Energy News del 27 settembre 2012 Morosità, take or pay
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Energy News del 27 settembre 2012 Morosità, take or pay
Energy News del 27 settembre 2012 Morosità, take or pay, concorrenza. Lo stato dei mercati di elettricità e gas Dal XII Italian Energy Summit...................................................................................................................................... 4 Ue in pressing su Parigi: apra a Enel & co Bruxelles sollecita l’avvio delle gare per 5.200 Mw nell’idroelettrico ........................................................................ 5 El Gobierno prepara una ley para la liberalización total del sistema eléctrico Industria plantea un cambio histórico de la ley general de 1997, con el que quiere modificar todos los conceptos, desde los derechos del usuario a la red de distribución y las subvenciones a las renovables ................................... 5 Tutte sotto il controllo di Swissgrid Le reti di distribuzioni elettriche saranno raggruppate .............................................................................................. 6 Snam e Fluxys perfezionano l’acquisto di Interconnector L’ad Carlo Malacarne: «Siamo pronti a svolgere un ruolo chiave nello sviluppo di un hub del gas per il sud Europa» ....................................................................................................................................................................... 7 Snam e Fluxys al closing su quota tedesca in Interconnector Acquisita la quota di E.On per 117 milioni.................................................................................................................. 7 Tap, accordo Italia-Albania-Grecia venerdì all'Onu Intanto Snam e Fluxys finalizzano acquisto quota E.ON in Interconnector ............................................................... 8 Ue-Russia: c'è più tattica che strategia La temperatura tra Bruxelles e Mosca sul gas continua a salire. Ma c'è più tattica di breve che strategia nelle mosse delle due parti. Che rischiano ora di avvitarsi in un lungo stallo..................................................................... 8 Priolo Anche Shell non rigassifica più Il colosso olandese si aggiunge alla Erg e decide di ritirarsi dal progetto Ionio Gas: in fumo mille posti di lavoro ... 9 La facture belge d'électricité et de gaz reste une des plus lourdes en Europe Si le gel des prix a stoppé la flambée, la Belgique apparaît toujours comme l’un des pays où le gaz et l’électricité sont les plus élevés. Avec une palme pour les PME ................................................................................................. 10 Bonus-malus sur l’énergie: l’extension des tarifs sociaux devrait coûter 520 millions euros La proposition de loi instaurant des tarifs progressifs sur la consommation de gaz et d’électricité a débuté son examen parlementaire. Le périmètre des tarifs sociaux sera élargi à 9,1 millions de personnes. Le coût sera facturé aux consommateurs ..................................................................................................................................... 11 Berlino pronta allo shopping in Italia. E.On ha 10 miliardi da spendere Al gotha delle aziende tedesche fanno gola i gioielli di Monti: Enel-Endesa e Ansaldo........................................... 11 Iberdrola negocia vender parte de la red eléctrica de Scottish Power La compañía ha recibido ofertas de fondos de inversión para tomar una participación en el negocio de transporte y distribución del grupo británico, que está valorado en 4.500 millones de libras .................................................. 12 Scottish Power: una oportunidad para Iberdrola Las grandes multinacionales españolas continúan en 2012 buscando opciones para reducir su deuda, una estrategia que han seguido Santander con sus filiales en México y Brasil, Ferrovial con BAA y Telefónica con 02 Germany ................................................................................................................................................................... 13 AcegasAps-Hera: 23 «sì» dal Consiglio comunale La delibera passa grazie ai voti della maggioranza da cui si dissocia Furlanic (Fds) A fine maratona notturna otto i «no», con l’opposizione dimezzata dalle assenze .................................................................................................... 13 «Il Veneto si è giocato le multiutility come ha fatto anni fa con le banche» Scenari. Marchi: restiamo soli a giocare un ruolo da aggregatori ............................................................................ 14 Rete di distribuzione ex-Enel, dialogo tra Comuni e Selnet Con il primo gennaio 2011 l’intera rete di distribuzione dell’energia elettrica dell’Enel in Alto Adige è passta alla società Selnet (Sel). Si tratta di circa 5.100 km di rete a media e bassa tensione e delle relative infrastrutture .... 15 Energia, la Provincia contro Frasnelli Durnwalder: controllare eventuali fiduciarie nella società per la centrale pusterese. L’imprenditore: tutto alla luce del sole .............................................................................................................................................................. 15 La Eisackwerk puntualizza «La proprietà è trasparente» La Eisackwerk Rio Pusteria srl non è una società fiduciaria ma una ordinaria società di capitali le cui partecipazioni sono in ogni momento verificabili presso la Camera di commercio................................................. 15 Incontro tra Regione e Iren. "No a nuovi inceneritori" L'assessore all'Ambiente Freda, nel corso di un vertice con le multiutility dell'Emilia-Romagna, ha ribadito la sua posizione contraria agli impianti: dovranno essere tutti chiusi progressivamente insieme alle discariche. Priorità il riutilizzo, non lo smaltimento" ................................................................................................................................. 16 Un réacteur nucléaire s'arrête en Suède Un réacteur nucléaire en Suède s'est arrêté automatiquement aujourd'hui après une alerte qui s'est déclenchée pour une raison qui reste à déterminer, a annoncé l'exploitant, OKG..................................................................... 16 Les acteurs français du nucléaire à l'attaque sur le marché du charbon Alstom, EDF et GDF Suez ne délaissent pas le marché des centrales à charbon, première source d'électricité dans le monde. Ils décrochent même de beaux succès, comme Alstom ce mercredi en Corée du Sud .......................... 17 Alcoa, Glencore pone le prime condizioni: “Costo dell’energia a non più di 25 euro/Mwh” La multinazionale svizzera definisce il limite del prezzo dell'energia per i prossimi 10 anni. La decisione è una condizione imprescindibile l'apertura formale di una trattativa per l'acquisizione dello stabilimento di Portovesme ............................................................................................................................................................... 18 GE sees demand for gas-fired power Generators shift more investment towards gas and renewables ............................................................................ 18 Oettinger (Ue): attenti ai costi delle rinnovabili Troppi incentivi insostenibili per i consumatori, serve armonizzazione europea .................................................... 19 2 Energia, eolico Ue ha capacità 100 gigawatt, quanto 39 centrali atomiche La capacità di produzione di energia eolica installata nell'Unione europea ha raggiunto il traguardo di 100 gigawatt, cioè l'equivalente dell'energia generata da 39 centrali nucleari o da un treno di carbone lungo da Buenos Aires a Bruxelles ........................................................................................................................................... 19 L'Europa del vento passa la soglia dei 100 GW L'Unione Europea ha oltrepassato i 100 GW di potenza eolica, produce tanta energia quanto 39 centrali nucleari o 62 a carbone e abbastanza da soddisfare il fabbisogno di 57 milioni di case, annuncia EWEA, l'associazione europea dell'energia dal vento ................................................................................................................................. 20 100 GW produit par l'énergie éolienne d'Europe Il a fallu 20 ans au secteur éolien européen pour connecter aux réseaux électriques les 10 premiers GW d'énergie éolienne mais seulement 13 années pour arriver aux 90 GW suivants ................................................................... 20 World wind power leader EU passes 100GW Europe’s turbines generate as much power as 39 nuclear plants............................................................................ 21 UK renewable energy output jumps by 42% New government figures reveal UK renewable electricity capacity has soared 42% over the past year to 14.2GW .................................................................................................................................................................................. 21 L'eolico Usa vede la crisi: Siemens licenzia 615 dipendenti L'incertezza sui futuri incentivi, la concorrenza del gas e il calo degli ordini stanno frenando l'industria del vento .................................................................................................................................................................................. 22 Crisi FV, Conergy cancella i "take or pay" con Memc Penale: 21,2 m.ni $ e contratti servizi per 175 MW in Germania, Italia e Spagna ................................................... 22 Sharp widens revamp to include solar Struggling Japanese group looks to secure fresh financing ...................................................................................... 23 Geotermia, la richiesta del comitato: «Scavi lontani dalle case» Oltre 400 cittadini dettano le condizioni a Hera sulla realizzazione del progetto a Pontegradella. Modificano la scaletta della serata e chiedono rassicurazioni sulle trivellazioni ............................................................................ 24 "Centrale geotermica senza certezze, meglio fermarsi" Proteste dei cittadini dopo la relazione di ieri da parte di Hera e del Comune: "L'impianto comporterà un grande utilizzo dell'inceneritore" .......................................................................................................................................... 24 3 Morosità, take or pay, concorrenza. Lo stato dei mercati di elettricità e gas Dal XII Italian Energy Summit La giornata di ieri del XII Italian Energy Summit, organizzato dal Sole24Ore e che si chiude oggi a Milano, è stata dedicata ai mercati del gas ed elettrico. Rilevante è stata la sessione sul gas, soprattutto nelle presentazioni di Alessandro Bianchi (Nomisma Energia), Matteo Neri (Ernst & Young) e Gianpaolo Chimenti (Pricewaterhouse&Coopers) e nella successiva tavola rotonda. E&Y prevede un aumento dei consumi a livello mondiale, dovuto alla crescita di Cina e India, alla dismissione degli impianti nucleari ed alle politiche di riduzione dei Ghg (queste ultime favoriscono il ricorso alla generazione elettrica a gas, che presenta minori emissioni di CO2 e maggiore efficienza rispetto agli altri combustibili fossili). Tuttavia, come ha in seguito ricordato Michele Governatori di Aiget, le previsioni per l'Italia sono di declino di consumo del gas al 2020, con previsioni governative ancora più pessimistiche di quelle dell'Unione Petrolifera, comportando il rischio di uno “spiazzamento” fra tali dati e la spinta sugli investimenti in infrastrutture. I dati sui progetti di rigassificatori, riportati da Ne, mostrano che fra domanda debole ed incertezze autorizzative alcuni operatori cominciano a rinunciare; resistono gli operatori integrati, ossia quelli che operano sull'intera filiera, che possono trarre vantaggi dai rigassificatori, ma per tali opere al momento la marginalità è negativa, anche se occorre attendere cosa accadrà a lungo termine. Gli investimenti, secondo E&Y, richiedono per le infrastrutture strumenti di finanziamento innovativo (p.es. project bonds, partenariato pubblico-privato) ed il riconoscimento in ottica “output based”, ma accanto agli investimenti “hard” non bisogna dimenticare quelli “soft”, come quelli per l'intelligence dei mercati. I mercati risultano, per gli intervenuti alla tavola rotonda, sempre più interconnessi e sempre più da interconnettere. La regolamentazione deve essere armonizzata a livello europeo; p.es. in Francia e Austria i regolatori hanno penalizzato il costo del trasporto rispettivamente da e verso l'Italia: o l'Italia influenza queste logiche o è impossibile farne lo hub del gas. Da quando è partito il mercato di bilanciamento lo spread dei prezzi fra Italia ed Europa, su cui influisce l'elevata tassazione (34%) nel nostro Paese, si è ridotto, mettendo in difficoltà i contratti “take or pay”. Se da un lato, come riportato da E&Y, il 25% dei contratti a lungo termine scadrà fra 20 anni, il 23% è in scadenza nei prossimi 5, lasciando aperti larghi margini di negoziazione. Le polarità del mercato italiano sono gli investimenti, la sicurezza delle forniture e soprattutto la liquidità. La morosità, con punte del 10%, è una minaccia a quest'ultima. Il sistema funziona positivamente fino al city gate, ma nell'ultimo miglio occorrono tutele: manca un servizio di default nelle reti di distribuzione e si dovrebbero sospendere dalla vendita nell'ultimo miglio le società morose. Il problema affligge anche il mercato elettrico, nella cui sessione Paolo Vigevano (Acquirente Unico) è ricorso al termine “turismo energetico” (omesso pagamento