Italia e Africa nell`eta` post-coloniale. Bilanci storiografici e

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Italia e Africa nell`eta` post-coloniale. Bilanci storiografici e
CANTIERI DI STORIA VI
La storia contemporanea in Italia oggi: ricerche e tendenze
Forlì 22-24 settembre 2011
www.sissco.it
ITALIA E AFRICA NELL’ETÀ POST-COLONIALE
Bilanci storiografici e prospettive di ricerca
Paolo Borruso, Università Cattolica di Milano (coordinatore)
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Gli effetti di una decolonizzazione anomala (Calchi Novati)
Il «ritorno» della nuova Italia in Africa: l'esperienza dell'AFIS (Morone)
L‟Italia e la crisi congolese dei primi anni Sessanta (Rognoni)
Le gross violations dei diritti umani nella politica societaria dell‟Italia: il caso sudafricano (Rossi)
Cattolici e comunisti di fronte alla decolonizzazione africana (Borruso)
Discussant: Luciano Tosi
Descrizione generale e motivazione del progetto di seminario
Il panel intende esaminare le relazioni tra l‟Italia e l‟Africa nel periodo della decolonizzazione, in
particolare tra la fine degli anni '50 e gli anni '70-'80. Si tratta di un tema scarsamente considerato in
campo storiografico, diversamente dal precedente periodo coloniale, che nutre una cospicua bibliografia.
Dalla metà degli anni ‟50, infatti, dopo una decolonizzazione "anomala" dei propri possedimenti coloniali
e l'esperienza del mandato nell'ex Somalia italiana, l‟Italia inizia a confrontarsi con il più vasto processo
di emancipazione che investe il continente africano e che ha il suo culmine nel 1960 (l‟anno dell‟Africa) e
una sua prima conclusione con l‟indipendenza delle colonie portoghesi nel ‟75. Lungo questo ventennio,
maturano nuove sensibilità verso il “Terzo mondo”, in particolare l‟Africa, e crescenti relazioni con i
paesi di nuova indipendenza e con molti suoi leader, mentre l‟Italia, più "libera" di altre potenze europee
da vincoli coloniali, sperimenta nuovi ruoli e interventi diversificati non solo nelle ex colonie, ma anche
in altre aree dell‟Africa subsahariana, fino allo sviluppo di una politica di cooperazione all‟interno dei
nuovi rapporti euro-africani avviati con i Trattati di Roma del „57.
Il panel affronta, così, lo sviluppo di tali relazioni attraverso cinque nodi, che paiono riassumere il
crescente confronto con la decolonizzazione africana, ma che possono aprire nuove prospettive di ricerca
in campo storiografico. L'anomalia della decolonizzazione italiana, l'esperienza dell'AFIS, il
coinvolgimento nell'indipendenza congolese e nelle vicende dell'apartheid sudafricano, nonché
l‟intervento di nuovi attori "movimentisti" ed esponenti politici di diverso orientamento, intendono essere
una base di partenza per un'indagine delle molteplici relazioni e interconnessioni, concretizzatesi sul
piano diplomatico, ma anche su quello culturale, politico e religioso, all‟interno di un‟azione a vasto
raggio e sulla base di una nuova sensibilità politica e culturale nei confronti del continente africano.
Abstracts / Relatori
Gli effetti di una decolonizzazione anomala
Giampaolo Calchi Novati, Università di Pavia
A partire dallo stato attuale degli studi, l'intervento intende illustrare gli effetti "anomali" e di lungo
periodo della perdita dei possedimenti coloniali italiani nel corso della seconda guerra mondiale e del
dibattito sulla sorte nell'immediato dopoguerra. La questione delle colonie, infatti, non si esaurisce con la
fine della guerra, ma rimane legata alle aspirazioni di parte della classe dirigente italiana per un "ritorno"
in quei territori. Nel quadro della transizione all'Italia repubblicana e delle sue linee di politica estera, la
questione coloniale viene risolta nelle trattative di pace del '47 con la "rinuncia", ma i suoi retaggi
proseguono nel dibattito all'ONU, che si conclude con l'assegnazione mandataria decennale della Somalia
all'Italia (AFIS), e rifluiscono negli anni '60 e '70.
