atto amministrativo implicito e compatibilità con la l. 241/1990

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atto amministrativo implicito e compatibilità con la l. 241/1990
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ATTO AMMINISTRATIVO IMPLICITO E COMPATIBILITÀ
CON LA L. 241/90. LA PECULIARE FIGURA DELL’AUTHORITY
di Antonio Cordasco
L’istituto dell’atto amministrativo implicito, la sua regolamentazione e i poteri delle Authorities
in materia di adozione di atto amministrativo implicito.
The institution and regulation of implied administrative act and the powers of Authorities in adoption of implied administrative act.
Sommario: 1. Introduzione: l’atto amministrativo implicito. 2. Requisiti dell’atto amministrativo
implicito. 3. Atto amministrativo implicito, compatibilità con l. 241/90 e s.m.i.. 4. Le Authorities,
atto amministrativo implicito e poteri.
1. Introduzione: l’atto amministrativo
implicito.1
Da tempo dottrina e giurisprudenza dibattono sulla legittimazione, (tra le possibili
forme di esternazione dell’attività amministrativa), dell’atto amministrativo c.d. implicito2. Invero, le problematiche che sorgono in
relazione alla possibilità per la pubblica amministrazione di esternare la propria volontà
attraverso manifestazioni implicite, riguardano il principio di legalità e tipicità dell’azione
amministrativa, secondo cui, l’attività della
pubblica amministrazione deve essere regolata dalla legge, che ne determina non solo
l’attribuzione del potere in capo all’autorità
amministrativa competente ma, altresì, le
modalità di svolgimento dello stesso. Il principio di legalità non trova nella Carta costituzionale un riferimento esplicito. Pur tuttavia
lo stesso riferimento, si può ricavare da un richiamo ai diversi principi contenuti nella
stessa costituzione, tra cui quello contenuto
nell’art. 97. A riguardo in dottrima, si è comunque precisato, che il richiamo all’art. 97
cit. “può risultare (almeno parzialmente soddisfacente a condizione che esso sia riferito
alla parte della disposizione in cui è conacrato la regola in forza della quale spetta alla legge, nel momento in cui provvede ad organizzare i “pubblici uffici”, stabilire altresì
le rispettive “sfere di compentenza” ed “attribuzioni”. Molto meno condivisibile sarebbe invece il rinvio stesso, qualora esso riguardasse il canone dell’imparzialità
dell’azione amministrativa che in effetti appare neutrale rispetto alla problematica ora
in discussione”; precisando poi lo stesso Autore che “il principi di imparzialità, anzitutto,
se può implicare la necessità che esista una
previa norma capace di circoscrivere
l’ambito di valutazione discrezionale demandato all’amministrazione, non sembra però di
per sé esigere che essa sia sempre e necessariamente di rango legislativo formale; la regola dell’imparzialità, peraltro, pare più
propriamente concernere non tanto la questione della sussistenza di un determinato potere amministrativo quanto piuttosto solo
quello delle modalità del suo esercizio”.3
1
Saggio sottoposto con esito positivo alla procedura di
referaggio ai sensi del Regolamento interno della Rivista
2
BASSI, Principio di legalità e poteri amministrativi
impliciti, Milano, 2001, 35 ss.; MORBIDELLI, Il principio di legalità e c.d. poteri impliciti in Dir. Amm.
2007.
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3
BASSI, Il principio di legalità dell’azione amministrativa fra regole costituzionali e norme comunitarie
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Tuttavia, il principio di legalità dell’azione
amministrativa deve essere contemperato con
la contrapposta esigenza di celerità e di speditezza dell’azione amministrativa (peraltro oggi acclarata dalle recenti norma-tive in materia) che rende estremamente difficile per la
pubblica amministrazione, in particolari circostanze, attenersi all’iter procedimentale imposto dalla norma specifica.
In siffatto contesto tra le figure atipiche di
esternazione dell’attività amministrativa, un
posto di rilievo riveste l’atto amministrativo
implicito.
tiva emanante l’atto presupponente; c) l’atto
implicito non deve essere un atto per il quale
si richiede il rispetto di una forma solenne e
devono essere rispettate le regole procedimentali prescritte per l’emanazione di un
provvedimento del genere; d) infine, dal
comportamento deve desumersi in modo non
equivoco la volontà provvedimentale, cioè
deve esistere un collegamento esclusivo e bilaterale tra atto implicito e atto presupponente, nel senso che l’atto implicito deve essere
l’unica conseguenza possibile di quello espresso” 5.
