GLI INTERESSI DIALETTOLOGICI DI NICOLA ZINGARELLI (con
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GLI INTERESSI DIALETTOLOGICI DI NICOLA ZINGARELLI (con
GLI INTERESSI ... DIALETTOLOGICI DI NICOLA ZINGARELLI (con inediti brani epistolari *) a mio figlio Ciro * La maggior parte dei brani epistolari qui inseriti sono già stati pubblicati da A. Sereno in N.Z. nella corrispondenza dei linguisti del suo tempo, "Lingua e storia in Puglia”, II, 1975, pp. 67 - 130 (ed anche in "Arte, lingua e storia" num. un. nel I centen. del Liceo "V. Lanza" di Foggia, 1975). E tuttavia ci si è dovuto avvalere direttamente dei mss., depositati, com'è noto, presso la Biblioteca Provinciale di Foggia, poiché la pubblicazione della Sereno è, per più motivi, carentissima; peraltro non contiene la corrispondenza di tutti i linguisti le cui missive sono depositate presso il citato fondo. Manca ad esempio quella di Ernesto Monaci, che qui è stata utilizzata ed a cui si riferisce il nostro inediti del sottotitolo. Questo lavoro è nato per l'occasione di un concorso sullo Zingarelli bandito dal Centro Regionale di servizi educativi e culturali di Cerignola. Ma benchè fosse l'unico lavoro presentato per la relativa sezione il premio non fu assegnato né alcuna comunicazione mi fu fatta mai dal Centro di servizi in merito. No comment! L'attività dialettologica di Nicola Zingarelli si restringe ad un saggio dal titolo Il dialetto di Cerignola, pubblicato, in due puntate, nell’”Archivio Glottologico Italiano" (= AGI) diretto da Graziadio I. Ascoli (XV 1899 pp. 83-89, 1901 pp. 226-235). Se proprio si vuole intendere questa attività in un senso più lato si potranno anche collegarvi gli interessi folk-lorici che lo Zingarelli nutrì fin da giovane. Questa operazione ci pare lecita data la qualità dell'impegno folk-lorico dello Zingarelli basato sulla raccolta di brani tradizionali. E’ noto che una buona raccolta di materiali narrativi, in ispecie brani liberi, è ancora oggi alla base di ogni valida ricerca dialettologica. Ma tuttavia il futuro studioso di Dante cominciò con una sorta di “auto-inchiesta" realizzando quel "piccolo saggio di versione del c. I, 1-27, della Commedia - come egli si espresse, inserendolo nella scarsa "letteratura" cerignolese, Il dialetto, etc.... cit., p. 83 - nel numero unico Ofanto Casamicciola, riprodotto nel Capitan Fracassa del 1883" che è poi, a dispetto del Flori1, la sua prima pubblicazione. "Auto-inchieste" ed esercizi danteschi 1 - La cui Bibliografia degli scritti di N. Zingarelli, MDCCCLXXXIV-MCMXXXII, Milano, Hoepli, 1933, parte appunto dal 1883. 31 a parte, le graziose Tre novelline pugliesi di Cerignola, inviate, peraltro, al Pitrè2 costituiscono la prova di un impegno che, se pur non eccessivo, continuerà con i Proverbi meridionali che sono del 19083 terminando, salvo qualche altro minore intervento 4, nella "patrocinazione" dell'Apulia Fidelis. La maggior parte dei materiali di quest'ultimo lavoro fu sostanzialmente raccolta e stesa dal giovane Vocino, mentre lo Zingarelli si limitò alle veloci note dialettologiche introduttive, a qualche altro brano di interesse folk-lorico ed ad un carente cenno sugli alloglotti di Puglia 5. Naturalmente qui prescinderemo dalla tesi di laurea dello Zingarelli, Parole e forme della Divina Commedia aliene dal dialetto fiorentino, pubblicata dal Monaci in "Studi di filologia romanza" (I, pp. 1-192). oggi la si direbbe più attinente agli studi di storia della lingua italiana che a quelli dialettologici, ed in ogni caso più che nella dialettologia italiana ben figurerebbe anche negli odierni confini della filologia romanza. Nel 1901 inoltre lo Zingarelli pubblicò uno studio su I trattati di Albertano da Brescia in dialetto veneziano6, ma anche questo lavoro può essere escluso dalla nostra trattazione. Infatti il modulo linguistico usato per la versione della Doctrina dicendi et tacendi non era "plebe (o), lontan(o) dai riguardi letterari, e tanto più prezios(o) per il glottologo ( ... )" come affermava lo stesso Zingarelli (p. 180). Peraltro nella prima parte del lavoro vi è una attentissima indagine volta a stabilire la natura e provenienza dei mss. e quindi definire il testo più attendibile. Le note di grammatica storica sono limitate alla pp. 181 - 192 e lo stesso Zingarelli così le anticipa: "Saranno dunque appunti anziché ricchi spogli ed una compiuta descrizione." (Ibidem). Come si può notare anche questo lavoro può ben essere compreso nella filologia romanza e nella stessa storia della lingua italiana poiché la dialettologia del tempo già si stava indirizzando verso agguerrite indagini alla cui base erano vaste inchieste sul campo. 2 - E pubblicate nell’”Archivio per le tradizioni popolari", III 1884 pp. 66-72. 3 – Ivi, XXIV, pp. 51-71. 4 - E cioè: Il nuovo poema di Pascarella. La Storia all'Argentina nostra. “Il Giornale d'Italia", 8 VI 1911; Ladino e ladini, “Il Giornale d'It.” 27 IX 1917; L'eploratore dei dialetti: P. E. Guarnerio, "Il Giornale d'I.”, 9 I 1920. Aggiungiamo per “dovere di cronaca” gli altri interventi folk-lorici dello Zingarelli: Lo studio delle trad. pop., discorso inaug. del Museo delle tr. pop. in Foggia, “Il Popolo Nuovo" 4 IV ed IL Folklore "L'Educazione nazionale" IV, 19 pp. 7-8. 