Il «ritorno» della nuova Italia in Africa: l'esperienza dell'AFIS
Antonio Maria Morone, Università di Verona
L'intervento intende focalizzare il ruolo italiano nel decennio dell'Amministrazione Fiduciaria dell'Italia
in Somalia, nota come AFIS. Si tratta del decennale mandato italiano nell'ex Somalia italiana, ottenuto
dall'Italia con una risoluzione ONU nel 1950 e conclusosi con l'indipendenza del 1960. Si tratta di
un'esperienza che ha avuto un rilievo particolare sul versante italiano, nel tentativo di impostare una
nuova politica "africana", non priva di ambiguità, dopo la fine della vicenda coloniale e fascista. Essa ha
rivelato tuttavia anche un'incidenza nel complicato contesto somalo, segnato dalla frammentazione etnica,
politica e ideologica, sottolineando l'«anomalia» della decolonizzazione italiana.
L’Italia e la crisi congolese dei primi anni Sessanta
Maria Stella Rognoni, Università di Firenze
Il contributo mira ad analizzare il ruolo giocato dall‟Italia durante la prima crisi congolese, con
particolare riferimento all‟azione diplomatica sviluppata in seno alle Nazioni Unite e culminata con la
decisione di partecipare alla missione di peacekeeping sul terreno. Tale decisione non venne ritirata
neppure dopo l‟uccisione di tredici aviatori italiani a Kindu, che pure scosse profondamente tutto il
paese e suscitò un aspro dibattito in sede parlamentare. L‟analisi delle ragioni che spinsero il governo
italiano ad adottare una posizione di fermezza in quella circostanza contribuisce a chiarire il peso dato in
quegli anni all‟azione diplomatica esplicabile all‟interno delle Nazioni Unite. L‟attivismo di Roma,
infatti, mirava a difendere interessi politici legati alla volontà di non restare esclusi da processi
di ridefinizione degli equilibri di influenza in Africa e, al tempo stesso, a ritagliare nuovi spazi a tutela di
interessi economici che vedevano l‟Italia dei primi anni Sessanta in prima fila nell‟esplorare nuovi teatri
di intervento.
Le gross violations dei diritti umani nella politica societaria dell’Italia: il caso sudafricano
Miriam Rossi, Università di Perugia
Nel dibattito societario sulla questione razziale sudafricana, – che riguardava anche il controllo “illegale”
esercitato sul territorio del Sud-Ovest africano, – l‟Italia adottò un comportamento incerto e poco lineare.
A frequenti denunce dell‟apartheid quale violazione grave e sistematica dei diritti umani corrispose
un‟azione non propriamente coerente. Da un lato la condanna della comunità internazionale, dall‟altro i
rapporti bilaterali preferenziali col Sudafrica, nonché con gli alleati atlantici. In questa situazione l‟Italia
decise di non scegliere nettamente né l‟una né l‟altra strada, alternando così al favore per generiche
espressioni di biasimo verso il regime di apartheid, voti negativi o astensioni su risoluzioni che
contemplavano misure concrete contro il regime di Pretoria o che suonavano come un‟aperta condanna
all‟Occidente e inoltre, nei fatti, infranse le sanzioni Onu contro il Sudafrica adottate fin dai primi anni
Sessanta.
Cattolici e comunisti di fronte alla decolonizzazione africana
Paolo Borruso, Università Cattolica di Milano (coordinatore)
L'impegno "africano" dell'Italia repubblicana matura sul terreno di un inedito protagonismo africano e
rappresenta un terreno di convergenza tra forze e partiti di diverso orientamento. Lungo gli anni '60 e '70,
l'interesse della classe dirigente cattolica per l'Africa indipendente si mostra crescente, sotto la spinta del
Concilio Vaticano II, che apre la Chiesa cattolica a nuovi orizzonti planetari e a nuove sfide, come
l‟«inculturazione» e la “deoccidentalizzazione” del cattolicesimo in favore di un “cattolicesimo africano”.
In tale contesto, rilevante è anche l'attenzione degli ordini missionari e delle organizzazioni
“terzomondiste”. A questa nuova sensibilità, da cui traggono ispirazione alcuni esponenti della classe
dirigente cattolica (La Pira, Fanfani, Pedini, Moro, Vedovato) per una politica sbilanciata verso le nuove
indipendenze africane, viene progressivamente affiancandosi l'impegno crescente del Partito Comunista
Italiano in alcune aree del continente a sostegno delle lotte di liberazione, ponendo le premesse di una
convergenza politica e di una strategia di cooperazione.
Discussant:
Luciano Tosi, Università di Perugia