DON`T STOP ERASURE: quando il diritto di cancellare
Transcript
DON`T STOP ERASURE: quando il diritto di cancellare
DON’T STOP ERASURE: quando il diritto di cancellare non ha freni autore federica.greco05 CC BY-NC-SA 2.0 Durante il corso di questa estate molti articoli sul diritto all’oblio hanno riempito le pagine delle testate giornalistiche come anche le pagine web. L’elevata considerazione attribuita a tale argomento deriva dalla sentenza che in merito la Corte di Giustizia Europea ha emanato in data 13 Maggio scorso (Corte di Giustizia UE , sez. grande, sentenza 13.05.2014 n° C-131/12). Tale argomento che per la sua denominazione di “diritto all’oblio” può apparire a prima vista fumoso, può risultare più chiaro se lo si chiama col suo nome di origine, cioè “right to erasure”. Il diritto all’oblio, come più comunemente è chiamato in Italia, è una recente creazione giuridica che tende a compiere un complesso contemperamento di interessi che spesso, nella vastissima rete di reti che è Internet, sono confliggenti. Gli interessi coinvolti e che quindi devono essere contemperati sono da una parte il diritto al rispetto della dignità, dell’identità personale e della riservatezza, e dall’altra alla libertà di cronaca e di circolazione delle informazioni. Si può quindi affermare che è possibile identificare tale diritto come una specificazione del diritto a controllare i propri dati. Ma non solo, per converso esso può essere inquadrato anche nell’ottica di un diritto che consente la possibilità di cancellare quegli stessi dati su cui si esercita il controllo, nel momento in cui essi vengano utilizzati per finalità diverse da quelle per cui ne è stato concesso l’utilizzo e la diffusione. A tal proposito il prof. Franco Pizzetti, ex presidente dell’Autorità Garante per la Privacy, si è pronunciato in una recente trattazione sull’argomento. In tale disamina della materia, il prof. Pizzetti ha espresso il parere per cui tale diritto all’oblio sia da considerarsi come una tutela, una tutela giuridica, non ideata per limitare la diffusione di una notizia di interesse pubblico conosciuta, ma che invece debba essere considerato come un metodo per circoscrivere la diffusione ulteriore di tale notizia. Quindi nel momento in cui la conoscibilità dell’informazione non sia più giustificata da quelle ragioni che consentono la compressione del diritto della persona, questo suo diritto alla tutela della sua riservatezza o della sua dignità dovrebbe riespandersi permettendo la cancellazione dell’informazione. Quanto detto non deve far pensare che la libertà di informazione e di manifestazione del pensiero sia un diritto meno fondamentale del diritto di riservatezza e dignità personale, in quanto si deve assumere che il diritto all’oblio non si ponga sempre a favore dell’uno e in contrasto con l’altro, ma conduca un’esistenza caratterizzata da una costante situazione di tensione. Sempre nella suddetta trattazione si dice che ad essere nell’occhio del ciclone non sia la cosiddetta memoria storica, ma un qualcosa del tutto diverso, cioè l’accessibilità al dato. In particolare tale accessibilità al dato, che avviene grazie ad un motore di ricerca, non sarebbe da considerarsi come una informazione ma come una meta-informazione, cioè una informazione su una informazione. Proprio questa possibilità di accesso al dato attraverso il motore di ricerca è il punto focale su cui si concentra la sentenza della Corte di Giustizia del 2014. Il caso in questione concerneva un cittadino spagnolo il quale si rivolse alla suddetta autorità al fine di cancellare, attraverso l’esercizio del diritto all’oblio, un link. La Corte di Giustizia si è infine espressa in favore di tale cittadino spagnolo, che ha visto riconosciuto il suo right to erasure, e quindi di conseguenza ha assistito alla cancellazione del link in questione per i suoi “contenuti inadeguati e irrilevanti”. Tale sentenza, accolta da molti esperti del diritto dell’informazione con orrore, ha suscitato numerose questioni, apportando più problemi di quanti ne abbia risolti. Dello stesso avviso è la House of Commons inglese, secondo cui imporre ai motori di ricerca un obbligo positivo di ricevere richieste ed eventualmente rimuovere alcuni link crei, data la rilevanza che essi attribuiscono al diritto alla privacy, più danni che