05 Monaci e beness - Accademia Italiana di Scienze Forestali

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Nell’ambito del programma di ricerca COST E39 inerente a «Foreste, salute
umana alberi e benessere» si sono tenute presso L’Accademia Italiana di Scienze
Forestali in Firenze, nei giorni 20-22 aprile 2005, alcune sedute del Gruppo di
lavoro n. 2 relative a «Produzioni forestali, ambiente forestale e salute umana».
Nelle pagine che seguono sono state sinteticamente riportate le esperienze monastiche italiane nel conservare e diffondere le più antiche conoscenze in fatto di
fitomedicina ed in genere di benessere collettivo ed individuale.
ANTONIO GABBRIELLI (*) - GIOVANNI SANESI (**)
I BENEDETTINI: DALLA FORESTA AL BENESSERE
Il monachesimo benedettino ha avuto un ruolo fondamentale nella cultura
italiana e più in generale in quella dell’Europa occidentale, nel trasmettere fin dal
Medio Evo le conoscenze botaniche e farmaceutiche.
La tradizione benedettina nell’uso dei vegetali e dei vari prodotti del bosco e
del sottobosco è stata determinante per il benessere degli uomini. Essa si è tramandata nei secoli attraverso libri e manoscritti, ancora conservati in molti monasteri,
che oggi possiamo rileggere ed apprezzarne il valore scientifico
PREMESSA
Dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente fino allo stabilirsi
di un nuovo regime feudale, l’Italia e gran parte dell’Europa furono
caratterizzate da una grave crisi non solo politico istituzionale, ma
anche socio-economica e culturale.
In questo periodo dominato dal progressivo disgregarsi degli
insediamenti romani, dalla rottura di rapporti codificati tra città e
campagna e della conseguente gestione del territorio, un punto di coesione fu senza dubbio costituito dalla chiesa e dagli ordini monastici.
Questi oltre a rappresentare un tessuto connettivo dal punto di vista
sociale assunsero anche il ruolo di custodi del patrimonio culturale
tramandato dai Greci e dai Romani. Infatti, sotto la pressione delle
popolazioni nomadi, quasi scomparve la capacità acquisita nei secoli
precedenti di «controllare» la natura e di governare le risorse naturali
(*) Accademia Italiana di Scienze Forestali.
(**) Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali – Università di Bari.
– A.I.S.F.
Annali 2005
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in rapporto alle condizioni ambientali e climatiche (CARDINI E MIGLIO
2002). Nelle abbazie, trasformate grazie all’opera di monaci amanuensi in centri di riproduzione, conservazione e diffusione di testi di
diversa natura che altrimenti sarebbero scomparsi1, si poté garantire la
salvaguardia e la trasmissione di esperienze e tecniche che riguardavano, tra l’altro, la gestione delle acque, i cicli delle stagioni, la conservazione del suolo, la crescita delle piante, la produzione di fiori e frutti e
il loro utilizzo, la medicina.
L’incertezza istituzionale tipica di quell’epoca relegò la nascita
dei centri monastici soprattutto nelle aree interne del paese dove
poteva essere esercitato con maggiore attenzione l’esercizio spirituale.
Per questi motivi i centri di aggregazione monastica si diffusero, almeno all’inizio, nel centro sud dell’Italia soprattutto nell’ambito dei territori collinari-montani, in corrispondenza della presenza di ampi patrimoni boschivi.
San Benedetto costruì nel 529 l’abbazia di Montecassino in una
zona montana che si erge verso il cielo e che all’epoca era completamente circondata da boschi. Fu qui che elaborò la Regula Benedicti2
che costituì la nascita del monachesimo occidentale nonché contribuì
a realizzare uno dei primi capitoli della storia europea dell’assistenza
ai malati e della medicina.
Quasi coevo (550) è il monastero di Vivarium in Calabria fondato
da Cassiodoro3.
Questi furono modelli per i successivi monasteri medioevali anche
per la loro localizzazione nell’ambito di territori ricchi di risorse naturali e boschi4. In tutti i secoli successivi e per tutta la parte iniziale dell’Alto Medio Evo, i centri monastici furono fondati prevalentemente
nell’ambito dei territori più verdi dell’Italia quasi come a sancire un’unione indissolubile tra salute spirituale, benessere fisico e natura.
