emmeciquadro - CNR Area della Ricerca di Bologna
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Per la quinta volta l’Area della Ricerca di Bologna si presenta alla città con PORTE APERTE, un evento che quest’anno assume un significato particolare, inscrivendosi nel quadro delle manifestazioni che un po’ ovunque si stanno organizzando in occasione dell’ Anno Mondiale della Fisica. Senza la pretesa di competere con iniziative culturali di più ampio respiro, e senza intenti puramente celebrativi, si vuole presentare le attività di ricerca in corso, accompagnandole a una riflessione sulla svolta che esattamente cento anni fa ha segnato non solo la fisica, ma tutta la scienza, e quindi la nostra visione del mondo. Il 1905 è stato definito l’ annus mirabilis della fisica, per una serie di articoli pubblicati in quell’anno dal giovane Einstein. Questi lavori hanno dato inizio a un nuovo corso della storia della scienza: una rivoluzione concettuale che si è dimostrata estremamente feconda anche sotto il profilo delle applicazioni tecnologiche e nella cui scia siamo tuttora immersi. Quando gran parte della comunità scientifica ancora dubitava dell’esistenza degli atomi, veniva da Einstein una straordinaria lezione di coerenza e fantasia, una sfida intellettuale alimentata dalla curiosità di capire come funziona la natura, alla ricerca di un unico quadro concettuale che si estenda dal mondo subatomico all’intero cosmo. La comunità scientifica di oggi, riconoscendosi idealmente in questa sfida, si sente impegnata a diffondere nel pubblico il significato e le implicazioni della svolta einsteiniana. Area della Ricerca di Bologna Benvenuti quindi a Cento anni fa, nel 1905, un giovane e sconosciuto fisico ventiseienne, che per guadagnarsi da vivere lavorava allÚfficio Brevetti di Berna, pubblicò cinque lavori che lo consacrarono come uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi. Da allora il mondo non è più stato lo stesso. Il giovane Einstein reinterpretò il funzionamento profondo della natura utilizzando unicamente il suo strumento più prezioso: un'infinita immaginazione. Tre dei cinque leggendari articoli del 1905 gettarono le basi per altrettanti campi fondamentali per la fisica moderna: la Teoria dei quanti, Teoria del moto browniano e la Teoria della Relatività,. Per trovare un altro periodo altrettanto produttivo da parte di un unico scienziato bisogna risalire al 1665, quando il ventitreenne Isaac Newton, bloccato in casa dalla peste, concepì il calcolo infinitesimale, la legge di gravitazione e la teoria dei colori. Einstein intitolò il primo dei cinque lavori Su un punto di vista euristico relativo alla produzione e alla trasformazione della luce. Egli stesso lo definì “molto rivoluzionario” perché contraddiceva l'idea, dominante da due secoli e confermata sperimentalmente, che la luce fosse costituita da onde. Einstein nel suo lavoro estese il concetto dei quanti di Planck (1900) per spiegare l'effetto fotoelettrico, cioè il fenomeno per cui un materiale, ad esempio metallo, se esposto alla luce, emette elettroni. Suggerì che la luce viaggiasse sotto forma di particelle di energia E=h dove h è la costante di Planck e la frequenza, e fosse al tempo stesso particella e onda. Einstein definì la sua idea “euristica”, cioè un valido modello per guidare il ragionamento. Introducendo il dualismo onda-corpuscolo, Einstein gettò le basi della meccanica quantistica, anche se più tardi non ne accettò tutte le sue implicazioni. La spiegazione dell'effetto fotoelettrico avrebbe reso possibili una serie di nuove tecnologie, dalle celle solari alle fotocellule, fino alle moderne fotocamere digitali, e valse ad Einstein il premio Nobel nel 1921. Il dualismo onda-corpuscolo fu esteso nel 1923 da De Broglie (tesi di dottorato) a tutte le particelle materiali. Una evidenza sperimentale di questo concetto è data dal Microscopio Elettronico. Area della Ricerca di Bologna Una nuova determinazione delle dimensioni molecolari è il secondo lavoro. Come spiega Einstein: “è una determinazione della vera grandezza degli atomi a partire dalla diffusione e dall'attrito interno delle soluzioni liquide di sostanze neutre”. Si