5 - Trevisini, Milano, s.d. (1925), pp. 11-13 etc... 6 - "Studi di letteratura italiana" diretti da E. Pèrcopo e N. Zingarelli, III, Napoli, 1901, pp. 151 - 192. 32 Infine un esame della pur lodevolissima posizione assunta dallo Zingarelli nei confronti del dialetto ed applicata nel Vocabolario non può rientrare, se non che marginalmente, in questo lavoro. "Quanto ai dialetti - affermava qui il filologo7 - non solo ho accolto le voci penetrate ora nel patrimonio comune della lingua e molte già ce n'erano, ma soggiunto la parola dialettale se ha particolare diffusione e notorietà; naturalmente, dai dialetti meglio conosciuti". Una tale "profession de foi" concerne piuttosto una corretta applicazione di teorie linguistiche generali. La prosa vivace ed a tratti polemica del piccolo pugliese convincerà il lettore di quest'ultima nostra proposizione se egli vorrà continuare la lettura nel punto in cui l'abbiamo sospesa. "in questo libro proseguirà con vera scienza linguistica lo Zingarelli8 - fuori dal proposito del conoscere e spiegare, non esiste ombra di nessun partito preso, di nessuna tendenza e simpatia particolare: qui non limiti, non esclusioni, non purismo, né amore dell'esotico, né pedanteria, né grettezza regionale, ma solo orgoglio di ítaliano"9. Insomma l'impegno dialettologico dello Zingarelli si riduce al saggio sul dialetto di Cerignola. A questo punto dovremmo esclamare, come il Dell'Aquila: "Un pò poco"!10, molto poco. Ma insomma ci saremmo potuti anche accontentare profferendo "tout court" un "meglio che niente!" se gravi ombre non lo caratterizzassero. Il saggio, a nostro giudizio, appare piuttosto schematico, scontato, senza nulla di realmente caratteristico ed innovativo nel panorama dialettologico italiano, è carente, cioè, di risultati dovuti a riflessioni personali ed esperienze. Si fa solo salva da questo contesto l'applicazione delle metodologie di grammatica storica, ormai ben provate, ad un dominio dialettale ancora quasi inesplorato all'epoca. Francesco Piccolo nell'occasione commemorativa del centenario della nascita del Nostro11 si cavò letteralmente d'impaccio affermando in due ve7 - Vocabolario della lingua italiana, Milano, Bietti e Reggiani, 1922, 2a ed p. VIII 8 - Ivi, p. VIII e s. 9 - E qui perfino quell’ "orgoglio di italiano" non è tanto un omaggio al nazionalismo dell'epoca, ma ha invece un preciso riferimento glottologivo nel Proemio dell'AGI, I, 1873. Contro gli autori delè Nòvo vocabolario della lingua it. econdo l'uso di Firenze, 1870-97, l'Ascoli vi auspicava una sorta di "risorgimento" culturale e scientifico sulla cui base realizzare processi di unificazione linguistica in Italia. Per tutta la vita l'A. incoraggiò i giovani ingegni: “La virtù degli Italiani si deve raddoppiare tra gli stranieri” scriveva nel 1884 al giovane Z. in Germania (Mss. Zingarelli, Biblioteca prov. Foggia, cartolina del 25 XII 1884). 10 - N.Z. e il "Giornale storico della letteratura italiana" in "la Capitanata" XVI, II, 1-6, p. 2. 11 - N.Z., Scritti vari ed inediti nel primo cent. della nascita Cerignola, 1963, p. 20. 33 loci righi che: "Nella sfera del metodo dell’ "Archivio glottologico" ascoliano il suo saggio sul dialetto di Cerignola è certamente esemplare." Ma già se si osserva l'analisi più dettagliata che ne fece Giacomo Devoto, nella stessa occasione (analisi quasi spitzeriana) si potrebbe individuare un certo imbarazzo. Il Devoto ne diede un giudizio pressoché positivo non senza però aver vagliato attentamente l'assunto del saggio e cercato di trovare delle valide "pièces d'appui" ad ogni sua affermazione, quasi un'aria di sospetto gravasse sul lavoro. E perciò conclude: "In queste condizioni, noi possiamo riconoscere allo Zingarelli non tanto di aver realizzato un testo impeccabile di dialettologia italiana, ma di aver reso Cerignola simbolo della Puglia dialettale, così come il D'Ovidio aveva fatto di Campobasso per il Molise ( ... )."12 E non aveva torto, perchè esaminando la corrispondenza di studiosi come proprio l'Ascoli, il Monaci, il D'Ovidio ed infine di Clemente Merlo,13 non solo l'imbarazzo devotiano viene giustificato, ma vengono anche a cadere alcune sue conclusioni favorevoli allo Zingarelli proprio perché il Devoto non poteva conoscere gli ulteriori elementi che dai citati carteggi emergono. Per esempio il linguista genovese cercò di giustificare lo schematismo del lavoro basandosi su di un particolare che invece lo trasse in inganno. Si tratta della effettiva data di compilazione del saggio. Il Devoto dové immaginare che fra la compilazione e la pubblicazione potessero esser passati cinque o sei anni per cui concluse che: "Lo studio del dialetto di Cerignola appartiene al mezzo del cammin della sua vita, alla maturità"14. Dai carteggi invece emerge chiaramente che esso fu l'opera di un giovane, forse di un giovanissimo, portata innanzi penosamente per essere pubblicata, solo dopo molte insistenze, perorazioni, forse, non solo sue, alla vigilia, peraltro, del concorso palermitano e, dopo la sfortunata esperienza pavese. Ma quello che più conta poi è che vien fuori un altro elemento della massima attenzione, e cioè che la mano dell'Ascoli non si sia posata sui manoscritti e sulle bozze, che lo Zingarelli più volte inviò al direttore dell’"Archivio", solo per correzioni di ordine formale, ma anche per sistemare fatti contenutistici, attinenti, cioè, la strut12 - Tre aspetti di Nicola Zingarelli, Ivi, p. 10. 