leggi la pagina con la nostra intervista al "leone di ortigia"

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LA SICILIA
DOMENIC A 29 GENNAIO 2006
28.
il PERSONAGGIO
MICHELE NANIA
NOSTRO INVIATO
SIRACUSA. Non è più tempo di eroi, forse. Però ci sono ancora ed è bello ritrovarli. Enzo Maiorca ha settantacinque anni ed è dritto come un fuso. I suoi famosi occhi
azzurri come il mare sono ancora azzurri; oggi hanno
solo un leggero velo: come quando arriva il fortunale e
smuove i fondali. E’ sempre pronto a tuffarsi - tuffarsi
per davvero: maschera e pinne, tutti i giorni che Dio
manda in terra tranne quelli di burrasca - anche nei ricordi di una vita tutt’altro che finita. Forse lui non è un
eroe, non correva in motocicletta né in formula uno,
non contava i miliardi e le femmine, non ha mai fatto
la bella vita. L’eroe di un tempo ha amato una sola donna anzi tre (la moglie e le figlie), ha combattuto e perso mille battaglie, s’è cinto d’alloro e vestito la tunica di
senatore. Ma preferisce ancora la muta subacquea. Ricorda perfettamente date, persone e personaggi. E ricorda bene anche un’intervista che facemmo insieme
del 1995. Perciò insiste: coraggio, diamoci del tu...
Come passi le tue giornate?
«Vado a mare, vado a correre, vado in palestra, mi
prendo cura di mia moglie e dei miei nipoti, scrivo».
Cosa scrivi?
«Scrivo di mare. E’ bello viverlo in prima persona, ma è
bello anche ricordare e raccontare: la mia vita è piena
di mare».
Cosa ti è rimasto
degli anni ruggenIO E IL MARE
ti?
«Sono pieno di
quegli anni. Non
che sia scontento
di questi anni,
tutt’altro. Ma certo, mi manca tanto
la mia piccola Rossana. E’ terribile
che un padre debba chiudere gli occhi alla propria figlia. E’ un omicidio della natura.
Una beffa atroce.
Era una donna sana, non beveva,
non fumava, seguiva una dieta,
correva con me,
veniva sempre in
mare con me. Una volta mi disse, citando Eschilo, “vorrei morire inondata dal sole”. Invece è morta di cancro,
in un letto d’ospedale, soffrendo. E questo m’ha fatto
amare di più il mare, perché sono convinto che il mare le avrebbe concesso una fine senza sofferenze. A me
è capitato di star male in mare e so bene cosa succede:
la sincope è una morte dolcissima, è davvero come addormentarsi dolcemente».
Qual è il tuo rapporto con la morte?
«Non mi fa paura. Ho paura delle malattie, dell’invalidità. Ma della morte no.
Ho paura solo di aver paura».
«E in mare, paura mai?»
«Sempre. Non ho mai sfidato il mare io,
semmai me stesso. Chi non ha paura a
mare non è un uomo saggio».
Ti chiamavano l’uomo pesce...
«Già: me lo ricordo. Poi m’incontravano
di persona e dicevano “ma come, tutto
qui?”. S’aspettavano un armadio di cristiano, invece ero e sono un uomo normale».
Insomma: tanto normale magari no. Il pubblico impazziva per quelle sfide a distanza con Jacques Mayol. Eravate i Bartali e Coppi dell’apnea...
«Primo: non è una questione di fisico. Lo è pure, ma è
anche e soprattutto emotiva, mentale. Secondo: ho ricordi bellissimi di quegli anni e di quelle sfide. I giornali scrivevano che
eravamo nemici
IO E LA POLITICA
per la pelle, ma la
nostra era una
contrapposizione
senza attriti personali. Ci confrontavamo, a volte
pure sul piano dialettico, sui diversi
modi di intendere
il mare: però eravamo accomunati
da questo grande
amore in comune».
Lui ha fatto una
brutta fine...
«Purtroppo.
