sepolture e città. l`italia settentrionale tra iv e viii secolo
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sepolture e città. l`italia settentrionale tra iv e viii secolo
Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 89 SEPOLTURE E CITTÀ. L’ITALIA SETTENTRIONALE TRA IV E VIII SECOLO Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 1. Introduzione Tra tarda antichità e alto medioevo si attua un profondo mutamento nel modo di concepire e vivere il rapporto tra la città, intesa nel suo duplice aspetto di urbs e di civitas1, e la destinazione funeraria degli spazi: l’ingresso delle sepolture nell’abitato ne è l’aspetto più clamoroso, e maggiormente in evidenza negli studi recenti2, ma il fenomeno è in realtà assai più complesso e articolato, avendo implicazioni non solo topografiche e giuridiche, ma anche - e forse in primo luogo - organizzative, morfologiche, sociali, rituali, oltre che, evidentemente, religiose. Questi diversi aspetti sono strettamente correlati e solo una loro analisi complessiva, svolta in termini di confronto e integrazione dei singoli dati, può consentirne una corretta valutazione. Un’indagine sistematica - anche condotta in un’area definita e sufficientemente omogenea come l’Italia settentrionale - è peraltro resa difficile dai limiti, qualitativi non meno che quantitativi, della documentazione disponibile: mancano spesso scavi di estensione sufficiente a mettere in luce il contesto, al di là del recupero di singole emergenze; di molte di queste rimangono imprecisati i parametri cronologici di riferimento; le edizioni dei materiali epigrafici sono nel complesso inadeguate; la conoscenza stessa dello sviluppo dei quadri urbani nel periodo considerato, per quanto avanzata grazie alle ricerche più recenti, presenta ancora spazi assai ampi di incertezze e di interrogativi3. Se non esaurita, l’analisi può tuttavia essere impostata, partendo da una serie di città - nello specifico Aosta, Milano, Brescia, Verona e Aquileia - cui non 1 Alcune osservazioni sul valore relativo dei due termini nella tarda antichità e nell’alto medioevo in CANTINO WATAGHIN in c.d.s.a. 2 Per un aggiornamento sul problema e la relativa bibliografia cfr. Le sepolture in contesto urbano 1987; LAMBERT 1994a e 1996; CANTINO WATAGHIN, in c.d.s.a. 3 In questo contesto ci limitiamo a rinviare ad alcuni recenti contributi di sintesi: REBECCHI 1993; CANTINO WATAGHIN 1992b, 1992c, 1995a e 1996a , con bibliografia di riferimento ai singoli siti, e per un quadro più generale WARD PERKINS 1984; PANI ERMINI in c.d.s. è improprio attribuire un valore esemplare: da un lato lo stato della documentazione vi è, per varie ragioni e in modi diversi, più favorevole, dall’altro, in considerazione della loro collocazione, della loro dinamica demografica e degli sviluppi urbani, del loro ruolo negli equilibri politici, economici, sociali e religiosi, delle vicende che le hanno coinvolte nell’arco cronologico che qui interessa, esse possono costituire un campione significativo dell’intera regione4. G.C.W. e C.L. 2. Caratteri distributivi 2.1. Aosta Gli inizi della tarda antichità fanno registrare ad Aosta alcuni mutamenti significativi nella distribuzione delle aree funerarie, che, senza escludere la continuità d’uso delle necropoli sviluppatesi nel corso dell’età imperiale a margine delle principali vie in uscita dalla città, ne modificano il quadro e la gerarchia5. Già tra II e III secolo gruppi di sepolture, ancora ad incinerazione, si dispongono in ordine più o meno sparso a ridosso del lato meridionale delle mura, una zona scarsamente sfruttata in precedenza, probabilmente in ragione del ruolo secondario di questo suburbio nel quadro dei rapporti della città con il territorio; ad esse fanno seguito nel IVV secolo tombe ad inumazione di varia tipologia; anche nell’area subcollinare a nord della città, occupata da impianti produttivi e residenziali, si localizzano in questo periodo sepolture isolate o a 4 Alcuni titoli fondamentali, fra i molti relativi al periodo con siderato: CRACCO RUGGINI 1984, 1990 e 1996 (1961) e per quanto riguarda più specificamente le vicende religiose LANZONI 1927; PICARD 1988; LIZZI 1989; PIETRI 1982, 1987 e 1992. 5 I dati di scavo più recenti, con esaurienti riferimenti alle scoperte precedenti, sono riassunti in MOLLO MEZZENA 1982 e 1992; BONNET, PERINETTI 1986; PERINETTI 1989; REYNAUD, COLARDELLE, JANNET-VALLAT, PERINETTI, PRIVATI 1989. 90 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO Fig. 1 - Aosta. Pianta della città (da PERINETTI 1989). piccoli nuclei, che prescindono da un preciso riferimento ai limiti fisici dell’impianto urbano6. L’eventuale continuità d’uso della necropoli di I-II secolo a margine della strada per l’Alpis Poeni na, per quanto probabile, è ancora da accertare: gli elementi che la suggeriscono non sono infatti risol u t i v i7 ; lo stesso vale per la necropoli posta ad oriente della città, ad una certa distanza dalla Porta Praetoria, oltre il torrente Buthier, dove sono segnalate alcune tombe tardo antiche8; anche la necropoli di Saint-Martin-de-Corléans, situata ad ovest, a margine della via per l’Alpis Graia, ad una certa distanza dalla città, sembra essere stata ancora utilizzata in età tardo antica, in termini che, tuttavia, sfuggono per ora ad una precisa defin i z i o n e9 . La persistenza di destinazione d’uso degli spazi, che si accompagna peraltro a una profonda trasformazione delle sue modalità, è invece evidente nel caso della necropoli fuori Porta Decumana, che in base ai dati attualmente disponibili appare essere stata la più importante ed estesa di periodo romano10. Formatasi sullo scorcio del I secolo d.C., sul lato destro della via diretta all’Alpis Graia, la necropoli si articola in origine in due settori, dei quali quello più interno appare esaurirsi nel corso del IV secolo 11, mentre quello più vicino alla strada viene obliterato sullo scorcio dello stesso secolo da un abbassamento artificiale del suolo, su cui si imposta una nuova area cimiteriale. Le componenti più significative ne sono due mausolei affiancati, costruiti forse in tempi successivi e posti a lato di una cella memoriae, dove una mensa testimonia della destinazione del vano ai riti funebri 12. Non vi sono argomenti per affermare che all’origine della ripianificazione della necropoli vi siano motivazioni di ordine religioso, 6 MOLLO MEZZENA 1992, p .275 s. po assai generica, che non dà ragione della qualifica di “cristiane” attribuita alle sepolture tardo antiche, né fornisce particolari su un “edificio coevo” che sarebbe stato parzialmente messo in luce; un riferimento a un insediamento rurale in MOLLO MEZZENA, BALISTA, PEYROT 1988, p. 99. 10 MOLLO MEZZENA 1982, con bibliografia precedente e riepilogo dei dati di scavo; PERINETTI 1989, p. 1221 ss. 11 I termini cronologici non sono chiari: in MOLLO MEZZENA 1982, p. 320 si dice che i corredi datano l’uso della necropoli tra la fine del I e l’inizio del IV sec., mentre in seguito si parla di “tombe ascrivibili alla fine del III e alla prima metà del IV sec.” (ibid., p. 321). 12 MOLLO MEZZENA 1982, p. 325. 7 PERINETTI 1989, p. 1215 ricorda l’esistenza di una chiesa intitolata a S.Stefano e la presenza di “strutture murarie antiche”. 8 PERINETTI 1989, p. 1217; solo la cronologia delle sepolture (V-VI sec.) sembra qualificarle come cristiane; il toponimo Mar torey non è di per sé significativo di un culto paleocristiano, potendo scaturire semplicemente dal ritrovamento in età medievale di resti di inumati; quanto al titolo della cappella presente sul luogo (S.Sebastiano e S.Rocco) non è certo indice di particolare antichità. 9 PERINETTI 1989, p. 1221: si tratta di una notizia preliminare di uno scavo condotto dalla dott. R.Mollo Mezzena, purtrop- Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 91 Fig. 2 - Aosta. Necropoli romana e complesso cimiteriale fuori porta Decumana. Pianta (da MOLLO MEZZENA 1989). 92 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO Fig. 3 - Jean Baptiste De Tiller: pianta della città di Aosta (1730) (da PERINETTI 1989). anche se nella nuova sistemazione la presenza cristiana si manifesta in tempi molto prossimi a quelli della sua attuazione con la costruzione di una piccola basilica funeraria. I resti individuati nello scavo del 1938, e allora distrutti per fare posto a costruzioni, appartengono palesemente a più di una fase, senza che sia possibile delinearne puntualmente l’articolazione 13; l’edificio, di cui non è nota una specifica dedica martiriale e che appare comunque modesto, sembra essere stato in uso fino allo scorcio dell’VIII secolo, quando anche il cimitero termina la sua funzione; l’abbandono dei mausolei è invece relativamente precoce14. Il complesso cimiteriale di maggior rilevanza, tanto nei confronti della città tardo antica che degli sviluppi urbani dei secoli successivi, prende forma nel corso del V secolo nel suburbio orientale della città, a margine della strada per Eporedia - e quindi per le diverse mete italiane, da Milano a Aquileia a Roma, per non citare che le più importanti - nell’area compresa fra le mura e l’arco di Augusto. Il fulcro dell’area sono la nota chiesa cruciforme, messa in luce sotto quella medievale di San Lorenzo, e una seconda basilica situata ad oriente di questa, nota solo dall’abside individuata all’esterno di quella medievale della Collegiata di Sant’Orso 15. Lo scavo non ha consentito di precisare la cronologia relativa delle due fondazioni: entrambe si collocano nei decenni centrali del V secolo16. La zona sembra aver avuto già in precedenza destinazione funeraria, anche se l’entità di questa e i suoi termini cronologici rimangono pro- 13 La pertinenza delle strutture scavate a più fasi, la più anti- 15 BONNET 1981, 1982 e 1987; BONNET, PERINETTI 1986; ca delle quali risalirebbe alla fine del IV secolo (BONNET, PERINETTI 1986, p. 51) è evidente dalla planimetria e dalle fotografie che documentano lo scavo (CARDUCCI 1941; cfr. anche MOLLO MEZZENA 1982, fig. 54), mentre non è approfondita in PERINETTI 1989; per una proposta di lettura, avanzata nel 1975 e da verificare alla luce delle attuali più ampie conoscenze sulle strutture cimiteriali tardo antiche, cfr. CANTINO WATAGHIN 1982. 14 MOLLO MEZZENA 1982, p. 333; PERINETTI 1989, p. 1123. PERINETTI 1981, 1986, 1987a, 1987b, 1989, p. 1217 ss. e 1990. 16 BONNET 1981, p. 26 s. e BONNET, PERINETTI 1986, p. 46. La presenza di accessi nei vani a lato del braccio orientale della chiesa cruciforme, “senz’altro previsti per collegarsi con la vicina chiesa di S.Pietro” (BONNET, PERINETTI 1986, p. 35), sembra suggerire che la fondazione di quest’ultima abbia preceduto quella della chiesa cruciforme, anche se non necessariamente di molto. Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 93 blema aperto 17; in ogni caso, il suo sviluppo tardo antico non tanto si colloca sulla linea di uno spontaneo incremento d’uso, quanto piuttosto appare il frutto di una precisa scelta, che con la costruzione della chiesa cruciforme individua in quest’area, alla quale non risulta che la comunità cristiana fosse legata da particolari memorie, il locus del culto martiriale e delle sepolture vescovili. Questo programma, di sicura emanazione episcopale, guarda palesemente a Milano come ad un modello: prima ancora che la struttura, la chiesa cruciforme replica la posizione della basili ca Apostolorum , a lato della via che anche ad Aosta è quella “romana” ed è segnata da un arco monumentale ai limiti del suburbio18; a fronte di queste convergenze, non è improponibile l’ipotesi che siano di provenienza milanese anche le reliquie, intorno alle quali dovette organizzarsi il culto, e che il mediatore sia stato il vescovo Eustasio o forse meglio il suo successore Grato, di cui è nota la presenza a Milano nel 451 in rappresentanza del presule, e che venne sepolto in questo cimitero19. Il numero e la qualità delle tombe presenti nell’ambito della chiesa cruciforme sono eloquenti del ruolo del suburbio orientale nel quadro della topografia cristiana della città20. Nel corso dell’alto medioevo esso diventa anche un polo di aggregazione demica - il borgo di S.Orso, attestato come vicus nella redazione più antica della Vita di S.Orso, attribuita all’VIII-IX secolo 21 - integrato in una particolare trasformazione dell’impianto urbano, che si ristruttura in termini lineari lungo gli assi principali della città romana, indipendentemente dai limiti costituiti dalle porte urbiche22 ; in questo contesto ben si inquadra la continuità della funzione cimiteriale originaria: a differenza da quanto avviene nel suburbio occidentale, questa si mantiene infatti anche dopo l’abbandono degli edifici paleocristiani e la costituzione da un lato della parrocchia di S.Lorenzo, dall’altro della canonica di S.Orso: il coemeterium S.Laurentii è ricordato ancora nel XVIII secolo e i diritti di sepoltura presso la canonica sono garantiti dalle bolle papali che 17 Gli unici elementi ritrovati in situ sono una tomba ad inuma- Per quanto riguarda le reliquie, se ne è certa la presenza sin dalla fondazione della chiesa cruciforme (BONNET 1981, p. 21), ne manca per contro il ricordo in fonti antiche, né il titolo di S.Lorenzo, di attestazione comunque tarda, è risolutivo del problema (in questo senso invece Mirabella Roberti, nella discussione a seguito di BONNET 1982). Il complesso paleocristiano è certamente da identificare con gli atria o concilia dominorum Sanc torum martyrum, distinti dalla lociecclesia e situati in un vicus, di cui parla la prima redazione della Vita Beati Ursi, attribuita alla fine dell’VIII o all’inizio del IX secolo (FRUTAZ 1953 e 1966, p. 162 ss.; cfr. anche FRUTAZ 1979, p. 21 ss.), che precisa che il santo vi risiedeva ed esercitava il suo ministero (ubi vir Dei deserviebat: FRUTAZ 1966, p. 165). La denominazione rinvia a quella ben nota della basilica consacrata da Gaudenzio di Brescia sull’inizio del V sec., nonché a quella milanese, variamente attribuita ad epoca ambrosiana (ROSSETTI 1972) o allo scorcio del V secolo (PICARD 1988, p. 32 s.) e più in generale alla prassi diffusa già dalla fine del IV secolo di deposizioni multiple di reliquie. Il titolo di S.Pietro, associato più tardi alla collegiata di S.Orso, potrebbe conservare memoria della presenza di reliquie apostoliche, in un nesso anche devozionale con il modello della basilica Apostolorum milanese: per il problema delle reliquie deposte in quest’ultima cfr. DUVAL 1977, p. 420 e nota 188; PICARD 1988, p. 48 ss., che ricorda la tradizione dell’apporto di reliquie di Pietro e Paolo da Roma da parte di Simpliciano, l’occasionale indicazione della chiesa come S.Pietro nel medioevo e la dedica allo stesso S.Pietro dell’altare principale nel XVII sec. (ibid., p. 52, nota 111). Non stupirebbe che nel riassetto medievale del complesso aostano il titolo di S.Pietro fosse fatto proprio dalla canonica, a scapito della modesta chiesa succeduta alla basilica cruciforme paleocristiana. 20 PERINETTI 1981. 21 Cfr. supra, nota 19. 22 Mollo Mezzena, in MOLLO MEZZENA, BALISTA, PEYROT 1988, p. 98 s. 23 FRUTAZ 1979, p. 31, nota 48; “Sepulturam quoque ipsius loci liberam esse decernimus, ut eorum devotioni et extrame voluntati qui se illic sepeliri deliberauerint ... nullus obsistat salua tamen iustitia illarum ecclesiarum a quibus mortuorum corpora assumuntur” (bolla di papa Lucio III, a.1184: FRUTAZ 1966, p. 242 ss.); per le vicende della canonica di S.Orso, il cui documento più antico è del 1032 (FRUTAZ 1953, p. 127), dal 1132 retta da una comunità di canonici regolari agostiniani, cfr. (BOSON) 1929 e BRUNOD 1977. zione, coperta da un deposito alluvionale e tagliata dalle fondazioni della chiesa cruciforme, e una cassa in muratura, coperta da una lastra di bardiglio, che, quantunque manomessa, conservava ancora resti di numerosi individui, e che si suppone essere stata realizzata al momento della costruzione della chiesa, per ospitare i resti ossei ritrovati nel terreno: BONNET 1981, p. 17 s.; sembrano meno significativi i frammenti di iscrizioni funerarie reimpiegati nella costruzione della chiesa del XVII secolo (FRUTAZ 1979, p. 13 nota 16 e PERINETTI 1989, p. 1217), di cui non è sicura la provenienza. Da considerare anche che la zona è stata coinvolta in esondazioni di rilevante portata del vicino torrente Buthier, testimoniate dalla stratificazione (C.Balista, in MOLLO MEZZENA, BALISTA, PEYROT 1988, p. 69 ss., in particolare p. 73) e di cui è traccia anche nella vita di S.Orso (Vita beati Ursi, 5, in FRUTAZ 1966, p. 164). 18 Secondo il Frothingham l’ubicazione dell’arco di Aosta corrisponderebbe all’incontro della strada che lo sottopassa con la linea del pomerium (FROTHINGHAM 1905); l’ipotesi ripresa in studi più recenti (cfr. tra gli altri SCAGLIARINI CORLAITA 1979, p. 55 ss.), non è senza rilievo in ordine alla situazione giuridica della fascia compresa fra l’arco stesso e le mura. Per l’arco sulla via Romana di Milano cfr. CAPORUSSO 1991. 19 Eustasio è il primo vescovo noto della città, attestato nel 451 dalle sottoscrizioni al sinodo milanese, che non indicano le ragioni della sua assenza; secondo il Savio (SAVIO 1898, p. 70 ss.) è difficilmente identificabile con l’Eustachius ricordato da Vittricio di Rouen in relazione alle reliquie ricevute da Milano, o con l’Eustasius che nel 393 sottoscrive la lettera inviata da Milano a Siricio (per i quali cfr. DUVAL 1977, p. 313). Per quanto riguarda Grato, cfr. SAVIO 1898, p. 72 ss.; il luogo esatto della sua tomba non è conosciuto; il più antico martirologio della Cattedrale (sec.XIII) ricorda che il suo corpo fuit inventus in monaste rio sancti Ursi e di qui traslato alla Cattedrale (FRUTAZ 1979, p. 25): l’indicazione sembrerebbe escludere l’area della chiesa cruciforme, allora occupata da una chiesa a navata unica costruita nell’XI-XII sec. (BONNET, PERINETTI 1986, p. 43 s.) e probabilmente già intitolata a S.Lorenzo. L’inventio e la traslazione dovettero avere luogo all’inizio del XIII sec., quando l’immagine di S.Grato compare sui sigilli dei vescovi di Aosta Giacomo (1215) e Bonifacio (1219-1243); è verosimilmente a seguito di questo avvenimento che la lastra tombale di Grato venne riutilizzata nella chiesa dell’hospitalis Maladerie Auguste, costruito nel XII secolo; da dove fu poi trasferita alla chiesa parrocchiale di SaintChristophe, dove si trova attualmente (FRUTAZ 1979, p. 29 s.). 94 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO nel XII secolo ne confermano i privilegi23. Le aree suburbane rimangono l’unico riferimento per le sepolture fino alla formazione, sullo scorcio dell’alto medioevo, dei cimiteri urbani; dai risultati degli scavi numerosi e attenti che hanno interessato la città in maniera capillare si deve infatti concludere che Aosta non è toccata dal fenomeno delle “sepolture urbane”24. 2.2. Milano Dal confronto delle carte di distribuzione delle necropoli romane e di quelle tardo antiche di Milano25 appare chiaro un rapporto simile a quello delineato per Aosta: sulla sostanziale continuità topografica delle seconde rispetto alle prime, si innesta un processo di integrazione con nuove aree funerarie e di rinnovamento del loro reciproco ruolo, in cui la cristianizzazione - e più specificamente l’opera del vescovo Ambrogio - si inseriscono come fattori determinanti. Se infatti la costruzione della basilica ambrosiana e della basilica Apostolorum monumentalizzano zone a tradizionale destinazione funeraria, è alla fondazione della grande basilica cruciforme, dove vennero verosimilmente deposte sullo scorcio del IV secolo le reliquie dei martiri della Val di Non, intitolata poi dall’alto medioevo a S.Simpliciano 26, che si deve la formazione di un’importante zona cimiteriale lungo la via per Como - e quindi, attraverso lo Spluga, per la Renania - in un’area non interessata in precedenza da sepolture27. Anche lungo la via per Bergamo, dove sorge, forse in età ambrosiana e comunque prima del 475, la basilica di S.Dionigi, l’uso funerario in età imperiale non sembra avere particolare rilievo, mentre la presenza della memoria del vescovo, morto in esilio poco dopo la metà del IV sec., porta allo sviluppo di un cimitero di importanza non secondaria28. La basilica di S.Eustorgio sorge invece, probabilmente come chiesa funeraria e su iniziativa del primo vescovo di questo nome, attestato fra il 345 24 LAMBERT 1994a, allegato 1, p. 21 ss. 25 BOLLA 1988, tavv. I e II-V; 1990, 2a.16, p. 467; cfr. anche SANNAZARO 1997a. 26 È assai dubbio che il titolo medievale di basilica Virginum sia proprio già della fondazione paleocristiana: per i limiti dell’ipotesi, riproposta ancora recentemente senza alcuna nuova argomentazione (DI GIROLAMO, HOWES 1997), cfr. PICARD 1988, p. 68. Secondo Picard le reliquie del successore di Ambrogio alla cattedra episcopale milanese, sepolto dapprima nella chiesa dei SS.Nabore e Felice, sarebbero state traslate intorno alla metà del VII sec. nella basilica che da lui prese nome (PICARD 1988, pp. 46 s. e 619 ss.; per l’itinerario - Cod. vindobonensis 795 - che attesta la sepoltura originaria cfr. alle pp. 19 ss.). 2 7 BOLLA 1988, pp.14 e 30; l’affermazione contraria in PICARD 1988, p. 67 (“une zone funéraire païenne ... bien attes tée par les inscriptions”) dilata gli estremi cronologici del cimitero sulla base di epigrafi funerarie di cui non è noto in realtà il contesto di provenienza, che non trovano riscontro in ritrovamenti di strutture tombali, per le quali è dunque legittimo il e il 348, nell’area di una necropoli formatasi nel III sec.29, quando anche altrove - ricordiamo in particolare la zona fuori porta Ticinese, dove nel V sec. viene costruita la basilica di S.Lorenzo30 - iniziano ad essere attestate tombe al di fuori delle necropoli in uso precedentemente. Le tormentate vicende legate alla calata degli Alamanni e poi dei Marcomanni, che vedono Milano al centro di violenti scontri, possono certo aver inciso sulla configurazione dei suburbi, come è stato supposto, provocandone un dissesto generalizzato 31 ; ma anche altri fattori, di ordine sociale e culturale, devono essere all’origine di un fenomeno, che sembra caratterizzato da un progressivo avvicinarsi delle sepolture alle mura e che ancora nei decenni successivi, apparentemente al di fuori di ogni contingenza esterna, si manifesta nella ripianificazione di aree funerarie in uso da lungo tempo. Il recente scavo nella necropoli dell’Università Cattolica ne ha messo in luce una ristrutturazione radicale, attuata non prima degli inizi del IV secolo, in un quadro dal quale è assente qualunque segno di cristianesimo32. La necropoli si inserisce, come è noto, in quell’ambito del suburbio milanese, attraversato dalla via per Vercellae, in cui l’occupazione funeraria appare più consistente, continuativa nel tempo e qualificata quanto ad importanza delle sepolture e delle strutture ad esse connesse33. Tanto nell’area più prossima alle mura che nella zona del recinto di S.Vittore sono attestate sepolture a partire dall’età augustea; alle incinerazioni fanno seguito le inumazioni, localizzate anche ad una certa distanza dal fronte stradale; a partire dal III secolo è segnalata la presenza di cellae memoriae, in una continuità d’uso che prosegue nella formazione dei nuclei cimiteriali cristiani e nella loro monumentalizzazione. La celebrità dei martiri milanesi deposti negli edifici del settore dominato dalla basilica ambrosiana Nabore, Felice, Vittore, Gervasio e Protasio34 - e la presenza della tomba dello stesso Ambrogio con il sospetto di un reimpiego: cfr. BOLLA 1988, p. 14, nota 60; SANNAZARO 1996, p. 83 e nota 6; più in generale sul problema della contestualizzazione del materiale epigrafico milanese cfr. SOLDATI FORCINELLI, ANTICO GALLINA 1979-80. Sull’edificio cfr. LUSUARDI SIENA 1990; DI GIROLAMO, HOWES 1997. 28 BOLLA 1988, pp. 13 e 58; LUSUARDI SIENA 1990; sul problema dell’ipotetica traslazione delle reliquie di S.Dionigi dalla Cappadocia a Milano cfr. PICARD 1988, p. 608 ss. 29 BOLLA 1988, p. 129 s. e 1990; LUSUARDI SIENA 1990, p. 115. 30 BOLLA 1988, p. 17 s.; CERESA MORI 1985; per la data della basilica cfr. inoltre ROSSIGNANI 1990. 31 TOCCHETTI POLLINI 1982; CAPORUSSO 1991, p. 250. 32 SANNAZARO 1997c e SANNAZARO et al. 1997. 33 BOLLA 1988, p. 18 ss. e 1990, p. 112. 34 Sui diversi aspetti e problemi delle tombe di questi martiri e del loro culto cfr. PICARD 1988, p. 35 ss. e passim; cfr. inoltre SANNAZARO 1996. Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 95 Fig. 4 - Milano. Necropoli dell’Università Cattolica, pianta (da SANNAZARO, CATTANEO, RAVEDONI 1997). tempo fanno del cimitero tradizionalmente definito ad martyres uno dei principali della città35. Nel V secolo tuttavia appare avere rilievo non minore l’area funeraria dominata dalla basilica Apostolo rum, presso la quale vengono sepolti quattro dei cinque vescovi noti della prima metà del secolo36; la basilica sorge in una zona di consolidata tradizione sepolcrale37, anch’essa peraltro interessata dopo i decenni centrali del III secolo da interventi di ristrutturazione, tanto più importanti nel momento in cui viene costruita la via porticata 38. Un nuovo polo di attrazione per le sepolture privilegiate si aggiunge nei decenni centrali del V secolo con la costruzione di S.Lorenzo, che sviluppa in chiave monumentale una necropoli formatasi in età tardo antica, completando il quadro dei grandi cimiteri cristiani del suburbio milanese39. Non è chiaro quando a questi inizino ad affiancarsi le inumazioni in contesto urbano. Novità a questo riguardo potranno venire dai lavori nell’area nel battistero di S.Giovanni alle Fonti, ripresi recentemente sotto la guida di S.Lusuardi Siena e di cui sono noti per ora solo risultati preliminari; fra questi appaiono di particolare interesse la proposta di identificazione dell’aula triabsidata adiacente il battistero con una basilica funeraria e i primi dati relativi alla sua cronologia, costituiti dalla datazione su base archeologica al V-VI secolo degli strati precedenti la sua fondazione40; non si hanno invece anticipazioni sui tempi di formazione e d’uso del vasto sepolcreto che si dispone fra questa e l’abside della basilica di S.Tecla, non chiariti dagli scavi che lo hanno messo in luce41. Al VI-VII secolo sono datate le più antiche fra le tombe con- 35 La denominazione moderna è tratta dal passo della lettera del 386 di Ambrogio, dove l’indicazione ad martyres è sufficiente ad individuare la meta del suo quotidiano pellegrinaggio, non essendovi allora a Milano altre tombe venerate (“... Ego ipse non cottidie vel visitandi gratia prodibam vel pergebam ad martyres”: ep. 75a, 15, in CSEL, 82,3, M.ZELZER (a cura di), Vindobonae 1982, p. 91). 36 PICARD 1988, p. 48 ss. 37 BOLLA 1988, p. 15 ss. 38 CAPORUSSO 1991. 39 Cfr. supra, nota 30. L’ipotesi che la basilica sia stata un grandioso martyrium di fondazione privata (PICARD 1988, p. 61) è quella che meglio si accorda con le caratteristiche e la cronologia dell’edificio. 40 LUSUARDI SIENA et al. 1997, in part. p. 50 s. e brevemente LUSUARDI SIENA 1997b. 41 Numerose sepolture vennero individuate già nel 1870, in occasione di lavori di imbrigliamento delle acque di scolo (BIGNAMI 1870); furono quindi indagate dal De Capitani, che le attribuì ad un “sepolcreto medievale” (DE CAPITANI 1952, p. 135 ss.) e nuovamente dal Mirabella Roberti (MIRABELLA ROBERTI 1963; 1986; cfr. anche MIRABELLA ROBERTI, PAREDI 1974, p. 12 ss.); parte delle sepolture è in evidente rapporto con i vani adiacenti l’abside della basilica di S.Tecla (DE CAPITANI 1952, fig. 43), ma ciò non risolve il problema della loro cronologia, presentando anche le fasi strutturali della chiesa non pochi interrogativi: cfr. per ora LUSUARDI SIENA 1990, p. 106 s.; CANTINO WATAGHIN 1995b; LUSUARDI SIENA et al. 1997. 42 FROVA 1951, p. 50 ss.; DAVID 1982, p. 10 e nota 24; FIORIO TEDONE 1986, p. 408; MIRABELLA ROBERTI 1986, p. 158; LAMBERT 1994a, All. 1, p. 148; le tombe, disposte all’esterno del muro meridionale della chiesa, vennero scoperte nel 1949: mancano dati archeologici per la loro datazione, come, del resto, per quella della chiesa: cfr. FIORIO TEDONE 1986, p. 409 s. 96 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO nesse con la chiesa di S.Giovanni in Conca42, mentre le tombe internamente intonacate e dipinte messe in luce nell’ambito della basilica di S.Tecla non sembrano anteriori all’avanzato alto medioevo43. Il ritrovamento in area urbana di sepolture isolate, o comunque non riferibili ad edifici di culto, è del tutto eccezionale44: dato tanto più significativo, considerata la capillarità degli interventi archeologici effettuati negli anni più recenti45. 2.3. Brescia Pur se il proseguimento delle indagini non cessa di arricchire la documentazione disponibile, lo sviluppo delle aree funerarie bresciane nel passaggio dall’antichità all’alto medioevo è già oggi ben noto, almeno per certi aspetti, grazie ai numerosi e importanti contributi degli scavi più recenti e alle riflessioni che li accompagnano46. Due sole necropoli di età romana sono state localizzate, rispettivamente a est della città, lungo la via per Verona, e a sud, a margine della via per Cremona; è probabile che su questo quadro ridotto incidano fattori occasionali, legati alla casualità dei ritrovamenti, anche se non è del tutto da escludere un uso funerario limitato o anche assente in altre parti del suburbio, pur percorse da vie di uscita dalla città, come avviene a Milano nel settore settentrionale. È evidente anche qui come con lo scorcio del III secolo si formino nuovi nuclei funerari. Nella necropoli meridionale le sepolture tardo antiche e poi alto medievali si trovano a nord della zona occupata in età romana 47 e si sovrappongono ai resti di edifici suburbani; sempre a sud della città una piccola necropoli di fine III - inizio IV sec. si colloca appena fuori dalle mura, nell’area di un vasto edificio pubblico; altre tombe tardo antiche sono presenti nell’area dell’impianto termale del Liceo Arnaldo48. L’uso cristiano delle aree funerarie è testimoniato prevalentemente dalle fonti, che attestano la distribuzione, come a Milano abbastanza frammentata, delle sepolture vescovili; l’unico intervento ricordato esplicitamente è la consacrazione di una basilica martiriale da parte del vescovo Gaudenzio, intorno all’anno 40049. Della basilica 43 Si tratta di tombe rinvenute all’interno dell’edificio e nell’area della facciata, a proposito delle quali i dati disponibili sono particolarmente lacunosi: cfr. FIORIO TEDONE 1986, p. 414 . 44 BOLLA 1988, pp. 68 (R 17) e 125 (R 39B). 45 Per le pubblicazioni più significative cfr. Milano ritrovata 1986; Milano capitale 1990; Scavi MM3 1991; La città e la sua memoria 1997. 46 In particolare BROGIOLO 1993 e 1997, con bibliografia precedente. 47 BROGIOLO 1993, p. 42, nota 48. 48 MARIOTTI 1985 e1990; ROSSI 1990. 49 GAUDENTIUS, Tract. 17, De dedicatione basilicae Concilii Sanctorum, ed. A.GLÜCK, CSEL 68, pp. 141-151; per le sepolture vescovili cfr. PICARD 1988, p. 218 ss. 1- S. Giovanni (Concilium Sanc torum?). 2- S. Agata. 3- S. Alessandro. 4- S. Lorenzo. 5- S. Faustino ad sanguinem. 6- S. Apollonio. 7- S. Andrea. 8- S. Eusebio. 9- S. Stefano? 10- Complesso episcopale: cattedrale di S. Pietro e S. Maria, battistero di S. Giovanni. 11- Monastero dei SS. Cosma e Damiano. 12- Palazzo. 13- Terme di via Gasparo. 14- Terme del Castello ed edificio presso la Torre dei Prigionieri. 15- Capitolium- casa Pallaveri. 16- via Musei 43. 17- c.so Magenta 13. 18- via Cavour- angolo c.so Magenta. 19- via A. Mario. 20- p.zza T. Brusato. 21- vicolo settentrionale 15/13. 22- S. Giulia. 23- Ortaglia. 24- Porto di via Mantova. Fig. 5 - Brescia, pianta della città in epoca tardo antica (da BROGIOLO 1997). Concilium Sanctorum celebrata dal sermone di Gaudenzio non è nota l’ubicazione, che solo un’ipotesi, ancorché persuasiva, identifica con quella della chiesa medievale di S.Giovanni Evangelista50. Le tombe dei vescovi attestano la precoce presenza cristiana nella necropoli meridionale, 50 Per la chiesa, nota dalla seconda metà dell’VIII secolo, e le sue vicende cfr. PANAZZA, DESTER, VIEZZOLI 1975. Il principale argomento a favore dell’identificazione, suggerita già dalla lista episcopale, è la sepoltura in S.Giovanni di Gaudenzio, attestata dalla stessa lista nella nota a margine, che tuttavia non sarebbe anteriore al XIV secolo (PICARD 1988, p. 433 ss. e in particolare p. 440: la datazione è ripresa dal Gradenigo, Brixia sacra, Brescia 1755); crea invece difficoltà il fatto che le reliquie dell’Evangelista non siano presenti fra quelle ricordate da Gaudenzio al momento della consacrazione e che il sito della chiesa non sembri aver avuto destinazione funeraria in epoca tardo antica. Delle reliquie di S.Gaudenzio si ha notizia a partire dal 1602, ma è possibile che la loro inventio risalga al momento di una delle ricostruzioni che interessarono la chiesa, nel XII e poi ancora nel XV secolo (PICARD 1988, l.cit.; BROGIOLO 1993, p. 67). Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert A tratteggio l’area orientale della città ridotta a coltura. 1- S. Faustino. 2- S. Desiderio. 3- S. Giovanni Evangelista. 4- S. Eufemia. 5- S. Remigio. 6- S. Salvatore. 7- S. Pietro. 8- Xenodochio di Peresindo. 9- Xenodochio di S. Giulia. 10- Acquedotto presso casa Pallaveri. 11- Mulini di S. Giulia. 12- Curia ducis. Fig. 6 - Brescia, pianta della città in età longobarda (da BROGIOLO 1997). dove venne ritrovata l’epigrafe funeraria di Latino, vescovo agli inizi del IV secolo51 e dove, secondo la lista episcopale, venne sepolto poco dopo la metà del secolo anche Faustino; non è però possibile precisare la cronologia, e quindi il rapporto con queste sepolture, della chiesa martiriale di S.Faustino ad sanguinem, ricordata da Gregorio Magno, che ne attesta la funzione cimiteriale, della quale non sussistono resti; i vani messi in luce dagli scavi condotti nel 1953 nell’area della chiesa di S.Afra non hanno infatti alcuna connotazione cultuale 52. Altri poli cristiani nel suburbio meridionale sono suggeriti dalla memoria della 51 L’epigrafe (CIL V, 4846 = ILCV 1038) venne scoperta nel 1464, in condizioni che non sono note: l’ubicazione delle tomba resta dunque imprecisata, così come il suo rapporto con la memoria di S.Faustino (PICARD 1988, p. 222 s.). Per quanto riguarda l’attendibilità della notizia della lista episcopale sulla sepoltura del vescovo Faustino cfr. ibid., p. 223 s. 52 GREG.MAGN., Dial., 4,54, ed. A.DE VOGUË, SC, 265, Paris 1980, pp. 178-181; PICARD 1988, p. 221; CANTINO WATAGHIN 1990; l’identificazione con vani di una domus è accettata da ultimo anche in BROGIOLO 1993, p. 67. 53 PICARD 1988, in particolare p. 231. 54 Translatio S.Filastri: AA.SS., Jul., 1, p. 388; per l’identifica- 97 deposizione del vescovo Gaudioso nella chiesa di S.Alessandro, situata al limite settentrionale della necropoli romana, e del suo successore Opta tianus, attestato nel 451, in quella di S.Lorenzo, a qualche distanza dalla precedente, verso ovest; le indicazioni della lista episcopale non hanno però conferme, se non in epoca assai tarda: rimane quindi aperta la possibilità che esse riflettano una situazione non originaria 53. Non sembra invece esservi ragione di dubitare della sepoltura di Filastrio, morto sullo scorcio del IV secolo, nel suburbio orientale, dove è ricordata dal vescovo Ramperto, che nel IX sec. ne promuove la traslazione nella cattedrale dalla chiesa di S.Andrea, dove è conservata 54. Nei pressi sono ricordate anche le sepolture dei vescovi Apollonio e Ursicino, predecessori di Faustino, e di Rusticiano (fine VI sec.), ma il contesto in cui esse si collocano, e in cui hanno sicuramente parte anche delle traslazioni, è difficile da puntualizzare, così come il ruolo della chiesa di S.Apollonio che le ospita, anch’essa distrutta come S.Andrea all’inizio del XVI secolo55. Nella stessa occasione scomparve anche la chiesa di S.Eusebio, sul versante orientale del Castello, a nord-est dunque della città, dove è ricordata la tomba del vescovo Paolo (I), successore di Gaudenzio, ritrovata nel 149756. È verosimile che - almeno a grandi linee, e senza necessariamente postulare una sovrapposizione puntuale - i cimiteri cristiani del suburbio orientale si pongano su una linea di continuità con l’uso funerario romano della zona, anche se gli interventi rinascimentali da cui essa è stata interessata escludono la possibilità di una verifica archeologica. Non hanno invece precedenti le inumazioni in area urbana, che iniziano con quella del vescovo Tiziano, sullo scorcio del V sec., deposto non lontano dalla cattedrale, verosimilmente in una chiesa o cappella pertinente al gruppo episcopale, che nel IX sec. risulta dedicata ai SS.Cosma e Damiano e inserita in un monastero, che sarebbe stato fondato alla fine del VI secolo dal vescovo Onorio57. Ad essa fanno seguito quelle in S.Pietro in Oliveto, che sorgeva presso la porta di S.Eusebio, sulle pendici orientali del colle Cidneo58, e in S.Stefano in arce, sulla sommità della collina. Qui vennero sepolti Dominatore, Paolo (III), Anastasio e Domenico, che ressero la cattedra bresciana zione del luogo della sua sepoltura con la chiesa di S.Andrea cfr. PICARD 1988, p. 226 ss.; cfr. anche GUERRINI 1954. 