effettive, ma gli
importi saranno fissati dalle parti: in aumento per le importazioni e in diminuzione per le esportazioni.
Anche l'acquisto di azioni di società quotate in borsa è una forma di investimento che può facilmente
sfuggire ai controlli.
I titoli di Stato eliminano i rischi che la provenienza illecita dei capitali usati per l'investimento venga
individuata.
Si ricorre, poi, all'acquisto di esercizi commerciali investendo grosse somme nella ristrutturazione, e nella
consapevolezza che i proventi delle attività illecite consentono di non ricorrere al prestito bancario è
svincolato dalla effettiva economicità dell'attività svolta. Stesso discorso per gli investimenti nel settore
produttivo.
Per quanto riguarda le frodi comunitarie, si annoverano: l'evasione dell'Iva, false dichiarazioni di origine
della merce, contrabbando di carne e sigarette, frodi nelle classificazioni doganali per godere di una minore
aliquota di tassa doganale. Sul versante internazionale una tecnica classica di riciclaggio è costituita dal
trasporto di valuta contante a mezzo di corrieri. Agli inconvenienti si ovvia con le spedizioni per posta
utilizzando una casella postale o il fermoposta, in modo da evitare l'indicazione del mittente e
l'identificazione del destinatario. I riciclatori si avvalgono, altresì, di agenzia di viaggi.
Da tenere in considerazione anche le operazioni fittizie con l'estero; in tale ambito, vale la pena ricordare le
compensazioni, che consentono di trasferire capitali all'estero, evitando la materiale movimentazione di
fondi.
Gli investimenti in titoli all'estero.
Esiste, inoltre, un sistema detto "banca sotterranea".
Il contrasto al riciclaggio nel contesto internazionale.
Parallelamente alla agguerrita e pericolosa infiltrazione criminale del tessuto economico-finanziario, i
sistemi legislativi nazionali e internazionali hanno dotato una serie di contromisure. A partire dai primi anni
80 sono stati realizzati i primi accordi internazionali in materia:
convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, firmata a
Vienna nel dicembre del 1988 e ratificata da oltre 100 Stati. Questo accordo fissa sostanzialmente lo
standard minimo di condotta che i membri della comunità internazionale devono far proprio per
combattere il riciclaggio e costituisce in assoluto il primo trattato che impone ai suoi firmatari di adottare
misure per combattere il traffico di droga e, per l'appunto, il riciclaggio.
Convenzione del consiglio d'Europa relativa al riciclaggio, al depistaggio, al sequestro e alla confisca dei
proventi delittuosi, firmata a Strasburgo l'8 novembre del 1990. "Il riciclaggio di denaro è l'essenza della
criminalità organizzata. Esso deve essere combattuto alla radice ogni qualvolta si verifica". In questo stesso
ambito, dal 1989, opera una task force finanziaria con l'incarico di "valutare i risultati della cooperazione già
avviata per prevenire l'utilizzazione del sistema bancario e delle istituzioni finanziarie ai fini di riciclaggio di
denaro sporco e considerare sforzi di natura preventiva supplementari in questo campo, ivi compresa la
modifica di norme statutarie e regolamentari allo scopo di migliorare l'assistenza giudiziaria multilaterale.
Tale organo è conosciuto per le 40 raccomandazioni diventate un caposaldo del corpo normativo
internazionale contro il riciclaggio ed un irrinunciabile punto di riferimento delle legislazioni nazionali.
Il contrasto al riciclaggio nel contesto interno.
Con la legge del 19 marzo del 1990 "chiunque sostituisce denaro, beni o altre utilità provenienti dai delitti
di rapina aggravata, di estorsione aggravata, di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti
concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, con altro denaro, altri beni o
altre utilità, nonché si ostacola l'identificazione della loro provenienza dai delitti suddetti, è punito con la
reclusione da quattro a 12 anni e con la multa da due a 30 milioni di lire.". Ulteriore modifica arrivò con la
legge del 9 agosto 1993, numero 328, la quale allargò il novero dei reati presupposto a tutte le condotte
delittuose non colpose. La legge ha, inoltre, imposto agli intermediari l'obbligo di segnalare le operazioni
sospette:
- operazioni per le quali il soggetto non appare in possesso di un profilo economico adeguato;
- assenza o insufficienza delle motivazioni alla base delle operazioni;
- ricorso all'utilizzo del contante nello svolgimento delle attività di imprese e società;
- frazionamento delle operazioni ed evidente ricorso a prestanome;
- giri di fondi tra più banche;
- operatività dei soggetti a carico dei quali risultano agli stessi segnalanti l'esistenza di procedimenti
giudiziari.
Sono attualmente tenuti all'identificazione:
- banche;
- poste italiane S.p.A.;
- istituti di moneta elettronica;
- società di gestione del risparmio;
- imprese di assicurazione;
- società di investimento a capitale variabile;
- agenti di cambio;
- società fiduciarie;
- società che svolgono il servizio di riscossione dei tributi;
- intermediari finanziari iscritti negli elenchi speciali previsti dagli articoli 106 e 107 del testo unico
bancario;
- soggetti operanti nel settore finanziario iscritti nelle sezioni dell'elenco generale previsto dagli
articoli 113 e 155 del testo unico bancario;
- società di revisione;
- soggetti che esercitano, ai sensi dell'articolo uno, comma uno, del decreto legislativo del 25
settembre 1999, numero 374, le attività ivi indicate;
- succursali italiane dei soggetti indicati in precedenza;
- soggetti iscritti nell'albo dei ragionieri e dei periti commerciali;
- notai e avvocati.
Sulla base del secondo comma sono posti all'obbligo di segnalazione delle operazioni sospette:
- gli stessi soggetti di cui al primo comma, sopra menzionati;
- Le società di gestione accentrata strumenti finanziari;
- Le società di gestione dei mercati regolamentati strumenti finanziari e ai soggetti che gestiscono
strutture per la negoziazione di strumenti finanziari e di fondi interbancari;
- Le società di gestione dei servizi di liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari;
- Le società di gestione dei sistemi di compensazione e garanzia delle operazioni in strumenti
finanziari;
- gli uffici della pubblica amministrazione.
Le operazioni sospette devono essere segnalate all'ufficio italiano cambi. Sotto l'aspetto preventivo, va
considerata anche la legge del 12 agosto 1993, numero 310, che tende a prevenire ogni possibile forma di
utilizzazione strumentale dei circuiti finanziari ed economici per finalità illecite, prevedendo maggiori
obblighi di comunicazione per i locali in ordine ai trasferimenti di quote e di composizione della base sociale
delle società di capitali e ai trasferimenti di terreni o di esercizi commerciali.
L'articolo 321 del codice di procedura penale conferisce al giudice la facoltà di disporre il sequestro delle
cose pertinenti il reato.
Nel nostro ordinamento giuridico, e inoltre vigente l'istituto della confisca internazionale. Parallelamente,
l'articolo 737-bis del codice di procedura penale, che prevede, in presenza di accordi internazionali, che il
ministro della giustizia dia corso alla richiesta di procedere ad indagini su beni che possano divenire oggetto
di una successiva richiesta di confisca, ovvero di procedere al loro sequestro.
La tecnica investigativa
gli accertamenti in materia sono ancora caratterizzati da enormi difficoltà circa la puntuale riferibilità dei
flussi finanziari ad attività delittuose. L'investigatore non si deve scoraggiare e forte degli innumerevoli
strumenti normativi di neve, anch'egli, affinare le tecniche di contrasto. Il riciclaggio, per quanto sofisticato
possa essere, è sempre un'attività umana che, come tale, non può non lasciare traccia si tratterà di
individuarle, utilizzando le tecniche più sofisticate, come le intercettazioni ambientali o telematiche o i più
antichi armamentari del poliziotto da strada. L'investigatore da sfondo alle sue conoscenze professionali
specialisti e alla sua paziente determinazione per sublimare ogni elemento raccolto e da questo ricostruire,
pezzo dopo pezzo, il mosaico della verità. L'esperienza investigativa maturata nel tempo consentito di
evidenziare come, proprio le indagini di un certo rilievo, hanno anche determinato l'immediato mutamento
della condotta criminosa, spingendo le organizzazioni criminali a trovare sempre nuove soluzioni per il
proseguimento dei propri scopi illeciti. La grande varietà di forme richiede l'utilizzo di svariate metodologie
investigative:
a. ordinarie tecniche investigative: intercettazioni delle conversazioni tra presenti e telefoniche,
riprese filmate, pedinamenti, perquisizioni, testimonianze. L'analisi complessiva porta a ricomporre
l'intero quadro operativo;
b. analisi comparata della situazione finanziaria delle aziende e delle persone coinvolte, attraverso
accertamenti bancari e analisi dei bilanci aziendali mediante gli indicatori gestionali;
c. azione di infiltrazione.
La violenza sessuale.
Violenti, sono definiti dalla legge tutti gli atti sessuali compiuti su una persona contro la sua volontà, o in
assenza di capacità di esprimere volontà. La violenza è associata, il più delle volte, ai concetti di forza e di
potere negli ambienti culturali di provenienza dell'autore del crimine. Il violentatore è, pertanto, una
persona che ha problemi irrisolti: frustrazione, bisogno di affermazione della propria forza, desiderio di
vendetta da presunti torti subiti, esigenza compulsiva di annientare la vittima. Non esiste un profilo
psicologico unico che spieghi perché le persone violentano. Alcuni studi classificano il violentatore secondo
la motivazione: il compensatore, lo sfruttatore, il rabbioso, il sadico. Queste tipologie aiutano però il
criminologo, che cataloga i comportamenti criminali, non certo l'investigatore. Da una rilevazione Istat del
2002 su un campione di 60.000 famiglie sono risultati significativi mutamenti di atteggiamento iniziale
relazionale da parte della vittima dello stupro: il 48,9% è diventata più diffidente e 30, l'8,6% ha difficoltà ad
instaurare relazioni, l'8,1% e più aggressiva. Queste cose l'investigatore deve saperle e tenerle presenti se
vuol cogliere la portata reale è la dirompensa del fatto criminoso di cui è chiamato ad occuparsi. Le
tecniche investigative tradizionali e gli strumenti ordinari di indagini ed hanno sempre ottimismo per
quanto riguarda invece gli abusi sessuali sui minori, le difficoltà stanno nella capacità di stabilire un dialogo
sereno e costruttivo con le cosiddette vittime vulnerabili. Particolarmente delicata e la fase dell'ascolto
della vittima. Chi indaga lascerà che la narrazione si sviluppi senza interruzioni, è solo successivamente,
passerà alle domande dirette. Deve considerare il contributo raccolto quanto -1 spunto investigativo. Un
ruolo decisivo svolto dalla sensibilità e della delicatezza di chi opera.
I crimini informatici
Le principali tipologie di crimini on-line sono:
- La frode informatica
- Il phishing
- utilizzo illecito del codice di carte rubate/smarrite
- utilizzo di codici creati dai programmi reperiti in Internet
- dialer (dell'azione penale, quando si verifica un accesso abusivo; violazione amministrativa, quando
il dialer viene installato con procedura visibile all'utente)
- catene di Sant'Antonio realizzate su Internet
- casinò on-line
- prostituzione on-line
- pedo pornografia on-line
La riferibilità del fatto illecito al territorio dello Stato.
per sua natura, la transazione online sfugge ai rigidi riferimenti geografici secondo l'articolo sei del codice
penale, il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l'azione o l'omissione, che lo
costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l'evento che è la conseguenza
dell'azione od omissione.
L'attività di investigazione informatica
strumenti e metodologie sono:
1. raccolta degli indizi sulla rete Internet. L'indagine informatica ha origine al verificarsi di una delle
sottoindicate situazioni:
a. denuncia querela dall'appartenenza l'iniziativa del cittadino costituisce il principale motivo
di avvio dell'attività di indagine di tipo informatico. La partenza è infatti la prima ad
accorgersi del reato perpetrato nei suoi confronti ed è essa stessa che, informando la
polizia giudiziaria dell'accaduto, manifesta la propria volontà di procedere contro gli autori
del fatto.
b. Indagine avviata su iniziativa della polizia giudiziaria. Nell'attività di monitoraggio della rete
possono emergere indizi di reato a carico di utenti che postano messaggi dal contenuto
minatorio o diffamatorio. Ciò costituirà un indizio che induce a ritenere probabile la
violazione del sistema informatico. Occorrerà risalire all'IP. Se il nostro investigatore
dovesse avere la necessità di tracciare una comunicazione ritenuta di interesse, allo scopo
di individuare il computer sorgente, dovrebbe risalire dall'IP al provider e
conseguentemente alla macchina-utente. Questo però attiene all'utilizzo corretto della
rete, da parte di chi non ha nulla da temere, ma gli utenti con i quali si deve confrontare il
nostro investigatore tendono sempre a rendersi invisibili o comunque non riconoscibili. Un
esempio di questo comportamento è offerto dal fenomeno delle e-mail inviate nell'ambito
dello schema del cosiddetto phishing. In queste evenienze, al fine di individuare il IP della
reale macchina mittente la ricerca dell'investigatore sarà finalizzata al recupero ed
all'analisi dell'intestazione del messaggio, dove saranno rilevabili diversi IP corrispondenti
alle diverse macchine attraversate dal messaggio. Tali informazioni sono considerate dalla
maggioranza degli utenti del tutto irrilevanti e quindi nemmeno visualizzate le informazioni
in argomento corredano sempre un messaggio di posta elettronica ma possono essere rese
visibili solo con l'adeguata configurazione dell'interfaccia utilizzata per fruire del servizio di
posta elettronica. Nell'ipotesi in cui l'investigatore si trovi di fronte ad un illecita intrusione
in un sistema informatico è seguito on-line della possibilità di risalire all'autore IP e
agevolata dall'acquisizione di alcune informazioni degli amministratori del sistema o
comunque da irresponsabili informatici. Va in proposito rilevato che la collaborazione tra i
soggetti risulta di vitale importanza per il buon esito delle indagini poiché essi sono coloro
che meglio di chiunque altro conoscono la tipologia di macchina. L'investigatore dovrà
acquisire dal suddetto personale:
i. copia dei file di log relativi agli accessi abusivi.
ii. Informazioni attinenti il "settaggio" degli orologi della macchina attaccata ed il
relativo fuso orario utilizzato.
iii. Stampa dei file dai quali possano evincersi le condotte realizzate dall'invasore.
iv. Elenco dei danni arrecati ai file e dai programmi installati nella macchina.
