Wedding day

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Wedding day
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Capitolo 1 di LindaBaggins
Wedding day
“Eppure sentire
nei fiori tra l'asfalto
nei cieli di cobalto c'è
Eppure sentire
nei sogni in fondo a un pianto
nei giorni di silenzio c'è
un senso di te.”
(1)
Non sempre Ginny Weasley era soddisfatta dell’immagine che lo specchio le rimandava, ma quel
giorno, doveva ammetterlo, ogni considerazione pessimistica sul suo aspetto poteva essere lasciata da
parte.
Esaminò per l’ennesima volta, con un lieve sorriso e una punta di ansia, l’acconciatura che le tirava i
capelli indietro sulla nuca, mentre il resto di essi, sciolto sulle spalle in una massa di onde rosso fuoco,
catturava i raggi del sole pomeridiano.
Quasi stentava a credere che la giovane donna che la fissava dallo specchio, con la pelle luminosa e gli
occhi accuratamente truccati, fosse proprio lei. Non era abituata a vedersi così. Se cresci in una famiglia
in cui sei la sola ragazza in mezzo a sei fratelli, è quasi inevitabile che prima o poi tu diventi una sorta di
maschiaccio, e che tu preferisca passare le serate a lucidare la tua scopa da corsa piuttosto che farti le
sopracciglia.
Furtivamente, sollevò una mano per sistemare un fiore che sembrava avere intenzione di cadere dalla
coroncina che portava tra i capelli.
«Lasciali in pace, Ginny, per l’amor del cielo!» la rimproverò Hermione in tono divertito, mentre finiva
di legarle i lacci di seta che le chiudevano il vestito sulla schiena. «Finirai per distruggerli!»
«Mh-mh» rispose Ginny distrattamente, armeggiando lo stesso con lo stelo del fiore. Guardando nello
specchio colse uno sguardo di Luna, china sullo strascico per sistemarne le pieghe, che le sorrise
furtivamente e tornò al suo compito.
«Sei bellissima» le disse con voce sognante quando, pochi minuti dopo, entrambe ebbero finito di
sistemarle il vestito. Si allontanarono di qualche passo e la fissarono soddisfatte, mentre agli angoli degli
occhi di Hermione già cominciava a luccicare qualche lacrima.
«Scusate» disse con un sorriso impacciato, accettando il fazzoletto che Luna le aveva prontamente
offerto. «È che è tutto così … strano … e … sono così felice!»
Ginny sentì qualcosa smuoversi nel petto, andando a bloccarle lo stomaco. Succedeva continuamente, da
quando si era svegliata quella mattina, e aveva la vaga sensazione che, non appena fosse uscita da quella
porta, le cose avrebbero solo potuto peggiorare. Non aveva realizzato che stava per sposarsi finché
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Hermione e Luna non erano venute lì dentro con lei e l’avevano aiutata a vestirsi e a truccarsi. Solo
allora, fissando con aria attonita il suo riflesso vestito di bianco nello specchio, aveva cominciato a
realizzare sul serio.
«Se cominci a piangere adesso non arriverai a fine serata, Hermione» la avvertì ridendo e cercando di
mantenere un tono disinvolto e di mascherare il leggero tremito di nervosismo che le incrinava la voce.
«Hai ragione» rispose l’amica, cercando di tamponarsi gli occhi in modo da non rovinare il trucco
appena fatto. «Hai ragione, devo … cercare di controllarmi, o … o farò concorrenza a tua madre. È tutta la
mattina che piange di nascosto mentre pensa che nessuno la stia guardando.»
Proprio in quel momento, qualcuno bussò. Luna andò ad aprire, in uno svolazzo di pizzo e di tulle color
lavanda, ed Hermione prese ad asciugarsi gli occhi più velocemente.
«Se è Harry, caccialo via» disse a Luna, mentre Ginny si passava le mani sui fianchi e respirava
profondamente, cercando di calmarsi. «Non ha il permesso di vederla finché il signor Weasley non la
accompagnerà all’altare.»
Luna socchiuse la porta, e Ginny, guardando nello specchio, poté vedere un ciuffo di capelli rossi
infilarsi nello spiraglio. Sorrise, e l’immagine riflessa di George fece lo stesso nella sua direzione.
«È permesso?»
