621-633 Rass1-Testino - Recenti Progressi in Medicina

Transcript

621-633 Rass1-Testino - Recenti Progressi in Medicina
Rassegne
Vol. 96, N. 12, Dicembre 2005
Pagg. 621-633
Steatosi ed epatopatia HCV correlata
Gianni Testino
Riassunto. Steatosi ed epatopatia HCV correlata sono due condizioni comuni e pertanto l’aspettativa di trovarle associate è legittima: la prevalenza della coesistenza è circa due-tre volte maggiore rispetto a quella che dovremmo aspettarci nel caso i due processi fossero indipendenti. In corso di epatopatia HCV sono state definite due condizioni: un quadro di “metabolic fat” caratterizzato da una correlazione fra steatosi ed alterazioni metaboliche ed un
quadro di “viral fat” caratterizzato da un’azione diretta dell’HCV. In realtà ci si trova spesso
in presenza di “forme miste”. Ad oggi, la maggior parte degli autori ritiene che la presenza
di steatosi acceleri la progressione della fibrosi e quindi la progressione in cirrosi, incrementi il rischio di sviluppare epatocarcinoma e riduca la percentuale di risposta alla terapia antivirale sia nei soggetti immunocompetenti che in corso di recidiva post-trapianto. Il trattamento deve associare alla comune terapia antivirale tutte quelle misure atte ad affrontare
le problematiche metaboliche, con particolare riferimento alla terapia antiossidante.
Parole chiave. Cirrosi, epatite HCV, epatocarcinoma, fibrosi, sindrome metabolica, steatosi.
Summary. Steatosis and hepatitis C.
Steatosis and hepatitis C are two common liver diseases. Epidemiological and experimental data indicate that hepatitis C predisposes to non alcoholic fatty liver disease and
the prevalence of coexistent hepatitis C and steatosis is two-three times higher than it
would be expected if these were completely independent processes. Two conditions have
been defined in course of hepatitis C: the “metabolic fat”, characterized by a correlation
between steatosis and metabolic alterations and the “viral fat”, characterized by a direct
action of HCV. Actually, “mixed forms” are often present. Up to today, most of the authors
belive that the presence of steatosis accelerates the progression of fibrosis, and therefore
the progression to cirrhosis, increases the risk of developing hepatocellular carcinoma,
and decreases the antiviral therapy response percentage. The treatment must associate
the common antiviral therapy with all the measures fit for facing the metabolic problems,
with particular reference to the antioxidant therapy.
Key words. Cirrhosis, fibrosis, hepatitis C virus, hepatocellular carcinoma, metabolic
syndrome, steatosis.
Sebbene, infatti, sull’associazione steatosi/ epatite HCV correlata siano state riportate in letteratura numerose esperienze, ad oggi in realtà, non vi
sono ancora dati certi e definiti (figura 1).
Le due condizioni sono patologie comuni e, quindi, l’aspettativa di trovarle associate è legittima: la
prevalenza, infatti, della coesistenza di steatosi con
epatite C è circa due-tre volte più elevata di quella
che dovremmo aspettarci nel caso i due processi fossero completamente indipendenti: è evidente, quindi,
come il rapporto possa essere diretto o comunque come la steatosi possa agire con l’HCV per alcuni aspetti in modo sinergico, per altri in modo additivo1-3.
Le percentuali di associazione sono largamente variabili da uno studio all’altro anche in rapporto ai diversi tipi di valutazione: soprattutto i
criteri istologici ed in particolare il grading e gli
indici della steatosi utilizzati dai vari Autori so-
Figura 1. Quadro di epatite HCV correlata con flogosi portale a disposizione nodulare, piecemeal necrosis e steatosi micro e macrovescicolare (gentilmente concessa dal prof. GL Ravetti e dalla prof R
Gentile, UOC Istopatologia, Ospedale San Martino, Genova).
Unità Operativa Dipartimentale Epato-Gastroenterologia, Dipartimento Trapianti di Organo, Azienda Ospedaliera Ospedale San Martino e Cliniche Universitarie Convenzionate, Genova.
Pervenuto il 15 settembre 2005.
622
Recenti Progressi in Medicina, 96, 12, 2005
no spesso differenti 1. Inoltre, dato che l’incremento della steatosi nella maggior parte degli
studi correla con quello dell’indice di massa corporea (BMI)4, la sua prevalenza in pazienti con
epatite C dipende largamente dalla popolazione
studiata con percentuali che possono superare
l’80% (tabella 1).
Certamente tale prevalenza è superiore rispetto a quella che possiamo rilevare in corso di epatite HBV correlata (27-51%) od in corso di epatite
autoimmune (16-19%)3.
Non vi è dubbio che la steatosi sia più frequente in corso di epatite HCV rispetto alla popolazione generale, dove tale fenomeno è presente in percentuali che, pur variando nei vari studi, si attestano mediamente intorno al 15-25%5.
L’assunzione alcolica non viene sempre correlata in modo adeguato all’insorgenza di steatosi: ciò è da imputare al fatto che nella maggior parte degli studi non sono stati inclusi i
forti bevitori, ma soprattutto al fatto che tale
parametro risulta particolarmente difficile da
quantificare.
Relativamente al meccanismo “metabolic fat”,
in numerose esperienze è evidente come nei casi
HCV associati a steatosi vi siano, in modo statisticamentente significativo, maggiori problemati-
Tabella 2. - Caratteristiche associate con la presenza di
steatosi in corso di epatopatia HCV correlata.
Casistica
Steatosi metabolica e steatosi virale
È noto ormai come in pazienti con epatite C si
possa parlare di un quadro di “metabolic fat”, soprattutto in quelli con genotipo 1 ed un quadro di
“viral fat”, in quelli con genotipo 3 6-8 (tabella 2).
La comprensione di tale associazione e soprattutto la capacità di affrontarla attraverso una
azione interdisciplinare può comportare indubitabili vantaggi nella pratica clinica: vi sono ripetute osservazioni, infatti, che indicano come nei
soggetti portatori dei due quadri morbosi vi sia
un incrementato rischio di progressione in cirrosi, un incrementato rischio di sviluppare epatocarcinoma ed, inoltre, una minore frequenza di
risposta alla terapia antivirale. Questo, peraltro,
anche in corso di recidiva HCV correlata nella fase post-trapianto.
Caratteristiche
Mihm et al. (1997)
85
Czaja et al. (1998)
60
Hourigan et al. (1999) 148
Rubbia et al. (2000)
70
Genotipo 3
BMI, Dislipidemia
BMI
Genotipo 3
(HCV-RNA intraepatico)
Adinolfi et al. (2001)
180
BMI, Genotipo 3
Serfaty et al. (2002)
100
BMI, Genotipo 3
Monto et al. (2002)
297
BMI, Genotipo 3
Westin et al. (2002)
98
BMI, Alcool, Genotipo 3
Poynard et al. (2003) 1428
BMI, Genotipo 3
Castera et al. (2003)
96
BMI, Dislipidemia,
Genotipo 3
Asselah et al. (2003)
290
BMI, Genotipo 3
Rubbia et al. (2003)
755 BMI, Alcool, Genotipo 3
Sanyal et al. (2003)
110
BMI, Diabete,
Dislipidemia, S. Metabolica
Cholet et al. (2004)
214
BMI, Genotipo 3
Testino et al. (2004)
88
BMI, Iperglicemia,
Dislipidemia, S. Metabolica,
Genotipo 3
Clouston et al. (2005) 148
BMI, S. Metabolica
Tabella 1. - Frequenza e distribuzione della steatosi in corso di epatite HCV correlata.
Mihm et al. (1997)
Czaja et al. (1998)
Rubbia et al. (2000)
Adinolfi et al. (2001)
Monto et al. (2002)
Poynard et al. (2003)
Castera et al. (2003)
Asselah et al. (2003)
Rubbia et al. (2003)
Poynard et al. (2004)
Cholet et al. (2004)
Testino et al. (2004)
Clouston et al.(2005)
Casistica
Steatosi
(%)
Genotipo 3
Altri
genotipi
Lieve
(%)
Moderata/Severa
(%)
85
60
70
180
297
1428
96
290
755
574
314
88
148
73(86)
31(52)
28(40)
86(48)
171(58)
935(65)
51(54)
135(46)
315(42)
277(48)
182(58)
34(39)
91(61)
–
–
16/24(67)
20/26(77)
–
175/210(83)
15/20(75)
36/58(63)
109/178(61)
61/84(72)
33/34(97)
8/11(73)
14/17(78)
–
–
12/46(67)
20/26(77)
–
760/1218(62)
36/76(47)
97/232(42)
206/577(36)
216/490(44)
39/84(46)
26/77(34)
14/23(61)
60(82)
31(100)
16(65)
44(51)
146(85)
832(89)
42(82)
91(68)
206(65)
169(61)
90(49)
21(62)
61(67)
13(18)
0
7(25)
42(49)
25(15)
103(11)
9(18)
44(32)
109(35)
108(39)
92(182)
13(38)
30(33)
623
G. Testino: Steatosi correlata ad epatite C
che metaboliche rispetto agli HCV isolati9,10. Ciò
duce pertanto come l’IR non sia da riferire solo agli
è emerso anche nella esperienza personale (88 castadi avanzati della patologia epatica. Gli elevati
si con epatopatia HCV correlata, di cui 34 con
livelli di insulina di per sè contribuiscono al pegsteatosi): sovrappeso (BMI >25) nel 76,4% dei cagioramento della patologia, favorendo direttamensi con steatosi e nel 33% di quelli senza, ipertente la fibrogenesi od i meccanismi di cancerogenesi
sione nel 35% dei casi con steatosi e nell’11% di
(figura 2).
quelli senza, iperglicemia nel 32% dei casi con
Per quanto riguarda la condizione di “viral fat”,
steatosi e nel 9% di quelli senza, dislipidemia nel
non solo evidenze epidemiologiche, ma anche tera53% dei casi con steatosi e nel 18,5% di quelli senpeutiche, hanno rilevato l’associazione steatosi/ geza, e sindrome metabolica (due o più criteri ATP
notipo 3 (3a in particolare).