1
Claustrum sine armario est quasi castrum sine armamentario è un antico motto monastico grazie al quale sono state istituite presso le abbazie importante biblioteche.
2
I contenuti della regola sono facilmente consultabili su:
http://sanvincenzo.silvestrini.org/regola/rsb_it.htm,
http://www.columbia.edu/acis/ets/seminar/benevent.html,
http://www.osb.hu/lelki/regula/l_regula/l_regula.html
3
Informazioni sulla storia e le opere di Cassiodoro sono ricavabili da: http://www.cassiodoro.it/index.htm
4
A Vivarium Cassiodoro istituì uno scriptorium per la raccolta e la riproduzione di
manoscritti. Questo probabilmente rappresentò il modello per gli amanuensi già citati in precedenza.
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La terra prescelta per il monastero diviene una «terra promessa»
da trasformare ed umanizzare, un paesaggio veduto e sentito come un
incantesimo, uno sfondo di contemplazione per l’ascesi. Come scrive
il FALLANI (1975) «La foresta può recare non soltanto un’utilità pratica, essa implica uno sviluppo dei concetti della vita dell’anima… La
teologia mistica e gli esempi frequenti delle allegorie nascono da un
linguaggio che il monaco ha a sua disposizione, guardando ed ascoltando la natura».
IMPORTANZA E DIFFUSIONE DEI BENEDETTINI IN ITALIA
IN RELAZIONE ALLA CULTURA MEDICA, FARMACEUTICA E BOTANICA
San Benedetto costituisce oltre che esempio per la chiesa, attraverso la Regola5, anche uno dei punti di riferimento per l’esercizio
della cura nei confronti dei malati. Infatti agli «infermi deve essere
fornita ogni cura necessaria senza porre indugio»6 e queste attenzioni
dovevano essere apprestate dall’infirmarius, un confratello che esercitava verso l’ammalato sia le funzioni del religioso sia quelle del medico-farmacista. Si tratta quindi di un primo esempio di approccio olistico alla malattia e il supporto psicologico nei confronti dell’infermo
assume non poca rilevanza (MAZZUCOTELLI, 1999). Un esempio di
questo approccio e dell’importanza che veniva data all’ammalato è
costituito anche dal progetto per il monastero di San Gallo, elaborato
tra gli anni 820 e 830, che prevedeva una serie di locali specialistici
per gli ammalati e per somministrare e conservare i medicamenti nonché una serie di attrezzature per il benessere e l’igiene, quali bagni e i
sistemi di riscaldamento che all’epoca costituivano senza dubbio
un’assoluta novità (FROHN, 2004).
Grazie alla nascita dell’ordine benedettino, alla Regola e al riconoscimento anche da parte del potere politico7, le abbazie e i monasteri conobbero un periodo di grande fioritura culturale che garantì
l’approfondimento delle conoscenze nelle diversi settori della medici5
Il capitolo 36 della regola di San Benedetto è interamento dedicato alla cura dei fratelli
infermi.
6
Infirmorum cura ante omnia et super omnia adhibenda est
7
Carlo Magno concesse all’abbazia di Montecassino numerosi privilegi e intravide nell’opera di San Benedetto un fattore di aggregazione del suo impero.
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Pagina tratta dai «Ruralia Commoda» di Pietro de’ Crescenzi. Immagine gentilmente concessa
dalla biblioteca dell’Accademia dei Georgofili, coll. Inc. 1.
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Frontespizio del commentario ai libri di Dioscoride di Pietro Andrea Mattioli, pubblicato a Francoforte da Nicolai Bassaei nel 1598. Immagine gentilmente concessa dalla biblioteca dell’Accademia dei Georgofili, coll. R. 14.
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na, farmacia e botanica. Le fonti classiche utilizzate furono quelle provenienti dalla cultura greca e romana. Già Cassiodoro raccomandava
la lettura del De materia medica di Dioscoride (Πεδα′ νιος
Διοςχονρι′ δης)8 di cui curò la traduzione in latino, nonché delle
opere di Claudius Galenus (Κλαυ′διος Γαληυο′ς)9 e di Plinio il Vecchio10. I benedettini divennero ben presto i detentori del sapere medico e della raccolta e trasformazione delle piante a fini farmacologici.
