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COMUNICATO STAMPA
FONDAZIONE CARLO PALMISANO
SAN SALVATORE MONFERRATO - ALESSANDRIA
13 OTTOBRE – 14 OTTOBRE 2016
Con la collaborazione del Comune di San Salvatore Monferrato e il
sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria e della
Fondazione CRT, il comitato scientifico della Fondazione “Carlo
Palmisano” ha voluto onorare la memoria di Nelo Risi a un anno dalla sua
scomparsa, un poeta e regista di inconfondibile cifra stilistica, che si può
riassumere come “intreccio tra una raffinata cultura letteraria e
un’irriducibile vocazione etica”.
Le due giornate di studio si svolgeranno nei giorni 13-14 ottobre nel
Teatro Comunale di San Salvatore Monferrato (Alessandria) e nella sala del
Broletto della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria.
Il titolo, “Parole e immagini per Nelo Risi”, richiama la sua esperienza
intellettuale: uomo di poesia e uomo di cinema, ma anche traduttore di
prima grandezza e critico, con una straordinaria fedeltà a uno stile,
un’originalità di strumenti di tastiere, messi in moto nel corso di una vita
densa di viaggi e di esperienze. La sua opera, gremita di episodi, di
avvenimenti, di voci biobibliografiche, meritava un attenzione aggiuntiva
rispetto all’estrema concisione con cui è stato espresso il rammarico per la
sua partenza. Per questo motivo la Fondazione, che è stata più volte
onorata della sua presenza, ha sentito l’esigenza di ripercorrere le tappe
della sua carriera, ma anche di tracciare il profilo di un uomo che ha posto
l’etica come maestra di vita.
Nella prima giornata, al mattino ci sarà la proiezione di un celebre film del
1973, ormai introvabile, ispirato alla Colonna infame di Alessandro Manzoni,
con la sceneggiatura di Vasco Pratolini (vedi scheda allegata).
L’introduzione per il pubblico di studenti sarà a cura di Elio e Maria Teresa
Gioanola, che dalle loro cattedre hanno spiegato per anni i contenuti di
quel testo.
Nel pomeriggio, dopo i saluti istituzionali del Sindaco Enrico Beccaria e
le motivazioni di intenti del Presidente della Fondazione Palmisano, ci sarà
una parte che riguarda il Nelo Risi uomo (con la straordinaria
partecipazione di Edith Bruck, vedi scheda bio-bibliografica allegata) e i
temi principali della sua opera poetica: il tema amoroso (Guido Davico
Bonino); la politica, l’usuale, la storia (Elisa Guida). Seguirà una sezione
dedicata alla cinematografia, condotta da Bruno Gambarotta, Presidente
dell’Archivio nazionale di cinematografia della Resistenza, che ricorderà la
cifra “civile” dell’autore (vedi la scheda della filmografia di Nelo Risi
allegata). La capacità nel rendere visibile il fantastico anche nel reale della
cinematografia, sarà trattata da Franco Prono, accademico dell’Università
torinese e Presidente dal 1997 al 2005 dell'Associazione Museo Nazionale
del Cinema. Seguirà la relazione di Marzio Pieri, uno dei maggiori studiosi
delle arti barocche, che dipingerà con pari cifra stilistica il ruolo di Nelo
Risi nella storia del cinema, del documentario e della letteratura
internazionale, in un fittissimo intreccio di dati e riferimenti. Chiuderà la
prima giornata il commento di Paola Olivetti alle immagini di un’intervista
inedita a Nelo Risi, che nel 1994 fu registrata dall’Archivio nazionale
cinematografico di Torino.
La seconda giornata sarà dedicata interamente alla poesia e si svolgerà
nella preziosa cornice della Sala del Broletto diAlessandria. Dopo il saluto
del Presidente della Fondazione CRAL, Pier Angelo Taverna, alcuni dei
critici a lui più cari (Silvio Ramat, Franco Contorbia, Maurizio Cucchi,
Angelo d’Orsi, Giovanna Ioli) faranno scorrere in ordine cronologico tutta
l’opera poetica di Nelo Risi, fino all’ultima, là dove si registra Né il giorno né
l’ora del suo ultimo viaggio verso “un futuro non finito”. Queste giornate
di studio vogliono fissare sulla carta del tempo proprio quel futuro,
utilizzando gli unici strumenti che restituiscono fiato agli assenti, quelli
della letteratura. Lo diceva Nelo Risi, in uno dei suoi “Pensieri elementari”
(1961): “Monolitica o musica / l’opera è là / per l’eternità”.