Del resto, la possibilità di esternare
l’attività amministrativa con forme diverse
dal provvedimento espresso, trae fondamento
dal principio di libertà delle forme ma anche
da quello di economicità e di snellezza
dell’azione amministrativa e, in particolare,
da quello di tutela dell’affidamento dei cittadini6.
L’istituto dell’atto implicito, risponde invero all’esigenza di individuazione di un atto
impugnabile anche laddove non esiste un
provvedimento esplicito.
Peraltro lo stesso Consiglio di Stato, già
nel 2002, aveva avuto modo di precisare come potesse accadere soventemente che, il ricorso proposto dai privati, venisse dichiarato
inammissibile per mancanza del provvedimento da impugnare, anche se in realtà, questo esisteva ma era implicito in un comportamento o fatto amministrativo inequivocabile.
Tale problematica assunse notevole rilievo
con l’aumento dell’attività materiale della
P.A. allorché si avvertì: da un lato l’esigenza
di tutelare il privato di fronte a manifestazioni
atipiche del potere provvedimentale della
pubblica amministrazione e, dall’altro, la necessità di prevedere una forma impugnatoria
che meglio si adattasse alla fattispecie atipica,
senza ricorrere alla tutela prevista per il silenzio dell’amministrazione, stante l’inequivocabile differenza che intercorre tra i due istituti.
Tuttavia la mancanza di un provvedimento
da impugnare, ha fatto sorgere non pochi
problemi di interpretazione sotto il profilo
2. Requisiti dell’atto amministrativo implicito.
Tale “tipologia” di atto non trova invero
nella legge sul procedimento amministrativo
una disciplina, che si ricava da un’attenta interpretazione fornita dalla giurisprudenza.
In particolare, il Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare che si configura un atto
amministrativo implicito, nei casi in cui
l’amministrazione, pur non adottando formalmente un provvedimento, determina univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un comportamento, ovvero determinandosi
in una specifica direzione (anche in ragione
delle fasi istruttorie coerentemente svolte) a
cui non può essere ricondotta altra volontà se
non quella equivalente al contenuto del provvedimento corrispondente4.
La fattispecie provvedimentale implicita è
stata delimitata dalla stessa giurisprudenza, la
quale, al fine di assicurare la tutela delle posizioni giuridiche incise da tale tipologia di attività amministrativa, ne afferma l’ammissibilità purchè ed in presenza di particolari
condizioni: “a) innanzitutto deve esistere una
manifestazione espressa di volontà (comportamento concludente o altro atto amministrativo), proveniente dalla P.A. e a contenuto
amministrativo, da cui desumere l’atto implicito; b) tali atti o comportamenti devono poi,
provenire da un organo competente
nell’esercizio delle sue attribuzioni; l’atto
implicito deve, a sua volta, rientrare nella
sfera di competenza dell’autorità amministra-
5
CdS, IV 18.10.2002 n. 5758
CdS, IV n. 5758/2002 e TAR Lazio, Sez III ter n.
1834/2003
6
in Foro Amm. TAR 2002, 1900 ss
4
CdS, IV n. 813/2011
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altra giurisprudenza11 la quale ha ritenuto che
escogitare un provvedimento implicito che
non esiste (a differenza del silenzio-assenso)
non risulta di per sé idoneo ad assicurare un
più elevato livello di tutela al terzo che si voglia opporre all’intervento; anzi, ciò lo esporrebbe alle incertezze interpretative sull’esatto
momento in cui egli consegue la piena conoscenza dell’atto lesivo e, a partire dal quale,
decorre il termine per l’eventuale impugnativa. Secondo tale costruzione, la D.I.A. è atto
di parte o atto del privato e ad essa non si applicano le regole tipiche del procedimento
amministrativo. In particolare la predetta pronuncia della VI Sezione, pur condividendo la
preoccupazione di assicurare al terzo la effettività della tutela giurisdizionale, ha osservato
tuttavia che tale “remora” non può portare a
stravolgere la natura dell’istituto, trasformando quella che è una dichiarazione del privato
in atto dell’amministrazione o in una fattispecie “ibrida” che nascerebbe privata e diventerebbe pubblica per effetto del decorso del
tempo trascorso e del silenzio serbato.