Diversi abati furono i medici di fiducia dei regnanti in Italia nell’Alto
Medio Evo e la stessa scuola medica salernitana, prima istituzione
pubblica a formare i medici, pose le sue fondamenta iniziali sull’apporto dei benedettini (MAZZUCOTELLI, op. cit.).
In questo periodo abbondano le prescrizioni di preparati vegetali
che si basano fondamentalmente sulle fonti classiche di origine greca e
romana. Questo sapere ben presto si contaminò anche di influenze
8
Pedacio Dioscoride (I sec. d .C.) fu un medico militare del I sec. d.C. che prestò servizio nell’esercito dell’imperatore Claudio. Elencò in cinque libri tutti i farmaci allora conosciuti
che prevalentemente erano di origine vegetale. Sono descritti l’aspetto delle piante e gli effetti
che il loro uso determina. Il titolo originale greco era «Peri hyles iatrikes/Perí haplón
pharmákon» (La Foresta Medica/ La Materia Medica). L’opera fu dedicata al medico Areios,
amico e collega di Dioscoride. Comprende composti medicinali da tutti e tre i regni naturali,
quello vegetale, quello animale (compreso l’uomo) e quello dei minerali. Sono i vegetali a prevalere con la enumerazione di ben ottocentotredici piante medicinali, mentre i prodotti di origine animale sono centouno e quelli minerali centodue. In tutto si tratta dunque di circa 1000
sostanze, previste per 4740 applicazioni terapeutiche diverse.
Ad ogni preparato medicinale è dedicato un capitolo, suddiviso in maniera sistematica.
Per i vegetali generalmente in sette paragrafi: 1) nome della pianta e sinonimi in uso in vari
Paesi; 2) area di diffusione della pianta; 3) descrizione molto precisa (Dioscoride non inserì
illustrazioni per evitare errori dovuti alla particolarità di campioni); 4) effetti e proprietà;
5) indicazioni sulla preparazione (ricette di fabbricazione); 6) indicazioni sulla verifica della
autenticità dei prepararti, della loro purezza e qualità; 7) la raccolta delle piante, la conservazione e trasformazione e sulle apparecchiature da usare.
L’opera è strutturata in 5 libri, in cui vengono trattati rispettivamente: 1) essenze, olii,
alberi e loro succhi e frutti, nonché unguenti; 2) prodotti animali terrestri (grassi e latte) e
acquatici, vengono trattati inoltre cereali, ortaggi, piante aromatiche (compresi gli agli); 3) radici di piante e loro estratti acquosi, nonché semi; 4) ulteriori piante, anche arbustive, non considerate nei volumi precedenti, nonché funghi); 5) la vite e gli effetti benefici di vari vini, nonché
metalli e sali.
Per ulteriori informazioni si rimanda a: http://www.amo-bulbi.it/ad_biogr_juliana_anicia_dioscorides.htm, http://www.tiscalinet.ch/materiamedica/. Prima di Dioscoride, Diocle da
Caristo, medico greco del IV sec. a. C. effettuò una descrizione di piante e dei loro effetti
medicinali.
9
Nato a Pergamo il 129 d.C.
10
Funzionario dell’impero romano visse dal 23 al 79 d.C., sviluppò un interesse di tipo
enciclopedico che lo portò a compilare i 37 libri della Naturalis historia una raccolta del sapere
dell’epoca che raccoglieva anche nel campo medico ciò che era a conoscenza della scienza
greca e romana.
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arabe, grazie soprattutto a Costantino detto l’Africano. Costantino,
formatosi scientificamente in Egitto e India, si fece frate dopo essere
fuggito dall’Africa; durante il periodo monastico scrisse, ma forse è
più proprio dire tradusse in latino, diverse opere arabe che riguardavano, tra le altre, le proprietà di alcune piante.
È interessante evidenziare come anche il sapere arabo fosse nettamente influenzato dalla letteratura greca e romana. Infatti si trovano
numerose traduzioni di Dioscoride in lingua araba.
