foresta ragazza

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foresta ragazza
XVI Istituto Comprensivo – Plesso Chindemi
Classe 3a A
Dedicato a tutti quelli che
verranno con noi
nel mondo fatato
per sognar …
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FIABE A ROVESCIO
(1a EDIZIONE)
Autori: Classe 3a A
Direttore responsabile: ins. Di Stefano Sofia
Si ringraziano, per la
gentile collaborazione,
I genitori degli alunni
della classe 3a A
Finito di stampare nell’anno 2011, presso il XVI Istituto Comprensivo “Chindemi”.
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Premessa
Queste fiabe sono nate così.
Dopo averne scritta una, come compito per casa, per la nostra “cara
maestra” che voleva da noi, ad ogni costo, una bella fiaba, ci venne
un giorno, l’idea di scriverne qualche altra.
All’inizio non ce n’era una che andasse bene, alla “cara maestra”
ma pian pianino ci siamo calati con gioia in quel meraviglioso
mondo di fate, di maghi, di re, di regine, di orchi, di incantesimi
e le nostre piccole menti sono, come per magia, rifiorite.
Vi chiediamo, cari lettori, di non giudicare questo volumetto ma
di considerarlo la nostra prima “opera d’arte”.
Esso raccoglie alcune fiabe famose rivisitate, altre in rima e altre
ancora a rovescio.
Insomma, per voi che leggete,
abbiamo scritto storie per scoprire
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abbiamo scritto storie per sentire con il cuore
abbiamo scritto storie per ridere
abbiamo scritto storie per… per… pensare
abbiamo scritto, bene o male ….
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FATA PIUMETTA
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FATA PIUMETTA
(DEI FRATELLI GRIMM)
C’era una volta una vedova che aveva due figliuole: una
brutta e pigra, l’altra bella e lavoratrice.
Le cure della madre erano tutte per la ragazza pigra, perché
era la sua vera figliuola, mentre trascurava l’altra, sebbene
fosse buona e operosa, perché era la sua figliastra.
La figlia cattiva si chiamava Tilde, mentre la figlia bella,
alla quale toccavano tutte le fatiche di casa, si chiamava
Fiorenza.
La povera Fiorenza, dopo aver sfacchinato per tutta la
settimana, alla domenica, come unico svago, sedeva vicino
alla fonte a lavorare col fuso.
Una domenica tanto lavorò che, a un certo punto, le cadde il
fuso nell’acqua della fonte.
Tornata a casa senza fuso, la matrigna le ordinò di
ritornare alla fonte a ripescarlo… la povera Fiorenza cadde
nella fonte, perse i sensi e si risvegliò in un meraviglioso
giardino, tutto pieno di fiori.
La fanciulla si incamminò per un sentiero e si ritrovò
davanti a una casetta.
Affacciata alla finestra c’era una vecchina che non era altri
che la Fata Piumetta.
Fata Piumetta era molto vecchia e chiese a Fiorenza di
aiutarla a spiumacciare i suoi cuscini.
Fiorenza felice accettò.
Trascorsero molti giorni e la fata restituì a Fiorenza il suo
fuso e la invitò a fare ritorno a casa.
Figuratevi la rabbia della matrigna e della sorellastra
quando videro Fiorenza rincasare più bella e felice che mai.
Fiorenza raccontò che la sua beltà e serenità le erano state
donate da Fata Piumetta.
-Bene, bene!- disse Tilde, - Andrò anch’io da fata Piumetta. -
!
Tilde, a casa di Fata Piumetta, fece un disastro dietro l’altro,
così un giorno, la fata la rimandò a casa.
Tilde tornò a casa triste e sfinita, mentre la bella Fiorenza
sposava un giovane principe.
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FATA PIUMETTA
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FATA PIUMETTA
(DI CRISTIAN SPATARO)
Fata: nella tradizione popolare e nelle fiabe, figura
femminile dotata di poteri magici, di natura dolce e mite.
In questa fiaba, invece, avrete modo di incontrare una Fata
Piumetta non proprio perfetta.
C’era una volta una vedova che aveva due figliuole: una
brutta e pigra, di nome Tilde ed una bella e operosa di nome
Fiorenza.
Le cure della madre erano tutte per la ragazza bella e
trascurava l’altra.
La bella Fiorenza sfacchinava per casa tutta la settimana,
unico suo svago era la passeggiata nel bosco ogni domenica
mattina.
Fiorenza, nel bosco, sedeva vicino a uno stagno e lavorava
col fuso.
Un triste giorno il fuso cadde nello stagno e la dolce
Fiorenza tornò a casa senza fuso.
Giunta a casa, Fiorenza fu sgridata dalla madre e dalla
brutta sorella Tilde, e la costrinsero a ritornare alla fonte a
ripescare il fuso.
Fiorenza, nel tentativo di prendere il fuso, cadde nell’acqua,
perse i sensi e … si risvegliò in uno strano giardino, tutto
pieno di rovi e serpi.
Era il giardino di fata Piumetta.
Fata Piumetta era stata cacciata dalle altre fate perché i suoi
incantesimi avevano procurato spesso guai, quindi si era
rifugiata in questo sperduto giardino.
Ma ritorniamo a Fiorenza: la giovane vagò per tutta la notte
nel giardino e ad un certo punto arrivò davanti a un’orrenda
casetta.
Affacciata alla finestra c’ era una vecchina: era Fata
Piumetta.
Fata Piumetta invitò Fiorenza a entrare nella sua casa, e
questa, impaurita, accettò.
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Dopo aver ascoltato silenziosamente la storia di Fiorenza, la
fata disse: “Visto che questo fuso e così importante, ti aiuterò
a ripescarlo, farò un incantesimo”.
In un momento Fiorenza si ritrovò con una testa di rospo al
posto della sua, cosi poté immergersi nello stagno e
recuperare il fuso.
Ringraziò la fata e le chiese di togliere l’incantesimo, questa
provò e riprovò ma non ci riuscì.
La povera Fiorenza salutò la vecchia fata e si allontanò in
lacrime.
Giunta a casa, con la testa di rospo, Fiorenza fu scacciata
dalla matrigna e dalla sorella.
Così pensò di ritornare da Fata Piumetta, si incamminò per
il bosco, si immerse nello stagno e si ritrovò nel giardino
della fata.
Raggiunta la casa di questa, udì la fata gridare di gioia:
“lo sapevo che saresti ritornata e questa volta per sempre!”
Si racconta che ancora oggi Fata Piumetta e Fiorenza
vivano in quell’orribile giardino, e passino le loro giornate a
lavorare col fuso.
Poi, verso sera, Fata Piumetta butta il fuso nello stagno e
Fiorenza prontamente lo ripesca.
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IL MAGICO MONDO DELLE FATE
(CLASSE 3A A)
Quando entri nel mondo delle fate, cammina lentamente e
parla a voce bassa
Osserva attentamente quest’albero di quercia e vedrai una
fata sorridente tra i rami.
Le fate degli alberi indossano un costume fatto di foglie
cucite, a ogni cambio stagione, le fate ne confezionano uno
nuovo.
Se ti capita di avvicinarti ad un tronco d’albero, controlla
con attenzione ogni sua cavità: potrebbe essere l’ingresso
della casa della “Fata del sottobosco”.
Secondo la leggenda, le fate del sottobosco danzano al chiaro
di luna, intorno a un gruppo di funghi disposti in cerchio.
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Un giardino fiorito potrebbe nascondere un gran numero di
fate.
Se apri con estrema delicatezza un fiore chiuso, potresti
trovarci una “Fata addormentata”.
Se passi accanto ad una siepe e vedi volare delle farfalle, fai
attenzione!
Le “Fate delle siepi” amano mescolarsi alle farfalle.
Pochi uomini si avventurano nelle paludi, se ti capitasse di
andarci, cerca di fare molta attenzione, potresti incontrare il
re e la regina delle fate… le “Fate delle paludi” sono creature
sfuggenti, ma se segui delle piccole impronte sul terreno
!
fangoso, potresti arrivare al nascondiglio di una fata delle
paludi.
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R. Bielecka
CENERELLA
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CENERELLA
(DEI FRATELLI GRIMM)
C’era una volta una giovane e bella fanciulla, di nome
Cenerella (Cenerentola).
Un brutto giorno sua madre morì, e il padre si risposò con
una vedova che aveva due figliole: Anastasia e Genoveffa.
Quando morì pure il padre, matrigna e sorellastre, invidiose
della bellezza di Cenerella, la costrinsero a vivere in soffitta
e ad eseguire i lavori più umili.
Cenerella era molto triste e godeva solo della compagnia
degli animaletti amici.
Un giorno, un messaggero del re si presentò alla casa di
Cenerella e annunciò un ballo a corte, invitando tutte le
ragazze del regno in età da marito.
Prontamente, la matrigna e le due sorellastre, precisarono a
Cenerella che lei sarebbe potuta andare al ballo solo se avesse
finito di fare tutti i lavori di casa.
Cenerella si affrettò e chiese aiuto ai suoi amici animaletti, i
quali confezionarono un bellissimo vestito per la giovane
fanciulla.
Ma quando le sorellastre videro Cenerella in tutto il suo
splendore, le si lanciarono addosso come furie, strappandole
tutto il vestito.
Cenerella pianse calde lacrime, maledicendo la sorte avversa
che la perseguitava.
Grazie all’intervento della fata Smemorina, Cenerella si recò
al ballo e per tutta la sera danzò felice con il principe.
Al rintocco della mezzanotte si liberò dalle braccia del
principe, si precipitò per la scalinata e perse una scarpetta.
Il giorno dopo, il principe fece calzare la scarpetta a tutte le
ragazze del regno.
Fu così che si scoprì che la misteriosa ragazza della festa era
Cenerella.
I due si sposarono e vissero felici e contenti.
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R. Bielecka
PERFIDELLA
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PERFIDELLA
(DI ROBERTA BIELECKA)
C’era una volta una giovane vanitosa e perfida, aveva tutto
per essere felice: era bellissima, viveva in una magnifica
casa, godeva della compagnia di due bravissime sorellastre e
dell’amore del suo papà e di una dolce e generosa matrigna.
La fanciulla non era mai contenta e gentile con nessuno e
perciò la chiamavano Perfidella.
Perfidella, ai complimenti delle sorellastre, si arrabbiava
spesso, batteva i piedi e faceva un baccano tremendo.
Un mattino, mentre la sua dolce matrigna era in
compagnia del suo vispo topino Ciak, Perfidella bastonò
sulla testa il poverello.
Un giorno a pranzo, c’erano gli spinaci: - Puah! - fece
Perfidella, - Non ne voglio!Ecco che arrivò prontamente Lucifero, il gatto di casa, che
annusò gli spinaci, ma la perfida Perfidella mise il piede
sugli spinaci lasciando Lucifero con le pive nel sacco.
Il giorno dopo un messaggero del re si presentò alla casa di
Perfidella e annunciò: ”Un gran ballo si terrà questa sera a
palazzo: tutte le ragazze del regno, in età da marito, sono
invitate”.
Perfidella pensò tra se e se: “Si intende tutte, tranne quelle
sguattere di Anastasia e Genoveffa, farò di tutto …, ma loro
non verranno al ballo!”
Così corse nel cortile in cerca di Tobia, il suo perfido cane.