delle ultime fatture prima dello switching confidando nell'impossibilità di ottenere la disattivazione da parte del vecchio fornitore). La trattazione della concorrenzialità del mercato è partita dai dati riportati da Ne, sulla base dei quali nel mercato italiano il calo dei consumi, riguardando negli ultimi anni soprattutto l'operatore dominante, fa segnare il 2009 come l'anno di inizio della vera concorrenza, ma lo switching rate è in lento declino, a causa, secondo PwC, di offerte ancora molto omogenee e spesso poco trasparenti. I panelist hanno concordato che chi ha beneficiato meno della concorrenza sono i consumatori finali. Federico Boschi dell'Aeeg ha sottolineato che il punto di partenza è sempre l'interesse di questi ultimi, ma finora sono troppo pochi gli strumenti per salvare concorrenza e sicurezza: in un sistema concorrenziale ogni operatore fa il suo interesse e non trova conveniente garantire la sicurezza se non è sostenuto. Nel frattempo, i consumatori industriali hanno ovviato comportandosi da trader ed in generale i consumatori tendono a risalire la filiera, ma ciò richiede capacità di comprensione dei rischi. Resta aperto il problema dei contenziosi, soprattutto per i conguagli a seguito di errori di misura ed i contratti non richiesti, che è stato ribadito anche nella sessione dedicata al mercato elettrico. Nella dialettica vendita - distribuzione spiccano le osservazioni di PwC che in Italia la larga maggioranza degli operatori della vendita retail e della distribuzione sono sotto lo stesso asset proprietario. Come osservato nella tavola rotonda, deve ancora essere regolamentato il rapporto fra distributore e venditore (finora regolato quello fra venditore e cliente). Distinguendo, nei 177 ambiti nazionali, fra leader (tipicamente ex-municipalizzate) con oltre il 50% del mercato in 123 ambiti ed una media del 41% nei restanti ed operatori marginali, secondo PwC per questi ultimi le strategie possibili sono solo alleanze locali coi leader se non addirittura uscire in quei 123 ambiti; ma l'uscita è un'opzione da considerare anche per i leader. Chi resta, conclude PwC, deve investire per migliorare le gestioni operativa e commerciale e, in caso di partnership, occorre diventare gestore integrato p.es. con un grande retailer. Il ruolo dei sistemi Ict è, come sempre, fondamentale e trasversale ai temi trattati. Fra gli investimenti “soft” suggeriti da E&Y rientra la business intelligence. Vigevano ha aggiornato i presenti sullo stato di avanzamento del Sistema Informativo Integrato (Sii), promosso dall'Aeeg e affidato all'Au, necessario per garantire l'omogenizzazione e la trasparenza dell'informazione, attualmente frammentata nei sistemi non intercomunicanti e male interfacciabili dei singoli operatori. Il Sii, con Au come terza parte, permetterà di gestire gli scambi di informazione fra i vari attori dei 4 mercati elettrico e del gas (grossisti, retailers, distributori, consumatori); in riferimento ai temi trattati, nei processi di switching, il Sii ostacolerà i sopraccitati comportamenti scorretti o negligenti di venditori e consumatori, e faciliterà la gestione dei contenziosi. Vittorio Olivati - Staffetta Quotidiana, 26-09-12 Ue in pressing su Parigi: apra a Enel & co Bruxelles sollecita l’avvio delle gare per 5.200 Mw nell’idroelettrico Faro dell’Unione europea sulla Francia, che continua a rinviare le gare con le quali dovrebbe aprire il mercato elettrico ai gruppi esteri, in prima fila Enel ed E.on. Si tratta di aggiudicare le concessioni per grandi centrali idroelettriche, monopolizzate da Edf e Gaz de France. Ma è dal 2010, quando all’Eliseo c’era Nicolas Sarkozy, che se ne parla e ancora non s’è visto nulla. Il nuovo governo guidato da François Hollande non ha neanche aperto il dossier, e intanto alcune di quelle concessioni sono scadute. Ma adesso per Bruxelles la misura è colma. La rappresentante Ue in Francia, Anne Houtman, conferma che davanti a questo «evidente ritardo», l’Ue sta marcando stretta la Francia, che «deve consentire l’accesso al mercato idroelettrico». Nella primavera 2010 il governo aveva selezionato una decina di grandi impianti per un totale di circa 5.200 Mw (il 25% del parco idroelettrico nazionale), tra Alta Savoia e i Pirenei, annunciando che li avrebbe messi all’asta. L’iniziativa aveva suscitato clamore, considerata la scarsa apertura alla concorrenza tipica del mercato transalpino, ed erano accorsi da tutta Europa per competere: oltre all’Enel e alla tedesca E.On, avevano manifestato interesse anche la finlandese Forclum, la svedese Vattenfall, la norvegese Statkraft, l’austriaca Verbund, la spagnola Iberdrola e le svizzere Axpo e Alpic. Enel era pronta, attraverso la controllata Enel Green Power, a concorrere per tre impianti: Ossau (303 Mw), Tèt (37 Mw) e Luoron (56 Mw) ed eventualmente un quarto, a Drac, da 218 Mw. Insieme, i quattro impianti in testa alle preferenze di Enel totalizzano circa 70 milioni di margine operativo lordo. Ma subito erano emersi problemi e incongruenze della procedura scelta dal governo francese, a partire dal fatto che anche Edf e GdF potessero partecipare alla competizione, ben decise a non cedere terreno. Inoltre, l’iter si annunciava lentissimo: quattro anni dall’apertura della gara all’avvio della produzione. La data prevista di assegnazione delle licenze era infatti l’ottobre del 2014. Invece la gara si è arenata tra i dipartimenti dell’Energia e dell’Ambiente. I potenziali competitor di Edf e Gaz de France, però, sperano ancora. L’Afieg, l’associazione delle utility europee, non si stanca di ripeterlo sia a Parigi che a Bruxelles, sostenendo che la gara debba cominciare il prima possibile. Enel intanto porta avanti il business francese, partecipando alla realizzazione del reattore Epr di Flamanville, nel consorzio a guida Edf. Il gruppo italiano ha maturato dei diritti di anticipated capacity, che nel 2011 gli hanno consentito di portare a 11,4 Twh le vendite sul mercato francese. I ricavi della divisione d’Oltralpe sono saliti a 376 milioni e il mol è salito del 4,4% a 65 milioni. Lo scorso anno Parigi ha invece avviato la procedura d’asta per l’eolico offshore, per una capacità totale di 3mila Mw, assegnandone gran parte a Edf-Dong Energy (1.450 Mw) e Iberdrola (500 Mw). In autunno dovrebbe partire una seconda gara, che rimetterà in palio i mille Mw non assegnati. Angela Zoppo - MF, 27-09-12 El Gobierno prepara una ley para la liberalización total del sistema eléctrico Industria plantea un cambio histórico de la ley general de 1997, con el que quiere modificar todos los conceptos, desde los derechos del usuario a la red de distribución y las subvenciones a las renovables ¿Querías caldo? Pues taza y media. Así se puede resumir el nuevo desafío que planteó ayer en el Congreso de los Diputados el ministro de Industria, José Manuel Soria, que anunció una nueva reforma del sistema eléctrico. La reforma será integral, definitiva y radical. Porque en lugar de curas de urgencia para tapar la hemorragia, al enfermo se le va a meter en quirófano para operarle de arriba a abajo. Soria adelantó ayer que el Gobierno trabaja en modificar la Ley de Sector Eléctrico de 1997, la Carta Magna del mercado de la electricidad en España. Cada vez que se ha tocado ese andamiaje normativo ha supuesto un cambio total del mercado. En democracia, hasta ahora, se ha hecho dos veces en España, siempre para dar saltos cualitativos en el proceso de liberalización. La Ley de 1997 barrió a su predecesor, el Marco Legal Estable, vigente desde mediados de los años ochenta, igual que éste barrió toda la normativa anterior, que databa de antes de la democracia. Ahora, Industria se plantea la liberalización no como meta, sino como una necesidad. 5 Déficit de tarifa Desde la llegada de Mariano Rajoy al poder, el PP ha estado intentando solucionar los numerosos problemas del sector eléctrico, entre ellos, el problema madre: el déficit de tarifa, el desfase que se produce en el sistema porque los ingresos de las eléctricas no cubren los costes de la luz. En enero, decretó una moratoria en las subvenciones a nuevas renovables. En marzo, decretó una serie de ajustes de costes en las eléctricas y subida de tarifas a los usuarios de más de 3.000 millones. Y ahora tiene en marcha la tramitación de un proyecto de ley con otros ajustes por más de 5.000 millones, con una batería de nuevas tasas a las compañías y a los usuarios, entre otras medidas. Pero no es suficiente. Se necesita llegar a la médula. Soria dijo ayer que el Gobierno trabaja en la reforma de la norma de 1997 en paralelo a la tramitación del proyecto de ley. Mencionar la norma de 1997 son palabras mayores, porque si se toca, se cambia, o sustituye por otra no se hace por una temporada, sino para que dure décadas. Marco regulatorio “Presentaremos un conjunto de medidas que no sé si serán para los próximos 60 años, pero sí darán un marco regulatorio claro, transparente y estable que no esté sujeto a los vaivenes de tomar una medida ahora y luego la contraria para compensar, sino que vayan todas en la misma dirección, para lograr un sistema con un mix de fuentes energéticas lo más equilibrado posible, y también sostenible medioambiental, financiera y económicamente”. Soria respondía a una interpelación de José Segura, el portavoz del PSOE en esta materia, que proponía sustituir la ley de 1997 con un diseño del desarrollo “para los próximos 50 ó 60 años”. Ni Soria ni Segura han descubierto nada. Los viejos del sector siempre han considerado que, por el avance de las tecnologías y de la dinámica del mercado, ninguna ley general aguanta más de una década. El Marco Estable aguantó diez años a duras penas. La Ley de 1997, pensada cuando las renovables eran incipientes, lo ha hecho malamente. Antes de que el PP empezara con su batería de reformas eléctricas, todo el mundo daba por seguro que, en lugar de hacerlo por fases, lo haría de una sola tacada con una nueva ley, y no vía decretos, jurídicamente siempre más vulnerables a los recursos. La pregunta es qué se propone tocar Industria ahora. Soria lo explicó genéricamente, pero apuntó a algunas de las fibras más sensibles del sector, que posiblemente pondrán a muchos de los nervios, porque todos pueden perder algunas prerrogativas de las que disfrutan ahora. Comunidades y Estado Se modificará la ley de 1997 para “mejorar el reparto competencial entre el Estado y las comunidades autónomas”, dijo Soria, así como para dar una “mayor protección al consumidor general, introduciendo una especial consideración respecto del consumidor vulnerable, que es el que hoy está en el bono social”. Uno de los problemas que ha habido en electricidad es el solape de competencias entre las comunidades y el Estado. ¿Quién perderá si se redistribuyen? Posiblemente las autonomías. Hablar de consumidor vulnerable podría significar restringir la amplitud del bono social (tarifa de la luz congelada), al que se puede acoger ahora multitud de colectivos. Además de plantear una nueva regulación de las conexiones y acceso al sistema, se propondrá la unificación del concepto de generación y una convergencia de las instalaciones de régimen especial y ordinario. Hasta ahora, las renovables (parte del régimen especial) tenían preferencia de conexión a la red antes que otros generadores. Más cambios verdes A las renovables les podrían llegar otros cambios. Habrá un nuevo desarrollo reglamentario para las renovables, dijo Soria, que añadió que se estudiará la eficiencia energética “bajo el prisma de la rentabilidad razonable”. Este concepto provoca pánico a las renovables. Bajo él subyace un ajuste a la baja de sus subvenciones. También habrá cambios para el usuario. Se liberalizará el suministro, dijo el ministro, para “disminuir el coste” de la Tarifa de Último Recurso (TUR). Hasta ahora, unos 20 millones de usuarios siguen bajo el cómodo paraguas de la TUR (la tarifa regulada), en lugar de negociar una oferta libre con la compañía, que puede ser, o no, mejor. También se presentarán propuestas sobre la distribución y el transporte eléctricos. Esto afectará a grandes eléctricas, como Endesa e Iberdrola, y a REE. Miguel Ángel Patiño - Expansión, 27-09-12 Tutte sotto il controllo di Swissgrid Le reti di distribuzioni elettriche saranno raggruppate E’ stato accettato oggi dalla Commissione federale dell’energia elettrica (Elcom) il progetto di finanziamento per il trasferimento (dal 2013) della rete di trasporto dell’elettricità al gestore nazionale Swissgrid. Basi contrattuali pronte 6 In un comunicato odierno si può leggere che le basi contrattuali con tutti i dettagli per questo trasferimento, elaborate con 18 aziende del settore, sono ora pronte. Per quanto riguarda l’ammontare degli indennizzi ai proprietari attuali dovranno probabilmente decidere i tribunali. Il capitale proprio ammonta al 30% al momento del trasferimento, cui si aggiungerà il 35% sotto forma di prestiti obbligatoriamente convertibili a carattere di capitale proprio. I versamenti ai proprietari saranno scaglionati nel tempo e coperti da capitale estraneo a lungo termine, garantendo così a Swissgrid, in particolare nella fase iniziale, una base finanziaria sicura Reazioni: BKW cauta, Alpiq fiducioso Non è invece ancora chiaro se tutte le società elettriche approveranno il contratto. Oggi la bernese BKW si è mostrata cauta. L'impresa ha comunicato di non aver ancora deciso se accettare questa base per la transazione e il metodo di calcolo del risarcimento. Alpiq afferma che con questa decisione è stata raggiunta un'importante pietra miliare nell'esecuzione del passaggio di proprietà. Il numero uno svizzero è fiducioso che le prossime tappe si svolgeranno secondo i piani. RSI, 27-09-12 Snam e Fluxys perfezionano l’acquisto di Interconnector L’ad Carlo Malacarne: «Siamo pronti a svolgere un ruolo chiave nello sviluppo di un hub del gas per il sud Europa» Snam e Fluxys chiudono il cerchio sull’acquisizione del 15,09% di Interconnector (Uk) dai tedeschi di E.On. Costo dell’operazione: 117 milioni di euro. Ieri le due società hanno perfezionato l’accordo siglato a metà maggio che sanciva il trasferimento di un ulteriore pacchetto azionario del gasdotto sottomarino che collega la Gran Bretagna con il Belgio. Già a febbraio Snam e Fluxys avevano infatti rilevato da Eni, per 145 milioni di euro, le partecipazioni detenute in Interconnector Uk (16,41%), Interconnector Zeebrugge Terminal (51%) e Huberator (10%). In questo modo la quota controllata pariteticamente sale al 31,50 per cento. A questo si aggiunge il 15% controllato direttamente dai belgi e il 33,5% di proprietà della Caisse de dépôt et placement du Québec, già azionista di Fluxys con il 20%, mentre il restante 80% fa capo all’holding belga Publigas. «L’acquisizione della quota di E.On in Interconnector (Uk) - spiega l’ad di Snam, Carlo Malacarne - è un altro concreto passo in avanti verso un mercato europeo del gas maggiormente integrato. Snam è pronta a svolgere un ruolo chiave nello sviluppo di un hub del gas per il sud Europa, rafforzando la sicurezza degli approvvigionamenti e offrendo maggior liquidità al mercato». Soddisfatto anche il managing director di Fluxys, Walter Peeraer. «Stringere alleanze durevoli è il pilastro della nostra strategia di sviluppo di asset e capacità in modo da garantire agevoli scambi di gas transfrontalieri tra i diversi mercati in Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Francia, Germania e Italia». Snam e Fluxys mettono così a segno un altro colpo per dare sostanza al progetto di corridoio sud-nord del gas che va dalle coste del Mare del Nord all’Italia, passando per Germania, Svizzera e Francia. Ma proprio da quest’ultima sono arrivati nei mesi scorsi segnali non proprio rassicuranti con l’autorità transalpina (la Commission de Régulation de l’Energie) che ha fissato una tariffa molto elevata per il gas in entrata in Francia, al punto di ingresso di Oltingue, dove il Transitgas proveniente dall’Italia si connette alla rete francese passando per la Svizzera. La decisione, va detto, non blocca i piani futuri delle due società che lavorano allo sviluppo degli scambi tra il nord e il sud del Vecchio Continente. Ma rappresenta un segnale in controtendenza rispetto allo spirito del Terzo pacchetto energia Ue che spinge per una maggiore integrazione del mercato europeo. Non a caso dall’associazione di settore Anigas è arrivata nei giorni scorsi una lettera alla Cre nella quale si critica l’approccio adottato dall’authority francese per il rimborso dei costi del progetto: secondo i transalpini, infatti, non sarebbe giustificata l’idea di trasportare gas nelle direzioni nord-sud e sud-nord su base “continua”, come chiedono le società, ma solo in modo “interrompibile”. Con un esborso molto più alto rispetto agli altri punti di ingresso del gas in Francia. Celestina Dominelli - Il Sole-24 Ore, 27-09-12 Snam e Fluxys al closing su quota tedesca in Interconnector Acquisita la quota di E.On per 117 milioni 7 È fatta per l’operazione Snam-Fluxys su Interconnector, il gasdotto sottomarino che collega la Gran Bretagna con il Belgio. I due partner ieri hanno firmato il closing dell’acquisizione, per 117 milioni, della partecipazione del 15% detenuta da E.On nell’infrastruttura, portandosi così, con quote paritetiche, al 31,5% complessivo di Interconnector. Al di là della partecipazione congiunta con Snam, Fluxys detiene poi in Interconnector (Uk) anche una partecipazione diretta del 15%, mentre Caisse de depot et placement du Quebec, azionista di Fluxys, ha in mano il rimanente 33,5%. L’operazione, hanno sottolineato in una nota Snam e Fluxys, «rappresenta un ulteriore passo in avanti nel contribuire a promuovere l’integrazione dei mercati gas in Europa e facilitare flussi e scambi di gas cross-border nel corridoio tra Italia e Gran Bretagna». Il tutto nell’ottica dell’alleanza strategica firmata lo scorso gennaio, nell’ambito della quale sono state già portate a termine anche altre operazioni, come l’acquisito delle partecipazioni di Eni in Interconnector Uk, Interconnector Zeebrugge Terminal e Huberator. Non solo, le due società hanno firmato anche un memorandum of understanding per sviluppare flussi bidirezionali sull’asse Sud-Nord tra Italia e Gran Bretagna, ai confini Germania-Belgio e Italia-Svizzera. Entrambe le iniziative si inseriscono, a loro volta, nel progetto del governo guidato da Mario Monti di fare dell’Italia un hub europeo del gas. In questo quadro, però, sull’asse Est-Ovest si sono già manifestate le prime gelosie nazionali, con la Francia che sta cercando di frenare la possibilità per l’Italia, e quindi per Snam, di poter sviluppare un flusso bidirezionale verso il Paese, passando per la Svizzera. MF, 27-09-12 Tap, accordo Italia-Albania-Grecia venerdì all'Onu Intanto Snam e Fluxys finalizzano acquisto quota E.ON in Interconnector L'accordo intergovernativo che consentirà la realizzazione del Trans Adriatic Pipeline (Tap), il gasdotto che collegherà Italia, Albania e Grecia, verrà firmato venerdì prossimo a New York dai Governi dei tre Paesi. Lo ha riferito stasera alla "Reuters" una fonte ministeriale italiana, precisando che l'accordo sarà siglato nel Palazzo di Vetro in occasione della riunione dell'assemblea straordinaria dell'Onu. I partner di Tap sono Egl (42,5%), Statoil (42,5%) ed E.ON (15%). Quest'ultima, intanto, ha finalizzato oggi la vendita a Snam e Fluxys della sua quota del 15,09% di Interconnector, il gasdotto sottomarino tra Gran Bretagna e Belgio. Considerando che il tandem italo-belga ha finalizzato in agosto anche l'acquisizione della partecipazione di Eni in Interconnettor, Snam e Fluxys controllano ora il 31,5% della condotta. "Snam è pronta a svolgere un ruolo chiave nello sviluppo di un hub del gas per il sud Europa %u2026 puntiamo a dotare l'Europa di capacità aggiuntive di gas attraverso il corridoio Sud-Nord e a connettere il mercato italiano con le principali piazze del trading nell'Europa nordoccidentale", ha commentato l'amministratore delegato della società italiana, Carlo Malacarne. QE, 26-09-12 Ue-Russia: c'è più tattica che strategia La temperatura tra Bruxelles e Mosca sul gas continua a salire. Ma c'è più tattica di breve che strategia nelle mosse delle due parti. Che rischiano ora di avvitarsi in un lungo stallo Mettendo sotto accusa Gazprom su quanto più gelosamente difende – i suoi rapporti commerciali coi clienti europei – la Ue ha confermato il suo approccio conflittuale, nell'ultimo decennio spesso discutibile e velleitario, verso il fornitore russo. Certo un sguardo laico dovrebbe riconoscere che questa volta la Commissione ha saputo almeno scegliere il momento per mettere sotto pressione il suo “avversario” (ammesso che la Russia debba essere considerata tale): una lunga fase di debolezza del mercato, dei cui effetti negativi risentono non solo le compagnie europee ma anche la stessa Gazprom, che negli ultimi anni ha dovuto accordare loro alcune (ma non molte) concessioni. Ma la mossa di Bruxelles – correttamente letta dal colosso russo come una pressione anche per ottenere ulteriori sconti – sarà utile o controproducente? Gazprom sta facendo di tutto per far credere che l'effetto sarà contrario a quello sperato: nei giorni successivi all'avvio dell'istruttoria Antitrust, il gruppo ha rispolverato tutti i dossier su possibili forniture alternative all'Asia, che, ha detto, potrebbe diventare per i russi un mercato anche più importante dell'Europa. Soprattutto, con il decreto varato in tutta fretta dal presidente Putin l'11 settembre, che riporta al Cremlino ogni decisione sul rilascio di informazioni alla Commissione Ue e sulle stesse modifiche dei contratti, ha voluto mandare un duplice segnale: primo, se l'obiettivo era 8 ottenere aggiustamenti contrattuali ora questi saranno assai più difficili; ma soprattutto – e come lunedì ha ribadito il vice a.d. di Gazprom, Medvedev, solo per chi non lo avesse ancora capito – che la questione si gioca a livello politico e che Bruxelles, mettendo nel mirino Gazprom, deve far conto di aver messo sotto indagine il governo di Mosca. Naturalmente anche su questo servirebbe un po' di cautela, nel distinguere tra il messaggio che la Russia vuol mandare alla Ue e la reale portata delle sue mosse. Gazprom, se vuole, avrebbe la capacità tecnica, diplomatica e finanziaria per spostare l'asse del suo business verso Est. Tuttavia questo non si fa in un giorno e costa uno sforzo colossale, che in questi anni il gruppo si è mostrato restio a intraprendere, almeno finché poteva evitarlo. Inoltre resta il fatto che nel mirino di Bruxelles non c'è la capogruppo OAO Gazprom né il governo di Mosca, bensì delle società di diritto europeo, soggette non alla normativa dell'ex Urss ma a quella Ue. Soggetti da cui, a rigore, la Commissione avrebbe tutti gli strumenti per chiedere e ottenere informazioni e impegni pro-concorrenziali. E' però evidente che la mossa europea ha fatto saltare i nervi alla Russia. E che la scelta del Cremlino di “blindare” il suo campione nazionale renderà tutta la partita assai più complessa e dall'esito (dentro e fuori gli uffici Antitrust) difficile a prevedersi. Gazprom, pressata dai consumi europei in calo, dalla concorrenza interna ed estera, dalle richieste dei clienti e ora da Bruxelles, farà buon viso a cattivo gioco e diventerà più flessibile e compiacente con le norme Ue? O il conflitto porterà a un irrigidirsi delle rispettive posizioni aprendo una crepa profonda nella partnership energetica tra Europa e Russia? A parere di chi scrive Gazprom, che oggi ha e almeno per diversi anni ancora avrà bisogno dell'Europa quanto l'Ue di lei, sta scontando più di altri fornitori di gas la sua rigidità verso le richieste dei suoi clienti e nel riconoscere i cambiamenti ormai evidenti del mercato. Per questo, decreto Putin o no e a dispetto della virulenza con cui il gruppo ha reagito, l'intervento a gamba tesa di Bruxelles potrebbe portare non a una rottura ma a una ridefinizione di rapporti ormai datati. Nel frattempo conterà molto anche l'evoluzione della domanda. I rapporti si fanno nervosi quando le parti soffrono, e in questo caso le tensioni nascono da un mercato Ue in crisi (per molti versi strutturale) dei consumi, tra recessione, sviluppo delle Fer e efficienza. Se la domanda ripartisse le cose andrebbero assai meglio, non solo per Gazprom – che non a caso e non da oggi fa lobbying per un maggior impiego del metano nell'autotrazione, unica vera chance per rilanciare i consumi in mercati saturi – ma anche per i clienti europei. Che però, e stranamente, sembrano poco interessati alle potenzialità del metano auto, piuttosto ignorato anche dalle istituzioni comunitarie. Come notato di recente da Marzio Galeotti e Antonio Sileo su lavoce.info, invece, il mercato italiano (ed europeo) è lungo, il metanauto costa meno e inquina meno della benzina: perché non pensare di approfittarne? Gionata Picchio - Staffetta Quotidiana, 26-09-12 Priolo Anche Shell non rigassifica più Il colosso olandese si aggiunge alla Erg e decide di ritirarsi dal progetto Ionio Gas: in fumo mille posti di lavoro Il rigassificatore di Priolo-Melilli non si farà più. Salvo clamorosi colpi di scena, la rotta tracciata è ormai questa: dopo la Erg della famiglia Garrone, ritiratasi nel luglio scorso, anche la Shell mollerà la presa, cancellando di fatto la Ionio Gas, la joint venture costituita con Erg. La struttura avrebbe garantito una capacità di rigassificazione di 12 miliardi di metri cubi e avrebbe fornito, compresi i lavori di costruzione, un migliaio di posti di lavoro. L’ufficialità non c’è ancora, arriverà dopo che il Consiglio d’amministrazione di Shell si riunirà per ratificare una decisione che manderebbe definitivamente in archivio un investimento da 800 milioni di euro: il rigassificatore di Priolo-Melilli non si farà più. Salvo clamorosi colpi di scena, la rotta tracciata è ormai questa: dopo la Erg della famiglia Garrone, ritiratasi nel luglio scorso, anche il colosso olandese — uno dei quattro attori principali a livello mondiale nel comparto petrolifero e del gas naturale — mollerà la presa, cancellando di fatto la Ionio Gas, la joint venture costituita con Erg nel dicembre del 2005 per costruire l’impianto all’interno del Polo petrolchimico del Siracusano. Il tutto mentre anche l’iter del rigassificatore di Porto Empedocle (Agrigento) dell’Enel (che vale 800 milioni di investimento e una capacità di otto miliardi di metri cubi di gas metano) procede con grande lentezza. «Voci», «indiscrezioni », «riflessioni in atto». Da Shell Italia nessuna conferma ufficiale, se non quella che il cda «valuterà nelle prossime settimane» il da farsi. Le lungaggini della burocrazia, le frenate della politica e l’opposizione di popolazione e associazioni ambientaliste: c’è tutto questo dietro al tramonto di una struttura che avrebbe garantito una capacità di rigassificazione di 12 miliardi di metri cubi e avrebbe fornito, compresi i lavori di costruzione, complessivamente un migliaio di posti di lavoro. Numeri «pesanti», che non avrebbero risolto in toto l’emergenza occupazione, ma che «avrebbero aperto una strada, ridato impulso a un settore e fornito una sollecitazione a imprese locali e non, ovvero che investire nel Polo industriale è 9 possibile e conveniente», dice il segretario della Cisl di Siracusa, Paolo Sanzaro. Eppure anche dal ministero dell’Ambiente, nonostante quella orientale dell’Isola sia una zona ad alto rischio sismico, erano arrivate tutte le autorizzazioni del caso: lo stop, di fatto, è arrivato dalla Regione, con le ultime