Successivamente il provider in questione chi potrà indicare l'utilizzatore di quel IP in quello specifico
momento temporale. Il provider sarà in grado di fornire elementi utili a localizzare la postazione
informatica che si è collegata alla rete Internet tramite la propria infrastruttura di comunicazione
con automatica assegnazione di IP. Tali informazioni potranno variare dai dati anagrafici della
sottoscrizione del contratto. Individuata la postazione informatica utilizzata per il collegamento,
l'investigatore dovrà identificarne il reale utilizzatore al fine di dare applicazione alla legge penale
che per definizione prevede sempre una responsabilità personale. A tal fine risulterà utile valutare
le informazioni in possesso in termini di tipologia di reato investigativo e dei soggetti che
potenzialmente possono avere avuto accesso al terminale. Elementi aggiuntivi sono spesso
recuperati attraverso un nickname e dati di autenticazione acquisiti tramite gli accertamenti
effettuati presso gli Internet Service Provider. L'individuazione del utilizzatore del mezzo
informatico può rappresentare il preludio della conclusione della prima fase investigativa, da
realizzarsi con l'esecuzione di un provvedimento di perquisizione e sequestro.
2. I mezzi di ricerca della prova informatica
con riferimento alla perquisizione ed al sequestro nello specifico settore, una doverosa digressione,
in quanto spesso non correttamente seguita è fonte di gravi pregiudizi per l'intera investigazione.
La perquisizione è un atto di investigazione diretta con la quale si dà corso alla ricerca del corpo del
reato o di cose pertinenti il reato. L'esecuzione di un'operazione del genere in tema di crimini
informatici richiede una pianificazione accurata. L'individuazione dei supporti utili al proseguimento
delle indagini è cruciale in questa fase dell'investigazione, poiché la volubilità del dato informatico
rende quasi impossibile una seconda possibilità. La tradizionale forma di intervento prevede il
congelamento della scena in cui si interviene. La presenza di un computer acceso rilevato l'inizio
delle attività di perquisizione, richiederà sempre la preventiva verifica dei processi informatici in
atto prima di procedere ad un suo spegnimento. Ciò impedirà al sistema operativo, in fase di
spegnimento, di eliminare dati di sistema temporaneo che potrebbero risultare poi utili. Gli
operatori, per preservare la genuinità dei dati raccolti per la successiva fase dibattimentale,
avranno cura di documentare le operazioni effettuate con strumenti di video ripresa possibilmente
alla presenza dell'indagato, così da ridurre al minimo le contestazioni relative a possibili
manipolazioni dei reperti. Le cautele indicate sono finalizzate a preservare le fonti di prova per la
fase dibattimentale, ma è evidente che l'operatore potrà derogare tali protocolli di intervento.
Capitolo quinto
indagini all'estero
Le investigazioni e la cooperazione internazionale di polizia.
I mezzi di comunicazione si sono sviluppati hanno avvicinato i popoli. Tutto corre e si correla, anche il
crimine. Le organizzazioni criminali hanno assunto le dimensioni di perniciose multinazionali è il network
del terrore ha pervaso l'intero pianeta. Quali poteri e quali strumenti normativi ed operativi a
l'investigatore per rendere la sua azione incisiva ed efficace anche all'estero?
Nonostante gli innumerevoli sforzi di investigazione non si riproduce meccanicamente ad ogni longitudine,
perché diverse sono le culture giuridiche e sociali. L'investigatore ha imparato ad usare gli strumenti che il
suo ordinamento li mette a disposizione. In tale contesto ha sviluppato tecniche ed "armamentari" che lo
rendono padrone della scena. Varcati i confini del proprio stato, tutto diventa più complicato;
l'investigatore deve necessariamente confrontarsi con le norme li applicate. Non è infrequente, poi,
dell'investigatore rimanga disorientato dal differente peso degli indizi hanno in giudizio o dal dissimile
livello che gli stessi, nelle fasi preliminari, debbano avere perché sia possibile per il magistrato autorizzare,
ad esempio, un'intercettazione o una perquisizione. L'investigatore, al di fuori dei confini nazionali, deve
avvalersi di una serie di strutture e di procedure che accordi, trattati convenzioni internazionali, li mettono
a disposizione.
La cooperazione di polizia.
In Italia, dal settembre del 2001, opera il servizio per la cooperazione internazionale di polizia (SCIP), che
comprende gli uffici nazionali di Interpol, Europol, e sirene. Il servizio indirizza, cura e agevola lo scambio
informativo e operativo in materia di cooperazione internazionale di polizia, fornendo qualificata
consulenza per la negazione di accordi internazionali.
Interpol
l'organizzazione internazionale di polizia criminale ha assunto, nel 1956, la denominazione e la struttura
attuale. L'Interpol rappresenta oggi il principale strumento di cooperazione tra 186 i paesi aderenti.
L'organizzazione è amministrata in via permanente da una struttura denominata segretariato generale
avente sede a Lione. La struttura centrale e supportata da uffici posti nei paesi aderenti collegati tra loro da
una rete telematica dedicata. Compiti istituzionali di Interpol sono:
- assicurare sviluppare l'assistenza reciproca tra le autorità di polizia nel quadro delle leggi esistenti
nei diversi paesi e nello spirito della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
- costituire e sviluppare ogni tipo di organismo capace di contribuire efficacemente alla prevenzione
e alla repressione dei reati.
L'attività di Interpol ha, però, un limite invalicabile, l'impossibilità, cioè, di trattare atti o interventi che
abbiano un profilo politico, militare, religioso o razziale. Due sono i principi che informano l'attività di
Interpol: il principio della sovranità nazionale, il principio del diritto comune. In tale ambito, l'Interpol
provvede a circuitare informazioni di polizia afferenti ai reati di diritto comune, ad agevolare
l'investigazione e la prevenzione di tali reati, ad individuare i cadaveri non identificati, a ricercare minori e
persone scomparse. Provvede, altresì, alla assistenza in materia di estradizioni attive e passive, di rogatorie
internazionali, di ricerca di catturandi e di lotta al terrorismo internazionale. In tale ottica, dal settembre del
2002, opera al suo interno la Fusion task force i cui obiettivi sono: individuare i gruppi terroristici ed i loro
membri, sollecitare, raccogliere e condividere le informazioni e l'intelligence in materia, fornire adeguate
analisi del fenomeno, accrescere la capacità dei paesi membri a contrastare la minaccia del terrorismo e del
crimine organizzato.
Europol
realizza il massimo della cooperazione possibile nei seguenti settori
- prevenzione e lotta al terrorismo
- traffico illecito di stupefacenti
- tratta di esseri umani
- reti di immigrazione clandestina
- traffico illecito di materie radioattive e nucleari
- traffico illecito di autoveicoli
- lotta contro la falsificazione dell'euro, di monete e di altre forme di pagamento
- riciclaggio dei proventi di attività criminali internazionali (agevola lo scambio di informazioni fra gli
Stati membri; raccoglie ed analizza le informazioni alle segnalazioni, fornendo analisi operative;
comunica ai servizi competenti degli Stati membri le informazioni che li riguardano e informa
immediatamente dei collegamenti constatati fra fatti delittuosi; facilita le indagini degli Stati
membri; gestisce raccolte informatizzata di informazioni.)
Sirene
La convenzione di Schengen ha istituito il sistema di informazione Schengen (SIS) ed ha elencato
tassativamente i dati da inserire di. In forza di detto sistema è possibile non consentire l'ingresso di persone
indesiderate. Il circuito Schengen è anche un ottimo veicolo informativo, potendosi realizzare uno scambio
di informazioni su richiesta o di iniziativa, purché ciò avvenga nel rispetto delle legislazioni nazionali. In
forza della convenzione è possibile effettuare l'osservazione transfrontaliera e l'inseguimento oltre
frontiera. A fronte di detto sistema informativo, ogni paese si è dotato di un ufficio che potremmo definire
di relazione integrata, denominato non a caso Supplementary information request at the national entries
(SIRENE).
La cooperazione in materia di terrorismo
numerose sono le strutture, i fora, europei e mondiali, in cui si analizza il fenomeno, si decidono le strategie
di contrasto e nei quali il contributo degli investigatori deve essere considerato centrale.
I circuiti informativi dedicati – il PWGOT
Il Police Working Group on Terrorism è un'alleanza tra i reparti speciali europei o agenzie similari di polizia
che hanno nello specifico settore una responsabilità esecutiva all'interno dei loro paesi . Si compone dei
paesi dell'unione europea più la Norvegia e la Svizzera e le delegazioni che lo compongono sono solite
riunirsi ogni sei mesi, presso ognuno dei paesi membri a rotazione. Finalità della cooperazione:
- sviluppare le relazioni sul piano informativo è quello investigativo tra i competenti servizi
specializzati di polizia;
- divulgare l'intelligenza tra gli uffici antiterrorismo nazionali;
- mantenere un rapido e sicuro meccanismo di scambio delle informazioni mediante quotidiani
contatti tra i membri del gruppo;
- creare una rete di punti di contatto nazionali attivabili con procedura di urgenza in presenza di
situazioni di crisi internazionali o in via ordinaria per lo scambio delle informazioni sul piano
infoinvestigativo.
Il valore aggiunto di questo organismo costituito dall'assoluta concretezza e speditezza nelle relazioni.
La lotta al finanziamento del terrorismo
il gruppo di azione finanziaria contro il riciclaggio di capitali è un organismo intergovernativo con il compito
di concepire promuovere strategie che rendono possibile la prevenzione, la scoperta della repressione del
riciclaggio di capitali mediante l'adozione di appropriate misure da parte di tutti i paesi aderenti. Ne fanno
parte 28 governi che rappresentano i centri finanziari più importanti dell'Europa, dell'Asia, e dell'America
del Nord nonchè la commissione europea ed il consiglio di cooperazione del Golfo Persico.
L'attività delle Nazioni Unite in materia
il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dall'ottobre del 1999, ha emanato una serie di risoluzione di
condanna del terrorismo di matrice fondamentalista. Lo stesso consiglio ha poi adottato una nuova
risoluzione con la quale volto ad estendere per altri 12 mesi le sanzioni di precedenti risoluzioni ha ribadito
la necessità dell'adozione di specifiche misure di embargo sulle armi, sull'assistenza militare e in tema di
concessione di visti è stato introdotto l'obbligo per tutti gli Stati membri di impedire l'ingresso di transito
nei propri territori di quei soggetti. Di estremo interesse poi è la risoluzione 1373 del 28 settembre 2001, in
cui si chiede agli Stati membri l'adozione di misure legislative volte ad impedire e reprimere la
consumazione di atti terroristici con il rafforzamento della cooperazione internazionale, l'intensificazione
dei controlli transfrontalieri, l'adeguamento della legislazione penale nazionale e il congelamento di beni di
altre utilità facenti capo sia alle persone fisiche che quelle giuridiche sospettate di terrorismo o di svolgere
attività di supporto allo stesso.
La legislazione nazionale.
In Italia è stato istituito il comitato di sicurezza finanziaria la cui missione è la protezione del sistema
finanziario nazionale da possibili infiltrazioni da parte di soggetti o gruppi terroristici internazionali che
tentino di finanziare le loro attività criminali, ovvero svolgano attività transattive illecite, si avvale di poteri
speciali per acquisire informazioni in possesso della pubblica amministrazione, anche in deroga al segreto
d'ufficio. Per tali scopi il comitato ha attivato canali di comunicazione con l'autorità giudiziaria ed in
particolare con le procure della Repubblica. La legge 155 del 2005 attribuito al presidente del consiglio di
sicurezza finanziaria il potere di segnalare al procuratore della Repubblica competente per l'applicazione
delle misure di prevenzione patrimoniali i fondi alle risorse economiche, appartenenti a soggetti
relativamente ai quali siano stati raccolti elementi sufficienti a formulare una proposta per l'iscrizione nella
lista ONU ex risoluzione 1267, quando vi sia il rischio che tali risorse economiche possono essere occultate
o utilizzate per il finanziamento di attività terroristiche.
La cooperazione in materia di criminalità organizzata.
In Italia il referente nazionale di Europol e la direzione investigativa antimafia all'interno della quale opera
un apposito reparto, il quale ai fini investigativi promuove e sviluppa, anche attraverso la predisposizione di
intese bilaterali e multilaterali, i collegamenti con gli organismi omologhi degli altri paesi per contrastare
adeguatamente i fenomeni di criminalità organizzata, spesso interconnessi nel contesto internazionale. È
costituito da due divisioni che pianificano l'impiego del personale in relazione a specifiche investigazioni
aventi proiezioni internazionali. Le attività di scambio riguardano le principali agenzie investigative degli
Stati membri dell'unione europea, nonché le polizie dei paesi appartenenti ad altre aree continentali
(America, Asia, Africa e Oceania).
La cooperazione antidroga.
Ruolo decisivo in tale contesto è esercitato dalla direzione centrale dei servizi antidroga che è chiamata a
mantenere e sviluppare i rapporti con i corrispondenti servizi delle polizie estere, nonché a curare rapporti
con gli organismi interessati alla cooperazione nelle attività di polizia antidroga. Un ruolo determinante nei
rapporti di collaborazione con gli altri paesi viene giocato, nello specifico settore, dagli esperti antidroga. La
DCSA, infatti, ha la possibilità di destinare presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari,
propri dipendenti i quali sono chiamati a svolgere attività di studio, osservazione, consulenza informazione
in vista della promozione della cooperazione contro il traffico di droga.