– Tobia, Tobia – gridò Perfidella – Devi entrare in casa nel
cuore della notte e divorare le mie due sorellastre, così io sola
andrò al ballo e sposerò il principe.– Benissimo – disse il perfido Tobia – Ma verrò a vivere con te
nel castello del principe.Il giorno dopo Tobia raccontò a Perfidella di aver consumato
il suo pasto, ma in realtà non aveva trovato nessuno in
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camera delle sorellastre, perché queste, impaurite da
Pefidella, avevano dormito in camera con la matrigna.
la giovane, traboccante di gioia, indossò un bellissimo abito
e calzò le magiche scarpette di cristallo, regalatele dalla sua
madrina, la fata Smemorina, il giorno del suo diciottesimo
compleanno.
Così, tutta impettita, uscì di casa per recarsi al ballo.
Quando Pefidella giunse a corte, il principe, attratto dal
potere magico delle scarpette di cristallo, le si fece incontro e
la invitò a ballare.
Poco tempo dopo, l’ignaro principe e Perfidella diedero una
festa, per annunciare le loro nozze che si sarebbero celebrate
di lì a poco.
Durante la festa, apparve a Perfidella la fata Smemorina che
la invitò ad essere più buona e gentile.
Per tutta risposta, Perfidella esclamò: - Sono la futura
moglie del principe e non prendo ordini da nessuno!- e le
scagliò addosso una delle magiche scarpette di cristallo.
Fu così che la scarpetta andò in frantumi, così come
l’incantesimo che l’accompagnava.
Perfidella improvvisamente si ritrovò vestita di stracci, in
una casa sporca e buia, in compagnia del suo cane Tobia.
Perfidella, in preda all’ira e alla perfidia, maledisse la fata
Smemorina, artefice di quella sorte avversa che l’aveva
colpita.
E a corte… si riaprirono le danze, il principe sposò Genoveffa
e vissero tutti a lungo felici e contenti!
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CAPPUCCETTO ROSSO
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CAPPUCCETTO ROSSO
(DEI FRATELLI GRIMM)
C’era una volta una bambina che tutti chiamavano
Cappuccetto Rosso.
Un giorno la mamma la pregò di andare dalla nonna, che
viveva in una casetta al di là del bosco, per portale una bella
focaccia.
La mamma però raccomandò a Cappuccetto Rosso di non
fermarsi mai lungo il percorso: ”Potresti incontrare il lupo
che mangia le bambine!”
Cappuccetto Rosso partì, ma lungo la strada vide dei fiori
così belli che pensò di raccoglierne qualcuno per la nonna.
Proprio in quel momento arrivò il lupo e chiese alla bambina
dove stesse andando.
- Vado a portare la focaccia alla nonna.Appena udite queste parole il lupo andò di corsa a casa della
nonna di Cappuccetto Rosso, si fece aprire la porta e si
mangiò in un sol boccone la povera vecchietta, poi si mise nel
letto al suo posto ed attese l’arrivo della bambina.
Cappuccetto Rosso arrivò tranquilla a casa della nonna e il
lupo si mangiò anche lei.
Poi, però, gli venne un gran mal di pancia e cominciò a
lamentarsi disperatamente.
Attirò così l’attenzione di un cacciatore che passava di lì, il
quale appena riconosciuta la voce del lupo, entrò nella casa e
gli sparò.
Fu così che la nonna e Cappuccetto Rosso poterono uscire
sane e salve dalla pancia del lupo.
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SCARPUCCETTO ROSSO
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SCARPUCCETTO ROSSO
(DI GIULIA FOTI )
C'era una volta una bambina di nome Giulia, molto
birichina e furba.
La nonna le faceva sempre dei doni, e un bel giorno le regalò
un paio di scarpette tutte rosse.
Da quel momento tutti la chiamarono Scarpuccetto Rosso.
Un giorno la nonna si ammalò e la bambina decise di
andarla a trovare.
La nonna abitava in una casetta nel bosco, a una mezz’ora
dal villaggio.
Quando giunse nel bosco, Scarpuccetto Rosso scoprì che le
sue scarpette rosse avevano dei poteri magici.
Quando camminava sbocciavano per lei strade fatte di fiori,
quando muoveva i piedi il vento se ne andava a dormire in
una grotta e tornava il sole, quando saltellava i ranocchi
balzavano fuori dall’acqua dello stagno e si sdraiavano a
gracidare felici su di un tronco.
Ad ogni movimento dei suoi piedi diventava tutto così
magico.
Scarpuccetto Rosso era proprio felice e pensò di raccogliere dei
fiori per le nonna, proprio in quel momento arrivò il lupo e
chiese alla bambina dove stesse andando.
Scarpuccetto Rosso rispose: - Sto andando a trovare mia
nonna ammalata.Alla furba bambina venne in mente di proporre al lupo un
bel gioco, fare una gara a chi arrivasse prima a casa della
nonna.
Scarpuccetto Rosso, grazie alle sue magiche scarpette rosse,
andò di corsa a casa della nonna, si fece aprire la porta e si
mise nel letto al suo posto attendendo l’arrivo del lupo.
Quando il lupo arrivò entrò e si avvicinò al letto.
Proprio in quel momento, Scarpuccetto Rosso balzò dal letto
e gridò in faccia al lupo:” Scherzetto!”
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Il lupo a bocca aperta vide che era Scarpuccetto Rosso, la
quale rideva a crepapelle perché era riuscita a prenderlo in
giro.
A quel punto la nonna, che era nascosta dentro l’armadio,
uscì fuori e vide la nipotina ed il lupo che ridevano felici e
contenti.
Per la meraviglia alla nonna scomparve la febbre e venne un
certo appetito.
Così, i tre apparecchiarono la tavola e presero un the con dei
biscotti fatti dalla nonna.
Proprio allora passò lì davanti il famoso cacciatore, il quale
entrò nella casetta della nonna e, con forbici in mano, cercò
la pancia del lupo per tagliarla; ma l’unica cosa che poté
tagliare fu la sua giacca che si era impigliata nel
chiavistello.
Fu così che verso sera Scarpuccetto Rosso e il lupo
s’incamminarono per fare ritorno a casa.
Ma… la birichina Scarpuccetto Rosso pensò di proporre al
lupo un nuovo gioco.
Indossarono una scarpetta rossa ciascuno e, in men che non
si dica, giunsero a casa sani e salvi.
Mentre nel bosco… le strade sbocciavano di fiori, il sole
brillava alto nel cielo, i ranocchi gracidavano felici su di un
tronco…
Credevate che la fiaba finisse in un altro modo, ma ci tocca
finire come di consueto... e vissero tutti felici e contenti...
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LA TERRIBILE CAPPUCCETTO ROSSO
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LA TERRIBILE CAPPUCCETTO ROSSO
(DI ANASTASIA LO BELLO)
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C’era una volta un povero lupacchiotto
che portava alla nonna la focaccia in un fagotto.
~
Un giorno s’imbatté nella terribile Cappuccetto
che gli fece un bello scherzetto.
~
La terribile Cappuccetto Rosso
spinse il lupo in un grande fosso.
~
Oh …! Povero lupacchiotto
si sporcò il suo bel cappotto.
~
Intanto, la terribile Cappuccetto Rosso
arrivò dalla nonna che dormiva a più non posso.
~
Arrivato il lupacchiotto, alla casetta della nonnina
ebbe, però, una bella sorpresina.
~
Corri , Corri in fretta lupacchiotto
quella terribile vuol far di te un pranzo ghiotto – ghiotto.
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IL BRUTTO ANATROCCOLO
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IL BRUTTO ANATROCCOLO
(DI HANS CHRISTIAN ANDERSEN)
Nella covata di mamma anatra c’e’ un uovo più grande
degli altri che non si vuole aprire... alla fine ne esce un
pulcino grande e nero.
Lo aveva detto la vecchia anatra che quello era un uovo di
tacchino.
Mamma anatra,allora, porta tutti i pulcini allo stagno per la
prova di nuoto..i tacchini non sanno nuotare....lui invece
nuota, forse meglio degli altri suoi fratelli che lo
maltrattano di continuo.
Vanno così alla scoperta del mondo, nel cortile, a far
conoscenza con gli altri animali; nessuno e’ buono con lui,
tantomeno il tacchino che a suon di beccate lo manda via
dalla corte.
Si ritrova così’ nella pericolosa palude dove incontra una
anatra selvatica che viene colpita dai pallini dei cacciatori,
un cane da caccia e’ sul punto di azzannarlo, ma alla fine
lo risparmia.
Così si avventura in un bosco dove vede una casa; l’autunno
e’ già avanzato e dentro e’ cosi calduccio che si stende
davanti al focolare.
L’anziana padrona e’ ben lieta di avere ospiti e un nuovo
amico: ma il gatto di casa non e’ dello stesso parere e lo
caccia via in malo modo.
Cosi si ritrova nuovamente da solo.
Arriva l’inverno e, al limite del congelamento, viene trovato
da una rana che lo porta nella sua tana, diventeranno amici
durante il lungo inverno.
Arriva la primavera e lui esce dalla sua tana diventata
ormai piccola.
E’ diventato un bellissimo cigno e nuota sulle calme acque
del lago, la rana non crede ai propri occhi quando riconosce
la sua voce e pensa di aver perso un amico; ma la vera
!
amicizia non si dimentica e insieme se ne vanno per il
mondo perché, come diceva mamma anatra: “Il mondo e’
grande e bello”.
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IL BRUTTO ANATROCCOLO SI RACCONTA
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IL BRUTTO ANATROCCOLO SI RACCONTA
(IL DIARIO DEL BRUTTO ANATROCCOLO)
(DI SAMUELE VILLARI)
Caro diario:
sono appena nato, da un grosso uovo, sono talmente brutto
che alla mia povera mamma sono diventate le piume nere
dallo spavento! Ciao, a presto!
Caro diario:
oggi e’ proprio una brutta giornata, mamma anatra ci ha
condotto allo stagno e la vecchia anatra ha detto alla mia
mamma che sono orripilante. Che rabbia! Buona notte.
Caro diario:
la mia vita sta peggiorando e, come se non bastasse, oggi
allo stagno sono arrivati i cacciatori e per poco non mi
facevano secco. Forse sarebbe stato meglio, sigh! sigh!
Carissimo diario:
oggi sono rimasto da solo, solo! Nooooo! I miei fratelli mi
hanno cacciato via.
Caro diario:
ho trovato rifugio in una casetta sgangherata, abitata da
una vecchietta, in compagnia di una gallina e di un gatto.
Che felicità!
Caro diario:
quella rimbambita della vecchia mi ha cacciato, pensava che
facessi le uova e quello stupido del suo gatto voleva
insegnarmi a far le fusa.
Caro diario:
oggi sono più felice che mai!
!
Ho visto uno stormo di grandi e meravigliosi uccelli: erano
candidi come la neve e avevano un collo lungo e ali per
volare, il mio cuore ha iniziato a battere forte, forte.
Ho sentito di amarli come non ho mai amato nessuno.
Caro diario:
ieri ho incontrato un contadino e mi ha portato a casa sua,
ma questa volta sono scappato io, i suoi figlioli mi avevano
scambiato per un peluche e mi stavano spennacchiando vivo.
Caro diario:
oggi e’ la giornata più bella della mia vita, ho rivisto gli
splendidi uccelli bianchi dal collo lungo, li ho raggiunti e,
riflessa nell’acqua limpida del laghetto, ho visto la mia
immagine.
Sono un bellissimo cigno bianco.
Non avrei mai immaginato quando ero ancora un brutto
anatroccolo, che un giorno avrei provato tanta gioia!
Addio! Mio caro diario.
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IL LUPO BUONO
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IL LUPO BUONO
(DI MATTEO BOCCADIFUOCO)
Sono il lupo Ezechiele
vi racconto storie vere
giravo per il bosco
e si presentò un tipo losco.
