dicembre 2013 - Liceo Scientifico G. Marinelli

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dicembre 2013 - Liceo Scientifico G. Marinelli
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Gjornalin dai students dal Marinelli
numero II, anno XXVI
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli, dicembre 2013
EDITORIALE:
Marinelliani e marinelliane, non
temete! Le vacanze di Natale si fanno
sempre più vicine! E con esse giunge
anche un nuovo numero di Preludio,
per allietare le ultime lezioni o le lunghe ore che nei prossimi giorni trascorreremo agonizzanti sul divano
per recuperare le troppe energie
disperse in questi primi quattro mesi
di scuola.
Con la grande festa del 12 dicembre
al Teatro Nuovo “Giovanni da
Udine” i festeggiamenti per il novantesimo del nostro Liceo hanno raggiunto l’apice. Anche noi, per l’occasione, abbiamo voluto inserire una
chicca storica: a pagina 11 troverete
uno spiritoso ritaglio estrapolato dal
quarto numero di “Come la pensiamo” (antenato del Preludio) risalente al 1948.
Invitiamo tutti i volenterosi marinelliani a farsi avanti per aiutarci a
migliorare sempre più Preludio:
vignettisti, disegnatori, cruciverbisti,
scrittori e aspiranti giornalisti, non
siate timidi!
Ringraziamo, al solito, tutti coloro
che ci sostengono, in primis il professor Sciuto, il professor Fontanini che
ha preparato appositamente per questo numero un cruciverba a tema
“Marinelli 90”, la redazione e tutti
coloro che hanno collaborato alla
realizzazione di questo Preludio.
Vi auguriamo dunque buona lettura,
buone vacanze, buon riposo e Buone
Feste!
Camilla Persello 3^A
Nicola Petrucco 3^H
[email protected]
Il Marinelli al Giovanni da Udine
La serata conclusiva del 90°
Conclusione in grande
stile la sera del 12
dicembre al Teatro
Nuovo “Giovanni da
Udine” per i festeggiamenti di “Marinelli 90”.
La serata, presentata
dalla
professoressa
Galeotti, Matteo De
Sabbata (5^I) e Carlotta
Gregori (5^D), è stata
animata dal “Marinelli
Gospel Choir”, diretto
da Rudy Fantin, che per
Femminicidio
In quest'ultimo
decennio sentiamo spesso parlare di donne violentate, picchiate
o
addirittura
uccise dai propri
Indice sezioni:
Attualità
Liceo
Cucina
Terza Pagina
partner, “ex” o
“avvversari” in
campo lavorativo.
a pagina 4
pag.2
pag.10
pag.13
pag.14
l'occasione ha presentato un brano tratto da
ogni decade di storia
musicale attraversata
dal Marinelli dal 1923
ad oggi.
a pagina 10
Sport
fra il novantesimo e il tennis
a pagina 20
La scienza non è democrazia
Il caso Stamina
Sport
Racconti
Relax
Messaggini
a pagina 6
pag.20
pag.21
pag.25
pag.27
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2
Il perdono libera l'anima
ATTUALITA’
Nelson Mandela muore giovedì 5 dicembre 2013 nella sua to ai lavori forzati, ma la lunga prigionia non gli impedì di
casa di Johannesburg in seguito ad un’infezione polmona- essere la guida morale dell'ANC. La poesia che gli dava la
re che lo aveva tenuto tra la vita e la morte per oltre tre forza di continuare e di “guardare oltre le sbarre” era
mesi. Uno dei grandi del XX secolo, l'uomo che rinunciò “Invictus” di William E.Henley, di cui riporto gli ultimi,
alla sua libertà in nome di quella della sua nazione, si spe- famosissimi versi: “non importa quanto angusta sia la
gne così all'età di 95 anni, lasciando un vuoto incolmabi- porta,/quanto impietosa la sentenza,/sono e sarò sempre il
le. Ce lo ricorderemo per sempre così, in quella notte spe- padrone del mio destino,/il capitano della mia anima.”
ciale dell'11 luglio 2010, quando attraversò il terreno da Nel 1990 il presidente De Klerk fece sì che Nelson
gioco del FNB Stadium di Johannesburg a bordo di un'au- Mandela fosse di nuovo un uomo libero. “Per fare la pace
to elettrica, mano nella mano con la sua terza moglie con un nemico, dovete lavorare con questo e questo
Graça. È la finale del Mondiale di Calcio, il primo in terra diventerà vostro complice” (Mandela). De Klerk e
africana: lostadio è gremito, milioni di telespettatori da Madiba (dal nome del clan di appartenenza di Mandela)
ogni dove guardano ammutoliti quel suo dolce sorriso, il lavorarono insieme per costruire dalle ceneri del vecchio
sorriso di un uomo, e
regime razzista il nuovo
quel suo sguardo amomultietnico Sudafrica e
revole, come un padre
vinsero il Nobel per la
dinanzi alla sua creatupace nel 1993. Il prora. Tata, “padre” in
cesso di integrazione,
Xhosa, è fragile, e
culminerà con le prime
quello che doveva esseelezioni libere a suffrare un saluto si trasforgio universale della stoma con il passare degli
ria sudafricana che poranni in un ultimo ma
tarono Mandela ad
bellissimo addio.
essere eletto presidente.