La cooperazione penale-il reato transnazionale
La legge del 16 marzo 2006 numero 146 definisce quale reato transnazionale il reato punito con la pena
della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale
organizzato, nonché:
- sia come esempio di uno Stato;
- sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione,
direzione o controllo avvenga in un altro Stato;
- sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in
attività criminali in più di uno Stato;
- sia commesso in uno Stato, ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato;
Gli strumenti della cooperazione
estradizione
l'estradizione è lo strumento per il quale gli Stati si riconoscono reciprocamente il diritto di perseguire i rei
al di fuori dei propri confini, evitando, in tal modo, che si realizzino perniciose zone franche che escludano
la pretesa punitiva di ogni singolo Stato. L'estradizione si distingue in attiva e passiva a seconda che uno
Stato la pretenda o la conceda, ed è improntata ai seguenti principi:
- principio del ne bis in idem: l'estradizione non sarà consentita quando l'individuo reclamato è stato
definitivamente giudicato dalle autorità competenti dalla parte richiesta per i fatti che motivano la
domanda. Essa potrà essere rifiutata se le autorità competenti dalla parte richiesta hanno deciso di
non aprire un procedimento penale o di chiuderne uno già avviato per gli stessi fatti;
- principio di specialità: l'individuo che sarà stato consegnato non sarà né perseguito né giudicato né
detenuto in vista dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza nel sottoposto ad altre
restrizioni della sua libertà personale per un fatto qualsiasi anteriore alla consegna che non sia
quello avente motivo l'estradizione;
- principio della doppia incriminabilità: danno luogo all'estradizione i fatti che le leggi della parte
richiedente e dalla parte richiesta puniscono con una penna o con una misura di sicurezza privativa
della libertà;
- principio della cortesia internazionale a condizione di reciprocità, per il quale sarà possibile
comunque richiedere l'estradizione di un ricercato, impegnandosi a fare altrettanto in caso
analogo, qualora l'esigenza si dovesse ripresentare in futuro, a parti invertite.
Arresto provvisorio
l'arresto provvisorio fini estradizionali consente di porre il ricercato in campo internazionale nella
condizione di non far perdere ulteriormente le proprie tracce. Modalità:
1. in caso di urgenza le autorità competenti della parte richiedente potranno domandare l'arresto
provvisorio;
2. la domanda di arresto provvisorio indicherà l'esistenza di una condanna o di un mandato d'arresto
o di qualsiasi altro atto avente la stessa forza e manifesterà l'intenzione di inviare una domanda di
estradizione;
3. la domanda di arresto provvisorio sarà trasmessa alle autorità competenti dalla parte richiesta sia
per via diplomatica, sia direttamente per posta o telegrafo, sia attraverso l'organizzazione
internazionale di polizia criminale.
4. L'arresto provvisorio potrà cessare, se, entro 18 giorni dall'arresto, la parte richiesta non dispone
della domanda di estradizione e degli atti espressamente richiesti dalla convenzione;
5. la liberazione provvisoria non impedisce un nuovo arresto nell'estradizione, se la domanda di
estradizione per viene ulteriormente.
Mandato d'arresto europeo
deve intendersi per mandato d'arresto europeo ogni decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in
vista dell'arresto o della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai figli:
· dell'esercizio di un'azione penale
· dell'esecuzione di una pena
· di una misura di sicurezza privativa della libertà
può essere emesso in caso di:
· condanna con sentenza definitiva ad una pena detentiva o ad una misura di sicurezza privativa della
libertà di durata non inferiore a quattro mesi;
· reati puniti con una pena detentiva o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata
massima non inferiore a 12 mesi.
Ciascuno Stato membro non dà esecuzione ad un mandato di arresto europeo allorquando:
· è già stata pronunciata una sentenza definitiva da un altro Stato membro per lo stesso reato contro
la stessa persona;
· il reato è amnistiato nello Stato membro dell'esecuzione;
· la persona interessata non può essere considerata responsabile dallo stato membro di esecuzione a
causa dell'età.
Rogatoria.
Tipico strumento processuale, la rogatoria consiste nell'istanza che una autorità giudiziaria di un paese
rivolge ad un'altra, allorquando la prima debba svolgere atti in un altro paese. Le rogatorie sono disciplinate
dal codice di procedura penale, ma soltanto in mancanza o a completamento delle norme internazionali
generali e di quelle specifiche derivanti da accordi interstatali esecutivi in Italia, a partire dalla convenzione
europea di assistenza giudiziaria firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959. Le rogatorie provenienti dall'estero
prendono il nome di passive, mentre quelle inoltrate all'estero prendono il nome di attive.
Gli strumenti operativi
A. osservazione transfrontaliera
consente agli agenti di una delle parti contraenti i quali tengono sotto osservazione nel loro paese
una persona che si presume abbia partecipato alla commissione di un reato che può dar luogo ad
estradizione, di continuare questa osservazione nel territorio di un'altra parte contraente se
quest'ultima ha autorizzato l'osservazione transfrontaliera in base ad una domanda di assistenza
giudiziaria preventivamente presentata. Riguarda i seguenti reati:
· assassinio
· omicidio
· stupro
· incendio doloso
· moneta falsa
· furto e ricettazione aggravati
· estorsione
· sequestro di persona e prese in ostaggio
· tratta di persone
· traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope
· infrazione delle normative in materia di armi ed esplosivi
· distruzione mediante esplosivi
· trasporto illecito di rifiuti tossici e nocivi
si attua con le seguenti condizioni:
o durante l'osservazione, il passaggio della frontiera sarà immediatamente comunicato
all'autorità della parte contraente nel territorio della quale l'osservazione continua;
o sarà trasmessa senza indugio una richiesta di assistenza giudiziaria, con l'indicazione dei
motivi che giustificano il passaggio della frontiera senza autorizzazione preventiva.
L'osservazione potrà essere effettuata soltanto alle seguenti condizioni generali:
o gli investigatori addetti all'osservazione dovranno conformarsi alle disposizioni dell'articolo
40 citato ed al diritto della parte contraente sul cui territorio essi operano; debbono
ottemperare alle ingiunzioni delle autorità localmente competenti;
o fatti salvi i casi di urgenza, durante le osservazioni gli investigatori saranno muniti di un
documento attestante che l'autorizzazione è stata accordata;
o gli investigatori addetti all'osservazione dovranno essere in grado di trovare in qualsiasi
momento la loro qualifica ufficiale;
o durante l'osservazione gli investigatori ad essa addetti potranno portare le armi di
ordinanza, salvo espressa decisione contraria dalla parte richiesta;
o l'ingresso nei domicili e nei luoghi non accessibili al pubblico e vietato;
o gli investigatori addetti all'osservazione non potranno fermare né arrestare la persona che
ne è oggetto;
o ogni operazione sarà oggetto di rapporto alle autorità della parte contraente nel cui
territorio è stata effettuata;
o se le autorità della parte contraente nel cui territorio ha avuto luogo l'osservazione lo
dovessero richiedere, le autorità della parte contraente cui appartengono gli investigatori
ad essa addetti forniranno il loro apporto alla inchiesta conseguente all'operazione alla
quale hanno partecipato, nonché alle procedure giudiziarie.
B. L'inseguimento oltrefrontiera
Riguarda tutti i reati previsti per l'osservazione transfrontaliera, con l'aggiunta di: reato di fuga in
seguito ad incidente che abbia causato morte o ferite gravi; o, comunque, i reati che possono dar
luogo ad estradizione. L'inseguimento sarà effettuato secondo modalità decise dai singoli Stati.
C. Le squadre investigative comuni
la massima espressione di cooperazione investigativa è rappresentata dalle squadre investigative
comuni. Si potrà realizzare la squadra allorquando le indagini condotte da uno Stato membro su
reati comportano inchieste difficili e di notevole portata, o quando gli Stati membri svolgono
indagini su reati che, per le circostanze del caso, esigano un'azione coordinata e concentrata negli
Stati membri interessati. L'operatività soggiacere alle seguenti condizioni:
· La direzione spetta all'autorità del paese ospitante e si conforma a quel diritto nazionale;
· ogni membro della squadra risponde personalmente delle proprie azioni, secondo quel diritto;
· l'organizzazione della squadra spetta al paese ospitante.
I membri distaccati possono fornire informazioni in possesso dei loro uffici a patto che:
· rientrino nei fini della costituzione della squadra;
· vi sia un previo accordo dello Stato che dispone le informazioni, salvo che queste pregiudichino
indagini interne;
· servano a scongiurare una minaccia immediata e grave alla sicurezza pubblica;
· rientrino, residualmente, entro i limiti convenuti dagli Stati membri che hanno costituito la
squadra.
I membri distaccati sono assimilati ai funzionari dello Stato ospitante.
D. Le squadre multinazionali ad hoc
La previsione di squadre investigative comuni, nei fatti, stenta a trovare concreta applicazione per
la mancata ratifica da parte di numerosi paesi ed anche per le soverchianti difficoltà che i diversi
ordinamenti frappongono alla sua effettiva operatività. Per questo motivo c'è stata l'istituzione
delle squadre multinazionali ad hoc lo strumento si propone di conferire immediatezza e
concretezza all'azione di polizia. Le squadre potranno avviare inchieste su soggetti sospettati di
appartenere a gruppi terroristi e svolgere attività investigative purché di natura preventiva e pregiudiziale.
Capitolo sesto
indagini sul terrorismo e criminalità organizzata
cenni sul terrorismo interno e internazionale.
In Italia, nel periodo 1969/1989, si è manifestato un intenso quanto virulento fenomeno terroristico
interno, con connotazioni marxiste-leniniste da un lato e post-fasciste dall'altro, cui hanno fatto seguito
episodi di terrorismo internazionale di matrice medio orientale.
Il terrorismo interno
A. il terrorismo di matrice marxista-leninista, le brigate rosse.
Gli anni di piombo sono stati un periodo complicato, vissuti sotto la cappa angosciante della guerra
fredda. Rappresentano una lunga e tormentata stagione della giovane vita repubblicana di questo
paese. Un paese, comunque, pieno di aspettative di rinascita e di riscatto: è di quei primi anni del
dopo guerra la riconquistata libertà, il suffragio effettivamente universale, il cosiddetto boom
economico. Ma anche un periodo di grandi contraddizioni: la migrazione interna ed estera, le
pulsioni nel mondo dell'università, gli influssi dei maggi statunitensi e francesi, l'autunno caldo della
classe operaia. In questo crogiolo di aspettative di frustrazioni si verificò la strage della Banca
dell'agricoltura di Milano, cui seguì il sinistro spettro di un imminente "golpe". Da quel momento il
paese non fu più lo stesso.
Le brigate rosse. Molti ritengono che la nascita dell'organizzazione sia avvenuta nel 1969,
nell'albergo stella maris di Chiavari, dove si tenne un convegno del neonato collettivo politico
metropolitano. Di diversa opinione è Giorgio galli, secondo il quale, il gruppo facente capo a Curcio
rimase in minoranza. I primi passi delle future brigate rosse si ebbero, secondo Franceschini,
nell'agosto del 1970 a pecorile, dove si riunirono i militanti del collettivo. L'ideologia brigatista si
riconduceva ad una incompiuta lotta di liberazione partigiana dell'Italia alla logica partigiana si
ispiravano i soprannomi che i brigatisti utilizzavano per celare la vera identità, nonché la struttura
verticistica dell'intera organizzazione: gruppi di fuoco inquadrati in brigate, a loro volta raggruppate
in colonne sotto l'egida della direzione strategica e del comitato esecutivo. Varie erano le anime: il
mondo dell'ultrasinistra, dei centri sociali, dei collettivi autonomi, la contestazione studentesca, il
sindacalismo radicale, i fuoriusciti dal Pci, anch'esso percepito come un partito borghese. I
fondatori delle brigate rosse provenivano dalla libera Università di Trento, vicina al mondo della
solidarietà cattolica, dalle file del Pci reggiano, dalle lotte operaie della fine degli anni 60 e
dall'immigrazione dalla provincia. I primi attentati incendiari ad opera delle brigate rosse vengono
esibiti nel settembre del 1970; a farne le spese fu l'auto del dirigente dell'ufficio del personale della
Sit siemens di piazza Zavattari a Milano. I giornali dell'epoca le attribuirono ad una non meglio
precisata "formazione dell'estrema sinistra extraparlamentare". Il partito armato nacque come
guida ad una lotta dura al patronato. Durante l'autunno caldo, la pratica del sabotaggio, del
pestaggio dei capi, dalla distruzione di automobili di dirigenti, erano ormai divenute pratiche usuali.