13 - I documenti sono tratti dal fondo dei mss. dello Z. presso la Biblioteca prov. di Foggia, Una visione d'insieme dei titoli si può avere consultando P. DI CICCO, I manoscritti della B.P. di Foggia, Foggia, 1977, pp. 105-137. Ho il dovere di citare qui la cortesia del direttore di quella biblioteca, dr. A. Celuzza e la pazienza dei funzionari dr. a Altobella e dr. Ventura. 14 - Tra aspetti.... p. 10. 34 tura ed i risultati del lavoro stesso. Un esame di codesti elementi non è solo necessario per ottenere maggiori informazioni sulla figura del filologo pugliese e sul suo saggio dialettologico, ma è indispensabile per una corretta utilizzazione del saggio cerignolese nell'ambito degli studi dialettologici italiani in generale e pugliesi in particolare. La vicenda di questo lavoro dialettologico ci può peraltro aiutare a compredere momenti di quel travaglio che portò, nella "fin de siècle", alla dissociazione, dall'unico ceppo costituito dalla filologia romanza, di varie discipline; per conseguenza vi fu la tendenza alla sparizione della figura del filologo romanzo che dominava "da signore" - son parole del Tavaglini15 l'intero complesso degli studi. Alludiamo non solo al D'Ovidio, ma anche a studiosi sortiti dall'università, come studenti, anche molto tempo dopo dello Zingarelli, si pensi al Bertoni, per fare un solo luminoso esempio. Dall'altro versante invece accanto allo Zingarelli vediamo subito un suo amico e corrispondente16 nella figura di un esimio provenzalista: Vincenzo Crescini; ma anche proprio quella successiva generazione di maestri, nell'ambito per esempio degli studi dialettologici, molto agguerrita, della quale fece parte Clemente Merlo. Tornando alla data di compilazione del saggio sul dialetto di Cerignola, riteniamo, dagli elementi che emergono dalla corrispondenza specie dell'Ascoli17 che esso sia stato composto circa un quindicennio prima che lo Zingarelli lo vedesse finalmente pubblicato sulla prestigiosa rivista. Alla vigilia del concorso che lo avrebbe finalmente inserito in via definitiva nel mondo accademico, com'egli ardentemente desiderava18 sollecitava ancora l'Ascoli, nervosamente ma timidamente, com'era nel suo carattere. E il fondatore degli studi glottologici in Italia gli rispondeva pazientemente: "( ... ) Pur le consonanti hanno intanto raggiunto la stamperia e, almeno in buone bozze, le avremo di certo prima del termine del concorso. Basterebbe, del resto, una mia dichiarazione che il ms. è in mie mani e si viene stampando. Ella dunque si mantenga in piena tranquillità e punto non tema che io sia in collera." Era il 15 maggio del '99, Zingarelli temeva che il termine imposto dal concorso per la presentazione dei documenti scadesse im15 - C. TAGLIAVINI, Le origini delle lingue neolatine, Bologna, 1969, p. 80. 16 - Si cfr. sulla corrispondenza del Crescini il citato testo di P. DI CICCO, I manoscritti etc., p. 112. Essa è abbastanza nutrita. Per i problemi messi a fuoco qui molto velocemente sono si cfr. M. VITALE, Sommario elementare di una storia degli studi linguistici romanzi, Preistoria e storia degli studi romanzi, s.l.d'e., 1955. pp. 5-169. 17 - Si tratta di quattordici documenti fra cartoline, lettere ed un telegramma. Cfr. sempre P. Di Cicco, I Manoscritti etc., cit. p. 107. 18 - Cfr. M. DELL'AQUILA , N.Z.. e il "Giornale etc., cit. 35 prorogabilmente nel prossimo giugno o luglio 19, sicché tempestava evidentemente di lettere l'Ascoli. Nel chiudere la lettera precedente il pur solerte studioso si vide giungere ancora uno scritto dello Zingarelli. Sicché vi aggiunse il seguente proscritto: "Sopraggiunge il Suo dispaccio; ma nulla m'accade aggiungere e mutare a quanto sopra. Povero me, in qual ginepraio m'è toccato di cacciarmi! Nuovi e cordiali saluti." Ma lo Zingarelli aveva già sofferto molto per la travagliata gestazione di questa pubblicazione. La prima notizia dell'esistenza, se non dello studio intiero, almeno di un abbozzo si ha ancora in una cartolina dell'Ascoli indirizzata allo Zingarelli il quale si trovava, di ritorno dalla Germania, a Campobasso, la cartolina è del 4 X '86. Costretto a dedicarsi all'insegnamento nei licei il giovane pugliese non demordeva e cercava alla meglio di dedicarsi agli studi (vedremo fra breve qualche dichiarazione del Monaci in merito), sicchè quando evidentemente comunicò all'Ascoli di aver pronto o in via di preparazione qualcosa sul dialetto di Cerignola lo studioso gli rispose entusiasticamente, ben valutando la opportunità di fornire ai dialettologi un chiaro quadro grammaticale dei dialetti pugliesi settentrionali: "Aspetto con vivissimo desiderio il lavoro sul dialetto di Cerignola che'Ella destina all'Archivio. E’ davvero un bel regalo, che risponde a un desiderio da lungo tempo sentito; e faremo di pubblicarlo con tutta prontezza." Ma alla prontezza assicurata dall'Ascoli non fece riscontro altrettanta celerità da parte dello Zingarelli, il quale invierà per la prima volta il manoscritto all'Ascoli oltre un anno dopo, il 15 XII 1887, da Ferrara, dove insegnava presso il Regio Liceo. "Le ho spedito oggi in plico raccomandato - scriveva all'Ascoli in quella data20 - il mio saggio sul dialetto di Cerignola - le chiedo perdono del gravissimo ritardo, che però non fu effetto di pigrizia o di poco amore agli studi. Ella di questo mio saggio faccia quel che crede. Le avrei mandato anche una prefazione pel saggio medesimo, e l'ho già pronta, ma temendo che non fosse superflua, l'ho ritenuta." 