Mi guardò, mi ferì
e con un grugnito mi stordì
corsi, corsi a più non posso
ma mi acciuffò un tipo grosso.
E’ il fratello del maialaccio
Oh! Mi lega con un laccio.
Ecco arrivare un altro ancora
che mi punta un dito in gola.
In verità vi confermo
ero buono e fermo, fermo.
Così è andata…
tutto il resto è storia inventata.
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BIANCANEVE E I SETTE NANI
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BIANCANEVE E I SETTE NANI
(DEI FRATELLI GRIMM)
Biancaneve è una bellissima principessa che, appena nata,
perde la madre.
Quando aveva pochi anni il padre si risposa con la malvagia
regina e strega Grimilde, che la costringeva ad occuparsi
delle faccende più umili.
Un giorno la regina interrogando il suo specchio magico si
sente rispondere che la più bella del reame non è più lei bensì
Biancaneve.
Furiosa d'invidia, Grimilde ordina a un cacciatore di
accompagnare la fanciulla nel bosco per ucciderla e, come
prova che ciò avvenga, gli ordina di portarle il suo cuore.
Ma l'uomo, all'ultimo momento, non si dimostra crudele e
lascia scappare Biancaneve.
La fanciulla terrorizzata inizia a vagare senza meta nella
foresta e si perde fin quando ormai, presa dallo sconforto,
raggiunge una casetta deserta e disordinata che con molta
buona volontà, e con l'aiuto dei suoi amici animali, decide
di rimettere in ordine, sperando che i suoi occupanti al loro
ritorno, le permettano di restare.
Gli abitanti della casetta, cioè i sette nani, una volta tornati
dalla loro miniera di diamanti, rimangono folgorati dalla
dolcezza e dalla bontà della fanciulla che fa subito breccia
nel cuore di tutti loro e accettano di ospitarla.
Ma la regina, dopo aver scoperto che Biancaneve è ancora
viva, decide di passare all'azione in prima persona e, tramite
un incantesimo, si trasforma in una orribile vecchia e si
dirige quindi alla casetta dei nani per dare a Biancaneve
una mela avvelenata per ucciderla.
L'ingenua fanciulla, appena si ritrova davanti la vecchina,
decide di accoglierla mentre i nani sono via per lavoro.
La fanciulla, appena vede la splendida mela la addenta e, al
primo morso, cade all’istante in un sonno mortale.
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La perfida regina rimane però uccisa cadendo in un burrone
mentre cerca di schiacciare con un masso i nani che,
avvisati dagli animali, accorrono subito da Biancaneve.
Ma quando arrivano alla casetta era troppo tardi.
I nani non se la sentono di seppellirla e la conservano in
una bara di cristallo.
Il Principe Azzurro che passa di là, vedendola riconosce in
lei il suo vero amore e la bacia risvegliandola.
La porta infine al suo castello si sposano e vissero per sempre
felici e contenti.
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BIANCANEVE E I SETTE GIGANTI
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BIANCANEVE E I SETTE GIGANTI
(DI ALESSANDRA BELLASSAI)
C’era una volta, in un castello lontano, una bella regina che
cuciva seduta accanto a una finestra.
E così, cucendo e alzando gli occhi per guardare i fiocchi di
neve che cadevano dal cielo, si punse un dito e nella neve
caddero tre gocce di sangue.
Il rosso era così bello su quel candore, ch’ella pensò: “Avessi
una bambina bianca come la neve, rossa come il sangue!”
Poco tempo dopo, diede alla luce una figlioletta bianca come
la neve, e la chiamarono Biancaneve.
Quando nacque, la regina morì.
Dopo un anno il re prese un‘altra moglie: una donna dolce e
bellissima.
La presenza di un'altra donna tanto gentile e premurosa, le
attenzioni che il re aveva per la nuova moglie, sconvolsero la
vita della piccola Biancaneve.
Invidia e bruttezza crebbero come le male erbe, così che ella si
trasformò dall’esile fanciulla che era, in una fanciulla dalla
corporatura pesante.
Tutto in lei cambiò: la sua bianca pelle prese un colore
rossastro, i suoi grandi occhi divennero piccoli e tristi, i suoi
lisci capelli neri divennero arruffati e, soprattutto, il suo
dolce cuore si riempì d’invidia e odio per la dolce e bella
regina, sua matrigna.
Biancaneve sempre più verde e gialla d’invidia decise di
uccidere la regina, ma il suo tentativo fallì ed ella fu
costretta a lasciare il castello.
Vagò per tutta la notte nel bosco cercando un posto dove
rifugiarsi, ma nessuno voleva ospitarla poiché anche le bestie
più feroci scappavano alla sua vista.
Corse finché le ressero le gambe.
Era quasi sera, quando vide un’enorme casa ed entrò per
ripararsi.
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Nella casona tutto era enorme ma lindo e leggiadro.
C’era un’enorme tavola apparecchiata con sette enormi
piatti, ogni piatto col suo enorme cucchiaio e sette enormi
coltelli, sette enormi forchette e sette enormi bicchieri.
Come avete capito Biancaneve, era entrata nella casa dei 7
giganti.
Quando arrivarono, Brontolone, Dottone, Mammolone,
Eolone, Gongolone, Pisolone e Cucciolone, s’impaurirono
vedendola.
Ma ella raccontò loro che la sua matrigna voleva ucciderla ed
era stata costretta ad abbandonare il suo castello.
I giganti credettero alla sua storia e le proposero di restare
con loro per occuparsi della casa.
Ma il suo carattere era aggressivo e il suo comportamento
pigro: i giganti non vedevano l’ora che Biancaneve se ne
andasse.
Così, un giorno, chiusero la porta di casa a chiave e, quando
Biancaneve ritornò dalla sua passeggiata, non poté entrare.
Biancaneve vagò da sola nel più profondo del bosco.
Cammina, cammina si trovò in un paese molto strano, in
ogni angolo vi erano cartelli con scritto “MAI-MAI”.
Biancaneve chiese aiuto a una vecchietta affacciata alla
finestra, ma queste rispose: “MAI-MAI ti ospiterò a casa
mia!”
Biancaneve chiese aiuto ad un ciabattino che riparava delle
scarpe ad una nobildonna, ma questo, con noncuranza
rispose: “MAI-MAI ti aiuterò!”
Disperata Biancaneve sedette su una pietra sotto un albero,
all’improvviso passò un bel principe e la vide.
Si fermò a guardarla e rabbrividì, tanto che scappò di corsa
con il suo cavallo bianco.
Biancaneve grido: - Per pietà, mi sposi? Sarò tua schiava per
tutta la vita! E… il principe, ancor più veloce, sul suo cavallo bianco gridò:
“MAI-MAI ti sposerò!”
!
Ecco, una fiaba che non finisce alla solita maniera…
Biancaneve non visse MAI felice e contenta e … cosa ancor
più strana, zitella restò e MAI-MAI si sposò.
!
!
!
!
SE IO FOSSI…
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SE IO FOSSI…
(DI CHANTAL URSO)
Se io fossi Biancaneve
chiederei a quegli opportunisti dei nanetti: la lavastoviglie,
la lavatrice e l’aspirapolvere.
In dieci minuti sbrigherei tutte le faccende di casa e… via
davanti alla tv.
Se io fossi Cappuccetto Rosso
chiamerei un corriere per portare la focaccia alla mia cara
nonna, invece di rischiare la vita.
Se io fossi il principe
ci penserei bene prima di baciare una che dorme da cento
anni, e… se questa si riaddormentasse a settant’anni?
Oooh no! Non ci voglio pensare.
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RAPERONZOLO
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RAPERONZOLO
(DEI FRATELLI GRIMM)
Una coppia di sposi, viveva accanto a un meraviglioso
giardino protetto da alte mura che apparteneva a una strega,
conosciuta come Dama Gothel.
Essi desideravano ardentemente un figlio e, quando la
donna rimase finalmente incinta, fu presa da una gran
voglia di mangiare alcuni raperonzoli che crescevano nel
giardino della vecchia megera.
Il marito allora, durante la notte, scavalcò le alte mura per
procurargliene qualche mazzetto.
Ma alla terza incursione nel giardino si ritrovò faccia a
faccia con la temibile strega.
Questa, nonostante le giustificazioni dell'uomo, decise di
punirlo, consentendogli di tornare a casa con i raperonzoli
sottratti a condizione che, una volta nato, il bambino tanto
atteso fosse consegnato proprio a lei, la quale prometteva di
trattarlo bene.
Disperato, l'uomo alla fine acconsentì.
Il tempo passò e nacque una bella bambina.
La strega la prese con sé e le diede il nome di Raperonzolo.
Quando la bimba compì 12 anni, la chiuse in un'alta torre
senza porte e senza scale nel mezzo del bosco.
Raperonzolo aveva lunghi capelli dorati che teneva legati in
una treccia e quando la strega andava a trovarla le gridava:
"Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli, che per salir mi
servirò di quelli".
E così, arrampicandosi sulla sua treccia, poteva entrare nella
celletta attraverso l'unica finestra della torre.
Un giorno il figlio de Re, che per caso passava nei dintorni,
sentì Raperonzolo cantare e fu rapito dalla sua incantevole
voce.
Non trovando alcun accesso alla torre, però, se ne andò
sconsolato, ma si ripromise di tornare ogni giorno ad
!
ascoltare quel canto meraviglioso, finché una volta vide la
strega e scoprì il modo per salire dalla sua bella.
Decise così quella notte di provare anche lui: recitò i versi che
aveva sentito dalla vecchia e in un batter d'occhio si ritrovò
nella torre con la bella fanciulla.
Egli allora le dichiarò tutto il suo amore e le chiese di
sposarlo.
Raperonzolo, nonostante l'iniziale spavento, finì con
l'accettare la proposta e, insieme al Principe, pianificò la
fuga.
Egli sarebbe tornato tutte le notti, poiché di giorno vi si
recava la strega, e le avrebbe portato della seta, che lei avrebbe
tessuto fino a darle la forma di una scala, con cui avrebbe
potuto scendere dalla torre.
Un giorno Raperonzolo parlò accidentalmente del Principe
alla strega, che, accecata dall'ira, la punì tagliandole i
capelli e abbandonandola nel deserto.
Quando quella stessa notte il Principe si arrampicò sulla
treccia dorata, si trovò di fronte la vecchia Dama Gothel, che
gli disse che mai più avrebbe ritrovato la fanciulla.
Egli allora saltò giù dalla torre e, caduto sui rovi sottostanti,
ne venne accecato.
Per anni errò nei boschi, finché un giorno giunse nel
deserto, dove riconobbe la voce di Raperonzolo.
Ella, piangendo insieme a lui, fece cadere le proprie lacrime
sui suoi occhi, rendendogli così la vista.
Il Principe la portò così nel suo regno dove vissero felici.
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PINORONZOLA
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PINORONZOLA E IL PRINCIPE BIZZARRO
(DI RICCARDO BRUNO)
C'era una volta un taglialegna che viveva felice nella sua
casetta, con la moglie, un cane e tre colombelle bianche.
La coppia desiderava tanto una bambina, ma questa tardava
ad arrivare, così il taglialegna decise di costruire una
burattina di legno.
Accanto alla casa della felice coppia vi era un giardino di
pini, di proprietà di una strega malvagia.
Il taglialegna al crepuscolo scavalcò il muro, entrò nel
giardino della strega e tagliò un tronco di pino.
Il giorno dopo si mise al lavoro e dopo una settimana mostrò
alla moglie una bellissima burattina con delle lunghe trecce
di pino come capelli.
