Il contratto «incompleto»

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Il contratto «incompleto»
Contratti
Il contratto «incompleto»
Accade spesso, nella pratica degli affari, che il contratto concluso sia
deliberatamente «incompleto»; è il caso, ad esempio, in cui le parti si
sono riservate di determinare (d’accordo fra di loro), successivamente
alla conclusione del contratto, il prezzo o la quantità di fornitura
oggetto del contratto stesso; oppure hanno attribuito tale
determinazione a un soggetto terzo esperto; oppure, ancora, hanno
previsto che a una determinata scadenza si debba procedere a una
nuova determinazione (revisione) - ad esempio - del prezzo, ecc.
di Ezio Guerinoni - Università degli Studi di Milano - Studio Legale Guerinoni
(Milano)
Varie possono essere le ragioni
per cui i contraenti si accordano
sulla «conclusione» del contratto.
Le principali cause di incompletezza del contratto sono, legate,
alcune, alla sfera soggettiva dei
contraenti e, altre, invece, all’operazione economica posta in
essere dalle parti.
Ragioni soggettive
La razionalità limitata
dei contraenti
Con il termine razionalità limitata ci si riferisce, in generale, ai
limiti cognitivi cui l’uomo è soggetto ed indica sia la necessaria
incompletezza delle informazioni, sia i difetti inerenti il processo di elaborazione delle medesime. Essa è all’origine della impossibilità di prevedere e regolare tutte le contingenze.
Poiché acquisire ed elaborare informazioni costa, non solo in termini di tempo ma anche di energia e di denaro, gli agenti umani
preferiranno restringere i confini
della loro ricerca per non incorrere in spese eccessive; preferi-
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ranno pertanto prendere decisioni fondandosi intenzionalmente su un campo di conoscenze più limitato di quello oggettivamente possibile. Ciò è razionale nella misura in cui una simile restrizione comporta risparmi superiori ai vantaggi che si
sarebbero potuti ottenere con
una ricerca più ampia.
Non solo. Il concetto di razionalità limitata indica altresı̀ i limiti
inerenti la capacità di elaborazione informazioni; una volta acquisite queste ultime, gli agenti umani non saranno in grado di elaborarle perfettamente - nemmeno
se lo vogliono - poiché le capacità
di calcolo, le capacità di prevedere ed valutare scenari, le capacità
di compiere giudizi comparativi e
cosı̀ via sono limitate.
La tendenza dei contraenti
a comportamenti opportunistici
Con il termine opportunismo
Williamson indica il «perseguire
con astuzia finalità egoistiche»:
rientrano, dunque, nella nozione
tutte quelle forme sottili di inganno, quali la rivelazione incompleta o distorta di informa-
zioni e, più in generale, il travisamento o il distorcimento della
realtà, operate al fine di raggiungere i propri fini. In questo senso
l’opportunismo è una delle principali cause dello stato di incertezza in cui gli agenti economici
sono chiamati ad operare.
Se non esistessero limiti cognitivi e propensioni egoistiche, probabilmente molti dei problemi
che i contratti si trovano a dover
affrontare a causa dell’incertezza
potrebbero essere risolti senza
troppe difficoltà.
Infatti, se non esistesse, in ipotesi, la razionalità limitata, non sorgerebbero mai problemi di esecuzione del contratto; sarebbe
possibile concludere contratti
onnicomprensivi in grado di
prevedere e disciplinare dettagliatamente ogni possibile evento che si presenti nel corso del
rapporto. Tutte le questioni rilevanti per le parti sarebbero efficacemente risolte ex ante, predisponendo le clausole più opportune. Un problema di incompletezza del contratto non sarebbe nemmeno configurabile.
Similmente, se gli agenti umani
non fossero dediti all’opportunismo - vale a dire, se le promesse
fossero automaticamente mantenute - non sorgerebbero mai
problemi di esecuzione: le difficoltà create da eventuali lacune
contrattuali, infatti, potrebbero
essere agevolmente superate facendo ricorso ex ante ad una
clausola generale; con questa che si assume essere ad applicazione automatica - le parti potrebbero garantire una esecuzione del contratto tale da massimizzare il profitto congiunto
nonché un comportamento cor-
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retto in occasione di eventuali
rinnovi contrattuali.