I brigatisti operavano in un clima di sostanziale accondiscendenza da parte di larghe fasce della
sinistra estrema non disgiunta da una colpevole sottovalutazione da parte di chi doveva
contrastarli, sia sul piano militare che politico. Il simbolo delle brigate rosse comparve per la prima
volta in alcuni volantini ciclostilati nel 1971. Tra il 1970 il 1974 le brigate rosse agirono
prevalentemente in ambito operaio, con piccoli gruppi che operavano all'interno delle fabbriche in
modo spesso clandestino. I militanti delle brigate rosse, oltre a diffondere le proprie idee, presero
di mira quadri e dirigenti aziendali, incendiandone le auto o realizzando brevi rapimenti, di solito
della durata di qualche ora, allo scopo di intimidire il rapito e la dirigenza dell'azienda e di mostrare
la forza e la spregiudicatezza dell'organizzazione. Il lavoro produsse risultati modesti e la strategia
cambiò. Le brigate rosse decisero di concentrarsi sull'attacco allo Stato. La prima azione in questo
senso fu il rapimento del sostituto procuratore Mario Sossi, a Genova, nella primavera del 74
quest'azione produsse un grande eco. Da quel momento in poi fu dedicato ampio spazio alle
imprese del partito armato da parte dei mass media. I brigatisti, a mezzo di un comunicato, fecero
sapere che Sossi, condannato a morte, sarebbe stato giustiziato. Il 20 maggio la corte d'assise
d'appello di Genova concesse, d'ufficio, la libertà provvisoria a otto detenuti appartenenti al gruppo
22 ottobre, nonché il nullaosta per il rilascio del passaporto, a condizione che venisse assicurata
l'incolumità personale e la liberazione del giudice Sossi. Tale decisione non condusse alla
liberazione dei terroristi, viceversa, il magistrato venne liberato lo stesso. Le forze di polizia
passarono subito al contrattacco individuando numerosi covi e operando molti arresti. Il livello
dello scontro a partire dal 1974 si alzò. La risposta dello Stato fu altrettanto feroce. L'8 settembre
del 1974 i reparti del generale Alberto dalla Chiesa, riuscirono a infiltrarsi e ad arrestare i leader
storici: vennero catturati Renato Curcio e Alberto Franceschini. I due furono arrestati grazie alle
informazioni di un ex frate confidente delle forze dell'ordine. Seguirono gli arresti di altri nomi di
spicco come Roberto ognibene, prospero Gallinari, ed alfredo Buonavita. Moretti sfuggito alle
retate del 1974, poco alla volta, riorganizzò l'assetto delle brigate rosse. I brigatisti il 18 febbraio del
1975, riuscirono a fare evadere Curcio dal carcere di Casale Monferrato. Pochi mesi più tardi,
nell'operazione di polizia che portò alla liberazione dell'industriale Vallerino Gancia, restò uccisa
Mara Cagol, anch'essa storica fondatrice dell'organizzazione e compagna di Renato Curcio. Il
culmine del loro agire delirante, i brigatisti lo raggiunsero, nella primavera del 1978, con l'eccidio di
via fani, il rapimento del presidente della democrazia cristiana Aldo moro ed il suo successivo
assassinio dopo un "processo popolare nella prigione del popolo". Moro restò prigioniero per 55
giorni il suo corpo senza vita venne ritrovato nel bagagliaio di un'automobile parcheggiata in via
Caetani, simbolicamente post a metà rada tra via delle botteghe oscure e Piazza del Gesù. Mai
prima di allora qualcuno aveva osato tanto! L'uccisione di moro, però, alienò alle brigate rosse gli
appoggi dei movimenti non violenti e segnò il momento di distacco completo del movimento
terrorista dalla sinistra extraparlamentare. Fu proprio grazie alle confessioni di un pentito, Patrizio
peci, che, a partire dal periodo 1979-1980, iniziò lo smantellamento delle brigate rosse da parte
dello Stato. Centinaia di militanti furono arrestati, molti di questi decisero di collaborare.
L'organizzazione non potè che prendere atto della cocente sconfitta e dichiarò la ritirata strategica.
Una tristissima stagione si andava così chiudendo, ma il seme del delirio non era stato ancora,
completamente, estirpato.
B. Gli eredi delle brigate rosse.
Nel maggio del 1999, la triste sigla brigate rosse si riaffacciò sulla scena nazionale. La stessa firma,
la stessa liturgia, nulla sembrava mutato. Però, dopo un'attenta lettura del documento delle 28
pagine di rivendicazione, si comprese che ci trovavamo di fronte non già ad una terrificante
riedizione del passato, ma ai tentativi, velleitari ed avventuristi ci, di un gruppo di persone fuori dal
tempo. Il gruppo fu definito un cenacolo di disperati. L'invenzione dell'investigatore non aveva
sbagliato. Purtroppo, l'esiguità del gruppo, la stretta compartimentazione e la limitata operatività,
porteranno, dopo l'omicidio d'Antona, ad altri lutti, fino a quello tragico, ma risolutivo, del
sovrintendente della polizia di Stato Emanuele Petri. Il 2 marzo del 2003, in un convoglio ferroviario
nella tratta Roma-Firenze, vengono arrestati gli unici due militanti complessivi dell'organizzazione,
Nadia Lioce e Mario Galesi, il quale, morirà di lì a poco. La cattura si rivelerà esiziale per
l'organizzazione. Infatti, grazie ad alcuni elementi raccolti sul treno, in particolare un'utenza
telefonica, è ad una tecnica investigativa messa. Proprio nelle indagini sull'omicidio del professor
d'Antona, si arriverà, nell'ottobre e nel dicembre dello stesso anno, ad arrestare pressoché tutti
partecipi all'organizzazione ed a individuare il principale covo della stessa.
C. Il fenomeno a bassa intensità-la propaganda armata
La propaganda armata è intesa come azioni che devono destare scalpore e quindi garantire un
ritorno in termini di proselitismo. In quest'ottica l'attacco militare, seppur limitato i danni arrecati,
deve essere facilmente leggibile. In tale contesto devono collocarsi, ad esempio, i nuclei comunisti
rivoluzionari e per il comunismo-fronte rivoluzionario, che hanno operato nell'area milanese e nel
centro-nord del paese.
D. L'anarchismo insurrezionalista.
La bracco-insurrezionalismo costituisce, nel panorama interno, una grave quanto accertata
minaccia soprattutto per quanto potrebbe andare ad assumere se non adeguatamente arginato e
disarticolato. L’ala insurrezionalista rappresenta la componente più radicale del movimento
anarchico da cui si è progressivamente staccata. L'insurrezionalismo anarchico differisce
profondamente da quello marxista-leninista che invece attinge a concezioni di tipo collettivista
verticista. L'insurrezionalismo di matrice anarchica propone una visione globale di sovvertimento
sociale, dove la lotta alle istituzioni ed al capitale si esplica in una conflittualità permanente,
esercitata con azioni dirette. Sotto il profilo operativo, ciò si sostanze, della costituzione progressiva
di gruppi informali o di affinità che rappresentano unità autonoma di bassi, autogestite, nate in
relazione al precipue situazioni che si richiamano alla conflittualità permanente, all'autogestione e
dall'attacco.
Il terrorismo internazionale.
Gli esiti delle investigazioni sul terrorismo internazionale.
Le indagini su questo argomento hanno permesso di evidenziare come sul nostro territorio abbiano
operato cellule riconducibili a formazioni armate di matrice islamica radicale e come l'Italia abbia
rappresentato per gli estremisti islamici una sponda privilegiata non solo per iniziative di
proselitismo è propaganda politica intorno agli obiettivi ed ai metodi dell'energia del jihad, ma
anche per attività di supporto logistico ed organizzativo in favore di soggetti intenzionati a recarsi a
combattere in diverse aree di crisi. Un ruolo significativo è stato rappresentato da alcuni centri di
preghiera, all'interno dei quali si è proceduto ad una pervicace azione di indottrinamento in chiave
radicale ed anti-occidentale. Molte delle investigazioni hanno, poi, riscontrato, al di là dei loro esiti
giudiziari, un comune denominatore dei soggetti posti sotto osservazione, se non altro per il loro
particolare fanatismo religioso. A partire dagli inizi degli anni 80, il mondo musulmano è stato
attraversato e pervaso da una riscoperta del Jihad. Molti soggetti hanno cominciato a combattere
nei territori musulmani invasi dai miscredenti. Nel corso del tempo, questi partigiani dell'Islam
hanno combattuto le loro guerre, ma una grande parte ha fatto ritorno nei luoghi di origine o di
elezione, dove, spesso, in un altro modo ha continuato la guerra intrapresa. Ecco perché, all'estero,
sono comparsi ex combattenti, così come nel nostro paese molti indagati avevano avuto un simile
passato o erano in contatto con tali personaggi.
Le investigazioni sul versante delle formazioni terroristiche.
Il terrorismo è solito manifestarsi in forma associativa. L'investigatore non potrà prescindere da una
puntuale conoscenza dei fenomeni che li sottendono, non in chiave sociologica, ma per indirizzare
correttamente le investigazioni. L'investigatore non potrà non conoscere le modalità con le quali queste
associazioni criminali sono solite agire e manifestarsi.
- Le formazioni brigatiste e marxiste-leniniste.
(Via salaria) il teatro del delitto ed il profilo istituzionale della vittima fecero pensare agli
investigatori giunti sul posto ad una matrice politica, ancor prima dell'arrivo della rivendicazione. Vi
sono dunque delle modalità comportamentali che connotano le singole associazioni, che
l'investigatore dovrà tener presente. È indubbio che le tecniche investigative non si discuteranno da
quelle utilizzate in altre circostanze. Un sopralluogo di un omicidio commesso da brigatisti non
potrà essere diverso da un sopralluogo di un analogo delitto di mafia. Lo stesso dicasi per l'analisi
dei traffici telefonici, le eventuali intercettazioni, eccetera. La differenza non sta dunque nell'uso
della singola tecnica, ma nell'approccio complessivo all'investigazione. Lo sforzo investigativo non
sarà stato indirizzato a dimostrare la valenza penale della banda armata, ma, in indagini su
formazioni di questo tipo, l'investigatore non dovrà accertare il carattere eversivo delle stesse,
quanto che un determinato soggetto vi appartenga. Decisivi risulteranno le relazioni interpersonali,
non altrimenti giustificabili, le informazioni raccolte nel tempo a carico dei soggetti, le loro
pregresse esperienze politiche, il percorso in cui ha posizioni estreme hanno fatto seguito
comportamenti di sostanziale inabissamento. E dovrà essere un duplice approccio: da una parte si
cercherà, attraverso le tracce lasciate dagli autori dei delitti fine, di risalire alla loro identificazione;
dall'altro, l'investigazione dovrà essere diretta al contesto, all'habitat culturale, sociale, politico da
cui l'organizzazione eversiva può trarre la propria linfa, nonché sui soggetti che l'attività
informativa, pregressa ed attuale, avrà indicato come sospetti. Un decisivo aiuto verrà
all'investigatore dallo studio dei comportamenti tenuti dai brigatisti nel passato e dalla loro
ponderosa produzione documentale. Le caratteristiche fondamentali dell'organizzazione brigatista
sono la compartimentazione (condizione per la quale i singoli militanti non hanno la conoscenza di
tutta la consorteria, ma solo di alcuni partecipi, normalmente posti immediatamente sopra o sotto)
e la clandestinità. La clandestinità la compartimentazione sono anche il punto debole
dell'organizzazione, qualora non le si realizzi compiutamente ed efficacemente. Non sempre le
ferree regole che si sono dati trovano puntuale riscontro e su questi errori l'investigatore opera,
conseguendo, come d'altronde è stato lo sperato successo. Nello specifico determinate regole,
seppure astrattamente condivise, non sono state rispettate e da ciò è derivata la cattura del
militante.
- L’ anarchico-insurrezionalismo.
Situazione diametralmente opposta si riscontra nelle investigazioni sulle formazioni anarcoinsurrezionaliste,
dove l'organizzazione verticistica lascia il passo ad altri modelli negativi
l'investigatore si troverà in una situazione quasi paradossale: avrà, spesso, contezza dell'identità dei
probabili partecipi, dell'esistenza di un progetto criminale, alcune volte, anche della riferibilità di
uno specifico reato a determinate individualità, ma difficilmente potrà provare l'esistenza di una
associazione criminale integrante la fattispecie del 270 bis del codice penale. Sarà compito del
investigatore dimostrare il contrario. Questi soggetti, pur esaltando il carattere individualista ed
estemporaneo delle loro azioni, si muovono di concerto nell'ambito di campagne ben definite e
programmate. Si tratterà, quindi, di acquisire elementi che comprovino l'esistenza di
un'aggregazione, comunque strutturata, in cui i partecipi svolgono, nei fatti, azioni funzionali alla
realizzazione di un progetto criminale-eversivo.
- Formazioni Jihadiste.
Di tutt'altra natura, ancora, sono le investigazioni sul versante del fondamentalismo religioso di
matrice islamico. In questo ambito, il profilo preventivo assume un ruolo decisivo, in quanto lo
sforzo massimo del investigatore non dovrà essere indirizzato tanto all'individuazione dell'autore di
un fatto reato, ma di evitarne la realizzazione. L'attività preventiva dovrà sostanziarsi in un efficace
penetrazione dei contesti ambientali in cui tali soggetti possono trovare sostegno al riparo. Non vi
è, però, alcuna intenzione criminalizzatrice di appartenenze etniche o religiose. È doveroso non
essere prigionieri di facili clichet. Recenti investigazioni, infatti, hanno dimostrato come in molte
cellule islamiche radicali, operanti in Europa e pro-clivi ad atti terroristici, si raccomandi agli adepti
di non frequentare luoghi di culto, di non vestirsi con i tradizionali vestiti arabi, di non portare
barbe fluenti, in buona sostanza viene consigliato di apparire, il più possibile, un occidentale. Tutti i
terroristi hanno la necessità di tenere celate le loro vere intenzioni. Sarà, pertanto, opera del
investigatore di costruire i vissuti dei soggetti che un'approfondita attività di intelligence avrà
segnalato, evidenziare nei comportamenti di questi tutte quelle distonie che possono apparire
sospette. L'investigatore dovrà individuare il membro dell'organizzazione terroristica, attraverso
quelle "spie comportamentali" che contraddicendolo ne evidenzino la dissimulata identità. Nei
periodi che seguiranno l'investigatore potrà cogliere spunti di interesse ai fini della corretta
predisposizione di misure preventivi e l'humus ideologico-religioso che sottende questo pericoloso
fenomeno criminale.
Cenni sulla criminalità organizzata di tipo mafioso.
Le associazioni delinquenziali di tipo mafioso hanno radici profonde nel tessuto sociale e culturale.
A. La mafia siciliana
a. evoluzione storica.