La giovane donna, intanto, aveva confezionato un vestito di
foglie verdi con il quale coprì quel corpicino di legno.
L'uomo e la donna decisero di chiamare la burattina
Pinoronzola.
La donna, qualche giorno dopo, chiese al marito di ritornare
al giardino della strega e raccogliere altri rami di pino per
rifare le trecce a Pinoronzola.
Così', al crepuscolo, l'uomo scavalcò di nuovo il muro ma,
quando mise piede a terra, si spaventò terribilmente perché
aveva davanti a sè la strega.
Il povero uomo tentò di raccontare la sua triste storia e la
strega, fingendo falsa pietà, propose al taglialegna di
affidargli la burattina; in cambio l'avrebbe trasformata in
una bambina vera, bella ed intelligente.
Il padre a malincuore accettò.
La strega mantenne la promessa fatta e trasformò
Pinoronzola in una bellissima bambina dalle lunghe trecce
bionde.
Passavano gli anni, la piccina cresceva e diventava sempre
più bella.
!
La strega, temendo che i genitori la rapissero, decise di
rinchiuderla dentro una torretta, posta sopra una grossa
pianta di fagiolo magico.
L'unico modo per raggiungerla era cantare una canzoncina
che faceva così:
“Fagiolino Fagioletto
Cresci fino al tetto.
Da Pinoronzola devo andare
sempre con me deve restare!”
Un giorno la strega andò a trovare Pinoronzola e cantò la
consueta tiritera.
Nascosto dietro un cespuglio vi era un principe, un tipo
bizzarro, non era il solito principe alto con gli occhi azzurri,
egli era zoppo e piuttosto bruttino.
Quando questi senti cantare la strega, il sangue gli ribollì
fino al cuore e, all'istante, l'amore arrivò.
Sbucò fuori dal cespuglio e dichiarò alla perfida strega il suo
amore, chiedendole la mano.
A tale proposta ella rabbrividì.
Mai nessuno, come ben immaginate, le aveva decantato tali
parole.
Così, temendo un ripensamento da parte del principe, accettò
subito di sposarlo.
Ecco la vera storia del principe Bizzarro che sposò una
bizzarra strega che trasformo in bambina una bizzarra
burattina che mi ha permesso di scrivere questa bizzarra
fiaba.
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LA BELLA E LA BESTIA
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LA BELLA E LA BESTIA
( DI JEANNE-MARIE LEPRINCE DE BEAUMONT)
Molto tempo fa, un principe viziato ed egoista, viveva tra gli
agi del suo palazzo.
Un giorno, durante un temporale, una vecchia donna bussò
al portone per chiedere rifugio offrendosi di pagare con una
rosa, ed il principe la cacciò malamente.
Ma questo fu un grosso sbaglio: la vecchia era in realtà una
fata che lo stava mettendo alla prova.
Lui non la superò e venne punito con la trasformazione in
una creatura mostruosa.
Tutto il castello pagò le conseguenze del sortilegio e ogni suo
abitante fu trasformato in un curioso oggetto casalingo
animato.
Solo se avesse scoperto l'amore e se si fosse dimostrato capace
di farsi amare entro il suo ventunesimo compleanno, il
principe avrebbe spezzato l'incantesimo.
In un piccolo paese vicino viveva Belle, una bella ed
intelligente ragazza che adorava leggere libri e sognava di
vivere le avventure che trovava nelle loro pagine.
Il tronfio Gaston, un bullo del paese, decise di farla
diventare sua moglie poiché era la ragazza più bella di tutte
e non poteva che essere destinata a lui.
Belle, ovviamente, non condivideva questa opinione.
Gaston era un ragazzo di bell'aspetto, ma oltre
all'immagine c'era ben poco: era infatti piuttosto scortese e
talvolta ridicolo.
Intanto, Maurice, l'eccentrico inventore padre di Belle, si
preoccupava della solitudine di quest'ultima, ma il suo
cruccio del momento era la costruzione di una macchina
taglialegna da portare alla fiera annuale delle invenzioni.
Quando la macchina fu completa e funzionante, Maurice
partì ma, attraversando il bosco, si perse e venne attaccato
dai lupi.
!
Per sfuggire alle grinfie degli animali, l'anziano uomo
cercò rifugio in un grande e maestoso castello che non
conosceva.
Qui scopre creature che neppure immaginava potessero
esistere, come l'orologio Tockins, la teiera Mrs. Bric, il
candelabro Lumiére, tutti dotati di parola e intelletto, nonché
di simpatica personalità.
Ma fu terribile l'incontro con il padrone del castello, la
Bestia, un essere mostruoso ed enorme che lo fa prigioniero.
L'amore che Belle nutriva per suo padre fece sì che la giovane
partì alla sua ricerca e, una volta trovatolo, riuscì a
convincere l'orrenda Bestia a imprigionare lei al posto
dell'uomo vecchio e malato.
Al castello si cominciò a sperare che l'incantesimo potesse
essere spezzato grazie a lei.
Lentamente, Belle vide il suo ruolo cambiare e da prigioniera
si trasformò pian piano in ospite.
Un giorno la Bestia salvò Belle dall'attacco dei lupi nel
bosco, e si dimostrò gentile e premuroso, i due cominciarono
a diventare amici.
Passavano i giorni e Belle scoprì che le condizioni di suo
padre erano peggiorate e, quindi, la Bestia decise di lasciarla
libera perché potesse tornare da lui.
Vederla soffrire era insopportabile per la creatura.
Nel frattempo Gaston incoraggiò l'intero paese contro la
terrificante Bestia.
Lumiére, Tockins, Mrs Bric e gli altri si difesero.
Quando Gaston trova, la Bestia era inerte e non reagì
all'attacco del suo assalitore.
Gaston avrebbe potuto uccidere facilmente Bestia, dato che
l'assenza di Belle gli toglieva forza e coraggio.
Ma Belle seppe dell'attacco al castello e tornò.
Rivederla e difendersi da Gaston furono per la Bestia una
cosa sola!
!
Gaston scoprì che non era poi così semplice eliminare il suo
rivale.
Gaston perse il suo coraggio e la sua arroganza.
La Bestia trovò un cuore che gli impedisse di ucciderlo.
In quel momento, Belle appare ad un balcone e la Bestia
andò da lei, voltando le spalle all'uomo che aveva appena
risparmiato.
Ma il vile e approfittatore Gaston, armato di pugnale, ferì a
morte la Bestia per poi precipitare dal castello.
Sul balcone la Bestia giacque in fin di vita, Belle in lacrime
la assistette nei suoi ultimi momenti, osservata in silenzio
dagli oggetti animati che popolano il castello.
Le ultime parole che Belle dedicò al principe un tempo cattivo
furono quelle che tutti aspettavano: “Io ti amo!”
All'improvviso, mentre Belle piangeva sul gigantesco petto
della Bestia, qualcosa cadde dal cielo: piccole gocce di luce
trasformarono Bestia in un bellissimo principe.
Tutti gli oggetti tornano ad essere delle persone.
Finalmente Belle e la Bestia poterono sposarsi e vissero felici
e contenti.
!
LA BRUTTA E LA BESTIA
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LA BRUTTA E LA BESTIA
(DI GABRIELE MARTINELLI)
C’era una volta, in paese lontano, un principe che a causa di
un maleficio, era stato trasformato in una bestia
spaventosa.
Il povero principe si sentiva triste e infelice, era sempre solo.
Lui stesso non riusciva a guardarsi senza provare ribrezzo,
per questo aveva ordinato ai suoi servitori di coprire tutti gli
specchi del palazzo.
Un giorno, preso dallo sconforto, decise di fare una lunga
cavalcata.
Cavalcando, cavalcando dopo un po’, il principe si accorse che
si era addentrato in un bosco e non riusciva più a ricordare
la strada del ritorno.
Costeggiando un sentiero, nella speranza di incontrare
qualcuno che potesse aiutarlo, la Bestia vide uscire del fumo
da una casetta.
” Chi mai abiterà in questo posto così sperduto?” si domandò
il principe.
Decise allora, di avvicinarsi alla casetta per farsi indicare la
strada che lo riconducesse al suo castello.
TOC TOC…. nessuno apriva ed il principe insistette, TOC
TOC… ad un tratto, la porta si aprì ma sembrava non esserci
nessuno.
Il principe, avendo paura di spaventare per il suo aspetto le
persone che abitavano nella casetta, decise di gridare: “ Io
sono un principe e chiunque sia il proprietario di questa
casa, se mi aiuterà a ritrovare la strada per il mio ritorno a
corte, lo ricompenserò con 30 monete d’oro”.
Ad un tratto, da dietro la porta, spuntò una ragazza molto ,
ma molto brutta.
Quando il principe la vide fu lui a spaventarsi…
!
La ragazza gli si avvicinò e gli disse: “ La prego di entrare
principe, le offro una torta appena sfornata e poi le indicherò
la strada che la condurrà al suo castello.”
Il principe non riusciva a guardare in viso la giovane tanto
era brutta.
Poi senza pensarci troppo le rispose: “ Non importa me la
caverò, grazie lo stesso.”
La giovane insistette ed il principe dovette entrare nella
casetta.
La brutta, servì al principe Bestia la torta di mirtilli.
La Brutta non aveva mai incontrato un principe, per questo
non voleva lasciarselo scappare.
La Bestia, dopo aver mangiato la torta, disse alla Brutta: ”
Se mi indica la strada..io toglierei il disturbo”.
La giovane non aveva nessuna intenzione di farlo andare
via.
Quel principe a lei piaceva e non provava ripugnanza nel
guardarlo.
Poteva farlo suo prigioniero, era l’unico modo per averlo tutto
per lei, così decise di sbarrare la porta.
Bestia non sapeva che fare, voleva solo scappare da quella
brutta ragazza, invece la giovane brutta era felice, poteva
stare un po’ con lui per conoscerlo meglio.
La Bestia la avvertì: “I miei servitori fedeli mi verranno a
cercare e per lei saranno guai.”
La Brutta, sicura di sapere quello che diceva, rispose al
principe: ”Non credo proprio. Nessuno verrà fino a qui!” e
continuo dicendo:“Perché vuole andare via, sono davvero cosi
mostruosa?”
Bestia voleva rispondere “Sii!!”, ma con gentilezza invece le
replicò: “Ma no, … ehmm… voi non siete brutta, è che io…
devo proprio andare “.
Ormai il principe era suo prigioniero e brutta preparò tutta
contenta la cena, così apparecchiò una bella tavola, con tante
cose buone e genuine che lei stessa coltivava.
!
Quando furono a tavola, Bestia evitava di guardare Brutta,
lei, per rompere il silenzio, chiese: ” E’ di vostro gradimento?”
e aggiunse: “Questi sono tutti cibi che coltivo io con molta
cura.”
Il principe non aveva mai incontrato una ragazza così dolce
con lui e cominciò ad apprezzare Brutta.
Timidamente, Bestia rispose: ”E’ tutto squisito, non avevo
mai mangiato verdure così gustose.”
Finalmente anche la Bestia si stava addolcendo con Brutta.
La ragazza, curiosa, domandò al principe chi lo avesse
ridotto in quello stato, anche se lei lo trovava bellissimo.
Bestia raccontò a Brutta che una fata lo aveva trasformato
in una bestia affinché nessuno potesse avvicinarsi a lui.
Brutta, sorprendendo Bestia, esclamò: ”Comunque io vi
trovo molto bello e sono felice di avervi conosciuto”.
Bestia capì che Brutta si stava innamorando di lui e ne fu
felice.
”Brutta vuoi venire con me al castello..?” disse tutto d’un
fiato Bestia.
