Print Current Page
Transcript
Print Current Page
Bacco made in USA Bacco giramondo - Già nel 1600 la vite selvatica cresceva rigogliosa sulla costa est dell’America del Nord / 10.10.2016 di Davide Comoli Si racconta che fu l’esploratore vichingo Leif Erikson, sbarcato nel golfo della Terranova intorno all’anno mille che, dopo aver notato l’abbondanza di viti selvatiche, chiamò questa terra sconosciuta «Vinland». È certo che già nel XVII sec., la vite selvatica cresceva in modo rigoglioso sulla costa est dell’America del Nord, dalla Georgia al Canada. A metà del Seicento, le missioni Gesuite producevano del vino nel Québec così come i Francescani lo facevano nel Nuovo Messico lungo le rive del Rio Grande. Queste viti selvatiche che ricoprivano la costa atlantica erano specie di vitis labrusca. Il vitigno più famoso tra questi è il Concord, un vitigno a bacca rossa sviluppato da Ephraim Wales Bull della città di Concord nel Massachusetts. Questo vitigno robusto e resistente alle malattie fu poco a poco impiantato in tutta la Nuova Inghilterra e nel Middle West. Nel Grande Sud, un’altra specie indigena, vitis rotundifolia, fu invece la madre di un vitigno a bacca bianca chiamato Scuppernong, coltivato in Carolina e Florida e un po’ più tardi nel Mississippi e Stati attigui. Le prime notizie di industrie vinicole le troviamo in Pennsylvania, negli Stati della Nuova Inghilterra, in Carolina e nel Kentucky dove si produceva vino con vitigni locali, e dove parecchi produttori cercarono invano di produrre vini dallo stile europeo, senza fare i conti con le specie indigene, soprattutto la vitis labrusca, i cui vini originati esalavano profumi foxées (sgradevole pelo umido). Cercarono quindi di far arrivare dall’Europa talee di vitis vinifera, ma le pianticelle europee non resistettero alle malattie e ai parassiti che furono identificati solo due secoli dopo. All’ovest delle Montagne Rocciose, dove non esisteva nessun ceppo indigeno, i primi vini furono elaborati a partire da uva che proveniva dal Messico, la Criolla. Nel 1850 un centinaio di talee provenienti dall’Europa di vitis vinifera si adattarono bene in California, grazie alle condizioni climatiche simili a quelle delle regioni del Mediterraneo. Fu quindi dalla seconda metà del XIX sec. che la produzione vinicola assunse una certa importanza, prima in California (più di un milione di ettolitri a fine secolo), a seguire in Ohio, in Missouri e nello Stato di New York. Il proibizionismo instaurato nel 1920 in tutti gli Stati Uniti e in Canada, creò parecchi problemi all’industria vitivinicola che stava godendo di un certo successo dovuto all’energia e all’esperienza profusa dagli emigranti arrivati dall’Europa, che già avevano dovuto combattere negli anni 1885 la filossera apparsa per la prima volta in California. Di quel periodo, che durò sino al 1933, si salvarono solo i vitigni americani destinati al succo d’uva, alle marmellate e alle gelatine. Oltre al Concord, gli altri vitigni usati furono la Catawba, la Norton e l’Isabella per i rossi, la Delaware, la Niagara e la Dutchess per i bianchi. Usate prima del proibizionismo per produrre vini tipo Porto e Sherry. Al momento dell’entrata in vigore di questa legge, gli Stati Uniti producevano circa due milioni di ettolitri di vino e i vini della California incominciarono a farsi conoscere. Cinque anni più tardi la produzione era diminuita del 95 per cento e alla fine, nel 1933 in Europa si era perso il ricordo dei vini americani. Ci vollero più di 25 anni perché il resto del Mondo s’accorgesse che esisteva un’industria vinicola americana. Oggi i vini dell’America del Nord non provengono dalla sola California (85 %), si elaborano vini in quasi tutti gli Stati: Oregon, Washington e New York, sono produttori degni di nota, senza dimenticare il Canada; tuttavia i produttori sono sparsi in modo disuguale. La fantastica diversità dei suoi paesaggi, dei suoi suoli, del suo clima, ha permesso agli Stati Uniti di sviluppare un’incredibile varietà di vini, dall’esotico Léon Millot al Seyval Blanc, sino ai Chardonnay e Cabernet Sauvignon che hanno dato alla California una rinomanza internazionale usando il concetto del monovitigno, cioè del vino prodotto da una sola varietà. La maggior parte dei produttori dell’America del Nord non esisteva prima del 1966. Almeno il 70 % delle aziende vinicole californiane furono fondate dopo questa data, nello Stato di New York almeno l’80 % dopo il 1976. Nell’Ontario (Canada) la prima licenza dopo il 1929 fu accordata nel 1975. Nel 1991 gli Stati Uniti divennero il quarto produttore mondiale dietro l’Italia, la Francia, la Spagna, ma davanti all’Argentina. L’America del Nord, possiede cinque grandi regioni dove gli Stati producono vino: 1. La California: domina completamente la produzione, grazie al suo clima particolarmente dolce, la vitis vinifera ivi impiantata dona vini di livello internazionale. 2. Il Nord Ovest: ricopre in termine vitivinicolo gli Stati di Washington e Oregon, zone in pieno sviluppo anche per quel che riguarda la qualità dei loro vini. 3. Il Nord Est: è soprattutto lo Stato di New York che con il suo 4-5 % di produzione si situa al secondo posto di quella totale del paese. Gli altri Stati del Nord Est che producono vino sono: il New Jersey, la Nuova Inghilterra, la Pennsylvania e il Maryland. 4. Nel Sud e nel Middle West: si trovano piccoli produttori capaci di fare buoni vini, scoperti alle volte in luoghi insospettabili. 5. E da ultimo il Canada: per qualcuno potrebbe essere un produttore inatteso, visto il rigore del suo clima, ma lasciatevi sorprendere alle prossime puntate.