gerolamo cardano - Ordine di Pavia
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gerolamo cardano - Ordine di Pavia
da giudicare; sarebbe più corretto “se tutto si dovesse stimare senza malanimo”, perché l’uomo è al di fuori e al di sopra di ogni schema logico. Cardano è originalissimo anche nell’aspetto: magro, piccolo e disarmonico, ha collo lungo, naso storto, braccia gracili, mani disuguali, dita sgraziate, piedi corti e sformati. Appare sempre tenebroso, trasognato, taciturno, immerso nei suoi pensieri; timidissimo, arroscisce per verecondia quando qualcuno scopra le sue qualità o le sue colpe. Per un nonnulla diviene furioso, prepotente, iracondo, proclive alla vendetta, in preda a manie persecutorie, come accade nelle psiconevrosi isteriche; per strada non cammina, ma saltella a zig-zag, per evitare, come i neurotici ossessivi e ipocondriaci, le tegole in testa. E’ un tipo perfido, esaltato ed esibizionista, ma è grandissimo uomo del Rinascimento. Cardano è una brutale e tremenda miscela di genialità e di follia; per questo è da prendere così come è. Merita certo l’Olimpo dell’Archiginnasio di Bologna, ma come persona è un nevrastenico, uno squilibrato, imprevedibile e stravagante, che alterna momenti di ferrea determinazione ad altri di allucinante delirio. Suscettibilissimo come tutti gli psicopatici, Cardano alla fine della vita diviene tetro, misantropo e melanconico, forse corroso dal rimorso di aver predicato bene e aver razzolato male, molto male, senza un minimo di logica e di buon senso. Cardano è uno stregone, un empirico, un baro, un me-nagramo ma è uno scienziato, un filosofo, un matematico e soprattutto un medico; certo è un medico saccente e presuntuoso che sfida i colleghi e dice di aver sbagliato “solo tre volte” in cinquant'anni di professione. Per tutta la vita si comporta come un folle, un alienato, un demente, ma si dimostra un erudito, un mistico, un luminare; egoista, arrogante, vanitoso, aggressivo e insopportabile, per tutta la vita si avvolge di superstizione, di ciarlataneria, di chiromanzia. Si vanta di aver un oroscopo per tutti, anche per Gesù Cristo, ma al tempo stesso inventa un metodo di lettura e di scrittura per i ciechi, escogita una tecnica per farsi capire dai sordi, anticipa di qualche secolo la psichiatria, scopre il gas ossigeno, intuisce che “i semi delle malattie sono organismi viventi”. Cardano è davvero un medico pazzo, ma geniale; nella storia della medicina è una figura leggendaria, anche se piena di incoerenze e di contraddizioni, come tutte le leggende. Ha ragione il grande chirurgo Hermannus Boerhaave: “Nessuno è stato più saggio di Cardano quando era saggio, ma nessuno è stato più insensato quando sbagliava”. muoiono rapidamente e tragicamente, dopo aver perso o un figlio o la moglie o le ricchezze. “Schiantato dalla sventura”, Cardano sollecita e ottiene la chiamata all’Università di Bologna, sempre sulla Materia Medica; il successo è subito folgorante come medico, filosofo e giurista, ma ancora una volata scatena le reazioni invidiose dei colleghi. Viene proclamato cittadino bolognese e lui stesso, nella sua autobiografia, si dichiara “mediolanensis civisque bonomiensis”; Cardano preferisce non ricordare che è pavese di nascita, che a Pavia ha insegnato per tanti anni e che in questa città ha vissuto gran parte della sua vita avventurosa. Maldicenza e malevolenza, favorite anche dal figlio scapestrato Aldo, travolgono Cardano per il quale incomincia a spirare “vento infido”, fino al punto da essere accusato di eresia; il figlio, sempre più sciagurato, ricatta il padre, lo deruba, scrocca, imbroglia, entra ed esce dalle carceri. Cardano lo disereda e, ormai esasperato, lo denuncia alle autorità; Aldo viene condannato al bando dal territorio bolognese “sotto pena della galera”. Bologna diviene invivibile per Cardano e, nel 1571, decide di trasferirsi a Roma, dove era papa Pio V Ghislieri, ortodosso rigorosissimo e inquisitore implacabile