La medicina monastica e l’uso delle piante seppe quindi evolversi grazie anche alla contaminazione con altre culture. Questa contaminazione fu favorita anche dalla diffusione dell’erbario (hortus
siccus) grazie al quale era possibile riconoscere le piante raccolte. Da
traduzioni arabe è probabile che provenga anche il Tacuinum sanitatis, una raccolta inerente anche gli effetti medicinali delle piante del
quale nel corso dei secoli furono prodotte diverse edizioni con
miniature.
Per altro i conventi rappresentavano una vera e propria rete di
sapere che favorì gli scambi di nozioni anche con il centro e nord
Europa dove nel frattempo erano stati fondati importanti centri benedettini. Esemplificativo è il caso di Rabano Mauro, monaco di Fulden
(Germania) il cui testo manoscritto De rerum naturis è conservato
negli archivi dell’Abbazia di Montecassino11.
Nel Basso Medio Evo grande importanza ebbe la congregazione
benedettina di Monte Oliveto che si affermò come centro di produzioni di farmaci che venivano preparati dall’aromatarius, un esperto conoscitore delle piante che una volta raccolte e selezionate le conservava
nell’armario pigmentorium. Si trattava di vere e proprie farmacie o spezierie che hanno caratterizzato fin quasi dall’inizio la storia dei monasteri. In questi luoghi si raccoglievano i prodotti provenienti dal bosco
o dagli orti dei semplici. Quest’ultimi costituivano uno dei punti centrali del convento e dell’abbazia che oltre ad avere una funzione allegorica descritta da Rabano Mauro nel libro 19 del De rerum natura,
riprendevano la cultura produttiva romana ed erano dedicati alla produzione stabile delle piante che era più difficile raccogliere in natura.
11
Hrabanus Maurus, 1997. De rerum naturis. Il codice 132 dell’Archivio di Montecassino, riproduzione integrale su CD Rom, Cassino. Università degli Studi di Cassino. Il monaco è
una figura importante per la storia della cultura in quanto ha tramandato il patrimonio culturale di Prisciano, di Isidoro di Siviglia, di Beda, in compilazioni non originali.
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Donati: Frontespizio del Trattato de’ semplici, pubblicato a Venezia presso Pietro Maria Vertano nel
1631. Immagine gentilmente concessa dalla biblioteca dell’Accademia dei Georgofili, coll. R. 300.
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Tavola botanica tratta dal libro di Leopardi Plukenetii Amaltheum, pubblicato a Londra nel 1705.
Immagine gentilmente concessa dalla biblioteca dell’Accademia dei Georgofili, coll. R. 63.
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Una rappresentazione iconografica del herbolarius dove si coltivavano
queste piante medicamentose è sempre ricavabile dal progetto per la
costruzione del Monastero di San Gallo. Diverse opere monacensi
sono comunque dedicate alla descrizione di questi orti, in particolare
si ricorda l’Hortulus o Liber de coltura hortorum di Valfrido Strabone
monaco del IX secolo che fornisce una descrizione dell’organizzazione degli spazi e delle colture nonché un elenco delle piante da coltivare e i relativi effetti terapeutici (CARDINI e MIGLIO, op. cit.). Si tratta
presumibilmente di indicazioni provenienti dai testi di Dioscoride
anche se con un dettaglio nettamente inferiore.
Sempre dal già citato progetto per il Monastero di San Gallo è
possibile estrapolare anche le seguenti informazioni (C ARDINI e
MIGLIO op. cit.):
– l’utilizzo del Juniperus sabina come pianta allegorica e terapeutica
in prossimità del pozzo;
– la presenza di spazi destinati alla produzione di fiori;
– tre spazi per la coltivazione di piante per l’alimentazione e la cura
della comunità monastica.
Anche in epoca moderna la cultura botanica, medica e farmaceutica si fusero spesso in un unico sapere che fu proprio di molti monaci
appartenenti alle diverse congregazioni benedettine. Cassinesi, Vallombrosani e Camaldolesi ci hanno lasciato numerosi scritti che fanno
riferimento alla fitoterapia su basi empiriche piuttosto che su una vera
e propria metodologia scientifica. Nel corso dei secoli le biblioteche
dei monasteri si arricchirono di opere anche di autori laici come nel
caso dell’opera Dei Discorsi di Pietro Andrea Mattioli12, medico senese che pubblicò nel 1544 una rielaborazione in lingua italiana dell’opera di Dioscoride13.
