Mamma, posso entrare al ristorante?
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Mamma, posso entrare al ristorante?
Codice cliente: 8727381 CRONACHE Corriere della Sera Giovedì 21 Gennaio 2016 31 # di Michela Proietti Dentro o fuori Un gruppo di bambini davanti a una vetrina nel 1945 (foto Corbis). Sono molti i locali che preferiscono una clientela di soli adulti N el triste elenco delle segregazioni, per fortuna, non passerà alla storia quella decretata da un ristoratore romano, che ha vietato l’ingresso ai bambini nel suo locale. Ma il diktat della trattoria di Casal Bertone lascia il dubbio di essere nel mezzo di un cambio di genere: da Paese caciarone del «mamma-la-mia-canzonepiù-bella-sei-tu», forse ci stiamo trasformando in un’oasi bonificata kinder verboten? Per il proprietario del ristorante, la ragione del gesto è pratica: «A causa di episodi Il caso A Roma, nel quartiere di Casalbertone, il titolare del ristorante «La fraschetta del pesce» ha esposto un cartello che sconsiglia l’ingresso alle famiglie con figli piccoli Nel cartello è scritto che «a causa di episodi spiacevoli dovuti alla mancanza di educazione, non è gradita la presenza di bambini minori di anni 5, nonché l’ingresso di passeggini e/o seggiolini per motivi di spazio» Il Moige, Movimento italiano genitori, lo ha denunciato per mancato rispetto delle norme sulla ristorazione Mamma, posso entrare al ristorante? spiacevoli dovuti alla mancanza di educazione, in questo locale non è gradita la presenza di bambini minori di anni 5». Asciutto e un po’ burocratico, l’annuncio già divide. Il partito dichiarato dei no kids, approva la decisione, pensando a quanta pace si guadagnerebbe senza gli acuti del bambino del tavolo a fianco. Invece il Moige, il movimento italiano genitori, ha definito «raccapricciante il cartello razzista verso i minori. Il fatto che succeda a Roma, nell’anno giubilare che vede arrivare migliaia di famiglie da tutto il mondo, rappresenta un’ennesima figuraccia». Tra i due fronti, c’è una «twilight zone» di persone tolleranti, esperte in sorrisi di convenienza e risolini forzati a ogni atto vandalico compiuto dai nostri figli a tavola. Ma che ne farebbero volentieri a meno. I dink (double income, no kids), coppie con doppio stipendio e nessun bambino, sono la fetta di clientela emergente da assecondare: disposti a spendere quel che basta per un hotel di lusso o un ristorante stellato, rivendicano la loro area protetta, stanchi di menu dove occhieggiano milanesine e nuggets di pollo. Proprio un anno fa la pizzeria gourmet Sirani di Bagnolo Mella, a Brescia, ha preso una posizione netta: niente bambini dopo le 21. La fama da Erode, per un po’ di tempo, ha superato quella di chef: ma Nerio Beghi, premiato nella top ten 2014 del Gambero Rosso, ha mantenuto il punto. «Ricordo una sera, saranno state le undici e mezza — ha Il derby tra locali e alberghi La trattoria che vieta l’ingresso a chi ha figli sotto i cinque anni e l’hotel solo per famiglie con prole spiegato —: un bambino strillava disperato, mentre i genitori continuavano le chiacchiere e muovevano un po’ la carrozzina. È impensabile portare un bambino fuori a quell’ora!». Su Tripadvisor, alle recensioni sugli impasti, si sono aggiunti, dopo l’episodio, anche commenti sul fat- to: «Se non volevano bambini dovevano aprire una gioielleria». Il foodporn, che ha trasformato il vecchio ristoro in un tempio dove assaporare cibo in silenzio, ha dato una spallata al partito dei bimbi. Proprio un anno fa lo chef molecolare Grant Achatz, dichiarava urbi et orbi, con un tweet, quanto fosse stato infastidito dalla presenza di un bambino urlante nel suo ristorante di Chicago «Alinea». Il fronte degli intolleranti è nutrito e imprevedibile: non solo una psicologa solitaria come Katia Kermoal ha dato alle stampe il libro intitolato «L’enfantasme», Il cartello Il manifesto esposto nel ristorante «La fraschetta del pesce», a Roma, che invita a non entrare con bambini La scoperta Oltre 22 milioni di cifre allineate Ecco il più lungo dei numeri primi Oltre 22 milioni di cifre. È il nuovo numero primo più lungo al mondo: divisibile solo per se stesso e per 1, è composto da ben 5 milioni di numeri in più rispetto al suo predecessore, del 2013. Indicato per «comodità» con la sigla M74207281, può essere calcolato moltiplicando il numero 2 per se stesso per 74.207.281 volte, e sottraendo poi 1 al risultato. A scoprirlo è stato Curtis Cooper, matematico dell’Università del Missouri, noto in tutto il mondo per aver scoperto altri tre numeri primi nel 2005, 2006 e 2013. Tutti risultati ottenuti grazie al progetto Gimps (Great Internet Mersenne Prime Search), che da 20 anni collega fra loro migliaia di pc nel mondo messi a disposizione dagli utenti per partecipare alla ricerca di nuovi numeri primi, fondamentali nella vita di tutti i giorni, perché sono le