Ragioni oggettive
La «complessità» del contratto
(e del rapporto contrattuale)
Un contratto è complesso, una
relazione contrattuale problematica - per utilizzare espressioni
ricorrenti nella letteratura straniera - quando non solo essa si
protrae nel tempo, ma anche
quando siano presenti i c.d. investimenti specifici e si consideri la possibilità dell’acuirsi del
rischio di comportamenti opportunistici e dei problemi nascenti dalla razionalità limitata dei contraenti. Tutti questi
elementi sono fra loro collegati
intorno a quello della durata.
La complessità del contratto,
tuttavia, costituisce carattere
peculiare e autonomo di una serie di contratti.
Si pensi, ad esempio, a una operazione di leveraged buy-out, in
cui il finanziamento concesso
per l’acquisto di una società o
di beni aziendali viene rimborsato attraverso gli utili prodotti
dalla società acquisita o dalla
cessione di alcuni beni; si pensi,
ancora, a un contratto di project
financing, ove un finanziamento è concesso per la realizzazione di un determinato progetto e
si prevede non solo che il rimborso del capitale sia condizionato alla redditività futura che
può derivare dal progetto, ma
anche che il finanziatore presti
ulteriori servizi ed eserciti penetranti poteri di controllo sull’esecuzione del progetto stesso.
La lista potrebbe allungarsi. Si
può pensare, ad esempio, ai con-
tratti di somministrazione, specie quelli riguardanti le energie,
materie prime o derivati e prodotti agricoli; ai contratti volti alla costruzione di grandi complessi industriali, minerari, agricoli e
immobiliari (specialmente con
riguardo ai contratti denominati
«chiavi in mano»); ai contratti di
appalti (pubblici e privati); a
quelli di assistenza tecnica, di
engineering, di know-how; ancora, ai contratti di gestione per
conto terzi (specie di miniere, di
imprese industriali e agricole); ai
contratti di concessione di sfruttamento; ai contratti di raffineria; ancora, ai contratti fra imprese per un’attività congiunta
di una certa durata (tutti i tipi
di joint-ventures).
Tali contratti, indipendentemente dal ricorrere dei caratteri sopra indicati (lunga durata, presenza di investimenti specifici,
razionalità limitata dei contraenti e possibilità di loro comportamenti opportunistici) sono di
per sé complessi in quanto attengono a operazioni economiche complesse; in questi contratti, l’individuazione delle rispettive obbligazioni e della loro precisa portata può presentarsi più
difficile rispetto a contratti in cui
si realizza uno scambio immediato o a contratti, anche di lunga
durata, in cui, per tutte le peculiarità proprie e delle parti e delle loro rispettive obbligazioni e,
infine, della realtà spaziale e
temporale nella quale trova esecuzione il contratto, non risulta
difficile una precisa e definitiva
individuazione delle reciproche
obbligazioni.
Questi contratti si rinvengono soprattutto quando le parti stipulanti non si limitano a convenire
il semplice scambio di un determinato bene o servizio a fronte
del corrispettivo convenuto.
A seconda del settore in cui operano le imprese coinvolte, il contratto, o - come talvolta accade una serie di contratti fra loro collegati, può prevedere, oltre, ad
esempio, alla realizzazione di un
determinato stabilimento, anche
la prestazione del know how riguardante non solo il funzionamento dell’impianto, ma anche
la produzione e la commercializzazione successiva dei beni che
vi saranno prodotti.