La questione è stata oggetto di indagine da
parte dell’Adunanza Plenaria, la quale ha precisato (circa l’impugnazione della D.I.A.) per
un verso che il privato, che ritenga di essere
pregiudicato dai lavori effettuati sulla base di
D.I.A., debba necessariamente attivare il procedimento per la formazione del silenziorifiuto sulla istanza volta all’adozione di
provvedimenti repressivi da parte della P.A.;
per altro verso, ha individuato nella fattispecie, quale oggetto specifico dell’impugnazione, il silenzio (che riveste natura di provvedimento negativo implicito) in ordine
all’esercizio di poteri inibitori sulla dichiarazione di inizio di attività.
Invero l’Adunanza Plenaria ha precisato
che ricorre l’ipotesi “di un provvedimento per
silentium con cui la P.A., esercitando in senso negativo il potere inibitorio, riscontra che
l’attività è stata dichiarata in presenza dei
presupposti di legge e, quindi, decide di non
impedire l’inizio o la protrazione dell’attività
dichiarata”. In questo caso, “venendo in rilievo un provvedimento per silentium, la tutela del terzo sarà affidata primariamente
impugnatorio.
In un primo momento il Consiglio di Stato, aveva dichiarato l’inammissibilità del
gravame (in caso di denuncia di inizio attività), atteso che la D.I.A non avrebbe valore di
provvedimento amministrativo tacito, ma si
configurerebbe come atto di parte, che consente al privato di intraprendere un’attività
una volta scaduto il termine di decadenza entro cui l’amministrazione può esercitare il
proprio potere inibitorio7. Tale tesi però è stata oggetto di numerose critiche, fondate sulle
esigenze di tutela dei terzi oltre che di certezza dei rapporti giuridici.
A tale orientamento si è contrapposto un
diverso filone giurisprudenziale di natura interpretativa, secondo cui la denuncia di inizio
attività, va equiparata al permesso di costruire
quanto all’impugnazione. Da ciò ne consegue
che la relativa decisione riguarderà quella
parte ammissibile dell’impugnazione, con cui
si chiede di voler conseguire l’annullamento
del titolo edilizio conseguito dalla controinteressata con il deposito della denuncia, trascorso il tempo di legge8. Considerando invero che la D.I.A., non è uno strumento di liberalizzazione dell’attività, ma, una semplificazione procedimentale che consente al privato
di conseguire un titolo abilitativo, il Supremo
Consesso Amministrativo ha avuto modo di
affermare che la stessa è impugnabile dal terzo, nell’ordinario termine di decadenza di 60
giorni, decorrenti dalla comunicazione al terzo del suo perfezionamento, ovvero dalla conoscenza del consenso (implicito) all’intervento oggetto della stessa9.
Pertanto i terzi, che si assumono lesi dal
silenzio serbato dall’Amministrazione a fronte di presentazione di D.I.A., sono legittimati
all’impugnativa non avverso il silenzio stesso
ma, nelle forme dell’ordinario giudizio di impugnazione, avverso il titolo che, formatosi e
consolidatosi per effetto del decorso del termine, si configura in definitiva come fattispecie provvedimentale a formazione implicita10.
Tale tesi è stata però messa in dubbio da
7
CdS, V 22.2.2007 n. 948
TAR Liguria, Ge, Sez. II 9.1.2009 n. 43; Id. Sez. I,
6.6.2008 n. 1228
9
CdS,VI 5.4.2007, n. 1550
10
CdS, 25.11.2008 n. 5811
8
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CdS,VI, 9.2.2009, n.717
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all’esperimento di un’azione impugnatoria”12.
Pertanto in relazione all’esigenza di tutelare i terzi da ipotesi provvedimentali implicite,
la giurisprudenza, affermando la giurisdizione
del giudice amministrativo, ha garantito una
tutela a fattispecie che, data la loro atipicità
dall’ipotesi provvedimentale, sarebbe rimasta
esclusa dal sindacato giurisdizionale o che sarebbe stata devoluta al g.o. qualora in esse, si
fosse ravvisata un’attività materiale sine titulo, anziché un atto implicito.
Tuttavia, in diverso avviso, altra corrente
ritiene che dall’atto implicito, si possa ricavare una motivazione, facendo riferimento proprio all’atto presupposto allo stesso.