dice che Einstein sia stato ispirato da un tè bevuto con l'amico Michele Besso. Con un brillante ragionamento, Einstein dedusse la grandezza delle molecole di zucchero in base alla velocità di diffusione e alla viscosità della soluzione. Con questo lavoro Einstein ottenne il Dottorato dall’Università di Zurigo. Il terzo lavoro, strettamente legato al secondo, si intitola Sul moto di piccole particelle in sospensione nei liquidi a riposo come prescritto dalla teoria cinetico-molecolare del calore. Così l'autore ne spiega il contenuto: ”particelle in sospensione già dell'ordine di grandezza di un millesimo di millimetro devono compiere un moto disordinato percettibile, che è generato dall'agitazione termica delle molecole. Il movimento è chiamato “moto molecolare browniano” dal nome dello scopritore il botanico Brown (1827). L'articolo predice una relazione tra lo spostamento medio delle particelle ed il numero delle molecole in un dato volume di liquido. Questo fu verificato sperimentalmente da Jean Perrin (1908). Tale evidenza costituisce una verifica importante della teoria cinetica molecolare del calore e di conseguenza della struttura discreta (atomi, molecole) della materia. Il lavoro contiene anche una relazione fra il coefficiente di diffusione e la mobilità (velocità della particella sotto l’azione di un campo di forza unitario), utillizzata correntemente nella trattazione dei dispositivi elettronici. Essa costituisce una pietra miliare nella costruzione di una descrizione microscopica dei processi irreversibili. Moto browniano di una particella per effetto degli urti molecolari Area della Ricerca di Bologna Traiettoria di una particella in sospensione soggetta agli urti molecolari. La freccia indica lo spostamento dopo un certo tempo t. L'articolo più celebre Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento, per Einstein è “solo un abbozzo di elettrodinamica dei corpi in movimento ottenuta mediante una modificazione della dottrina dello spazio e del tempo”; è la nascita di quella che si sarebbe poi chiamata Teoria della relatività ristretta o speciale (in quanto si limita al caso di moto rettilineo uniforme). La coraggiosa assunzione di Einstein fu che la luce viaggia sempre (nel vuoto) a 300.000 chilometri al secondo, indipendentemente dal moto della sua fonte o degli osservatori. Per anni Einstein si era chiesto come gli sarebbero apparsi il mondo, Berna, la torre dell'orologio, se li avesse osservati cavalcando un raggio di luce. Applicando la sua nuova teoria concluse che l'orologio gli sarebbe sembrato fermo, mentre quello nel suo taschino avrebbe continuato a girare come sempre. Quando si considerano velocità non trascurabilmente piccole rispetto alla velocità della luce il tempo non è lo stesso per tutti gli osservatori. Una conclusione che sfida il senso comune e che richiese molto tempo per essere accettata. Nell'ultimo articolo di quel sorprendente anno, L'inerzia di un corpo dipende dal suo contenuto di energia? , corollario del precedente lavoro, Einstein afferma che “la massa di un corpo è la misura del suo contenuto di energia”. Sviluppando questo lavoro, egli giungerà due anni dopo alla formula più nota di tutti tempi E=mc2 Nel 1907 Einstein fissò in pochi colpi di penna un concetto decisivo, su cui aveva rimuginato per due anni: tutto nell'universo è un deposito enorme di energia latente. La massa non è altro che energia «congelata», e da una piccola quantità di massa si può liberare una quantità enorme di energia, come poi avvenne con l'esplosione della bomba atomica. atomica. La sua formula fu fondamentale per capire come mai qualche grammo di radio, elemento appena scoperto da Marie Curie, emetteva quattromila calorie all’ora per un tempo indefinito, e in scala molto più grande, come fanno le stelle a irradiare luce e calore per miliardi di anni. Area della Ricerca di Bologna Ma il «pensiero più felice della sua vita», come egli stesso lo definì, doveva ancora maturare. Einstein passò altri otto anni a cercare di estendere la sua Teoria della Relatività speciale, che riguarda un universo ipotetico dove gli oggetti si muovono a velocità costante in uno spazio privo di