E’
morto suicida all’Elba il 23 dicembre 2003. Ma non
era un uomo solo,
come qualcuno ha detto. Aveva avuto un brutto colpo,
quando perse un nipote che amava come un figlio. L’aveva perduto veramente: era andato in barca a vela in
Malesia e di lui non si è saputo più nulla. Jacques era un
vero uomo di mare. Oggi noi subacquei non siamo più
gli stessi».
«Siamo»? Ti senti ancora un subacqueo?
«Certo. Con questo tempaccio è da un po’ che non ci vado, e non mi sento bene come quando ci vado. Proprio
in questi giorni ricordavo le parole di un carissimo
amico, Duilio Marcante, un uomo e uno studioso che ha
sperimentato sulla propria pelle, per mettere a punto
quello che poi sarebbe diventato il manuale delle im-
Non l’ho mai sfidato. Chi
non ha paura a mare
non è un uomo saggio
ENZO MAIORCA
due settimane, un mese, tanto al pesce ci penso io. Ci
andammo, mi portai il fucile e in mare c’era di tutto:
lecce, ricciole, cernie. Ma non riuscii a usare quel fucile. Perciò provvedette mia moglie fabbricando una
nassa improvvisata e usando i ricci come esca. Ancora
oggi me lo rinfaccia: “per quindici giorni sono stata io
a sfamare la famiglia”».
Quanto guadagnavi con quei record?
«Niente. Assolutamente niente. Le ditte ci fornivano il
materiale e pagavano le spese, a me non restava nulla.
Te lo ricordi Nuccio Di Dato detto “il nano“? Era il mio
più fedele assistente in mare. Un grandissimo pescatore: io avevo smesso di cacciare ma lui no, e fu col suo
pesce che a volte pagammo alcuni tentativi di primato».
Già, i primati. Quelle discese formidabili. Ti sei fermato a meno centouno..
«Meno centouno, esatto. In assetto variabile. Millenovecentonovanta».
Ma non è quello il limite dell’uomo, vero?
«Non ci credo a questo limite, non ci ho mai creduto.
Questo limite si spostava verso il fondo con il progredire dei nostri record. Ricordo che nel 1960, era il sessanta, stavo preparando un primato a Punta Chiappa, fuori Portofino. Un giorno passeggiavo a Nervi e fui avvicinato da un mio carissimo amico che era stato chiamato da un celebre studioso francese e venne apposta per
avvertirmi: “ti devi fermare - mi disse - ti devi convincere a non scendere oltre i 50 metri, il francese è convinto che Maiorca
a quella quota im- IO E SIRACUSA
ploderà”».
Invece...
«Invece sono qua.
E il limite continua a scendere.
Siamo intorno ai
120 metri credo.
Conosci i nuovi
campioni dell’apnea?
«Alcuni li ho conosciuti. Andrea Pelizzari lo conosco
più come uomo
che come subacqueo, mi sembra
un bravo figliolo».
Poi c’è stata anche un’importante parentesi
politica.
«Oggi la politica mi dà fastidio. Ho sempre votato per la
destra, ma in questa destra non mi riconosco più. Non
mi va che la destra partecipi o collabori con Bossi a separare, disgregare l’unità d’Italia. Più d’una volta mi sono ritrovato a votare contro il mio stesso partito. Sono
entrato in Senato con le lacrime agli occhi, pensavo
“chissà cosa direbbe mio padre se mi vedesse senatore”. Ma oggi sono molto deluso. Non si può andare d’accordo con un ministro che un giorno a
Venezia, a una signora che esibiva il tricolore sul balcone, ebbe a dire: “Signora, tolga quella bandiera e la butti nel
cesso”. Non lo tollero e non l’accetto. Se
è un compromesso è un compromesso
che non mi piace e non accetto».
Chi era quel ministro?
«Bossi. Umberto Bossi. Nome e cognome».
Sei diventato di sinistra?
«Non credo. Ma è sicuro che non voterò
per questa destra».
Lei ama ancora tanto Siracusa...
