sentire la musica con gli occhi e con le mani

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sentire la musica con gli occhi e con le mani
ACCADEMIA ALIPRANDI
17 febbario 2013 – Sessione culturale
Tiziana Trapani:
Il titolo del mio intervento potrebbe sembrare una contraddizione in termini,
perché sebbene siamo abituati ad associare il verbo sentire al senso del tatto, lo
stesso non si può dire per quello della vista, specialmente quando il complemento
oggetto è la parola musica.
Si può sentire qualcosa con le mani, il calore, il freddo, ma anche
un'emozione, invece ci riesce un po' più complicato pensare a qualcosa che possa
essere sentito con gli occhi.
Quando si parla di musica l'associazione immediata che si fa è ovviamente
con le orecchie, ma come sappiamo benissimo ci sono delle persone che, a causa
di menomazioni fisiche, più o meno gravi, non possono utilizzare questo canale e
quindi vengono private del piacere di fare un'esperienza musicale di qualsiasi tipo.
Prima di addentrarmi nei particolari e spiegarvi cosa c'è dietro a “Note
vibranti”, cos'è e come si può sentire la musica con gli occhi e con le mani, vorrei
affrontare la questione della sordità basandomi su un articolo scritto a quattro
mani da Rossella D'Arcangelo e da me per il giornalino dell'associazione onA.I.R.,
che si chiama “Riparliamone”, presente sul nostro sito.
Parlare
di
sordità,
per
una
persona
audiometricamente
sana,
è
doppiamente difficile: da un lato c'è la difficoltà di confrontarsi con una
problematica che non si vive in prima persona e di cui si possono solo immaginare
gli effetti, non si saprà mai fino in fondo come davvero ci si sente; dall'altra parte
c'è la complicazione derivante dall'ipocrisia delle convenzioni sociali che
impongono un atteggiamento politically correct, anti-emarginazione, ma che di
fatto a volte svela un effetto diametralmente opposto. Ecco quindi apparire, negli
ultimi anni, termini come sordomuto, sordastro, audioleso, non udente e il più
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moderno ipoacusico; tutti termini corretti da un punto di vista formale ma che
hanno una connotazione negativa evidente, è come se si volesse catalogare una
persona per ciò che non è e non per ciò che è.
Il termine sordo invece non ha questa connotazione negativa. Così come
chi è affetto da strabismo, ad esempio, è strabico, chi è affetto da daltonismo è
daltonico, chi è affetto da sordità semplicemente è sordo, senza che si debba per
forza cercare un'etichetta dietro cui mascherarsi.
Quello che accade quando si entra a contatto con la diversità, intesa nel
senso più largo possibile del termine, è che ci si nasconde dietro a dei luoghi
comuni, dietro a delle credenze popolari, che fanno parte dell'ignoranza, intesa
come non conoscenza di un determinato problema.
Ad esempio un luogo comune molto diffuso è che i sordi siano anche muti.
Questo non è vero, perché la facoltà linguistica dei sordi, la loro capacità di
emettere dei suoni, è intatta. Quella che viene a mancare è la facoltà di
linguaggio, cioè la mancanza di un feedback uditivo impedisce loro di acquisire il
linguaggio parlato in maniera naturale. Fisicamente sono in grado di parlare, a
meno che non ci siano altre problematiche o patologie.
La sordità ha, come prima importante conseguenza, la riduzione della
capacità di un individuo di rapportarsi con l'ambiente sociale circostante e, per
questo
motivo,
rientra
appieno
nella
definizione
di
disabilità
data
dall'Organizzazione mondiale della sanità che ha elaborato l’AICS, una
classificazione che analizza la disabilità in generale come un'esperienza umana,
che tutti quanti possiamo sperimentare a un certo punto della nostra vita.
Infatti l’AICS considera la disabilità non solo una disfunzione medica e
biologica, quindi dipendente da fattori organici, ma anche come una condizione
sociale, legata quindi a dei fattori ambientali e personali.
A livello europeo ovviamente gli sforzi delle istituzioni sono tesi alla
realizzazione di una società che sia pienamente accessibile a tutti. Nel 2010 la
Commissione europea ha comunicato ai principali organi istituzionali degli Stati
membri una strategia volta proprio a rafforzare l'integrazione e la partecipazione
delle persone disabili alla società, attraverso l'attuazione effettiva della
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Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che è stata
approvata il 13 dicembre 2006 e che, all'articolo 3, tra i principi generali, enuncia
queste cose.
Non mi soffermo su tutte, quella che voglio approfondire è la questione
dell'accessibilità, quella per cui oggi siamo qui.
Partiamo dalla base, dal significato della parola accessibilità: ho utilizzato
un dizionario on-line, quello della Treccani, e il termine accessibilità significa
“essere accessibile, possibilità di facile accesso”, cosa che ci rimanda al senso
astratto della parola accesso, che indica: “Ammissione a luoghi, ambienti e
condizioni, possibilità di partecipare a qualche cosa”.