carte da firmare rimaste in qualche cassetto di Palazzo d’Orleans. La patata bollente quindi passa al prossimo governatore, che verrà eletto il 28 ottobre. Ma potrebbe essere già troppo tardi, con l’ultimo investitore (Shell appunto) ormai fuori dal progetto. «Dalla classe politica — denuncia Sanzaro — non c’è stata nessuna risposta e anzi negli ultimi tempi il presidente Lombardo si è sempre più convinto del no al progetto nonostante le visite e le rassicurazioni di agenzie ed esperti internazionali circa la fattibilità». Se questo non è bastato, allora secondo il sindacalista «i politici dovrebbero dirci quale modello di sviluppo alternativo c’è. Non siamo affezionati a una sola idea, ci presentino un piano che dia speranza e occupazione ». Entro una settimana la Cisl, con il segretario regionale Maurizio Bernava a capeggiarla, organizzerà una manifestazione nel territorio. Perché, chiosa Sanzaro «non è più tempo di vendere parole e illusioni». Fabio Scavuzzo - Corriere Economia (Mezzogiorno), 26-09-12 La facture belge d'électricité et de gaz reste une des plus lourdes en Europe Si le gel des prix a stoppé la flambée, la Belgique apparaît toujours comme l’un des pays où le gaz et l’électricité sont les plus élevés. Avec une palme pour les PME Nouvelle statistique inquiétante. À en croire le tableau de bord publié mercredi par la Creg, le consommateur belge paie toujours plus cher que la majorité de ses voisins européens son gaz et son électricité. Le régulateur du marché de l’énergie en Belgique a ainsi comparé pendant les mois de juillet, août et septembre les prix de la facture de gaz et d’électricité entre la Belgique, l’Allemagne, les Pays-Bas et la Grande-Bretagne. En Belgique, la Creg s’est limitée aux clients d’Electrabel et EDF Luminus. Ces deux acteurs représentent néanmoins 85% du marché du gaz et 80% dans celui de l’électricité en Belgique. La conclusion des chiffres dévoilés par la Creg est assez simple: tant en juillet, qu’en août et en septembre, le Belge paie cher son énergie. Et malgré le gel des prix décidé par le secrétaire d’État à l’énergie Melchior Wathelet et son homologue de l’Économie Johan Vande Lanotte, les prix pour la majorité des consommateurs belges restent les deuxièmes en importance en Europe. La PME belge décroche même la palme pour sa facture dans le gaz. Prenons pour base les prix de septembre. Un client résidentiel belge consommant 3.500 kWh/an d’électricité a déboursé 834,47 euros. Avec 911,5 euros, seule la facture du consommateur allemand arrive devant. À l’opposé, le client français paie seulement 508,66 euros. Différentes raisons expliquent cette différence entre le client belge (d’Electrabel et EDF Luminus) et leclient français, diton à la Creg. Le régulateur pointe en particulier le niveau de la TVA en Belgique ainsi que le coût de la distribution. Pour une facture annuelle de 834,47 euros déboursés sur base des prix de septembre, le client belge paie 328 euros pour le volet énergie, soit 40% de la facture, 227 euros pour les frais liés au transport et à la distribution du courant, 134 euros pour les taxes et 145 pour la TVA. "Dans l’électricité, nous sommes les plus chers au niveau de la TVA et des prix de la distribution", souligne la Creg. Le constat est plus ou moins identique pour les PME. L’entreprise belge qui consomme 50.000 kWh d’électricité sur un an débourse 9.146,38 euros. Si une PME allemande paie plus (10.340,91 euros), à l’opposé une entreprise française paie 5.887,88 euros. La Belgique connaît également quelques différences en fonction du lieu où habite le consommateur. Ainsi, le client résidentiel wallon (849,5 euros) continue à payer son électricité plus cher que le flamand (833,47) ou le Bruxellois (820,43 euros). Et le constat est identique pour les PME. Le régulateur salue cependant l’action du gouvernement fédéral et en particulier le gel des prix en vigueur depuis le premier avril. "Le gel a clairement évité que la composante énergie augmente en juin et en juillet vu la hausse des prix du pétrole." La bonne nouvelle est qu’entre le mois de juillet et celui de septembre, les prix se sont dépréciés de 8,3 euros pour les clients résidentiels belges, et de 93,48 euros pour les PME. Gaz le plus cher pour les PME belges La situation est plus ou moins identique dans le gaz. En moyenne, et toujours sur base des prix du mois de septembre pour un client résidentiel consommant 23.260 kWh/an, le consommateur belge doit débourser 1.708,26 euros pour sa facture de gaz. Le néerlandais le dépasse avec 1.764,31 euros. De l’autre côté, le Britannique paye 1.296,63 euros. Le monde des PME belges est moins chanceux. Pour une consommation de 100.000 kwh, la PME belge paie 5.814,84 euros, soit le montant le plus élevé en comparaison avec les prix pratiqués en France (5.387,32 euros), en Allemagne, (5.164,78 euros) aux Pays-Bas (5.666,18 euros) et en Grande-Bretagne (4.913,56 euros). 10 Les explications sont un peu différentes par rapport à la situation dans l’électricité, souligne la Creg. Outre le niveau de la TVA à 21%, le régulateur pointe comme explication les prix de la molécule de gaz dans notre pays. Tant pour le client résidentiel belge que la PME, le gaz est plus cher qu’en France, qu’en Allemagne, qu’aux Pays-Bas et qu’en GrandeBretagne. Concrètement, sur base des prix de septembre, le Belge débourse 989 euros pour la molécule, contre 761 euros pour un client résidentiel allemand. Une PME belge paie 4.258 euros contre 3.240 euros pour une PME allemande. Mais tout comme pour l’électricité, la Creg estime que le gel des prix a permis d’éviter une hausse de la facture face à l’envolée des cours du pétrole. François-Xavier Lefèvre - L'Echo, 27-09-12 Bonus-malus sur l’énergie: l’extension des tarifs sociaux devrait coûter 520 millions euros La proposition de loi instaurant des tarifs progressifs sur la consommation de gaz et d’électricité a débuté son examen parlementaire. Le périmètre des tarifs sociaux sera élargi à 9,1 millions de personnes. Le coût sera facturé aux consommateurs Les députés devaient débuter hier soir l’examen de l’un des projets phares du programme de François Hollande, la mise en oeuvre de tarifs progressifs de l’électricité et du gaz. Soutenue par le gouvernement, la proposition de loi présentée par le député PS François Brottes porte une double ambition: améliorer la situation des personnes en situation de précarité énergétique et inciter, par la mise en oeuvre d’un principe de bonus-malus, à la sobriété en matière de consommation d’énergie. Alors que la précarité énergétique progresse et que le gouvernement est empêtré dans les hausses successives des prix du gaz, l’exécutif devrait mettre en avant, pendant le débat parlementaire, l’extension des tarifs sociaux prévue par la proposition de loi. Aujourd’hui ouverts à 2,6 millions de foyers (mais tous ne le demandaient pas), les tarifs sociaux seront étendus à 4,2 millions de ménages, soit 9,1 millions de personnes. Les personnes éligibles seraient celles vivant sous le seuil de pauvreté (60 % du salaire médian) et non plus seulement celles ayant droit à la couverture maladie universelle complémentaire (CMU-C). Conflit autour de la CSPE Selon une simulation de la Direction du Trésor, l’extension des tarifs sociaux devrait porter leur coût à 633 millions d’euros, soit une hausse de 518 millions d’euros par rapport à la situation actuelle. Le surcoût sera assumé par les consommateurs, qui les financent déjà sur leur facture via la contribution au service public de l’électricité (CSPE). L’extension «conduirait, en moyenne, à une hausse respective de la facture d’électricité et de gaz de 5 et de 4 euros par an», indique le rapport législatif. Cela va, au passage, raviver le conflit entre EDF et le gouvernement sur la CSPE: EDF a déjà accumulé un déficit de 4,5 milliards d’euros entre les recettes de cette taxe et les charges effectivement assumées (tarifs sociaux, mais aussi soutien aux énergies renouvelables et péréquation tarifaire). Or, en l’état actuel des textes, la hausse de CSPE est plafonnée: passée de 4,5 euros le mégawattheure (MWh) à 10,5 euros le 1 er juillet dernier, elle ne pourra être augmentée de plus de 3 euros l’an prochain. EDF demande, a minima, une rémunération en contrepartie du «portage» du déficit et plaide, comme la Cour des comptes ou la Commission de régulation de l’énergie (CRE), pour un élargissement de l’assiette de la taxe à d’autres énergies. Les députés ne se sont pas penchés sur ce point lors de l’examen du texte en commission des affaires économiques la semaine dernière. Ils ont en revanche introduit une majoration des volumes d’énergie déclenchant le bonus ou le malus en fonction de l’âge des membres du foyer, et «en cas d’utilisation d’équipements spécifiques», en particulier médicaux. Les députés ont aussi renforcé le rôle de la CRE dans la fixation des niveaux de malus et de bonus. Ceux-ci resteront, dans un premier temps, modérés. Selon des simulations présentées dans le rapport annexé à la proposition de loi, la facture annuelle pourrait varier, pour un couple avec deux enfants, d’un bonus de 20 euros à un malus de 40 euros, selon que leur consommation serait raisonnable (9 MWh par an) ou trop élevée (22 MWh). «Ces montants seront amenés à augmenter, mais l’échelle de départ est d’environ 5 euros par MWh, en bonus ou en malus», a indiqué François Brottes en commission. Veronique Le Billon - Les Echos, 27-09-12 Berlino pronta allo shopping in Italia. E.On ha 10 miliardi da spendere Al gotha delle aziende tedesche fanno gola i gioielli di Monti: Enel -Endesa e Ansaldo 11 Non c’è solo l’Alfa Romeo nel mirino della Germania. Se la crisi dell’Eurozona dovesse precipitare costringendo l’Italia a chiedere gli aiuti, potrebbe partire una nuova vendita degli ultimi gioielli di Stato: da Enel a Finmeccanica passando per Ansaldo possono finire sul mercato e nel mirino delle grandi aziende tedesche. La notizia, rivelata a MF-Milano Finanza da un’autorevole fonte bancaria teutonica, sembra da fantafinanza, ma alcuni indizi raccolti e alcune rivelazioni fanno pensare che al di là degli attestati di stima nei confronti delle mosse del governo Monti da parte del governo di Berlino e della stessa Bundesbank ci sia effettivamente un piano B per chiedere all’Italia di pagare un prezzo molto alto per restare nel club di serie A della moneta unica. Il primo tassello del risiko è una riunione top secret che si è tenuta nel luglio scorso a Francoforte, sede della Bce e della Bundesbank, nonché delle principali banche tedesche, alla quale, secondo quanto rivelato da una fonte in loco, alcuni top banker della Goldman Sachs, della Deutsche Bank e, pare, anche alcuni diretti collaboratori dello stesso Weidmann avrebbero discusso del caso Italia. Non è un mistero che il peso del debito pubblico continui a viaggiare in modo sostenuto ben sopra il 120% del pil in assenza di alcun segnale di riduzione sostanziale (come peraltro MF-Milano Finanza chiede da ormai un anno): in questo scenario - questo il ragionamento dei banchieri tedeschi - l’Italia avrebbe ben poche munizioni per ridurre il prossimo anno di ben 45 miliardi di euro il suo debito pubblico. In effetti, pochi ricordano in queste ore frenetiche di dispute sull’election day e la crisi della politica, che chiunque vinca le prossime consultazioni politiche dovrà rispettare il diktat del Fiscal compact che proprio impone una riduzione del debito pubblico italiano costante per vent’anni fino ad arrivare a quota 60% del pil. «Come farà l’Italia a ottemperare a questo impegno?», si sono chiesti i partecipanti alla riunione di Francoforte. E analoga domanda si è fatto il vertice di un’importante istituzione italiana parlando con MF-Milano Finanza. Semplice e traumatico insieme: in assenza di crescita, si dovrà mettere mano alla vendita dei gioielli di famiglia, per intendersi Eni, Enel, Finmeccanica. Una prospettiva sciagurata perché echeggerebbe drammaticamente quanto già avvenuto ai tempi del Britannia nel ‘92 (il panfilo su cui il governo italiano trattò la vendita della prima grossa fetta di società pubbliche), ma che non viene considerata irrealistica se davvero l’esecutivo Monti non cederà altri asset statali. La prospettiva è talmente seria che, e questo è il secondo indizio, già si fanno i nomi di alcuni brand italiani che farebbero gola ai tedeschi tanto da essere stati evocati sia a Francoforte dagli uomini di Goldman che più di recente a Roma, in una seconda riunione di industriali e banchieri tedeschi, a latere della visita in luglio di Angela Merkel. Oltre a quelli di Unicredit e Monte dei Paschi e di Ansaldo Energia, per cui è in pole position da tempo la Siemens, ci sarebbe anche il colosso elettrico guidato da Fulvio Conti, ormai un gigante appetito nel mondo nonostante l’eccessivo debito e in special modo la sua controllata spagnola Endesa. E chi avrebbe voglia di tentare un’impresa tanto ardita? Il terzo indizio raccolto porta dritto alla E.On, il gigante tedesco dell’energia, che vanta una liquidità di 10 miliardi di euro e che vorrebbe espandere proprio nell’Europa meridionale il suo business. Roberto Sommella - MF, 27-09-12 Iberdrola negocia vender parte de la red eléctrica de Scottish Power La compañía ha recibido ofertas de fondos de inversión para tomar una participación en el negocio de transporte y distribución del grupo británico, que está valorado en 4.500 millones de libras Iberdrola negocia la venta de una participación minoritaria en su red de transporte y distribución de electricidad en Reino Unido, en una operación que permitiría a la eléctrica española avanzar en su proceso de reducción de deuda manteniendo el control sobre esos activos. Según fuentes cercanas a la negociación, varios fondos de inversión ya han formulado ofertas preliminares para entrar en el capital de Scottish Power Energy Networks Holding, sociedad creada por Iberdrola para segregar las redes de su filial británica. Los analistas valoran esos activos en 4.500 millones de libras (5.600 millones de euros). Si se excluye la deuda de esa sociedad, la venta de hasta un 49% podría reportar entre 1.000 y 1.500 millones de libras a Iberdrola, lo que sería la mayor desinversión del grupo en los últimos años. Fuentes de Iberdrola no quisieron realizar comentarios sobre la posible venta de la red de Scottish Power. Negocio seguro Los principales candidatos a la compra son fondos de infraestructuras y soberanos, que ven las redes eléctricas de Reino Unido como un activo con un flujo de ingresos estable y seguro. Su retribución anual es predecible y determinada por el Gobierno británico. Ignacio Galán, presidente de Iberdrola, estuvo ayer en Londres donde se reunió con el ministro británico de Economía, George Osborne. El ejecutivo español dijo que “Reino Unido cuenta con un marco regulatorio atractivo y estable a largo plazo para las actividades reguladas”. Osborne indicó que la legislación británica “propicia las inversiones en el país”. 