19 - Se ne ha un riflesso in varie missive dell'Ascoli fra cui quella dei 16 III '99 ete... 20 - Le missive dello Zingarelli all'Ascoli, qui citate, sono state pubblicate da A. SERENO, Corrispondenza dello Zingarelli con l'A., in "Lingua e storia in Puglia", III, 1976, pp. 130 - 132. Non avendo potuto controllare direttamente i mss. originari perchè depositati presso l'Accademia dei Licei, li cito non senza qualche riserva dovuta ai consueti limiti delle pubblicazioni della Sereno. Fra le altre omissioni noto la mancanza della indicazioni della natura del documento, cioè se si tratti di lettere, cartoline, o telegrammi! 36 Il giovane Zingarelli evidentemente desiderava coprire con i suoi studi l'intero arco della filologica romanza. A Napoli aveva avuto fra i maestri non solo il D'Ovidìo, che vi riusciva così bene, ma anche lo sfortunato genitore di Clemente Merlo, il futuro dialettologo, ossia Pietro che molto influì su di lui21. Studioso di glottologia classica e neolatina, appassionato di Dante, Pietro Merlo molto influirà sul giovane cerignolese, il quale com'è noto ottenne per il sanscrito una medaglia d'argento dall'Università, ancora studente. A Firenze poi fu a contatto col Monaci, ed in seguito in Germania lo Zingarelli ebbe l'occasione di avvicinare anche fisicamente i rappresentanti della grande scuola filologica tedesca. Possiamo immaginare non solo il suo disappunto a vedersi confinato nei Licei, ma anche il suo desiderio di lavorare scientificamente. Forse furono questi i sentimenti che spinsero l'allievo del Gaspary e del Tobler ad imbarcarsi in due avventure, la traduzione tempestosa dell'opera del Gaspary22 e ... la dialettologia. I nostri puntini sospensivi son lì a dire che il giovane accarezzava idee sicuramente più grandiose; i suoi interessi dialettologici andarono via via scemando, parallelamente alle sfortunate vicende del saggio cerignolese, e si andarono lentamente configurando, come vedremo, nella semplice pubblicazione di "qualcosa" nel settore, ed infine giungeranno alle carenti e poco funzionali note dell'Apulia Fidelis, che qualsiasi studente universitario in dialettologia, si dice senza paradosso, abbastanza versato negli studi, oggi, potrebbe stendere con più cura! Siamo propensi a credere pertanto, a livello di semplice ipotesi non suffragata da idonee prove, che l'idea dello studio dialettologico fosse molto antica nell'allievo del d'Ovidio. Proprio costui aveva pubblicato nei primi numeri dell’ "Archivio" quell'esemplare saggio sul dialetto di Campobasso 23 che porta la data del 1878, cioé alla vigilia dell'iscrizione dello Zingarelli all'Università. E molte dovettero essere le prove e le esercitazioni condotte sulla base degli studi non solo del d'Ovidio sia negli anni precedenti che seguenti alla laurea. Unica prova che possiamo addure riteniamo sia l'attività di raccolta dei materiali per l’ "Archivio per le tradizioni popolari" e se si vuole la stessa traduzione dei versi della Commedia in dialetto. Del resto tali esercitazioni sono indispensabili al filologo romanzo che decidesse di indagare, come lo Zingarelli, sulla poesia per esempio o sulla versione dei trattati di Albertano etc... A parte 21 - I rapporti fra Pietro Merlo e lo Z. andrebbero meglio esaminati, così anche l'opera del Merlo che non poté appieno rivelarsi per la prematura scomparsa (1850 -1888) ma che molto rilievo può aver avuto invece nell'evoluzione del "sospetto" ambiente filologico napoletano. 22 - Sulla vicenda M. DELL'AQUILA, N.Z. e il "Giornale etc., cit. 23 - AGI, IV, 1878, p. 145 e ss. 37 le pubblicazioni, se si scorre l'elenco dei ms. dello Zingarelli, nel più volte citato testo del Di Cicco (p. 105) si incontra talora la parola Fonologia, sotto il cui titolo vanno esami della fonetica della lingua delle composizioni dei Fulquet de Romans o Guilhelm Figueira ... Chi volesse poi prendersi, come noi abbiam fatto, la briga di consultare i mss. avrebbe subito l'impressione di essere ni presenza del consueto lavoro di fonetica storica, tipico delle indagini dialettologiche del tempo se si fa salva la trascrizione fonetica dei testi, la mancanza di taluni esiti etc.... E insomma una pratica di "routine" i cui risultati si possono ben vedere nello studio della versione veneziana della Doctrina dicendi et tacendi di Albertano da Brescia. Vogliamo con ciò dire che per quanto il filologo romanzo, per motivazione diverse, volesse limitare i confini della propria attività, pure non poteva non conoscere determinate metodologie. Evidentemente, però, anche qui dovettero essere funzionali quelle carenze tipiche dello Zingarelli rilevate in altri lavori, per cui il Dell'Aquila ha riconosciuto che "la sua ricerca tendeva ad accumulare materiali che poi non gli riusciva di scartare e che facevano ingorgo e disperdevano o confondevano la linea del disegno interpretativo24 All'inizio, nel saggio dialettologico vi dové essere perfino un