Uno dei diritti fondamentali delle persone con disabilità, riconosciuto anche
a livello europeo, è quello di avere non solo la possibilità di accedere fisicamente a
luoghi e ambienti, ma alla totalità degli eventi organizzati dalla comunità in cui si
vive.
Questo spesso comporta un gran dispendio di mezzi, risorse ed energie,
specialmente perché finora sia gli spazi che gli eventi sono stati concepiti per
persone che non hanno disabilità e quindi devono essere adeguati.
Dall'indagine sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari, che è
un'indagine campionaria, quinquennale, svolta periodicamente dall'Istat, si
distinguono quattro tipi diversi di disabilità, a seconda che vengano compromesse
le facoltà di muoversi, le facoltà di compiere delle azioni quotidiane, come
mangiare e vestirsi da soli, oppure le difficoltà a sentire, vedere e parlare, quindi
disabilità sensoriali, in cui rientra la sordità. Questo ovviamente vuol dire che, a
seconda del tipo disabilità, il significato specifico di accessibilità cambia perché
cambiano gli aspetti della vita quotidiana che vengono preclusi.
Per una persona sorda la difficoltà maggiore ovviamente è scontrarsi con le
barriere quotidiane che impediscono la comunicazione. Andiamo dall'insufficienza
dei servizi offerti dal mezzo ludico informativo più diffuso, che è la televisione –
perché non vengono sottotitolati tutti i programmi e tutti i canali e quindi non si può
accedere alla totalità della programmazione – fino ad arrivare alle difficoltà
all'interno dei luoghi pubblici.
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Vorrei fare una piccola parentesi sulla differenziazione prettamente
culturale tra sordi segnanti e sordi oralisti. I soldi segnanti sono quelli che hanno
perso l'udito in età linguale o perilinguale, che hanno come lingua materna la
lingua dei segni e si considerano membri della comunità dei sordi, mentre i sordi
oralisti hanno perso l'udito dopo l'età evolutiva, praticano la LIS come seconda
lingua oppure non la conoscono affatto e si reputano membri della comunità degli
udenti, quindi vivono la sordità come un vero e proprio handicap. Questo per dire
che anche all'interno del mondo della sordità ci sono esigenze specifiche diverse.
Quello che accomuna tutti, però, è trovarsi nella medesima condizione, di non
avere pieno accesso alla vita sociale.
Questo facilita l'isolamento dell'individuo, che è posto di fronte al continuo
giudizio e all'accettazione da parte di un mondo fatto di individui tra loro estranei.
Ecco perché bisogna sfruttare il potenziale della multimedialità per favorire
l'integrazione sociale di tutte quelle persone che partono con uno svantaggio
iniziale, rappresentato dal loro deficit auditivo, fisico.
Chris Bradford, in un libro del 2009 che si intitola “Il giovane samurai e la
via della spada”, scrive: “Disabilità non significa inabilità, significa semplicemente
adattabilità”. Se pensiamo ad esempio al mondo dello sport, questo ci appare
immediatamente vero, perché ci sono molti sportivi che si sono adattati alla loro
disabilità, riuscendo a fare lo sport che amano. È proprio dal principio “impossible
is nothing” che On.A.I.R., Associazione internazionale di respeaking, è partita nel
tentare di realizzare qualcosa che sembra assurdo, cioè far sentire la musica ai
sordi. Da qui parte il progetto “Note vibranti”.
La musica è una forma di comunicazione particolare, non è tanto un
linguaggio universale quanto un mezzo per trasmettere idee, stati d'animo,
emozioni, bypassando i tradizionali canali di espressione umana, in particolare
quello verbale e quello corporeo.
La musica si dimostra come il mezzo di incontro più equo e democratico
che l'uomo possieda. Ci siamo chiesti allora perché i sordi non possono accedere
a questo mezzo di comunicazione così efficace. Semplicemente perché le loro
orecchie sono, per così dire, rotte?
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Un concerto è una delle più alte espressioni della comunicazione
multimodale, perché è composto di tanti elementi: la compresenza di musica e di
testo permette di superare le differenze culturali, geografiche, linguistiche e di
raggiungere il cuore di chiunque.
Tuttavia questo, d'altro canto, rende molto difficile garantirne l'accessibilità,
specialmente per questo tipo di disabilità. Questo spiega perché l'unica tradizione
ben radicata in materia sia quella dei sovratitoli preregistrati, specialmente per
quanto riguarda l'opera lirica.
Non l'abbiamo inventato noi, l'idea della sottotitolazione di un concerto o di
rendere accessibile un concerto a persone sorde è “vecchia”. Negli ultimi anni ci
sono stati dei tentativi in tal senso, che sono andati dalla traduzione della musica
live in stimoli sensoriali, composti da movimenti, vibrazioni e soffi di aria, fino alla
traduzione del suono in colori, per arrivare al primo rave party per sordi.
Tutti questi tentativi però non hanno ancora spianato la strada ad una
soluzione unica e condivisa, anche a causa della forte opposizione della
traduzione visuale.