Sebbene nel XVI secolo si incominci a diffondersi la iatrochimica
e conseguentemente la farmacia chimica, fino al XVIII secolo le spezierie benedettine si diffusero e si affermarono in tutta Italia. Queste
spezierie oltre che centri per la preparazione delle medicine divennero
anche biblioteche dove venivano raccolti libri e manoscritti inerenti le
diverse conoscenze legate alla fitoterapia non solo di scienziati religiosi, ma anche di laici.
12
P. Andrea Mattioli (1500-1577) fu uno dei più grandi fitografi e fitologi del cinquecento in quanto riunì e coordinò tutte le conoscenze di botanica medica del tempo.
13
Un’edizione del 1604 è oggi presente presso la biblioteca dl Monastero di Camaldoli.
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Questo sapere legato alla natura in alcune congregazioni benedettine, come i Vallombrosani prima ed i Camaldolesi successivamente, determinò anche una specializzazione nel settore forestale. Già
nelle costituzioni Vallombrosane del 1350 ci si sofferma sull’importanza della coltivazione dei boschi. Questo è un tema che comunque sarà
ripreso ripetutamente anche nei secoli successivi (TORCHIO e TORCHIO ROGGERO 1972).
Nel ’700 si assiste ad una laicizzazione delle farmacie. Questo
fenomeno è legato a fattori quali:
– un’evoluzione autonoma della farmacia rispetto alle altre scienze, la
sempre maggiore importanza della chimica e la conseguente specializzazione nella preparazione di formulati;
– l’affermazione di corporazioni con statuti autonomi, il controllo
sulla diffusione e preparazione dei medicinali da parte delle istituzioni pubbliche;
– i divieti provenienti sia dalla gerarchia ecclesiastica sia dal potere
laico-ufficiale nei confronti dei monaci di preparare e commercializzare in modo diffuso i loro prodotti farmaceutici.
Nell’Ottocento le alienazioni dei beni ecclesiastici operate prima
sotto il dominio napoleonico e successivamente direttamente dal
Governo italiano (1866) determinarono la quasi scomparsa delle farmacie monastiche che però in alcuni casi sporadici si conservarono
fino al XX secolo.
I VEGETALI MEDICAMENTOSI DELLA MEDICINA MONASTICA
Nell’armario pigmentarium l’aromatarius raccoglieva ed ordinava
una notevole gamma di piante, la cui efficacia era stata già descritta
nei testi classici, ma che anche gli stessi monaci avevano propagandato
nei loro manoscritti. In particolare si far riferimento all’opera di Dioscoride De Materia medica di cui esistevano nel Medio Evo numerose
traduzioni con illustrazioni per facilitare il riconoscimento delle piante. Numerosi potevano essere anche i riferimenti alle opere di Galeno
e di Avicenna. Numerosi Hortulus tra cui quello di Valfidro Strabone
furono scritti ed si diffusero in tutti i principali centri monastici. I
conventi dove si sviluppò la scienza medica elaborarono anche veri e
propri ricettari. All’epoca di Carlo Magno, famoso era quello dell’Abbazia di Lorsch in Germania. Sempre nella medicina medievale note-
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vole influenza ebbe la badessa benedettina di Rupertsberg Hildegard
von Bingen che scrisse Physica nella quale detta i consigli per l’utilizzo
delle piante medicinali. Di seguito si espone una breve elencazione.
Pianta
Effetti terapeutici
Fonti bibliografiche
Artemisia abrotanum L.
Galeno, testi monastici vari
Vitex agnus-castus L.
Artemisia vulgaris L.
Fagus silvatica L.
Fraxinus excelsior L.
Glycyrrhizia glabra L.
Laurus nobilis L.
Matricaria camomilla L.
Myrtus communis L.
Silybum mariano L.
Hedera helix L.
Hypericum perforatum L.
