qui - Aiuto alla Chiesa che Soffre
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APPARTENENZA RELIGIOSA Buddisti 16,4% Non affiliati 29,6% Religioni tradizionali 45,3% Cristiani 8,2% Cattolici 6,5% - Protestanti 1,7% Altre religioni 0,5% AREA 331.000 km2 POPOLAZIONE RIFUGIATI (interni*) RIFUGIATI (esterni**) SFOLLATI 88.792.000 ----- 314.195 ----- *Rifugiati stranieri che vivono in questo Paese **Cittadini di questo Paese rifugiati all’estero VIETNAM VIETNAM Il primo gennaio 2013 è stata introdotta una nuova Legge sulla libertà di fede e di religione, il Decreto sulle Religioni 92/2012 ND-CP o, più semplicemente, Decreto 92. L’obiettivo è fornire chiarimenti legali e interpretativi alla Legge del 2005 e i suoi promotori dichiarano che in tal modo si protegge la libertà religiosa e si delineano il contesto e i mezzi di applicazione delle direttive stabilite in precedenza dai legislatori. In realtà, secondo esperti e critici, essa non è altro che la conferma dell’evidente desiderio del governo di Hanoi di controllare tutte le religioni, in particolare i cristiani – e, nello specifico, i cattolici – nei riguardi dei quali si registrano molti casi di abusi, violenze, arresti arbitrari e attacchi contro intere comunità. Tra il 2004 e il 2005, le autorità del Partito comunista hanno abbandonato la lotta ideologica contro le religioni – in continua crescita nel Paese dopo anni di indottrinamento marxista e ateo imposto dallo Stato – adottando, invece, un approccio più direttivo e di controllo. In questa ottica, dovendo assolvere a determinate condizioni per poter essere riconosciuti e chiedere l’autorizzazione per l’esercizio del culto, i fedeli e le organizzazioni religiose sono soggette al controllo delle autorità. Ad alcuni, questa impostazione è sembrata offrire maggiore libertà e, in effetti, essa non ha impedito una rinascita religiosa. Il Decreto 92, entrato in vigore all’inizio del 2013, è sembrato subito un tentativo di soffocare la libertà religiosa. Come riportato da Radio Free Asia, i primi a far scattare l’allarme sono stati i membri dell’Ufficio Informativo Internazionale Buddista (IBIB), un’organizzazione che ha sede a Parigi. Il nuovo Decreto, hanno segnalato, è stato fonte di «profondo sconcerto» perché limita le attività dei cittadini e consente alle autorità un «maggior margine di manovra» per colpire chiunque non voglia sottomettersi alle direttive dell’unico Partito di Stato. Secondo l’IBIB, la nuova decisione «stende una patina di legittimità» a una politica di «repressione religiosa pianificata dalle più alte sfere del Partito Comunista e dello Stato». Lo scopo, aggiungono, è mettere le religioni «sotto lo stretto controllo del Partito comunista». Preoccupazioni analoghe sono state espresse dalla locale comunità cattolica, come hanno confermato un certo numero di testimonianze raccolte, all’inizio del dicembre 2013, dall’Agenzia AsiaNews. Un giovane cattolico ha sot- 531 VIETNAM tolineato come che il Vietnam stia adottando come modello in fatto di religioni «la politica della Cina». Il Decreto 92, redatto senza consultare alcuna associazione religiosa né suoi rappresentanti, consta di cinque capitoli e 46 articoli. Alcune sezioni regolano «le organizzazioni religiose» e le «attività religiose» e sono proprio questi due aspetti a preoccupare maggiormente i credenti. Le Sezioni in questione sono, infatti, formulate utilizzando una terminologia vaga ed esprimono concetti ambigui che possono essere interpretati in maniera non univoca. Al contempo, prevedono che sacerdoti e religiosi si sottopongano a un «programma formativo» sulla storia del Vietnam e le sue leggi, ideato e condotto da rappresentati dei Ministeri dell’Interno, di Giustizia e dell’Istruzione. Al termine, nel caso vogliano viaggiare all’estero per conferenze, i membri del clero devono presentare formale richiesta e sono obbligati a chiedere il permesso delle autorità per trasferimenti in una diversa regione del Paese. Ciò rappresenta un’ulteriore estensione dei controlli in un ambito – quello religioso – che Hanoi, per decenni, ha tenuto costantemente sotto sorveglianza. Attualmente, il Governo riconosce 31 organizzazioni religiose che rappresentano 11 credo diversi, compresi buddisti, cattolici, protestanti e religioni locali tradizionali, tra le quali Cao Dai e Hoa Hao. Restano comunque vietati, e la loro pratica è considerata contraria alla