chiavi che permettono di cifrare le nostre connessioni ogni volta che usiamo bancomat, password o web. «Più questi numeri primi sono grandi, più le chiavi sono sicure e difficili da decriptare», dice Roberto Natalini, direttore dell’Istituto per le applicazioni del calcolo del Cnr. © RIPRODUZIONE RISERVATA sul bambino (degli altri) molesto, ma anche i detentori di prole ammettono la preferenza per il mondo adulto. «Amo mio marito più dei miei figli», ha scritto Ayelet Waldman, moglie dello scrittore Michael Chabon, nel pamphlet «Bad Mother». Eppure proprio in Italia, in Val Gardena, nel 2005 è partito un progetto che va nella direzione opposta: Ralph Riffeser ha deciso di trasformare il suo family-resort di Ortisei, il «Cavallino bianco», in un hotel aperto solo a famiglie con bambini. «Fino al 2002 avevamo anche coppie senza figli — racconta —. Poi ho capito che non potevo far pagare a questi clienti una cifra importante in cambio di pappe e schiamazzi. Così, anziché chiudere ai bambini, ho pensato di tenere fuori gli adulti». La formula oggi è collaudatissima: trovare posto al Cavallino bianco, in alta stagione, è impossibile. Delle 132 persone dello staff, 20 ragazze si occupano solo del Lino’s Club, il miniclub: i bambini ammessi vanno da un mese di vita a 16 anni. «I genitori non si sentono in imbarazzo se il figlio fa i capricci a tavola, nessuno li guarda male», spiega Riffeser. Anche in Sardegna, al Forte Village di Santa Margherita di Pula, si è investito sui piccoli: lo scorso anno, tra le dune di sabbia e i bungalow a 5 stelle, è stato inaugurato il Mario’s Village, paese in miniatura aperto ai piccoli ospiti, ispirato al villaggio lillipuziano de «I Viaggi di Gulliver». «Ma il vero business sarebbe aprire in città un ristorante solo per i bambini — suggerisce Riffeser —. Nessuno ha questa audacia e si annacqua il sushibar con il baby sitting. Chi avrà coraggio, sarà premiato». © RIPRODUZIONE RISERVATA L’iniziativa Imparare musica, logica o calcoli Un videogioco tra i libri di scuola di Federico Cella C ostruire una piramide o un tempio greco insieme ai propri compagni di classe, imparare le basi della logica, della musica o dell’ingegneria, fino ad arrivare a compilare i primi codici informatici. Tutto questo viene reso possibile attraverso un videogioco, il medium per eccellenza dei ragazzi, che può portare la scuola a parlare un linguaggio sempre più vicino a quello dei suoi studenti. È questa l’idea di Microsoft che ha annunciato che dalla prossima estate inizierà a distribuire nelle scuole di tutto il mondo la Education Edition di Minecraft, quello strano gioco «pixeloso» che tra i più giovani riscuote un successo senza precedenti. L’impegno del colosso di Redmond nel settore educativo non è una novità, è uno dei punti su cui il ceo Satya Nadella spinge con maggior impegno nel nuovo corso che ha dato all’azienda. E proprio il gioco acquistato nel 2014 per la bella cifra di 2,5 miliardi di dollari sarebbe, nelle intenzioni, la chiave di volta nel processo di digitalizzazione dei programmi scolastici. Un tema molto importante per il nostro Paese e che ha visto all’inizio dello scorso dicembre il ministero dell’Istruzione siglare proprio con Microsoft un protocollo d’intesa che va a inserirsi e a dialogare con il Piano nazionale per la scuola digitale. In occasione dell’Edu Day di Roma, i responsabili italiani della divisione Education dell’azienda avevano già illustrato le possibilità offerte da Minecraft (nella foto qui sopra) sul piano formativo. Il titolo sviluppato dalla svedese Mojang che ha visto la luce nel 2009 conta 71 milioni di copie vendute ed è di fatto il gioco per computer più diffuso al mondo. Negli anni ha dato vita a una comunità di oltre 100 milioni di gamers, tra i quali la fascia dei giovanissimi, 9-15 anni, è la più attiva. Tanti piccoli «programmatori» che sono capaci di creare e condividere migliaia di progetti realizzati con mattoncini fatti di grandi pixel, in un mondo digitale aperto che lascia spazio a ogni tipo di creatività. Minecraft è il Lego dei Millennials, di quella generazione nata con la Rete: su YouTube ogni minuto vengono caricate circa 300 ore di filmati dedicati a Minecraft, che dopo «music» è la parola più cercata sul portale. Ecco perché Microsoft pensa che il videogioco possa essere il mezzo ideale per rivitalizzare in un colpo solo programmi scolastici e partecipazione degli studenti. Proprio per la versatilità estrema, Minecraft è già utilizzato in 7 mila classi scolastiche di oltre 40 Paesi, una prima sperimentazione che dalla prossima estate diventerà progetto globale. Il software verrà distribuito in una versione gratuita per i primi 12 mesi, accompagnato dai cosiddetti Minecraft mentor, esperti che guideranno docenti e studenti lungo una delle nuove strade della scuola digitale. @VitaDigitale © RIPRODUZIONE RISERVATA