Rolihlala, che significa
Ricoprirà la carica per
“il piantagrane”, nacun solo mandato, dal
que il 18 luglio 1918 in
1994 al 1999. Durante
un piccolo villaggio
il suo governo, non
dell'attuale Easter Cape,
mostrò alcun segno di
Nelson Mandela durante un discorso
dalla famiglia reale
risentimento verso la
Thembu, di etnia Xhosa. Il nome “Nelson” gli verrà affib- popolazione bianca, riuscendo ad avvicinare i due mondi,
biato da un insegnante dell'Headtown college, la scuola quello “bianco” e quello “nero”, grazie al mondiale di
inglese che frequentava da bambino. A 21 anni si iscrisse Rugby da lui fortemente voluto nel 1995. “ Lo sport può
alla facoltà di giurisprudenza all'università nera di Fort cambiare il mondo”, ripeteva spesso. Al termine del quinHare, che fu però costretto ad abbandonare per sfuggire al quennio presidenziale si ritirò a vita privata, pur mantematrimonio che gli era stato combinato dal capo tribù. Si nendosi attivo fino alla morte nella lotta per i diritti sociatrasferì dunque nei pressi di Johannesburg dove riprese gli li e civili.
studi e venne a contatto con i movimenti di resistenza al “Se potessi ricominciare daccapo, farei esattamente lo
regime Afrikaner dell'Apartheid, che negava alla maggio- stesso. E così farebbe qualsiasi uomo che ha l'ambizione
ranza nera i più elementari diritti politici, civili ed istitu- di definirsi tale” - Nelson Mandela.
zionali. Insieme all'amico Oliver Tambo si iscrisse
all'ANC (“African National Congress”) dove fu coinvolto
nella lotta di massa. Sebbene contrario allo scontro armato, in seguito alla strage di manifestanti di Sharpville nel
marzo del '60, anche Mandela assecondò le spinte reazioMicol Sartori 5^P
narie del movimento e per questo fu processato e assolto
più volte. Nel 1961 cofondò l'ala armata dell'ANC, che
comandò personalmente al fine di creare una guerriglia
volta ad inibire il regime Afrikaner. Nel 1963 Mandela fu
arrestato e condannato all'ergastolo. Venne isolato a
Robben Island, una specie di Alcatraz d'Africa, e di lui si
seppe poco o nulla fino a quando non fu liberato 27 anni
dopo. Assieme agli altri prigionieri Mandela viene costretLiceo Scientifico Giovanni Marinelli
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L’importanza dei giornalisti
ATTUALITA’
Il giornalismo ha come scopo principale la diffusione
delle notizie. Tuttavia, le modalità in cui queste debbano
venire proposte e la quantità di spazio da concedere a
pareri soggettivi e commenti sono argomento di ampia
discussione.
C’è chi ritiene che ogni giornalista dovrebbe aspirare ad
una totale obbiettività, impossibile da raggiungere ma
utile come modello. Al contrario, altri sostengono che i
giornalisti abbiano il diritto e il dovere di assumere una
posizione chiara in relazione ai fatti di cronaca e di veicolare messaggi e ideologie di un certo peso. Per alcuni
infatti l’oggettività è impossibile da raggiungere, e quindi
solo apparente, perciò tanto vale far trasparire il proprio
pensiero
in
modo chiaro e
palese. Almeno
una cosa, però,
mette tutti d’accordo: il resoconto
degli
avvenimenti, l’esposizione dei
dati e la narrazione di un fenomeno
devono
essere del tutto
attendibili, e le
notizie sempre
verificate.
Ogni cittadino di
un paese democratico dovrebbe avere accesso a delle
informazioni “di prima mano”, che riportino puramente i
fatti e siano seguite solo in un secondo momento da commenti soggettivi.
Tuttavia anche questo non è facile da ottenere: il modo in
cui una notizia viene presentata può inevitabilmente condizionare il lettore. Infatti, mettendo in evidenza alcuni
dettagli rispetto ad altri, è facile far apparire gli eventi
sotto la luce che si preferisce.