PAROLE E IMMAGINI PER NELO RISI
NOTIZIE BIO-BIBLIOGRAFICHE
Risi nasce a Milano il 21 aprile 1920 da una famiglia borghese. Il padre,
medico otorinolaringoiatra del Teatro alla Scala, partecipò attivamente alla
vita culturale milanese e favorì la crescita artistica e scientifica dei figli Nelo e
Dino. Entrambi si laurearono in medicina, non esercitarono mai la
professione, perché furono attratti dall’arte del nonno paterno, Carlo
Francesco nato nel 1848 e morto a Stresa nel 1926, poeta dialettale milanese,
giornalista, collaboratore di fogli risorgimentali e ultimo segretario di Mazzini
a Pisa. Il nipote Dino diventerà l’antesignano della commedia all’italiana,
guardando sempre con grande ammirazione il lavoro del fratello minore
Nelo, che dedicherà tutta la vita a due attività d’elezione: quella della
cinepresa e della poesia.
Il primo libro di Nelo Risi, pubblicato nel 1941 da Giovanni Scheiwiller con
un titolo esiodeo, Le opere e i giorni, conteneva brevi prose poetiche e per
ammissione dell’autore “non aveva niente di greco, semmai una pallida
imitazione della Anabasi di Perse, frutto di letture francesi del primo
Novecento come dell’ermetismo di casa”.
La guerra lo porta sul fronte russo, poi all’internamento in Svizzera, una
vicenda che si ritrova nel suo primo libro di versi, L’esperienza (1948), dove
testimonia il disagio di una realtà ostile. Anche l’esordio cinematografico
risale agli anni del dopoguerra, quando entrò occasionalmente in contatto con
due famosi documentaristi, l’olandese John Ferno e l’americano Richard
Leacock, che vennero in Italia per realizzare un cortometraggio sulla valle del
Po per testimoniare i disastri della guerra. Questo fu l’inizio di una carriera
che spinse Nelo Risi a operare nel campo del film documentario e delle
inchieste televisive, dove poteva riprodurre il reale, lavorando poi
sull’immaginario nei film di finzione. Dal 1949 al 1953 si trasferì a Parigi,
dove girò il primo documentario, Au dessus de la Valléè e ne seguirono altri
come aiuto regista di John Ferno. Nel 1954 incontrerà Edith Bruck e il suo
primo film per il cinema, Andremo in città, si ispira a un suo racconto, il viaggio
verso il campo di concentramento di un bambino cieco e di sua sorella che gli
fa credere che andranno in città, dove sarà curato e guarito. È il tema che
forse ispirò anche La vita è bella di Benigni. Del 1968 è il Diario di una
schizofrenica, che racconta la storia di Sabina Spielrein tra Jung e Freud, la
paziente guarita dall’isteria che poi diventerà psichiatra, una vera e propria
pioniera di questa disciplina: una vicenda che mezzo secolo dopo ispirerà una
pellicola di successo, Prendimi l’anima, di Roberto Faenza. Storia di una nevrosi
è anche Ondata di calore del 1970 e l’anno seguente, invece, sarà la poesia di
Rimbaud a tenere il campo in Una stagione all’inferno.
Risi, sempre disponibile a esperienze mai circoscritte da mode o scuole
settoriali, non si allontanò mai dai meccanismi interiori dell’uomo e dalla
letteratura, tanto da poter affermare che la sua doppia attività ha dominanti
consanguinee. Grande anticipatore o magnete che attirava idee, Nelo Risi
ispirò anche motivi poetici, come il sintagma “la meglio gioventù”, canto
militare di guerra in una sua poesia del 1949, che diventerà il titolo di una
raccolta poetica di Pasolini del 1954. Il sistema stilistico di Risi, spoglio e
satirico, influenzerà anche il Montale di Satura, che rappresenta l’orrore di una
realtà cambiata, la precarietà della parola poetica delle nuove generazioni, le
conseguenze della società di massa, il “realismo non magico” di un’epoca.
C’è anche un testo di Zanzotto, Microfilm, centrato sul tema della prima
persona – Io – che ha una forte rispondenza con una precedente poesia di
Risi. I maggiori poeti del suo tempo, insomma, esprimevano, ognuno a suo
modo, i temi di un’epoca. Tutta la storia di Nelo Risi scorrerà seguendo
questa duplice traccia, sempre disposta all’ascolto di quei fermenti di idee: un
immagine e un verso, scoprendo e testimoniando con parole e immagini che
anche il cinema non è poi così lontano dalla poesia.