12 Algunos analistas venían especulando con la posibilidad de que Iberdrola realizara una colocación en bolsa de una parte del grupo Scottish Power, en una operación similar a las que Santander ha hecho en México y Brasil, y a la que Telefónica planea en Alemania. Pero los ejecutivos de Iberdrola ven más factible, rápida y rentable la cesión de parte de la red eléctrica en Reino Unido, en lugar de una oferta pública de venta de todo Scottish Power, grupo adquirido por la empresa española en 2007 por 11.600 millones de libras. La primera razón para ello es que el marco legal del negocio de redes está fijado para los próximos años, mientras hay incertidumbre en otros negocios de Scottish Power como la generación eléctrica. La segunda es el fuerte interés que existe entre los inversores por las infraestructuras británicas, al ser consideradas un refugio seguro en la actual incertidumbre económica. Ferrovial, por ejemplo, acaba de vender un 10,6% de la empresa de aeropuertos BAA a un fondo de Qatar por 607 millones de euros. Sería más difícil encontrar inversores que quieran acciones del grupo Scottish Power en bolsa. Y la tercera razón es que la valoración de todo el grupo Scottish Power podría ser inferior a la que Iberdrola pagó, generando minusvalías si se saca a bolsa. El negocio de redes sí parece haberse revalorizado estos años, frente a la depreciación de las centrales. Iberdrola provisionó 286 millones en 2011 por sus activos de generación en Reino Unido. Las cuentas del año pasado reflejan el atractivo de las redes frente a otros negocios. Scottish Power Energy Network Holdings generó un beneficio neto de 196 millones de libras, sobre el total de 267 millones que obtuvo el conjunto de la filial británica. La eléctrica vendió en 2002 su red de transporte de alta tensión en España al fondo de capital riesgo CVC por 577 millones, pero mantuvo en su poder las líneas de distribución que llevan la energía a los clientes finales. Objetivo La venta de parte de la red británica se enmarca dentro del plan de Iberdrola para reducir en dos años un 20% su deuda, que en junio estaba situada en 32.000 millones de euros. La empresa contempla traspasar activos no estratégicos (como sus parques eólicos en Polonia) o participaciones minoritarias en activos estratégicos (caso de la red británica). Roberto Casado - Expansión, 27-09-12 Scottish Power: una oportunidad para Iberdrola Las grandes multinacionales españolas continúan en 2012 buscando opciones para reducir su deuda, una estrategia que han seguido Santander con sus filiales en México y Brasil, Ferrovial con BAA y Telefónica con 02 Germany Ahora podría llegar el turno también a Iberdrola, que se ha marcado el objetivo de reducir su endeudamiento desde 32.000 millones de euros a 25.600 millones en los próximos dos años. Para ello, la compañía presidida por Ignacio Sánchez Galán está negociando la venta de una participación minoritaria en la red de transporte y distribución de Scottish Power, su filial en Reino Unido, adquirida en 2007 por 11.600 millones de libras (14.600 millones de euros). Este negocio está valorado en aproximadamente 4.500 millones de libras, y la venta de un paquete de hasta el 49 por ciento, deducida la deuda, pudiera reportar a Iberdrola entre 1.000 y 1.500 millones de libras. Novias no faltan para un negocio regulado y estable como éste, muy atractivo para fondos de infraestructuras y fondos de inversión soberanos que apuestan por cash flows estables y predecibles, sin sobresaltos regulatorios, en economías estables. De la necesidad hay que hacer virtud, de tal forma que Iberdrola mantendría el control del negocio. La compañía ha perdido un dieciocho por ciento de su valor en 2012 y en la actualidad alcanza una capitalización bursátil de 22.530 millones de euros. Expansión, 27-09-2012 AcegasAps-Hera: 23 «sì» dal Consiglio comunale La delibera passa grazie ai voti della maggioranza da cui si dissocia Furlanic (Fds) A fine maratona notturna otto i «no», con l’opposizione dimezzata dalle assenze Il Consiglio comunale ha detto sì alla fusione AcegasAps-Hera. Il voto alla delibera che ha sancito il via libera all’operazione è arrivato alle 4.07 di ieri dopo una seduta-fiume notturna. Ventitrè i favorevoli, cioè la maggioranza (con in testa il sindaco Roberto Cosolini e poi gli eletti di Pd, Sel, Idv, Trieste cambia e Cittadini) privata del solo apporto della Federazione della sinistra. Otto «no», sette (i pidiellini Bertoli, Camber, Giacomelli e Rovis, il leghista De Gioia e i grillini 13 Menis e Patuanelli) da un’opposizione dimezzata dalle assenze più quello annunciato del presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic (Fds). Un’unica astensione, del finiano Michele Lobianco. Nel corso della nottata era arrivato, in anticipo rispetto ai tempi dell’assemblea triestina, l’ok del Consiglio comunale di Padova. A completare il processo di integrazione, saranno ora i passaggi nei Consigli degli altri Comuni interessati e infine - entro il 15 ottobre - le assemblee degli azionisti di Hera e di AcegasAps holding. Sel e Idv a Trieste hanno confermato la loro posizione favorevole alla delibera, ma non prima di aver avuto garanzie da Roberto Cosolini. I “dipietristi” sono stati accontentati dall’impegno del sindaco, certificato dall’accoglimento della relativa mozione da parte della giunta, ad attivarsi a tutela della qualità dei servizi della nuova società e per la riduzione di costi e numero di componenti nei cda. Contenuti tratti dalla lettera d’intenti siglata dal sindaco di Padova Flavio Zanonato e dall’Italia dei valori e inviata l’altra sera a Cosolini. Per i “vendoliani”, il fattore chiave si è rivelato l’assenso del primo cittadino a far proprio un loro ordine del giorno dai toni simili e con alcuni paletti fra cui: controllo delle tariffe («da decidere a livello locale», ha aggiunto a margine il capogruppo di Sel Marino Sossi), salvaguardia dei livelli occupazionali e utili da destinare al welfare. Così alla fine Cosolini può esultare: «Fatta salva la posizione della Fds, la maggioranza si è dimostrata compatta. E anche le molte assenze fra l’opposizione al voto finale sono state probabilmente dettate da difficoltà a esprimersi contro il documento...». «L’operazione AcegasAps – Hera potrà portare dei maggiori utili di cui il bilancio comunale - rileva Giovanni Maria Coloni (Pd) -, nei prossimi difficili anni, avrà bisogno per assicurare un adeguato livello di servizi ai cittadini». Critico invece a più voci il Pdl: «Il sindaco aveva dato garanzia del mantenimento del 70% dell’indotto di AcegasAps alle imprese triestine osserva Claudio Giacomelli -. Nella delibera questa frase non c’è. Abbiamo proposto un emendamento per inserire questo impegno, ma la maggioranza ha votato compattamente contro. La città si è svegliata più debole, probabilmente più povera». Poi Paolo Rovis: «Una buona operazione finanziaria e industriale. Un’ottima operazione politica a vantaggio del Pd. Una cattiva operazione per i cittadini di Trieste, che subiscono una decisione di parte sulle proprie teste». A ruota Everest Bertoli e Piero Camber: «L’unica nota positiva è l’odg del Pdl fatto proprio dal sindaco, che chiede che l’Acegas continui a versare tasse e imposte sul nostro territorio così come Hera Trading per garantire le stesse entrate alla nostra comunità». «L’ho accolto ma era un dato già certo, acquisito», la postilla a riguardo di Cosolini. «Il centrosinistra con Pd, Idv, Sel calpesta la volontà popolare e lo splendido risultato ottenuto poco più di un anno fa con il referendum sull’acqua pubblica», attaccano i 5 Stelle Paolo Menis e Stefano Patuanelli. Mentre Michele Lobianco (Fli) ha scelto l’astensione come «richiamo forte alla responsabilità del sindaco, non essendo ideologicamente contrario alla fusione ma riscontrando nella delibera molti passaggi tecnico-politici poco convincenti». Matteo Unterweger - Il Piccolo, 27-09-12 «Il Veneto si è giocato le multiutility come ha fatto anni fa con le banche» Scenari. Marchi: restiamo soli a giocare un ruolo da aggregatori Se la fusione di Marco Polo Holding in Save è anche pensata per rafforzare le strategie di espansione della società aeroportuale, si dice sì, almeno indirettamente, a un'operazione di «sistema». Un sistema in cui «noi cresciamo col traffico aeroportuale, che supererà i dieci milioni di passeggeri complessivi tra Venezia e Treviso. Restiamo un soggetto che può aggregare e non viene aggregato. E mi pare che in questo siamo rimasti praticamente da soli». Questo il pensiero di Enrico Marchi, che fa un parallelo tra il proprio gruppo e quello che è successo in passato con le banche. E che adesso sta accadendo con le multiutility. La quotata veneziana gestisce il Marco Polo e il Canova (all'estero anche Charleroi) e si appresta, dopo un lunghissimo «fidanzamento», a conquistare lo scalo di Ronchi dei Legionari: ora è l'unica offerente a gara in corso. Si sta costruendo un polo del Nordest, capace di guardare oltre i propri confini. «Nel frattempo diciamo addio alle multiutility, dove qui in Veneto si è commesso un errore analogo a quello fatto con gli istituti di credito anni fa». Invece di costruire alleanze e aggregazioni locali via via più forti, «ci si è messi nelle condizioni di far finire qualcuno sotto il controllo altrui. Come alla fine è successo con AcegasAps che ha varato la fusione con Hera». Marchi, indossando la giacca dell'azionista (attraverso Finint) di Ascopiave, giudica con perplessità le scelte recenti dei nuovi vertici trevigiani, che hanno dichiarato di non essere interessati ad aggregazioni: «Ascopiave, a questo punto, rischia di restare una bella zitella». Corriere del Veneto, 27-09-12 14 Rete di distribuzione ex-Enel, dialogo tra Comuni e Selnet Con il primo gennaio 2011 l’intera rete di distribuzione dell’energia elettrica dell’Enel in Alto Adige è passta alla società Selnet (Sel). Si tratta di circa 5.100 km di r ete a media e bassa tensione e delle relative infrastrutture L’obiettivo è quello di garantire la qualità dei servizi e la sicurezza della fornitura di energia in tutte le zone dell’Alto Adige. Da tempo è però in atto una trattativa tra Selnet e Provincia da un lato, e i Comuni altoatesini dall’altro per l'eventuale acquisizione delle reti elettriche ex Enel dalla Selnet da parte dei comuni. In questa partita il Consorzio dei Comuni fa da mediatore. Ieri si è svolto un incontro tra i vertici Selnet e Palazzo Widmann, venerdì scorso si erano incontrati i rappresentanti dei Comuni. Il passo successivo è quello di mettere in mano ad una società di rating il compito di valutare il valore della rete di distribuzione dell’energia elettrica in questione. Alla fine rispetto ai 28 Comuni che hanno partecipato a questo dialogo «interno», con ogni probabilità rimarranno in campo solo quelli che hanno un effettivo interesse ad ottenere la rete di distribuzione sul proprio territorio. Alto Adige, 26-09-12 Energia, la Provincia contro Frasnelli Durnwalder: controllare eventuali fiduciarie ne lla società per la centrale pusterese. L’imprenditore: tutto alla luce del sole Nuovo capitolo nella guerra tra Palazzo Widmann e l’imprenditore Hellmuth Frasnelli, in quella che è ormai diventata la saga delle concessioni a scopo idro-elettrico in Alto Adige. La Provincia intende verificare la sussistenza o meno di una fiduciaria non dichiarata nella proprietà della società «Eisackwerk Rio Pusteria Srl», quella di Frasnelli (ma non solo), per intenderci, che ha in gestione la centrale all’imbocco della val Pusteria. «Se le verifiche dovessero portare all’individuazione di una fiduciaria non resa pubblica secondo i termini di legge, la giunta provinciale dovrà avviare l’iter di revoca della concessione», così Luis Durnwalder al termine della seduta di giunta di ieri. Frasnelli replica duro ad immediato giro di posta. «Un attacco scandaloso alla società “Eisackwerk Rio Pusteria srl” dove è tutto alla luce del sole», sottolinea Frasnelli. Sulla stessa falsariga l’intervento del socio Karl Pichler. Il tema delle fiduciarie era esploso con la vicenda della concessione alla «Stein an Stein» per la centrale di Mezzaselva. Vicenda finita nelle aule dei tribunali: il prossimo 19 ottobre ci sarà l'udienza preliminare a carico di Maximilian Rainer, Klaus Stocker e Franz Pircher (tutti ex Sel) per i quali la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio a conclusione dell'inchiesta. Per garantire la massima trasparenza nel settore delle concessioni idroelettriche, il consiglio provinciale aveva approvato una legge secondo cui le concessioni per