Il progetto che abbiamo portato avanti con On.A.I.R. ha cercato di superare
questi impedimenti, sviluppando un approccio multimodale alla traduzione dei
concerti, che fornisca un maggior numero di strumenti utili alla comprensione a
coloro che non possono accedervi in maniera completa, a causa delle loro
restrizioni sensoriali.
È nato tutto per caso, come spesso accade quando si fa qualcosa di
rivoluzionario. Io avevo deciso di passare le mie vacanze natalizie a Trapani
perché vi risiedono dei miei parenti e alcuni miei amici, una di queste mie amiche,
Giovanna Piacentino, si è laureata qualche mese fa al Conservatorio e ha formato,
con tre suoi colleghi, un gruppo che ha la particolarità di suonare musica
irlandese.
Un'altra particolarità è che la cantante canta in gaelico irlandese e gaelico
scozzese. L'effetto finale è molto suggestivo. Io avevo avuto modo di ascoltarli
quest'estate e sono rimasta colpita. Ho approfittato dunque dell'occasione e mi
sono chiesta perché non organizzare un concerto accessibile.
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Ho chiesto le varie disponibilità, da parte di On.A.I.R. ho trovato Francesca
e Carlo che si sono prestati molto volentieri a questa sperimentazione e abbiamo
deciso, con loro, di rendere tutte le varie parti di un concerto, che è fatto di
interazione con il pubblico, di musica e di brani cantati, quindi anche di parole,
attraverso il respeaking e il live editing per quanto riguarda tutte le parti in diretta,
parlate e la sottotitolazione in pre-registrato per quanto riguarda i testi delle
canzoni. A questo abbiamo aggiunto anche l’interpretazione in LIS, per quella
differenziazione di cui dicevo prima, per garantire a tutti di poter fruire del concerto
nella maniera preferita.
L’interpretazione in LIS è avvenuta sia per le parti in diretta sia con
un’interpretazione artistica dei testi delle canzoni.
Poi abbiamo consegnato dei palloncini, che essendo pieni di aria
trasmettono le onde sonore, toccandoli si può avere la sensazione della musica
sulle proprie mani. È stato bello anche per gli udenti. La sala era composta per
metà da persone sorde e per metà da udenti ed è stato bello per tutti. È stato
soddisfacente anche per noi vedere persone che entravano un po' diffidenti e
uscivano con un bel sorriso.
Questo è un bambino sordo, che all'inizio era molto irrequieto perché non
aveva capito. Essendo piccolo non credo potesse seguire i sottotitoli. Sicuramente
avrà avuto difficoltà nel leggere. Non riusciva neanche a seguire l'interpretazione
in LIS, perché probabilmente non è segnante, e quando la sorella gli ha spiegato
come doveva usare il palloncino, come doveva mettere le mani, si è illuminato
perché è riuscito a sentire le vibrazioni della musica. Ha preso il palloncino, l'ha
appoggiato all'orecchio e in pratica ha sentito il concerto così, con le vibrazioni del
palloncino che gli arrivavano direttamente nell'orecchio.
C'erano anche alcuni brani strumentali e su questi sono stati preparati dei
video tematici, perché non si poteva fare una interpretazione artistica in LIS dei
brani strumentali e non si potevano sottotitolare. Sono stati preparati dei video di
accompagnamento.
Vi mostro il respeaking.
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Proiezione video
La cantante prima di ogni brano spiegava di cosa parlava la canzone.
Una cosa che volevamo introdurre, ma non abbiamo potuto fare per
mancanza di tempo, è la trasformazione dei suoni in colori. Contiamo, per il
prossimo concerto, di avere più tempo per organizzarlo e quindi completare la
serata anche con questo.
Vi faccio vedere ora un esempio di cromo-concerto, un'esecuzione di
pianoforte particolare in cui alle spalle del pianista c'è uno schermo, fatto a
semicerchio, con un diametro di 5 metro. Su questo schermo vengono proiettate
delle immagini corrispondenti alle note. Spiegarlo è più difficile che vederlo, nello
specifico questo è il cromo-concerto che stato prodotto e realizzato dalla
Metavisioni S.r.l. di Pier Paolo Venier, con cui noi collaboriamo.
Proiezione video
Io sono molto orgogliosa dell'esperienza, perché per il tempo che abbiamo
avuto a disposizione per organizzarlo, per i mezzi che abbiamo avuto, devo dire
che è riuscito alla grande.
Tra l'altro è stato possibile fare questo concerto anche grazie al contributo
dello Studio ACTA di Luigi Zambelli, che crede sempre molto in tutto quello che
facciamo e questo ci dà una grande forza, perché l'entusiasmo è tanto ma tutti i
giorni ci scontriamo con moltissime difficoltà nel portare avanti i nostri progetti.
Nel nostro piccolo vogliamo dare un contributo per migliorare la società in
cui viviamo, anche se può suonare un po' arrogante. È anche vero però che i
cambiamenti maggiori partono dai focolai piccoli.
Grazie.
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