I suoi libri di poesia: Le opere e i giorni (Milano: Scheiwiller, 1941, 120
esemplari numerati); L’esperienza (Milano: Edizioni della Meridiana, 1948),
Polso teso (Milano: Mondadori, 1956), Pensieri elementari (ivi, 1961), Dentro la
sostanza (ivi, 1965), Di certe cose che dette in versi suonano meglio che in prosa (ivi,
1970), Amica mia nemica (ivi, 1976); Poesie scelte (1943-1975), a cura di Giovanni
Raboni (ivi, 1977); I fabbricanti del “ bello ” (ivi, 1982); Le risonanze (ivi,1987)
Mutazioni (ivi, 1991); Il mondo in una mano (auto-antologia per temi) (ivi, 1994);
Per Alessia: 20 dicembre 1999, Arbizzano di Verona, Valdonega, 1999 (99
esemplari numerati); Altro da dire (Milano: Mondadori, 2000); Ruggine (ivi,
2004); Di certe cose – poesie 1953-2005, a cura di Maurizio Cucchi – (ivi, 2006);
Né il giorno né l’ora (ivi, 2008).
Opere teatrali: Lo studente di lingue: ovvero punto finale a un pianeta infernale, azione
scenica di Nelo Risi dal testo originale di Louis Wolfson (Milano: Guanda,
1978)
Risi si è occupato anche di traduzioni, proponendo in Italia i poeti Pierre Jean
Jouve, Kostantino Kavafis, Raymond Queneau, Jules Supervielle e il
fondamentale libro di Jule Laforgue, Moralità leggendarie.
EDITH BRUCK
NOTIZIE BIO-BIBLIOGRAFICHE
Edith Bruck della sua origine ungherese ha conservato ricordi sui quali
gravano già i sintomi di una discriminazione, che culminerà nell’orrore di
Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen dove è stata trascinata a soli 12 anni e
condannata alla condizione di orfana permanente. Poi ha imparato a scavare
nell’ombra di quei ricordi per ricostruire la sua identità, bruciata con milioni
di innocenti dalla ferocia degli uomini. Rimasta senza patria e religione,
privata anche dell’idioma delle sue origini, dopo un lungo girovagare, nel
1954 scelse l’Italia come sede di un percorso interiore, che la porterà a salvare
l’unica parte di sé rimasta integra dopo la devastazione: l’amore per la
letteratura, la poesia, la musica. La lingua italiana, che imparò a orchestrare
con stupefacente maestria, divenne così il suo nascondiglio, la sede eletta
della verità e la sua casa di Roma un rifugio che l’accoglie ancora oggi per
proteggerla da un mondo sempre più estraneo. Nella capitale si è dedicata
scrupolosamente agli studi che il nazismo le ha impedito di compiere,
frequentando i circoli letterari dell’epoca, diventando amica di Montale,
Ungaretti, Luzi e soprattutto di Primo Levi, legati dalla stessa esperienza e
dalle conseguenti difficoltà di integrazione. Sollecitata da questo “amico
fraterno” e dall’impellente bisogno di testimoniare perché il mondo non
dimenticasse quell’atroce e lucida follia, ha cominciato le sue peregrinazioni
per le scuole italiane ed europee, dove ha raccontato agli studenti la sua
esperienza nei campi di concentramento. La necessità di mantenere viva la
memoria della Shoah sta alla base della sua scrittura e l’italiano, scelto come
lingua della poesia, la forma più nobile concessa alla parola dell’uomo,
divenne così la zona neutrale per vivere e testimoniare la radice del male,
rimasta impressa come un tatuaggio nell’animo dei sopravvissuti allo
sterminio.
Il suo primo romanzo è del 1959, Chi ti ama così, già elaborato subito dopo la
liberazione da Auschwitz, cui faranno seguito una ventina di romanzi e
raccolte di poesie, traduzioni, che le valsero prestigiosi premi, ma pure
sceneggiature di suoi e di altri romanzi, che hanno trovato espressione nella
filmografia di vari registi, primo fra tutti Nelo Risi, il marito che incontrò per
caso a Roma 60 anni fa e con il quale visse fino all’ultimo istante, stringendo
giorno e notte le sue mani. Quelle mani saranno in copertina nell’ultimo libro
che uscirà in gennaio per le edizioni “La nave di Teseo”, dove racconta lo
strazio e la dolcezza degli ultimi giorni del poeta.
Il 22 gennaio 2017, Andrée Ruth Shammah, la grande regista del Teatro
Parenti di Milano di cui dall’89 è responsabile unica, aprirà la stagione
debuttando proprio con la sceneggiatura di quel testo di Edith Bruck, che
avrà come titolo La rondine sul termosifone.