Di questi rapporti contrattuali di
particolare complessità si possono individuare le principali caratteristiche: a) si tratta, innanzitutto, di contratti di durata
molto lunga. È evidente che
maggiore è la durata dei rapporti
commerciali, maggiore è il rischio di un mutamento delle circostanze; b) spesso si tratta di
contratti collegati: tale collegamento, peraltro, non è solo volto
a realizzare una complessa unitaria operazione economica, ma
spesso è invece volto a istituire
una ampia relazione d’affari fra
le parti, volta a proseguire stabilmente per lungo tempo; c) proprio per questa ultima caratteristica, i tipi di controversie che
possono sorgere fra i contraenti
riguardano sempre più spesso le
questioni attinenti alle politiche
di gestione e ai problemi nascenti dal mutamento delle circostanze sopravvenuto alla conclusione del contratto: in questo
senso, non rileva tanto il semplice scambio di prestazioni, quanto l’adempimento a obblighi di
collaborazione e cooperazione
in vista della realizzazione della
operazione economica posta in
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essere dalle parti; d) si tratta,
infine, di contratti che presentano peculiarità che li rendono difficilmente risolvibili o la cui risoluzione può comportare per ambo le parti costi e oneri maggiori
di quelli derivanti dal mantenimento (a condizioni variate) dell’originario accordo: ciò può essere dovuto a ragioni politiche
(si pensi, per esempio, al caso
di contratti di somministrazione
di petrolio tra paesi legati da vincoli di solidarietà politica o religiosa) o a ragioni economiche
(in un mercato oligopolistico,
per esempio, non sempre è facile
la ricerca di un nuovo partner;
la risoluzione di un contratto potrebbe comportare effetti negativi anche sull’esecuzione dei contratti collegati; la risoluzione del
rapporto contrattuale comporterebbe la perdita del know-how
acquisito).
La lunga durata del rapporto
contrattuale
Un elemento che può «complicare» un rapporto contrattuale è
dato dalla sua durata.
Spesso la durata di un contratto
trova la sua ragione nella necessità di salvaguardare gli investimenti specifici (sui quali si veda
il paragrafo successivo) che le
parti (o almeno una di esse) si
ripropongono di effettuare.
I contratti di durata possono essere in prima battuta identificati
con i contratti ad esecuzione
continuata o periodica di cui è
parola nel codice civile (artt.
1360, 1373, 1458, 1467). Peraltro, è possibile e utile, per meglio comprendere l’interrelazione fra contratto e tempo, procedere a una tripartizione fra (a)
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contratti ad esecuzione istantanea (es. vendita ex art. 1376
c.c.), (b) contratti ad esecuzione
continuata o periodica, ossia
contratti di durata (es. somministrazione), (c) contratti ad esecuzione prolungata (es. appalto).
Il codice disciplina in generale i
contratti ad esecuzione continuata o periodica preoccupandosi soltanto di sancire la irretroattività degli effetti di eventi che
sciolgono il contratto (avveramento della condizione risolutiva, esercizio del recesso convenzionale, risoluzione).
Un problema di gestione del rapporto in seguito al mutamento
delle circostanze si pone sia per
i contratti di durata (cfr. art.
1467), sia per i contratti ad esecuzione differita (cfr. ancora art.
1467), nonché per i contratti ad
esecuzione prolungata (lo dimostra l’art. 1664 con riferimento al
contratto di appalto). L’unica categoria contrattuale estranea a
tale problematica è quella dei
contratti ad esecuzione istantanea ed immediata (es. vendita
ad effetti reali immediati).
La presenza di investimenti
specifici
Con il termine «investimenti
specifici» o «investimenti idiosincratici» (relation specific investments o idiosincratic investments) si fa riferimento a
quegli investimenti durevoli che
le parti effettuano in relazione
ad una determinata operazione
economica, il cui valore (costoopportunità) in impieghi alternativi, o per un utilizzatore alternativo, è inferiore a quello che
l’investimento ha nell’uso speci-
fico che ne viene fatto; da ciò
deriva l’interesse delle parti alla
continuità del rapporto, dal momento che, se esso dovesse per
qualche motivo avere termine, i
valori economici investiti ne risulterebbero sacrificati.
La presenza di investimenti specifici comporta che la relazione
fra due soggetti si presenti come
una sorta di monopolio bilaterale. Effettuati gli investimenti
specifici, infatti, ciascuna parte
è fortemente dipendente dall’altra, dal momento che, se la relazione dovesse interrompersi, essa subirebbe come perdita gli investimenti specifici non trasferibili, per definizione, verso altri
usi (c.d. lock-in effect).