Altro problema sorge poi in relazione
all’art. 2 della l. 241/90 che obbliga, l’amministrazione, a concludere il procedimento con
un provvedimento espresso.
A tal proposito la dottrina, è comunque divisa tra coloro che interpretano letteralmente
la norma, ritenendo che l’amministrazione
possa concludere il procedimento soltanto attraverso un atto esplicito, e altra parte della
dottrina che invece, interpreta l’aggettivo “espresso” in senso ampio, cioè con riferimento
ad un obbligo per la P.A. di concludere il
procedimento e di non rimanere inerte, non
essendo importante se l’amministrazione
provveda esplicitamente ovvero con un atto
implicito.
I profili di incompatibilità sopra delineati,
si pongono poi anche in relazione all’art. 21
septies, nella parte in cui la stessa norma include tra le cause di nullità dell’atto amministrativo, il vizio di forma.
Tuttavia il requisito prescritto dal citato
art. 21 septies, deve relazionarsi necessariamente con il principio di libertà di forma, secondo cui la P.A. non è tenuta ad estrinsecare
la propria volontà con un atto scritto, se non
nei casi espressamente previsti dalla legge.
Non sempre la mancanza ovvero la erroneità nella forma, conduce all’invalidità
dell’atto adottato. L’atto sarà infatti nullo solo
nel caso di violazione della forma essenziale,
per tale intendendosi quelle caratteristiche
necessarie e sufficienti a far identificare un
atto come provvedimento della pubblica amministrazione.
Non sembra quindi possa, concludersi, nel
senso della nullità dell’atto per difetto di volontà o forma dell’atto implicito, laddove lo
stesso possa ricavarsi da un provvedimento o
comportamento presupposto.
D’altronde l’art. 21 octies stabilisce la salvezza dell’atto amministrativo anche qualora
lo stesso sia viziato se si dimostri che il provvedimento avrebbe comunque avuto identico
contenuto.
E’ interessante in proposito considerare il
caso in cui nei procedimenti ad istanza di par-
3. Atto amministrativo implicito, compatibilità con la l. 241/90 e s.m.i..
Nonostante l’orientamento assunto dalla
giurisprudenza sia volto ad ammettere la legittimazione dei provvedimenti impliciti
(laddove ricorrano determinate condizioni),
molte sono ancora le incertezze e problematiche che involgono la figura della fattispecie
provvedimentale implicita, con particolare riferimento alla difficile compatibilità tra tale
istituto e le prescrizioni di cui alla l. 241/90
sul procedimento amministrativo.
L’intera normativa sul procedimento amministrativo infatti, si riferisce alla tipica figura del provvedimento amministrativo “espresso”, non contemplando alcuna forma di
manifestazione implicita della volontà della
pubblica amministrazione.
Da tale deduzione conseguono una serie di
problemi di compatibilità con altrettanti istituti specifichi, contemplati dalla men-zionata
l. 241/90; primo tra tutti l’istituto della motivazione disciplinata all’art. 3, ciò in quanto
l’atto implicito per sua natura non può contenere alcuna motivazione, eludendo in tal modo il generico obbligo disposto dall’art. 3 che
impone invece di motivare i provvedimenti
adottati.
Il difetto di motivazione dell’atto implicito
ha fatto dubitare parte della dottrina della legittimità e ammissibilità dello stesso tra le
fattispecie provvedimentali, atteso che, l’atto
implicito si tradurrebbe in sostanza in
un’elusione della garanzia rappresentata
dall’istituto della motivazione.
12
CdS,Ad. Plen., 29.7.2011 n. 15; IV, 15.12.2011 n.
6614
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normativo in cui questo potere si radica15.
te, la comunicazione dei motivi ostativi di cui
all’art. 10 bis l. 241/90, avvenga con provvedimento implicito anziché con atto espresso.
A tal proposito il TAR Lazio ha avuto modo di affermare che “l’omissione del preavviso di rigetto previsto dall’art. 10 bis l. n.
241/90, non determina l’illegittimità del
provvedimento finale nel caso in cui
l’interessato nel ricorso, non abbia addotto
alcun elemento in fatto idoneo ad inficiare le
conclusioni raggiunte con il provvedimento
finale impugnato, non essendoci pertanto
prova che la sua partecipazione al procedimento sarebbe stata in grado di concretizzarsi in osservazioni, suggerimenti e anche opposizioni ragionevolmente idonee a sortire
una favorevole incidenza causale sul provvedimento finale”13.