55 PICARD 1988, pp. 224 ss. e 235 s.; le due chiese vennero demolite nel 1516-17, al momento della realizzazione delle fortificazioni veneziane: cfr. GUERRINI 1954. 56 PICARD 1988, p. 230. 57 PICARD 1988, p. 232 s.; BROGIOLO 1993, p. 68. 58 La lista episcopale ricorda le deposizioni dei vescovi Paolo (II) e Deusdedit, le cui reliquie vennero ritrovate nel 1453 insieme con quelle di Cipriano (PICARD 1988, p. 233 s.). 59 PICARD 1988, p. 236 s. 98 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO 2.4. Verona La relazione delle aree funerarie tardo antiche con quelle romane non è del tutto evidente, dal momento che le seconde sono note solo in modo frammentario, ora da ritrovamenti occasionali, ora da indagini, per lo più parziali, condotte nell’ambito di contesti monumentali paleocristiani o presunti tali 64: se la continuità delle necropoli principali, disposte a ovest e a est della città ai margini della via Postumia e della diramazione per Brescia, appare fuori discussione, ne sfuggono tuttavia le modalità, così come mancano altri elementi, al caso di discontinuità, con i quali completare un quadro che, in queste condizioni, non può che considerarsi riduttivo. Nella zona della vasta necropoli ad ovest della città, sviluppata a nord della via Emilia Gallica diretta a Brescia, è documentata nel IV sec. la presenza di recinti funerari fra loro ortogonali, che ancora sulla fine del V-inizio VI secolo sembrano determinare l’orientamento della modesta chiesa che precede la basilica romanica di S.Procolo 65. Rimangono da precisare i termini del rapporto fra questa fondazione e il culto del vescovo, che resse la cattedra veronese nella prima metà del IV secolo66; la sua cronologia lascia comunque supporre che la sepoltura di Procolo si inserisca nel quadro di un uso indifferenziato della necropoli da parte di cristiani non meno che di pagani. Nel suo ambito trovano comunque posto negli anni successivi anche le tombe dei vescovi Gricino e Agapito, scoperte nel 1492 insieme con quella di S.Procolo67, e forse quella di Zeno; su quest’ultima una memoria dovette essere eretta assai presto, se nella prima metà del V secolo un sermone di Petronio - di Verona o forse di Bologna - ne può celebrare il rifacimento68; sullo scorcio del secolo successivo l’edificio è il teatro di un miracolo - la protezione dei fedeli dalle acque dell’Adige straripato - il cui svolgimento ha portato parte degli studiosi a mettere in dubbio la sua localizzazione sul sito della basilica romanica, identificandolo piuttosto con i resti antichi che sarebbero stati visti nel XVIII secolo presso la chiesa di S.Zenetto in Oratorio69. Questa seconda ipotesi porterebbe a individuare un secondo polo cristiano nel suburbio occidentale della città, in una zona più prossima all’abitato, ma già interessata dall’occupazione funeraria romana a lato della via Postumia. Soltanto la dedica della chiesa, ricordata alla fine dell’VIII sec., giustifica per ora l’attribuzione ad epoca paleocristiana della fondazione dei SS.Apostoli, che costituirebbe un ulteriore nucleo funerario immediatamente a ridosso del settore 60 Per le diverse ipotesi cfr. PANAZZA 1959; BREDA 1988 e 1990; BROGIOLO 1993, p. 68 ss. 61 Sul problema delle chiese funerarie su alture cfr. PICARD 1988, p. 340 s. Nell’incertezza sulla identificazione della chiesa, non è chiaro quale ruolo possa avere avuto nella sua fondazione la volontà di esaugurazione di un luogo sacro pagano: è noto che sul colle Cidneo esisteva già dall’età preromana un santuario, rinnovato e ingrandito in età imperiale, quando divenne probabilmente il tempio del Genio della colonia (BROGIOLO 1993, p. 68 s. e sul problema specifico dell’esaugurazione CANTINO WATAGHIN in c.d.s.b). 62 BROGIOLO 1993, p. 86 ss. e da ultimo, più specificamente, BROGIOLO 1997. 63 Anche per questo cfr. BROGIOLO 1997. 64 FRANZONI 1975; CAVALIERI MANASSE 1987. 65 I resti dell’edificio sono stati messi in luce da scavi recenti (cfr. HUDSON 1988), che hanno anche consentito di precisare la cronologia della fondazione, riportata a data più antica dalla tradizione che la identificava con la prima cattedrale veronese (cfr. per tutti SIMEONI 1953, p. 11 ss.; MOR 1964, II, p. 21; ZOVATTO 1964, II, p. 488; VIOLANTE, FONSECA 1965, p. 332; sul problema specifico dell’ubicazione della cattedrale cfr. CANTINO WATAGHIN 1989a, p. 203 ss.). Per la necropoli romana cfr. FRANZONI 1965, p. 54 ss. 6 6 Cfr. per questo LANZONI 1927, pp. 919 ss. e da ultimo PICARD 1988, p. 259 s. e 676 s. 67 Per la inventio, che mise in luce anche le spoglie di Eupreprio, primo vescovo della città, e per le legittime riserve al riguardo cfr. PICARD 1988, p. 260 e nota 28. 68 MORIN 1897, p. 4 e LANZONI 1927, p. 932 s.; per l’attribuzione al vescovo di Bologna, di poco più recente del suo omonimo veronese, cfr. TRUZZI 1985, p. 95 ss. e PICARD 1988, p. 261. 69 Per le diverse argomentazioni del dibattito, che risale al XVIII secolo, cfr. FIORIO TEDONE 1989, p. 128. 70 La menzione più antica della chiesa è nel Versus de Verona, per il quale cfr. da ultimo PICARD 1988, p. 515 ss.; il titolo viene tradizionalmente ricollegato a quello delle basiliche Apo stolorum, fondate in Italia settentrionale sullo scorcio del IVinizio V secolo (FIORIO TEDONE 1989, p. 124 ss.), sulla scia della basilica ambrosiana milanese e di quella di Concordia, per le quali cfr. DUVAL 1977 e PICARD 1988, p. 272 ss. nella prima metà del VII sec. 59. L’identificazione di S.Stefano con l’edificio scavato a più riprese a partire dal 1874 sulla sommità del colle non è ovvia e del resto la stessa interpretazione e la cronologia, relativa e assoluta, delle strutture messe in luce pongono degli interrogativi60. Questi non incidono tuttavia sul significato particolare delle sepolture vescovili: la posizione in altura, dominante sulla città, e il contesto fortificato appaiono prevalenti su eventuali spinte di carattere devozionale, nella prospettiva verosimile di un’affermazione di potere 61. Appare difficilmente casuale che queste scelte siano contemporanee allo sviluppo di sepolcreti urbani, associati ad abitazioni o nell’ambito di edifici pubblici abbandonati come il teatro, localizzati comunque nel settore orientale della città, dove si suppone essere la corte regia longobarda: caratteristiche delle sepolture, posizione e dati antropologici concordano nel suggerire la loro attribuzione a elementi longobardi e/o servili62. Tra VI e VII secolo si moltiplicano anche le sepolture isolate, mentre alcune, localizzate nei pressi del gruppo episcopale, ma probabilmente più recenti, trovano forse nella cattedrale il loro riferimento63. Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 99 Fig. 7 - Verona, pianta della città (da CANTINO WATAGHIN 1989). occidentale delle mura 70. Non è invece accertata una presenza cristiana nel contesto della necropoli romana orientale, anche se ne è documentato l’uso nel IV secolo, quando essa si estende sull’area di una villa suburbana abbandonata e distrutta71; del sarcofago a porte di città reimpiegato nella cripta di S.Giovanni in Valle non è infatti nota la provenienza, né l’edificio, cui non sono legate memorie antiche della chiesa veronese, conserva tracce evidenti di periodo paleocristiano72. È verosimilmente di formazione tardo antica, ma forse non anteriore al V secolo, l’area cimiteriale di S.Stefano, ai piedi del versante settentrionale del colle del Castello, sulla riva sinistra dell’Adige, assai prossima al Ponte Pietra; qui è ricordata la sepoltura del vescovo Petronio, che da alcuni si ritiene, pur con le dovute riserve, possa essere stato il fondatore della chiesa, nella sua forma di monumentale basilica cruciforme o in altra più modesta, se la prima, in contrasto con la cronologia tradizionale, dovesse essere riportata al VI secolo 73. È comunque certo che già nel V seco- 71 FRANZONI 1975, p. 48, n. 6; CAVALIERI MANASSE 1987, maggiore antichità sarebbe la sepoltura di Simplicio, terzo vescovo di Verona nei primi decenni del IV secolo, se fosse certo che la sua presenza, ricordata da un’iscrizione dell’XIXII secolo (per la quale cfr. PIGHI 1972, p. 89 ss. e per la cronologia PICARD 1981, p. 459), non è il frutto di una traslazione: cfr. PICARD 1988, p. 265 s. Anche S.Stefano, come S.Procolo, è stata a lungo ritenuta cattedrale paleocristiana: così ancora ZOVATTO 1964, p. 488; MOR 1964, p. 21 e MARCHINI 1984, p. 1 ss. p. 50; FIORIO TEDONE 1989, p. 296, nota 30. 72 ZOVATTO 1960, p. 596 s.; CANOVA DAL ZIO 1987, p. 176 s.; FIORIO TEDONE 1989, p. 114. 73 Così TESSARI 1957, mentre sostiene una datazione della basilica cruciforme al V secolo VERZONE 1942, p. 20 ss.; per l’ipotesi di una fondazione da parte di Petronio cfr. PICARD 1988, p. 297 s. e FIORIO TEDONE 1989, p. 121. Per l’area funeraria cfr. FRANZONI 1975, p. 41 ss.; un indice di una sua 100 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO lo il cimitero ha notevole importanza, dal momento che accanto alle tombe dei vescovi - tra V e VI secolo vi sono deposti molti dei successori di Petronio - è documentata la tomba del patrizio Marciano, morto nel 472 74 . L’area cimiteriale, in senso proprio extraurbana, si segnala per la sua contiguità all’abitato, sia pure ad una parte di esso occupata da edifici quali il teatro e il santuario delle divinità egizie, di cui è assai dubbia se non esclusa la funzionalità nel momento in cui l’area stessa prende forma75. Un carattere marcato di eccezionalità hanno nel secondo quarto del VI secolo le sepolture dei vescovi Valente (531) e Verecondo sul colle del Castello, all’interno del castrum, dove forse proprio in quegli anni viene costruita, sul podio di un tempio pagano, la chiesa di S.Pietro 76 . Con un anticipo di circa un secolo, si ripropone la situazione già osservata a Brescia per le tombe vescovili sul Colle Cidneo; il nesso delle sepolture episcopali con la sede del potere è reso in questo caso più esplicito dalla presenza nel castrum del palazzo di Teoderico77. Nei secoli successivi la chiesa è il fulcro di un cimitero di un certo rilievo, in cui sono presenti anche tombe internamente dipinte78. Con il VII sec. diventano frequenti le sepolture in area urbana, sia isolate e riferite allora prevalentemente ad elementi longobardi 79, che inserite nel contesto della chiesa episcopale: nel presbiterio della grande basilica che nel V secolo si sostituisce all’edificio consacrato da Zenone si collocano alcune tombe - la più antica forse già sullo scorcio del VI secolo - che rappresentano probabilmente la parte maggiormente privilegiata di un gruppo più ampio, che si sviluppa in seguito in un vero e pro- prio sepolcreto80. 2.5. Aquileia Anche ad Aquileia uno studio sistematico delle aree funerarie e in particolare dei loro esiti in età tardo antica non è senza problemi, legati alla qualità più che non all’entità della documentazione, in sé non trascurabile, ma spesso non utilizzabile in maniera adeguata per la mancanza dei dati di contesto sui diversi ritrovamenti, a partire da quelli epigrafici81 . L’indagine è resa più complessa dal totale silenzio delle fonti sulle sepolture episcopali e dalle questioni irrisolte sulla vicenda urbana dopo il IV secolo82. Soprattutto questi ultimi indicano nella necropoli della Beligna l’area funeraria a più evidente continuità d’uso dall’età romana alla tarda antichità. La zona a sud di Aquileia, a margine della via per la costa, lontana circa due chilometri dalla città e caratterizzata dalla presenza di un dosso, relativamente protetto dagli impaludamenti, forse proprio per questa ragione è sede di quella che appare la più importante necropoli romana. Alle tombe e ai recinti funerari si affiancano edifici sacri, non noti direttamente ma testimoniati dalla tradizione epigrafica e dallo stesso toponimo, concordemente ricondotto alla memoria del culto di Belenus83. A partire dal periodo costantiniano vi sono presenti sepolture cristiane e in un momento variamente stimato fra IV e V secolo vi viene costruita una monumentale basilica, in connessione con la quale l’uso del cimitero dovette proseguire ben oltre la data del 423, relativa solo all’ultima iscrizione datata 84. In verosimile relazione con l’occupazione funeraria dell’area e con il culto martiriale che la connota, qualunque esso sia 74 FRANZONI 1975, p. 58, n. 28; insieme a questa è ricordata l’epigrafe greca del medico cristiano Pietro, morto nel 511. 