Si pensi, ad esempio, ai contratti
di fornitura di impianti «chiavi in
mano». In questi casi, il fornitore
sarà indotto dal compratore ad
acquistare beni capitali specializzati, specifici rispetto al contratto. Nella misura in cui il valore che tali beni assumono in
impieghi alternativi è, per definizione, molto inferiore al valore
che essi hanno nell’impiego specifico cui sono destinati, il fornitore è «prigioniero» del contratto; ossia, egli non può sciogliersi
da questo senza subire delle perdite economiche rilevanti. Ma
anche il compratore è, a sua volta, «prigioniero» del contratto
poiché egli non può ottenere lo
stesso bene da un altro fornitore
senza incorrere in costi elevati.
Gli stessi problemi si hanno, oltre che per il capitale fisico, anche per gli investimenti che il
fornitore normalmente effettua
in capitale umano specializzato;
ne sono esempi l’assunzione di
manodopera specializzata, non
facilmente impiegabile in altre
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attività, o l’apprendimento di
tecniche e conoscenze apposite
da parte del personale già impiegato. In tutti questi casi il fornitore ed il compratore possono
trarre beneficio dagli investimenti effettuati solo fino a
quando dura il loro rapporto. È
dunque evidente l’interesse di
entrambi a tenere in vita il contratto il più a lungo possibile, risolvendo tutte quelle questioni,
cui i mutamenti di circostanze
possono dare luogo, attraverso
successivi adattamenti e rinnovi.
D’altra parte, data la situazione
di monopolio bilaterale in cui le
parti si vengono a trovare, il processo di adattamento del contratto va incontro quasi sempre
a dei problemi; infatti, sia il compratore che il fornitore si trovano in una posizione strategicamente favorevole che consente
loro di appropriarsi di guadagni
aggiuntivi ogni volta che la controparte avanza una proposta di
aggiustamento del contratto.
Il contratto relazionale
Per contratto relazionale si intende quel contratto che involve
non solo uno scambio, ma anche
una relazione fra i contraenti; ad
esso si contrappone il contratto
che comporta, invece, uno scambio isolato, non effettuato nell’ambito di una relazione fra le
parti.
Una delle peculiari caratteristiche del contratto relazionale è
quella di articolarsi in rapporti
a lungo termine (long - term
contract).
Diverse sono le modalità con le
quali le parti provvedono a formulare i contratti al fine, presen-
te in qualsiasi forma di scambio,
di pianificare il futuro.
Nelle transazioni isolate le parti
mirano, soprattutto ed innanzitutto, a specificare l’oggetto delle rispettive prestazioni, il prezzo da un lato e il bene o il servizio scambiati dall’altro. Esse tendono, con il solo limite di ciò che
non si può prevedere, ad anticipare ogni possibile evenienza ed
i suoi effetti.
Quando invece il contratto comporta l’instaurarsi fra le parti di
una relazione, i contraenti cercano di fissare anche (e soprattutto) le procedure che dovranno
seguire per risolvere eventuali
conflitti che tra esse abbiano a
verificarsi. Ciò perché le disposizioni pattizie sono (tendenzialmente) incomplete ed è necessario, dunque, stabilire attraverso quali tecniche saranno nel futuro determinate le condizioni
dello scambio. L’incompletezza
è necessaria alle parti per introdurre nella relazione quella flessibilità necessaria affinché il
contratto possa continuamente
adeguarsi al mutare delle circostanze, specie in contesti socioeconomici caratterizzati da veloci cambiamenti.
La nozione di contratto relazionale è utile per sottolineare il
particolare approccio a determinati contratti; ci si allontana cosı̀
dall’idea di contratto caratterizzata da uno scambio istantaneo e
ci si avvicina, invece, all’idea di
contratto come cooperazione.
A differenza di quanto accade in
uno scambio isolato, dove il
buon esito dell’affare non dipende dalla cooperazione fra le parti, in uno scambio relazionale è
necessaria per la riuscita dell’operazione la collaborazione tra le
parti, a cominciare dallo stesso
momento in cui sia necessario
procedere alla programmazione:
ruolo essenziale viene svolto dalla fiducia.