degli eretici; Pio V scompare presto e il nuovo papa Gregorio XIII Boncompagni, insegnante all’Università di Bologna ed estimatore di Cardano, lo protegge e lo aiuta con una pensione vitalizia. Contemporaneamente Cardano sottopone a revisione critica tutti i suoi libri e ne brucia ben centoventi; oggigiorno possediamo oltre duecentocinquanta opere di Cardano, a dimostrazione di una mente leonardesca, di una cultura enciclopedica e di una capacità di analisi che ha ben pochi riscontri nella storia dell’umanità. Le opere di medicina spaziano in tutti i campi dello scibile del tempo, e fra esse possiamo ricordare alcuni titoli: De urinis, De lue indica, De causis et locis morborum, Ars curandi parva medicinae encomium, Consiliorum liber secundum. Oltre a libri di matematica, fisica, filosofia, religione e musica, Cardano scrive un encomio di Nerone, un trattato di ortografia e un saggio sui giochi d'azzardo; uno scritto sui sogni ispira il monologo di Amleto di William Shakespeare. Cardano dedica gli ultimi mesi dell’esistenza alla dettatura del De vita propria, cioè alla autobiografia nella quale indica anche la data della sua morte, il 28 aprile 1576, dopo una sua precedente previsione per il 5 dicembre 1573. Alla fine muore per davvero a Roma, il 20 settembre 1576; è naturale che qualcuno sostenga che, per rispettare le sue previsioni, Cardano sia ricorso al suicidio. Ma chi è Cardano? Cardano è un personaggio assurdo, paradossale, impossibile da capire e IV Appunti di Storia della Medicina Pavese: GEROLAMO CARDANO di Luigi Bonandrini Gerolamo Cardano nasce a Pavia il 24 settembre 1501, all’una e mezzo di notte. Viene al mondo, con i capelli già lunghi, dopo una gravidanza tumultuosa con numerosi tentativi di aborto da parte “delle solite mammane fattrici di angioletti”; il travaglio di parto dura tre giorni e il neonato, più morto che vivo, viene rianimato con un bagno di vino bianco, un tonico eccellente contro la peste. Cardano è un “bastardo”, nato cioè dall’unione illegittima fra il giureconsulto Fazio Cardano lettore di Diritto all’Università di Pavia, e Clara de Micheriis sua amante, vedova di Antonio Alberio; i due genitori sono liberi da vincoli matrimoniali, ma il padre è deciso a non legittimare l’unione e preferisce “sacrificare la donna al proprio egoismo e alla voluttà del momento”. I problemi per Cardano incominciano subito. La prima nutrice mercenaria muore di peste; lui stesso prende la malattia e miracolosamente guarisce; la seconda balia ha poco latte e poi rimane incinta; la terza lo svezza “solo” fino al terzo anno. I suoi genitori hanno un carattere difficile: la madre è di indole fiera e iraconda, di umore bisbetico, aspra ed incostante, mentre il padre, all’apparenza calmo e sereno, è invece lunatico, si infiamma per un nonnulla e scarica sull’amante ingiurie e contumelie. Lo scontro fra i due diviene un alibi di comodo per Fazio: sposare Clara significherebbe lasciarla in seguito per incompatibilità di carattere. In realtà Fazio, che avrebbe dovuto essere di esempio ai suoi scolari, si vergogna della disparità di cultura, di educazione e di condizione sociale di Clara, e ritiene dannosi e ingombranti per la sua professione una concubina e un bastardo. Cardano, vivace e riccioluto, cresce a Moirago, vicino a Zibido S. Giacomo, accudito dalla madre Clara, dalla zia materna Margherita e, in maniera incostante, dal padre Fazio; entrambi i genitori non lasciano mancare al bimbo “le mani e la verga”, con la scusa di una rigorosa educazione. Fra una botta e l’altra, Cardano finisce per ammalarsi e ottiene una tregua da parte dei genitori, i quali decidono “di non più castigare né percuotere il piccino anche nel caso lo meritasse”. Una nuova malattia è però in agguato, Gerolamo Cardano una dissenteria febbrile da uva acerba, e Cardano per poco non ne muore; si riprende, dopo una lunga convalescenza con le cure di Bernardone della Croce e di Angelo Gira. Il padre Fazio coglie