gravità, all'universo reale, dove gli oggetti sono sottoposti a gravità e accelerazione. La gravità è geometria. Einstein capì molto presto che il moto prodotto dalla gravitazione è equivalente al moto prodotto dall'accelerazione. Nell'autunno del 1915, dopo aver trascorso diverse settimane a lavorare giorno e notte, saltando pasti e sonno, lo scienziato tedesco concluse che la gravità non è una forza fisica di attrazione che agisce attraverso lo spazio, come si pensava comunemente, ma una manifestazione della geometria dell'universo. Lo spazio è deformato o piegato dalla presenza della materia e gli oggetti si muovono seguendo le deformazioni dello spazio-tempo. Era nata la Teoria della Relaività generale. Già ne11911 Einstein aveva concluso che la gravità del Sole avrebbe deflesso la luce di una stella che gli sarebbe passata vicina, e aveva invitato gli astronomi a fotografare l'effetto durante un'eclissi di Sole. Ora, la sua Teoria generale gli permetteva anche di calcolare con precisione l'entità di questa deflessione. La Relatività generale, generale, che fu definita «un traguardo supremo dell'intelletto umano», spiega l'origine e il destino dell'universo, prevede che la luce, passando accanto a un oggetto massiccio, diventi rossa, e che un orologio vicino a un oggetto massiccio rallenti rispetto a uno che resta distante, spiega l'orbita peculiare del pianeta Mercurio e prevede l'esistenza di onde gravitazionali e buchi neri. La prova dei fatti Ma per avere una prova concreta della correttezza delle sue equazioni, e vedersi riconoscere universalmente la grandezza della sua teoria, Einstein dovette aspettare l'eclissi di Sole del 29 maggio 1919. Le foto della deflessione della luce, prese in quell’occasione dall’astronomo britannico Arthur Eddington, confermarono appieno le previsioni fatte da Einstein. Da quel momento lo spettinato professore dall'accento tedesco divenne l'icona del genio, colui che con la sola forza del suo pensiero aveva scoperto che l'universo non è quello che sembrava. Nel 1921 Einstein arrivò a New York e sfilò per le vie della città a bordo di un'auto, acclamato dalla folla come un eroe, o una star. «Mi sentivo una prima donna», commentò lo scienziato, usando il termine italiano. Area della Ricerca di Bologna Il lavoro di Einstein ha anche reso possibili moltissimi dei dispositivi tecnologici che oggi utilizziamo tutti i giorni. Sensori e fotocellule, per esempio, non sono altro che una applicazione diretta dell’ effetto fotoelettrico. Una piastra di metallo illuminata per esempio da luce rossa provoca emissione di elettroni. Aumentando l’intensità vengono emessi più elettroni. Prima della intuizione di Einstein, la fisica prevedeva che all’aumentare della intensità della luce aumentasse anche la velocità degli elettroni emessi. Con una luce blu si ottengono elettroni più veloci. Questo comportamento è analogo al trasferimento di quantità di moto prodotto da due palle da bigliardo di massa diversa che urtano un corpo. Questo dimostra che oltre alla natura ondulatoria, la luce presenta una natura corpuscolare. Area della Ricerca di Bologna Laser (Light amplification by stimulated emitted radiation) Einstein aveva capito che se gli atomi assorbono luce possono eccitarsi, cioè portarsi a un livello energetico superiore, oppure possono emettere spontaneamente luce per tornare a un livello inferiore. Inoltre, ipotizzava che questo fenomeno potesse essere innescato a catena: un fotone prodotto dall'eccitazione di un atomo va a stimolare altri atomi a emettere altri fotoni e così via. È proprio questo il «trucco» per creare un fascio di luce coerente, cioè un laser. Solo nel 1954 Charles Townes riuscì a mettere in pratica questa idea, nata quasi 30 anni prima nella mente di Einstein. Oltre che per importanti ricerche in campo fisico, i laser vengono usati nelle industrie per tagliare, marcare o saldare materiali metallici; negli ospedali per correggere i difetti visivi con microincisioni nella cornea, curare patologie nella retina, eliminare la cataratta, rimuovere lesioni benigne e tatuaggi dalla pelle, effettuare operazioni endoscopiche con sottilissimi “bisturi della luce” che tagliano e