legge della nazione, i gruppi religiosi “illegali” quali le case cristiane di preghiera e la Chiesa buddista unificata del Vietnam, affiliata alla citata IBIB. Secondo questa organizzazione, Hanoi sta cercando di imporre «le direttive del Partito comunista al fine di aumentare il controllo dello Stato sulle attività religiose». Questa lettura viene confermata da quanto emerso nel Rapporto della Commissione nazionale di Giustizia e di Pace vietnamita della Chiesa cattolica e riportato nel Catholic Culture. Tale Documento dimostra che la situazione dei diritti umani, delle libertà individuali e del progresso verso la democrazia all’interno del Paese, lontana dall’essere migliorata, sembra invece in costante peggioramento, estendendosi anche ai settori politico, economico e finanziario, così come a quello delle relazioni internazionali e alla stessa società vietnamita; risulta infatti coinvolto in questa visione, il sistema educativo nazionale, così come si denuncia la corruzione diffusa, oltre alla violazione dei principali diritti umani. La nota più inquietante riguarda peculiarmente la libertà religiosa che, sebbene garantita dalla Costituzione, viene applicata e concessa «in modo totalmente arbitrario». Negli ultimi anni, il regime di Hanoi si è messo alla ricerca di maggiore legittimità a livello internazionale, sponsorizzando incontri tra rappresentanti autorevoli di Governo e di Partito e la Santa Sede (Radio Vaticana ed altre fonti hanno dato particolare rilievo alla visita di Nguyen Phu Trong, Segretario generale del Partito comunista vietnamita, in Vaticano alla fine di gennaio 2013). Comunque, allo stesso tempo, sono stati colpiti duramente coloro che cercano libertà religiosa e rispetto dei diritti umani. Una campagna di repressione, di violenza e di attacchi fisici mirati, è stata diretta contro cattolici, protestanti, buddisti, affiliati a gruppi re- 532 VIETNAM ligiosi non riconosciuti e anche contro singoli attivisti e blogger. Dal gennaio2013, come riportato dall’Agenzia AsiaNews, questa questione ha avuto ancora maggiore risonanza, quando un gruppo di intellettuali – inclusi alcuni vescovi e religiosi cattolici – ha firmato una petizione per richiedere riforme costituzionali che pongano fine sistema monopartitico comunista. All’inizio del gennaio 2013, come riportato dal New York Times, si è tenuto un processo – durato appena due giorni – a carico di 14 attivisti cattolici di Nghe An, al termine del quale i giudici li hanno condannati con pene detentive che vanno dai tre ai 13 anni, inflitte per aver commesso il reato di «sovversione». I condannati sono stati accusati di appartenere al gruppo noto come Viet Tan, un movimento non violento e a favore della democrazia che le autorità hanno bollato come organizzazione «terroristica». Testimoni oculari hanno riferito che gli accusati hanno insistito più volte che il loro lavoro era finalizzato esclusivamente ad aiutare le persone, diffondendo notizie e critiche verso rappresentanti di Governo e di Partito corrotti e di come essi si erano arricchiti durante la crisi economica. Due giorni dopo, l’11 gennaio, l’Agenzia AsiaNews ha riportato che le autorità di Hanoi avevano cominciato a demolire la chiesa e il monastero carmelitano, antico di 100 anni, siti nella capitale. Secondo le autorità, le pretese di possesso cattoliche di tali luoghi, espresse dall’arcivescovo Nguyen Van Nhon, sono prive di fondamento in quanto la terra appartiene allo Stato. Esistono, invece, documenti che provano chiaramente che la proprietà sul terreno su cui sorge il monastero è dell’arcidiocesi da oltre un secolo. In risposta agli abusi, i padri redentoristi di Ho Chi Minh City hanno iniziato la celebrazione di una Messa speciale ogni ultima domenica del mese per tutto il 2013. Il pugno di ferro delle autorità è arrivato a colpire anche attivisti e normali cittadini che lottano per difendere la terra e il proprio lavoro. A metà febbraio, la Federazione Internazionale per i Diritti umani (FIDH) e il Comitato vietnamita per i Diritti umani (VHCR) hanno pubblicato un Rapporto comune che rivela che le autorità hanno arrestato, imprigionato e condannato oltre 30 attivisti per aver espresso commenti e osservazioni sulle azioni delle autorità locali e del Governo centrale. Ad aprile i giudici hanno condannato a una pena detentiva di cinque anni, Peter Doan Van Vuon, leader di Famiglia coraggio