Senza aspettare una risposta, George si infilò nella stanza e si richiuse la porta alle spalle.
Rimase per un attimo fermo in mezzo alla stanza, fissando il riflesso di Ginny nello specchio con un
lieve sorriso che ancora aleggiava sulle sue labbra.
«Wow» commentò alla fine. «Mi chiedo se Harry non stia avendo un po’ troppa fortuna, nella sua vita.
Sconfigge Tu-Sa-Chi, diventa la persona più famosa del mondo magico … e adesso questo.»
Ginny ridacchiò, e fu sollevata di sentire il nodo che le stringeva lo stomaco allentarsi sensibilmente. Di
tutti i membri della sua famiglia, George era quello che più aveva sperato di vedere in quegli attimi
lunghissimi in cui aspettava che finisse la sua vecchia vita e ne cominciasse una nuova. Si sentiva come
in procinto di saltare da un trampolino ad occhi chiusi, e sapeva che soltanto George avrebbe potuto
prenderla per mano e aiutarla a sciogliere quella tensione che quasi non la faceva respirare.
Lanciò un rapido sguardo di scusa a Hermione, ancora impegnata a tamponarsi alla meglio gli angoli
degli occhi, e lei capì al volo senza che fosse necessario dire una parola.
«Vieni, Luna» disse, mettendo una mano sulla spalla dell’amica e guidandola gentilmente fuori. «Forse
è il caso che cominciamo a raggiungere gli altri.»
Uscirono dalla stanza e richiusero silenziosamente la porta, non prima di averle rivolto entrambe un
ultimo sorriso. Ginny, che fino a quel momento aveva sentito le gambe pesanti come piombo, riuscì
finalmente ad allontanarsi dallo specchio e a voltarsi verso il fratello.
«Allora» chiese. «Tutto bene là fuori?»
«Certo.»
«Papà non sta asfissiando troppo Dudley con le sue domande sugli scaldabagni dei Babbani, vero? È già
un miracolo che sia venuto al matrimonio …»
«È tutto sotto controllo, stai tranquilla» la interruppe George. «Sono venuto soltanto per stare un po’ da
solo con te, prima che tu smetta di essere la sola e unica Miss Weasley e diventi la sola e unica Mrs.
Potter.»
Era ironico, come al solito, ma nella sua voce Ginny avvertì una dolcezza insolita. Era comparsa soltanto
negli ultimi anni, quella dolcezza, così come quella vena di malinconia nel sorriso beffardo. Anche per
George c’era stato un prima e un dopo, così come ci sarebbe stato per lei dopo quella giornata. Ma il suo
dopo sarebbe stato felice. Quello di George … Ginny, con uno strappo doloroso all’altezza del petto, si
chiese se avrebbe mai potuto esserlo davvero.
«Nervosa?» chiese George assestandole un pizzicotto scherzoso sul braccio nudo.
Ginny trasse un lungo sospiro, l’ennesimo di quella estenuante giornata. «Un po’.»
«Se ti può consolare, Harry lo è molto più di te. Sono entrato nella stanza dove Ron lo stava aiutando a
prepararsi, e marciava avanti e indietro come un ippogrifo in gabbia. Penso che in questo momento
preferirebbe di gran lunga affrontare una dozzina di Tu-Sai-Chi …»
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Ginny rise, e il pensiero di Harry le scaldò il cuore per un attimo. Chissà che vestito aveva scelto, alla
fine … Sperò con tutto il cuore che Hermione fosse intervenuta per prendere in mano la situazione,
perché tremava al pensiero che avesse potuto seguire i consigli di Ron in fatto di abbigliamento da
cerimonia.
Solo in quel momento si accorse che il fratello teneva nascosto dietro la schiena uno strano pacchetto
quadrato, largo e piatto.
«E quello cos’è?» chiese, curiosa.
George, con quel tocco di comica teatralità che non aveva mai perso del tutto, assunse uno sguardo
sorpreso, come se si fosse accorto soltanto in quell’istante di avere qualcosa in mano.
«Oh, questo?» chiese in tono leggero. «Che sbadato, quasi dimenticavo! Questo è l’altro motivo per cui
sono venuto a ficcare il naso nella stanza della sposa. Per te, sorellina.»
Le porse il pacco, che Ginny prese con aria incerta.