Tra i poteri impliciti previsti nell’ambito
dei poteri provvedimentali, occorre distinguere tra i poteri regolamentari e i poteri provvedimentali14. I poteri regolamentari soprattutto
se adottati dalle Autorità indipendenti, si limitano a dettare criteri concernenti obiettivi e
finalità: come a dire che determinano in concreto il contenuto della potestà regolamentare.
Con riguardo invece ai poteri provvedimentali, vanno esaminati i limiti della competenza ed esercitare quello specifico potere
quale titolarità dell’esercizio del potere stesso. In particolare il potere provvedimentale
delle Autorità indipendenti, è stato oggetto di
rilettura giurisprudenziale che, ha desunto
dalle finalità attribuite alle Autorità medesime, il potere alle stesse riconosciuto. Si pensi
ad esempio alla competenza dell’Autorità per
l’energia elettrica e il gas a regolare anche i
settori non espressamente affidati sempre che
sia coerente con le finalità e con i risultati attribuiti dalla stessa legge all’Autorità.
Quando si tratta di poteri provvedimentali, la loro individuazione deve rispondere a
regole rigorose, tali da garantire l’ossequio al
principio di tipicità.
Il principio di tipicità vuol dire che
l’attribuzione di tale potere deriva dal sistema
13
14
4. Le Authorities, atto amministrativo
implicito e poteri.
Ciò premesso, la questione va ora riferita
alle autorità amministrative indipendenti, ed
in particolare al potere provvedimentale che
alle stesse viene riconosciuto, ed in merito alla capacità di queste di adottare provvedimenti di natura amministrativa implicita16.
Il TAR Puglia, Sez I, con sentenza n. 180
già nel 9.7.2009, con riferimento ai poteri di
tali autorità, affermava che “i principi di legalità e di tipicità, che costituiscono regole
dell’azione amministrativa, non comportano
l’esclusione assoluta di ogni potere provvedimentale implicito, inteso quale potere di
emanare un provvedimento amministrativo
non previsto da alcuna norma di legge o di
regolamento, ma richiedono che l’attribuzione di questo sia coordinata con il sistema di garanzie in cui tale potere si radica”.
L’Autorità indipendente può, quindi,
provvedere, in modo implicito anche se non
previsto dalla legge stante il potere implicito
riconosciuto alla stessa Authority.
D’altronde le autorità amministrative indipendenti godono di poteri ricavabili dalla
legge e non dalla stessa previsti direttamente.
Nelle materie con particolare tecnicismo,
sono infatti le stesse leggi di settore ad attribuire all’Autorità amministrativa indipendente ampi poteri soprattutto in materia provvedimentale.
Ciò però finisce con contrastare con il
principio di legalità, evidenziando così problemi di compatibilità.
In proposito giova ricordare che il Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare che
15
MORBIDELLI, Op. cit.. Sul punto cfr TRAVI Giurisprudenza amministrativa e principio di legalità in Dir.
Pubbl. 1995, 91 ss, il quale pur riconoscendo la idoneità dei principi generali (anche a fronte di quanto elaborato in proposito dalla giurisprudenza), manifesta comunque le sue perplessità circa la capacità della stessa
giurisprudenza ad utilizzare l’atto implicito anche per
delineare poteri “che dovrebbero invece caratterizzarsi
per una tendenziale tassatività auspicando, quindi una
maggiore selettività dei principi stessi”.
16
A. PREDIERI, Le Autorità Indipendenti nei sistemi
istituzionali ed economici, Firenze, Passigli Editore,
1997.
TAR Lazio Rm, sez II 15.11.2011 n, 8892
MORBIDELLI, Op. cit.
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“la parziale deroga al principio di legalità
sostanziale si giustifica in ragione dell’esigenza di assicurare il perseguimento ai fini
che la stessa legge determina: il particolare
tecnicismo del settore impone, infatti, di assegnare alle Autorità il compito di prevedere
e adeguare costantemente il contenuto delle
regole tecniche all’evoluzione del sistema.
Una predeterminazione normativa rigida sarebbe da ostacolo al perseguimento di tali
scopi: da qui la conformità a Costituzione, in
relazione agli atti regolatori in esame, dei
poteri impliciti” 17.