che ha osato resistere alle autorità. Nell’annunciare la sentenza, il giudice ha sottolineato che le azioni della famiglia hanno ostacolato «le normali attività degli enti statali» e causato danni all’ordine sociale (cfr. HuffingtonPost). Abusi e violenze simili hanno colpito anche la comunità buddista “non ufficiale”. Il primo maggio, forze di sicurezza hanno circondato una pagoda clandestina, appartenente a un gruppo buddista non riconosciuto, e hanno impedito ai monaci di lasciare l’edificio. Questo blitz della polizia è stato una parziale risposta all’appoggio dato dai monaci alle proteste contro l’imperialismo di Beijing nel Mar Cinese meridionale. Nel mirino è finita anche la Giac Hoa Pagoda a Ho Chi Minh City che 533 VIETNAM appartiene alla Chiesa buddista unificata del Vietnam (UBCV), gruppo religioso non riconosciuto. A luglio, Hanoi ha dato sfogo alla sua irritazione per la causa di beatificazione del cardinale Francois-Xavier Nguyen Van Thuan, impedendo al critico letterario Nguyen Hoang Duc, uno dei principali testimoni nel processo, di recarsi a Roma. L’incidente è occorso quando questi è stato invitato dalla Santa Sede per la cerimonia ufficiale di chiusura dell’inchiesta diocesana; malgrado l’invito ufficiale,a Hoang Duc è stato impedito di imbarcarsi sull’aereo dai funzionari dei servizi di sicurezza. L’incidente che, probabilmente, è il più grave e il più emblematico del clima di persecuzione aperta e violenta contro la comunità cattolica, si è verificato all’inizio del settembre 2013. Tutto è cominciato con l’arresto illegale e arbitrario di due parrocchiani di My Yen, nella Provincia di Nghe An, nella regione costiera settentrionale del Paese, ed è finito con il coinvolgimento sia delle autorità religiose che dei fedeli cattolici. Come riportato da Ucanews, il 5 settembre la polizia ha represso nel sangue una dimostrazione di centinaia di persone che erano scese in strada per protestare contro la detenzione arbitraria di due cattolici, Ngo Van Khoi e Nguyen Van Hai, in prigione da mesi senza un’accusa formale. Circa 1.000 poliziotti hanno sparato sui dimostranti, colpendone molti. Giorni prima, le autorità locali avevano assicurato alla popolazione che i due sarebbero stati rilasciati per non aver commesso il fatto. Il vescovo di Vihn, Paul Nguyen Thai Hop, è intervenuto in difesa della comunità cattolica – sostenuto dalla Conferenza episcopale e dai leader delle principali religioni del Paese – accusando le autorità di Nghe An di tattiche «subdole e senza scrupoli». Nei giorni successivi, ha lanciato un appello attraverso l’Agenzia AsiaNews, alla comunità internazionale, esprimendo la sua «preoccupazione» per gli attacchi del regime e chiedendo «sostegno» in una «situazione pericolosa e preoccupante» per i cristiani. Nelle settimane successive, questa presa di posizione lo ha reso bersaglio di una serie di attacchi prolungati da parte dei mass-media e delle autorità locali che hanno montato ad arte una campagna di diffamazione contro di lui. Il 23 ottobre, i giudici della locale Corte di Vinh, la capitale della provincia di Nghe An, hanno condannato i due parrocchiani di My Yen a vari mesi di prigione, dopo un’udienza a porte chiuse, della quale non erano stati informati nemmeno i familiari. In risposta a questo, e nonostante le minacce, la diocesi di Vinh ha emesso un Comunicato attaccando il processo-farsa che, si legge, era finito con «un verdetto ingiusto ed equivoco». Nell’arco di alcuni giorni, altri leader religiosi del Pae se – buddisti hao hao, buddisti della Chiesa unificata del Vietnam, leader ca dao, pastori protestanti e sacerdoti cattolici – hanno stilato una dichiarazione comune sulle leggi del Governo in materia di religione. Lontane dall’essere «strumenti di legge» con l’obiettivo di garantire la libertà religiosa – hanno scritto – «le leggi emanate dal Governo comunista negli ultimi anni sono diventate strumento di repressione, subordinazione e oppressione da parte dello Stato». 534 VIETNAM Ciò nonostante, in un’atmosfera caratterizzata da violazioni e abusi, la comunità cattolica continua a crescere; vengono aperti nuovi luoghi di culto e sempre più giovani chiedono di entrare nei seminari e nei conventi. Nel 2013, secondo Ucanews, c’è stato un numero record di richieste per entrare nel più importante seminario di Vinh, sebbene essa sia una delle diocesi più nel mirino delle autorità. 535