cauterizzano i tessuti contemporaneamente; alle casse dei supermercati per leggere i codici a barre sulle etichette dei prodotti; nei sistemi di trasmissione di dati in telefonia; negli apparecchi che ci permettono di ascoltare la musica registrata su CD e di vedere i film in DVD….. Area della Ricerca di Bologna GPS (Global Positioning System) Senza Einstein il GPS (Global Positioning System) non potrebbe funzionare. Questo strumento fornisce latitudine, longitudine e altitudine del punto esatto in cui ci si trova, con una precisione di circa 15 metri, grazie ai segnali inviati dai satelliti del GPS. Il GPS usa accurati orologi atomici, posti a terra e su satelliti, per fornire un sistema di riferimento globale (cioè che riguarda tutta la terra) sia per la posizione sia per il tempo. Questi orologi, quelli su satellite e quelli a terra, subiscono variazioni della loro frequenza (cioè del loro ritmo di marcia) dovute al campo gravitazionale e al moto relativo fra gli orologi, così rilevanti che senza applicare le dovute correzioni per i numerosi effetti che chiameremo relativistici (perché previsti dalle teorie della relatività ristretta e generale), l’ intero sistema non potrebbe funzionare. I principi e gli effetti relativistici che devono essere presi in considerazione per il GPS includono: l’invarianza della velocità della luce, il principio di equivalenza, l’ effetto Sagnac, la dilatazione del tempo, lo spostamento di frequenza dovuto alla gravità e la sincronizzazione relativistica degli orologi. Misure di distanza così esatte esigono una scansione precisissima del tempo ed è per questo motivo che i satelliti GPS hanno a bordo un orologio atomico. Ma, esattamente secondo le previsioni della Relatività, gli orologi a bordo dei satelliti rallentano di sette microsecondi al giorno rispetto agli orologi a terra, perché la loro velocità è superiore (quindi il loro tempo scorre più lento). Interviene inoltre un altro effetto relativistico dovuto alla gravità che, alla quota a cui si trovano i satelliti, è un quarto rispetto all’attrazione gravitazionale sulla Terra. E questo fa anticipare gli orologi a bordo di 45 microsecondi. Quindi, per far funzionare il GPS correttamente, occorre apportare una correzione relativistica complessiva di 38 microsecondi al giorno. Senza questa correzione, il GPS avrebbe un'incertezza nel rilevamento della posizione di oltre 11 chilometri! Area della Ricerca di Bologna Conferme per la relatività generale Misurata la deflessione delle onde radio destinate alla sonda Cassini La sonda Cassini ritratta durante la manovra di inserzione nell'orbita si Saturno. (NASA / ESA / ASI) Alcuni astrofisici italiani hanno confermato le previsioni della teoria della relatività generale di Einstein con una precisione che migliora di circa cinquanta volte le misure precedenti. Bruno Bertotti dell' Università di Pavia e colleghi di Roma e di Bologna hanno misurato la deflessione, dovuta al Sole, che subiscono le onde radio inviate dalla Terra al satellite Cassini e poi di nuovo indietro. I risultati concordano con le previsioni teoriche con una precisione di 20 parti su un milione. Secondo la teoria della relatività generale, il tessuto dello spazio-tempo viene curvato in presenza di grandi masse. Questa curvatura dovrebbe deflettere e ritardare qualsiasi particella che passa in prossimità di una massa enorme come quella del Sole. Precedenti esperimenti avevano misurato la deflessione dei fotoni con una precisione dello 0,1 per cento, trovandoli in accordo con le previsioni della teoria. Bertotti e colleghi hanno usato una nuova tecnica per mettere alla prova le previsioni con una precisione molto superiore. Gli scienziati hanno sfruttato un allineamento molto opportuno fra la Terra, il Sole e la sonda Cassini, attualmente in viaggio verso Saturno, verificatosi nel giugno 2002. L'esperimento ha fatto uso dell'antenna da 4 metri sulla Cassini e della stazione di terra di Goldstone, in California, del NASA Deep Space Network . Bertotti e colleghi hanno misurato un parametro, chiamato gamma, il cui valore nella teoria di Einstein è previsto uguale a uno. 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