Inoltre esiste la possibilità di dare spazio limitato o nullo
a notizie che, per vari motivi, possono apparire “scomode”. Questo comportamento sembra essere adottato da
molti telegiornali che preferiscono dare maggiore esposizione a notizie quali le vicende amorose della celebrità di
turno o la nascita dell’orsetto Knut, piuttosto che a problematiche di maggior rilievo.
In Italia molti quotidiani importanti sono si sono schierati
fin da subito apertamente politicamente. Un esempio è
“La Repubblica”, fondato da Eugenio Scalfari nel 1976 e
nato come quotidiano dalle ideologie di sinistra, sebbene
non legato a nessun partito in particolare. Un altro è “Il
Giornale” (originariamente “Il Giornale Nuovo”) nato nel
1974 come scissione dal Corriere dalla Sera e mosso da
3
principi anticomunisti e acquisito nel 1992 dalla famiglia
Berlusconi. L’impero mediatico del Cavaliere, tra l’altro,
comprende anche la rete televisiva Mediaset con i suoi tre
principali canali, la casa editrice Mondadori e numerose
riviste scandalistiche. Questo patrimonio ha conferito al
Cavaliere una certa influenza negli ultimi vent’anni.
Appare dunque chiaro che nel Belpaese sono ben pochi i
media totalmente indipendenti e neutrali. E lo confermano studi come quello condotto dall’associazione internazionale “Reporter senza frontiere (RFS)” che nel 2013 ha
collocato l’Italia al 57° posto mondiale per libertà di stampa sui 179 paesi presi in considerazione.
Le argomentazioni addotte da chi auspica un’assoluta
oggettività dei
media e da chi
invece desidera
un giornalismo
militante sono
entrambe valide,
nessuna
delle
due è giusta o
sbagliata
ed
ognuno
può
decidere autonomamente quale
soluzione ritiene
più convincente.
Tuttavia è fondamentale che non
manchi la libertà
di stampa, presupposto minimo per un efficace giornalismo. Nel corso della storia molti scrittori e giornalisti
hanno saputo diffondere messaggi di pace, libertà e giustizia d’importanza cruciale, tramite le loro parole a volte
pungenti, scomode e audaci.
D’altronde la parola, scritta o pronunciata che sia, è un’arma potentissima, e non a caso nel corso dei secoli i vari
regimi hanno sempre cercato di arginarne la minaccia
attraverso la censura. E in tempi in cui la libertà di stampa in Italia è assoluta, sancita dall’art. 21 della
Costituzione, sarebbe un enorme peccato che relazioni
economiche tra media e partiti o imprenditori la limitassero. Il giornalista, oltre ad avere come scopo quello di
essere il più obbiettivo possibile nella presentazione delle
notizie, non deve dimenticare la sua vocazione sociale di
divulgatore della realtà dei fatti, ruolo chiave per ogni
stato democratico che trova fondamento proprio nel consenso informato dei suoi cittadini.
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
Elias Ngombwa 4^I
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La triste verità delle scarpette rosse
ATTUALITA’
La violenza sulle donne è una sconfitta per tutti
In quest'ultimo decennio sentiamo spesso parlare di donne
violentate, picchiate o addirittura uccise dai propri partner, “ex” o “avvversari” in campo lavorativo.
Queste atrocità però non sono solamente praticate all'estero ma anche in territorio europeo.
Ma precisamente qual è la vera definizione di “femminicidio”?
Questo concetto è piuttosto ampio e riguarda non solo
l'uccisione ma abbraccia ogni atto violento o minaccia di
violenza, esercitati nei confronti di una donna tali da provocare in lei un danno sia fisico che psicologico.
Molte vittime provano troppa
paura o vergogna per chiedere
aiuto alle autorità e spesso
pagano il proprio silenzio con
la loro stessa vita.
Pugnalate, strangolate, annegate, picchiate a morte, bruciate
vive, smembrate.
Cambiano i nomi, cambia l'età,
il luogo di appartenenza e la
scena del crimine, ma la storia
rimane pressochè la stessa.
Uno dei tanti episodi di femminicidio più conosciuti è quello
che ha visto come vittime le
sorelle Milibar.
Quest'ultime mentre si recavano a far visita ai loro mariti in
prigione, furono bloccate sulla
strada da agenti del Servizio di
Informazione Militare.
Vennero condotte in un luogo
nascosto nelle vicinanze furono torturate, massacrate a colpi e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per
simulare un incidente.
Il loro assassinio è ricordato come uno dei più truci della
storia dominicana.