«Non è uno dei tuoi scherzi dei Tiri Vispi Weasley, vero?» chiese dubbiosa, mentre iniziava a strappare
con cautela la carta argentata.
George non rispose, ma lanciandogli un breve sguardo Ginny notò che, sopra il sorrisetto che gli
incurvava le labbra, i suoi occhi erano illuminati da uno strano sguardo di attesa.
La carta venne via del tutto, rivelando la spessa rilegatura di pelle rosso scuro di quello che sembrava un
grosso libro. Interrogò George con lo sguardo, perplessa, ma lui le fece segno con gli occhi di aprirlo.
Sollevò la copertina, e quando iniziò a sfogliare le pagine di pergamena ruvida per un attimo sentì
mancarle il respiro.
Erano fotografie.
Decine di fotografie della loro famiglia attraverso gli anni nei momenti più disparati, dalla nascita di
Ginny fino a qualche anno prima. C’era lei piccola, nuda e rosea, con un ciuffetto di capelli color carota
ritto sulla testa, che gattonava sul letto dei suoi genitori mentre Ron, poco più grande, ronfava lì accanto
con il pollice in bocca; c’erano i gemelli che la rincorrevano sul prato della Tana avvolti in lunghi
mantelli scuri fingendo di essere Dissennatori, mentre sua madre, sullo sfondo, li minacciava brandendo
un mestolo da cucina; c’erano lei, Fred, George, Ron e Charlie seduti intorno alla tavola da pranzo,
sorridenti, con davanti i piatti vuoti e la bocca sporca di torta al cioccolato; c’erano lei e Bill, testa
contro testa, profondamente addormentati sul divano; c’era lei, a undici anni, con in mano la lettera da
Hogwarts appena ricevuta, raggiante, mentre suo padre e sua madre le schioccavano un bacio su
ciascuna guancia; c’era ancora lei, china sul tavolo della cucina che cercava di studiare durante le
vacanze estive, e si ritraeva schifata mentre un grosso ragno peloso (palesemente finto) le piombava in
grembo lanciato da una mano che compariva nell’inquadratura (palesemente appartenente a uno dei
gemelli); c’erano Fred e George che la soffocavano in un abbraccio dopo che era diventata Cercatrice, al
quarto anno, felici per lei pur essendo appena stati sospesi dalla squadra di Quidditch di Grifondoro per
colpa della Umbridge … ricordava che, prima del provino, Fred le aveva dato una pacca sulla spalla
dicendole: «Falli tutti secchi, sorellina! Tieni alto l’onore dei Weasley!» …
La maggior parte delle foto, com’era normale, si muovevano lasciando che i loro occupanti se ne
andassero a zonzo per l’inquadratura, ma alcune erano immobili, e Ginny ricordò che una volta suo
padre era riuscito - non si sa come - a sgraffignare in ufficio una macchina fotografica babbana, che era
stato per mesi il suo passatempo preferito finché sua madre, esasperata, non l’aveva fatta sparire.
Sentì qualcosa bruciare dalle parti del petto, mentre fissava una fotografia di Fred che sorrideva
raggiante insieme a George davanti al negozio di scherzi appena inaugurato. Non l’aveva mai detto a
nessuno – forse soltanto a Harry – ma le succedeva ancora, certe mattine, di svegliarsi dimenticandosi
completamente che non c’era più. Il ricordo le piombava addosso solo dopo qualche secondo, ed era
allora che arrivava il dolore, lancinante e aggressivo nei primi tempi, in seguito più sordo e smorzato.
Alzò lo sguardo verso George, gli occhi umidi e la bocca aperta, senza riuscire a trovare le parole adatte
per ringraziarlo.
«George …»
«Doveva essere il regalo per il tuo diciassettesimo compleanno» disse lui, a voce stranamente bassa. «Io
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e Fred ci abbiamo messo settimane a finirlo … è stata una sua idea. Poi però c’è stata la battaglia, e …»
deglutì, mentre anche i suoi occhi cominciavano a luccicare «ed è rimasto in un cassetto.»
La fissò per qualche secondo, e un sorriso privo di qualsiasi forma di beffardaggine o di malizia, o di
derisione, spuntò sulle sue labbra.