Il termine mafia apparve per la prima volta nel 1862-1863, a Palermo, in occasione della
rappresentazione della commedia "i mafiosi di La vicaria", di Giuseppe Rizzotto. La prima
autorevole indicazione di mafia come vero e proprio ordinamento giuridico, in certi casi
alternativo, più spesso complementare a quello statale, fu del giurista palermitano santi
Romano, nei primi del novecento. Negli anni 50, la mafia iniziò a far sentire la sua presenza
con la denominazione cosa nostra. La riduzione del peso dell'agricoltura nell'economia
regionale, l'ingresso dei mafiosi nel mondo degli affari e nell'imprenditoria aprì la strada a
nuove e più consistenti fonti di guadagno illecito che scatenarono una serie di conflitti tra
cosche per la conquista della leadership sul territorio, che portarono, nel 1962, alla
cosiddetta prima guerra di mafia. Già alla fine degli anni 50, fu costituita Palermo una
"commissione provinciale" di cosa nostra e, nel febbraio del 75, si insediò una
"commissione interprovinciale o regionale" di cosa nostra, che espresse i rappresentanti
delle province di Palermo, Trapani, Catania, Agrigento, Caltanissetta ed Enna. Quest'ultima
struttura non raggiunse però, l'obiettivo di mediare conflitti, che dal 1978 e per i successivi
anni connotarono la cosiddetta seconda guerra di mafia: una campagna di sterminio delle
fazioni rivali attuata dagli "corleonesi". Dal 1981 al 1984 si registra una media annuale di
150-200 fra omicidi e lupare bianche nella sola provincia di Palermo. È l'alba di una lunga
stagione di omicidi eccellenti, che non ebbe pari nella precedente storia di cosa nostra,
tradizionalmente protesa, invece, ad una convivenza incruenta con lo Stato. In 20 anni
caddero, conseguenza sistematica, molti di quei rappresentanti delle istituzioni e della
società civile che tentarono di reagire alla morsa della mafia testimoniando l'estrema reale
pericolosità di quest'ultima. La scia di sangue iniziò poco prima della seconda guerra di
mafia e proseguì per tutti gli anni 80. L'emersione del pentitismo interno a cosa nostra, dal
1984, è stato il momento di rottura della configurazione organizzativa e strutturale delle
famiglie e ha squarciato dal di dentro il velo sulla struttura e sulle funzioni
dell'organizzazione mafiosa, consentendo importanti operazioni di polizia ed il primo
maxiprocesso alla mafia. Gli anni 90 hanno segnato, quindi, in maniera decisiva i successivi
sviluppi evolutivi di cosa nostra che alzò il tiro contro lo Stato, attuando quella che fu
definita la "strategia stragista". È stata una conflittualità molto violenta contro le istituzioni.
Il resto è storia ancora più recente, che conferma come la mafia in genere, in particolare
cosa nostra, sia un'organizzazione criminale unica ed unitaria, che, pur avendo conservato
inalterate alcune caratteristiche specifiche e tradizionali, è stata capace di rimodellare i
valori arcaici alle esigenze dei tempi.
b. La situazione attuale.
Il panorama mafioso siciliano ai nostri giorni è abbastanza composito, sebbene i più recenti
riscontri investigativi consentano di affermare che Cosa Nostra continua ad essere
l'organizzazione mafiosa egemone in Sicilia. Ma nella regione siciliana Cosa Nostra non
esaurisce il fenomeno dell'associazionismo mafioso:
· nel catanese convivono con la prima diverse cosche, tutte con identità propria, che da
diverso tempo esprimono un atteggiamento di basso profilo.
· Nel nisseno e nel Ragusano sono attivi gruppi malavitosi legati alla cosiddetta stidda, in
passato dominanti e capaci di imporre a cosa nostra anche accordi per la spartizione
del controllo delle attività illecite di ora non più in grado, anche per gli effetti
dell'azione di contrasto, di competere con cosa nostra, dalla quale vengono, anzi, ad
essere assorbiti e con la quale hanno comunque stretto un patto di non belligeranza.
· Nel siracusano controllano il territorio anche alcune organizzazioni di tipo mafioso
estranee a cosa nostra, attualmente sopite per gli effetti dell'azione di contrasto che ha
comportato una riorganizzazione delle fila criminali anche attraverso il reclutamento di
nuove leve.
· Nel messinese operano organizzazioni criminali autoctone, storicamente influenzate da
quelle più vicine, cioè dalla 'ndrangheta calabrese e da cosa nostra catanese e
palermitana. Questo condizionamento esterno ha consolidato, soprattutto negli ultimi
decenni, un rapporto di reciproca assistenza tra le associazioni mafiose locali e quelle di
altra estrazione territoriale.
La pratica estorsiva rappresenta tuttora un insostituibile fonte di guadagno per tutte le
famiglie. L'aspetto innovativo emerso dalle più recenti investigazioni è l'adozione di una
tecnica operativa che ostacola gli interventi di polizia e l'applicazione degli strumenti
investigativi previsti dalla normativa antimafia: l'entità economica delle richieste estorsive
avanzate è talmente bassa che la vittima valuta più conveniente pagare, annoverando il
pizzo tra le voci di spesa da sostenere per esercitare l'attività commerciale o
imprenditoriale, piuttosto che denunciare il reato e rischiare, così, ritorsioni molto più
gravi, anche per l'incolumità propria e dei propri familiari. Cosa nostra ha rivelato una
straordinaria abilità ad inserirsi nei settori affaristico-economici per realizzare ulteriori
arricchimenti ed occasioni di rafforzamento del proprio potere. Ha, inoltre, ha avuto
l'indiscutibile capacità di intuire l'importanza di estendere la propria presenza anche al di
fuori della regione di origine. È un mondo assai complesso ed articolato, quello mafioso, e
non ha natura solo criminale. La mafia non è soltanto un'espressione delinquenziale: è
anche un modo di essere, di pensare, di agire. E l'investigatore deve penetrare in questo
mondo e capirlo fino in fondo, per poterlo indagare a fondo.
B. La 'ndrangheta.
a. Evoluzione storica
cellule di criminalità organizzata, evolvendo successivamente, si trasformarono in
organizzazioni più grandi e potenti. La ‘ndrina costituì nel tempo il punto di forza della
'ndrangheta, in grado di consentirle una diffusione capillare nella regione d'origine ed una
ramificazione a livello nazionale ed internazionale. Fu concepita come l'unità di base
composta da membri di un nucleo familiare legati fra loro da vincoli di sangue, a cui si
potevano aggregare altre famiglie, generalmente subalterni, non di rado imparentate a
quella del capo bastone. L'affiliazione fu essenzialmente limitata ad una sorta di ius
sanguinis. Non si escluse, però, la possibilità di affiliarsi per necessità, connessa soprattutto
alla mancanza di lavoro. Ogni famiglia mafiosa ebbe giurisdizione sul territorio di
appartenenza. La posizione di ogni singolo membro all'interno di una famiglia delle
disciplinate regolata da un ferreo codice normativo. Il codice ebbe validità anche all'esterno
dell'organizzazione, attraverso l'intimidazione sistematica e l'uso della violenza nei
confronti di chiunque ostacolasse il proseguimento delle finalità associative. I collegamenti
fra famiglie della stessa zona furono formalizzati in un'entità detta locale, avente un
proprio capo, un contabile ed un crimine. Le emigrazioni dalla Calabria avviarono un
processo di esportazione all'estero, ma anche in alcune zone del Nord Italia, dei modelli
criminali della 'ndrangheta. La loro forza fu mantenere la base familistica per non
compromettere il vincolo associativo. Nel novecento si acquisì maggiore consapevolezza
che la 'ndrangheta avesse sviluppato i tipici connotati di un'associazione di tipo mafioso in
ogni attività perseguita. Il salto di qualità avvenne tra gli anni 50 e 60, quando le famiglie
mostrano di essere in grado di stabilire un'efficiente rete di estorsione e saper sfruttare gli
appalti statali. Sul finire degli anni 60 e con l'inizio degli anni 70 i nuovi ndranghetisti che si
affacciavano alle posizioni apicali delle varie famiglie cominciarono a cambiare gli interessi
da perseguire e ritennero che occorresse la sistematica eliminazione dei vertici della
vecchia 'ndrangheta. La prima guerra di 'ndrangheta fece circa trecento vittime. L'effetto fu
di spazzare via gli uomini che avevano costruito in Calabria quello che fu definito uno Stato
dentro lo Stato, attraverso un cambio di generazione al comando, con i restanti anziani
boss reggini resi innocui. Viste sotto un altro profilo, le motivazioni che condussero alla
prima guerra di 'ndrangheta evidenziarono con chiarezza come l'organizzazione mafiosa
avesse conseguito una vera e propria specializzazione non solo nell'estorsione in danno di
proprietari terrieri, ma anche e soprattutto nel sequestro di persona a scopo di estorsione,
reato, perlopiù ambientato nello scenario dell'Aspromonte. La nuova dirigenza fu
denominata santa ed i suoi appartenenti furono chiamati santisti, esponenti della direzione
strategica della nuova 'ndrangheta, che durerà per circa un ventennio, almeno sino alle
ultime modificazioni organizzative della fine degli anni 90. Questo rinnovato assetto apicale
inciso fortemente anche sulle connotazioni funzionali della 'ndrangheta: i nuovi vertici
compresero che le cosche non potevano restare fuori dal traffico di sostanze stupefacenti.
E poiché l'industria dei sequestri di persona a scopo di estorsione aveva permesso
un'enorme accumulazione di capitali si ritenne che il più efficace canale di riciclaggio degli
stessi fosse proprio il narcotraffico internazionale. La sostanziale riconversione degli
interessi della 'ndrangheta verso il predetto settore illecito potrà giovarsi anche dei
collegamenti con le filiali. L'ulteriore passaggio, poi, fu quello dell'utilizzare i ricavati del
traffico di sostanze stupefacenti per un maggiore inserimento degli appalti statali, ove
poter impiegare società produttive di beni e servizi, sorte a loro volta con la ripulitura del
denaro sporco. Anche alla finalità del reinvestimento dei guadagni illeciti in attività legali e
all'ampliamento delle occasioni di incremento dei profitti fu volta la politica, per così dire,
di avvicinamento allo Stato, intrapresa in questo stesso periodo dalla 'ndrangheta che cerco
quasi sempre di evitare lo scontro frontale con segmenti delle istituzioni, preferendo
sovrapporvisi ed intrecciarvisi anche attraverso pratiche corruttive e collusive. Alla fine
degli anni 70 iniziarono ad essere segnalati rapporti dei personaggi di vertice della nuova
direzione strategica della 'ndrangheta con gruppi di persone componenti la cosiddetta
massoneria deviata, e con elementi eversivi, ritenuti referenti interessanti. L'armonia tra le
cosche venne nuovamente meno nel 1985, quando partì la seconda guerra di 'ndrangheta,
terminata nel 1991 con circa settecento morti. La pace ritrovata tra le cosche regine ebbe
per tutta la 'ndrangheta effetti di lunga durata, non ultimo quello del sensibile calo del
numero degli omicidi mafiosi e dell'abbandono dei tradizionali sequestri di persona a scopo
di estorsione. Essa fu il portato di 1:00 scelta strategica generale e di un nuovo sistema di
relazioni interne ed esterne della 'ndrangheta: l'idea di fondo alla base del nuovo corso fu il
ritorno all'invisibilità.
b. La situazione attuale.
Fotografia attuale:
· ancora fondata su basi familistiche e tuttora abbastanza impermeabile al fenomeno del
pentitismo.
· Rigidamente auto referenziata e diffidente verso le intromissioni esterne.
· Sostanzialmente refrattaria ad assumere un aspetto di tipo piramidale ed esperimenti,
invece, una capacità di interazione su base paritaria dei locali per condurre di concerto
affari criminali.
· Ancorata ad una capillare presenza sul territorio, ma capace di comportarsi come una
sorta di multinazionale.
· Connotata da una dimensione imprenditoriale che le consente 1+ agevole infiltrazione
nell'ambito economico ed una massimizzazione delle opportunità di lucro derivanti dai
flussi finanziari pubblici e privati.
· Abile nella politica di ingerenza nelle istituzioni.
L'insieme di tutte queste caratteristiche strutturali le conferiscono quei requisiti di
flessibilità e dinamicità che fondano la sua sorprendente capacità di adeguarsi a condizioni
di operatività differenti. Un'ulteriore specificità della 'ndrangheta e la diversa
considerazione della figura della donna da parte dell'organizzazione criminosa, sebbene
l'adesione alla stessa continui ad essere tradizionalmente riservata a calabresi di sesso
maschile. Il ruolo delle donne non è più limitato quello, storico, di fiancheggiatrici, e di
pedine sottomesse alle strategie matrimoniali, ma è spesso quello di vere e proprie spalle
dei loro uomini, pienamente coinvolte nella gestione di affari criminali e di imprese pulite:
vigilano sull'andamento delle estorsioni, riscuotono le tangenti, sono intestataria di beni
appartenenti al sodalizio, forniscono il supporto logistico nelle azioni criminali compiute dai
maschi del clan, curano i rapporti con il latitante con l'esterno del carcere. Rimane
immutata la tradizionale posizione di preminenza della 'ndrangheta reggina. L'area
aspromontano ospita ancora le cosche più agguerrite oggi prevalentemente orientate al
traffico di droga. Per quanto attiene alle altre province, sono tutte permeate da frizioni più
o meno latenti conseguenti agli assetti mutati per effetto dell'azione di contrasto ovvero
dell'affacciarsi di nuove opportunità di lucro che attirano l'attenzione di più cosche. Nel
catanzarese continuano a persistere conflittualità tra sodalizi contrapposti. Il territorio
crotonese vede la presenza pervasiva di diverse organizzazioni mafiose che continuano ad
essere agguerrite, tra loro in rapporti instabili tali da creare una mutevolezza degli equilibri,
ma capaci di relazionarsi con le più importanti cosche delle altre province calabresi e di
avere proiezioni extraregionali il panorama del crimine realizzato dalla provincia di Cosenza
e tuttora collocato da un processo di revisione ha talora violento, che coinvolge da qualche
anno quasi tutti i principali sodalizi, protese alla ricerca di nuovi equilibri, sia nel capoluogo
è sul versante tirrenico.