grave disordine ortografico e bibliografico, ciò che, trattandosi poi di discipline linguistiche, era molto grave; sicché, riprendendo la nostra storia, l'Ascoli dovette far subito un gran lavoro, ma contro la sua volontà, a distanza di tre anni esatti dall'entusiastica cartolina che abbiamo riportato scriverà allo Zingarelli: "Eccole di ritorno il ms. secondo il desiderio Suo. Le raccomando per la nuova "edizione" ogni migliore e maggiore proprietà. Il tempo delle descrizioni integrali si può dir passato. Tutto ciò che un dial. abbia di comune con un altro del medesimo tipo, ormai descritti, va molto semplicemente accennato, o anche sottaciuto (tranne il caso di esempi affatto singolari). L'assunto è ora ben piuttosto quello di mettere in giusto rilievo i fenomeni speciali della data varietà e le diversità particolari che il tipo vi presenti. Occorre ppi che il ms. sia perfettamente nitido, perfettamente maturo per la composizione tipografica, tanto dilicata e scabrosa nel caso nostro (cioè per i segni diacritici, n.d.r.). I caratteri li distinguiamo così: corsivo, tondo spazieggiato, maiuscoletto, nero (o compatto). Il tondo semplice (minuscole o majuscole che sieno) non porta naturalm. alcun segno. Delle basi nominali latine si dà l'accusativo senza la nasale, e il latino va sempre in tondo spazieggiato. Ridico ogni cosa nella prefazione al volume XI di pubblicazione imminente." (9 XI '89). 24 - Cfr. N.Z. e il "Giornale etc., cit., p. 11 38 Queste parole fanno crollare uno dei pregi del saggio dello Zingarelli riscontrato dal Devoto, il quale pur acutamente notava che “Aborrendo da ogni velleità generalizzatrice come da collegamenti e sfumature nei confronti delle aree dialettali vicine, egli ha presentato (Zing. n.d.r.) attraverso Cerignola i tratti salienti della dialettologia pugliese, ( ... )” 25. Lo studio dello Zingarelli dovette presentarsi all'Ascoli, invece, pieno di forme raccolte da altri lavori etc... in modo che lo scrivente, nel fingere acuti confronti, facesse mostra in realtà della propria conoscenza dialettologiche, cose però di relativo valore, ormai, poichè necessitavano brevi ma succosi schizzi specie fonetici dei principali dialetti italiani26. Meraviglia non poco, poi, che un filologo invece di presentare forme latine volgari, cioè senza la nasale (o la sibilante) finale, presentasse quelle classiche. E insomma, senza farla lunga, da questa lettera ben si comprende il disappunto dell'Ascoli ed i motivi del ... ritardo nella pubblicazione. L'idea che sorge in noi in questo momento è, per la verità, che lo Zingarelli non fosse in grado di portare innanzi delle compiute analisi dialettologiche. E se il Devoto affermerà che in definitiva lo Zingarelli "ha colto la massiccia organizzazione della metafonesi meridionale di tipo cosiddetto napoletano, che stringe le coste adriatiche alle tirreniche e, insieme, le cangianti reazioni delle vocali accennate ( ... )"27, bisognerebbe pur poter sapere fino a che punto i suggerimenti e le notazioni ascoliane abbiano aiutato lo Zingarelli ad accorgersi e delineare questi fenomeni. Per quanto attiene l'espressione del Devoto, appena citata, cioè "le cangianti reazioni delle vocali accennate" ebbene, è ben vero che il Parlangèli nel suo saggio sul dialetto di Cerignola28 abbia sostanzialmente confermato le conclusioni dello Zingarelli, per le vocali, ma è anche vero che non è riuscito a comprendere alcuni esiti presentati dallo Zingarelli, che molto differivano da quelli suoi e del Melillo 29 per cui ha dovuto invocare la "diversa classificazione fonetica". Ecco le differenze (si noti che Z. ha significato ovvio, mentre P. è Parlangèli, e M. è naturalmente Melillo): 25 - Tre aspetti etc., cit., p. 10. 26 - Lo Zingarelli comunicava all'Ascoli nella citata lettera del 15 XII 1887 di aver "anche aggiunto, anche in forma di nota, un piccolo "excursus,' su alcuni perfetti di Basilicata e di qualche altra parte d'Italia, a forma di nota, ripeto, alla trattazione del perfetto nel dial. cerign." Cfr. A. SERENO, Corrispondenza dello Zingarelli etc, cit. p. 130. Nel saggio non troveremo traccia di questo "excursus', se non che in una brevissima notazione del testo: "In Basilicata, Spinoso ci dà avippi, aveppi, CASSETTI e IMBRIANI, Canti popolari." Il dial. cit., p. 234. 27 - Ibidem. 13,1964, pp. 141-156. 28 - Dialetto di Cerignola, in "Orbis". 29 - Ivi, p. 147. 39 Il Parlangèli giunge infine a credere che l'esito ä proveniente da A tonica in sillaba libera fose stato ben individuato dallo Zingarelli per cui postulò "un effettivo cambiamento fonetico" nella ? che sia egli che il Melillo rendevano per quella vocale. Riteniamo che ancora una volta lo Zingarelli, non abbia ben individuato il suono, in quanto per Foggia in quella posizione egli dava un oe31 del tutto impossibile! Ci si potrà obiettare che in fin dei conti la trascrizione fonetica è un fatto empirico anche se basato su elementi scientifici; si, ma, come tutti i fatti del linguaggio, le differenze trascrittorie fra studiosi, sono sistematiche, per cui non si posson nascondere dietro un tale paravento le deficienze tecniche nella individuazione dei suoni principali. Fu, in seguito, Clemente Merlo e definire "quanto gravi e quanto strane" le profonde alterazioni dei dialetti pugliesi32 però ce ne dette un saggio magistrale dotato di una sístematicità unica a proposito del dialetto di Carbonara di Bari, per certi versi 30 - Ibidem. 