altro. Lo stesso prof. Pizzetti si è espresso al riguardo, quasi in difesa della sentenza, sostenendo che la sentenza della Corte di Giustizia non intervienga direttamente sul diritto all’oblio, ma sulla prevalenza, a certe condizioni, del diritto dell’interessato alla cancellazione dei dati per motivi legittimi di tutela della propria dignità oltre che della propria sfera di riservatezza. Questa preferenza accordata al diritto dell’utente prevarica su quello che invece è il diritto del motore di ricerca a continuare e proteggere il suo business e quello degli altri utenti a conoscere quei determinati dati. In questo clima infatti i motori di ricerca hanno ideato un apposito modulo per raccogliere le richieste avanzate dagli utenti e vagliarle prima di procedere ad una eventuale cancellazione di link inadeguati o comunque non più pertinenti. (volete vedere il modulo di Google? ) Al contrario di quanto si potrebbe pensare, subito dopo la sentenza, il fenomeno ha raggiunto cifre da capogiro, infatti solo Google, in quanto maggiore motore di ricerca, ha ricevuto più di 91 mila richieste di cancellazione. Ma ancor più sorprendente potrebbe apparire il numero di richieste che invece è stato accolto, che è pari circa alla metà di quelle pervenute. A tal proposito bisognerebbe domandarsi se i motori di ricerca godano di qualche forma di tutela e quali criteri la sentenza esplichi per poter procedere alla cancellazione. Sicuramente una riflessione meriterebbe il fatto che i motori di ricerca non godono della libertà di stampa, come accade invece per le testate giornalistiche, ma purtroppo questo non è l’aspetto su cui vogliamo focalizzare l’attenzione dei lettori. In questa sede maggiore rilevanza si vuole attribuire al fatto che la sentenza stessa affermi che il motore di ricerca è tenuto a respingere la richiesta di cancellazione solo in ragione della natura dei dati o della figura pubblica dell’interessato, ma questi concetti sono stati espressi in formule troppo generiche per poter fino in fondo apprezzare i limiti entro cui agire. Si deve poi aggiungere che con il riconoscimento della tutela del diritto all’oblio non ci sia una vera e propria cancellazione dell’informazione da Internet, cosa tra l’altro praticamente impossibile, ma più un procedimento di “deindicizzazione” di quell’informazione dall’elenco delle informazioni ricercabili attraverso il motore di ricerca. Questo vuol dire che ritrovare quell’informazione non è impossibile, ma certamente diventa estremamente più complesso, soprattutto per chi non è un esperto navigatore. Ma la domanda che tutti si dovrebbero porre a questo punto è perchè così tante richieste sono state accettate da Google come da tutti gli altri motori di ricerca. La risposta è molto semplice. Il sistema che la sentenza è andata configurando è un sistema per cui in caso di richiesta, per il motore di ricerca sia molto più facile procedere alla accettazione della richiesta dell’utente e quindi procedere alla cancellazione dell’informazione piuttosto che rigettarne la richiesta. In questo secondo caso infatti grava sul motore di ricerca l’onere di provare una valida motivazione in ragione della quale non si è proceduto alla cancellazione di quel link, ed essendo i termini della sentenza molto generici, questi non assicurano al motore di ricerca di incorrere in un’eventuale sanzione. Infatti se la stessa Corte si è espressa in termini di “contenuti irrilevanti e inadeguati”, è palese come il motore di ricerca non abbia criteri precisi entro cui effettuare la sua valutazione. Sulla base di questa considerazione è facile comprendenre come il motore di ricerca non abbia la certezza di non incorrere in un’eventuale sanzione da parte della Corte di Giustizia se rigetta la richiesta dell’utente. Proprio su questa e altre questioni discute il Comitato convocato il 10 Settembre da Google con i maggiori esponenti della materia, tra cui Luciano Floridi, noto ed importantedocente di filosofia ed etica dell’informazione all’università di Oxford. Proprio in merito a questa situazione molti esperti, tra cui il prof. Pizzetti, prospettano la creazione di una autorità e di linee guida che forniscano ai soggetti interessati indicazioni precise su come vada interpretato questo lato oscuro della sentenza. Dunque è chiaro come si ritenga necessario