Sotto il profilo funzionale, i traffici internazionali di sostanze stupefacenti, come si è già
detto, rappresentano per le organizzazioni mafiose calabresi l'attività fonte di massimo
profitto e terreno di indubbia competitività, sia perché i collaudati rapporti con i referenti
delle aree di produzione di eroina, cocaina ed hashish, sia per il controllo esercitato,
attraverso proprie strutture, di alcuni importanti mercati della droga italiani ed europei.
Nuova frontiera degli interessi della 'ndrangheta si era quella del traffico di esseri umani,
che fino a ieri sembrava essere appannaggio solo della delinquenza di etnie straniere. Dopo
la grossa offensiva contro le organizzazioni criminali che avevano monopolizzato le coste
pugliesi per sbarcare il carico di immigrati irregolari e la conseguente perdita di centralità
della via adriatica, le rotte dei flussi di immigrazione clandestina si sono spostate più a sud,
in Sicilia e in Calabria. Alcune indagini hanno evidenziato sia la connessione di alcune
famiglie con frange delinquenziali straniere, sia la sensibilità del territorio calabrese a
possibili congiunzioni tra le due criminalità, quanto meno a livello di placet ad agire sul
proprio territorio da parte dell'associazione. Nell'evoluzione strategica della 'ndrangheta va
annoverata un'apertura con altre organizzazioni mafiose nazionali, specie con la mafia
siciliana, con le quali oggi sembra esservi una sorta di patto federativo volto alla
conduzione del lucroso narcotraffico internazionale e al riciclaggio di capitali ed al controllo
dei grandi appalti.
C. La camorra
a. cenni sull'origine e l'evoluzione del fenomeno
il termine generico camorra fu usato dal cinquecento al settecento solo nel linguaggio
gergale del popolo; si dovette aspettare la prima metà dell'ottocento perché venisse
accettato dagli affiliati nella seconda metà del 20º secolo perché fosse utilizzato per la
prima volta dalle autorità del regno d'Italia. Nei primi decenni dell'ottocento, nacque una
nuova organizzazione malavitosa, la bella Società riformata, basata sulla segretezza e su
una dimensione urbana, che adottò rinnovati modelli strutturali e rituali di affiliazione
rimasti in vigore sino a dopo la unità d'Italia. L'interesse che accomunava gli affiliati sulla
riscossione e la spartizione dei proventi dell'estorsione generalizzata: la bella Società
riformata cominciò a controllare principalmente le bische, ma ben presto le richieste di
pizzo e la correlata percezione di tangenti interessarono ogni forma di commercio di beni e
di servizi e di attività, anche caritatevole, in cambio di protezione dai ladri e dai truffatori,
riconosciuta efficientissima dagli stessi taglieggiati. Quindi, nonostante le intimidazioni e le
violenze perpetrate, godette della benevolenza del popolino, venendo percepita come il
minore dei mali possibili. L'organizzazione cominciò a intuire che la politica poteva
rappresentare la più proficua delle fonti di arricchimento. Alla fine delle guerre mondiali la
popolazione napoletana fu costretta a fare qualsiasi attività, lecita ed illecita. In questo
contesto si rigarono le condizioni perché si riafferma se il potere dei guappi di quartiere. La
tolleranza dell'illecito da parte delle autorità fu l'unico modo per consentire alla città di
tentare una ripresa. Il fattore nuovo, però, fu l'osmosi con importanti capimafia, grossi
trafficanti di droga, espulsi dagli Stati Uniti e che soggiornarono a Napoli: là di Luciano, che,
tramite i suoi contatti con la mafia siciliana, aveva preparato il terreno per lo sbarco alleato
in Sicilia, fu spedito a Napoli nel 1946. Nelle 60, la camorra, ancora frammentata in piccoli
gruppi guidati dai guappi, fu sopraffatta dalla presenza di de predominante dei mafiosi
siciliani, il cui insediamento territoriale viene favorito anche dal loro invio in campania in
regime di soggiorno obbligatorio. Secondo quanto emerso processualmente, il 24 ottobre
del 1970 Raffaele Cutolo fondò la nuova camorra organizzata nel carcere di Poggioreale,
dopo che gli esponenti delle cosche mafiose siciliane e calabresi gli avevano proposto di
costituire una societas sceleris a modello della loro e di diventarne il capo e, quindi,
l'interlocutore per gli affari miliardari del traffico di stupefacenti. La nuova camorra
organizzata si consolidò anche fuori dal carcere come organizzazione di camorra regionale
centralizzata elaborata da Cutolo stesso, che fornì una sorta di identità culturale. Divenne
l'unico punto di riferimento per le mafie americana e siciliana e per la 'ndrangheta, in grado
di estendere le proprie attività dal contrabbando di sigarette al traffico internazionale di
droga, alle sistematiche estorsioni in danno dei cantieri e negozi. Con le percentuali dei
guadagni illegali provenienti soprattutto dalle estorsioni e dalle rapine fu costituito un
fondo di solidarietà per le famiglie dei detenuti e per i detenuti stessi, ai quali si offrì
assistenza legale, in cambio di onore e fedeltà assoluta. Agli affiliati si richieste di essere
pronti a qualsiasi azione per il capo, anche cruente. L'espansione della nuova camorra
organizzata cominciò a diventare opprimente per le famiglie della vecchia camorra queste
non accettarono l'estorsione sistematica della nuova camorra organizzata su ogni attività
commerciale e persino sul contrabbando da loro gestito. Quindi, per non rischiare di
scomparire, decisero di sfruttare gli antichi collegamenti con i mafiosi siciliani per
distruggere Cutolo e la sua organizzazione. Scoppiò così, una spietata guerra di camorra,
che durò anni e che nel 1978, vide la nascita della nuova famiglia, un cartello camorrista
contrapposto a Cutolo e alla sua filosofia criminale. Pochi anni dopo cominciò il declino
definitivo di Cutolo contemporaneamente all'ascesa del gruppo Alfieri. All'inizio degli anni
90 Carmine Alfieri e Mario Fabbrocino provarono nuovamente dare alla malavita
organizzata campana una struttura verticistica, creando una nuova mafia campana: fu un
fallimento e il cartello scomparve dopo poco tempo.
b. La situazione attuale.
In Campania esiste ancora una realtà di camorra costituita in onda un'organizzazione ludica
di tipo feticistico, ma basata su una pluralità di alleanze e strutturazione orizzontale è di
natura sostanzialmente anarcoide, con scarsa capacità di aggregazione e periodiche spinte
centrifughe funzionali alla conquista di posizioni dominanti in settori, leciti ed illeciti,
economicamente e finanziariamente remunerativi. Si può osservare:
· una criminalità di matrice camorristica connotata da aggressività esasperata e fluidità
tipiche del banditismo urbano.
· La comparsa di gruppi delinquenziali intenzionati a gestire in autonomia alcune attività
illecite per affrancarsi dal predominio delle grandi famiglie, non legati a nessuno dei
principali schieramenti favoriti anche da una mancanza di figure di riferimento
carismatiche in grado di gestire gli equilibri tra sodalizi insistenti sullo stesso territorio.
Il ruolo di primo piano rivestito dalle donne della camorra napoletana, alcune delle quali
attualmente detenute anche il regime carcerario differenziato, e anche qui diverso, infatti,
in alcuni casi, esse hanno avuto il controllo di complesse attività illecite sostituendosi ai
loro congiunti e diventando dei punti di riferimento. La provincia di Caserta e caratterizzata
dall'attivismo dei maggiori gruppi storici del controllo economico-finanziario del territorio.
La provincia di Salerno è ancora in una fase evolutiva. La criminalità organizzata salernitana
continua a dedicare attenzione alle grandi opere pubbliche che si stanno realizzando nella
provincia. Nella provincia di Avellino sussistono alcune aree che hanno continuato ad
evidenziare una maggiore pressione delinquenziale, con la presenza di associazioni
criminali che perseguono rinnovate mire espansionistiche. Nel beneventano l'operatività
della criminalità organizzata è principalmente connessa ai tentativi di infiltrazione da parte
dei gruppi di camorra delle province limitrofe Napoli, Caserta e Avellino.
D. La criminalità mafiosa pugliese
a. l'evoluzione storica
alla fine degli anni 80, nel Salento, sorse la sacra corona unita, un'aggregazione di gruppi
criminali o, più precisamente, una federazione di trame leggermente diversa rispetto ai
gruppi delinquenziali operanti nella regione e la cui denominazione racchiudeva in parte gli
elementi caratteristici. Nacque una sorta di rappresentazione ideologica
dell'organizzazione, tesa, almeno nella fase dello sviluppo nelle carceri, al proseguimento
anche di obiettivi non propriamente criminali di viale del sodalizio giustiziere, che
ricompattarsi le forze criminali pugliesi in un'organizzazione indipendente e difendesse,
così, gli adepti dall'invadenza e dai soprusi dei mafiosi provenienti da contesti
extraregionali. La sacra corona unita cominciò ad organizzare principalmente traffici di
sostanze stupefacenti e di armi, il contrabbando di sigarette ed il riciclaggio di denaro
sporco: queste attività presupponevano non solo un elevato grado di professionalità
criminale e la capacità di controllare il territorio, ma anche la disponibilità di mezzi per
commercializzare i prodotti e la possibilità di accedere ai circuiti delinquenziali
internazionali. Il narcotraffico ha costituito una delle maggiori risorse. La sacra corona
unita, comunque, non ha mai avuto un ruolo del tutto autonomo, nazionale ed
internazionale, nei traffici di sostanze stupefacenti; al contrario, allocato per anni quale
intermediaria per altre organizzazioni malavitose. La sacra corona unita inizialmente si
inserì nel contrabbando con gruppi di propri affiliati, in contrapposizione ai sodalizi
contrabbandieri autoctoni, per attuare il progetto di predominio su tutte le attività illecite
perpetrabili. Successivamente ne assunse il controllo monopolistico, imponendo una
tangente sui tabacchi sbarcati sulle coste pugliesi, contrastando l'espansionismo dei
contrabbandieri campani e rifornendo anche i mercati delle altre mafie italiane. In tal modo
taluni criminali pugliesi si trasformarono da contrabbandieri in mafiosi. Attraverso
estorsioni ed usura, non di rado, l'obiettivo ultimo della sacra corona unita è stato quello di
spingere le aziende alla chiusura per poterle gestire direttamente, anche perché rilevare le
imprese taglieggiate funse da canali di riciclaggio del denaro sporco. La guerra di mafia
scoppiò nel 1989 e durò fino al 1991. Nel 1996, la commissione parlamentare antimafia, ha
approvato una relazione sulla criminalità organizzata in Puglia, individuandone il salto di
qualità e livelli criminali pari a quelle delle altre mafie tradizionali.
b. La situazione attuale
l'elemento caratterizzante della criminalità organizzata mafiosa pugliese e ancora il
continuo evolversi connesso alla sostanziale mancanza di una centralità del potere quale
polo aggregante. Questa precarietà di fondo ha determinato la ricerca di rinnovati assetti
organizzativi ed operativi. Attualmente la nuova sacra corona unita ribattezzata sacra
corona libera, costituisce sul territorio pugliese la principale organizzazione mafiosa. La sua
funzione di interfaccia per i mercati italiano ed europeo richiedenti beni e servizi illeciti,
consolidata all'epoca dell'utilizzo, ha subito negli ultimi anni un offuscamento per la
maggior difficoltà nel reperire spazi operativi in quei paesi in cui, a seguito del processo di
stabilizzazione, si è arrivati ad equilibri politici (Balcani) ed al varo di specifici accordi di
cooperazione internazionale anticrimine. Le attività criminali principali delle organizzazioni
pugliesi, sono costituite ancora oggi dai traffici di sostanze stupefacenti, di armi, di esseri
umani.
E. Le mafie straniere
nel nostro paese operano da diversi anni anche aggregati criminali composti da extracomunitari, le
cosiddette nuove mafie. Si tratta di gruppi capaci di interagire non solo con le organizzazioni di
riferimento nei paesi di origine e con i cartelli multinazionali, ma anche con le aggregazioni
malavitose dei paesi di transito e di destinazione dei traffici illeciti internazionali a cui si dedicano.