31 - Il dialetto etc., cit., p. 36, riteniamo si trattasse già di una vocale centrale mediobassa come la finale dell'inglese sofa 'sofà' nella pronunzia ufficiale. I problemi relativi alla trascrizione fonetica traspaiono raramente dai carteggi citati, solo nella lettera del 15 XII 1887 in un lungo "post scriptum" lo Zingarelli esprime all'Ascoli qualche sua perplessità e cioè: "Ella vedrà che ho espresso per ij e per uw il suono lungo di i e di u in penultima di parola piana? Questa grafia l'ho adottata a malincuore, non solo perché strana, ma perché alquanto impropria. Si sente in quella posizione una vocale non netta, coirne in vinco, tutto, ove i u sono brevi, e neppure co me in vino, mulo, dove i, u sono lunghi, e non solo lunga più che in questi due esempi, ma con un certo strascico nel quale detta vocale s'intorbida un poco e anche un poco si consonantizza, e però ho scelta quella grafia. Ma se Ella vorrà indicarmene una migliore, non esiterò un momento a sostituirla alla mia". Cfr. A.SERENO, Corrispondenza dello Zing. etc., cit., p. 131. Della grafia però non troveremo traccia nel saggio. Non sfugga l'impaccio dello Zingarelli nel definire un certo suono e nel farne una corretta descrizione. 32 - Il vocalismo tonico del dialetto di carbonara di Bari, in “L'Italia dialettale”, 2, 1926. 40 molto più complesso di quello di Cerignola proprio per l'approfondirsi della alterazioni. Le difficoltà dello Zingarelli non erano ignote nell'ambiente della filologia romanza, che come si diceva, a quell'epoca conosceva le sue prime divisioni. Se ne ebbe a risentire evidentemente col Monaci, dopo lo sfortunato esito del concorso a Pavia, il quale gli scrisse il 13 gennaio del '97 attaccando subito: "Corne mai si potrebbe parlare di collera fra me e Lei? Le ho voluto sempre un gran bene; Ella è, nei nostri studi, uno dei più distinti allievi di Francesco D'Ovidio, mio fratello di latte - come egli si chiamava; mio maestro - come ogni giorno sento di doverlo chiamare io. Ma con la sua primizia filologica io inaugurava gli "Studi di fil. rom." finora non morti né giudicati inutili. C'è dunque anche dell'altro, perchè io pensi a Lei sempre con affetto e con gratitudine. Le abbiamo fatto rimprovero di avere abbandonato gli studi romanzi. Ma simili rimproveri si fanno soltanto a coloro dei quali si ha stima e nei quali si ha fiducia. Scrivo di rado; e più di rado agli amici che non agli altri. Non si meravigli dunque se Ella è uno di coloro ai quali scrivo meno"33. Naturalmente quando il Monaci parla di studi romanzi, nella parte della lettera dai noi sottolineata, allude a quel settore della filologia che si interessa "filologicamente" delle antiche lingue romanze e degli autori, nonchè dei dialetti, mettendo così da parte gli interessi di tipo estetico o storico. E’ ben noto che il Monaci è una singolare figura nell'ambito degli studi filologici: avvocato, vi si dedicò da autodidatta raggiungendo in breve tale notorietà da essere chiamato a reggere la cattedra di neolatine a Roma benché giovanissimo. Ciò ch'egli intendesse per studi filologici romanzi è condensato nelle sue pubblicazioni e nella sua serrata attività, la famosa Crestomazia della lingua italiana dei primi secoli, la pubblicazione del Canzoniere portoghese della Vaticana, ma soprattutto il taglio dato alla rivista da lui diretta ed alla Società filologica romana. Quest'ultima, che fu vivaio di giovani fra cui il Camilli, il Migliorini etc…, condusse una serie di esplorazioni sui dialetti specie laziali i cui risultati furono pubblicati in gran parte dalla rivista. Come si vede di tratta di elementi agguerriti, che vedevano chiaro, che non tolleravano tentennamenti. Può apparire persino curioso che già in una lettera dell'8 XII '83, che il Monaci dirigeva allo Zingarelli, egli ci testimoniasse già i suoi timori di perdere un elemento, prezioso per i serrati studi filologici, e vederlo sfuggire verso incerti interessi di natura storica ed estetica. La lettera ci for33 - Mss. del fondo Zingarelli, cit. 41 nisce, peraltro, un interessante particolare biografico sullo Zingarelli, e cioè la sua necessità fin dall'indomani della laurea di cercarsi un posto di lavoro. "Ella è proprio in errore - vi affermava il Monaci - pensando che mi sia dispiaciuto di non vederla tornare a Firenze ( ... ). Dissi che nè suoi panni avrei preferito un posto di perfezionamento ad un posto d'insegnamento nel ginnasio, e lo dissi perchè mi aveva interrogato ( ... ). Ella mi dice di aver bisogno di libri. Come insegnante governativo ha diritto di averne a prestito dalle biblioteche dello Stato. La Nazionale di Roma è già ricca in fatto di letteratura neolatine ( ... ). Spero di mandarle fra pochi giorni la prima base del Suo articolo (…)." Sul finire del '94, forse in previsione del concorso pavese, lo Zingarelli bussò ancora alla porta dell'Ascoli, il quale, ormai senatore del Regno, gli rispose da Roma (11 XII): "Non ho mai dimenticato il Suo saggio dialettale; ma l'ostacolo è sempre la mole soverchia. Vogliamo tuttavolta pubblicarlo, e'tra non molto, come spero ( ... )". Ed ecco che il saggio