l'utilizzo di beni pubblici, come appunto l'acqua a scopi idroelettrici, possono essere rilevate o assegnate a società partecipate da fiduciarie solo a condizione che tali società rendano nota l'identità dei fiducianti entro un termine di 60 giorni. Nel caso della "Stein an Stein srl", come noto, la concessione idroelettrica venne revocata in quanto non aveva rispettato tale obbligo di comunicazione. «Verificheremo la nuova questione», spiega il presidente Durnwalder. Ma Frasnelli ed i suoi legali non ci stanno. «Non c’è nulla di nascosto nella società “Eisackwerk Rio Pusteria Srl”. La proprietà è così divisa, basta recarsi alla Camera di commercio: il 37,25% è della “Investa Srl” completamente in mano a Hellmuth Frasnelli e a sua moglie Renate Vieider. Un’altra quota del 37,25% è della “Flumen Srl” dell’imprenditore Karl Pichler. Il 20 per cento è di proprietà dell’imprenditore Peter Thun e il 5,5 per cento fa capo alla “Botzen Invest” che al suo interno annovera quote in mano ad istituti della Curia di Trento e di Bolzano, oltre ad altre realtà imprenditoriali altoatesine», evidenziano gli avvocati di Frasnelli. Il bello è che a fine anno la nuova centrale entrerà in funzione dopo lavori costati decine di milioni di euro. Maurizio Dallago - Alto Adige, 26-09-12 La Eisackwerk puntualizza «La proprietà è trasparente» La Eisackwerk Rio Pusteria srl non è una società fiduciaria ma una ordinaria società di capitali le cui partecipazioni sono in ogni momento verificabili presso la Camera di commercio 15 La puntualizzazione è della stessa società a responsabilità limitata che in una lunga e dettagliata nota ribatte al comunicato stampa emesso dalla Provincia lunedì che aveva indicato la stessa Eisachwerck Rio Pusteria srl a rischio di revoca della concessione per possibile violazione delle disposizioni che impongono trasparenza in caso di partecipazioni di fiduciarie. Nel comunicato si accusa l’ufficio stampa della Provincia di superficialità e si sottolinea che «alla società Eisackwerk Rio Pusteria srl partecipano esclusivamente società e persone che reputano non necessario ed anche non corretto nascondersi dietro partecipazioni fiduciarie, a differenza di altri casi emersi. «Chi intende anche soltanto insinuare il contrario - si legge ancora nel comunicato - ne assumerà le relative responsabilità. Alto Adige, 27-09-12 Incontro tra Regione e Iren. "No a nuovi inceneritori" L'assessore all'Ambiente Freda, nel corso di un vertice con le multiutility dell'Emilia -Romagna, ha ribadito la sua posizione contraria agli impianti: dovranno essere tutti chiusi progressivamente insieme alle discariche. Priorità il riutilizzo, non lo smaltimento" Chiusura progressiva di tutte le discariche e di tutti gli inceneritori in Emilia-Romagna, con gli attuali centri di smaltimento che saranno convertiti in poli di recupero dei rifiuti. E no alla "realizzazione di nuovi inceneritori", quello di Parma compreso. Così l'assessore regionale all'Ambiente Sabrina Freda, ha ribadito ieri la linea - già espressa poche settimane fa - durante l'incontro con le multiutility e i gestori degli impianti. I quali, però, hanno mostrato non poche resistenze all'idea di chiudere soprattutto i termovalorizzatori, perché "in questi anni abbiamo fatto molti investimenti. Quindi serve un passaggio progressivo". Freda ha sottolineato che, nei prossimi anni, "si andrà alla dismissione progressiva prima delle discariche e poi dei termovalorizzatori. L'obiettivo è stringere un nuovo patto con le aziende, perché la priorità sia il riutilizzo dei rifiuti e non lo smaltimento". Dal canto loro, le utility "hanno condiviso il piano regionale di gestione dei rifiuti - riferisce l'assessore - perché supera i confini provinciali e quindi permette di razionalizzare i flussi e non creare ridondanze". I rappresentanti di Hera hanno stimato che, in questo momento, potrebbero ottenere un risparmio del 7% sui conferimenti e, di conseguenza, anche sulle emissioni. "La parte meno condivisa è la conversione del core business", ammette Freda, ovvero la chiusura di tutti gli inceneritori e delle discariche. "Non è un passaggio istantaneo ma ci arriveremo", assicura l'assessore. L'idea della Regione è "riconvertire gli attuali centri di smaltimento in poli di recupero dobbiamo tornare ad essere di nuovo all'avanguardia, perché ora sul riciclo rischiamo di essere il fanalino di coda". La prospettiva, dunque, "è avere progressivamente solo impianti di recupero" dei rifiuti. "Anche i gestori - continua l'assessore - capiscono che non è più la stagione degli inceneritori". All'incontro erano presenti i rappresentanti di Confservizi, Hera, Iren e delle altre concessionarie della gestione dei rifiuti, che si sono impegnati a presentare un documento condiviso in occasione della prossima riunione, il 9 ottobre, quando Freda incontrerà gli imprenditori impegnati in Emilia-Romagna nel riciclo dei rifiuti (sono circa 200). Motivo di attrito tra multiutility e assessore è stato anche il rapporto con le altre regioni italiane. Da parte dei gestori, infatti, è stato mostrato un certo interesse a catalizzare in Emilia-Romagna, eventualmente, anche il conferimento di rifiuti da altre parti del paese. Fortemente contraria invece Freda. "Noi dobbiamo puntare al riciclo e all'autosufficienza sostiene l'assessore - non possiamo certo diventare il punto di riferimento per lo smaltimento dei rifiuti dalle altre regioni solo perché in quei territori non si attrezzano gli impianti". La Repubblica (Parma), 27-09-12 Un réacteur nucléaire s'arrête en Suède Un réacteur nucléaire en Suède s'est arrêté automatiquement aujourd'hui après une alerte qui s'est déclenchée pour une raison qui reste à déterminer, a annoncé l'exploitant, OKG "Peu après minuit le 26 septembre est intervenu un arrêt automatique rapide à Oskarshamn 3. La raison de cet arrêt a été un signal inattendu dans le système de sécurité du réacteur", a indiqué le groupe dans un communiqué. "Afin de pouvoir déterminer la cause de l'arrêt de la production (...) un travail d'analyse de l'incident a été lancé", a-t-il ajouté. Mais aucun problème n'a été détecté aujourd'hui. OKG estimait pouvoir redémarrer le réacteur samedi. 16 L'incident l'a contraint à reporter un test de sécurité important, initialement prévu vendredi, et qui incluait un arrêt manuel du réacteur. Oskarhamn, sur la côte Est de la Suède à environ 300 km au sud de Stockholm, est l'une des trois centrales nucléaires du pays. Le réacteur 3, entré en service en 1985, est l'un des réacteurs à eau bouillante les plus puissants du monde, avec une capacité brute de 1.450 mégawatts. Il produit quelque 5% de l'électricité du pays. Le Figaro, 27-09-12 Les acteurs français du nucléaire à l'attaque sur le marché du charbon Alstom, EDF et GDF Suez ne délaissent pas le marché des centrales à charbon, première source d'électricité dans le monde. Ils décrochent même de beaux succès, comme Alstom ce mercredi en Corée du Sud « C’est une belle victoire », se félicite Didier Pfleger, vice président chez Alstom Power. « On vient de rentrer sur les deux marchés les plus fermés du monde ». Alstom vient de décrocher ses deux premières ventes de centrales à charbon en Chine et en Corée du Sud. Une belle performance pour le groupe dirigé par Patrick Kron qui, non content de ne pouvoir accéder à ces marchés très fermés, retrouve de plus en plus souvent sur son chemin à l’international les constructeurs chinois et coréens. La Chine, qui tire près 75% de son électricité du charbon, est également le premier constructeur mondial avec trois groupes leaders. Alstom n'a toujours pas pénétré le principal segment de ce marché en Chine Mercredi 26 septembre, Alstom a annoncé la vente d’un groupe turbo-alternateur pour une centrale de 1.200 MW en Corée du Sud, pour un montant de 100 millions d’euros. En mars dernier, le groupe français avait très discrètement signé un contrat du même type pour la centrale chinoise de Pingwei (2.000 MW). Mais Alstom n’est pas encore au bout de ses peines en Chine car il reste absent du marché du principal composant des centrales à charbon, les chaudières, qui pèsent 40% de l’investissement total d’une centrale contre 15% pour les turbines et l’alternateur. Et pourtant, il a acheté en 2008 le numéro 4 chinois de ce segment. Le groupe français est reparti à l’assaut en se fiançant au printemps 2011 avec le numéro 1 chinois (Shangai Electric) mais l’accord n’est toujours pas finalisé. Le charbon fournit 40% de l'électricité dans le monde Alstom, leader mondial (hors Chine) sur les centrales électriques à charbon avec 10 à 15% de part de marché, n’est pas le seul acteur de la filière nucléaire française à se positionner sur cette source d’énergie. EDF et GDF Suez tentent également de ne pas laisser échapper ce marché prometteur. Le charbon, qui semble dépassé, voire mort, vu de l’hexagone, fournit 40% de l’électricité dans le monde. C’est la deuxième source d’énergie primaire dans le monde (25% de la consommation, après le pétrole 34%) mais la première pour la génération d’électricité. Loin d’être en extinction comme on pourrait le croire en France où le nucléaire l’a remplacé, la consommation de charbon a plus que doublé en 30 ans sur la planète. GDF Suez construit des centrales charbon dernier cri en Europe GDF Suez, qui vient d’inaugurer deux centrales ultramodernes sur l’île de java en Indonesie et sur les bords du Golfe de Thaïlande, au sud de Bangkok, construit également des centrales à charbon dernier cri en Europe. Le groupe dirigé par Gérard Mestrallet va en mettre deux en service l’an prochain, l’une près de Rotterdam aux Pays-Bas (une centrale mi charbon – mi biomasse qui représente un investissement de 1,2 milliard d’euros) et à Wilhelmshaven, en Allemagne. EDF, de son côté, n’a pas hésité à investir chez le principal utilisateur européen de charbon, la Pologne. Le groupe français va consacrer 1,8 milliard d’euros pour construire une centrale de 900 MW dans ce pays qui produit encore 86% de son électricité à base de charbon (96% en 1996 !).Même Areva s'intéresse à ce marché. Le constructeur nucléaire a acheté fin juillet une PME qui permet de remplacer le charbon par le bois dans les centrales, sans changer d'équipement! Des centrales "ultrasupercritiques" Ce marché est d’autant plus intéressant pour les industriels qu’il s’agit de vendre –ou de maîtriser- des équipements qui maximisent le rendement et limitent les émissions. Très émetteur de CO2 (avec des émissions supérieures de 35% au pétrole, de 72% au gaz naturel), le charbon nécessite des équipements de dépollution …coûteux. Autre moyen de lutter contre le CO2 : augmenter le rendement avec les centrales « supercritiques » et « ultracritiques ». En permettant des rendements compris entre 42% et 47% (contre 35% précédemment), elles brûlent moins de charbon et émettent jusqu’à 25% de CO2 en moins. Marie-Caroline Lopez - La Tribune, 27-09-12 17 Alcoa, Glencore pone le prime condizioni: “Costo dell’energia a non più di 25 euro/Mwh” La multinazionale svizzera definisce il limite del p rezzo dell'energia per i prossimi 10 anni. La decisione è una condizione imprescindibile l'apertura formale di una trattativa per l'acquisizione dello stabilimento di Portovesme La Glencore (una delle società che hanno presentato una manifestazione d’interesse per l’acquisto dell’Alcoa) pone una condizione imprescindibile per l’apertura formale di una trattativa per l’acquisizione dello stabilimento Alcoa di Portovesme: il costo dell’energia per i prossimi 10 anni non dovrà superare i 25 euro/Mwh. Lo scrive la multinazionale svizzera in una lettera al sottosegretario De Vincenti e al governatore sardo. Una settimana fa, il sottosegretario allo Sviluppo economico aveva riacceso la speranza degli operai sardi affermando che oltre alla Glencore e Klesch, altre due società avevano manifestato interesse importante per l’Alcoa, “un’azienda torinese e un grosso gruppo cinese”. Il pretendente italiano è la KiteGen Research S.r.l. di Chieri. La proposta di Massimo Ippolito, patron dell’azienda, inviata al ministero dello Sviluppo economico, all’Alcoa e alla Regione Sardegna prevede l’alimentazione dell’alluminificio con le sue ‘fattorie del vento’. Per l’Alcoa servono circa 200 macchine, simili all’impianto sperimentale di Sommariva Perno, che coprirebbero circa 1 km quadrato di territorio. Queste, spiegano dalla KiteGen “produrrebbero i 300 mega watt necessari allo stabilimento Alcoa, con disponibilità annue di oltre 5 mila ore. La spesa corrente energetica di Alcoa calcolata a 30 euro a MWh sarebbe già sufficiente a ripagare l’investimento sui generatori in circa due anni”. Per tutti gli interessati, ha sottolineato De Vincenti, “valgono tuttavia le condizioni per il prezzo dell’energia e le infrastrutture chiarite al tavolo con Glencore che aveva preso del tempo per decidere”. In particolare sul fronte energetico, De Vincenti aveva parlato di sconti “assolutamente in linea con la normativa europea, vicini a 40 euro a megawatt ora”. Il Fatto Quotidiano, 27-09-12 GE sees demand for gas-fired power Generators shift more investment towards gas and renewables Power generators around the world are starting to invest in gas-fired power plants to provide baseload electricity, replacing coal, nuclear and oil, according to General Electric, the US industrial group. The investments are evidence of a shift in fuel usage in response to rising supplies of natural gas, locking in increased demand for the decades that the plants will be in operation. On Wednesday, GE will announce new orders for its gas turbines from Japan, Saudi Arabia and the US, from customers that plan to use them principally for baseload: running continuously to provide constant supplies of electricity, rather than ramping up and down