Storia dell`erbario

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Storia dell`erbario
L’ERBARIO a cura della II E
A.s. 2014 – 2015
DEFINIZIONE
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Il termine erbario ha un doppio significato: esso può indicare sia una raccolta di
piante essiccate, che una struttura museale espressamente dedicata alla
conservazione e alla consultazione di tale materiale.
L’allestimento di raccolte di piante e la loro conservazione in edifici appositi sono
attività legate alle origini stesse della Botanica, soprattutto nell'ambito degli studi
universitari, tanto che spesso gli Erbari sono strutture affiancate agli Orti Botanici,
destinati alla coltivazione ed alla conservazione di piante vive.
Gli erbari hanno anche la funzione di documentazione storica, legata soprattutto
alle collezioni più antiche che costituiscono una testimonianza della ricchezza
floristica di un territorio e permettono di valutare eventuali variazioni avvenute nella
composizione della flora e nella distribuzione geografica delle diverse specie,
valutando il grado di biodiversità
Storia degli erbari
Nel corso del tempo il significato dell’erbario è andato
trasformandosi parallelamente all'evoluzione delle ricerche
botaniche e delle metodologie sperimentali. Vediamo in
modo sintetico le principali fasi , a partire dall’antichità dove
per erbario si intendeva un libro nel quale venivano
elencate, descritte e raffigurate le piante, soprattutto quelle
dotate di proprietà medicinali.
GLI ANTICHI ERBARI FIGURATI
● L’"Historia plantarum", di TEOFRASTO (372-287 a.C.), classificazione di circa
500 piante in base al diverso portamento e al fatto di essere spontanee o
coltivate. Plinio nel II sec. d.C. riporta che ce ne furono altri, arricchiti anche
da illustrazioni a colori, ma non ne abbiamo documentazione.
● L’erbario figurato di DIOSCORIDE nel I sec d.C. rappresentò il miglior
trattato di botanica per tutto il Medio Evo fino al Rinascimento. Le descrizioni
delle piante, circa 600, si distinguono dalle precedenti per una maggiore
sistematicità, la sua opera venne ripetutamente copiata e tradotta in molte
lingue, dall'inglese al francese, al tedesco e persino all'arabo e al persiano.
Pagine del codice di Dioscoride
Il modo di descrivere e raffigurare le piante, riprendendo e anche
copiando le conoscenze degli autori classici perdurò molto a lungo,
fino a buona parte del Cinquecento.
Gli erbari manoscritti su papiro e pergamena sono preziosi ma per
fare una descrizione botanica corretta è necessario possedere una
terminologia specifica che comparve solo nel Settecento, grazie a
Linneo (1707-1778). Fino ad allora le descrizioni sono legate a alla
filosofia, alla magia, all’astrologia.
Molti erbari erano ispirati alle teorie di PARACELSO (1451-1493) che
nella sua Dottrina dei segni sosteneva che tutte le erbe
nascondessero un segno occulto della loro utilità per l'uomo; così le
foglie a forma di cuore avrebbero curato i disturbi cardiaci, la linfa
gialla avrebbe guarito l'itterizia, ecc.
In quest'ottica, le diverse parti di una pianta venivano raffigurate con
gli organi del corpo che erano in grado di curare.
La mandragora (Mandragora officinalis)
illustrata in un erbario medievale tedesco.
GLI ERBARI AD IMPRESSIONE
Tra il Quattrocento ed il Cinquecento gli studiosi del mondo
vegetale scoprirono una nuova tecnica dettagliatamente
descritta anche da Leonardo nel suo Codice Atlantico (15101519), prevedeva di cospargere con nerofumo, prodotto da
una candela accesa sotto un coppo, un lato della pianta che
veniva, poi, pressata tra due fogli, lasciando la propria
impronta. In alternativa, si poteva impregnare il campione con
una sostanza colorante per poi pressarlo su fogli di carta.
Questo metodo di realizzazione degli erbari non ebbe grande
diffusione, sia per l'inaffidabilità dell'impronta lasciata sulla
carta, sia per le difficoltà e gli inconvenienti della stessa tecnica
al confronto con i tradizionali metodi di stampa nel frattempo
ampiamente avviati.
L'uso degli erbari ad impressione sarà completamente
abbandonato nel Settecento.
GLI ERBARI ESSICCATI
Nel Cinquecento gli studiosi del mondo vegetale scoprirono la possibilità di
conservare le piante raccolte utilizzando fogli di carta per pressarle e asciugarle
dall’umidità. Ciò rappresentò una svolta importantissima nel modo di fare erbari,
chiamati Horti sicci in contrapposizione ad Horti vivi, gli orti botanici. I primi
realizzatori di “Horti Sicci” furono più spesso medici, farmacisti e naturalisti che
contemporaneamente si occupavano anche dell’allestimento degli “Horti Vivi”.