riprende i suoi viaggi di andata e ritorno per Milano. A queste parole lo Zingarelli risponderà da Napoli di lì a poco 34: "Non so esprimere il piacere che mi cagionò la lettera che Ella si degnò di scrivermi. (...) Il Saggio dialettale, raccomandato alla sua benevolenza non può certo naufragare, (…) e son prontissimo a farvi quei tagli che Ella desidera. P. es., nella parte morfologica potrà molto restringersi o togliersi addirittura. Prima che Ella me lo dica (non perchè mi riuscirebbe sgradita la sua correzione, ma per risparmiargliene la noia) Le dirò subito che dove nel paragrafo dell'articolo ho richiamata ìn nota il romagnolo fem. pl. il, ho fatto un grosso sproposito; perchè nel romagnolo il ci è solito fenomeno di ai una ipotesi vocalica ìnnanzi alla liquida iniziale (alvise, luigi), e non una vera successione di illae. Un rifacimento di tutto il saggio non saprei nondimeno come attuarlo; aspetto perciò le correzioni e modificazioni che Ella mi proporrà, salvo quelle che vorrà fare Ella stessa in nota ( ... ). L'impazienza e le preoccupazioni del nostro conterraneo, tipiche del suo carattere, già traspaiono da quanto riportato quì sopra nonostante si siano tagliate per brevità numerossissime espressioni che testimoniano questo stato ansiogeno nello Zingarelli35. Nonostante successive pressioni del D'Ovidio, riflesse in una 34 - La lettera intera è stata pubblicata dalla SERENO, Corrispondenza dello Z. etc., cit., pp. 131-2, ....... 35 - Ibidem. 42 missiva dello Zingarelli all'Ascoli sempre del '9536 la risoluzione dell'annoso "affaire" comincerà ad essere impostata qualche anno dopo. Soltanto il 20 giugno del 1898 un telegramma dell'Ascoli avverte lo Zingarelli: "Rispedito sin da ieri. Cordiali auguri e saluti." Non facciamo fatica a capire che si tratti del testo del lavoro. Si profilava infatti il concorso per le neolatine a Palermo e lo Zingarelli aveva premura di veder stampato il suo lavoro nell'AGI. Il 26 febbraio del '99 ne abbiamo ancora una prova, allo Zingarelli preoccupato se gli estratti dell'AGI saranno pronti in tempo, l'Ascoli risponde: "Ella mi chiede la cosa più facile del mondo. Gli Estratti li avrebbe nell'aprile, sia che il lavoro entro nella prima dispensa del XV volume, già per molta parte stampata, sia che entri nella seconda". Si era creata una fortunata coincidenza, peraltro, per cui pur essendo una parte del fascicolo stampata ... ma sentiamo le parole dell'Ascoli in una lettera nella quale sottolineeremo qualche frase di tutto rilievo: (16 III '99): "Ho ricevuto le 47 cartelline le Sue missive del 5, 11 e 12 corrente. Ora gioverà che Ella mi mandi senza ritardo il poco che le resta, perchè io possa misurare con sicurezza se il lavoro non oltrepassi il numero di pagine entro cui bisognerebbe costiparlo perchè entrasse in un certo interstizio che s'è fatto nella prima parte del volume XI. Io spero sempre che ciò riesca, e a ogni modo siamo ben intesi circa il termine di là dal quale non si deve andare. Ma Ella non deve perciò mettersi nell'ansiosa aspettativa di aver le bozze da un giorno all'altro! Il lavoro ha ancora bisogno sotto più rispetti di un'attenta revisione. A varie cose provvederò senz'altro io stesso, salvo ad averne il suo consentimento sulle prove. Ma intorno ad altri punti, gioverà, se non sbaglio, che io prima la interroghi. Tutto però sarà fatto in tempo utile; ed Ella punto non si affanni dagli apparenti ritardi; riposi anzi nella maggior tranquillità". Faremo a meno di pubblicare la lettera seguente, per usura di spazio, nella quale si nota sia il nervosismo dello Zingarelli, che la pazienza dell'Ascoli, ed infine si spiega e nei dettagli la questione dell'interstizio (12 IV). E ciò anche perchè la successiva del 15 V è molto più significativa. "Egregio e caro professore. - Dio glielo perdoni; ma ho trovato anche le consonanti in una condizione davvero "caotica" e ci ho do36 - "Ieri sera il prof. D'Ovidio mi comunicò i suoi graditi desideri. Sono pronto a fare quanto Ella desidera; e la prego caldamente di non volermi essere avaro di consigli suggerimenti. Aspetto quindi il manoscritto e una sua letterina. (…)" Cfr. A. SERENO, Corrispondenza dello Z. etc., cit. p. 132. 43 vuto spendere, dopo il mio ritorno, intiere giornate. Non intendo già, con dirle questo, di farle alcun rimprovero; ma anzi è mia in fondo la colpa se il desiderio di farle cosa grata mi indusse a non misurare più accuratamente le difficoltà a cui mi avventurava. A ogni modo, non sento alcun rimorso, poichè la pubblicazione del suo testo, così come stava, sarebbe manifestamente riuscita a un titolo di condanna piuttosto che a un argomento di plauso”. (corsivi nostri) Le ultime due lettere che abbiamo trascritte dimostrano senza ombra di dubbio la portata degli interventi ascoliani nel saggio. Spinto dai duri rimproveri dell'illustre glottologo lo Zingarelli titubava molto, ora, nell'inviare le bozze con le opportune correzioni, in quanto non si trattava di mutamenti solo formali. Evidentemente ci mancano dei documenti che ci permettano di stabilire oltre a quanto dovuto all'Ascoli, le indicazioni dei mutamenti da fare e gli interrogativi che l'Ascoli poneva allo Zingarelli quasi alla stregua di un "informatore". Lo Zingareli non riusciva a sbrigliarsela talché