l’ingegno precoce del figlio ed incomincia ad istruirlo nella lingua latina, nell’aritmetica, nella geometria, al punto che, all’età di dodici anni, il Cardano già conosce a memoria i sei libri della geometria di Euclide; cresce bene anche fisicamente e a quindici anni raggiunge il completo sviluppo, anche se è “magro, lonzo, cogitabondo e tutte le notti sogna un gallo che gli parla con la voce umana”. A diciassette anni il Cardano si iscrive all’Università di Pavia, dove insegnano Matteo Curzio, Andrea Alciato, Francesco Fioravanti, Branda Porro; sceglie lo studio della medicina, “per avere gran cura della salute” ed essere istruito “sul modo più idoneo di conservare la vita”. Un episodio della vita studentesca attribuisce al Cardano la fama di infallibile astrologo-chiromante. Un tal G. I stato civile del figliolo davanti a Dio e agli uomini”, la seconda, cattiva, che il padre è morto, all’età di ottant’anni, “dopo nove giorni di completo digiuno”. Bellissima l’epigrafe dettata da Cardano per il genitore: “Al giureconsulto Fazio Cardano/Morte gli fu l’aver vissuto/ La morte stessa gli diede vita/ La mente rimane eterna/Sicura la gloria/ Pace”. Nel 1526 Cardano scopre su se stesso una qualità molto particolare: avverte uno strepito nell’orecchio destro se qualcuno parli bene di lui, uno strepito nel sinistro se qualcuno ne parli male. Il fenomeno appare tanto più singolare, se si pensi che Cardano era in grado di captare questi segnali anche da città vicine o lontane: lo scrive lui stesso, letteralmente folgorato da questo fenomeno telepatico. Nel 1529 Cardano torna a Milano con l’intenzione di esercitare la professione medica, incappando nel rifiuto del Collegio dei Medici “col pretesto della sua nascita illegittima”; in un primo tempo il ricorso di Cardano viene accolto, ma poi annullato, perché la legittimità deve sussistere “tunc quando nascitur et non per subsequens matrimonium”. Singolare questa intolleranza nei confronti di Cardano, il quale reagisce di par suo, sentenziando che “quattro scalzacani di medici, ignobili figli di chissà qual torbida fonte, non si degnano di essermi colleghi”. Non ha tutti i torti il Cardano considerando che pure papa Clemente VII era figlio illegittimo e che suo nipote Alessandro de Medici, figlio illegittimo della fantesca mora Simonetta, aveva sposato Margherita figlia illegittima di Carlo V. Ancora una volta Cardano va in fin di vita per una bronchite fetida purulenta; ne guarisce dopo una preghiera particolare, scoprendo poi che la sua pelle emana profumo di zolfo e di incenso. Durante la convalescenza si diverte un mondo a tirar di spada, a cavalcare, a nuotare, a suonare, a sparare; queste attività lo aiutano a guarire “di una sua vecchia imperfezione”, cioè "l’inibizione delle facoltà virili”. Cardano ringrazia il cielo, pur convinto che la continenza renda longevi, eviti dispendio di tempo e di danaro, non produca noie e preservi dalle malattie veneree. Una notte del 1531 Cardano “sogna di una vezzosa fanciulla quindicenne che vede entrare nella casa attigua alla sua”. Cardano crede nei sogni premonitori, ricerca la ragazza, trova Lucia Bandareni, se ne innamora, “incominciando non ad amare, bensì ad ardere, ricambiato da lei con altrettanto ardore”; il dado è tratto e i due giovani divengono marito e moglie. Nel 1534 nasce il figlio di Cardano, Giovanni Battista; a detta del padre, nasce sotto una cattiva stella, perché “un grosso calabrone ronza attorno al neonato”, facendo presagire che quel figliolo non avrebbe fruito di lunga vita. Per sopravvivere e provvedere alla famiglia, il Stefano Biffi gli chiede di predirgli qualcosa della sua vita e il Cardano gli risponde che “lo sovrasta il pericolo imminente della forca”; una settimana dopo il Biffi viene arrestato e poi impiccato, previa amputazione di una mano. L’episodio convince il Cardano, persona molto suggestionabile, di possedere “un demone o un mago”, e la gente si convince di aver a che fare con “un indovino del futuro”; da quel momento, dopo una serie di presagi divinatori, il Cardano decide di dedicarsi all’astrologia, nella quale ripone “fede assoluta”. L’Astrologia era una classica materia d’insegnamento all’Università di Pavia, e comprendeva anche nozioni di Astronomia e di Alchimia. Cardano si occupa di questa disciplina partendo dal principio che l’errore di previsione si identifichi con l’inettitudine degli astrologi e che una analisi critica dei fenomeni naturali possa permettere “di antivedere il futuro di persone, di popoli, di città”. Sempre da studente, il Cardano si imbatte in un altro clamoroso successo. Nel corso di una disputa filosofica alla quale prende parte anche Branda Porro, il Cardano lo interrompe, osservando, nelle sue parole, la mancanza di un “non”; allibito da tanta arroganza, il Branda prima irride Cardano, ma poi ammutolisce quando, controllando il testo latino, è costretto a riconoscere il suo errore. E’ un trionfo per il Cardano, che incomincia a misurarsi in pubbliche discussioni non solo con i suoi coetanei, ma con i suoi maestri, confrontandosi su questioni di medicina, di filosofia, di matematica, di geometria, di astrologia. All’inizio del 1524, all’età di ventitré anni, il Cardano lascia l’Università di Pavia e si trasferisce a quella di Padova; la ragione risiede nel prolungarsi della guerra fra Spagnoli e Francesi, oltre che nella pestilenza e nella carestia, che avevano stremato gli abitanti del ducato di Milano. Cardano si appresta a conseguire il dottorato, quando viene nominato rettore dell’Università di Padova. A quel tempo gli studenti avevano il diritto di nomina a Magnifico Rettore, il quale doveva provvedere all’amministrazione generale ed anche alla gestione dell’osteria, della bisca e del postribolo; era una carica di prestigio per uno studente, ma anche redditizia e Cardano si dimostra abilissimo contabile e straordinario giocatore di carte, di dadi e di scacchi. Nel 1526 Cardano si laurea in medicina a Padova e si trasferisce a Sacco (oggi Saccolongo), una cittadina vicino al capoluogo. In questo periodo prende piena coscienza di due singolari qualità possedute fin da bambino: la capacità di vedere al buio e la periodica comparsa di un gallo premonitore durante il sonno. Due importanti notizie raggiungono il Cardano a distanza di pochi giorni: la prima, bella, che i genitori si sono finalmente sposati “per sistemare lo II sanctissima coniux/felix morte tua/ neque in hunc servata dolorem!”. Cardano ha una cattiva salute di ferro: un’ernia, le febbri, la podagra, l’erisipela, l’algofilia, la gotta e tanti altri accidenti, che però non gli impediscono di continuare la sua vita bizzarra e vagabonda. Ritorna ad insegnare a Pavia, trasferendosi in città con i tre figli e con il problema della loro educazione; si permette anche di scrivere un libro, il “Libellus praeceptorum filiis”, pieno di saggezza pedagogica, proprio lui “il più disgraziato di tutti nell’educazione dei figlioli”. A Pavia Cardano riprende le antiche amicizie, in particolare con Andrea Alciato, insigne giureconsulto, del quale, come al solito, prevede la scomparsa “con precisione matematica”. In questo periodo scrive un libro importante, la Metoposcopia, in tredici libri poi ridotti a sette, dove traccia il carattere e il valore delle persone dalle linee del volto; lo stesso Cardano dice che si tratta solo di “ombre della verità”, ma questa opera anticipa di qualche secolo le teorie di Cesare Lombroso. La fama di Cardano lo conduce in Europa alle corti di Scozia, di Francia e d’Inghilterra, che si avvalgono delle sue prestazioni mediche, accrescendone fama e guadagni, ma provocando anche invidie e dissapori con i colleghi che Cardano tratta in modo arrogante e provocatorio. Purtroppo, poco a poco, prende forma la tragedia di Cardano, una serie di sventure familiari e personali, delle quali, naturalmente, aveva avuto molti presagi, in armonia con la filosofia cardanica, oscillante