75 La tradizione secondo la quale la chiesa di S.Stefano sarebbe sorta sulle rovine dell’Iseo-Serapeo non ha reale fondamento; molto più concreti gli indizi a favore di un’ubicazione del santuario sulla collina, come coronamento del complesso teatrale: cfr. BOLLA 1997 e infra, nota 76. 76 La chiesa è menzionata per la prima volta in documenti della fine VIII- inizio IX secolo, che ne ricordano il restauro (PICARD 1988, p. 286 e nota 50 e FIORIO TEDONE 1989, p. 119 ss.). I problemi del rapporto della chiesa con il tempio, che sembra in uso “almeno fino al III sec.” (BOLLA 1997, p. 360), senza tuttavia che si abbiano dati sicuri sulla sua distruzione, apparentemente intenzionale, e dell’identificazione di quest’ultimo sono riassunti in CANTINO WATAGHIN in c.d.s.b. Per la data della morte di Valente cfr. CIL V, 3896; quella di Verecondo è invece controversa, derivando da un’iscrizione riportata dall’Ughelli, di cui è discussa l’autenticità (LANZONI 1927, p. 933 e PICARD 1988, p. 286, nota 51): 523, secondo PICARD 1988, l.cit.; 533, secondo FIORIO TEDONE 1989, p. 120, dove, correggendo la lista episcopale, viene indicato come successore di Valente. 77 LUSUARDI SIENA 1984, p. 523 s.; LA ROCCA 1986, p. 80 s. e nota 37; alla nota 36 la sintesi del problema della datazione delle mura del castrum. 78 FIORIO TEDONE 1989, p. 121. 79 LA ROCCA 1986. 80 FIORIO TEDONE 1987, p. 65 s. e 1989, p. 132. 81 Per le iscrizioni il riferimento principale rimane a CIL V e ai fascicoli delle Inscriptiones Italiae; per specifici problemi cfr. CUSCITO 1972; PANCIERA 1975; MAZZOLENI 1982 e 1986; CAILLET 1993.Per un riepilogo dei ritrovamenti cfr. ancora le sintesi di BRUSIN, ZOVATTO 1957; BERTACCHI 1980; cfr. anche PIUSSI 1978. Delle necropoli sono stati ampiamente studiati i monumenti funerari (fra i contributi recenti cfr. REUSSER 1985; SENA CHIESA 1986; CANCIANI 1987; DENTI 1991; GHEDINI 1992), con un’attenzione assai ridotta agli aspetti topografici; per questi cfr. alcuni contributi recenti: JÄGGI 1990; BUORA 1992, con importanti anticipazioni sui risultati delle coperture aeree eseguite nel 1990, che hanno interessato anche la cintura suburbana della città. 8 2 Cfr. PICARD 1988, p. 253 ss.; CANTINO WATAGHIN 1992a; CRACCO RUGGINI 1992. 83 BRUSIN, ZOVATTO 1957, p. 235; cfr. anche CALDERINI 1930, pp. CXXIX ss. e 431 ss.; BRUSIN 1967; BUORA 1979 e per i culti attestati nella zona CIL, V, 739, 740, 742, 744, 746, 747, 752. 84 CIL, V, 1623. La datazione della basilica alla fine del IV-inizio del V secolo è sostenuta da BERTACCHI 1961-62 e ancora 1980, p. 245 ss. sulla base dei caratteri stilistici dei mosaici pavimentali, e con riferimento alle epigrafi, da PANCIERA 1975, pp. 223 e 232, ed è accolta dalla maggior parte degli studiosi: cfr. da ultimo CAILLET 1993, p. 156 ss., con ampia bibliografia; una cronologia al V secolo inoltrato, già affermata dal Brusin (BRUSIN, ZOVATTO 1957, p. 231 ss.) è stata riproposta con nuovi argomenti in CANTINO WATAGHIN 1989b. Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert Fig. 8 - Aquileia, basilica patriarcale, pianta (da LANCKORONSKI 1906). stato, si pone il monastero alto medievale di S.Martino85, mentre una presenza longobarda è attestata da sporadici rinvenimenti al limite occidentale dell’area cimiteriale e dal toponimo 85 Sulla destinazione della basilica mancano fonti esplicite; per il problema cfr. CANTINO WATAGHIN 1989b, dove viene avanzata l’ipotesi che si tratti di un martyrium in onore dei SS. Fortunato e Ermacora, considerata plausibile in CAILLET 1993, p. 145: gli argomenti considerati sono la monumentalità dell’edificio e il suo rapporto con il principale cimitero cristiano della città, altrettanti collegamenti con un culto importante; l’epigrafe sopra ricordata, del sacerdos Amantius, dove si parla di geminis ducibus sacra con sortia partecipare, dunque di una sepoltura presso le tombe (o reliquie) di due santi; della dedica ai SS.Martino ed Ermacora del vicino monastero, per il quale cfr. PASCHINI 1960; BUORA 1979; per la sua cronologia cfr. anche CANTINO WATAGHIN 1989b, p. 89. 86 BUORA 1979, c. 462 e 1992, p. 77. 87 Già attribuita alla fine del IV secolo (BERTACCHI 1965), la basilica viene ora datata verso la metà del V sulla base di misurazioni del radiocarbonio: BERTACCHI 1980, p. 239 s.; cfr. anche CANTINO WATAGHIN 1989b, p. 82; BUORA 1992, p. 79; CAILLET 1993, p. 158 ss. L’assoluta mancanza di dati di stratigrafia, purtroppo non inconsueta ad Aquileia nel contesto di scavi non recenti, impedisce un raccordo meno che generico fra le sepolture e le fasi strutturali dell’edificio, d’altronde interpretate in maniera non univoca (BERTACCHI 1965 e 1980; TAVANO 1977, p. 203 ss. e 1986, pp. 244 e 255; BUORA 1992, p. 79); le opinioni divergono anche in ordine alla possibilità che la chiesa abbia svolto, accanto a quella funeraria, anche una funzione di centro di cura d’anime nei confronti della comunità orientale di Aquileia, vistosamente presente nelle dediche dei pavimenti musivi: per opposte valutazioni cfr. PIETRI 1982, p. 133 s. e CAILLET 1993, p. 191. Per il monastero, attestato a partire dall’XI sec. cfr. SCALON 1983; 101 “Farella”, a quello sud orientale86. Sullo scorcio della prima metà del V secolo viene costruita un’importante basilica anche nel sobborgo di Monastero; la presenza di alcune sepolture nel nartece ne indica l’uso funerario; rimane però da definire la consistenza e la fisionomia, nonché l’orizzonte cronologico, del cimitero che dovrebbe esserle associato - noto solo da ritrovamenti sporadici - e che dovrebbe comunque essere di formazione tardo antica. La chiesa si inserisce nel quartiere suburbano a nord-est della città, che in età romana ha una connotazione residenziale, verosimilmente collegata all’attività portuale, che non sembra del tutto interrompersi in età tardo antica; non mancano peraltro edifici abbandonati, nell’ambito dei quali si installano sepolture87. Altre aree cimiteriali tardo antiche, in apparente continuità con necropoli romane, sono invece localizzate presso le chiese di S.Felice e S.Giovanni in Foro, rispettivamente a sud-est e a sud-ovest della città, mentre è meno evidente che il cimitero pertinente alla chiesa di S.Stefano, a nord della città, si sia formato già in epoca tardo antica 88. Con la sola eccezione di quella della Beligna, tutte le aree cimiteriali paleocristiane di Aquileia si collocano in immediata prossimità della cinta mura ria tardo antica, mentre vengono abbandonate le necropoli romane poste a qualche distanza dalla città89. Se non sembra verificata la precoce presenza di sepolture isolate in area urbana segnalata in pass a t o 90, risale verosimilmente già al V secolo la destinazione funeraria di spazi importanti nell’ambito del gruppo episcopale. La situazione, messa in luce nel corso degli scavi compiuti fra gli ultimi anni del secolo scorso e i primi di questo, è HAERTEL 1983. Da un sito imprecisato della zona di Monastero provengono anche materiali goti: BIERBRAUER 1974, p. 255 ss. Sepolture nell’ambito di edifici abbandonati sono segnalate anche in altri punti del suburbio aquileiese (BUORA 1992, p. 80 s.); nel caso della villa delle Marignane, sembra trattarsi di un vero e proprio cimitero, di consistenza, peraltro, e cronologia imprecisate (LOPREATO 1987, p. 138 s.: “... in epoca tarda ... la sua area fu invasa da sepolture terragne oppure da inumati in anfore ...”; le sepolture in anfore rimandano comunque ad un orizzonte tardo antico). 88 Della scomparsa chiesa di S.Felice (per la quale cfr. PASCHINI 1958 e VIGI FIOR 1981), oggetto in anni passati di scavi non ancora pubblicati (CUSCITO 1986, p. 14, nota 35), si conosce assai poco, al di là della presenza di epigrafi musive, testimonianza esplicita di sepolture ad sanctos, non anteriori peraltro al V secolo (CIL, V, 1619, 1678, 1698, 1936: cfr. CUSCITO 1974-75, c.644 e 1992, p. 57 ss.; CAILLET 1993, passim). La presenza di tituli pagani, recuperati in passato nel pavimento della chiesa di S.Felice, potrebbe in realtà essere dovuta a reimpieghi di materiali di diversa provenienza (CANTINO WATAGHIN 1989, p. 86 s., nota 39). Per S.Giovanni in Foro cfr. BERTACCHI 1980, p. 263 e VIGI FIOR 1988. Per quanto riguarda S.Stefano, per le cui vicende cfr. PASCHINI 1939, l’ipotesi di una sua origine paleocristiana è in BRUSIN, ZOVATTO 1957, p. 368, ed è accolta in FÉVRIER 1981, p. 191 ss. e BUORA 1992, p. 77, dove si segnala peraltro la maggiore consistenza delle attestazioni di pieno periodo medievale. 89 Cfr. BUORA 1992, fig. 1 a p. 78 90 FÉVRIER 1981, p. 196, allude forse alle tombe presso S.Giovanni in Foro. 102 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO Fig. 9 - Aquileia, area antistante la basilica patriarcale e battistero, pianta dello scavo ( da LANCKORONSKI 1906). Fig. 10 - Aquileia, area a nord della basilica patriarcale e campanile, pianta dello scavo ( da LANCKORONSKI 1906). nota solo da una planimetria semplificata pubblicata dal Lanckoronski e dalla descrizione dello scavo redatta dal Niemann, entrambe inadeguate per una valutazione puntuale91. Ne appare comunque chiara la presenza di un numero rilevante di sepolture nel portico antistante le basiliche postteodoriane, nell’atrio fra quella meridionale e il battistero, nell’area infine di quella settentrionale. Alcune tombe erano già state ritrovate nel XVIII secolo a ridosso della zona presbiteriale della basilica meridionale, costituite da sarcofagi romani reimpiegati, contenenti frammenti di reliquiari in avorio e monete di IV sec., nelle quali si ritenne fossero sepolti i vescovi del tempo92. La tipologia delle tombe segnalate dal Niemann - sarcofagi in pietra, tombe a cassa laterizia, cappuccine - rimanda almeno in parte ad età tardo antica, mentre gli accenni a materiali di corredo suggeriscono un’attività del cimitero in periodo alto medievale, al quale possono attribuirsi anche alcuni dei sarcofagi, a forma trapezoidale, collocati nel portico antistante la basilica meridionale. Sono termini di riferimento troppo vaghi per consentire di precisare il rapporto del cimitero con le strutture del gruppo episcopale, sulle vicende delle quali, d’altronde, la critica non è concorde. È ovvio che esso convive con la basilica post-teodoriana meridionale, che può averne rappresentato un importante referente, anche se forse non l’unico; è possibile infatti che alla basilica settentrionale, distrutta da un incendio, attribuito in genere all’invasione attilana, abbia fatto seguito un edificio di dimensioni minori, nel quale quindi potrebbero inserirsi le sepolture presenti in quella zona93. Si tratta comunque di caso assai precoce, e per ora privo di sicuri confronti, di un cimitero associato alla chiesa episcopale, in un momento, inoltre, in cui sono ancora pienamente attivi i cimiteri suburbani94. 91 Niemann, in LANCKORONSKI 1906, p. 22 s.; le tavole sono spettata in termini molto vaghi dal Brusin (BRUSIN 1934, p. 187 s.), nasce dal ritrovamento di colonne di dimensioni minori rispetto a quelle di cui rimangono tracce sui plinti conservati in situ fra la navata centrale e quelle laterali, ma maggiori di quelle presumibili per eventuali arredi liturgici, di cui peraltro la basilica non conserva traccia (Niemann, in LANCKORONSKI 1906, p. 27 s.). 94 Cfr. anche infra, nota 102. ripubblicate in BERTACCHI 1980. 92 Niemann, in LANCKORONSKI 1906, p. 36, nota 2. Il ritrovamento avvenne sotto l’altare della cappella di S.Ilario, dove venne in seguito messo in luce un lembo di suolo a mosaico, contestuale a quello della basilica, per il quale cfr. TAVANO 1986, p. 176 e 205. 