III) nell’ 88% nei casi con steatosi e nel 31,5% di
Numerose esperienze, infatti, hanno documenquelli senza.
tato una correlazione, in corso di epatite da genoRelativamente al sovrappeso, di particolare imtipo 3, fra la risposta alla terapia antivirale e la riportanza è il deposito lipidico intra-addominale:
duzione della steatosi16-18. Ciò non è stato rilevato
in corso di infezione con altri genotipi.
esso provvede ad un immediata risorsa di acidi
Sebbene numerosi studi abbiano sottolineato un
grassi liberi che direttamente confluiscono nella
importante ruolo del genotipo 3 nella genesi della
vena porta. Inoltre, i soggetti con obesità viscerale
steatosi, il meccanismo rimane da definire.
sono in possesso di bassi livelli di adiponectina e
È noto come un ruolo della core protein, attrarelativi alti livelli di TNF-alpha. È noto come il
verso numerosi meccanismi, sia stato ampiamenruolo dell’adiponectina sia quello di antagonizzare
te suggerito e come sia stata dimostrata la sua insia la produzione che l’attività del TNF-alpha. La
terferenza sul metabolismo lipidico19 (tabella 3 a
combinazione di bassi livelli di adiponectina ed alpagina seguente).
ti livelli di TNF-alpha in un contesto di una increIn particolare, Perlemuter et al. hanno ipotizzamentata esposizione epatica di acidi grassi liberi si
to un elegante modello che prevede come la core protraduce in steatosi e severa insulino-resistenza
tein inibisca l’attività della proteina microsomiale
epatica11,12.
Per quanto concerne l’insulino resistenza (IR),
di trasferimento dei trigliceridi (MTP), inibendo coè bene segnalare come vi sia una stretta correlaziosì l’assemblaggio delle lipoproteine a bassisima denne con la infezione da HCV (indipendentemente
sità (VLDL) e, quindi, la secrezione20,21.
dal genotipo)13,14. È stato dimostrato come nei
È bene sottolineare però il contrasto fra gli stutransgenic mouse per l’HCV core gene vi siano
di sull’uomo (sia di ordine epidemiologico che teramaggiori livelli di insulina ed una minore tolleranpeutico), che hanno dimostrasto l’associazione geza al glucosio. Essendo la core protein incorporata,
notipo 3/ steatosi ed i modelli sperimentali.
si comprende come sia
questa sequenza ad essere la causa della IR.
La somministrazione
di insulina in animali
HOST
HCV
normali comporta la fo(Core protein/NS5A)
sforilazione della tiroxina
BMI – Visceral obesity
Genotype 3
Genotype non 3
nell’ambito del substrato
Hyperlipidemia
(intra- hepatic replication)
(Nitrosative stress)
Type 2 Diabetes
per il recettore dell’insuliInsulin Resistence
na (IRS-1); ciò non accade
STEATOSIS
Metabolic syndrome
nei transgenic mouse. Si
Necro – Inflammatory
Activity
evince, pertanto, come il
Peroxisome
Mitochondria
ER
Alcohol
(CYP 2E1,
(AOX)
(MRC)
meccanismo alla base delCYP 4A10,
“Endogenous Ethanol”
la IR possa essere riconCYP 4R14)
dotto ad un disturbo della
Inflammatory –Cytochines
OXIDATIVE STRESS
(> TNF , > IL8, TGF 1,
fosforilazione di tiroxi(Cell Death)
PDGF,….)
REACTIVE OXYGEN SPECIES
na13,14. Aytug et al.15 hanATP and NAD depletion
(O•, O •, OH•,H O )
IMPAIRMENT OF
DNA and protein damage
no confermato tale meccaRESPIRATORY
Glutathione depletion
nismo su preparati di
CHIAN
LIPID
PEROXIDATION
Y-Glu-Cys-Gly
biopsia epatica. Sebbene
questi dati indichino forSH
temente un ruolo della inEndotoxin
STELLATE CELLS
KC activation
fezione da HCV nel determinare IR, non possono
Insulin
MYOFIBROBLAST LIKE PHENOTYPE
essere tuttavia esclusi i
Leptin
Others
ECMProducing
Cells
Resistin
meccanismi indotti da alPIA I- 1
FIBROSIS
tri fattori.
È stato dimostrato come la IR sia già presente
Figura 2. Steatosi ed epatite HCV: vie metaboliche di danno epatico (Testino G, 2005 65).
in corso di epatite C con fibrosi in stadio 0 o 1: si de2
(HNE - MDA)
2
2
624
Recenti Progressi in Medicina, 96, 12, 2005
Tabella 3. - Possibili meccanismi di steatosi HCV
indotta.
Ruolo diretto dell’HCV
– core-protein induce un accumulo intracitoplasmatico di trigliceridi
– alterazioni mitocondriali
– inibizione attività Microsomal Triglyceride Transfer
Protein (MTP)
Promozione della insulino resistenza
– alterazione della fosforilazione della tiroxina
– riduzione della secrezione insulinica
– riduzione adiponectina/ incremento TNF-alpha
Alterazioni metaboliche
– incremento della lipogenesi/ incremento lipolisi
– decremento della formazione Apo B100
– interazione con la Apo A1
In tali modelli, infatti, la HCV core protein effettivamente produce steatosi diffusa, tuttavia tale steatosi appare microvescicolare piuttosto che
prevalentemente macrovescicolare come nella
maggior parte dei casi di studi sull’uomo.
Inoltre, sono state utilizzate sequenze di prototipi del genotipo 1 e, peraltro, i livelli di espressione di
tale sequenza nucleocapsidica sono in generale maggiori rispetto a quelli che possiamo osservare in vivo 22. È stato allora ipotizzato che la proteina virale
responsabile per l’accumulo di grasso nelle infezioni
umane non sia il nucleocapside e che i dati pubblicati siano circoscritti in modelli sperimentali.
In alternativa, è stato ipotizzato come la core
protein possa essere necessaria, ma non sufficiente, relativamente all’accumulo lipidico. La natura
dei cofattori, però, ad oggi non è conosciuta, anche
se il polimorfismo di uno o più fattori dell’ospite potrebbe condurre ad un meccanismo patogenetico
maggiormente efficace. Numerosi fattori, infatti,
sono stati descritti in vari modelli sperimentali: peroxisome proliferators-activated receptor alpha,
fatty acyl-CoA oxidase, glycerol-3-phosphatase
acyltransferase, tumor necrosis factor23.
A suffragare comunque l’ipotesi “viral fat”1-3 sono
dimostrazioni di una stretta correlazione fra steatosi
e livelli sierici di HCV-RNA, ma soprattutto intraepatici: nella esperienza di Rubbia-Brandt et al. è bene
evidente la correlazione con i livelli intraepatici ed in
particolare per quanto riguarda il minus-strand: tutto ciò soprattutto in corso di infezione con genotipo
3a. Tale fenomeno viene descritto anche in soggetti
sottoposti a trapianto di fegato, ove la correlazione si
evidenzia solo in corso di infezione con genotipo 3a 19.
Se eliminiamo dallo scenario le alterazioni metaboliche (o perlomeno la maggior parte di queste),
meglio si evidenzia l’azione diretta del genotipo 3,
che correla significativamente con la severità della steatosi, confermando la suddivisione fra “steatosi virale” da quella “metabolica”19.
La steatosi metabolica può coesistere con quella
da virus indotta in pazienti infetti da genotipo 3, ma
con problematiche metaboliche. Queste “forme miste” migliorano solo parzialmente dopo la terapia antivirale se non si associano opportuni provvedimenti tesi a ridurre i fattori di alterazione metabolica.