fra l’esasperato pessimismo e l’esaltazione edonistica. Il figlio Giambattista si laurea giovanissimo in medicina a Pavia, ma, debole di carattere, si lascia travolgere dalla passione del gioco, della tavola, delle donne, conducendo una vita sciagurata fra concubine, risse e vagabondaggi. Nel 1557, all’insaputa del padre, Giambattista sposa Brandonia Serano, una fanciulla “spudoratamente già contaminata”; ne consegue un’unione fragile e tumultuosa, che sfocia in continue separazioni e riconciliazioni. Durante una di queste, Giambattista fa apprestare una gran focaccia, che tutti mangiano, rimanendone avvelenati; i commensali hanno solo “vomito e dolori spasmodici”, mentre Brandonia, fresca puerpera “dovette soccombere”. Nel 1560, con l’accusa di aver avvelenato la moglie con l’arsenico, il figlio di Cardano viene decapitato, nonostante i molti tentativi di strapparlo alla condanna, adducendo a sua discolpa le continue provocazioni della moglie sulla paternità dei due figli; il padre avrebbe forse potuto ottenere una pena meno severa, ma era circondato da troppe “antipatie e inimicizie”. Cardano invoca la vendetta, che puntualmente arriva: tutti coloro che hanno contribuito alla condanna di Giambattista Cardano chiede nuovamente di entrare nel Collegio dei Medici, ma la domanda è respinta perché “cosa di recente giudicata”; per interessamento di Filippo Archinto ottiene l’insegnamento di matematica all’Ospedale Maggiore di Milano e quello di geometria alle scuole Piattine fondate dall’umanista Tommaso Piatti. Nel tentativo di inserirsi nella professione medica, il Cardano pubblica due libri provocatori, il De malo medendi usu e il De medicorum abusis, nei quali denuncia i più frequenti errori dei medici, “sollevando un gran putiferio” e dimostrando che “è meglio far niente che far troppo”. Finalmente il Collegio ritorna sui suoi passi e ammette il Cardano alla pratica medica, durante la quale il Cardano scopre di avere un’altra qualità, quasi divina, di nome “splendor”, una specie di subconscio, che gli fa capire le cose mediche prima di tutti gli altri. Nel luglio 1537 muore la madre di Cardano e la scomparsa gli viene rivelata da “battiti di gocce d’acqua sul pavimento” e poi dal “frastuono di un carro sopra il soffitto della camera”; nello stesso anno nasce la figlia, alla quale viene imposto, a ricordo della nonna, il nome Clara. Nel 1538 Cardano pubblica a Norimberga un manuale di Pratica aritmetica, sul cui frontespizio viene posto il suo ritratto contornato da una famosa dicitura biblica: “In patria nemo propheta acceptus”, alludendo al suo scarso successo in patria. E’ l’inizio della fama, della gloria e anche della ricchezza per Cardano, dopo anni durissimi, travagliati e pieni di amarezze; è anche l’inizio di una fiorentissima produzione di opere di medicina, matematica, astronomia e filosofia. Nel 1543 a Cardano nasce un altro figlio maschio, Aldo; la madre, in sogno, gli consiglia di seguirla nell’aldilà, un triste presagio delle tribolazioni sue e dei suoi figli. Nello stesso anno Cardano viene chiamato a Pavia sulla Cattedra di Medicina Pratica; non vuole accettare, ma poi la sua casa di Milano “rovinò dalle fondamenta”, facendogli cambiare idea. Tra disordini di vario genere Cardano però non riceve lo stipendio, perché le sue lezioni “erano fatte ai banchi vuoti”; si ritrasferisce a Milano, preparandosi alla morte, come indicato dalle sue premonizioni astrologiche. Nel 1545 pubblica un libro algebrico divenuto famoso, Ars magna, dal quale ha origine una furiosa polemica sulla soluzione dell’equazione cubica o formula cardanica, con Nicolò Fontana, detto il Tartaglia, per via di un difetto di parola conseguente ad una ferita di balestra alla lingua. L’anno successivo, nel 1546, Cardano perde la moglie Lucia, “povero fiore inaridito anzi tempo” soprattutto per le stravaganze del marito; Cardano fa il vedovo sconsolato e detta, a discolpa, una delle sue bellissime epigrafi: “O III