«Siracusa è commovente, si rifiuta per troppo affetto di
considerarmi una eccezione: io sono un siracusano tra
i siracusani. Durante la tragedia di Rossana ho sentito
sul serio la città stretta intorno a Maria e me. Una ventina di giorni fa, per l’anniversario, una signora alla fine della funzione
si avvicinò: “Pos- IO E ME STESSO
so dire a voi, papà
e mamma, che voi
non sarete mai soli: voi siete in tutte
le famiglie di Siracusa”. Se ci penso
mi vengono i brividi».
Nessun rimpianto?
«Neanche uno».
Hai smesso di
sognare?
«No, un sogno ce
l’ho sempre. Rifare il viaggio di
Ulisse, a vela e remi, da Tenedo a
Itaca. Senza bussole, telefoni e
gps, con una barca
costruita secondo l’epoca. Sono certo che Ulisse è veramente esistito».
Penelope resta a casa?
«Penelope resta a casa. Ma tanto torno presto. Non
penso d’incontrare Circe nè sirene».
Dicevi che in fondo al mare cercavi Dio. L’hai trovato?»
«Non ho smesso di andare in mare, non ho smesso di
cercare. Sul frontone del tempio di Apollo a Delfi c’è la
scritta “Gnoti sauton”, "conosci te stesso". E "conosci
te stesso" vuole appunto dire: riconosci in primo luogo quello che sei, e cioè un uomo, per cui un abisso ti
separa dal divino. Sto imparando a conoscermi adesso».
Sono siracusano tra i
siracusani: questa è
una città commovente
Il leone d’Ortigia racconta
«La mia vita sopra e sotto»
mersioni. Il desiderio di Duilio era che gli uomini andassero in mare tornando sempre sulla terraferma, in
tutta sicurezza. Per Duilio i subacquei erano “quella
genìa di persone appartenenti alla tribù delle rocce, di
pelle scura però dal cuore candido”. Questo diceva
Marcante negli anni Cinquanta».
Marcante non è l’inventore della manovra di decompressione?
«Lui l’ha messa a punto insieme con Odaglia. Veramente a inventarla sono stati i piloti degli Stukas tedeschi,
che erano costretti ad affrontare sbalzi di pressione lan-
ciandosi a quote basse per sganciare le loro bombe. Poi
però Mercante e Odaglia l’hanno perfezionata».
Prima di diventare un apneista puro eri un cacciatore
subacqueo. Ricordo che smettesti quando infilando la
mano in una tana per tirar fuori una cernia colpita, hai
sentito il suo cuore che batteva...
«Vero. Era il settembre 1967. Da quel giorno non ho mai
più cacciato. Pensa, un giorno, era il 1977, eravamo a luglio, un caldo bestiale, scirocco, io e mia moglie e le
bambine non sapevamo cosa fare. Allora dissi a Maria
andiamo a Linosa, prendiamo una casetta e stiamo lì
CON LE FIGLIE
Ho sempre votato a
destra ma ora non più.
Non mi riconosco più
Cercavo Dio in fondo al
mare e non ho smesso:
lo sto ancora cercando
Rossana, Patrizia e la delfina salvata nelle acque del Plemmirio
Il rapporto di Enzo Maiorca con la famiglia è sempre
stato al centro della sua intensissima vita.
Incoraggiato e spesso seguito nelle sue imprese sia
dalla moglie Maria che dalle figlie Rossana e Patrizia
(con lui nella foto) Enzo ricorda le immersioni nel
Plemmirio, a Capo Murro di Porco: «Le più belle della
mia vita - racconta - senza primati e senza pubblico:
io, il mare e le mie bambine. Una volta fummo
circondati da un branco di globicefali che ci
danzarono intorno per tutto il tempo. Un’altra volta
salvammo da una spadara un delfino che poi si rivelò
una delfina: stava per morire soffocata, la portammo
a braccia fino alla superfice per farla respirare. Si
riprese quasi subito, e partorì un piccolo delfino».
«Enzo - racconta la moglie - mi piace com’è: lui è il
mare che entra negli scogli d’inverno e che d’estate
si trasforma in sale, con tutto il candore e il sapore
che può dare»