ideare dei criteri in base ai quali il diritto all’oblio possa venire meno e quindi chiarire i concetti di “natura del dato” e di “figura pubblica”. Proprio in merito a questa idea di dotarci di una sorta di “Bill of Rights” di Internet, devono essere spese ulteriori riflessioni. L’Italia come altri paesi europei, quali ad esempio la Gran Bretagna, la Francia e la Germania, si sono muniti di comitati al fine di regolare la questione del diritto all’oblio come altre sorte in merito ad Internet. Il problema che però continua a ripresentarsi è l’inadeguatezza della regolamentazione statale in materia di Internet. La regolamentazione regionale infatti, appare da sempre inadeguata a Internet, che invece necessiterebbe di una regolamentazione unitaria, adotata a livello globale. A tale proposito si è consci della difficoltà di tale impresa, ma sempre più sembra diventare l’unica strada perseguibile. Un esempio lampante è fornito da una recente sentenza canadese secondo cui gli operatori di Internet devono far si che i risultati rimossi dalla piattaforma siano irraggiungibili in tutto il mondo e non solo nel paese in cui sono stati giudicati non più pertinenti. Proprio in ragione di tale riflessione si può notare come l’inadeguatezza della legislazione regionale sia palese, anzi ancor più che palese appare risibile la situazione per cui una volta emanata la sentenza in un paese, questa dovrebbe produrre effetti anche al di fuori del paese, ove chiaramente gli effetti derivanti saranno praticamente pari a nulla. Nel caso canadese è facile quindi osservare come quello che inizia con l’essere uno slancio unificatore finisca solo con l’essere un tentativo inutile con l’unico risultato di isolare il paese stesso. Sembra quindi opportuno concludere sottolineando due aspetti. Il primo sorto all’interno della discussione della Commisione di Google, che ha ritenuto una pressione eccessiva quella che grava sui motori di ricerca sia dal punto di vista etico che dal punto di vista strutturale, in quanto tale ente privato sarebbe chiamato a giudicare sul diritto di informazione e per questo obbligato a predisporre un organo atto alla raccolta di richieste e alla loro valutazione. E un secondo aspetto sottolineato dal direttore esecutivo di Wikipedia, Lila Tretikow, la quale in una intervista ha dichiarato come dal quadro che si prospetta, per quello che è definibile più come presente che come prossimo futuro, Internet appaia crivellato di buchi di memoria a cui segue un abbandono di responsabilità in relazione alla ricerca, ricezione e diffusione delle informazioni e quindi della loro protezione dal punto di vista qualitativo. Secondo il disegno che si va delinenado l’opzione non sarebbe più di convivere con le informazioni scomode ma semplicemente di farle scomparire. Bibliografia: – Marco Ciaffone, Pizzetti: “Sentenza CGUE non è su diritto all’oblio. Ma pone questioni fondamentali su evoluzione normativa, Diritto Mercato Tecnologia http://www.dimt.it/2014/08/22/pizzetti-sentenza-cgue-non-e-su-diritto-allobli o-ma-pone-questioni-fondamentali-su-evoluzione-normativa/ – Franco Pizzetti, Il caso del diritto all’oblio, Giappichelli Editore, Torino, 2013 – Claudio Tamburrino, Italia: parliamo dei diritti di internet, Punto Informatico, http://punto-informatico.it/4159202/PI/News/italia-parliamo-dei-diritti-inter net.aspx – Claudio Tamburrino, UK, politici contro l’oblio, Punto Informatico, http://punto-informatico.it/4109878/PI/News/uk-politici-contro-oblio.aspx – Diritto all’oblio, Google sommerso dalle richieste, La Stampa, http://www.lastampa.it/2014/06/05/tecnologia/diritto-alloblio-google-sommerso -dalle-richieste-u4SjUyS0OPeTE4rhnBoshK/pagina.html – Wikipedia si scaglia contro il diritto all’oblio, La Stampa, http://www.lastampa.it/2014/08/07/tecnologia/wikipedia-si-scaglia-contro-il-d iritto-alloblio-oCyIHSQiPezo5MqkLDCm3O/pagina.html – Diritto all’oblio: gli esperti di google a Roma il 10 settembre, La Stampa, http://www.lastampa.it/2014/07/31/tecnologia/diritto-alloblio-gli-esperti-digoogle-a-roma-il-settembre-Elw78XzBK8pVIkbzBNyqHI/pagina.html – Diritto all’oblio su Google: sentenza a sorpresa della Corte di Giustizia Ue, La Stampa, http://www.lastampa.it/2014/05/13/diritto-alloblio-su-googlesentenza-a-sopres a-corte-gistizia-ue-LIOAxtY81u194fFQBPDcFM/pagina.html