Brutta non aspettava altro e rispose: ”Si ,grazie , vengo
volentieri”.
Giunti al castello, Bestia riunì i servitori e presentò Brutta.
Tutti, atterriti, guardarono l’orribile coppia.
I giorni passarono e i due erano sempre più felici di stare
insieme, così decisero di sposarsi.
Finalmente anche loro vissero insieme per sempre, BRUTTI,
ma felici e contenti.
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LA SPADA NELLA ROCCIA
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LA SPADA NELLA ROCCIA
(DI SIR THOMAS MALORY)
La vigilia di Natale, tutti i baroni del regno di Lo Gres
andarono a Londra e, tra essi, Antor, con Keu e Artù, i suoi
due figli, di cui non sapeva chi preferire.
Tutti assistettero alla messa di mezzanotte con grande
pietà.
Mentre la folla usciva dalla chiesa, suonarono grida di
stupore: una grande pietra tagliata, si trovava nel centro
della piazza e sorreggeva un'incudine di ferro in cui era
infissa una spada fino alla guardia.
Subito fu avvertito l'arcivescovo che arrivò con l'acqua
benedetta.
E, nel chinarsi per aspergere la pietra, lesse ad alta voce le
parole che vi erano scritte in lettere d'oro: “COLUI CHE
ESTRARRA' QUESTA SPADA SARA ELETTO RE DA
GESU' CRISTO.”
Gli uomini più nobili e ricchi tentarono la prova ma
nessuno riuscì ad estrarre la spada.
Allora fu ordinato che tutti coloro che desideravano
cimentarsi in quell'esercizio, ne avessero facoltà.
Ma la spada incantata, tutta scintillante di luce, rimase
dov'era, conficcata nel ferro fino al giorno di Capodanno.
In quella ricorrenza, com'era tradizione, alle porte della città
si doveva tenere un grande torneo.
Keu, che era stato fatto novello cavaliere il giorno di
Ognissanti, aveva deciso di prendervi parte.
Per questo pregò il fratello di andare a prendere la spada che
aveva lasciato nel suo alloggio.
Artù si diresse verso l'alloggio, ma non riuscì a trovare la
spada del fratello.
Stava tornando, quando, passando davanti alla chiesa,
pensò che non aveva ancora fatto la prova: subito si avvicinò
alla pietra e, senza nemmeno smontare da cavallo, impugnò
!
il gladio meraviglioso, lo estrasse senza alcuna fatica, lo
portò al fratello sotto un lembo del mantello, e gli disse: Non sono riuscito a trovare la tua spada, ma ti ho portato
quella dell'incudine.Keu la prese senza pronunciare parola, e si mise alla ricerca
del padre.
Antor chiamò Artù e gli ordinò di andare a rimettere il
gladio dove l'aveva preso: il fanciullo riconficcò la lama
nell'incudine con la stessa facilità con cui l'avrebbe
immersa nell'argilla.
Quello stesso giorno, quando il torneo finì, i baroni
tornarono a riunirsi nella cattedrale.
Fu allora che Antor chiese all'arcivescovo di permettere ad
Artù, che non era ancora cavaliere, di effettuare la prova.
Di nuovo il ragazzo ripeté il miracolo: sfilò la spada e la pose
fra le mani dell'arcivescovo.
Dalla folla che si era radunata si levò un mormorio di
meraviglia.
Ma i baroni, profondamente turbati, cominciarono a
protestare, gridando che consideravano un disonore per se
stessi e per il regno essere governati da un ragazzo di oscure
origini.
Ma l'arcivescovo disse ad Artù: - Se Nostro Signore vuole che
siate voi a governare questo popolo, così sia.Il popolo piangeva di gioia e di pietà; i baroni allora si
rassegnarono a riconoscere in Artù l'eletto da Dio.
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IL SEGRETO DI MAGO MERLINO
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IL SEGRETO DI MAGO MERLINO
(DI GABRIELE FOTI)
In verità vi dico: “Nel bel mezzo della notte giunse a casa
mia il re d'Inghilterra Uther e affidò alle mie cure il suo
unico figlio Artù.
Il giovane Artù era molto dispettoso, direi un po' stupido:
non capiva e non imparava nulla, pensava solo a giocare, per
lui tutto era un gioco.
Vedendolo, la gente non avrebbe mai pensato che fosse il
figlio di re Uther.
Un giorno, pensai di condurre Artù a vivere presso un nobile
cavaliere per apprendere l’arte del combattimento.
Questi aveva un figlio di nome Caio che amava tanto gli
animali.
Ma Artù fece tanti di quei dispetti alle bestioline di Caio che
decisi di riportarlo al regno.
Dopo qualche mese appresi la notizia che il Re Uther era
morto e a lui era succeduto il figlio Artù.
Artù regnò solo pochi giorni, poiché fu trovato morto, steso
su una roccia con la magnifica spada Excalibur conficcata
nel petto.
Si racconta che lo stupidotto di Artù, dopo aver bevuto tanto
vino, si sia conficcato la spada giocando ai cavalieri con
tutta la sua corte.
Dopo la sua morte tutto il regno andò in rovina e alla
famosa Tavola Rotonda non sedette proprio nessuno perché
tutti morirono felici e contenti.
In fede
Mago Merlino
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HANSEL E GRETEL
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HANSEL E GRETEL
(DEI FRATELLI GRIMM)
C'era una volta ... un povero falegname che viveva in una
casupola sul limitare del bosco.
L'uomo aveva due bambini, Hansel e Gretel, nati dalla sua
precedente moglie che era morta qualche anno prima.
L'anno precedente aveva ripreso moglie ma questa non
sopportava i due figliastri.
Erano tempi duri e un giorno la moglie disse al padre di
Hansel e Gretel: "Non abbiamo più niente da mangiare,
porta i due bambini nella foresta ed abbandonarli, così
avremo due bocche in meno da sfamare.”
L'uomo, a malincuore acconsentì.
Hansel aveva sentito tutto e, di nascosto sgusciò fuori, dove
raccolse delle pietruzze.
Il giorno dopo, il padre li accompagnò nella foresta e,
durante il tragitto, poco per volta, Hansel lasciò cadere per
terra le pietruzze.
Giunti in una radura, si allontanò con una scusa.
Gretel era disperata, ma Hansel ritrovò la strada di casa
grazie alle pietruzze.
Qualche giorno dopo, la matrigna ripropose la stessa cosa.
Hansel risentì di nuovo, ma non poté prendere i sassolini.
Il giorno dopo, sbocconcellò la pagnotta che aveva in tasca
lasciando delle briciole.
Come l'altra volta fu lasciato con la sorella in una radura,
ma non poté trovare la strada di casa: gli uccellini avevano
mangiato tutto.
Con Gretel iniziò a vagare per la foresta, mentre scendeva la
notte.
Ad un certo punto giunsero in una radura dove c'era una
casa tutta costruita di marzapane, dolci, biscotti e cioccolato.
Hansel e Gretel avevano fame e si precipitarono a mangiarla.
!
Ad un tratto, uscì una vecchietta che disse loro: "Ma non
rimanete fuori, bambini! Entrate, entrate!"
Hansel e Gretel non se lo fecero ripetere: la vecchina
sembrava gentile, offrì loro un pranzo succulento e un letto
dove dormire.
Ma il mattino dopo rivelò la sua vera natura: in realtà era
una strega che aveva già mangiato molti bambini.
Chiuse Hansel in una gabbia per nutrirlo a dovere, farlo
ingrassare e poi mangiarlo, e mise Gretel a fare i lavori più
umili.
Hansel, che era astuto, prese un ossicino di un pollo che
aveva mangiato il primo giorno: si era accorto che la strega
non ci vedeva bene, per cui, quando veniva a tastare le sue
dita, lui le faceva sentire l'ossicino.
La storia andò avanti per alcune settimane, poi un giorno la
strega si spazientì: "Vuol dire che grasso o meno ti mangerò
lo stesso!"
La strega chiese a Gretel di accendere il forno.
La bambina lo accese ma disse che non riusciva ad arrivare
al piatto che era dentro il forno.
La strega si sporse nel forno per prendere il piatto e Gretel la
spinse nel forno, chiudendo la porta dietro.
Poi Gretel liberò Hansel e prima di andare via trovarono tutti
i tesori che la strega aveva accumulato.
I due bambini si diressero verso casa, dove grazie ai tesori
della Casa di Marzapane non soffrirono più la fame e
diventarono una delle famiglie più ricche della città.
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LESNAH E LETERG
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LESNAH E LETERG
(DI NOEMI GIBILISCO)
C’ era una volta, tanto tempo fa, un povero boscaiolo che
viveva con la sua famiglia, in una piccola casetta di legno e
paglia sul limitar del bosco.
La sua prima moglie era morta, lasciandogli in eredità la
sua vecchia e ammalata madre, facendogli promettere che si
sarebbe preso cura di lei.
Il boscaiolo si risposò, ma la nuova moglie non sopportava la
vecchina.
Un tempo in cui ci fu una grande carestia il taglialegna e
la nuova moglie decisero di abbandonare la vecchina nel
bosco.
L’ indomani, alle sette in punto, partirono per il bosco e
dissero alla vecchietta di aspettare sotto un grande albero,
che sarebbero ritornati a prenderla.
Passarono le ore, ma nessuno si fece vivo.
La vecchietta, per la stanchezza, si addormentò.
L’ indomani si vegliò e si mise in cammino.
Si diceva che nel bosco vivessero due terribili fratellini di
nome LESNAH e LETERG, e la vecchina temeva tanto di
incontrarli.
Si mise a correre con tutte le sue forze e finalmente vide una
casa, fatta di marzapane e di dolci, torrone e marmellata.
Le tegole sul tetto erano fatte di cioccolato, il comignolo era
di torrone, i muri erano fatti di pan di spagna e ricoperti di
marmellata.
La vecchietta adorava il torrone e la marmellata e ne mangiò
un po’.
Ancora affamata si precipitò in cucina, all’improvviso la
porta di casa si chiuse e i due fratellini, di nome Lesnah e
Leterg, si avvicinarono a lei, l’afferrarono e la misero dentro
una gabbia.
!
I due terribili bambini avevano intenzione di mangiare la
vecchietta per il pranzo di Pasqua, così la rimpinzarono di
dolci.
La vecchia, golosona, mangiò tutto quanto e, dopo una
settimana, i due fratellini decisero che la vecchina era
abbastanza grassa per essere mangiata.
Quella mattina Lesnah era uscito a combinare guai, come
tutti i giorni, e Leterg dormiva come un sasso.
Quando Lesnah rientrò e Leterg si svegliò la vecchina era
svenuta: aveva avuto una crisi glicemica a causa dei troppi
dolci mangiati!!
I due furfantelli, stranamente mossi a pietà, riportarono la
vecchia, che pensavano fosse morta, nel bosco.
Lì, ad attenderla, c’erano il taglialegna e la moglie che,
tormentati dal rimorso, riportarono a casa la vecchietta e le
prepararono un bagno caldo.
Quando alla poverina tolsero gli abiti sporchi, saltellarono
per tutta la stanza perle e pietre preziose.
La vecchietta raccontò loro che una sera i due furfantelli
avevano dimenticato di chiudere la gabbia a chiave, e lei,
andando in giro per la casa, aveva scoperto dei forzieri pieni
di preziosi e se ne era riempita le tasche.
Così finirono tutti i guai e i tre vissero felici e contenti.
N.B.
Certo, la vecchina morì dopo un annetto, il genero e la sua
nuova moglie vissero ancora un tantetto e questa storia non
è vera nemmeno un pochetto.