to meet peaks in demand. The gas turbine market has been slow because the economic downturn in Europe and the slow recovery in the US have weakened power demand, so many generators have little incentive to invest. However, Steve Bolze, GE’s chief executive of power and water, now a separate division following reorganisation of the group’s energy operations, said the recent orders reflected a long-term trend in favour of gas for the new capacity that was being installed. “There is always going to be a diverse range of investment, in coal, gas, nuclear and renewables,” he said. “But we’ll be seeing a little more of a shift towards gas and renewables.” The US shale revolution has led to a surge in output and a steep fall in prices for North American gas, encouraging other countries to attempt both to secure supplies of cheap American gas and to develop their own shale production. The International Energy Agency, the developed countries’ think tank, argued in May that natural gas was “poised to enter a golden age”, in which it could be cheaper than coal as a fuel for power generation in both the European Union and the US. However, Mr Bolze said China, the world’s largest market for installation of new power generation, was still relatively slow to invest in gas-fired plants because it had not yet developed its own gas production. “The availability of gas is critical in China, as it is in India,” he said. “As the gas becomes available, those markets will continue to expand.” GE has been placing a large bet on gas, investing in technology for its production, transport, and use, including a run of acquisitions worth $11bn in 2010-11, and stands to benefit from increased gas use. 18 It provides a range of generation equipment, including nuclear reactors, wind turbines and solar panels, but has a particular strength in gas turbines, and has been investing in new “flexefficiency” products designed to allow rapid ramp up and down in power output while using gas as efficiently as possible. Its latest version is targeted at countries that use a frequency of 60 hertz for fluctuations in alternating current, which include South Korea and Brazil as well as the US, Japan and Saudi Arabia. GE’s latest orders, totalling $1.2bn, include six turbines for Japan, where they are likely to replace nuclear generation, which has been cut back following the 2011 Fukushima disaster and would be shut down altogether under an energy strategy recently set out by the government. In Saudi Arabia, the gas-fired plants will be used to substitute for oil-fired generation, to allow the kingdom to sustain its lucrative crude exports. Analysts at Citi argued recently that if present trends in domestic demand and production continued, Saudi Arabia would cease to be an oil exporter by 2030. Ed Crooks - Financial Times, 27-09-12 Oettinger (Ue): attenti ai costi delle rinnovabili Troppi incentivi insostenibili per i consumatori, serve armonizzazione europea Attenti alla crescita dei costi derivanti dall'incentivazione delle fonti rinnovabili. Il grido d'allarme è stato lanciato ieri sera dal commissario Ue all'Energia, Günther Oettinger, che nel corso di una conferenza a Colonia ha spiegato che nel caso della Germania è già stato superato il livello di guardia. Oettinger ha citato infatti previsioni secondo cui il sovrapprezzo che i consumatori tedeschi pagano per l'incentivare le fonti rinnovabili salirà dai 3,6 centesimi di euro per kWh di quest'anno ad oltre 5 €cent/kWh nel 2013, con la prospettiva di arrivare negli anni successvi fino a 7 €cent/kWh (e 9 a €cent/kWh includendo l'Iva). L'aumento a 5 €cent/kWh si tradurrà l'anno prossimo in un costo addizionale di 70 euro sulla bolletta media, che si attesterà così a 900 euro. Nel complesso, il sovrapprezzo tedesco ammonterà nell'anno in corso a 16 miliardi di euro, che diverranno 20 miliardi nel 3013. A giudizio di Oettinger, vi sarebbe dunque bisogno di un "limite di velocità" alla crescita degli incentivi, ma soprattutto di un'armonizzazione a livello europeo dei sistemi di supporto alle rinnovabili. QE, 26-09-12 Energia, eolico Ue ha capacità 100 gigawatt, quanto 39 centrali atomiche La capacità di produzione di energia eolica installata nell'Unione europea ha raggiunto il traguardo di 100 gigawatt, cioè l'equivalente dell'energia generata da 39 centrali nucleari o da un treno di carbone lungo da Buenos Aires a Bruxelles Lo ha annunciato oggi l'associazione dei produttori europei Ewea, aggiungendo però che i rischi finanziari minacciano la crescita del settore. "Nelle ultime due settimane abbiano appena superato i 100 gigawatt di capacità installa in Europa", ha detto Christian Kjaer, amministratore delegato della European Wind Energy Association, parlando a un piccolo gruppo di giornalisti. "Stiamo aggiungendo circa 10 gigawatt l'anno da un paio d'anni e sarà all'incirca lo stesso quest'anno", ha aggiunto Kjaer. "Non posso dire se (il trend) continuerà nel 2013. C'è troppa incertezza politica". Il settore ad alta intensità di capitale è di fronte a una sfida, dopo che le banche hanno accorciato la scadenza dei prestiti e aumentato i costi, e l'energia eolica dunque non ha beneficiato dei bassi tassi di interesse, ha detto Kjaer. Ora si cercano dunque investitori a lungo termine, tra cui fondi pensione e assicuratori. Allo stesso tempo, la crisi economica Ue ha comportato misure d'austerità che hanno prodotto brusche modifiche nelle politiche di governo per il finanziamento delle energie rinnovabili. La maggior parte dei 100gigawatt sono prodotti attualmente da impianti offshore, cioè in mare, il cui costo di installazione è stimato in 3-4 milioni di euro a megawatt, rispetto agli 1,2-1,4 milioni per le installazioni a terra. Barbara Lewis - Reuters, 27-09-12 19 L'Europa del vento passa la soglia dei 100 GW L'Unione Europea ha oltrepassato i 100 GW di potenza eolica, produce tanta energia quanto 39 centrali nucleari o 62 a carbone e abbast anza da soddisfare il fabbisogno di 57 milioni di case, annuncia EWEA, l'associazione europea dell'energia dal vento L'Unione Europea ha oltrepassato i 100 GW di potenza eolica,il vento ora produce tanta energia quanto 39 centrali nucleari o 62 a carbone, abbastanza da soddisfare il fabbisogno di 57 milioni di case. Lo annuncia EWEA, l'asociazione europea dell'energia dal vento. Ci sono voluti 20 anni per installare i primi 10 GW, negli ultimi 13 se ne sono installati 90. Metà della potenza eolica europea è stata installata negli ultimi 6 anni. La produzione annuale di elettricità dal vento nell'Ue, fa notare EWEA, è pari a quella di 62 centrali a carbone oppure di 39 centrali nucleari o di 52 a gas. La stessa produzione fatta a carbone implicherebbe la combustione di 72 milioni di tonnellate di combustibile, costerebbe 4,983 miliardi di euro e causerebbe emissioni per 219,5 Mt di CO2, se invece la si sostituisse col gas bisognerebbe bruciare 42.4 milioni di metri cubi di gas au un costo di 7,537 miliardi e con emissioni di 97,8 Mt CO2. Per produrre tanta energia quanta ne dà il vento in Europa, commenta Christian Kjaer, CEO di EWEA “bisognerebbe bruciare 72 milioni di tonnellate di carbone l'anno nelle centrai a carbone: un treno di carbone da 750mila vagoni lungo 11,5 km, la distanza tra Bruxelles e Buenos Aires, in Argentina. Nonostante si stia usando solo una frazione minuscola delle grandi risorse eoliche europee, l'eolico sta dando un contributo sostanziale alla sicurezza energetica del'Europa”. QualEnergia, 27-09-12 100 GW produit par l'énergie éolienne d'Europe Il a fallu 20 ans au secteur éolien européen pour connecter aux réseaux électriques les 10 premiers GW d'énergie éolienne mais seulement 13 années pour arriver aux 90 GW suivants La puissance d'énergie éolienne installée dans l'Union européenne a franchi la barre symbolique des 100 GigaWatts (GW), a annoncé jeudi l'association européenne de l'énergie éolienne (EWEA). Une puissance de 100 GW d'énergie éolienne permet de répondre à la consommation électrique sur une année de 57 millions de ménages, et équivaut à la production de 39 centrales nucléaires. 20 Il a fallu 20 ans au secteur éolien européen pour connecter aux réseaux électriques les 10 premiers GW d'énergie éolienne mais seulement 13 années pour arriver aux 90 GW suivants, souligne l'EWEA dans un communiqué. La moitié de la capacité totale d'énergie éolienne en Europe a été installée au cours des six dernières années. Les récents parcs éoliens qui ont permis d'atteindre la barre des 100 GW sont situés au large des côtes et à l'intérieur du Danemark, en Pologne et en Grèce (Crête). L'Echo, 27-09-12 World wind power leader EU passes 100GW Europe’s turbines generate as much power as 39 nuclear plants The EU has cemented its title as the world champion of wind power by passing the milestone of 100 gigawatts of generating capacity installed. The turbines bestriding the continent’s plains and seas can now pump out as much electricity as 39 nuclear power plants – or enough for 57m households. The new record, announced by the European Wind Energy Association trade body, underlines how quickly wind power has grown in the EU, despite the eurozone crisis and concern about the cost of wind subsidies and turbine-blighted views. It took almost 20 years to get the first 10GW of wind power connected to the grid in Europe, the EWEA said, but only 13 years to add 90GW. Half the 100GW was installed over the past six years, in line with EU targets to tackle climate change by getting a fifth of the bloc’s energy from renewable sources, such as wind and solar farms, by 2020. “It would require burning 72m tonnes of coal annually in coal-fired power plants to match Europe’s annual wind energy production,” said Christian Kjaer, EWEA chief executive. To load that much coal on trains would require 750,000 wagons. Germany has the most wind power installed, with 29GW, followed by Spain (21GW) and France (6.8GW). Most of this is onshore, but in the fast-growing offshore wind sector, the UK is currently the world leader. Pilita Clark - Financial Times, 27-09-12 UK renewable energy output jumps by 42% New government figures reveal UK renewable electricity capacity has soared 42% over the past year to 14.2GW The government has today released its latest quarterly energy statistics, confirming that the UK's renewable energy sector is continuing to expand rapidly, while also fuelling concerns that high gas prices are forcing energy companies to switch to more polluting coal power. The statistics from the Department of Energy and Climate Change (DECC) show renewable electricity output during the second quarter of 2012 rose 6.5 per cent year-on-year to 8.13TWh, while capacity soared 42.4 per cent to 14.2GW, largely as the result of the opening of a raft of new large-scale on- and offshore wind farms and the conversion of the Tilbury B power station to dedicated biomass. The increases meant that renewables' share of the UK's electricity mix edged up from nine per cent in the second quarter of 2011 to 9.6 per cent a year later. The performance would have been stronger still, but low rainfall and winds led to a 31 per cent drop in hydroelectricity production and an 11 per cent drop in power output from onshore wind farms. In contrast, output from offshore wind farms soared 47 per cent year-on-year to 1.64TWh, bioenergy edged up 6.5 per cent to just over 3TWh and energy from Solar PV and wave and tidal systems increased more than nine-fold to 0.47TWh. The figures come just days after the UK set a new record for wind power output and mean the UK is now on track to set a host of new renewable energy records during 2012, despite on-going concerns that policy uncertainty is harming investor confidence. However, the new data will also further fuel environmentalists' fears that the currently high price of natural gas is driving a new "dash for coal" that is likely to result in a significant increase in greenhouse gas emissions. 