Ilex aquifolium L.
Pinus mugo L.
Populus alba L.
Quercus robur L.
Salix sp.p.
Viscum album L.
Verbena officinalis L.
Valeriana officinalis L.
Infiammazioni gengivali,
rottura capillari
Sedativo
Digestivo
Antipiretico
Antipiretico
Digestivo, disturbi epatici
Contusioni, digestivo
Infiammazioni, dolori
Punture insetti
Disturbi epatici
Infiammazioni e dolori
Disturbi psichici
Antipiretico
Tosse e raffreddore
Antipiretico
Infiammazioni
Antipiretico
Difesa dell’organismo
Digestivo
Sedativo
Thymus vulgaris L.
Digestivo
Testi monastici vari
Dioscoride, testi monastici vari
Dioscoride, testi monastici vari
Dioscoride, testi monastici vari
Dioscoride, testi monastici vari
Testi monastici vari
Dioscoride, testi monastici vari
Dioscoride, testi monastici vari
Testi monastici vari
Plinio il Vecchio, Galeno
Dioscoride, testi monastici vari
Dioscoride, testi monastici vari
Plinio il Vecchio, testi monastici vari
Dioscoride, testi monastici vari
Plinio il Vecchio, testi monastici vari
Plinio il Vecchio, testi monastici vari
Dioscoride, Plinio il Vecchio,
testi monastici vari
Galeno, testi monastici vari
IL VALORE ATTUALE DEL SAPERE BENEDETTINO NELLA VALORIZZAZIONE
DELLE RISORSE FORESTALI COLLEGATE AL SETTORE DEL BENESSERE
E DELLA SALUTE UMANA
La presenza odierna di abbazie, monasteri ed eremi attivi, appartenenti alla confederazione benedettina è ancora notevole sul territorio nazionale. I Cassinesi, Sublacensi, Camaldolesi, Vallombrosani,
Silvestrini, Olivetani hanno comunità monastiche diffuse prevalentemente nel centro sud. A queste si devono aggiungere i centri di due
congregazioni cistercensi, i monasteri trappisti, le certose e le comunità monastiche benedettine femminili. Nel complesso, nonostante la
scarsità di vocazioni, il monachesimo benedettino sensu lato risulta
vitale in circa 200 centri (MONZIO COMPAGNONI, 2000). Questi centri
monastici trovano particolare riferimento dove maggiore è la diffusione di foreste, ma, seguendo anche una tradizione che si è affermata
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dopo il XIII secolo, si trovano inseriti anche nelle immediate prossimità di grandi insediamenti urbani.
La tradizione della coltivazione delle erbe officinali, raccolta e
trasformazione di prodotti collegati alle risorse forestali è ancora ricca
e, anzi, ha trovato un notevole impulso nel corso degli ultimi decenni.
La tab. 1 mostra alcuni centri monastici che hanno attivato la produzione e/o commercializzazione di prodotti legati alla tradizione erboristica.
Nella maggior parte si tratta di tisane, liquori, amari, unguenti,
creme, saponi e quanto altro pertinente la sfera del benessere e salute
umane.
Le produzioni appartengono alla tradizione e si sono tramandate
nel corso dei secoli quasi invariate nella loro qualità. In certi casi
(Monastero di Orte) si tratta di produzioni impiantate ex novo, partendo però sempre dal recupero di ricettari inseriti in alcuni manoscritti e libri esistenti all’interno della comunità monastica.
Diffusa è anche la produzione di miele14 e di prodotti dell’apicoltura nonché di tutto ciò che appartiene comunque ad una tradizione
tipica delle comunità rurali (succhi e concentrati di frutta e di piante
forestali, marmellate, etc.).
In questi centri monastici sono presenti un numero elevato di
fonti bibliografiche legate alla conoscenza della botanica, medicina e
farmacia che hanno, oltre che un valore storico e culturale, anche una
potenziale valenza scientifica, specie per indirizzare la verifica della
potenzialità di alcune piante nella pratica della fitomedicina.