!
I TRE PORCELLINI
!
I TRE PORCELLINI
(DEI FRATELLI GRIMM)
Questa è la storia di tre porcellini e di un grosso lupo cattivo.
Un giorno la mamma disse ai suoi figli: "E' ora di andare
per la vostra strada."
"Si, è giunto il momento!" esclamarono i tre fratellini.
Fatti i bagagli e salutata la mamma, si incamminarono.
Ben presto trovarono un grosso albero da dove si diramavano
tre strade, ognuno di loro ne scelse una, alla ricerca di un
luogo dove costruire la propria casa.
Il primo porcellino costruì una casa di paglia, il secondo una
casa di legno e il terzo una casa di mattoni.
I tre, però, non sapevano che un grosso lupo cattivo e goloso di
porcellini, li stava osservando.
Il lupo bussò alla porta del primo porcellino, ma quando
questo non lo fece entrare, si arrabbiò e con un soffio spazzò
via la casa, il maialino allora si rifugiò a casa del secondo
fratello.
Il lupo lo seguì e busso alla porta, i due fratellini spaventati
non gli aprirono e il lupo sempre più arrabbiato con un soffio
ancora più forte, fece volare via la casa di legno.
I due porcellini allora, scapparono nella casa del terzo
maialino, inseguiti dal lupo cattivo.
Anche questa volta il lupo bussò per farsi aprire e, quando i
tre non lo fecero entrare, si arrabbiò ancora di più e soffiò
una, due, tre volte ma, non successe nulla.
Tentò allora di calarsi dal camino, ma non riuscì ad entrare
perché il terzo porcellino, furbo, aveva acceso il fuoco, tentò
di buttare giù la porta , ma era troppo solida, a quel punto il
lupo triste e sconfitto, se ne andò; adesso ancora grosso, ma
non più cattivo, non è più tanto goloso di porcellini.
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IL LUPETTO E I 3 MAIALACCI
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IL LUPETTO E I TRE MAIALACCI
(DI ALESSIO SALEMI)
Stava arrivando l'inverno e pioveva a dirotto, un povero lupo
vagava nel bosco, in cerca di un rifugio per ripararsi dalla
pioggia.
Camminò per molte ore, aveva tanta fame e tanta paura.
Camminò e camminò da mane a sera, ma non riuscì a
trovare riparo, la pioggia diventava sempre più fitta, era così
stanco e infreddolito che si addormentò sotto un albero.
Ma d'un tratto sentì dei rumori: erano i tre maialacci.
Su di loro il povero lupo ne aveva sentite di cotte e di crude,
aveva sentito dire che avevano un fiuto finissimo ed erano
ghiotti di lupi.
Così, il povero lupetto si diresse di corsa verso una casa di
paglia, ma i tre maialacci l'abbatterono.
Sempre di corsa raggiunse una casa di legno, ma di nuovo i
tre maialacci la distrussero.
Infine, il povero lupetto, tutto bagnato e in preda alla
disperazione, si diresse verso una casetta di mattoni.
Bussò alla porta e si ritrovò davanti i tre maialacci che lo
spinsero nel camino acceso.
In men che non si dica, il povero lupo morì …
… e i tre maialacci se ne stettero e se la godettero e a noialtri
nulla dettero.
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IL GATTO CON GLI STIVALI
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IL GATTO CON GLI STIVALI
(DEI FRATELLI GRIMM)
C’era una volta…un mugnaio che, morendo, lasciò ai suoi
tre figli: un mulino, un asino e un gatto.
Al figlio maggiore lasciò il mulino, al secondo lasciò
l’asino, al terzo lasciò invece il gatto.
Quest’ultimo, dopo la spartizione, si sedette avvilito su una
pietra e pensò: “Un gatto… cosa me ne faccio?” ma, con suo
grande stupore, si sentì rispondere: “Padrone, non
affliggetevi! Datemi un sacco, un paio di stivali e un
cappello piumato e vedrete che vi farò ricco e felice.”
Indossati stivali e cappello, si avviò verso il bosco.
Nel bosco prese un coniglio e lo infilò nel sacco e lo consegnò
al re, dicendogli che era da parte del marchese di Carabas.
Nei giorni che seguirono continuò a portare a corte, sempre a
nome del marchese: lepri, pernici e altra cacciagione.
Il Re e la Regina, sempre più incuriositi, chiesero al gatto di
voler conoscere il marchese di Carabas.
Il gatto andò dal padrone e gli chiese di presentarsi per
incontrare il Re e la Regina.
Quando la Regina vide il giovane figlio del mugnaio disse
alla sua figliola: “Un bel giovane, non ti sembra?”
La principessa annuì: “E’ vero, mamma, è proprio bello!”
Il gatto, che era lì vicino, nel sentire quelle parole rispose:
“Oltre ad essere bello è pure ricchissimo!”
la Regina a quel punto prese sottobraccio il giovane
mugnaio: ”Caro marchese, voi non siete sposato,vero?“
Il giovane rispose: “No, maestà, ma sarei molto felice di avere
una moglie!”
Il piano ideato dal gatto si stava realizzando e di lì a poco
furono celebrate le nozze fra il giovane, che ormai era
diventato per tutti il marchese di Carabas, e la figlia del
Re…e vissero per lunghi anni felici e contenti.
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IL GATTO SENZA STIVALI
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IL GATTO SENZA GLI STIVALI INCONTRA
PREZZEMOLINA
(DI MATTEO RUSSO)
C'era una volta un giovane dal cuore puro e leale, scacciato
di casa con il suo gatto con gli stivali, dai fratelli dopo la
morte del padre mugnaio.
Un giorno il gatto con gli stivali sentì dire dal suo
padroncino: "Vorrei tanto incontrare una fanciulla ed essere
felice.”
Il gatto disse: "Ci penso io, toglimi questi scomodi stivali e
mettiamoci in cammino!”
I due camminarono per alcune miglia, arrivati in mezzo al
bosco, il gatto disse: "Adesso restituiscimi i miei stivali" ed
iniziò a miagolare a più non posso.
L'insistente miagolio del gatto, attirò l'attenzione di una
giovane e bellissima fanciulla: Prezzemolina.
Conoscete Prezzemolina?
Prezzemolina era la figlia di una povera donna che aveva
commesso l’incauto gesto di raccogliere un pò di prezzemolo
dal campo di una strega malvagia, questa sottrasse la
piccina alla madre e la rinchiuse in una torre altissima.
Ritorniamo al figlio del mugnaio.
Quando il giovane vide Prezzemolina affacciata alla
finestra della torre, se ne innamorò e chiese al gatto di
aiutarlo a liberarla.
Quella notte il giovane e Prezzemolina fuggirono; il gatto,
invece, si tolse gli stivali e si nascose dietro un cespuglio di
prezzemolo.
Quando la strega rientrò e si accorse della scomparsa di
Prezzemolina, scese giù al campo e iniziò ad imprecare.
Il suo affanno fu così grande che non riuscì a dominarsi:
urlò e scalciò.
!
Ad un certo punto vide gli stivali del gatto, li urtò e
all'improvviso il cielo si oscurò ed ella si ritrovò trasformata
in un piccolo topo che il gatto, in un sol boccone, ingoiò.
Intanto il figlio del mugnaio e Prezzemolina erano giunti
in prossimità di un bellissimo castello, ad attenderli c'era
un re che aveva avuto la sfortuna di non avere figli.
Il re accolse nel suo castello i due giovani e ordinò nozze con
gran splendore.
Alla fine invitarono anche il gatto al quale non mancò mai
nulla, a parte gli stivali.
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PINOCCHIO
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PINOCCHIO
(DI COLLODI)
C'era una volta un falegname di nome Geppetto.
Aveva costruito un burattino di legno e l'aveva chiamato
Pinocchio.
"Come sarebbe bello se fosse un bambino vero!" sospirò
quando finì di dipingerlo.
Quella notte, una buona fatina esaudì il suo desiderio.
"Destati, legno inanimato, la vita io ti ho donato!" esclamò
toccando Pinocchio con la bacchetta magica.
"Pinocchio, dimostrati bravo, coraggioso, disinteressato"
disse la Fata, "E un giorno sarai un bambino vero!"
Poi, rivolta al Grillo Parlante: "Io ti nomino guida e
consigliere di Pinocchio" aggiunse prima di svanire tra
mille bagliori di luce.
Figurarsi la gioia di Geppetto quando scoprì che il suo
omettino di legno poteva muoversi e parlare.
La mattina dopo lo mandò a scuola: "Addio figliolo, torna
presto!"
Pinocchio, disubbidiente, andò invece da Mangiafuoco, un
burattinaio che promise di renderlo famoso.
Si divertì molto a cantare e ballare con le altre marionette.
Ma, finito lo spettacolo, Mangiafuoco lo chiuse in una
gabbia.
All'improvviso, ecco apparire la Fata Azzurra: "Perché non
sei andato a scuola?" gli chiese.
Pinocchio rispose con una bugia e subito il suo naso
cominciò a crescere... Solo quando disse la verità, la Fata lo
liberò e il naso ritornò normale.
Tornando a casa, Pinocchio vide una diligenza carica di
ragazzi festanti.
Il postiglione gli disse che era diretta al Paese dei Balocchi,
dove i bambini potevano fare tutto quello che volevano.
!
"Pinocchio, torna indietro!" lo rincorse il Grillo.
Ma il burattino non lo ascoltò.
Lì, Pinocchio fece amicizia con Lucignolo: i due
mangiavano dolci a più non posso e si divertivano
moltissimo.
Ma ben presto scoprirono che i ragazzi svogliati e
maleducati che finivano in quel paese venivano tramutati
in asinelli.
Quando anche a lui spuntarono due orecchie lunghe e la
coda, Pinocchio scappò disperato, seguito dal fedele amico
Grillo.
Insieme, tornarono poi alla casa di Geppetto, ma non
trovarono nessuno: "Chissà che cosa gli sarà accaduto!"
In quel momento, una colomba portò loro un messaggio:
Geppetto, mentre cercava Pinocchio, era stato inghiottito da
una balena e adesso era suo prigioniero.
"Voglio salvarlo!" decise il burattino.
Giunto al mare, si tuffò e sul fondo trovò il babbo nella
pancia della balena.
Ma come uscire di là?
Accesero allora un gran fuoco: il fumo fece starnutire la
balena, che spalancò la bocca.
Pinocchio e Geppetto scapparono su una zattera.
Il burattino aiutò il suo babbo a nuotare in mezzo alle altre
onde: giunti a riva però, per il grande sforzo svenne.
Addolorato, Geppetto lo portò a casa.
Ma la Fata risvegliò Pinocchio e, come promesso, premiò il
suo coraggio e la sua bontà trasformandolo in un bimbo
vero!
!
IL GRANDE SOGNO DI PINOCCHIO
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IL GRANDE SOGNO DI PINOCCHIO
(DI ANTONIO QUADARELLA)
C’era una volta un vecchio falegname, di nome Geppetto, che
viveva di stenti in una casa sgangherata.
Sul povero Geppetto vegliava una fata bellissima, dagli occhi
azzurri, la Fata Turchina.
Tutte le sere Geppetto diceva tra sé e sé: ”Ah, se avessi un
bambino! Non sarei più solo e triste.”
Così un giorno costruì un burattino di legno e lo chiamò
Pinocchio.
Geppetto trattava il burattino come se fosse un vero bambino
e tutte le sere, quando si metteva a letto, pensava: ”Come
sarebbe bello se potesse parlare, correre e piangere come tutti i
bambini del mondo.”