Non manca - peraltro - nel nostro sistema una figura che potrebbe essere accostata a quella
dei contratti relazionali con riguardo all’aspetto della durata e
a quello della collaborazione che
la relazione contrattuale comporta: il riferimento è alla categoria concettuale dei contratti
con comunione di scopo, definiti
anche plurilaterali, di collaborazione o associativi.
Di «scopo comune» con riferimento ai contratti si parla innanzitutto nel codice civile. L’art.
1420 c.c., rubricato «Nullità del
contratto plurilaterale», stabilisce che nei contratti con più di
due parti, in cui le prestazioni di
ciascuna sono dirette al conseguimento di uno scopo comune,
la nullità che colpisce il vincolo
di una sola delle parti non importa nullità del contratto, salvo che
la partecipazione di essa debba,
secondo le circostanze, considerarsi essenziale. Analoga prescrizione presenta il codice con riguardo alle ipotesi di annullabilità (art. 1446), di risoluzione per
inadempimento (art. 1459) e per
impossibilità sopravvenuta della
prestazione (art. 1466).
Nei contratti con comunione di
scopo - si è rilevato - «la prestazioni di un contraente non va a
vantaggio solo degli altri, ma anche del contraente stesso che la
compie», con la conseguenza
che «[m]entre nei contratti di
scambio la prestazione di ciascuna parte soddisfa l’interesse solo
dell’altra, e costituisce solo un
sacrificio per chi la compie, [nei
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contratti con comunione di scopo] tale prestazione finisce con il
tornare a vantaggio anche di chi
la compie, indirettamente o direttamente» (Belvedere).
Peraltro, sebbene il Codice, negli
articoli prima richiamati, menzioni il contratto plurilaterale,
non è possibile identificare i contratti con comunione di scopo
con i contratti con più di due
parti: infatti, quella di contratto
plurilaterale è nozione più ampia
(si veda art. 1321 c.c.) in cui può
ricorrere o meno la comunanza
di scopo. Gli articoli in questione
disciplinano solo una sottospecie
di contratti plurilaterali: i contratti plurilaterali con comunione di scopo.
Nei contratti relazionali il vincolo di affinità tra stipulanti è la
conseguenza immediata del regolamento di interessi uniformi,
senza il quale ogni relazione contrattuale verrebbe meno.
La difficoltà maggiore per coloro
i quali si apprestano a concludere un long - term contract è rap-
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presentata soprattutto dalla problematicità di descrivere nel dettaglio prestazioni che dovranno
essere eseguite soltanto in un futuro non prossimo.
L’ulteriore caratteristica del contratto relazionale, in funzione di
quanto sopra detto, è dunque la
flessibilità, soprattutto nella
fase dell’esecuzione dell’accordo. Flessibilità che può interessare tutti gli aspetti dell’obbligazione, dall’oggetto, alle modalità
di adempimento, all’ingerenza di
altre parti, ecc.
Non è difficile individuare alcune
forme contrattuali che possono
essere ricondotte a questa categoria e che sono ormai in uso
anche nel nostro Paese: si pensi,
ad esempio, a contratti di joint venture, net - works, business
group, trust, ecc.
La struttura relazionale del contratto è, inoltre, preponderante
in tutta la materia societaria,
nelle relazioni di franchising,
nei contratti di fornitura a lungo
termine, nei rapporti di finanziamento.
Una alternativa al contratto relazionale - con riguardo al risultato
economico ottenibile - è l’integrazione verticale di attività potenzialmente separabili, come la
produzione e la distribuzione.
Un’impresa integrata assume su
di sé tutti i costi e i vantaggi delle due attività e può ricorrere a
livelli di input ottimali sia nell’ambito produttivo sia in quello
distributivo, cosı̀ da massimizzare nel complesso i profitti.
In molti settori commerciali, tuttavia, l’integrazione verticale può
non essere una valida soluzione.
Si pensi, ad esempio, ad un’industria in cui la produzione e la distribuzione siano entrambe occupazioni altamente specializzate
che, dunque, sono svolte in modo
più efficiente da imprese separate. In questo caso le due società
dovranno cercare di pervenire ad
un accordo che consenta la collaborazione tra le due attività, per
massimizzare i profitti.