Steatosi: influenza sulla storia naturale
dell’epatite C
Certamente uno dei quesiti più importanti ai
quali rispondere è quanto la presenza di steatosi
possa influire sulla storia naturale delle epatopatie HCV correlate23,24.
La steatosi di per sè ha un andamento sostanzialmente benigno (tabella 4), mentre la storia naturale
della epatopatia HCV ad essa correlata ha un andamento, ormai, sufficientemente definito e così caratterizzato: evoluzione a cirrosi compensata dal 20 al
33% in circa 20 anni, successiva evoluzione ad epatocarcinoma (HCC) in percentuali che variano dall’1,4
al 3,3% anno, a scompenso in circa 3,6-6% anno, e
morte in percentuali variabili dal 2,6 al 4% anno25,26.
Tabella 4. - Steatosi non alcolica (NAFLD) e steatoepatite non alcolica (NASH): caratteristiche isto-patologiche.
Tipo 1 Semplice steatosi
Tipo 2 Steatosi con infiammazione lobulare (probabilmente benigna)
Tipo 3 Steatosi, infiammazione lobulare, degenerazione balloniforme (NASH senza fibrosi – potenziale progressione a cirrosi)
Tipo 4 Steatosi, degenerazione balloniforme, corpi di
Mallory, fibrosi (NASH con fibrosi – possibile
progressione a cirrosi/HCC)
La considerazione che solo circa il 30% dei soggetti con epatite C in circa 20 anni progredisce a
cirrosi, che una percentuale elevata progredirà nel
suo percorso molto più lentamente ed addirittura
una quota parte consistente di pazienti per numerosi decenni non svilupperà nemmeno fibrosi, suggerisce che altri fattori, in particolare nel nostro
caso la steatosi (tabella 5), in aggiunta al virus favoriscano quello che è il momento di maggiore importanza e cioè la comparsa e successivamente
l’accelerata progressione della fibrosi, evento che
peraltro non sempre trova una precisa correlazione con i fenomeni infiammatori27,28.
I dati pubblicati sulla correlazione steatosi-fibrosi e, quindi, sulla sua influenza sulla storia naturale della epatite C, hanno numerose limitazioni che possono far comprendere le discrepanze fra
gli studi (tabella 6 a pagina seguente):
– la maggior parte delle esperienze sono fondate
su cross-sectional studies o sono retrospettive,
– sono stati utilizzati differenti criteri istologici,
– alcune casistiche sono costituite da un numero
non adeguato di casi,
– le popolazioni studiate sono differenti in relazione ai fattori di rischio,
– la distribuzione dei vari genotipi varia nelle varie regioni sedi degli studi,
– non sempre tutti i fattori favorenti la steatosi sono stati valutati (uno di questi è l’uso di
alcol),
– l’analisi multivariata non è sempre utilizzata.
625
G. Testino: Steatosi correlata ad epatite C
Tabella 5. - Fattori che possono determinare progressione della patologia epatica in corso di epatite HCV correlata.
Fattori virali
Genotipo (?)
Quasispecie (?)
Mutazione T cell epitopes (?)
Fattori dell’ospite
Età al momento dell’infezione (+)
Durata dell’infezione (++)
Sesso (+)
Razza (+)
Patologie epatiche associate (per es. emocromatosi) (+)
Diabete (++)
Sovrappeso/ Obesità (+++)
Steatosi (+++)
Sindrome metabolica (+++)
Altri fattori (HLA, polimorfismo citochine …) (+)
Fattori esterni
Alcool (+++)
Stile alimentare (++)
Fumo (+)
Coinfezioni (HIV, HBV …) (+++)
STEATOSI-FIBROSI
Nonostante tutte queste limitazioni, è bene ricordare come fra i fattori favorenti la fibrosi, la
steatosi sia considerata da molti un fattore di rischio indipendente29.
Molti studi retrospettivi hanno dimostrato un
link fra la severità della steatosi e lo stage della fibrosi valutata su un singolo prelievo bioptico.
Questo link normalmente persiste attraverso l’analisi multivariata. In particolare, in pazienti non
trattati per epatite HCV e studiati attraverso materiale bioptico rivalutato dopo 4 anni di intervallo, è stato dimostrato come la steatosi di per sè aggravi la fibrosi, ma soprattutto come l’aggravamento della steatosi comporti l’aggravamento
della fibrosi.
Altri studi invece hanno dimostrato una associazione steatosi/ progressione della fibrosi soprattutto nel genotipo 3a, ma nonostante in corso
di infezione da genotipo 3 la steatosi possa essere
maggiormente severa, non sempre in questa condizione è stata trovata una stretta correlazione
con la fibrosi. Gli Autori sostengono che tale fenomeno possa dipendere da un errore di tipo beta, da
differenti criteri di arruolamento o da altri non
bene identificati fattori, quali la dieta od un particolare substrato genetico30.
È opportuno, quindi, sottolineare come nessun
studio distingua chiaramente i pazienti con pura
steatosi virale da quelli con pura steatosi metabolica. È possibile, dunque, che le due forme di steatosi siano sinergiche e che la differente proporzione di pazienti con forme virali e metaboliche possa
spiegare le discrepanze fra i vari studi.
Nello studio di Cholet et al.31 emerge come la
presenza di steatosi sia associata in modo statisticamente significativo ad una componente fibrotica
maggiormente severa e come l’analisi multivariata evidenzi la steatosi (in associazione alla durata
della patologia ed al genotipo 3) quale parametro
indipendente associato alla fibrosi severa.
Comunque, la migliore evidenza che la steatosi
svolge un ruolo nella insorgenza e successivamente nella progressione della fibrosi HCV correlata è
fondata sul fatto che la riduzione di peso in corso di
epatite HCV conduce non solo ad un decremento
della steatosi e ad un miglioramento dei parametri
laboratoristici, ma anche ad un miglioramento della fibrosi, nonostante la persistenza del virus e soprattutto indipendentemente dal genotipo32,33.
Alcuni Autori dimostrano, infatti, come il grado
di steatosi influenzi in modo significativo il grado
di fibrosi indipendentemente dal genotipo; altresì,
dimostrano come anche la BMI correli con la steatosi sempre indipendentemente dal genotipo34.
Più recentemente, la valutazione dei fattori
istologici in corso di HCV che possono essere utilizzati per effettuare una predizione di progressione
della fibrosi ha dimostrato alcuni parametri con
valenza statisticamente significativa.
Tabella 6. - Correlazione fra la presenza di steatosi con il grado e lo stage della epatite HCV correlata.
Mihm et al. (1997)
Czaja et al. (1998)
Rubbia et al. (1999)
Adinolfi et al. (2001)
Serfaty et al. (2001)
Monto et al. (2002)
Westin et al. (2002)
Poynard et al. (2003)
Castera et al. (2003)
Asselah et al. (2003)
Rubbia et al. (2003)
Cholet et al. (2004)
Clouston et al. (2005)
Casistica
Valutazione
Istologica
Analisi
Infiammazione
Fibrosi
85
60
70
180
100
297
98
1428
96
290
755
314
148
Knodell
Knodell/Scheuer
Knodell
Knodell/Scheuer
Knodell
Ludwig
Ishak
Metavir
Metavir
Metavir
Metavir
Metavir
Scheuer
Univariata
Univariata
Multivariata
Multivariata
Multivariata
Multivariata
Multivariata
Multivariata
Multivariata
Multivariata
Multivariata
Multivariata
Multivariata
Sì
No
Sì (p<0001)
Sì (p<0.007)
No
No
Si
No
No
Sì (p<0.001)
No
No
Sì
Sì
No
Sì (p<0.02)
Sì (p<0.001)
Sì (p<0.008)
No
Si
Sì (p<0.007)
Sì (p<0.03)
No
Sì (p<0.001)
Sì (p<0.049)
Sì
626
Recenti Progressi in Medicina, 96, 12, 2005
Essi sono: l’infiammazione lobulare, la steatosi,
ma soprattutto il grado di fibrosi basale35: quindi,
se il marker più consistente di progressione è questo, bassi valori di tale marker in pazienti con una
lunga storia di infezione probabilmente indicheranno un percorso benigno: ciò fa comprendere come il decorso clinico della patologia possa essere
determinato in una fase iniziale e come i fattori genetici possano svolgere un ruolo chiave nel regolare i complessi meccanismi patogenetici che compaiono per il rapporto steatosi/ HCV36.
Relativamente al quadro di fibrosi in corso di
associazione epatite C/steatosi è stato rilevato
come sia simile a quello osservato in corso di
steatosi non alcolica isolata36. Si può evidenziare, infatti, come37 nei casi di steatosi correlati ad
HCV la steatosi si associ a fibrosi subsinusoidale in modo statisticamente significativo e ad incremento della BMI. È bene precisare come permanga una associazione fra la fibrosi subsinusoidale (figura 3) e la steatosi attraverso l’ analisi
multivariata.