21 DECC revealed gas accounted for 29.8 per cent of the electricity mix during the second quarter, its lowest second quarter share in 14 years, while coal accounted for 36.1 per cent, its highest second quarter share in 14 years. With nuclear's share of the electricity mix also falling slightly to 21.9 per cent, coal was the dominant fuel source during the second quarter. There was also a blow for the UK's energy efficiency efforts, with the figures revealing total primary energy consumption for energy uses rose 6.3 per cent year-on-year. The increase was largely a result of the poor weather, but DECC admitted that even when adjusted to take account of weather differences between the second quarter of 2011 and the second quarter of 2012, primary energy consumption rose by 0.8 per cent. James Murray - The Guardian, 27-09-12 L'eolico Usa vede la crisi: Siemens licenzia 615 dipendenti L'incertezza sui futuri incentivi, la concorrenza del gas e il calo degli ordini stanno frenando l'industria del vento Le preoccupazioni sull'eolico statunitense si stanno avverando: Siemens è pronta a tagliare oltre 600 dipendenti dal suo organico a stelle e strisce, seguendo l'esempio di altre aziende tra cui il colosso danese Vestas. La lobby Usa del vento (Awea, American wind energy association) ha segnalato diverse volte negli ultimi mesi che l'industria del settore è a un passo da una brusca frenata. Il recente boom delle installazioni eoliche è stato favorito soprattutto da un incentivo fiscale, la Ptc (Production tax credit). Peccato che tale credito d'imposta scadrà entro la fine dell'anno: il governo federale lo manterrà in vita? O le imprese dovranno proseguire da sole? Con questo dubbio in testa, acuito dalla battaglia per le imminenti elezioni presidenziali con i repubblicani decisi a rivedere tutta la politica verde di Obama, Siemens lascerà a casa 615 addetti, più del 37% della sua forza lavoro complessiva negli Stati Uniti. I tagli al personale avverranno in tre siti tra Iowa, Kansas e Florida: gli stabilimenti produttivi di Fort Madison e Hutchinson e la sede principale americana di Orlando. Non c'è solo l'incertezza normativa all'origine di tale decisione, ma anche la concorrenza crescente del gas naturale grazie ai prezzi particolarmente bassi, favoriti dall'estrazione di metano nei giacimenti non convenzionali degli scisti (shale gas). La domanda di turbine sta calando, così come gli investimenti in nuovi progetti. Tutti questi fattori, come si legge in un comunicato aziendale, «stanno allungando delle ombre sul futuro a breve termine dell'industria eolica negli Stati Uniti». Nessuna intenzione di lasciare il mercato statunitense, anche se urge una riduzione degli impiegati per rispondere al rallentamento degli ordini. Secondo la lobby del vento, abbandonare il credito d'imposta significherebbe perdere 37.000 occupati nel 2013 e investimenti per dieci miliardi di dollari. Negli ultimi cinque anni, ricorda l'associazione americana del settore, l'eolico ha rappresentato il 35% circa dell'intera potenza elettrica aggiunta negli Stati Uniti. Inoltre, è made in Usa quasi il 70% degli elementi utilizzati per costruire le turbine. Energia24, 27-09-12 Crisi FV, Conergy cancella i "take or pay" con Memc Penale: 21,2 m.ni $ e contratti servizi per 175 MW in Germania, Italia e Spagna Conergy, azienda fotovoltaica tedesca in crisi con sede anche a Vicenza, ha cancellato il contratto di lungo-termine siglato nell'ottobre 2007 con la statunitense Memc, che si era impegnata a fornire wafer a un prezzo prestabilito su basi "take or pay" per un periodo di 10 anni. "Dal mutamento delle condizioni di mercato all'inizio del 2009, sono emersi una serie di problemi riguardo agli obblighi di prezzo e di volumi sottoscritti da Conergy ed è stato ora trovato un accordo di mutuo beneficio", annuncia una nota diramata ieri sera. In base ai termini dell'accordo, sarà adesso cancellato il contratto di fornitura di wafer, che aveva un valore complessivo di circa 600 milioni di dollari. Conergy dovrà però pagare una penale di 26,7 milioni di dollari (di cui 21,2 milioni già detenuti da Memc sotto forma di deposito cauzionale) e trasferire al gruppo americano un portafoglio di contratti per la gestione e manutenzione di impianti fotovoltaici in Germania, Italia e Spagna per un totale di 175 MW. "Dopo la vendita a Bosch di Voltwerk Electronics e la riorganizzazione della produzione di moduli nello stabilimento di Frankfurt Oder, la cancellazione del contratto con Memc è un ulteriore, importante passo del riallineamento strategico di Conergy, che da società di produzione si è maggiormente focalizzata su vendite, distribuzione ed engineering", ha commentato il direttore generale della società tedesca, Alexander Gorski. 22 Il riallineamento si sta riflettendo positivamente anche sulla filiale italiana, Conergy Italia, che, ha reso noto lunedì l'amministratore delegato Giuseppe Sofia, ha chiuso il primo semestre con vendite superiori a quelle dell'analogo periodo 2011. "Questo dimostra che la nostra clientela conferma la sua fiducia ai nostri prodotti nonostante la turbativa creata da disponibilità di prodotto sul mercato a prezzi al di sotto del costo di produzione risultante da elevati stock invenduti da parte di operatori soprattutto asiatici", ha affermato Sofia. Vale ricordare che anche Memc è attiva in Italia con uno stabilimento produttivo a Merano. QE, 27-09-12 Sharp widens revamp to include solar Struggling Japanese group looks to secure fresh financing Sharp is widening the scope of its restructuring, from televisions – a business increasingly consigned to Japanese manufacturing’s past – to an area that the company had hoped would play a big part in its future: solar energy. The struggling electronics group has offered to withdraw from production of photovoltaic modules in the US and Europe as part of a new turnround plan that it has presented to its banks, according to people familiar with the matter. Sharp, which made a net loss of Y376bn ($4.8bn) last year, is trying to convince banks in Japan to extend as much as Y360bn of fresh financing. An agreement is expected to be reached this week. Problems at Sharp’s solar business have received relatively little attention because the company’s biggest losses have come from televisions. In the financial year that ended in March, revenue from liquid crystal displays, the central component of most modern TV sets, plunged 30 per cent and operating losses in the segment more than doubled, to Y42.2bn. Sales of finished TVs also dropped precipitously. Other Japanese electronics groups have been hurt by declining competitiveness in TVs: Panasonic and Sony are in the midst of their own expensive restructurings. But where Sharp’s rivals now source LCD panels from South Korea and Taiwan, Sharp has kept the bulk of its production in-house, leaving it more vulnerable to the industry’s shift away from Japan. Between LCD production and final retail sales, it depends on TVs for more than half its income. Solar was supposed to have been a clever way for Sharp to diversify. The company started research on solar energy 50 years ago but the shift in the TV industry from cathode-ray tubes to LCDs – a technology with a similar production process to photovoltaic (PV) cells – offered what seemed like a golden opportunity to expand. Sharp’s flagship plant in Sakai, western Japan, which it built in 2007 at a cost of more than $4bn, makes both liquid crystal displays and “thin film” solar cells. Unfortunately for Sharp, the same dynamic that has made LCD-making unprofitable in Japan and other high-cost economies has hit the solar business too, as massive investment and output gains in cheaper countries – in solar’s case mostly China – have led to plunging prices. Last year, Sharp’s revenue from solar cells fell 16 per cent, and the division fell to an operating loss of Y22bn from a narrow profit the year before. “Sharp’s situation is unique in that the company made multiple big, expensive investments on new LCD and PV manufacturing technologies that have failed to provide originally envisioned returns,” Charles Annis, an analyst at NPD Solarbuzz, a research firm, said in a recent report. “It’s hard to imagine a scenario in which the Sakai thin film PV module factory would be profitable.” Sharp says it remains committed to solar energy, especially in Japan, where it expects demand for panels to increase as the country shifts from atomic power to renewables following the Fukushima nuclear accident. Japan passed a law last year expanding access to feed-in tariffs – fixed rates at which power companies must buy electricity from “green” producers. Pulling out of US and UK solar cell production would likely mean closing or selling Sharp’s “solar centre” in Wrexham, Wales. Sharp announced in June that its European solar headquarters would move to Wrexham from Germany. Sharp’s desperation has been heightened by uncertainty over a promised investment from Hon Hai, the Taiwanese contract electronic manufacturer, which agreed provisionally in March to buy 10 per cent of Sharp for Y67bn. Terry Gou, Hon Hai’s billionaire founder, is seeking better terms, and a final deal has still not been agreed. Sharp is also cutting wages in Japan and looking to sell TV manufacturing plants in Mexico, China and Malaysia. Together with job cuts it has already announced, divesting the factories could reduce its global workforce by more than 10,000, or about one-fifth. Sharp has told bankers that, if all its restructuring plans are implemented, it could turn an expected operating loss of Y115bn this fiscal year into a profit of Y121bn next year. Jonathan Soble e Michiyo Nakamoto - Financial Times, 27-09-12 23 Geotermia, la richiesta del comitato: «Scavi lontani dalle case» Oltre 400 cittadini dettano le condizioni a Hera sulla realizzazione del progetto a Pontegradella. Modificano la scaletta della serata e chiedono rassicurazioni sulle trivellazioni Assemblea caldissima quella di martedì sera al centro sociale Il Melo. Caldissima e molto partecipata, con quattrocento persone a riempire la sala. Del resto, il tema nelle ultime settimane sta facendo discutere parecchio: si parlava del progetto di Hera di costruire nella zona di via Pioppa un Polo delle energie rinnovabili, che avrebbe dovuto essere illustrato dall’ingegnere Fausto Ferraresi, direttore del settore Teleriscaldamento di Hera. Avrebbe dovuto nel senso che l’assemblea, dopo aver contestato la terzietà del presidente della circoscrizione 4 Pietro Turri, anche componente del Consiglio territoriale della stessa Hera («sono pronto a dimettermi domani mattina» ha affermato Turri a proposito di questo incarico scatenando un applauso fragoroso), ha preteso e ottenuto che si invertisse l’ordine del giorno: prima gli interventi dei cittadini poi, in sintesi, l’esposizione dell’ingegnere. E così sono state illustrate subito le ragioni di timore e opposizione che già da qualche settimana il comitato «No centrali in città’» va esponendo: dall’aver saputo «solo pochi giorni fa che stavano per iniziare lavori vicino a casa nostra», alla scelta «permessa da una politica cieca, di mettersi a trivellare vicino alle abitazioni pochi mesi dopo un sisma», dal rischio di una «correlazione tra le trivellazioni per cercare fluidi e i terremoti», fino all’eccessiva vicinanza del nuovo Polo «che disterà 147 metri dall’abitazione più vicina e tre chilometri dal Castello». «Anche noi abbiamo letto la domanda di screening sul bollettino regionale del 18 luglio», ha raccontato l’assessore all’Ambiente Rossella Zadro, toccando un altro punto di contestazione dei residenti, visto che i tempi per inoltrare osservazioni scadevano il 3 settembre, in pieno periodo estivo. «Già in febbraio però l’assessore Deanna Marescotti e tecnici andarono in Regione a chiedere di partire subito con una Valutazione d’impatto ambientale – comprende l’inchiesta pubblica, ndr –, che non fu concessa». Una volta riuscito a intervenire, Ferraresi ha ricordato che «i lavori non partiranno certo domattina, poiché finora è solo stata chiesta alla Regione l’autorizzazione a cercare una riserva geotermica. Se la troveremo non significherà automaticamente costruire il Polo, poiché bisognerà chiedere alla Regione un altro permesso, presentando il progetto». La riserva da cui Hera andrebbe a prelevare si trova addossata alla città e i due pozzi, dopo una discesa di circa mille metri lungo la verticale, si inclinerebbero fino ad arrivare sotto via Pomposa e sotto via Prinella. La richiesta dei residenti, riportata dal referente del comitato Enrico Droghetti, è allora per lo meno di «scavare il buco più lontano dalle case, spostandolo anche solo di 800 metri, lungo la Rossonia, in aperta campagna». «Non ci sono ragionamenti preventivamente ostativi» a questa possibilità ha risposto Ferraresi, aprendo a un «tavolo di lavoro per ragionare su soluzioni diverse» ma ribadendo che «per noi il punto immaginato è già sufficientemente lontano dalla città. Un’altra soluzione dovrebbe essere in equilibrio, anche economico, perché non c’è dubbio che dall’operazione la società vuole guadagnare». La situazione geologica, poi, «sarà monitorata da una rete attiva ancor prima di mettere il primo badile in cantiere – ha garantito ancora –, e a questo scopo stiamo prendendo contatto con un personaggio importante del settore». Turri ha provato a trarre una conclusione: «nulla è ancora deciso, questa è stata una serata calda con alcune parole pesanti ma spero ce ne saranno altre. A cui verrà anche il sindaco». Gabriele Rasconi - La Nuova Ferrara, 27-09-12 "Centrale geotermica senza certezze, meglio fermarsi" Proteste dei cittadini dopo la relazione di ieri da parte di Hera e del Co mune: "L'impianto comporterà un grande utilizzo dell'inceneritore" Riunione decisamente 'rovente' quella che si è tenuta ieri sera al centro sociale Il Melo. L'argomento, il discusso progetto che prevede la realizzazione di una centrale geotermica a Pontegradella. Un incontro che si è dilungato fin oltre la mezzanotte nel corso del quale i cittadini hanno ancora una volta urlato il loro 'no' alla realizzazione di un impianti di quel tipo nella zona est. Troppo vicino il ricordo del sisma che ha sconvolto l'alto ferrarese. E troppo grande il timore che i lavori possano generare nuove scosse. Fausto Ferraresi, dirigente di Hera, affiancato dagli assessori all'ambiente e alle attività produttive Zadro e Marescotti e dal presidente della circoscrizione 4 Turri, ha cercato di spiegare ai cittadini le ragioni del progetto. Ragioni che, stando all'animato dibattito nato nel corso della serata, non hanno convinto i presenti. E non sono mancate le critiche. «Le argomentazioni vanno ben oltre il solito concetto di 'non nel mio giardino' - spiega Fulvio Biagini, un cittadino che ha preso parte all'incontro -: abbiamo affrontato a più riprese l'argomento del rischio geologico alla luce dei recenti e tragici avvenimenti sismici. Ci aspettavamo di trovare gli amministratori di fianco ai cittadini. Invece l'assessore si è 24 spinta fino al punto di difendere il progetto qualificandolo come ecologico, forse dimenticando che, a fronte della centrale geotermica, ci sarà un enorme utilizzo dell'inceneritore». Ma le preoccupazioni dei cittadini sono soprattutto rivolte al rischio sismico. «La geotermia provoca sisma indotto spiega Enrico Droghetti, presidente del comitato 'No centrale in città' - . Senza la certezza della sua sicurezza in una zona come questa è meglio far valere il principio di cautela». Il Resto del Carlino, 27-09-12 25