IV AVVENTO_Non temere_Mt 1 18-24

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IV AVVENTO_Non temere_Mt 1 18-24
Vicenza 13 dicembre 2016
IV AVVENTO – ANNO A
Is 7,10-14; Sal 24; Rm 1,1-7; Mt 1,18-24
Generare Dio
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero
a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e
non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse:
«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è
generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti
salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa
“Dio con noi”.
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua
sposa.
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Contesto. V. 18. Così fu generato Gesù Cristo. Il racconto della nascita di Gesù è strettamente
collegato alla genealogia precedente. Anzi, il nostro racconto sembra quasi un commento al v. 16, dove si
nomina Giuseppe, sposo di Maria, dalla quale fu generato Gesù.
È importante notare come questi racconti dell’infanzia di Gesù non abbiano in prima istanza l’intento di
dare un resoconto di come sono andati i fatti, lo scopo non è storiografico; il loro interesse è quello di
anticipare il compito di Gesù, esplicitare la portata salvifica della sua missione, il suo vero essere, anche alla
luce del messaggio profetico.
Sappiamo inoltre che i racconti legati alla nascita di Gesù non fanno parte del Kerigma primitivo, del primo
annuncio cristiano: si sono imposti in un secondo momento all’attenzione della comunità cristiana. Il loro
intento non è in primo luogo narrativo o per soddisfare curiosità, ma prima di tutto teologico (Gesù viene
da Dio) e apologetico (Gesù è della casa di Davide).
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V. 19. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto… in che cosa consiste la giustizia di Giuseppe?
Forse giusto perché fedele alla legge, e dunque consapevole di non poter andare a vivere con una donna
sospettata di adulterio; oppure giusto perché, non avendo prove della infedeltà di Maria, non la vuole
esporre alla condanna con una denuncia pubblica. Ma Giuseppe è giusto soprattutto perché constata una
presenza di Dio, una economia superiore, che forse non sa capire del tutto, e di fronte ad essa si ritira,
senza pretese. Non si tratta più di una giustizia intesa in senso etico-legale. Nel Vangelo di Matteo “giusto”
è colui che accetta il piano di Dio anche là dove esso sconcerta il proprio. A ben guardare l’oggetto centrale
dell’annuncio dell’angelo a Giuseppe non è tanto la concezione verginale di Maria di cui egli doveva magari
convincersi, quanto piuttosto fargli conoscere il compito che lo attende, quello di imporre il nome al
bambino e assumerne la paternità legale.
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V. 20. …“mentre stava considerando queste cose”… Giuseppe, uomo di fede, medita nel suo cuore
quanto gli sta accadendo, dimora in una situazione di silenzio che è spazio per il lavoro interiore e la
preghiera, spazio per il dominio di sé e il discernimento nella fede. Dare spazio all’interiore, per riscoprire,
dentro se stessi, un di più, un sogno, un angelo, un amore immeritato, vita da altrove, presenza di Dio…
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V. 21. … “ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù”… Il bambino che nascerà sarà chiamato
con un nome che indica la sua totale appartenenza a Dio e al contempo la sua missione: Jeshu’a, Il
Signore salva. Sì, siamo chiamati a generare Dio. Il discernimento della fede ci porta a questo:
comprendere, nell’insensatezza degli eventi, nelle pieghe più fitte della nostra vita, che siamo amati e
attesi. Siamo suoi…
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V. 22. Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del
profeta. La citazione di un singolo versetto dell’Antico Testamento era l’invito a leggere tutto il passo a cui
il versetto appartiene. Is 7,14 fa senz’altro riferimento alla nascita verginale e alla imposizione del nome,
ma anche al contesto più ampio del capitolo 7 di Isaia, dove il segno del bimbo sarà la risposta della fedeltà
di Dio alla mancanza di fede della casa di Davide. Gesù è segno della fedeltà e allo stesso tempo del
giudizio di Dio sulla infedeltà degli uomini.
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V. 23. “Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele»,
che significa “Dio con noi”. Avviene qui una purificazione del progetto messianico del figlio di Davide.
L’evangelista Matteo non nega, anzi conferma la discendenza davidica di Gesù, ma allo stesso tempo la
supera.
Per giungere a generare Dio dobbiamo prima diventare vergini. Il segno va letto nella dinamica della fede.
Noi siamo chiamati a diventare vergini. Sì, la verginità non riguarda solo Maria o Giuseppe, ma anche noi
chiamati ad accogliere quanto viene dallo Spirito Santo. Per generare. Anche Giuseppe è stato coinvolto
nella verginità di Maria, rendendo vergine il suo amore per lei. Si è spossessato della promessa sposa
affinché la loro relazione consegnata a Dio divenisse il luogo di una nascita dall’alto. Siamo chiamati a
divenire vergini in uno svuotamento del cuore che possa divenire spazio ospitale per Dio. Perché verginità
non è sterilità, essa giunge a compimento solo nella maternità. È ciò che esprime la preghiera di colletta:
concedi anche a noi di accoglierlo (il Verbo della vita) e generarlo nello spirito con l’ascolto della tua parola.
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È tutta qui la straordinaria dinamica della vita dello Spirito: il concepimento di Dio in noi è il
massimo che l’uomo possa conseguire. Esso però non è opera sua, ma libero dono della grazia di Dio.
L’uomo può prepararvisi soltanto in silenzio e abbandono. Possiamo davvero rileggere il mistero del Natale
nel nostro presente, secondo lo Spirito.