Non emerge alcuna associazione fra il grado
della steatosi e la BMI con lo spessore della fibrosi perivenulare, mentre la fibrosi subsinusoidale,
ma soprattutto quella perivenulare, si correlano in
modo significativo a fibrosi portale (figura 4).
In corso di associazione steatosi/ HCV si assiste
ad un arresto replicativo degli epatociti determinato dai due fattori anche indipendentemente. Ciò
comporta l’attivazione di cellule epatiche progenitrici (cellule ovali) con conseguente reazione duttulare periportale. L’epitelio duttulare può esprimere TGF-beta, MCP-1, PDGF, con conseguente attivazione delle cellule stellate e promozione della
fibrogenesi portale38.
Nonostante l’associazione fra la steatosi e la fibrosi perisinusoidale, non è stata trovata alcuna
associazione significativa fra il grado di steatosi e
la espressione dell’ alpha-SMA staining; tale colorazione invece correla con la fibrosi e la infiammazione portale37.
Questo dato conferma come il meccanismo di fibrosi in HCV-associated steatosis necessiti di un
primo hit che riconosciamo nella steatosi ed un secondo hit per la progressione ad infiammazione/fibrosi od in modo predominante a fibrosi2. Il secondo hit può essere riconosciuto in una anormalità
intraepatica che si sviluppa come risposta al primo
hit oppure si presenta indipendentemente come
nei casi associati ad HCV.
In tali condizioni il secondo insulto può essere
riconosciuto nella risposta infiammatoria antivirale o in una azione diretta del virus nel creare
stress ossidativi (l’HCV core protein, infatti, può
indurre stress ossidativi direttamente attraverso
alterazioni in corrispondenza del trasporto di elettroni in sede mitocondriale con conseguente liberazione di ROS, citochine pro-infiammatorie e pro-fibrotiche, figura 2). Tutto favorito dal fatto che nel
fegato steatosico è certamente presente un maggiore pool di substrato per fenomeni legati allo
stress ossidativo e conseguente lipoperossidazione
lipidica38-43.
Figura 3. Fibrosi subsinusoidale – steatosi (colorazione tricromica). [Gentilmente concessa dal prof. GL Ravetti e dalla prof. R
Gentile – UOC Istopatologia, Ospedale San Martino, Genova].
Figura 4. Fibrosi portale: spazio portale allargato in corso di epatite HCV correlata (colorazione tricromica). [Gentilmente concessa dal prof. GL Ravetti e dalla prof. R Gentile - UOC Istopatologia, Ospedale San Martino, Genova].
Da questi meccanismi si evince come non sempre vi sia una associazione steatosi/ infiammazione: viene evidenziata la possibilità di meccanismi
non mediati dalla infiammazione per la insorgenza di fibrosi secondaria.
G. Testino: Steatosi correlata ad epatite C
È ben noto come una di queste possibilità possa essere legata alla lipoperossidazione lipidica
che comporta una diretta stimolazione delle cellule stellate con successiva modificazione del fenotipo44-48; altresì è noto un ruolo della HCV core protein nel creare direttamente “stress ossidativo”, favorendo direttamente la fibrogenesi ed alterazioni
al materiale genetico senza infiammazione (v.
schema in figura 2).
Nell’affrontare il ruolo della steatosi nel favorire la progressione della fibrosi non si può trascurare l’ importante esperienza di Adinolfi49: in tale lavoro, infatti, è dimostrato come la steatosi, ed in
particolare quella con gradi elevati, abbia – in corso di epatite HCV – un ruolo clinico rilevante nell’accelerare la progressione della epatopatia, aiutando, quindi, ad identificare il gruppo con l’associazione fegato grasso/epatite C come un “gruppo
maggiormente a rischio” nell’evolvere verso la cirrosi. Emerge come pazienti con grado 3-4 di steatosi abbiano un indice annuale di progressione della fibrosi significativamente maggiore rispetto a
quello osservata per pazienti con steatosi di grado
1-2 o quelli senza steatosi49.
Infine, è da ricordare il rapporto peggioramento della steatosi/progressione della fibrosi. In particolare, il peggioramento della steatosi appare
nello studio di Castera et al. come unico fattore indipendente di progressione (utilizzando l’analisi
multivariata50).
Steatosi, HCV, epatocarcinoma
Un altro dato da considerare è l’aumentato rischio per l’insorgenza di HCC in corso di associazione steatosi/ HCV.
Innanzitutto è nota la capacità dell’HCV di modulare, attraverso la core protein in particolare, la
transcrizione genica, la proliferazione cellulare e
la morte cellulare e come tutto ciò possa favorire la
cancerogenesi epatica51-53.
È altresì noto come iperplasia epatocitaria sia
stata descritta in ob/ob mice con steatosi epatica e
come la IR sia un altro meccanismo in grado di influenzare la cancerogenesi13.
L’ iperproduzione di stress ossidativi e di ROS
svolge un ruolo centrale nella progressione sia della epatite che della NASH: in un modello animale
di infezione da HCV, i ROS sono iperprodotti in sede epatica indipendentemente dalla infiammazione, contribuendo almeno in parte ai meccanismi di
cancerogenesi16. È stato dimostrato come l’incremento dei ROS derivi da un disordine funzionale
della catena respiratoria indotto soprattutto dalla
core protein54 (figura 2).
Ohata et al.55 hanno ben dimostrato come in
corso di epatite HCV correlata, l’incidenza cumulativa di HCC in pazienti con steatosi sia significativamente maggiore rispetto a quelli senza. Tale
rilievo suggerisce come in questi pazienti sia necessaria una più attenta sorveglianza, per mezzo
di controlli laboratoristico-strumentali maggiormente ravvicinati.
627
Steatosi, HCV, terapia antivirale
La steatosi induce un meccanismo di resistenza al trattamento con interferone – interferoni
peghilati in associazione o meno alla ribavirina –
riducendo la possibilità di ottenere una risposta
virologica sostenuta21,56: si ipotizza che il meccanismo per mezzo del quale la steatosi induce resistenza alla terapia possa essere di tipo indiretto attraverso l’incremento della severità della fibrosi, e di tipo diretto attraverso alterazioni del
metabolismo epatico relativamente ai farmaci
antivirali57. Già nell’analisi di Poynard58 veniva
confermato come in caso di genotipo 3 la terapia
antivirale determinasse parallelamente la riduzione di steatosi in associazione a buone risposte
alla terapia, mentre negli altri genotipi ed in particolare nel genotipo 1 vi fosse una ridotta risposta alla terapia. Il “meccanismo di resistenza” è,
quindi, maggiormente specifico per la steatosi
metabolica, pur essendo presente, anche se in
misura minore, in corso di steatosi virale.
Peraltro, tali risultati negativi permangono anche quando la terapia viene prescritta attraverso
un adeguato dosaggio in relazione al peso corporeo
(indipendentemente dalla carica virale).
È stato dimostrato, inoltre, come insieme al genotipo 1 ed all’età, la steatosi rappresenti un predittore significativo di risposta virologica precoce.
In particolare, l’incremento di steatosi dell’1%
comporta un declino nella “probabilità predetta”
di una risposta precoce17.
Considerando che l’epatopatia HCV correlata
rappresenta una delle cause maggiori di trapianto
di fegato e che è riconosciuto universalmente come
la reinfezione si presenti nella totalità dei casi [con
la comparsa di cirrosi colestatica nel 5% dei casi a
6 mesi e di epatopatia avanzata nel 30-40% a 5 anni] e considerando, inoltre, che il picco di forme
HCV correlate verrà raggiunto fra il 2010 ed il
2015 con un incremento della necessità di trapianto del 500% circa, si comprende come sia sempre
più necessario salvaguardare gli organi allocati in
pazienti affetti da HCV (sono i casi in cui alcune
scuole cominciano a mettere in discussione il ritrapianto).
Per queste ragioni la tematica steatosi/ HCV
acquisisce grande importanza anche nella gestione nel post-trapianto.
Ad oggi ci sono pochi dati per definire la storia
naturale ed i fattori di rischio associati per l’insorgenza di steatosi nel graft in pazienti HCV59,60. Altresì non vi sono dati per meglio definire la eventuale correlazione fra la steatosi del graft e la gravità della recidiva.
È stato rilevato da alcuni Autori come la gravità di recidiva di HCV non sia associata alla presenza ed al grado di steatosi, perlomeno in pazienti
con genotipo non-3, entro il primo anno dal trapianto di fegato.
628
Recenti Progressi in Medicina, 96, 12, 2005
Una elevata incidenza di steatosi nel graft la si
può rilevare dopo circa 4 mesi61: è opportuno però
evidenziare una incidenza simile anche in graft di
soggetti sottoposti a trapianto per problematiche
non C correlate. Tale riscontro suggerisce come la
presenza di steatosi sia un evento comune nel
post-trapianto, legato a numerosi fattori, indipendentemente da una possibile concomitante infezione da HCV (genotipo non-3)62, 63.