93 CANTINO WATAGHIN 1996b, p. 118 s.: l’ipotesi, già pro- Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 103 2.6. Osservazioni A quanto finora esposto, possono seguire alcune considerazioni, che, lontane dal volersi proporre come conclusive, intendono essere altrettanti spunti di ulteriore approfondimento sul tema del rapporto fra sepolture e centri urbani fra tarda antichità e alto medioevo. Entro l’orizzonte compreso fra IV e VIII secolo, che vede l’affermarsi del cimitero cittadino sulla necropoli suburbana dell’antichità, le città prese in esame offrono un quadro per molti versi diversificato, dove spiccano peraltro alcune costanti, la più significativa delle quali è la mobilità delle necropoli. Essa si manifesta da un lato, nel III-IV secolo, con l’attenuarsi del potere di aggregazione di quelle tradizionalmente in uso nella media età imperiale, che, anche se non abbandonate, vengono a confrontarsi con nuove aree funerarie, spesso di consistenza ridotta e di uso limitato nel tempo, e con le non così occasionali sepolture isolate; dall’altro, nel periodo successivo, con il moltiplicarsi dei nuclei cristiani, facenti capo a distinti luoghi di culto e con la loro convivenza con scelte che prescindono da questi referenti. Agli inizi della tarda antichità si determinano indubbiamente fattori esterni di interferenza con la topografia delle necropoli romane, costituiti dalla devastazione di molti suburbi a seguito delle invasioni barbariche e dalla costruzione delle mura, là dove queste rappresentano una innovazione tardo antica, o dal ripristino della loro funzionalità difensiva, quando vengono recuperati gli impianti più antichi. Ciò può comportare la distruzione programmata di aree funerarie, per creare a ridosso delle fortificazioni un’area libera, indispensabile alla loro funzionalità; questo fatto, che spiega la frequenza del reimpiego nelle mura di cinta di materiali architettonici provenienti da monumenti funebri, rappresenta un ulteriore elemento di rottura degli equilibri tradizionali, tanto sotto il profilo pratico che nelle prospettive mentali: mentre l’intangibilità delle aree funerarie viene messa, di fatto, pesantemente in discussione, il panorama urbano risulta radicalmente ridisegnato95. Anche altri fattori concorrono tuttavia a modificare il quadro tradizionale, dal momento che i medesimi fenomeni sono evidenti anche in contesti non toccati da vicende traumatiche o comunque dirompenti96. Un ruolo determinante hanno verosimilmente le trasformazioni, in atto fra IV e VIII secolo, del tessuto sociale e delle forme tradizionali di aggregazione: esse introducono una pluralità di comportamenti, dove la valenza privata delle scelte e le specificità locali sembrano prevalenti e che sfuggono pertanto a una rigida classificazione. È illuminante in questo senso la distribuzione frammentata delle sepolture vescovili, che prova l’instabilità dei rapporti di importanza relativa fra le diverse aree funerarie, la difficoltà quindi di stabilirne una gerarchia se non entro ambiti cronologici assai ristretti, e che sembra tanto maggiore là dove le dinamiche di sviluppo sono più complesse e articolate97; per altro è significativo verso il confronto fra le diverse evoluzioni che presentano due centri dalla vicenda storica così differenziata come Brescia e Aosta, fortemente innovativa la prima, secondo parametri più ancorati alla tradizione la seconda. Fra III e IV secolo le aree funerarie di nuova formazione o anche i piccoli nuclei isolati di sepolture denotano una tendenza ad avvicinarsi al perimetro della città, per inserirsi poi nell’abitato; ciò non esclude la continuità di necropoli più lontane quella della Beligna ad Aquileia, ad Aosta quella più occidentale, per non citare che due casi fra quelli sopra considerati - ed è quindi difficile ritenerlo effetto esclusivo del fattore distanza e delle sue implicazioni pratiche, quali la facilità di accesso o la sicurezza. Sembra piuttosto riflettere un diverso modo di intendere il rapporto fra insediamento e necropoli, dove si perde la percezione delle rispettive specificità. È una vicenda complessa di ridestinazione funzionale e di progressiva integrazione degli spazi, che si svolge sull’arco della tarda antichità e va ovviamente letta alla luce delle più generali trasformazioni dei quadri urbani, e nella quale la cristianizzazione ha un ruolo rilevante, pur senza esserne l’unico o il primo motore. La formazione di nuove aree cimiteriali non può infatti considerarsi indotta dalla cristianizzazione, dal momento che le tombe cristiane, a partire da quelle del clero, si collocano ancora nel IV secolo nell’ambito di necropoli pagane98; tuttavia lo sviluppo del culto martiriale e la diffusione della pratica dell’inumazione ad sanctos99, nonché quello di un rituale cristiano della sepoltura, introducono variabili significative in ordine alla dislocazione e alla struttura dei cimiteri, alle loro modalità d’uso, al rapporto fra paesaggio urbano e suburbano. Rinviando alle pagine di C.Lambert per l’analisi degli aspetti rituali, ricordiamo qui che in una regione come l’Italia settentrionale, povera di martiri e quindi di tombe venerate, referenti della devozione e delle sepolture ad sanctos sono più e prima che altrove reliquie trasferite da una località all’altra100. I criteri in base ai quali le reliquie ven- 9 5 Cfr. CANTINO WATAGHIN 1992c, 1995a e 1996a, con PICARD 1988, e più in generale FASOLA, FIOCCHI NICOLAI 1989. 99 Sul problema, oltre ai contributi ormai “classici”, di BROWN 1981, FONTAINE 1982, PIETRI 1984, cfr. DUVAL 1988a, 1988b e 1991; ZANGARA 1990; PICARD 1992. 100 Anche su questo argomento la miglior sintesi della documentazione è offerta da PICARD 1988. discussione dei problemi relativi alle fortificazioni tardo antiche e bibliografia di riferimento. 96 Per ulteriore documentazione rinviamo a CANTINO WATAGHIN in c.d.s.a. 97 La documentazione completa è in PICARD 1988. 9 8 Per un quadro generale del “campione” vescovile cfr. 104 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO gono distribuite e acquisite non sono schematizzabili, ma in termini generali - e al di là della valenza devozionale del fenomeno - si inquadrano in un chiaro processo di “conquista cristiana dello spazio e del tempo”, di cui è esempio emblematico il programma ambrosiano per Milano101. La costruzione e la gestione delle basiliche cimiteriali e martiriali comporta comunque la riorganizzazione degli spazi funerari, di cui esse diventano il fulcro102, e la loro monumentalizzazione in termini affatto nuovi: le celebrazioni religiose ne fanno spazi di vita comunitaria complementari a quelli urbani, dimensioni, complessità architettonica, ricchezza di arredi degli edifici di culto sono eguali se non superiori a quelle delle chiese urbane. In questa prospettiva una descrizione della topografia funeraria non può essere condotta solo in termini di intra/extra urbem; è verosimile che l’ingresso delle tombe in “città” rappresenti un problema maggiore per la critica moderna di quanto sia stato per i contemporanei, dal momento che il termine di confronto per la localizzazione delle sepolture non sembrano essere tanto un concetto giuridico di “città”, astratto e probabilmente superato a livello di comune consapevolezza, quanto piuttosto, di volta in volta, realtà più attuali, quali disponibilità di spazio, presenza di reliquie venerate, particolare pregnanza del sito nel contesto politico e sociale. Secondo ogni verosimiglianza, è la presenza di reliquie importanti che determina la formazione precoce del cimitero nell’ambito del gruppo episcopale di Aquileia 103, mentre altrove, come a Brescia, è la disponibilità di suolo pubblico, facilmente accessibile a determinati gruppi sociali, a consentire l’installarsi di cimiteri in area urbana; ancora a Brescia o a Verona all’origine delle sepolture dei vescovi nell’ambito del castrum appare esservi un particolare rapporto dell’episcopato con il potere, mentre quelle nell’ambito della cattedrale, ricostruibili per altri siti, sembrano sottintendere una particolare affermazione del ruolo episcopale, che anticipa la prassi alto medievale104. G.C.W. 3. Organizzazione spaziale e gestione delle necropoli L’aspetto organizzativo delle necropoli dell’Italia settentrionale in età compresa tra IV e VIII secolo risulta, allo stato attuale delle ricerche, assai difficile da definire. In merito alla distribuzione delle sepolture nell’ambito degli spazi ad esse destinati si sono infatti riscontrati, da un lato, il silenzio delle fonti di carattere giuridico e letterario, dall’altro, una notevole carenza di dati archeologici. Per quanto attiene alle prescrizioni di legge, una serie di studi puntuali consente di rilevare l’assenza di una normativa specifica, che perdura dall’età repubblicana sino alla fine dell’antichità105. Privi di un legame esplicito con le realtà materiali, i termini giuridici di locus purus, res religiosa e di zone adiectae indicano rispettivamente un luogo in cui non si è mai seppellito; la qualità acquisita da un luogo all’atto della deposizione di resti umani, incinerati o inumati; una zona di una certa ampiezza, compresa entro i limiti del f u n d u s destinato ad uso sepolcrale, dove potevano sorgere edicole e giardini. Quest’ultima è un’area “neutra”, in un certo senso consacrata, ma che non per questo assumeva il carattere di locus religiosus. La sola condizione giuridica posta per la creazione di un sepolcro è data dal legittimo possesso del terreno destinato a tale scopo106. Tra l’età imperiale e quella tardo antica non sono rilevabili differenze apprezzabili nella normativa, che non ha ricevuto modifiche essenziali neppure da parte dei compilatori del Corpus Iuris giustinianeo. Anche sotto questo aspetto la legislazione in materia funeraria appare segnata da caratteri di un certo conservatorismo, ben evidenti nelle notissime prescrizioni, ribadite dall’età repubblicana a quella tardo imperiale, che si limitano a vietare il seppellimento in urbe107 e a regolamentare, entro una sfera che appartiene del tutto al diritto privato, l’inviolabilità dei sepolcri in quanto res religiosae ed extra commercium108. 101 In generale sul tema della “conquista cristiana dello spazio e del tempo” cfr. PERRIN 1995. Sui contenuti “programmatici” delle iniziative ambrosiane in materia di fondazioni di edifici di culto cfr. CAGIANO DE AZEVEDO 1963; KRAUTHEIMER 1987, in particolare p. 121 ss.; MONFRIN 1991; LUSUARDI SIENA 1997a; SANNAZARO 1996 e 1997b. L’argomento è stato anche oggetto di un intervento al Congresso Internazionale di Studi Ambrosiani, tenutosi a Milano (4-11 aprile 1997) nel XVI centenario della morte di S.Ambrogio (G.CANTINO WATAGHIN, Sull’ipotesi di un modello ambrosiano per la cri stianità tardoantica: il contributo delle fonti archeologiche). Una forse troppo puntuale lettura in chiave “politica”, nel senso di un confronto fra il potere e l’immagine della chiesa e dell’impero, è stata proposta per la costruzione della basilica Apostolorum sulla via Romana, monumentalizzata poco prima dalla realizzazione del porticato e dell’arco (CAPORUSSO 1991, p. 257), e per la deposizione delle reliquie dei martiri Nabore e Felice, traslati da Lodi verosimilmente al tempo del vescovo Materno, nel cimitero fuori porta Vercellina, nei pressi dunque del circo e del palazzo imperiale (SANNAZARO 1996 e 1997b). È un problema sul quale sarà opportuno ritornare in altra sede. 102 PICARD 1988, p. 722: “À la nécropole <linéaire>, du HautEmpire, disposée le long des voies, succède una nécropole <ramassée>, centrée sur un sanctuaire”. 103 Per la loro possibile identificazione con le reliquie apostoliche, di cui il sermone di Cromazio per la dedica della basilica di Concordia (CCSL, IX, a cura di R.ETAIX e J.LEMARIÉ, 1974, XXVI, p. 119 s.) attesta la presenza ad Aquileia sullo scorcio del IV secolo, cfr. CANTINO WATAGHIN 1996b, p. 119. 104 Sulle sepolture nelle cattedrali cfr. LAMBERT 1994a, p. 54 ss. e CANTINO WATAGHIN in c.d.s.a. 105 MANY 1904; DE VISSCHER 1963; LONGO 1964. 106 LONGO 1964, pp.137-144 e 1964a, pp.342-352; TESTA 1990, pp.77-78; DUCOS 1995, pp.135-144. 107 Per una presentazione dei testi giuridici e della relativa bibliografia cfr. LAMBERT 1994a e 1997, pp.285-288. 108 DUCOS 1995, pp.138-141. Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert La documentazione archeologica sull’estensione e le fasi di utilizzo delle aree funerarie antiche dell’Italia settentrionale consente di individuare, d’altro canto, solo le linee generiche di uno sviluppo che sembra escludere, almeno inizialmente, qualsiasi attribuzione di un carattere gerarchico agli spazi: anche qui, come in tutto il mondo romano, le tombe vengono disposte ai margini delle principali arterie stradali, secondo un ordine progressivo - probabile, ma non ricostruibile - legato alla disponibilità e al valore commerciale dei lotti di terreno acquistabili da singoli privati o da corporazioni, entro i limiti della parcellizzazione e della destinazione d’uso del territorio suburbano. Ad Aosta, la necropoli fuori porta Decumana, in uso tra il I e l’VIII secolo con un campione numericamente significativo di individui, è l’unica per la quale si conoscono dati diacronici sull’articolazione interna e su una vera e propria ripianificazione, avvenuta nel corso del IV secolo, che sembra connotarla come l’area cimiteriale di maggior prestigio della città, verosimilmente ad uso di laici 109. Non è tuttavia documentato a partire da quando, se, e in quale misura, il clero cittadino sia intervenuto nella sua organizzazione spaziale e in quella del culto legato alla piccola basilica che vi venne precocemente impiantata. A titolo di confronto, i risultati dei recenti scavi della necropoli milanese rinvenuta nei cortili dell’Università Cattolica orientano, del resto, verso una gestione privata di tale vasta area funeraria, che non ha restituito prove di un’adesione al cristianesimo da parte dei suoi fruitori neppure nelle fasi più tarde, coeve o successive all’episcopato ambrosiano110. Questa assenza di programmazione e di controllo delle aree funerarie sembra perdurare fino alle soglie della tarda antichità111, quando la posizione di tombe venerate o comunque privilegiate determina il fenomeno di attrazione di altre sepolture112. Sia nel caso in cui si tratti di individui di 109 Per la descrizione della necropoli fuori porta Decumana e la bibliografia relativa, cfr. supra, CANTINO WATAGHIN; indicazioni sulle altre necropoli - meno rappresentative per l’argomento qui trattato - in MOLLO MEZZENA 1987, pp.31-33; PERINETTI 1987a, pp.121-124. 110 SANNAZARO, CATTANEO, RAVEDONI 1997, pp.120129. 111 TOYNBEE 1971, p.74. 112 L’inhumation privilegiée 1986; L. PIETRI 1986, pp.133142. 113 KÖTTING 1965; Y.DUVAL 1988b e 1991; PICARD 1992, pp.21-33. 114 Per un inquadramento generale della situazione di Roma (che va aggiornato con i contributi più recenti su situazioni puntuali), cfr. FASOLA, FIOCCHI NICOLAI 1989, pp.1153-1205. 115 Un’ampia casistica relativa al territorio francese e svizzero è fornita in L’inhumation privilegiée 1986; cfr. inoltre YOUNG, PÉRIN 1991, pp.94-121 e, per la sola Francia, le sezioni dedicate agli edifici funerari nelle schede dei due volumi Les pre miers monuments chrétiens de la France 1995-1996. 105 particolare prestigio sotto il profilo del carisma religioso - per i quali, come è noto, si suole parlare di inumazioni ad sanctos 113 - sia che si tratti di esponenti del potere laico, tale pratica introduce una gerarchia “concettuale” degli spazi funerari, che ne comporta una qualche forma di organizzazione114. Fuori d’Italia, questa è provata archeologicamente per un certo numero di cimiteri legati all’ambito territoriale urbano, nonché ad aree sepolcrali rurali di epoca più tarda115 . Malgrado le maggiori lacune della documentazione, non è da escludere a priori anche per le città dell’Italia settentrionale, come sembrerebbero provare i dati relativi ad Aosta e quelli emersi di recente dal citato scavo della necropoli milanese presso la sede dell’Università Cattolica116. In merito agli aspetti pratici della gestione delle necropoli, le fonti scritte non risultano particolarmente illuminanti: sono citati talora dei custodes o un abbas laico preposti alla custodia degli edifici che conservano tombe venerate, senza, tuttavia, che le loro prerogative vengano s p e c i f i c a t e 1 1 7 . È il caso, a titolo di esempio, dell’aedituus del santuario imolese di S.Cassiano ricordato da Prudenzio: il poeta sostiene semplicemente di aver appreso da lui le vicende del martirio e le virtù del Santo118. I riferimenti relativi all’età tardo antica, rari quanto generici, lasciano dunque aperta la questione se a personale laico fosse assegnato un ruolo assimilabile a quello dei fossores - ben documentati in ambito romano per il periodo paleocristiano119 - e se i membri del clero si siano riservati il diritto di regolamentare solo i difficili casi di sepolture all’interno degli edifici di culto, formalmente interdetti dai canoni conciliari e ripresi sino alle soglie dell’alto medioevo120. Per questo aspetto può essere significativo il capitolo LIIII del IV libro dei Dialoghi di Gregorio Magno, che narra un episodio che sarebbe avvenuto a Brescia nell’ultimo quarto del VI secolo. A prescindere dalla veridicità storica 116 cfr. supra, n.110. 117 Custodi di santuari o chiese cimiteriali sono frequentemen- te citati nelle fonti letterarie; per l’ambito italico si vedano, a titolo di esempio, PRUDENTIUS, Peristephanon liber , M . L A V A R E N N E (a cura di), Paris, 1951; G R E G O R I U S MAGNUS, Dialogi, lib.IV, capp.LIII-LIIII-LV-LVI, SC, 265, A.de VOGUÈ (a cura di), Paris 1980, pp.178-185. 118 PRUDENTIUS, Passio Sancti Cassiani Forocorneliensis, Peristephanon, hymnus IX, M.LAVARENNE (a cura di), Paris, 1951, pp.112-115; LAMBERT 1994b, pp.39-44. 119 GUYON 1986, pp.313-315 e a p.478, n.44, con ampia bibliografia. Una dedica funeraria a dei “crestianis fossoribus” che compare su una lapide conservata a Caraglio - Forum Germa (--) - (CIL V 891), viene considerata dalla più recente critica un falso settecentesco (MENNELLA, COCCOLUTO 1995, pp.158159). 1 2 0 Concilio di Braga, a.563, canone XVIII (HEFELE, LECLERCQ 1909, p.180); sinodo di Auxerre, a.578 (?), canone XIV (Concilia Galliae , A.511 - A.695, Corpus Christianorum, series latina, C. de CLERCQ (a cura di), Turnholti 1963, p.267. 106 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO dell’intero testo - la cui natura essenzialmente edificatoria ne rende dubitabili almeno alcune parti il racconto sembra attestare alcune realtà interessanti: da un lato l’autorità specifica di un vescovo per autorizzare l’inumazione di un personaggio particolarmente potente all’interno della chiesa suburbana del martire Faustino, dall’altro un ruolo non marginale di un custos quale possibile gestore del luogo di culto e mediatore tra i laici ed il potere ecclesiastico. Se nella narrazione è l’epi scopus che risulta responsabile in prima persona di una sepoltura indegna all’interno del santuario, è infatti al custode che Faustino compare in sogno perché solleciti la rimozione del corpo, ritenuto indegno, del patricius Valerianus121. Sotto il profilo archeologico, i termini del problema risultano più chiari per quanto riguarda la basilica cruciforme di St.Laurent di Aosta 122, fondata nella prima metà del V secolo per custodire importanti reliquie e, al contempo, per divenire chiesa funeraria privilegiata per le sepolture vescovili: ne sono testimonianza le iscrizioni sepolcrali dei vescovi Grato (post a.470) e Gallo (a.546), che antiche notizie ragionevolmente attendibili fanno provenire dall’area della chiesa poi dedicata a St.Laurent123, e in particolare il sarcofago monolitico in pietra ollare del vescovo Agnello, rinvenuto in situ nella basilica e sigillato da una lastra inscritta che ne data il decesso all’anno 528124. La continuità delle sepolture di ecclesiastici è confermata anche da un calice ed una patena in peltro provenienti da una tomba datata al IX-XI secolo125. Se mancano le fonti letterarie per provare le modalità degli interventi episcopali, in questo caso le risultanze di scavo rendono indubitabile che le gerarchie ecclesiastiche abbiano esercitato un diretto controllo su questa importante area funeraria126. Differente è il caso di Milano, dove l’iniziativa del vescovo Ambrogio per valorizzare il culto dei martiri e riqualificare in termini cristiani le preesistenti aree cimiteriali è documentata dai suoi stessi scritti: l’edificazione di luoghi di culto e l’ampliamento degli spazi per seppellire i fedeli rientrano nel ristretto novero delle attività per le quali egli ritiene lecito alienare alcuni beni mobili della Chiesa127. La traduzione materiale di tali intendimenti organizzativi sui cimiteri milanesi sfugge tuttavia all’evidenza archeologica: localizzate con certezza sul piano topografico, le necropoli sulle quali sarebbe intervenuto Ambrogio sono, di fatto, poco conosciute nella loro estensione e nelle loro caratteristiche, in quanto oggetto di indagini ormai lontane nel tempo, quando minore era l’attenzione verso la molteplicità e la complessità dei dati potenzialmente ricavabili dalle sepolture128. Articolata si presenta la situazione di Brescia, dove alla generica localizzazione delle aree cimiteriali suburbane romane e tardo antiche si è aggiunta, in anni recenti, l’individuazione di alcuni nuclei di sepolture legate a contesti abitativi di età longobarda pienamente inseriti entro la città antica129. Più numerose che altrove sono inoltre le fonti relative alle deposizioni vescovili, che a partire dalla fine del V secolo sarebbero state praticate con un certa regolarità all’interno delle antiche mura 1 3 0 . Anche in questo caso manca tuttavia qualsiasi indicazione testuale o archeologica circa gli aspetti organizzativi delle aree sepolcrali: la stessa casistica delle tombe di individui laici connesse alle abitazioni dell’area 121 GREGORIUS MAGNUS, Dialogi, lib.IV, cap.LIIII, SC, PERINETTI 1986, pp.31-32 e PERINETTI 1990, p.227). Le tombe di XI secolo sarebbero le prime attestate all’interno della città (BONNET, PERINETTI 1986, p.31 e PERINETTI 1987a, p. 383; cfr. inoltre LAMBERT 1994a e 1996, pp.32-33). 127 AMBROSIUS, De Officiis, 2, 242, M.TESTARD (a cura di), Paris 1984; il passo è citato in relazione alle necropoli milanesi in SANNAZARO 1997a, p.110. L’iniziativa ambrosiana per la valorizzazione delle aree cimiteriali in funzione di un potenziamento del culto dei martiri sembra porsi sulla stessa linea degli interventi promossi a Roma da papa Damaso, per i quali cfr. FERRUA 1942; CAGIANO de AZEVEDO 1963, p.59; CARLETTI, FERRUA 1985; FEVRIER, GUYON 1992. 128 Per le necropoli di età romana e tardo antica cfr. BOLLA 1988 e 1990; SANNAZARO 1997a, pp.110-113 e 1997b, pp.114115; la presenza di sepolture urbane è stata accertata nell’ambito del gruppo episcopale (DE CAPITANI D’ARZAGO 1952, pp.92-93; 102; 135-138; MIRABELLA ROBERTI, PAREDI 1974, pp.12-23 e MIRABELLA ROBERTI 1986, pp.159; 161) e in relazione alla chiesa di S.Giovanni in Conca (FROVA 1951, pp.50-54; DAVID 1982; FIORIO TEDONE 1986, pp.408-410). 129 ROSSI 1990, pp.153-154; MARIOTTI 1990, pp.155-156; BROGIOLO, CUNI 1989, pp.145-158; BROGIOLO 1993, pp.94-95 e 1997, pp.413-424. 130 PICARD 1988, p.232; BROGIOLO 1993, pp.65; 68 e 1997, pp.413-414; 416-417; cfr. inoltre CANTINO WATAGHIN supra. 265, A.de VOGUÈ (a cura di), Paris 1980, pp.178-181: “ (...). (...) mihi testatus est Valerianum patricium in ciuitate quae Brixia dicitur fuisse defunctum. Cui eiusdem ciuitatis episcopus, accepto pretio, locum in ecclesia praebuit, in quo sepeliri debuis set (...). 2. Eadem uero nocte qua sepultus est, beatus Faustinus martyr, in cuius ecclesia corpus illius fuerat humatum, custodi suo apparuit, dicens: <<Vade, et dic episcopo, proiciat hinc foe tentes carnes quas hic posuit, quia si non fecerit, die trigesimo ipse morietur>>. Quam uisionem custos episcopo timuit confite ri, et rursum admonitus declinauit. Die autem trigesimo eiu sdem ciuitatis episcopus (...) subita morte defunctus est”. 122 BONNET 1981, pp.11-46; PERINETTI 1981, pp.47-92; cfr. inoltre CANTINO WATAGHIN supra. 123 CIL V, 2, 6859; InscrIt XI, regio XI, fasc. I, Augusta Praeto ria, P.BAROCELLI (a cura di), p.15. Testi e commento sono ripresi in FRUTAZ 1966, pp.8-9; 14; 289-290. 124 Per la tomba del vescovo Agnello (T 322) cfr. PERINETTI 1981, pp.52-53 e 1986, pp.143-156. 125 Il calice e la patena citati provengono dalla T 248; oggetti analoghi, di età medievale, sono stati rinvenuti anche nella chiesa di S.Orso (PERINETTI 1981, p.60 e 1990, pp.227; 246). 