l’"Archivio" dové uscire in forte ritardo. Nel giugno seguente l'Ascoli se ne lamentava scrivendogli a Napoli: "Ora la premura è dalla parte mia. Urge al tipografo di tirarne il foglio, in cui il Suo lavoro occuperà da pag. 83 a 96; e perciò Le sarò grato se me ne vorrà rimandare un esemplare ben riveduto e finito, con tutta la sollecitudine che la precisazione comporti". (14 VI) Questo invito diviene ancor più chiaro nell'ultima cartolina che si ha dell'Ascoli che è del 14 VII, la quale ci mostra uno Zingarelli titubante e timoroso. La paura che la pubblicazione riuscisse "a titolo di condanna" - come gli aveva significato l'Ascoli nella lettera del 15 maggio (supra) - gli doveva creare un serio imbarazzo. Ma l’"Archivio" doveva pur essere pubblicato, è già il primo fascicolo del XV volume sarebbe uscito col secondo, per cui l'Ascoli ne era, a ragione, preoccupato: "La pubblicazione della Iª e IIª (sic.) puntata del XV vol. dell'Arch. Glott. è ormai sospesa per il solo fatto che non siano licenziate le prove della seconda parte del Suo lavoro. Io di certi non voglio urgere presso di Lei, per modo che la perfetta esecuzione ne soffra. Ma Le sarei gratissimo di non tenerci sospesi più di quanto non sia assolutamente necessario (…)". Gli scriverà infine l'Ascoli nella data citata. Sulla vicenda calò naturalmente un velo di silenzio e lo Zingarelli potè andar fiero del "suo" lavoro sulla prestigiosa rivista. Qualche tempo dopo, il 27.11.1901, proprio a Lui scriverà il figlio del suo Maestro Pietro Merlo. Gli aveva chiesto in precedenza dei ragguagli sui dialetti meridionali, utili per la sua tesi di laurea, ma, si deduce dalla lettera di Clemente Merlo, lo Zingarelli aveva preso tempo ("Ella non si dia pena per rispondere alle mie domande: non ho alcuna fretta"). Di 44 tutto interesse appare il tono con cui il giovane si rivolge allo Zingarelli. "Io mi rivolsi a Lei, pur sapendo com'Ella s’occupasse (e con quanto onore) di Letteratura Italiana perchè vidi nell'Archivio Glott. il suo ottimo studio sul Dial. di Cerignola, e mi parve che sarebbe stata gran cosa per me l'avere qualche notizia più dettagliata per l'Italia Meridionale da chi dimostrava anche per gli studii linguistici contanta attitudine naturale". E non si tratta di forme cerimoniose, il Merlo non ne era certo abituato 37. Ma questa "attitudine naturale" dello Zingarelli era destinata a non rivelarsi mai più. Nell'Apulia Fidelis affermerà che i dialetti pugliesi:"Coi calabro siculi hanno in comune la riduzione di -ll- e -dd-“ (p. 12) il che è vero solo per una parte dei dialetti pugliesi. Una lunga nota pressoché empirica sarà dedicata al suono scempio della sibilante mediopalatale, come in Bisceglie (Ivi, p. 12), per la verità molto raro. Noterà poi che "La forma dell'infinito dei verbi sul tipo di credere, leggere ha perduto la desinenza, ( ... )" quando avrebbe potuto tranquillamente dire che nei dialetti pugliesi settentrionali l'infinito ha perduto la sillaba finale, e non alcuni infiniti. Deludente è infine la striminzita parte dedicata agli alloglotti. Faeto e Celle San Vito sarebbero comuni in cui si parla "provenzale", a suo dire! Ora che non avesse letto, proprio sull’"Archivio Glottologico" l'articolo del Morosi, ci pare proprio il colmo38, ma ancor più la cosa ci colpisce per aver così bene ringraziato l'Ascoli di quanto aveva per lui fatto. E’ ben noto infatti che proprio l'emerito studioso italiano sempre nell’"Archivio" aveva per primo delineato chiaramente il dominio franco-provenzale39. Sicchè non vi è davvero di che meravigliarsi se perfino in un raro opuscoletto ciclostilato, compilato proprio in Cerignola nella I L della IV scuola media, anno sc. 1978-79, si accuserà, ad esempio, lo Zingarelli, di aver trattato l'articolo nel dialetto di Cerignola troppo fuggitivamente. Nel corso della loro indagine il docente e gli allievi mostrarono che l'affermazione dello Zingarelli ("al fem. sing. la, il sing. msc. facendo u e il plur. di tutt'e due i generi: i".) era davvero 37 - In una lettera seguente il Merlo dirà con chiarezza allo Zingarelli, ormai cattedratico, essendo la missiva del 25 III 1904; "S'io avessi potuto donarle una copia del mio saggio, non avrei certo attesa la Sua cartolina. ( ... ) E le poche copie di cui ho potuto disporre, son subito sparite, le ho dovute mandare ai miei Maestri (e non a tutti) ed a quanti mi avevano aiutato nella raccolta dei molti materiali" (corsivo nostro). 38 - Cfr. G. MOROSI, Il dialetto franco-provenzale di Faeto e Celle nell'Italia Meridionale, AGI, XII, 1890, pp. 33-75. 39 - Schizzi franco-provenzali, AGI, 111, 1878, pp. 61-120. 45 carentissima. Essi oltre a trattare le forme allomorfe delle precedenti noteranno l'articolo neutro (u + raddoppiamento della consonante iniziale della parola che segue: u ppaena, u ssaele ... ) e che l'articolo femminile plurale è bensì i, ma che a differenza di quello maschile richiede chiaramente il raddoppiamento della consonante iniziale della voce seguente: i ssore ‘le sorelle', i ttàvala etc...'40. NANDO ROMANO 40 - Cfr. Appunti per una morfologia storica del dialetto di C., Giornale della classe IL etc... a cura di Nando Romano, a.s. 1975-79, le notizie tratte sono alle pp. 2 e 3. L'opuscoletto è disponibile presso l'autore. 46