CONCLUSIONI
Nel corso degli ultimi anni sempre maggiore importanza viene
data anche da parte degli storici alla riscoperta del valore culturale del
Medio Evo e dell’opera di salvaguardia dei testi classici operata in
quel periodo grazie all’attività degli ordini monastici. I monasteri
costituirono delle vere e proprie roccaforti del sapere che, almeno
fino all’inizio, trovarono la loro allocazione al centro di boschi e fore14
Il miele nel passato era strettamente legato alla somministrazione dei medicinali in
quanto conferiva un sapore piacevole a composti da sapori non piacevoli.
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tisane
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apicoltura
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sciroppi
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altro
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S. Maria degli Angeli Pistoia
S. Silvestro Abate Fabriano
S. Giovanni Evangelista Parma
Camaldoli
S. Daniele Abano Terme
S. Caterina d’Alessandria Cittaducale
Santo Volto N.S.G.C. Giulianova
Praglia
S. Cristina Senigallia
S. Maria Vallombrosa
S. Maria delle Grazie Orte
Valserena Guardistallo
Monastero/convento/eremo
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Tabella 1
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ste. I monaci ed i centri monastici ebbero una stretta relazione con il
paesaggio circostante: utilizzarono le risorse forestali, modificarono gli
assetti vegetazionali (ad es. diffusero la coltura del castagno per fini
alimentari), comunicarono una propria impronta alla fisionomia e
morfologia del territorio. Queste modifiche si sono perpetuate nei
secoli e sono ancora oggi visibili nel paesaggio delle nostre colline e
montagne.
Attraverso un’attenta lettura del paesaggio, è pertanto possibile
riscoprire questo nostro passato e l’importanza, non solo spirituale,
degli ordini monastici. Sotto questo punto di vista, il bosco, gli spazi
verdi, gli artefatti e il patrimonio storico culturale lasciati dai monaci
possono essere «riscoperti». Il bosco quindi non solo come spazio da
dove potere attingere risorse per la salvaguardia del nostro corpo, ma
anche luogo (genius loci) per il ricovero olistico dell’essere umano. Gli
alberi e le piante, grazie alla riscoperta di questa cultura, assumono
quindi un valore che è più ampio del singolo materiale o prodotto in
grado di fornire. Il bosco assume quindi un valore complesso che è
tipico di ogni singolo luogo e ne costituisce patrimonio inscindibile.
SUMMARY
Benedictine monks: from forest to wellbeing
The Benedictine monks have played a fundamental role in Italian and
indeed western European culture by the transmitting and spreading of botanical
and pharmaceutical culture since the Middle Ages. The monasteries not only
represented places of knowledge and learning which favoured the conservation
of works dating back to Greek and Roman times, but were also centres where
the very activity carried out influenced the characterisation of both the culture
and the landscape of entire territories.
The Benedictine tradition of using vegetables or silvicolous produce in the
production of medicines or other preparations for the enhancement of wellbeing
has been handed down over the centuries thanks to manuscripts and books,
some of which are today conserved in monasteries, the others having become
part of the wealth of the more important public and private library collections.
Nowadays it is possible to reread these works and appreciate their historical,
cultural and scientific value. It would therefore appear to be clear that certain
pharmaceutical products which have been handed down over the centuries take
on a holistic value.
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BIBLIOGRAFIA
CARDINI F., MIGLIO M., 2002 – Nostalgia del paradiso. Il giardino medioevale.
Editori Laterza. Pp. 202.
FALLANI G., 1975 – Introduzione, in: Abbazie e conventi. Touring Club Italiano.
FROHN B., 2004 – La medicina dei monasteri. Editrice Pisani. Pp. 220
MAZZUCOTELLI M., 1999 – Cultura scientifica e tecnica del monachesimo in
Italia. Vol. I. Abbazia S. Benedetto. Seregno.
MONZIO COMPAGNONI G., 2000 – S. Giovanni Gualberto e il monachesimo:
panorama storico, in: Attraverso le regioni forestali d’Italia. Edizioni
Vallombrosa.
TORCHIO M., TORCHIO ROGGERO C., 1972 – Studi ed uso razionale della
natura nei benedettini italiani dell’Evo Moderno. Natura, 63 (3): 205255. Soc. It. Sc. Nat. Museo Civio St. Nat. Milano.