Da ciò si ricava che il potere riconosciuto
in materia alle Authority consente alle stesse
seppur implicitamente di comparare l’esercizio del potere provvedimentale implicito
con il principio di legalità sostanziale.
Tali criteri non possono prescindere dalla
differenza (anche in ragione della diversità
delle funzioni) che ricorre tra le Authorities e
quindi dalla capacità alle stesse riconosciuta
di adozione di provvedimenti impliciti18.
Normalmente per distinguere tra le varie autorità indipendenti, viene usato il criterio che
fonda sull’attività istruttoria e decisoria che i
diversi
organismi
interni
svolgono.
D’altronde per l’adozione di atti generali viene richiesta una maggiore discrezionalità che
ovviamente non è necessaria nel caso di
provvedimenti destinati ai singoli soggetti.
Una piena indipendenza funzionale andrebbe così conferita solo a quei soggetti che
svolgono un’attività paragiurisdizionale e non
anche, a quelli che svolgono un’attività assimilabile a quella del legislatore19.
In tale contesto si ritiene che le fondamenta dell’indipendenza delle autorità quali
L’AEEG siano radicalmente diverse da quelle
dell’Autorità antitrust che svolge una funzione di garanzia, ciò in quanto nel primo caso
si parla di attività amministrativa vera e propria perchè, l’Autorità agisce in modo impar-
ziale, per perseguire le finalità di interesse
pubblico che le sono assegnate ex art. 97 della
costituzione, senza essere parte “terza” rispetto ai soggetti destinatari delle sue azioni –
mentre nel secondo caso dell’Autorità antitrust, la stessa deve ritenersi “garante”, e
quindi “terza” rispetto alle parti20.
Tale criterio distintivo va comunque contestualizzato sia politicamente che teroricamente. Le autorità regolatori (come AEEG)
adottano infatti provvedimenti di contenuto
evidentemente tecnico, applicando principi
spesso ricavabili dalla prassi delle stesse Autorità. Inoltre, tale Autorità ha come obiettivo
quello di garantire efficienza del meccanismo
di mercato nel rispetto di principi di derivazione comunitaria21.
Recentemente si è poi ritenuto distinguere
all’interno delle autorità di regolazione “una
differenziazione di fondo tra settori nei quali
coesistono politiche pubbliche selettive e regolazione dei mercati (ad esempio: in materia di energia e di altri servizi pubblici, come
i trasporti, la sanità e la scuola, oggi sempre
più resi anche da soggetti privati) e settori
nei quali vi è, negli ordinamenti contemporanei,, minor spazio per indirizzi o strategie politiche, tra i quali vi sono i tre mercati finanziari. Quanto ai primi è impensabile che non
vi siano indirizzi e programmi di politica energetica di sviluppo dei sistemi di trasporto,
di politica e sanitari e scolastica, che determinano allocazioni di risorse e scelte di merito. E dunque, le agencies di supervision di tali settori sono chiamate ad attuare degli specifici indirizzi politici, cristallizzati a monte
(ad esempio: in tema di liberalizzazione del
mercato elettrico). Viceversa, rispetto ai mercati finanziari (in senso lato) la funzione dei
decisori politici è quella di porre – e modernizzare, via via - le regole generali per una
ottimale organizzazione giuridica dei mercati, esprimendo, nell’esercizio di tale funzione
degli indirizzi legislativi”22.
17
CdS., VI, 27.12.2006 n. 7972.
G. AMATO, Autorità semi-indipendenti e Autorità di
Garanzia in Riv. Trim. Dir. Pub. 1967, 647 ss.
19
G. VESPERINI, Le funzioni delle Autorità amministrative indipendenti in diritto della Banca e del Mercato Finanziario 1990, 415 e ss.; M. CLARICH per uno
studio del potere dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in F. BASSI – F. MERUSI, Mercati e
Amministrazioni Indipendenti, Milano, 1993, 128.
18
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20
A. PERA Appunti sulla Riforma delle Autorità: Regolazione e Concorrenza MCR 2/2002.
21
C. SAN MAURO Recenti trasformazioni nel diritto
dell’Economia Maggioli Editore 2010.