La Fata Turchina decise di accontentarlo e trasformò il
burattino Pinocchio in un bambino.
Pinocchio era proprio un bravo ed ubbidiente bambino:
andava tutti i giorni a scuola, faceva sempre i compiti e non
diceva mai bugie.
Geppetto era proprio orgoglioso del suo bambino.
Gli anni passavano e Pinocchio diventava sempre più un bel
giovanotto ma, un giorno, manifestò il desiderio di sposare
una principessa.
Geppetto cercò di dissuaderlo ma, un giorno, Pinocchio
incontrò il gatto e la volpe: due personaggi poco
raccomandabili.
Questi raccontarono a Pinocchio di un paese lontano, dove vi
era un re che avrebbe concesso la mano della sua unica
figlia a colui che fosse riuscito a dirgli la bugia più grossa
che lui avesse mai sentito.
Quella notte Pinocchio non riuscì a dormire, pensò sempre
alle parole dei due furfanti, così il mattino dopo si svegliò,
salutò Geppetto e andò ad inseguire il suo sogno.
Quando giunse alla regia, si presentò al re e disse:
!
”Vostra Maestà, fui per anni un burattino,
grazie ad un incantesimo sopraffino
diventai un elegante giovanottino!”
“Questa è una bugia bella e buona!” gridò il re.
Pinocchio: ”No, Vostra Maestà, è la verità, ma se una bugia
la volete considerare, vostra figlia mi dovrete fare sposare.”
Fu così che Pinocchio sposò la principessina e … vissero a
lungo felici e contenti!
Ah dimenticavo, Geppetto e la Fata Turchina si trasferirono
al castello.
Si racconta che Geppetto si innamorò della fatina ma questa
lo trasformò in un grillo, parlante … ovviamente.
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GLI GNOMI
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GLI GNOMI
(DEI FRATELLI GRIMM)
C’era una volta un povero ciabattino, che viveva miseramente
perché la vista indebolita gli impediva di lavorare come un
tempo.
Una sera se ne andò a letto sconfortato, lasciando a metà la
riparazione di un paio di scarpe…
La mattina dopo trovò il lavoro terminato… ciò accadde per
molti giorni: il ciabattino la sera lasciava il lavoro in
sospeso e la mattina lo trovava ultimato.
Una notte volle vedere cosa accadeva…fu così che si nascose e
scoprì degli gnomi che, a mezzanotte in punto, entravano
nel negozio e preparavano le scarpe nuove.
Il ciabattino, per ricompensarli, fece confezionare delle
giacchette rosse per gli gnomi.
La mezzanotte seguente gli gnomi indossarono le giacche e
se ne andarono via per sempre, lasciando con un palmo di
naso il ciabattino e sua moglie.
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GLI GNOMI DISPETTOSI
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GLI GNOMI DISPETTOSI
(DI FRANCESCO TURINO)
C’era una volta… un ricco ciabattino che viveva
splendidamente perché aveva tante, tante scarpe da riparare.
Viveva in fondo al bosco, lontano dal villaggio.
Una sera, se ne andò a letto felice di aver riparato un paio di
scarpe per un cliente importante, ma la mattina dopo, con
grande stupore e sconforto, sul tavolo trovò il paio di scarpe
tagliate e bucate.
Quando arrivò il cliente, insoddisfatto di ciò che era
accaduto, non pagò il ciabattino e andò via.
Il calzolaio, confuso, si chiese che cosa stesse succedendo.
Queste brutte vicende si ripeterono per tanto tempo ogni
giorno.
La sera il lavoro veniva terminato e l’indomani era disfatto.
La moglie, insospettita, chiese al marito di nascondersi
durante la notte per scoprire la verità.
Fu così che, di nascosto, scoprirono degli “gnomi dispettosi”
che a mezzanotte in punto entravano nel negozio del
ciabattino e, cattivi e determinati, in quattro e quattr’otto
distruggevano tutto.
Allora il ciabattino e la moglie, la mezzanotte seguente,
lasciarono la finestra della cucina aperta, così entrarono
tutti gli uccellini del cielo che presero gli gnomi dispettosi e
li ricondussero nel loro villaggio dove, ad attenderli, vi era il
vecchio gnomo, capo del villaggio.
Il vecchio gnomo si avvicinò agli gnomi dispettosi e disse
loro: ”Cari miei, sono alquanto dispiaciuto, ho saputo che vi
siete comportati proprio male con un povero ciabattino di un
villaggio qui vicino” e consegnò loro centinaia di scarpe
incomplete e rotte, intimandogli di completarle e sistemarle.
Gli gnomi di giorno riparavano e completavano le scarpe e la
mattina successiva le ritrovavano tagliate e bucate; ciò
accadde per molti e molti anni...
!
E il ciabattino e la moglie? Vi chiederete.
Il ciabattino e la moglie vissero a lungo felici e contenti… e
agli gnomi ci s’allegano i denti.
!
FIABA MESCOLATA
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FIABA MESCOLATA
(DI CARLO MARLETTA)
C’era una volta un principe che voleva sposare una
principessa vera.
Girò tutto il mondo ma senza successo.
Così, una notte buia e tempestosa, decise di tornare al suo
castello, quando vide una bellissima fanciulla in lacrime
che calzava una sola scarpetta di cristallo.
Il principe si avvicinò quando, all’improvviso, saltò fuori
una strega malvagia con una mela in mano.
Questa si arrabbiò molto e fece un incantesimo al principe: lo
trasformò in un rospo gigantesco che con quattro salti
arrivò in un fitto bosco, dove incontrò una fanciulla dagli
occhi azzurri come il mare.
La giovane prese il rospo tra le sue mani, si chinò e lo baciò.
L’incantesimo si sciolse e il rospo ritornò ad essere un
bellissimo principe.
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POLLICINO
!
POLLICINO
(DEI FRATELLI GRIMM)
La miseria e la carestia regnano nel paese.
Un boscaiolo e sua moglie, non avendo più di che sfamare i
loro sette figli, decidono di abbandonarli nel bosco.
Il più piccolo dei fratelli, Pollicino, avendo udito per caso la
conversazione dei genitori, si riempie le tasche di sassolini
bianchi.
Il giorno dopo, quando i genitori conducono i figli nella
foresta con una scusa, Pollicino lascia cadere i sassolini
dietro di sé; seguendo questa traccia riesce a riportare i
fratelli a casa.
Il giorno dopo la cosa si ripete, ma questa volta Pollicino ha a
disposizione, per segnare il sentiero, solo briciole di pane, che
vengono mangiate dagli uccelli.
I sette fratellini, perduti nel bosco, chiedono ospitalità in uno
stupendo palazzo.
La padrona di casa decide di accoglierli ma li avverte che il
marito è un orco che mangia i bambini, e nasconde i sette
fratelli con cura per proteggerli.
Quando il marito rientra, però, sente odore di "carne fresca" e
presto scopre gli intrusi, decidendo di mandarli a morte il
giorno successivo.
Nel frattempo, Pollicino scopre che l'orco ha sette figlie, che
egli ama tanto da aver donato a ciascuna di loro una
coroncina.
Nottetempo, si introduce nella camera delle orchette, sottrae
loro le corone, e le appoggia sulla testa dei propri fratelli.
L'orco, svegliatosi nella notte con l'intento di sgozzare i
bambini, viene tratto in inganno dalla "sostituzione" e
sgozza le proprie figlie.
Pollicino e i suoi fuggono, e l'orco, avendo scoperto della
tragedia avvenuta a causa dell'astuzia di Pollicino, indossa
!
gli stivali delle sette leghe per raggiungere i bambini in
fuga.
Anche questa volta Pollicino lo supera in furbizia;
aspettando che l'orco si addormenti, Pollicino gli ruba gli
stivali e torna dalla moglie dell'orco.
Le racconta che l'orco è stato rapito dai briganti che vogliono
un riscatto.
La donna dà tutto l'oro che possiede a Pollicino, che può
tornare con i fratelli dal padre con denaro sufficiente a
liberarli per sempre dalla fame.
!
COME POLLICINO SPOSO’ UNA PRINCIPESSA
!
COME POLLICINO SPOSO’ UNA PRINCIPESSA
(DI DANIELE SALERNO)
C’era un volta, un boscaiolo e sua moglie che avevano 7
figli, tutti maschi.
Il più piccolo di questi non era più alto di un pollice, infatti
lo chiamarono Pollicino.
Pollicino non crebbe mai, rimase quel che era stato sin dal
primo momento: era piuttosto stupido, non capiva e non
imparava nulla.
Vedendolo, la moglie diceva al marito: ”Sarà un bel peso per
noi, caro marito.”
Quando Pollicino divenne adulto, la moglie disse al
marito:”Ascolta, caro marito mio, questo nostro figliuolo
deve sposarsi, non possiamo mantenerlo per tutta la vita.”
Egli rispose: ”Cara mogliettina, penso che sia un’ottima
idea, ma non troveremo mai una fanciulla bassa quanto il
nostro sventurato figliuolo”.
La donna, nonostante le parole del marito, preparò il cavallo,
salì insieme a Pollicino sul carretto e si diresse verso il bosco.
Nel bosco incontrò un taglialegna, la donna gli raccontò la
sua storia e gli chiese se sapesse dell’esistenza di una
fanciulla piccina, piccina.
L’uomo le disse che la regina del suo paese aveva portato,
anni addietro, una principessa bellissima ma piccina,
piccina, però il re e la regina, per vergogna, la tenevano
chiusa in una stanza del palazzo reale.
La donna ringraziò l’uomo e si diresse verso il palazzo del re
di quel paese e di sua figlia.
Camminarono tutta la notte e, alle prime luci del giorno,
giunsero al palazzo reale.
La principessina s’innamorò subito del suo piccolo
corteggiatore e, di lì a poco, furono celebrate le nozze.
Fu un pranzo nuziale in pompa magna, con molti ospiti e
molte pietanze.
!
Tutto procedette nel miglior modo, finché Pollicino e la sua
mogliettina potettero mangiare dal piatto.
Ma quando portarono una grande scodella piena di brodo di
gallina, gli sposini per raggiungere il cibo, sedettero sul
bordo della scodella.
Ahimè! Di lì a poco caddero nella scodella e affogarono nel
brodo di gallina.
E … una gallina cantò:
“Chicchirichì, la storia
anche se non vera
è finita qui,
chicchirichì!”
!
LA BELLA ADDORMENTATA
!
LA BELLA ADDORMENTATA
(DEI FRATELLI GRIMM)
C’era una volta una bella principessa che, per l’incantesimo
di una strega, dormiva da più di cento anni nella stanza di
un castello, circondata da una fitta boscaglia di spine.
Dopo molti anni giunse al castello un principe.
Quando il giovane si avvicino alle siepi di rovi e di spine
improvvisamente si apri un varco.
Il principe penetrò nel fitto bosco ed entrò nel castello.
Là trovò tutta la corte che dormiva, compresi il re e la regina
giunse poi nella stanza della principessa.
Appena la vide se ne innamorò, si chinò e le diede un bacio.
Subito la fanciulla aprì gli occhi.
In quello stesso istante anche tutti gli abitanti del castello si
risvegliarono.
Nel giro di pochi giorni, il principe e la principessa si
sposarono e vissero felici e contenti.
!
LA BRUTTA ARRABBIATA
!
LA BRUTTA ARRABBIATA
(DI SIMONE GRECO)
C’era una volta un re e una regina che speravano di non aver
un figlio.
Un giorno però nacque una bambina ma non fecero
nessuna festa e non invitarono le fate.