Tale criminalità, grazie ai legami con la microcriminalità locale e con le mafie autoctone, tende ad
estendere le proprie ramificazioni sul territorio nazionale, penetrando anche i mercati finanziari e
commerciali attraverso una sistematica opera di reimpiego di liquidità illecitamente accumulata e
la conseguente costruzione di rilevanti patrimoni. Indagare sulle nuove mafie significa affrontare
una realtà composita e complessa, non facile da penetrare. L'investigatore trova davanti a sé una
serie di ostacoli alla conoscenza dall'interno di quelle organizzazioni criminali, rappresentati dalle
difficoltà di comprensione della lingua e della cultura, dalla clandestinità di alcuni membri, dal
rispetto delle regole di omertà, dalla scarsa propensione dei loro appartenenti a collaborare con la
giustizia, dalla loro emarginazione nel tessuto sociale.
a) La criminalità organizzata albanese: tra le organizzazioni criminali straniere, quella
albanese, continua ad apparire tra le più minacciose. Le acquisizioni informative ed i
risultati investigativi degli ultimi anni hanno evidenziato una significativa evoluzione della
criminalità albanese, rappresentata da compagini delinquenziali non più solo di servizio, ma
di affiancamento funzionale nei confronti degli aggregati criminali nazionali. Sotto il profilo
strutturale, dunque, la criminalità albanese operanti in Italia è costituita da bande
agguerrite autonomi, che sviluppano in proprio le diverse attività illecite, senza contendersi
tra loro la spartizione del territorio o delle aree di influenza. La mafia albanese presenta
caratteristiche assimilabili a quelle tipiche dei sodalizi mafiosi italiani: rigidità delle regole
interne, metodi di assoggettamento punizione degli affiliati, forte senso dell'appartenenza
etnica, legami con la zona albanese di origine, appoggi logistici e copertura per ostacolare
le azioni investigative, assistenza, anche legale, nei confronti di chi incorra nelle maglie
della giustizia.
b) La criminalità organizzata rumena: negli ultimi anni si è assistito ad un flusso migratorio
particolarmente intenso di cittadini di origine romena verso il nostro paese, specialmente
attraverso il confine nord-orientale. La criminalità romena si presenta oggi come una realtà
in evoluzione, che pare aver acquisito una pericolosità operativa anche di livello
internazionale, tendendo a sostituire l'iconografia tradizionale delle piccole bande, con
quella di un'organizzazione mafiosa etnica.
c) La criminalità organizzata russa: la difficoltà dell'azione investigativa nei confronti di questa
realtà criminale nasce principalmente dalla sua notevole capacità di mimetizzazione nel
tessuto sociale. La mafia dei paesi dell'ex unione sovietica, esprime una spiccata attitudine
ad organizzarsi secondo un network criminale transnazionale, prediligendo i mercati
finanziari nell'ambito dei quali cerca di cogliere ogni opportunità dai sistemi creditizi in
espansione: investimenti immobiliari, cartolarizzazioni ed operazioni immobiliari
rappresentano il substrato più consistente dell'attività delinquenziale riconducibile alle
organizzazioni criminali russe. Sotto il profilo funzionale, il riciclaggio ed il reinvestimento di
denaro proveniente da degli stessi nei paesi di origine sono vulnerabili fra le più ricorrenti
attività malavitose commessi in Italia da soggetti della mafia russa.
d) La criminalità organizzata Ucraina: la criminalità Ucraina si occupa da tempo di
favoreggiamento dell'immigrazione clandestina connazionali; oggi, però, tende a
diversificare le proprie attività, estendendo il proprio controllo su ogni aspetto socioeconomico
della vita degli ucraini che arrivano in Italia, avviandoli alla prostituzione ed al
lavoro in nero, ma soprattutto rendendoli frequentemente succubi di attività estorsive, se
non di veri è propri sequestri di persona. Non vi sono ancora concreti riscontri circa il
coinvolgimento di gruppi locali in traffici di droga in Italia. L'adozione di modelli
organizzativi e funzionali di tipo mafioso ha favorito i rapporti con la criminalità mafiosa
autoctona, in particolare pugliese e campana.
e) La criminalità organizzata moldava: il fenomeno criminale montavo in Italia è oggi
determinato specialmente dal significativo afflusso di soggetti di quell'etnia che si affidano
ad organizzazioni criminose anche di connazionali che trafficano in esseri umani e che
destinano sin dall'inizio i clandestini allo sfruttamento, prevalentemente sessuale. I gruppi
moldavi coinvolti in questo turpe illecito sono costituiti da appartenenti alla vecchia mafia
russa. Non sono emersi finora contatti tra le associazioni mafiose italiane e la mafia
moldava, sebbene non possa escludersi l'interesse delle prime per la Moldavia quale
mercato nero per l'approvvigionamento di armi, il cui traffico è un affare fiorente per la
mafia locale.
f) La criminalità organizzata bulgara: in Italia, e alimentata dall'afflusso di soggetti di
quell'etnia, sfruttati da organizzazioni criminali di connazionali. Il mondo generalmente
adottato dai sodalizi mafiosi che gestiscono il traffico di clandestini dalla Bulgaria consiste
nell'uso di documenti falsi o di visti di ingresso autentici rilasciati dalle autorità consolari
austriache di sofia, per raggiungere l'Austria e per spostarsi successivamente negli altri Stati
europei dell'ovest. La criminalità di matrice bulgara si dimostra ben radicata sul territorio
nazionale. Risultano, il più delle volte, a composizione multietnica, comprendendo anche
soggetti albanesi, rumeni, ucraini e, in generale, provenienti dall'est dell'Europa. Sono
emerse, relativamente al traffico di esseri umani, anche connessioni con la nostra malavita
organizzata di tipo mafioso, in particolare con la 'ndrangheta. Destra, poi, un certo allarme
sociale una particolare realtà criminale che si sta affacciando nel nostro paese: quella di
organizzazioni malavitose bulgare, sovente di etnia rom, dedite al traffico internazionale di
minori, spesso neonati, da immettere sul mercato delle adozioni illegali. In misura minore, i
bulgari sono risultati attivi in Italia anche nel traffico degli stupefacenti, di auto di grossa
cilindrata rubate, di documenti falsi e nella commissione di reati contro il patrimonio.
g) La criminalità organizzata ungherese: anche per la criminalità ungherese presente in Italia il
bacino di reclutamento è costituito dai flussi migratori irregolari, sebbene dal 1 maggio del
2004 sia entrata a far parte dell'unione europea. La mafia ungherese e dedita
principalmente all'introduzione illegale in Italia di persone, per lo più donne della stessa
nazionalità da avviare alla prostituzione, talora affidate anche a referenti italiani o sfruttate
con la complicità di questi ultimi. Non di rado si unisce il traffico di sostanze stupefacenti.
Talora si registrano interazioni con malavitosi di altre etnie, anche pregiudicati italiani, nello
spaccio di droga. Una specializzazione è stata registrata per gli ungheresi, nella cui
disponibilità sono state ritrovate complesse apparecchiature atte alla rilevazione dei dati
bancari e dei codici per l'utilizzo dei bancomat e delle carte di credito, necessarie per
operare apposite contraffazioni e frodi.
h) La criminalità organizzata cinese: la componente criminale cinese, evidenzia alcuni
caratteri:
a. concentrazione in specifiche aree geografiche ove è radicato il flusso migratorio.
b. Forte controllo socio-economico all'interno della comunità di connazionali.
c. Uso costante della violenza anche nella commissione di reati non di sangue.
d. Consumazione di reati tipici della società cinese (gioco d'azzardo ed usura).
e. Sfruttamento della manodopera clandestina attraverso la sistematica
organizzazione della tratta di connazionali ridotti in schiavitù.
f. Crescente capacità di penetrazione nei mercati nazionali legati al commercio ed
all'imprenditoria.
g. Atteggiamento di chiusura nei confronti dell'autorità pubblica e delle altre
istituzioni.
La compattezza dei gruppi trae il fondamento nella base etnica della loro composizione: i
soggetti originari di quel paese tendono a raggrupparsi in ragione della loro provenienza.
L'autoisolamento cinese costituisce, inoltre, un fattore di forza delle relative organizzazioni
criminali, che, spesso si rivestono di un'autorità super partes nei loro confronti, funzionale
all'esercizio di un rigido controllo sulla vita economica e sociale. Si possono distinguere, poi,
altre forme di crimine associato cinese: dalle bande giovanili formate da cinesi della
cosiddetta terza generazione, spesso emarginati rimedi, che vanno ad incrementare l'area
della criminalità diffusa, alle consorterie delinquenziali aventi spesso le caratteristiche
fisiche dell'associazione mafiosa e dedite al favoreggiamento ed allo sfruttamento
dell'immigrazione clandestina, ai connessi reati di sequestro di persona, rapina, estorsione,
usura, impiego dei clandestini, anche minorenni, nel lavoro nero mediante riduzione in
schiavitù, sfruttamento della prostituzione e falsificazione di documenti, al gioco d'azzardo,
al traffico di sostanze stupefacenti, alle attività illecite di import-export di prodotti
contraffatti, ma anche alla conquista di posizioni nel tessuto economico legale ed al
controllo di strutture imprenditoriali. Indagini hanno messo in luce l'influenza esercitata su
di loro delle triadi secondo quel meccanismo che vede proprio queste controllare le
associazioni satelliti per lucrarne profitti, assicurandosi anche il controllo socio-economico
delle comunità di immigrati cinesi di riferimento.
j) La criminalità organizzata nordafricana: in Italia sono molto attivi sodalizi criminosi formati
da cittadini nordafricani provenienti da alcuni Stati della regione del Maghreb e dell'Egitto,
dediti al traffico ed allo spaccio di stupefacenti, al traffico di esseri umani da destinare al
lavoro nero ed alla prostituzione, alla connessa fornitura di supporti logistici per la
regolarizzazione dei clandestini. Con il passare del tempo, la multinazionalità, ha
comportato una maggiore fluidità nei rapporti d'affari reciprocamente instaurati da questi
gruppi delinquenziali, andando a modificare le modalità organizzative nella gestione del
traffico di stupefacenti e delle attività di procacciamento della documentazione destinata
alla regolarizzazione dei clandestini. Anche le donne hanno mansioni operative. Gli
elementi originari del Marocco sono attivi anche nel traffico e nello spaccio di stupefacenti,
nel traffico di armi e di autovetture rubate e nei reati contro la persona ed il patrimonio. La
criminalità organizzata tunisina opera negli stessi settori dell'illecito in cui attiva quella
marocchina. Gli algerini hanno evidenziato l'interesse per attività di tipo terroristico, talora
sostenute con azioni di proselitismo fra i giovani connazionali immigrati e con la creazione
di una rete logistica di cellule operative di matrice integralista-musulmana. I criminali di
origine libica emergono prevalentemente nel traffico di clandestini. Frequenti sono ormai
le associazioni con altri gruppi etnici, specialmente albanesi e dell'est europeo, per la
commissione di vari reati.
k) La criminalità organizzata nigeriana: le organizzazioni nigeriane, in Italia riconosciute come
mafiose anche in sede giudiziaria, hanno acquisito un ottimo livello di competitività
criminale, per la specializzazione conseguita in alcuni settori illegali. Sono caratterizzate da
un'elevata compattezza interna basata su legami etnici in Italia, negli ultimi anni, si è
registrato un salto di qualità nei gruppi nigeriani che hanno cominciato a formare una sorta
di cartelli attivi anche in mancanza di veri e propri capi in grado di definire unitariamente le
strategie, nonostante la frammentazione etnico-tribale. Le tipiche attività illecite dell'etnia
hanno via via acquisito un peso maggiore nel panorama criminale nazionale, conquistando,
fra l'altro, le zone grigie del mercato, non controllate dalla malavita organizzata autoctona.
Attualmente la mafia nigeriana, assieme a quella albanese, è una delle più attive in Italia
nel traffico degli stupefacenti e nel controllo della prostituzione di giovani connazionali,
che, assieme al connesso traffico di clandestini, costituiscono le principali fonti di reddito
illecito.
l) La criminalità organizzata turca: i riscontri investigativi non evidenziano uno stabile
radicamento sul nostro territorio della mafia turca, bensì l'operatività di cellule delle
relative organizzazioni che fungono da referenti anche nella gestione dell'immigrazione
clandestina. Da qualche anno, le organizzazioni criminali sono coinvolte nel traffico di
propri connazionali, per i quali, comunque, l'Italia è in linea di massima solo un paese di
transito. Sul piano strutturale le organizzazioni mafiose turche presentano un carattere
ermetico ed una struttura a rete, con legami di parentela o di affinità.
m) La criminalità organizzata a sud est asiatica: in Italia l'operatività nel settore
dell'immigrazione clandestina di componenti di sodalizi riferibili ad alcune etnie del sud-est
asiatico è assai diffusa. Si tratta di consorterie criminose impegnate nel traffico di esseri
umani, le quali assicurano anche la creazione di documenti falsi o la contraffazione di
documenti di identità in bianco proventi di furti, da fornire ai clandestini. Tramite cellule
operative organizzano la permanenza dei profughi sul territorio nazionale, ovvero il loro
impiego per alcuni mesi nel lavoro nero, allo scopo di facilitare il successivo trasferimento
nel paese estero di definitiva destinazione. Non sono mancate intese con gruppi mafiosi di
diversa estrazione etnica, quali quelli albanesi, per il traghettamento dei migranti verso la
Puglia. Per quanto riguarda il traffico di stupefacenti, non di rado vengono utilizzate le
stesse rotte dei clandestini. Nel corso degli ultimi anni una discreta parte dei derivati della
cannabis ed una quantità maggiore dei derivati dell'oppio intercettate dalle forze di polizia
europee sono risultate provenire dal sud-est asiatico. Tra i profili di maggior interesse
figura l'accentuato ricorso di sodalizi delle etnie del sud-est asiatico in esame alla
falsificazione documentale. Questa attività costituisce un potenziale terreno per lo sviluppo
di contatti tra estremisti sud-est asiatici di varia fede ed ideologia, che si avvalgono dei
canali migratori clandestini per fare ingresso in Europa. Non sono stati riscontrati rapporti
costanti fra le mafie sud-est asiatiche e quelle autoctone. Sotto altro profilo, indagini
giudiziarie sul terrorismo islamico hanno evidenziato come, non di rado, indagati anche di
queste etnie hanno avuto contatti con la camorra, soprattutto per il reperimento di
documenti di identità ed amministrativi falsi. I sodalizi indiani sono coinvolti in traffici di
persone. I cittadini del Bangladesh, invece, sono soprattutto vittime del traffico di esseri
umani. Non sono emersi nel nostro paese sodalizi malavitosi filippini. Quanto ai gruppi
interetnici individuati in Italia e che vedono al loro interno soggetti di tali origini, sono stati
finora illustrati i pochi riscontri acquisiti, prevalentemente nei settori dell'immigrazione
clandestina e del correlato sfruttamento delle meretricio. Le organizzazioni del sud-est
asiatico operanti in Italia non hanno rivelato sinora una potenzialità offensiva in danno
della nostra collettività nazionale, rivolgendo l'impegno criminale contro i propri
connazionali.