La steatosi a 12 mesi ha trovato una sua correlazione con la BMI, ma, a differenza di quanto accade nei casi non correlati al trapianto, nessuna
correlazione è emersa con la carica virale, il quadro necro-infiammatorio e fibrotico61.
Il capitolo sulla possibile influenza della steatosi sul decorso e sulla risposta alla terapia antivirale post-trapianto è aperto e la letteratura è abbastanza povera al riguardo.
È noto come numerosi fattori, ed a vari livelli,
possano influenzare sia la storia naturale che la risposta al trattamento59,60.
I risultati preliminari della esperienza personale (28 pazienti con recidiva da genotipo 1 trattati
con PEG-interferone e ribavirina fra i 4 ed i 12 mesi dal trapianto) evidenziano alcune considerazioni:
– una correlazione fra steatosi/ BMI/ incremento
dei trigliceridi (nessuna correlazione con i livelli del colesterolo),
– la percentuale di steatosi influisce negativamente sulla risposta virologica sostenuta, ma
anche sulla risposta biochimica sostenuta,
– il parametro che in misura maggiore influenza
negativamente la risposta alla terapia antivirale rimane la BMI (figura 5).
Emerge, pertanto, come per ottenere il massimo di probabilità di successo nel trattamento delle epatopatie HCV correlate, sia mandataria una
migliore interazione dell’epatologo con l’istopatologo nella valutazione di parametri – quali la steatosi – sino a poco tempo fa sottovalutati.
Steatosi/HCV: gestione terapeutica
Alla luce dei dati esposti, che dimostrano come
la steatosi acceleri la progressione della infezione
HCV correlata e riduca la risposta alla terapia antivirale standard, la gestione clinica della sottostante steatosi non alcolica/steatoepatite non alcolica (NAFLD/NASH) è essenziale per addivenire
ad un trattamento ottimale della epatopatia HCV
correlata anche in termini di prevenzione del carcinoma epatocellulare66 (tabella 7).
Tabella 7. - Opzioni terapeutiche.
Trattamento della insulino resistenza
Attività fisica
Riduzione del peso
Incremento della sensitività insulinica
– Metformina
– Thiazolidinedione
Trattamento della dislipidemia
Trattamento del sovraccarico di ferro
Trattamento con acido ursodesossicolico
Trattamento dello stress ossidativo
Vitamina E
Betaina
SAMe
N-Acetylcysteina
Silimarina
RIDUZIONE DEL PESO
Sebbene su tale argomento vi siano risultanze
contradditorie, vi sono evidenze che affermano come
l’insulino resistenza sia migliorata dalla riduzione
del peso. Si assiste, infatti, ad una riduzione della ossidazione lipidica con consensuale incremento dell’utilizzazione del glucosio. Inoltre, un moderato miglioramento ottenuto a lungo termine in soggetti in
sovrappeso, ma soprattutto obesi, favorisce una migliore sensitività all’insulina ed una migliore tolleranza glucidica, che si traduce in un miglioramento
o normalizzazione della funzionalità epatica67.
MIGLIORAMENTO DELLA SENSITIVITÀ INSULINICA
Metformina
Figura 5. Correlazione fra BMI, percentuale di steatosi e livelli di trigliceridi con la la risposta alla terapia antivirale (SBR:
risposta biochimica sostenuta, SVR: risposta virologica sostenuta) (Testino G, Sumberaz A, 2005)
Alcune evidenze – anche recenti – hanno rilevato un miglioramento di alcuni parametri istologici
in corso di epatopatie, tuttavia ad oggi non vi sono
ancora elementi certi e definitivi68. Nair et al.69
hanno documentato un miglioramento soltanto
transitorio della funzionalità epatica senza nessuna significativa riduzione della IR.
G. Testino: Steatosi correlata ad epatite C
Inoltre, sono stati evidenziati casi di epatotossicità e rischio di acidosi lattica in soggetti con patologia epatica avanzata e Nammour et al.70 hanno
segnalato casi di epatite colestatica. Ad oggi, quindi, la metformina non può ancora essere raccomandata nei casi di NAFLD/NASH autonomi o associati a patologia virale sino a che non siano presentati risultati di studi randomizzati e controllati.
Thiazolidinedione
Tali molecole (troglitazone, rosiglitazone, pioglitazone) attivano il PPAR-gamma, un recettore
nucleare espresso nel tessuto adiposo, e favoriscono il mantenimento di una normale sensitività insulinica. L’attivazione del PPAR-gamma riduce il
rilascio di FFAs e di TNF-alfa dagli adipociti68.
Tuttavia, il troglitazione, il rosiglitazione e il
pioglitazione possono provocare grave epatotossicità71-74, così da non renderne praticabile l’impiego.
TRATTAMENTO DELLA IPERLIPIDEMIA
L’uso di clofibrato per 12 mesi non ha comportato un significativo risultato né dal punto di vista istologico, né dal punto di vista biochimico75.
Invece, l’uso di gemfibrozil ad un dosaggio di 600
mg/die ha indotto un importante miglioramento
non solo dei livelli di trigliceridi, ma anche degli
enzimi epatici76. È acquisito che il gemfibrozil inibisce la mobilizzazione di acidi grassi dal tessuto
adiposo ed incrementa la clearance delle VLDL.
In letteratura non sono presenti studi ben definiti sull’utilizzo delle statine in corso di NAFLD/
NASH. Recentemente è stato segnalato come in
soggetti con steatosi epatica non alcolica vi sia stata una riduzione delle transaminasi; un miglioramento ultrasonografico in soggetti con ipertrigliceridemia utilizzando omega-3; in soggetti con ipercolesterolomia utilizzando atorvastatina ed in
soggetti in sovrappeso utilizzando orlistat77.
Acido ursodesossicolico
Laurin et al. hanno rilevato come l’impiego di
acido ursodessosicolico (UDCA) (13-15 mg/kg/die)
per 12 mesi in soggetti con NASH abbia comportato un significativo miglioramento sia dal punto di
vista istologico che laboratoristico75. In altri due
studi, l’associazione terapia nutrizionale con UDCA ha comportato risultati ancora migliori. Attualmente comunque sono in corso studi a lungo termine per quanto riguarda l’uso dell’UDCA sia in monoterapia sia in associazione con la vitamina E.
TRATTAMENTO DELLO STRESS OSSIDATIVO
Il tentativo di agire a questo livello in corso di
NAFLD/ NASH può rappresentare un importante
ausilio e ciò anche in corso di epatite HCV correlata.
629
Alcune componenti del virus ed in particolare la
core-protein agiscono direttamente a tale livello in
modo sinegico (figura 2).
Alpha-tocoferolo
La vitamina E rappresenta un potente scavenger di radicali liberi nell’ambito delle membrane
biologiche. Dosaggi di tale vitamina da 400 a 1200
IU/die hanno migliorato gli enzimi epatici in 11
bambini con diagnosi clinica di NASH. Tuttavia,
non sono stati rilevati miglioramenti ecografici e
alla sospensione del trattamento si è assistito ad
un nuovo incremento delle transaminasi78. Hasegawa et al.79 hanno dimostrato una riduzione delle transaminasi in associazione ad una riduzione
del TGFB1. Questa osservazione conferma il link
fra i radicali liberi dell’ossigeno, l’attivazione di citochine e la fibrogenesi. È bene precisare comunque come l’effetto benefico della vitamina E debba
essere ricercato nell’associazione con altre molecole anti-ossidanti80.
Betaine
Sono trimetil- amino acidi che derivano sia dalla colina che dalla dieta. Tali molecole sono importanti donatrici di metili ed inoltre la fosfatidilcolina è un importante componente delle VLDL. Da
parte di tali sostanze è stata dimostrata una riduzione della fibrosi indotta su modelli animali per
attivazione della collagenasi68. Attualmente lo
studio di tale molecola è stato effettuato su casistiche ridotte, per cui ad oggi dal punto di vista
clinico non possono essere formulati giudizi definitivi.
Silibina
L’associazione della silibina con vitamina E e
fosfolipidi per potenziarne l’assorbimento intestinale e l’effetto anti-ossidante sembra essere
particolarmente promettente. In realtà, è noto
come tale molecola possa agire non solo attraverso proprietà antiossidanti, ma anche attraverso altri meccanismi 81-84 (tabella 8 a pagina
seguente).
Alcuni Autori hanno rilevato come la silibina
sia un importante scavenger di radicali liberi e stimolante la produzione di SOD e GSH e conseguente riduzione della lipoperossidazione lipidica. Inoltre, è stata dimostrata una sua notevole azione nel
ridurre in modo significativo l’ IR82-84.