Questa principessa non era mai contenta ed era brutta come
un rospo, sempre arrabbiata e giocava solo in cucina con le
padelle, nonostante il re e la regina le regalarono i giochi più
meravigliosi.
Un giorno venne una strega e le fece una maledizione, cioè:
raggiunta l’età di ventidue anni, sarebbe morta pungendosi
con un fuso.
La principessa appena ebbe diciannove anni, pensò di andare
dalla strega e rompergli una padella in testa.
Passarono gli anni e un giorno, durante una passeggiata
nel bosco, la principessa incontrò una vecchietta che lavorava
con il fuso.
La principessa le rubò il fuso e le diede una padellata in
testa.
Passavano gli anni e il re e la regina erano sempre più in
pena per quella loro figlioletta così brutta e sempre
arrabbiata.
Nessuno nel regno, a causa delle arrabbiature della
principessa, osava ridere.
Ma un giorno il re e la regina, piangendo, scongiurarono la
figlia di accennare un lieve sorriso e questa, per tutta
risposta, li prese a padellate in testa.
Accadde in quell’anno che il re e la regina decisero di
condurre la figlia, ormai giovinetta, nel loro castello in
campagna e la costrinsero a sposare un giovane principe.
Si racconta che furono nozze oltre ogni dire, checché il
principe dicesse, la principessa non gli dava retta, lo
sgridava e lo prendeva sempre a padellate in testa.
!
Si racconta che al castello il silenzio era tale che ciascun
invitato poteva udire il proprio respiro.
Si racconta che la principessa offrì alla corte confetti in
padelle d’argento e, una volta vuote, le sbatté in testa agli
invitati.
Si racconta che ancora oggi il principe e la principessa, con
tutta la corte, vivano nel vecchio castello, infelici e sempre
più arrabbiati.
Oh! Notate bene, la principessa non dorme neanche la notte,
il suo chiodo fisso è quello di svegliare la servitù a colpi di
padellate in testa.
!
RICCIOLI D'ORO
!
RICCIOLI D'ORO
(DI ROBERT SOUTHEY)
C'era una volta una bambina di nome Riccioli d'oro, un
giorno la madre le disse: “Vai a prendere le fragole.”
La bambina andò nel bosco, e camminando, ad un certo
punto, scorse una casetta.
Ci entrò e vide tre piatti pieni di zuppa, assaggiò la prima
zuppa ed era amarissima, assaggiò la seconda zuppa ed era
amara, assaggiò la terza zuppa ed era molto gustosa.
Salì al piano di sopra e c'erano tre sedie, si sedette nella
prima sedia ed era dura, si sedette nella seconda sedia ed era
troppo morbida, si sedette nella terza sedia ed era giusta per
lei.
Era una sedia a dondolo e gli piaceva talmente tanto che il
dondolio spezzò la sedia e cadde a terra, e disse: “Ora i
padroni di casa si arrabbieranno parecchio con me!”
Così salì al secondo piano e vide tre letti.
Si coricò sul primo letto ed era duro, si coricò sul secondo ed
era morbido, si coricò sul terzo ed era giusto per lei e ci stava
talmente bene che si addormentò.
Nel frattempo arrivarono i proprietari della casetta: mamma
orsa, papà orso e il figlioletto orsettino.
Quando arrivarono a casa papà orso si accorse che qualcuno
era stato dentro casa e disse: “Chi ha mangiato la mia
zuppa?”
E mamma orsa. “Chi ha sporcato la tavola?”
Il piccolo orso disse: “Chi si e' pappata la mia zuppa?”
Salirono al piano di sopra e videro tutto scombinato il papà
orso disse: “Chi ha toccato la mia sedia?”
la mamma pure e il figlio orsettino disse piangendo: “Chi ha
rotto la mia sedia?”
Salirono al piano dove si dormiva e papà orso disse: “Chi ha
buttato la mia coperta a terra?”
La mamma orsa disse: “Chi ha scombinato i letti?”
!
E il figlioletto si accorse che nel suo lettino ci dormiva
qualcuno così chiamò la mamma e il papà.
Nel frattempo Riccioli d'oro si svegliò e, vedendo gli orsi,
scappò via.
l'orsetto allora disse: “Non scappare così, dimmi almeno il
tuo nome!”
Ma riccioli d'oro scappò a gambe levate...
E per farsi perdonare fece una bella crostata di miele e mele,
che portò a casa degli orsi, ormai diventati amici.
!
L'ORSO VA IN CITTA'
!
L'ORSO VA IN CITTA'
(DI NOEMI TACITO)
C'era una volta... una famiglia di orsi che vivevano in una
grotta nel bel mezzo del bosco.
Un giorno papà chiamò tutta la sua famiglia, ma mancava
all'appello l'orso più piccolo di nome Billy.
Billy era stato fin dal primo momento, un orso molto
intelligente ed intraprendente, da sempre aveva espresso il
desiderio di abbandonare il bosco e recarsi in città.
Tutto iniziò un giorno, l'orso Billy si trovava nel bosco e
sentì due cacciatori che parlavano fra loro, raccontavano di
belle case, con tavoli, sedie e letti enormi e comodi.
Raccontavano di belle fanciulle vestite a festa.
Da quel giorno, l'orso Billy aveva un solo un chiodo fisso: la
città.
Fu così che alla prima occasione si nascose nella macchina
dei cacciatori e si recò in città.
Giunto in città, dapprima fu assalito da una terribile paura,
troppe macchine, più volte cercò di finire sotto una di esse,
troppi rumori, la sua testa andava in tilt, ma finalmente
vide una casetta.
“Era una casa molto carina
con un soffitto e una bella cucina
si poteva entrare dentro
e c'era un bel pavimento...
Era bella,bella davvero
in via dei matti numero 0.”
(V. De Moraes)
Sull'uscio della casetta vi era una graziosa bambina dai
riccioli d'oro, la piccina incitò l'orso ad entrare.
Gli offrì una calda zuppa, lo fece sedere su una bella sedia e
gli propose di riposarsi in un comodo letto.
!
Quando l'orso si svegliò, ringraziò la bella piccina ma
preferì ritornare nel bosco, dove ad attenderlo vi era la sua
famiglia.
Raccontò loro, che la città era bellissima ma scomodissima.
Disse che la zuppa non era squisita, il miele lo era molto di
più, la sedia era piccola, sedersi sull'erba era di gran lunga
più comodo, per non parlare del letto così piccolo e corto,
dormire per terra era piacevolissimo.
A quel punto papà orso e mamma orsa lo abbracciarono forte,
forte e vissero per sempre nel bosco felici e contenti.
!
IL PRINCIPE ROSPO
!
IL PRINCIPE ROSPO
(DEI FRATELLI GRIMM)
C'era una volta un re che aveva tanta figlie la più piccola un
giorno si era fermata presso una sorgente.
Mentre giocava gli cadde la pallina d'oro nell'acqua
profonda e si mise a piangere.
Allora mentre piangeva spuntò un ranocchio e gli disse:
“Non piangere, se mi prometti che mi farai mangiare a
tavola con tè e mi farai dormire sul tuo letto, ti ripesco la
pallina d'oro.
La principessa gli rispose di si, allora il rospo si tuffò e
riemerse con la pallina e la diede alla principessa.
Questa non ringraziò e se ne andò al palazzo.
Dopo un po’, il rospo bussò alla porta della principessa per
reclamare quanto promessogli.
La principessa lo stava cacciando via, quando intervenne il
re e, saputa la storia, obbligò la figlia a mantenere la
promessa.
Così la principessa fece mangiare mal volentieri il rospo sul
suo piatto è lo porto nella sua stanza per farlo dormire sul
suo letto.
Quando poggiò il rospo sul piumino del letto, accade una
cosa fantastica: il rospo si trasformò in un bellissimo
principe dagli occhi azzurri e disse alla principessa: “Un
incantesimo mi ha trasformato in rospo e tu con la tua
promessa lo hai rotto.”
Allora il principe per ringraziare, chiese alla principessa di
sposarlo dicendo che anche un povero rospo ha un cuore d'oro.
!
IL PRINCIPE RANOCCHIO
!
IL PRINCIPE RANOCCHIO
(DI LORENZO MAGNANO)
C'era una volta un re molto egoista che aveva sette figlie
tutte graziose tranne la più piccola che era al quanto brutta:
era calva, aveva un’enorme bocca e degli occhi che
sembravano uscire dalle orbite.
La principessa, però, era la più affettuosa e gentile delle
figlie.
Un giorno la principessa si recò vicino ad uno stagno ed
incontrò il rospo.
-Vuoi giocare con me?- chiese la piccina al rospo.
-Ma certo!- esclamò questi che non credeva alle sue orecchie.
Il rospo e la principessa iniziarono a giocare con una pallina
d'oro, ad un certo punto la pallina cadde in acqua, la
principessa allungò la mano per ripescarla ma sparì
nell'acqua profonda nella sorgente.
Il rospo si tuffò, ripescò la giovane e la rianimò.
La principessa ringraziò il rospo che gentilmente gli propose
di seguirla al suo castello.
Quando il re vide la figlia accompagnata dal rospo, le ordinò
di cacciarlo via ma ella, di nascosto dal padre, lo portò nella
sua stanza e lo adagiò sul suo lettino.
Meraviglia delle meraviglie, il rospo consegnò alla
principessa una bacchetta magica.
La fanciulla afferrò con entusiasmo la bacchetta ed iniziò a
trasformare tutto quello che trovava accanto a lei.
Il suo aspetto divenne meraviglioso, si trasformò in una
bella fanciulla dai capelli biondi e lucidi, il suo babbo
divenne buono e gentile, le sue sorelle divennero calve e
brutte, e il rospo si trasformò in un giovane ed elegante
principe.
La principessa e il principe rospo (lo chiamarono sempre così)
si sposarono...e vissero a lungo felici e contenti.
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SOGNI SON DESIDERI…
Londra, in una giornata di foschia, nacque Kate: una
bimba paffutella con grandi occhi e con la manina sempre
alzata a salutare come una regina, anzi sembrava proprio
regale nel suo n
modo di fare.
Il padre della bimba era un pilota d’aereo e la madre
un’hostess, si erano innamorati su un volo, tra le nuvole che
sovrastavano il cielo di Londra.
La loro bambina, Kate, fin dalla sua prima recita all’asilo,
manifestava il desiderio di diventare principessa.
Così, durante i suoi giochi, negli anni in cui diventò una
signorina, i suoi racconti preferiti erano quelli sulla nascita
del figlio di lady Diana: il principe William.
Ben presto la sua cameretta era tappezzata di tutte le foto di
William.
Anche la madre di Kate, donna ambiziosa, decise di
assecondare il sogno della figlia: diventare la principessa
d’Inghilterra.
Kate si iscrisse allo stesso college di William, il principino
sembrava ignorarla ma, durante una sfilata di moda, il suo
sguardo incontrò quello ammaliante di Kate.
Così William se ne innamorò perdutamente.
I fotografi di tutta Londra cominciarono a fotografarli
insieme, fin dalle prime uscite tutti rotocalchi parlavano
della loro storia.
William un giorno lasciò Kate per la vita militare, e Kate si
disperò ma, grazie al suo mezzo magico, ovvero i suoi
grandi occhi, riuscì a riconquistarlo.
I due giovani si sposarono il 29 aprile del 2011, sfilarono su
una carrozza trainata da quattro cavalli bianchi, che
attraversò tutte le vie di Londra.
Kate salutava il popolo con la manina alzata, come faceva
già sin dai suoi primi giorni di vita: in modo elegante e
regale e… il suo sogno divenne, così, realtà.
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I LUOGHI DELLE FIABE
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