22
S. AMOROSINO Regolazioni pubbliche mercati imprese Torino, Giappichelli 2009.
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I criteri di distinzione hanno sostenuto che
i due tipi di autorità svolgono la loro attività
con l’adozione di atti simili, perseguendo interessi di rilievo costituzionale, pur se con
modi differenti; pertanto dovrebbero vedersi
attribuire lo stesso grado di indipendenza23.
Peraltro, al riguardo si potrebbe anche precisare che neppure, una diversa caratteristica
dell’indipendenza funzionale è chiaramente
evidente nell’appartenenza in alcune scelte
del legislatore in materia di Autorità di regolamentazione. Si pensi alla differenza nei criteri e nelle modalità di nomina dei membri
delle Autorità e alla maggiore possibilità di
intervento governativo nell’attività dei regolatori.
E’ questo il caso in cui la legge conferiva
all’autorità, il compito di assicurare nell’erogazione del servizio del gas la tutela della sicurezza degli impianti e l’autorità ritenga di
dover imporre obbligatoriamente una assicurazione per tutti i clienti fruitori del gas.
Su tale questione è intervenuto il Consiglio
di Stato, VI, 17.10.2005, n. 5827, il quale è
stato chiamato a giudicare della legittimità di
una delibera con cui l’Autorità per l’energia
elettrica ed il gas ha previsto, per tutti i clienti
finali civili, l’obbligo di una assicurazione per
i rischi connessi all’utilizzo del gas naturale:
delibera che assegna alla Autorità, il compito
di assicurare, nell’erogazione dei servizi di
pubblica utilità dei settori dell’energia elettrica e del gas, il rispetto dell’ambiente, la sicurezza degli impianti e la salute degli addetti.
Ebbene il Supremo Consesso ha riconosciuto
la categoria dei poteri impliciti, valorizzando
la tecnica del legislatore nel conferire
all’Autorità indicata, i poteri amministrativi
di regolazione del mercato elettrico e del gas,
affermando che la l. n. 481 del 1995 è “una
legge d’indirizzo che poggia su prognosi incerte, rinvii in bianco all’esercizio futuro del
potere, inscritto in clausole generali o concetti indeterminati che spetta all’Autorità
concretizzare. La natura della copertura legislativa è adeguata alla peculiarità dei poteri
dell’Amministrazione indipendente quale
amministrazione che si “autoprogramma”
secondo le finalità stabilite dal legislatore. Se
così è allora non può lamentarsi alcuna carenza di prescrittività del dettato normativo,
che, stabiliti i poteri e le finalità
dell’Autorità, secondo la tecnica del programma legislativo aperto, rinvia al procedimento ed alle garanzie di partecipazione
per fare emergere la regola, che dopo
l’intervento degli interessati, appaia, tecnicamente la più idonea a regolare la fattispecie”.
Da quanto sopra emerge quindi la possibilità che l’Authority possa esercitare poteri
non riconosciuti esplicitamente da una legge
semprechè la legge limiti ed indichi gli obiettivi dell’Amministrazione attraverso e con il
coinvolgimento di tutti i soggetti interessati
anche a garanzia del procedimento seguito.
In tal senso più recentemente il Consiglio
di Stato, sez. VI, 2.5.2012, n. 2521, il quale
nel giudicare la legittimità di alcune deliberazioni della Autorità garante per l’energia
elettrica ed il gas naturale, ha precisato, in
parziale deroga ai principi di legalità sostanziale che, la legge, non è tenuta ad indicare
dettagliatamente il contenuto degli atti regolamentari delle autorità. Tale deroga si ricava
dalla necessità di assicurare il raggiungimento
dei fini che la stessa legge ha inteso perseguire. Se infatti la fonte di legge predeterminasse
il contenuto di tali atti, ciò urterebbe il costante adeguamento delle regole tecniche con
l’evoluzione di un sistema in quei settori in
cui è elevato il tecnicismo. Osserva in proposito il Consiglio di Stato nella precitata sentenza: “la conformità a Costituzione, in relazione agli atti regolatori in esame, dei poteri
impliciti”.
D’altronde la funzione del principio di legalità sostanziale impone, “il rafforzamento
del principio di legalità procedimentale che
si sostanzia tra l’altro nella previsione di rafforzate forme di partecipazione degli operatori del settore al procedimento di formazione
degli atti regolamentari”.
23
C. FRANCHINI, Mito e realtà delle Autorità Indipendenti, Impresa e Stato, n. 35.
Gazzetta Amministrativa
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Numero 1 - 2013