A livello sperimentale è stato di recente provato come la silibina possa avere una azione anti-fibrotica ed anti-infiammatoria attraverso l’espressione del TNF-beta 1 e la stabilizzazione delle
mast cells85,86. È stata suggerita un’azione anti-fibrotica anche in pazienti con epatite cronica HCV
correlata.
630
Recenti Progressi in Medicina, 96, 12, 2005
Bibliografia
Tabella 8. - Effetti ad oggi conosciuti della silibina.
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
Azione antiossidante e inibizione della lipoperossidazione lipidica
Inibizione della fibrogenesi
Inibizione dei meccanismi infiammatori
Miglioramento della insulino-resistenza
Inibizione dell’attivazione NF- kB e IKK beta
Regolazione della sintesi di RNA, DNA, proteine
Regolazione della permeabilità cellulare
Inibizione dei danni mitocondriali
Immunomodulazione
Inibizione dell’attività della P450
Inibizione della produzione di TNF alpha da parte
delle cellule di Kupffer
Aumento del contenuto intracellulare in linfociti
attivati
Induzione di apoptosi
Inoltre, Katiyar et al.87 hanno dimostrato un
azione di anti-cancerogenesi attraverso l’induzione
di apoptosi. Tale meccanismo sarebbe p53 dipendente e mediato attraverso l’attivazione della capsasi-386.
Da questi dati può essere ipotizzato, in caso di
steatosi/ HCV, un importante ruolo di questa molecola anche in corso di terapia antivirale, ovviamente in associazione alle misure necessarie nel
contenere i vari aspetti della sindrome metabolica. Per suffragare tale indicazione è opportuno
sottolineare ciò che affermano Mahmood et al.88 e
cioè che la terapia anti-ossidante in combinazione con quella antivirale può ridurre il danno epatico e prevenire il possibile sviluppo di epatocarcinoma.
Conclusioni e prospettive
1. L’associazione epatite C e steatosi riveste un
ruolo clinico rilevante.
2. È mandatario affrontare la complessa problematica degli eventuali squilibri metabolici, associando alla terapia antivirale presidî terapeutici vs la patogenesi dei vari
meccanismi di stress ossidativo (che possono essere indipendenti da quelli infiammatori).
3. In tal modo si potrà pervenire ad un approccio terapeutico integrato e personalizzato, idoneo a produrre vantaggi di ordine
istopatologico ed un controllo clinico più
adeguato.
1. Brunt EM, Tiniakos DG. Steatosis, steatohepatitis:
review of effects on chronic hepatitis C. Current
Hepatitis Reports 2002; 1: 38-44.
2. Lonardo A, Adinolfi LE, Loria P, Carulli N, Ruggiero G, Day CP. Steatosis and hepatitis C virus:
mechanisms and significance for hepatic and extrahepatic disease. Gastroenterology 2004; 126:
586-97.
3. Castera L, Chouteau P, Hezode C, Zafrani ES, Dhumeaux D, Pawlotsky JM. Hepatitis C virus-induced
hepatocellular steatosis. Am J Gastroenterol 2005;
100: 711-15.
4. Loguercio C, De Girolamo V, De Sio I, Tucillo C,
Ascione A, Baldi F. Non-alcoholic fatty liver disease in an area of Southern Italy: main clinical, histological and pathophysiological aspects. J Hepatol
2001; 35: 568-74.
5. Rubbia-Brandt L, Fabris P, Paganin S, Leandro G,
Male PJ, Giostra E, Parlotto A, Bozzola L, Smedile
A, Negro F. Steatosis affects chronic hepatitis C
progression in a genotype specific way. Gut 2004;
53: 406-12.
6. Solis-Herruzo JA, Perez-Carreras M, Rivas E, Fernandez-Vazquez I, Garfia C, Bernardos E, Castellano G, Colina F. Factors associated with the presence of nonalcoholic steatohepatitis in patients with
chronic hepatitis C. Am J Gastroenterol 2005; 100:
1091-98.
7. Liu CJ, Jeng YM, Chen PJ, Lai MY, Yang HC,
Huang WL, Kao JH, Chen DS. Influence of metabolic syndrome, viral genotype and antiviral therapy
on superimposed fatty liver disease in chronic hepatitis C. Antiviral Therapy 2005; 10: 405-15.
8. Hezode C, Roudot-Thoraval F, Zafrani ES, Dhumeaux D, Pawlotsky JM. Different mechanisms of
steatosis in hepatitis C virus genotypes 1 and 3 infections. J of Viral Hepatitis 2004; 11: 455-58.
9. Asselah T, Boyer N, Marcellin P. Steatosis in hepatitis C : what does it mean ? Current Hepatitis Reports 2003; 2: 137-44.
10. Sanyal AJ, Contos MJ, Sterling RK, Luketic VA,
Shiffman ML, Stravitz T, Mills S. Nonalcoholic
fatty liver disease in patients with hepatitis C is associated of the metabolic syndrome. Am J Gastroenterol 2003; 98: 2064-71.
11. Diehl AM, Li ZP, Lin HZ, Yang SQ. Cytokines and
the pathogenesis of non-alcoholic steatohepatitis.
Gut 2005; 54: 303-06.
12. Kaser S, Moschen A, Cayon A, Kaser A, Crespo J,
Pons-Romero F, Ebenbichler CF, Patsch JR, Tilg H.
Adiponectin and its receptors in non-alcoholic steatohepatitis. Gut 2005; 54: 117-21.
13. Koike K, Moriya K. Metabolic aspects of hepatitis C
viral infection: steatohepatitis resembling but distinct from NASH. J Gastroenterol 2005; 40: 329-36.
14. Fartoux L, Poujol-Robert A, Guechot J, Wendum D,
Poupon R, Serfaty L. Insulin resistance is a cause
of steatosis and fibrosis progression in chronic hepatitis C. Gut 2005; 54: 1003-08.
15. Aytug S, Reich D, Sapiro LE, Bernstein D, Begum
N. Impaired IRS-1/P13-kinase signaling in patients
with HCV: a mechanism for increased prevalence of
type 2 diabetes. Hepatology 2003; 38: 1384-92.
16. Castera L, Hezode C, Roudot-Thoraval F, Lonjon I,
Zafrani ES, Pawlotsky JM, Dhumeaux D. Effect of
antiviral treatment on evolution of liver steatosis in
patients with chronic hepatitis C: indirect evidence
of a role of hepatitis C virus genotype 3 in steatosis.
Gut 2004; 53: 420-24.
G. Testino: Steatosi correlata ad epatite C
17. Patton HM, Patel K, Behling C, Bylund D, Blatt
LM, Vallee M, Heaton S, Conrad A, Pockros PJ,
McHutchinson JG. The impact of steatosis on disease progression and early and sustained treatment response in chronic hepatitis C patients. J
Hepatol 2004; 40: 484-90.
18. Kumar D, Farrell GC, Fung C, George J. Hepatitis
C virus genotype 3 is cytopathic to hepatocytes: reversal of hepatic steatosis after sustained therapeutic response. Hepatology 2002; 36: 1266-72.
19. Rubbia-Brandt L, Quadri R, Abid K, Giostra E, Male PJ, Mentha G, Spahr L, Zarski JP, Borisch B,
Hadengue A, Negro F. J Hepatol 2000; 33: 106-15.
20. Perlemuter G, Sabile A, Letteron P, Vona G, Topico A,
Chretien Y, Koike K, Pessayre D, Chapman J, Barba
G, Brechot C. Hepatitis C virus core protein inhibits
microsomal triglyceride transfer protein activity and
very low density lipoprotein secretion: a model of viral-related steatosis. FASEB J 2002; 16: 185-94.
21. Ramesh S, Sanyal AJ. Hepatitis C and nonalcoholic fatty liver disease. Seminars in Liver Disease
2004; 24: 399-413.
22. Hezode C, Roudot-Thoraval F, Zafrani ES. Different
mechanisms of steatosis in hepatitis C virus genotypes 1 and 3 infections. J Viral Hepat 2004; 11: 455-8.
23. Angulo P. Nonalcoholic fatty liver disease. N Engl
J Med 2002; 346: 1221-31.
24. Brunt EM. Nonalcoholic steatohepatitis. Seminars
in Liver Disease 2004; 24: 1-19.
25. Alberti A, Chemello L, Benvegnù L. Natural history of hepatitis C. J Hepatol 1999; 31: 17-24.
26. Everson GT. Treatment of chronic hepatitis C in
patients with decompensated cirrhosis. Reviews in
Gastroenterological Disorders 2004; 4: S31-S38.
27. Afdhal NH. The natural history of hepatitis C. Seminars in Liver Disease 2004; 24: 3-8.
28. Poynard T. Treatment of cirrhotic patients in the
pegylated interferon era. Dig Liv Dis 2004; 36
(Suppl 3): S344-S348.
29. Pinzani M, Rombouts K. Liver fibrosis: from the
bench to clinical targets. Dig Liv Dis 2004; 36: 231242.