n) La criminalità organizzata sudamericana: i gruppi criminali provenienti dai paesi del sud
America, pur non essendo coordinati tra loro in ragione delle rispettive differenze e non
potendo essere considerati propriamente stanziali in Italia, rivestono una certa importanza
per la portata delle attività illecite alle quali si sono dedicati, in primo luogo i traffici di
stupefacenti ed il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina finalizzata allo
sfruttamento sessuale e, non di rado, anche lavorativo. I sudamericani si sono rivelati
strategici per il narcotraffico. L'aumento dei controlli e della cooperazione di polizia a livello
internazionale ha certamente influito sulla scelta dei trafficanti di utilizzare percorsi
alternativi a quelli di tradizionale ingresso in Europa ed in Italia. Da oltre un'ventennio, poi,
nel nord della penisola sono presenti organizzazioni criminali sudamericane specializzate
nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina di giovani donne da destinare al
meretricio, reclutate comunemente con la promessa di un lavoro in Italia come
collaboratrici domestiche o badanti negli ultimi tempi si assiste poi ad un incremento del
fenomeno anche in altre aree italiane. Il principale varco di ingresso in Italia delle
componenti malavitose sudamericane è rappresentato dalle frontiere aeree, anche se si
registrano accessi via terra, lungo il confine con la Francia. I potentissimi cartelli
colombiani, oggi, hanno diversificato il mercato, privilegiando in Europa il traffico della
cocaina e negli Stati Uniti quello dell'eroina. La loro struttura, rigidamente
compartimentata, ostacola la penetrazione investigativa. I cartelli mantengono da tempo
relazioni dirette ed interlocuzione alla pari con organizzazioni criminali straniere di spicco,
fra cui quelle italiane, in specie mafiose, con un sostanziale approccio di autogestione ed
emancipazione dal collegamento, privilegiando la compartecipazione ai vari filoni della
distribuzione e smercio del narcotico. I grossi quantitativi di cocaina arrivano di amare
occultati all'interno di containers, oppure trasbordati, in alto mare, sulle imbarcazioni; i
porti italiani maggiormente interessati al traffico ed ai sequestri sono stati, sinora, quelli di
Genova, Livorno, Napoli, ma ha recentemente sono stati coinvolti anche quelli di gioia
Tauro e dell'Adriatico. Il vasto narcotraffico obbliga a ricercare sempre nuove zone e
modalità per riciclare i milioni di dollari di provento. Il circuito del riciclaggio e amministrato
in modo imprenditoriale, con meccanismi di dissimulazione e di mimetizzazione del flusso
di denaro che mantengono su percorsi assolutamente distinti il denaro proveniente dalla
vendita dello stupefacente da quello impiegato nel riciclaggio e che hanno favorito la
nascita di figure professionali che si occupano esclusivamente di riciclarne i proventi.
Numerose sono state le indagini, anche di respiro internazionale, in materia di narcotraffico
gestito direttamente o indirettamente da colombiani; alcune hanno colpito anche gli
interessi in comune con la criminalità mafiosa italiana.
Le investigazioni sul versante della criminalità organizzata
solitamente, i delitti di terrorismo portano la firma ed è interesse delle formazioni eversive renderla
riconoscibile. I delitti di criminalità organizzata, invece, sono spesso immersi nel buio più fitto, tra misteri,
voce di popolo, silenzi eloquenti, verità inconfessabili, 1000 paure. I delitti di criminalità organizzata,
dunque, non hanno firme. La mafia, intesa in senso lato, non è solo una serie di organizzazioni criminali che
insistono prevalentemente in certe aree del nostro paese con diramazioni in tutto il territorio nazionale e
all'estero, ma è anche un modo di essere. L'investigatore deve essere preparato ad operare in condizioni
ambientali a volte molto difficili. Deve conoscere a fondo la storia delle organizzazioni criminali, perché c'è
sempre un sottile filo che collega il presente al passato, un continuum che spiega le ragioni di alleanze,
rancori e conflitti. Deve imparare ad orientarsi in un mondo complesso, fatto di famiglie che, da
generazioni, hanno assunto le dimensioni di veri e propri clan ed incutono rispetto e soggezione in vaste
aree. Deve riconoscere gli antichi rancori, gli odii profondi, le violenze più efferate che separano, magari da
decenni, due o più famiglie che intorno a quella faida hanno fatto ruotare le loro stesse esistenze. Deve
riconoscere i precari equilibri che consentono la convivenza della stessa area di sodalizi criminali diversi. Il
contesto va studiato ed analizzato con cura, perché offre la chiave di lettura delle cose che vi accadono,
senza la quale il positivo esito di un'investigazione diventa davvero improbabile un'ulteriore possibilità di
utile orientamento viene offerta l'investigatore dalla dinamica del fatto. Potranno costituire inequivocabili
segnali per l'investigatore il tipo di arma usata, l'uso di moto o autovetture rubate giorni o addirittura mesi
prima, l'incendio di tali mezzi di locomozione in tempi e luoghi non lontani, uno specifico modo di operare,
alcuni rituali e tanti altri elementi ancora. Testimoni spontanei l'investigatore non ne troverà sulla sua
strada, ne vedrà riscontrati i sospetti da conferme verbalizzate anche quando la realtà appariva di tutta
evidenza: la sostituzione della serratura della saracinesca di un esercizio commerciale nel palermitano, resa
inutilizzabile da una colata di mastice, costituisce generalmente un segnale della risposta della criminalità
organizzata dedita al racket delle estorsioni al rifiuto del commerciante di versare il cosiddetto pizzo.
Tuttavia, sarà raro che all'investigatore arrivino conferme da parte della di. Un contesto difficile, però, non
deve scoraggiare l'investigatore ed indurlo ad atteggiamenti rinunciatari e a fatalistiche conclusioni
sull'invincibilità dell'associazione criminale. Un'indagine minuziosa potrà consentire anche in questi casi di
raccogliere elementi utili alla ricostruzione del fatto e all'individuazione degli autori. Le investigazioni sui
delitti commessi da appartenenti alla criminalità organizzata non richiede tecniche specifiche. Una
riflessione a parte merita, invece, l'indagine sull'organizzazione criminale in quanto tale. La principale
norma penale di riferimento e l'articolo 416 bis del codice penale, che indica quali elementi caratterizzanti
dell'associazione di tipo mafioso, la forza di intimidazione del vincolo associativo e la conseguente
condizione di assoggettamento e di omertà. Pertanto, nelle indagini sulle mafie tradizionali, obiettivo
dell'investigatore sarà provare il vincolo associativo. Qualora le organizzazioni criminali non possiedono i
requisiti previsti dall'articolo 416 bis, la norma penale di riferimento sarà all'articolo 416 del codice penale
che si configura quando un gruppo di persone si associano per il conseguimento di uno scopo criminale
comune. Anche nelle ipotesi di associazione per delinquere semplice l'investigatore dovrà approvare il
vincolo associativo ed il comune progetto criminoso. L'accertamento dell'esistenza di contatti tra più
soggetti la relativa documentazione costituiscono il presupposto indispensabile per un'indagine
sull'esistenza di un vincolo associativo tra più soggetti. L'investigatore che era presente, al riguardo, che
non sempre tutti gli associati si conoscono tra loro e non sempre il ruolo di ciascuno nell'ambito
dell'organizzazione è predefinito. Altro fondamentale momento investigativo è rappresentato dalla raccolta
di elementi che provino il loro comune cammino verso il raggiungimento di uno dei figli illeciti indicati dalla
norma penale. È evidente che alla prova dell'esistenza del vincolo associativo l'investigatore può anche
pervenire muovendosi al contrario, cioè acquisendo elementi probatori in ordine alla commissione, nel
tempo, di numerosi delitti da parte degli stessi soggetti che, perciò, risulteranno condividere un progetto
criminoso. L'investigatore, pertanto, dovrà concentrare la propria attenzione sulla frequenza e la continuità
degli illeciti. L'investigatore deve vincere la tentazione di chiudere il cerchio dell'indagine al primo bagliore.
Ad esempio, il sequestro di un bene illecito potrebbe rischiare di vanificare la più ampia operazione
sull'associazione criminosa. Potrebbe essere simulato, allora, un controllo casuale su strada da parte di un
equipaggio della polizia, meglio se in uniforme e addetto servizi di prevenzione generale, per consentire, da
un lato, il sequestro del bene e l'arresto di chi lo detiene, dall'altro, la continuazione dell'indagine che mira
a colpire l'organizzazione criminale. Il singolo episodio potrà, anzi, rafforzare l'impianto probatorio
sull'associazione e costituire una delle chiavi per scardinarla.
Capitolo settimo
l'investigatore nel nostro ordinamento
l'investigatore della polizia giudiziaria.
Polizia è un termine complesso, poliedrico e pieno di significati. Non è infrequente, infatti, come nel
linguaggio comune polizia sia essenzialmente di significativo di tutti quegli apparati che sono preposti a far
rispettare la legge. Ma polizia e anche l'insieme di attività, a volte, da un lato, a prevenire condotte in grado
di turbare l'ordine e la sicurezza pubblica e, dall'altro, a reprimere le violazioni già verificatesi di norme
penali, impedendo negli eventuali ulteriori aspetti. Nella prima ipotesi, siamo in presenza di un'attività di
polizia amministrativa mentre nel secondo caso si parla, correttamente, di polizia giudiziaria.
L'attività di polizia giudiziaria
l'attività di polizia giudiziaria e il lavoro che l'investigatore compie. L'articolo 55 del codice di procedura
penale stabilisce la missione della polizia giudiziaria, ergo dell'investigatore: "egli deve, anche di propria
iniziativa, prendere notizie dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli
autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per
l'applicazione della legge penale". L'investigatore può compiere, di iniziativa, qualsiasi atto salvo che non sia
espressamente vietato, o la cui realizzazione possa incidere in modo irreversibile sulle future scelte del
pubblico ministero. L'attività di iniziativa a una scansione temporale è logica. Tutto inizia con l'acquisizione
della notizia di reato da parte dell'investigatore e con la sua comunicazione al pubblico ministero (attività
informativa). Specificamente, l'articolo 347 del codice penale, richiede l'investigatore: di acquisire la notizia
di riferire senza ritardo al pubblico ministero, per iscritto, gli elementi essenziali del fatto e gli altri sino ad
allora raccolti; comunicare, ove possibile, gli elementi identificativi dell'indagato, della persona offesa e
degli eventuali testimoni.
La tempistica della comunicazione viene ulteriormente precisata allorquando siano stati compiuti atti per i
quali necessiti la presenza del difensore (entro 48 ore) o si indaghi su reati particolarmente gravi
(immediatamente anche in forma orale). L'investigatore procede all'attività di investigazione propriamente
detta, la quale si sostanze nella ricerca delle fonti di prova e degli autori del reato. I risultati dell'attività di
investigazione non possono andare dispersi ed ecco che l'ordinamento permetteall'investigatore di
compiere atti volti ad acquisirne la disponibilità (attività assicurativa). L'attività di assicurazione è rivolta sia
nei confronti dell'autore del reato che verso cose o tracce del reato. L'investigatore potrà procedere
all'arresto in flagranza o al fermo di indiziato di delitto nonché al sequestro delle cose che costituiscono il
corpo del reato o che sono comunque pertinenti al reato. Infine, l'investigatore dovrà impedire che i reati
vengano portate conseguenze ulteriori.
La polizia giudiziaria nell'ambito delle indagini preliminari
le indagini preliminari hanno lo scopo di consentire al pubblico ministero di assumere le sue determinazioni
in ordine all'esercizio dell'azione penale e non già quello di formare la prova. Hanno un ambito temporale
che inizia con la iscrizione del nome dell'indagato nel registro delle notizie di reato e a termine, a seconda
dei reati perseguiti, dopo sei mesi o un anno. All'esito delle indagini preliminari, il pubblico ministero,
richiederà l'archiviazione perché la notizia si è dimostrata manifestamente infondata; se, viceversa, il
pubblico ministero riterrà di avere acquisito elementi idonei per potere sostenere la usa, eserciterà l'azione
penale o richiedendo il rinvio a giudizio dell'indagato, ora imboccando la strada dei procedimenti speciali
(patteggiamento, giudizio immediato).
I soggetti e le strutture della polizia giudiziaria
Le funzioni previste già dal menzionato articolo 55 sono svolte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia
giudiziaria. La distinzione tra ufficiali ed agenti deriva dalla diversa responsabilità che viene richiesta per il
compimento di determinati atti: quelli ritenuti più delicati sono prerogativa dei soli ufficiali. Diverso peso
assumono i servizi e le sezioni di polizia giudiziaria. I servizi di polizia giudiziaria sono quegli uffici dei vari
corpi ed amministrazioni che svolgono in via prioritaria e continuativa le funzioni di polizia giudiziaria
(squadre mobili, sezione antiterrorismo delle Digos, reparti operativi dell'arma dei carabinieri, eccetera). Le
sezioni di polizia giudiziaria costituiscono la struttura di polizia giudiziaria più a stretto contatto con
l'autorità giudiziaria. Sono composte da persone provenienti dai servizi di polizia giudiziaria e sono istituite
presso ogni procura della Repubblica. La direzione spetta al procuratore della Repubblica.
La dipendenza dalla polizia giudiziaria dal pubblico ministero: la nostra costituzione, all'articolo 109,
sancisce che l'autorità giudiziaria dispone direttamente dalla polizia giudiziaria.
L'investigatore privato
La normativa distingue due dimensioni professionali differenti per l'investigatore privato. La prima,
autorizzata dal prefetto della provincia, consiste nello svolgimento di indagini di carattere generale o
specialistico; la seconda, anch'essa autorizzata dal prefetto ed espressamente prevista dal codice di
procedura penale e quella finalizzata all'acquisizione di elementi di prova, per conto degli avvocati
difensori, nel corso di un procedimento penale. Il campo di azione dell'investigatore privato è indicato nella
normativa vigente in modo assai generico e si sostanze, in estrema sintesi, nelle investigazioni, nelle
ricerche e nella raccolta di informazioni per conto di privati.
Le investigazioni difensive
gli strumenti del investigazioni difensiva sono:
· effettuare colloqui, ricevere dichiarazioni ed assumere informazioni da persone che possono
riferire circostanze utili per l'investigazione difensiva;
· documentare le dichiarazioni delle informazioni ricevute;
· richiedere la documentazione alla pubblica amministrazione;
· accedere ai luoghi per prendere visione dello Stato al fine di esaminare le cose ovvero per
procedere alla loro descrizione o per eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o
audiovisivi.