Opere di Edith Bruck
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Chi ti ama così (Milano: Lerici, 1959; Venezia: Marsilio 1974)
Andremo in città (Milano: Lerici, 1962; Roma: Carucci, 1982; Napoli:
L'ancora del Mediterraneo, 2007)
È Natale, vado a vedere (Milano: Scheiwiller, 1962)
Le sacre nozze (Milano: Longanesi, 1969)
Due stanze vuote (presentazione di Primo Levi, Venezia: Marsilio, 1974)
Il tatuaggio (presentazione di Giovanni Raboni, Parma: Guanda, 1975)
Transit (Milano: Bompiani, 1978; Venezia: Marsilio, 1995)
Mio splendido disastro (Milano: Bompiani, 1979)
Improvviso, 1979 (sceneggiatura del film)
In difesa del padre (Milano: Guanda, 1980)
Lettera alla madre (Milano: Garzanti, 1988) - Premio Rapallo Carige per la
donna scrittrice 1989
Monologo (ivi, 1990)
Nuda proprietà (Venezia: Marsilio, 1993)
L'attrice (ivi, 1995)
Il silenzio degli amanti (ivi, 1997)
Itinerario: poesie scelte (Roma: Quasar, 1998)
Signora Auschwitz: il dono della parola (Venezia: Marsilio, 1999)
L'amore offeso (ivi, 2002)
Lettera da Francoforte (Milano: Mondadori, 2004)
Specchi (Roma: Edizioni di storia e letteratura, 2005)
Quanta stella c'è nel cielo (Milano: Garzanti, 2009) - Premio Viareggio 2009
- Premio Città di Bari-Costiera del Levante-Pinuccio Tatarella
Privato (postfazione di Gabriella Romani, Milano: Garzanti, 2010) Premio Europeo di Narrativa G. Ferri - D. H. Lawrence
La donna dal cappotto verde, (ivi, 2012)
Il sogno rapito, (ivi, 2014)
FILM DI NELO RISI
LA COLONNA INFAME (1973)
Tratto dal romanzo Storia della colonna infame di Alessandro Manzoni
Sceneggiatura di Vasco Pratolini e Nelo Risi
Musica di Giorgio Gaslini
Interpreti: Helmut Berger (Arconati), Vittorio Caprioli (Piazza), Francisco
Rabal (Mora), Pier Luigi Aprà, Dino Mele, Sergio Tofano, Steffen Zacharias,
Lucia Bosè, Salvo Randone, Annabella Incontrera
L’idea di girare questo film venne a Nelo Risi in occasione del centenario
della morte di Manzoni, riproducendo fedelmente la vicenda storica che
condusse il Commissario di sanità Guglielmo Piazza e il barbiere Giacomo
Mora a essere accusati e condannati ingiustamente come untori nel 1630.
La testimonianza di due donne porta all’arresto del Commissario, che per
difendersi dalla violenza degli interrogatori e sperare nella promessa
d’impunità, fa anche il nome del barbiere. Costretti entrambi dalle torture ad
ammettere di aver diffuso il morbo della peste, cercano di difendersi
instillando sospetti che coinvolgevano uomini potenti, considerati intoccabili.
Il capitano di giustizia Arconati, allora, pone fine alle torture e istituisce un
processo-farsa, che si conclude con l’assoluzione dei notabili e la condanna a
morte di Mora e Piazza. I giudici stabilirono anche che la casa di Mora fosse
rasa al suolo e, al suo posto, fu poi eretta la “colonna infame”, per ricordare
quella storia di ingiustizia e menzogne.
La sceneggiatura di Risi e Pratolini sembra chiedere allo spettatore un moto di
indignazione, mettendo in evidenza una giustizia che usa due pesi e due
misure, diverse per gli umili e per i ricchi, polemizzando sull’uso della tortura
che stravolge la psiche di chi la subisce, considerata come la vera peste, che
contagia le coscienze e mette in moto la mostruosa logica che spinge i potenti
a cercare capri espiatori, costringendo le vittime a confessare reati non
commessi.
La bellezza del film sta anche nella scenografia e nelle immagini, che
rappresentano scene di pitture seicentesche, con tocchi di luce che sembrano
citare i quadri di Caravaggio. Le panoramiche circolari della macchina da
presa, inoltre, vogliono intenzionalmente rappresentare i gironi dell’inferno
dantesco, formando una spirale che culmina nel degrado della personalità dei
personaggi, così spaventati da precipitare verso il fondo, fino a perdere
l’anima.