30. Fabris P, Floreani A, Carlotto A, Giordani MT, Baldo V, Stecca C, Marchioro L, Tramarin A, Bertin T,
Negro F, de Lalla F. Alcohol is an important co-factor for both steatosis and fibrosis in Northern Italian patients with chronic hepatitis C. J Hepatol
2004; 41: 644-51.
31. Cholet F, Nousbaum JP, Richecoeur M, Oger E,
Cauvin JM, Lagarde N, Robaszkiewicz M, Gouerou
H. Gastroenterol Clin Biol 2004; 28: 272-8.
32. Takato U, Sugawara H, Sujaku K, Hashimoto O,
Tsuji R, Tamaki S, Torimura T, Inuzuka S, Sata M,
Tanikawa K. Therapeutic effects of restricted diet
and exercise in obese patients with fatty liver. J
Hepatol 1997; 27: 103-7.
33. Hickman IJ, Clouston AD, Macdonald GA, Purdie
DM, Prins JB, Ash S, Jonsson JR, Powell EE. Effect
of weight reduction on liver histology and biochemistry in patients with chronic hepatitis C. Gut
2002; 51: 89-94.
34. Hickman IJ, Powell EE, Prins JB, Clouston AD,
Ash S, Purdie DM, Jonsson JR. In overweight patients with chronic hepatitis C, circulating insulin
is associated with hepatic fibrosis: implications for
therapy. J Hepatol 2003; 39: 1042-48.
35. Collier JD, Woodall T, Wight DGD, Shore S, Gimson AE, Alexander JM. Predicting progressive hepatic fibrosis stage on subsequent liver biopsy in
chronic hepatitis C virus infection. J Viral Hepatitis 2005; 12: 74-80.
631
36. Farrell GC, George J, McCullough AJ. Fatty liver
disease – NASH and related disorders. Blackwell
Publishing, Oxford: 2005.
37. Clouston AD, Jonsson JR, Purdie DM, Macdonald
GA, Pandeya N, Shorthouse C, Powell EE. Steatosis and chronic hepatitis C: analysis of fibrosis and
stellate cell activation. J Hepatol 2001; 34: 314-20.
38. Clouston AD, Powell EE, Walsh MJ, Richardson
MM, Demetris AJ, Jonsson JR. Fibrosis correlates
with ductular reaction in hepatitis C: roles of impaired replication, progenitor cells and steatosis.
Hepatology 2005; 41: 809-818.
39. Kitase A, Hino K, Furutani T, Okuda M, Gondo T,
Hidaka I, Hara Y, Yamaguchi Y, Okita K. In situ detection of oxidized n-3 polynsaturated fatty acids in
chronic hepatitis C: correlation with hepatic steatosis. J Gastroenterol 2005; 40: 617-24.
40. Falcon V, Acosta-Rivero N, Shibayama M, Chinea
G, Gavilondo JV, de la Rosa MC. HCV core protein
localizes in the nuclei of nonparenchimal liver cells
from chronically HCV-infected patients. Biochem
Biophys Res Commun 2005; 329: 1320-8.
41. Suzuki R, Sakamoto S, Tsutsumi T, Rikimaru A,
Tanaka K, Shimoike T. Molecular determinants for
subcellular localization of hepatitis C virus core
protein. J Virol 2005; 79: 1271-81.
42. Furukawa S, Fujita T, Shimabukuro M, Iwaki M,
Yamada Y, Nakajima Y. Increased oxidative stress
in obesity and its impact on metabolic syndrome. J
Clin Invest 2004; 114: 1752-61.
43. Browning JD, Horton JD. Molecular mediators of
hepatic steatosis and liver injury. J Clin Invest
2004; 147: 147-52.
44. Loguercio C, Federico A. Oxidative stress in viral
and alcoholic hepatitis. Free Radical Biology and
Medicine 2003; 34: 1-10.
45. Higuchi H, Gores GJ. Mechanisms of liver injury:
an overview. Current Molecular Medicine 2003; 3:
483-90.
46. Okuda M, Li K, Beard MR, Showalter LA, Scholle
F, Lemon SM, Weinman SA. Mitochondrial injury,
oxidative stress, and antioxidant gene expression
are induced by hepatitis C virus core protein. Gastroenterology 2002; 122: 366-75.
47. Jaeschke H, Gores GJ, Cederbaum AI, Hinson JA,
Pessayre D, Lemaster JJ. Mechanisms of Hepatotoxicity. Toxicological Sciences 2002; 65: 166-76.
48. Pinzani M, Romanelli RG, Magli S. Progression of
fibrosis in chronic liver diseases: time to tally the
score. J Hepatol 2001; 34: 764-67.
49. Adinolfi LE, Gambardella M, Andreana A, Tripodi
MF, Utili R, Ruggiero G. Steatosis accelerates the
progression of liver damage of chronic hepatitis C
patients and correlates with specific HCV genotype
and visceral obesity. Hepatology 2001; 33: 1358-64.
50. Castera L, Hezode C, Roudot-Thoraval, Bastie A, Zafrani ES, Pawlotsky JM, Dhumeaux D. Worsening of
steatosis is an independent factor of fibrosis progression in untreated patients with chronic hepatitis C
and paired liver biopsies. Gut 2003; 52: 288-92.
51. Zhang LH, Fu Ji J. Molecular profiling of hepatocellular carcinomas by cDNA microarray. World J
Gastroenterol 2005; 11: 463-68.
52. Fattowich G, Stroffolini T, Zagni I, Donato F. Hepatocellular carcinoma in cirrhosis: incidence and risk
factors. Gastroenterology 2004; 127: S35-S50.
53. Moriya K, Nakagawa K, Santa T, Shintani Y, Fujie
H, Miyoshi H. Oxidative stress in the absence of inflammation in a mouse model for hepatitis C virusassociated hepatocarcinogenesis. Carcinogenesis
2001; 61: 4365-70.
632
Recenti Progressi in Medicina, 96, 12, 2005
54. Roskamas T, Yang SQ, Koteish A, Durnez A, DeVos
R, Huang X. Oxidative stress and oval cell accumulation in mice and humans with alcoholic and nonalcoholic fatty liver disease. Am J Pathol 2003; 163:
1301-11.
55. Ohata K, Hamasaki K, Toriyama K, Matsumoto K,
Saeki A, Yanagi K. Hepatic steatosis is a risk factor
for hepatocellular carcinoma in patients with chronic hepatitis C virus infection. Cancer 2003; 97:
3036-43.
56. Harrison SA, Brunt EM, Qazi RA, Oliver DA,
Neuschwander-Tetri BA, Di Bisceglie AM, Bacon
BR. Effect of significant histologic steatosis or steatohepatitis on response to antiviral therapy in patients with chronic hepatitis C. Clin Gastroenterol
Hepatol 2005; 3: 604-9.
57. Ijaz S, Yang W, Winslet MC, Seifalian AM. Impairment of hepatic microcirculation in fatty liver. Microcirculation 2003; 10: 447-56.
58. Poynard T, Ratziu V, McHutchinson J, Manns M,
Goodman Z, Zeuzem S, Younossi Z, Albrecht J. Effect of treatment with peginterferon or interferon
alfa-2b and ribavirin on steatosis in patients infected with hepatitis C. Hepatology 2003; 38: 75-85.
59. Ferenci P. Predictors of response to therapy for
chronic hepatitis C. Seminars in Liver Disease
2004; 24 (Suppl. 2): 25-31.
60. Everson GT. Impact of immunosuppressive therapy
on recurrence of hepatitis C. Liver Transpl 2002; 10
(Suppl. 1): S19-S27.
61. Machicao VI, Krishna M, Bonatti H, Aqel BA,
Nguyen JH, Weigand SD, Rosser BG, Hughes C,
Dickson R. Hepatitis C recurrence is not associated with allograft steatosis within the first year
after liver transplantation. Liver Transpl 2004;
10: 599-606.
62. Gisbert C, Prieto M, Berenguer M, Breto M, Carrasco D, de Juan M, Mir J, Berenguer J. Hyperlipidemia in liver transplant recipients: prevalence and risk factors. Liver Transpl Surg 1997; 3:
416-22.
63. Stegall MD, Everson G, Schroter G, Bilir B, Karrer
F, Kam I. Metabolic complications after liver transplantation. Transplantation 1995; 15: 1057-60.
64. Ansaldi F, Bruzzone B, Testino G, Bassetti M, Gasparini R, Crovari P, Icardi G. Combination hepatitis C virus antigen and antibody immunoassay as a
new tool for early diagnosis of infection. Journal of
Viral Hepatitis 2005; in press.
65. Testino G., Icardi G. Hepatocellular carcinoma and
Interferon therapy in HCV compensated cirrhosis:
evaluation in relation to virological response. Hepato-Gastroenterology 2005; 52: IX.