«Mi sembrava giusto dartelo oggi» concluse semplicemente. «Come regalo di nozze. Da parte di
entrambi.»
Fu troppo. Fu troppo da sopportare, persino per Ginny Weasley, persino per il suo carattere duro, forte,
poco incline alle lacrime. Si gettò tra le braccia del fratello, completamente dimentica del vestito, del
trucco o dei capelli che avrebbero potuto rovinarsi, e lo strinse più forte che poteva, mentre dei piccoli
singhiozzi le squassavano la gola.
«Vorrei che fosse qui, oggi» bisbigliò con voce soffocata sopra la sua spalla. «Lo vorrei tanto.»
George rimase in silenzio per qualche secondo, carezzandole dolcemente la schiena. «Sono sicuro che
c’è, da qualche parte» disse alla fine, e Ginny poté sentirlo sorridere. «Non si perderebbe mai
l’occasione di ridere fino alle lacrime per il vestito da cerimonia di zia Muriel.»
Scoppiarono a ridere entrambi tra le lacrime, e si tennero stretti ancora per qualche secondo. Era
l’ultima volta che lo abbracciava da Weasley, venne da pensare a Ginny; la prossima volta l’avrebbe
fatto da Potter. Strinse gli occhi più che poteva, e per un attimo, mentre cercava disperatamente di
fermare le lacrime, George smise di essere George e diventò Fred. Non voleva che il suo ultimo ricordo
di lui fosse il suo corpo pallido, sporco e senza vita, riverso sul pavimento della Sala Grande di
Hogwarts. Voleva che il suo ultimo ricordo, anche se non era mai accaduto, anche se era tutto frutto
della sua immaginazione, fosse Fred che la abbracciava nel giorno del suo matrimonio. Lo voleva così
fortemente, così intensamente, che il desiderio quasi le fece male.
Si separò da George con un sorriso e si asciugò cautamente gli occhi, sperando con tutta se stessa di non
aver fatto un disastro con il trucco.
«Merlino, Gin, mi dispiace!» disse George mortificato, e le porse un fazzoletto che si era appena fatto
apparire in tasca. «Non volevo ridurti ad assomigliare ad una banshee il giorno del tuo matrimonio!»
«Somiglio davvero ad una banshee?» domandò Ginny un po’ allarmata.
George si esibì in un sorrisetto. «No, certo che no, sciocchina! Sei bellissima. E adesso credo che sia
arrivato il momento di alleviare le pene del tuo fidanzato e porre fine alla sua agonia, o penserà che sei
scappata lasciandolo sull’altare.»
Ginny trasse un lungo, interminabile sospiro, e fu come se insieme all’aria riuscisse ad espellere dal
proprio corpo gran parte della tensione e del nervosismo accumulati durante la giornata. «Sì» concordò.
«Lo credo anch’io.»
Poggiò l’album delle fotografie sul tavolo lì accanto, non senza prima sfiorarne teneramente la copertina
con i polpastrelli, e raggiunse George che la aspettava davanti alla porta.
Poi successe una cosa strana. Mentre George le apriva la porta e, con fare eccessivamente cerimonioso,
si inchinava cedendole il passo, Ginny una voce vicino al suo orecchio destro disse: «Tieni alto l’onore
dei Weasley, sorellina!».
Ginny si voltò di scatto, ma George non dava segni di aver parlato.
No, rifletté frastornata. Non poteva essere stato lui. Se a volte, guardandoli con poca attenzione, anche a
lei era capitato di confonderli l’uno con l’altro, sulle voci non si era mai sbagliata. Sapeva distinguerle
chiaramente come un musicista esperto distingue una nota dall’altra. E sapeva che quella non poteva
essere la voce di George …
Forse – sicuramente – era stato tutto un prodotto della sua immaginazione. Forse lo stress per il
matrimonio le stava giocando un brutto scherzo, e forse la voce di Fred era esistita solo nella sua testa.
Ma non le importava. Non le importava affatto.
Se nel giorno del suo matrimonio poteva illudersi che Fred (dovunque fosse) la stesse guardando, a lei
andava bene.
Sorrise, accettò il braccio che George le porgeva e varcò la soglia della stanza, verso la sua nuova vita,
accompagnata dai suoi due fratelli gemelli.
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Elisa, Eppure sentire (Un senso di te)
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