L’ esame delle piante su campioni vivi fu avanzata per la prima volta
dall'umanista Pandolfo Collenuccio da Pesaro, il quale volendo far conoscere
alcune piante al Poliziano, gli inviò dei campioni essiccati da lui raccolti durante
un'escursione in Tirolo nel 1493.
Un foglio dell'Erbario
di G. B. Triumfetti (1656-1708)
Fu LUCA GHINI (1500-1566), professore di "Semplici medicinali" presso
l'Università di Bologna e poi di Pisa, a diffondere ai suoi studenti le tecniche
di essiccazione. Così facendo, l'uso degli erbari essiccati si diffuse in breve
tempo tra gli studiosi di botanica italiani e stranieri e negli Orti delle diverse
Università. Da quel momento fu, dunque, possibile verificare l'identità delle
diverse piante, provenienti anche da regioni lontane, grazie allo scambio di
campioni tra studiosi e raccoglitori .
Illustrazione e fiore essiccato
Gherardo Cibo, artista e scienziato
cinquecentesco
ERBARI : LA STRUTTURA
Gli erbari essiccati si presentavano sotto forma di fogli rilegati in volumi, con i
campioni direttamente incollati sui fogli. L’etichettatura era inizialmente poco
dettagliata, riportando in genere unicamente il nome comune della pianta o,
solo nel caso di erbari più dotti, l'insieme dei caratteri botanici descrittivi
ritenuti utili all'identificazione.
Col passare del tempo si preferirà realizzare erbari a fogli singoli, separati, in
modo da poterli incrementare ed ordinare liberamente.
Anche le annotazioni divengono nel tempo più precise e dettagliate,
soprattutto dopo l'introduzione da parte di Carlo Linneo (1707-1778) del
sistema di denominazione binomia delle specie e di un nuovo metodo di
classificazione dei vegetali.
Alla fine del '700 allo spirito collezionistico si sostituisce un criterio più scientifico; le
collezioni di piante essiccate diventano per i botanici l'indispensabile strumento di lavoro
nello studio della variabilità del mondo vegetale.
In questo periodo, infatti, nasce l'esigenza di identificare, nominare e classificare le
piante e si gettano le basi per gli studi tassonomici. Questi concetti si rafforzano nel corso
dell'ottocento. In Italia l'importanza assunta da questo tipo di collezioni è testimoniata
dall'opera di botanici quali Parlatore (1816-1877) che utilizza i propri erbari nella
realizzazione delle rispettive Flore d'Italia
L’ HERBARIUM CENTRALE ITALICUM
Istituito ufficialmente nel 1842 quando Filippo Parlatore allestì nel Museo di Fisica e Storia
Naturale l'Herbarium Centrale Italicum, è la prima raccolta botanica nazionale di
campioni d'erbario. Nel 1854 fu acquisito il grande erbario del viaggiatore e botanico
inglese Philip Barker Webb, costituito da molti campioni dei secoli XVIII e XIX provenienti
dall'Africa, dall'America Meridionale e dall'Oceania. Alla fine dell'Ottocento il Museo fu
trasferito nei locali di via La Pira, a Firenze, dove si arricchì di nuove acquisizioni
Attualmente il Museo Botanico è il primo in Italia, sia per la mole delle collezioni (circa 4
milioni di campioni), sia per il loro valore scientifico.
FOCUS SUL PRESENTE
Già negli anni '60 la ripresa degli studi floristici e fitogeografici porta ad
un rinnovato interesse per queste collezioni e ad una ripresa delle
raccolte. L'Index Herbariorum quantifica il patrimonio attuale degli erbari
mondiali ad un totale di 270.000.000 di campioni, la metà dei quali
conservata negli Erbari europei; questa pubblicazione aggiorna
periodicamente i dati riguardanti i materiali conservati negli Erbari di
tutto il mondo, le principali linee di ricerche seguite e le modalità di
contatto.
In passato, le attività di conservazione degli Orti Botanici avvenivano, in
prevalenza, mediante lo scambio di semi a livello internazionale tra le
diverse strutture (Index seminum), dall’inizio del ventunesimo secolo si
sono sperimentate nuove strategie di conservazione attraverso la
realizzazione delle prime Banche del germoplasma che, attualmente,
rappresentano uno degli strumenti migliori per prevenire la perdita di
biodiversità genetica, preservare la flora minacciata e garantire la
conservazione delle specie a lungo termine.