66. Testino G, Ansaldi F, Andorno E, Ravetti GL, Ferro
C, De Iaco F, Icardi GC, Valente U. Interferon therapy does not prevent hepatocellular carcinoma in
HCV compensated cirrhosis. Hepato-Gastroenterology 2002; 49: 1636-38.
67. Andy SY, Emmet B, Keeffe EB. Nonalcoholic fatty
liver disease. Reviews in Gastroenterological disorders 2002; 2: 11-19.
68. Oneta CM, Dufour JF. Nonalcoholic fatty liver disease: treatment options based on pathogenic considerations. Swiss Med WKLD 2002; 132: 493-505.
69. Nair S, Diehl AM, Wiseman M, Farr GH, Perrillo
RP. Metformin in the treatment of non-alcoholic
steatohepatitis: a pilot open label trial. Aliment
Pharmacol Ther 2004; 20: 23-8.
70. Nammour FE, Fayad NF, Peikin SR. Metformininduced cholestatic hepatitis. Endocr Pract 2003; 9:
307-9.
71. Kohlroser J, Mathai J, Reichheld J, Banner BF,
Bonkovsky HL. Hepatotoxicity due to troglitazone:
report of two cases and review of adverse events reported to the United States Food and Drug Administration. Am J Gastroenterol 2000; 95: 272-6.
72. Manon KVN, Angulo P, Lindor KD. Severe cholestatic hepatitis from troglitazone in a patient with
nonalcoholic steatohepatitis and diabete mellitus.
Am J Gastroenterol 2001; 96: 1631-4.
73. Al-Salmar J, Arjomand H, Kemp DG, Mittal M. Hepatocellular injury in a patient receiving rosiglitazone. A case report. Ann Int Med 2000; 132: 121-4.
74. May LD, Lefkowitch JH, Kram MT, Rubin DE. Mixed hepatocellular-cholestatic liver injury after pioglitazone therapy. Ann Int Med 2002; 136: 449-52.
75. Laurin J, Lindor KD, Crippin JS. Ursodeoxycholic
acid or clofibrate in the treatment of non-alcohol-induced steatohepatitis: a pilot study. Hepatology
1996; 23: 1464-67.
76. Basaranoglu M, Acbay O, Sonsuz A. A controlled
trial of gemfibrozil in the treatment of patients
with nonalcoholic steatohepatitis. J Hepatol 1999;
31: 384.
77. Apostolos H, Christos S, Georgia L, Ionnis S, Persefoni H, Anastasios L, Valentini T, Koliouskas D. Efficacy of omega-3 fatty acids, atorvastatin and orlistat in non-alcoholic fatty liver disease with dyslipidemia. Indian J Gastroenterol 2004; 23: 131-134.
78. Lavine JE. Vitamin E treatment of non-alcoholic
steatohepatitis in children: a pilot study. J Pediatr
2000; 136: 734-8.
79. Hasegawa T, Yoneda M, Nakamura K. Plasma
transforming growth factor-b1 level and efficacy of
alpha-tocopherol in patients with non-alcoholic
steatohepatitis: a pilot study. Aliment Pharmacol
Ther 2001; 15: 1667-72.
80. Lyn P. Nonalcoholic fatty liver disease: relationship
to insulin sensitività and oxidative stress. Treatment
approaches using vitamin E, magnesium, and betaine. Alternative Medicine Review 2002; 7: 276-291.
81. Pietrangelo A, Borella F, Casalgrandi G, Montorsi
G, Ceccarelli D, Gallesi D, Giovannini F, Gasparetto A, Masini A. Antioxidant activity of silybin in vivo durino long-term iron overload in rats. Gastroenterology 1995; 109: 1941-9.
82. Neuman MG, Cameron RG, Haber JA, Katz GG,
Malkiewicz IM, Shear NH. Inducers of cytochrome
P450 2E1 enhance methotrexate-induced hepatocytoxicity. Clin Biochem 1999; 32: 519-36.
83. Beckmann-Knopp S, Rietbrock S, Weyhenmeyer R,
Bocker RH, Beckurts KT, Lang W, Hunz M, Fuhr
U. Inhibitory effects of sibilin on cytochrome P-450
enzymes in human liver microsomes. Pharmacol
Toxicol 2000; 86: 250-6.
84. Trappoliere M, Federico C, Tuccillo C, de Sio I, Di
Leva A, Niosi M, D’Auria M, Loguercio C. Effects of
new pharmacological complex (sylibin + vitamin E
+ phospholipids) on some markers of metabolic
syndrome and of a liver fibrosis in patients with
non-alcoholic fatty liver disease: a preliminary
open pilot study. Minerva Gastroenterol Dietol
2005; 51: 193-9.
85. Jeong DH, Lee GP, Jeong WI, Do SH, Yang HJ,
Yuan DW, Kim KJ, Jeong KS. Alterations of mast
cells and TGF-beta 1 on the silymarin treatment
for CCl(4)-induced hepatic fibrosis. World J Gastroenterol 2005; 28: 1141-8.
86. Katiuyar SK, Roy AM, Baliga MS. Silymarin induces
apoptosis primarily through a p53-dependent pathway involving Bcl-2/Bax, cytochrome C release, and
capsase activation. Mol Cancer Ther 2005; 4: 207-16.
G. Testino: Steatosi correlata ad epatite C
87 Strickland GT, Tanamly MD, Tadros F, Labeeb S,
Makld H, Nessim D. Two-year results of a randomized double-blinded trial evaluating silymarin
for chronic hepatitis C. Dig Liv Dis 2005; 37: 54243.
88. Mahmood S, Kawanaka M, Kamei A, Izumi A, Nakata K, Njiyama G. Immunohistochemical evaluation of oxidative stress markers in chronic hepatitis C. Antioxidants and Redox Signaling 2004; 6:
19-24.
89. Cammà C, Di Marco V. Long-term course of Interferon-treated chronic hepatitis C. J Hepatol 1998;
28: 531-37.
90. Perasso A, Testino G, Ansaldi F, Venturino V, Icardi GC. Interferon alfa-2b/ Ribavirin and therapy
followed by low-dose r-Interferon alfa-2b in chronic
hepatitis C Interferon non-responders. Hepatology
1999; 29: 296-97.
91. Testino G, Ansaldi F. Interferon therapy in chronic
hepatitis C virus in the prevention of worsening independently of ALT response: is it conceivable? Hepato-Gastroenterology 2001; 48: VIII.
92. Baker DE. Pegylated Interferon plus Ribavirin for
the treatment of chronic hepatitis C. Reviews in
Gastroenterological Disorders 2003; 3: 93-109.
93. Lee WL, Dienstag JL, Lindsay KL, Lok AS, Bonkovsky HL, Shiffman ML and the HALT-C Trial
Group. Evolution of the HALT-C Trial: pegylated
interferon as maintenance therapy for chronic hepatitis C in previous interferon nonresponders.
Controlled Clinical Trials 2004; 25: 472-92.
Indirizzo per la corrispondenza:
Prof. Gianni Testino
Azienda Ospedaliera San Martino
Dipartimento dei Trapianti d’Organo
Unità Operativa Dipartimentale
Largo Rosanna Benzi, 10
10132 Genova
633
94. Craxi A, Cammà C. Prevention of hepatocellular
carcinoma. Clin Liver Dis 2005; 9: 329-46.
95. Marrache F, Consigny Y, Ripault MP, Cazals-Hatem D, Martinot M, Marcellin P. Safety and efficacy of peginterferon plus ribavirin in patients with
chronic hepatitis and brindging fibrosis or cirrhosis. J Viral Hepat 2005; 12: 421-8.
96. Powell EE, Jonsson JR, Clouston AD. Steatosis: co-factor in other liver diseases. Hepatology 2005; 42: 5-13.
97. Sumberaz A, Mattioli F, Grossi S, Garbero C, Testino G, Martelli A. DNA fragmentation in human
lymphocytes in alcoholic and post-viral cirrhosis.
XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di
Tossicologia, 2006.
98. Koike K. Hepatitis C virus infection can present
with metabolic disease by inducing insulin resistance. Intervirology 2006; 49: 51-7.
99. Bataller R, Sancho-Bru P, Gines P, Brenner DA. Liver fibrogenesis. Antioxidant and Redox Signaling
2005; 7: 1346-55.
100. Gasbarrini G, Vero V, Miele L, Greco AC, Gasbarrini A, Greco A. Nonalcoholic fatty liver disease: defining a common problem. Eur Rev Med Pharmacol
Sci 2005; 9: 251-2.
101. Trappoliere M, Tuccillo C, Federico A, Coppola F,
D’Auria M, Loguercio C. The treatment of NAFDL.
Eur Rev Med Pharmacol Sci 2005; 9: 299-304.
102. Melhem A, Stern M, Shibolet O, Zabrecky G, Cohen
R, Ilan Y. Treatment of chronic hepatitis C virus infection via antioxidants: results of a phase I clinical
trial. J Clin Gastroenterol 2005; 39: 737-42.