126 Tombe vescovili compaiono nell’ambito della cattedrale e delle sue adiacenze solo nel pieno medioevo: da sepolture datate tra XI e XIII secolo provengono un pastorale in legno, tre anelli vescovili ed un ricciolo di pastorale in bronzo dorato e smaltato (BONNET, Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert di S.Giulia - particolare e limitata sotto il profilo della rappresentatività numerica - e di quelle del teatro sembra legata ad una disposizione spontanea delle inumazioni, condizionate, al massimo, dall’orientamento degli edifici o di altre preesistenze131. Un discorso sull’organizzazione delle aree funerarie è ugualmente improponibile per Verona, dove le necropoli antiche sono note in modo frammentario e talora limitato al rinvenimento di singole sepolture 132; non precisabile l’estensione dei cimiteri sviluppatisi in relazione alla basilica Apo stolorum e a quella di S.Stefano. Diverso, anche se i dati sono generici, sembra il caso della chiesa di S.Procolo, le cui origini vengono datate alla fine del V - inizi del VI secolo e che sembra essersi adattata agli allineamenti di recinti funerari risalenti ad una prima fase d’uso di una necropoli romano-cristiana, attribuita al IV - V secolo133. La presenza di sepolture urbane, per contro, è attestata da numerosi ritrovamenti di inumazioni isolate di età longobarda, cui si affiancano le più tarde tombe associate alla chiesa “B” del gruppo episcopale. Nel primo caso si tratta di rinvenimenti “in aree di proprietà pubblica, sia di età romana, sia di età altomedievale” 1 3 4 ; la loro presenza all’interno della cinta muraria non sembra quindi attribuibile all’abbandono totale di alcuni settori della città, quanto piuttosto ad un recupero a fini cimiteriali di aree che, proprio per il loro carattere pubblico, erano rimaste esenti da un precedente sviluppo dell’edilizia privata135. Le sepolture associate al gruppo episcopale, cui è stato attribuito il carattere di sepolcreto, compaiono in età bizantino-longobarda e si dispongono lungo un ampio arco cronologico, occupando, apparentemente, tutte le aree disponibili. Il nucleo più antico, databile agli inizi del VII secolo, è rappresentato da tre tombe rinvenute nel presbiterio della chiesa “B” e al suo esterno, tra l’abside e il muro di testata della navata sinistra 136. La posizione delle due inumazioni interne - l’una sotto l’arco trionfale, l’altra forse presso la solea - ne assicura un carattere di privilegio; ad esse si sovrappose un secondo livello di deposizioni, due delle quali internamente intonacate e dipinte, che, per quanto databili solo in termini di cronologia relativa, sembrano riferibili all’edificio di culto dedicato ai SS.Giorgio e Zeno, attestato a partire dall’anno 813 come esistente 131 BROGIOLO, CUNI 1988, pp.145-150; BROGIOLO 1993 e 1997, pp.417-418. 132 FIORIO TEDONE 1989, pp.112-117. 133 FIORIO TEDONE 1989, pp.102-103; 112-117; 119-127. 134 LA ROCCA 1989, p.100. 135 LA ROCCA 1986, pp.37-53 e 1989, pp.100-104. 136 FIORIO TEDONE 1987, pp.65-66. 137 FIORIO TEDONE 1987, pp.69; 73. 138 DUVAL Y. 1988, part. pp.V-XI; per una sintesi sul tema, 107 nell’area già occupata dalle chiesa “A” e “B”; non è del tutto esclusa, tuttavia, una loro pertinenza alla più tarda chiesa romanica di S.Elena137. 4. Riti e religiosità A partire dal IV sec. le fonti archeologiche non lasciano dubbi circa il particolare favore goduto dalla pratica delle sepolture ad sanctos; i testi contemporanei, o di poco posteriori, non illuminano tuttavia circa il suo reale significato: prendendo atto delle richieste dei fedeli di essere tumulati presso i corpi dei martiri, tra fine IV ed inizi V secolo Agostino e, alla fine del VI secolo, Gregorio Magno insistono sull’utilità esclusiva della preghiera ai fini della salvezza dell’anima. Essi si contrappongono, quali voci isolate, alla credenza che risulta piuttosto diffusa - stando alle indicazioni che si evincono dalle numerosissime epigrafi - che la virtus che emana dal corpo santo possa trasmettersi in qualche modo alle inumazioni vicine138. In progresso di tempo tale pratica fu vista come un mezzo per riscattare i peccati di una vita dissoluta, senza escludere che la deposizione presso i corpi dei martiri sia apparsa, marginalmente, anche come un efficace deterrente alla violazione delle tombe139. I fedeli, pertanto, cercavano per la loro sepoltura i santuari che custodivano delle reliquie particolarmente venerate e, malgrado i divieti, questa pratica divenne così comune che nel IX sec. il vescovo Teodulfo di Orlèans si lamentava di vedere le chiese trasformate in veri e propri cimiteri140. L’esame della legislazione canonica e della prassi evidenzia come nel passaggio dall’età tardo antica all’alto medioevo si siano manifestate due tendenze opposte: quella del clero, volta a ridurre il numero delle sepolture all’interno degli edifici di culto, e quella dei fedeli, interessati a moltiplicarle. Per la Chiesa l’inumazione ad sanctos, presso le reliquie dei corpi santi e dei martiri, doveva restare un privilegio, suprema ricompensa di una vita di pietà e di carità esemplari; i laici, per contro, cercavano di ottenere il diritto di essere inumati nelle chiese, e di trasmettere tale diritto ai loro eredi, attraverso fondazioni, donazioni e legati 141 . Questa contrapposizione durerà almeno fino alle soglie dell’VIII secolo, quando le trasformazioni con fonti e bibliografia principale, cfr. inoltre PICARD 1987, pp.38-39 e 1992, pp.21-33. 139 ARIES 1977(1985), p.33; PICARD 1992, p.14; TREFFORT 1996b, pp.131-132. 140 Per il testo di Teodulfo di Orléans, riportato testualmente e in traduzione francese, cfr. da ultimo TREFFORT 1996a, pp.60-61 e n.21. 1 4 1 TIMBAL 1977, pp.23-24; LORCIN 1993, pp.143-156; TREFFORT 1996b, pp.183-184; sotto diversa angolazione, e con riferimento specifico all’ambito longobardo, il tema è affrontato in LA ROCCA 1997, pp.31-54. 108 SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO della mentalità, iniziate da tempo, si manifestano ormai in forma aperta anche a livello di trattamento dei corpi, di forme di deposizione e di tipologie delle tombe142 . Da quel momento la Chiesa - recuperando i concetti espressi da Agostino e ripresi da Gregorio Magno - avoca a sé il diritto di garantire l’accompagnamento sacramentale del defunto, ma ribadisce che è compito del fedele laico occuparsi delle pratiche del seppellimento, nel quadro di quella “officiosa pietas” che, se non giova direttamente al defunto, fa acquisire meriti al vivo e lo stimola alla preghiera di suffragio: la sola che possa giovare alla salvezza dell’anima del trapassato e su cui, secoli prima, i due Padri della Chiesa avevano posto l’accento con chiara fermezza143. Per quanto riguarda la regolamentazione ufficiale delle pratiche funerarie, nei testi le prime indicazioni si hanno solo con l’alto medioevo: a seguito della Riforma carolingia, la Chiesa si assume progressivamente il ruolo di garante di una corretta attuazione dei riti di trapasso, attraverso il processo che gli storici hanno definito, ormai da tempo, di “cristianizzazione della morte”144. In un recente studio sulla genesi del cimitero cristiano letta attraverso le fonti relative ai riti di accompagnamento per i defunti è stato ipotizzato che questo processo di “appropriazione della morte” da parte della Chiesa sia avvenuto, almeno nell’area compresa tra Loira e Rodano, soprattutto per influenza di alcuni membri del clero irlandese: sottolineando le nozioni di peccato e colpevolezza dell’uomo, essi avrebbero reso progressivamente indispensabile una serie di “azioni” volte a purificare l’anima del morente e garantirgli la salvezza eterna. Si sarebbe così passati da una gestione puramente privata del momento del trapasso, segnata dai riti tradizionali del lutto familiare, alla codificazione dei riti canonici di accompagnamento verso l’ultima dimora, che prevedevano la somministrazione dei sacramenti dell’Eucarestia, dell’Unzione dei malati, della Penitenza e della Confessione, inizialmente destinati ai soli vivi145. È questa una chiave di lettura di notevole interesse, che andrà verificata anche per altre aree della geografia antica, tenendo presente che essa forse non esaurisce appieno la complessità delle trasformazioni che nel periodo considerato si attuano in materia funeraria a livello di prescrizioni canoniche, mentalità comune e prassi146. È forse entro tale prospettiva di rivalutazione della preghiera che si colloca il passaggio dalla tomba come monumento esteriormente visibile - il monumentum degli antichi inteso come suggerimento per la memoria dei vivi nei confronti dei defunti - alla tomba esteriormente più povera 147. Un segno di umiltà che, talvolta, non è privo di contraddizioni: non più o non sempre individuata in superficie da segnacoli particolari, la tomba privilegiata viene spesso dotata, all’interno, di elementi che possano riflettere non soltanto ed esclusivamente il rango sociale, ma anche i meriti acquisiti in vita, o in articulo mortis, al fine della salvezza della propria anima. Tale mentalità è verosimilmente riflessa dalle tombe rivestite internamente in malta signina note in contesti tardo antichi e alto medievali148 - e più ancora da quelle dipinte con simboli tratti dal repertorio paleocristiano, con croci ed iscrizioni149, trasposizione iconografica o testuale della preghiera, nel quadro del superamento, non ancora pienamente avvenuto, della concezione che il corpo deposto debba trovare nella tomba un luogo di riposo e di attesa in vista del Giudizio Universale. C.L. 142 Cfr., nell’ordine, TREFFORT 1996b, pp.65-84; TARDIEU 1993, pp.223-244; Archéologie du cimitière chrétien 1996 (in part. GALINIÈ1996, pp.195-196; HENRION, HUNOT 1996, pp.197-204; PILET 1996, pp.251-255; BOISSAVIT-CAMUS et al. 1996, pp.257-269; COLARDELLE, DEMIANS D’ARCHIMBAUD, RAYNAUD 1996, pp.271-303). 143 PICARD 1992, pp. 33-36; 38-45; TREFFORT 1996b, pp.2529. 144 FEVRIER 1987, pp.881-882. 145 TREFFORT 1996b, pp.35-62, cui si rimanda anche per i puntuali riferimenti testuali e bibliografici. 146 Per L’Italia manca, al momento, uno studio che possa essere assimilato a quello della Treffort (cfr.n.145); diversa, del resto, è la disponibilità delle fonti letterarie e archeologiche. 147 LAVAGNE 1987, pp.159-160; per le implicazioni giuridiche del rapporto sepoltura/monumento cfr. DUCOS 1995, part. pp.141-142; TREFFORT 1996b, pp. 122-127. 148 Un censimento sistematico sulle tombe rivestite internamente in malta signina non mi risulta essere stato ancora realizzato; per alcuni esempi alto medievali, citati per confronto con un esemplare dell’Abbazia della Novalesa cfr. LAMBERT 1989, pp.338-339 e n.22; ad Aosta quattro casi datati al VI-VII secolo sono documentati per la chiesa di St.Laurent (PERINETTI 1981, pp.52-53; 54; 55; 55-56). Rari esempi compaiono in un recente e meticoloso lavoro di crono-tipologia delle sepolture della Gallia sud-orientale (COLARDELLE, DEMIANS D’ARCHIMBAUD, RAYNAUD 1996, part. pp.275; 284). 149 Tra le città qui considerate, tombe dipinte - di diversa e non sempre certa cronologia - sono attestate a Milano, S.Tecla (DE CAPITANI D’ARZAGO 1952, p.102, n.15) e S.Giovanni in Conca (FIORIO TEDONE 1986, pp.409-410); a Brescia, Cattedrale (BROGIOLO 1997, p.419); a Verona, chiesa “B” del gruppo episcopale (FIORIO TEDONE 1987, pp.69; 73). Un gruppo di sepolture rinvenute di recente a Pavia nella chiesa di S.Felice, di probabile fondazione desideriana, risulta di particolare interesse per i simboli ed i testi legati alla liturgia della morte dipinti all’interno. I primi dati, ancora inediti, sono stati presentati da R.Invernizzi, S.Lomartire e A.Segagni - che ringrazio per averne autorizzato la citazione in questa sede - al Seminario Internazionale sul complesso di S.Salvatore di Brescia (Brescia, 14-15 nov. 1997). Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 109 BIBLIOGRAFIA Archéologie du cimetière chrétien 1996, H. GALINIÉ, E.ZADORA RIO (a cura di), Archéologie du cimetière chré tien, Actes du 2° Colloque A.R.C.H.E.A. (Orléans 1994), Tours. Ph. ARIES 1985, L’uomo e la morte dal Medioevo ad oggi, Bari (ed.or.1977). L.BERTACCHI 1961-62, Nuovi elementi e ipotesi circa la basi lica del fondo Tullio, “Aquileia Nostra”, XXXIIXXXIII, cc. 47-80. 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