Per questo motivo dal 1999 si ricorda un simile atrocità
con una Giornata internazionale per l'eliminazione della
violenza contro le donne e i governi sono stati invitati
organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica in quel giorno.
In Italia solo dal 2005 alcuni centri antiviolenza e case per
le donne hanno iniziato a celebrare questa giornata, ma
negli ultimi anni anche istituzioni e vari enti lo fanno
attraverso iniziative politiche e culturali.
Nel 2007 ci fu una manifestazione a Roma "Contro la vio-
lenza sulle donne", senza alcun patrocinio politico. È stata
la prima manifestazione su questo argomento che ha ricevuto una forte attenzione.
Ormai centinaia di iniziative in tutta Italia vengono organizzate in occasione del 25 novembre per contrastare la
violenza di genere in tutte le sue forme.
Quali possono essere considerate le cause di questo fenomeno?
“La gelosia” dicono in tanti.
Eppure la gelosia non è la causa. La vera ragione del problema sta nel modo di stare al
mondo di questi uomini.
Essi considerano la donna un territorio da possedere, da occupare
e, infine , da “bonificare”.
Ma come dice Roberto Saviano
“Nessuno di questi tre verbi ha a
che fare con l'amore”.
Molte donne scambiano per
amore ciò che amore non è, “non
si appartengono”, pensano di
doversi assoggettare ai propri
partner, ma devono decidere loro
cosa è giusto fare per se stesse.
Cosa si potrebbe fare per fermare questo fenomeno?
Occorre contrastarlo con tutti i
mezzi possibili, giungendo ad
una nuova concezione della
donna e alla sensibilizzazione
delle giovani generazioni verso
la creazione di nuovi modelli
femminili.
Le vittime hanno bisogno di giustizia e di supporto da parte dello
Stato, devono sapere che non sono sole.
Gli autori di violenze sessuali vanno riportati alla comunità.
Bisognerebbe educare, sin dalla prima infanzia, alla nonviolenza, al rispetto delle relazioni, per evitare che queste
vicende si ripetano.
Matilde Lodolo & Barbara Blasutto 2H
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
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Filippine ad un mese della tragedia
ATTUALITA’
Lo scorso 8 novembre un tifone chiamato Haiyan si è
abbattuto sul terreno Filippino irrompendo con tutta la sua
forza distruttrice e mietendo migliaia di vittime. Più di
5’680 morti, 26’233 feriti e 1’779 dispersi: questi sono i
dati che sono stati riportati, ma dopo il passaggio del tifone come ha reagito la popolazione? In cosa consistono gli
aiuti mandati alla popolazione filippina? Per rispondere a
queste domande abbiamo intervistato il professor
Pizzamiglio il quale ha avuto varie esperienze nelle
Filippine e, tuttora, collabora con varie associazioni. Ecco
la sua esperienza in questo paese, i suoi pareri e le sue
informazioni sulla situazione della popolazione ad un
mese dal tifone.
Ho saputo che lei collabora con un'associazione nelle
Filippine. Come si chiama?
La mia storia mi ha portato a vivere per otto anni nelle
Filippine, dove mi sono confrontato con una cultura molto
diversa dalla mia, con grandi fatiche ma anche immense
soddisfazioni. Ne consegue che sono stato – e sono tuttora – membro di varie associazioni filippine (soprattutto
associazioni culturali). Da quando sono rientrato in Italia,
circa nove anni fa, collaboro con una associazione italiana, “I Cinque Pani ONLUS”, con sede a Prato, che è
accreditata in Italia e nelle Filippine per la gestione di pratiche di adozione internazionale.
Cosa fa? Come agisce?
In breve, all’interno dell’associazione curo i dossier delle
coppie che intendono adottare nelle Filippine, tenendo i
contatti con l’autorità centrale per le adozioni internazionali (Inter-Country Adoption Board), e fornendo assistenza remota alle coppie durante il loro viaggio nelle
Filippine. Oltre a questo, l’associazione collabora con
diverse organizzazioni filippine, su specifici progetti
rivolti all’infanzia, alla sua cura e protezione.
Com'è nata questa collaborazione?
Tornato dalle Filippine avevo iniziato a lavorare come traduttore (italiano-inglese-tagalog). Sono stato quindi contattato dall’associazione che, vista la mia conoscenza
della lingua e della cultura filippina, mi ha subito chiesto,
oltre alle traduzioni, di accompagnare le coppie adottive
italiane nelle Filippine e, una volta impossibilitato a fare
ciò, un impegno extra nella gestione delle pratiche adottive nelle Filippine.
Qual è stata la sua esperienza nelle Filippine?
In una parola: fantastica! Questo non significa che sia
stata priva di difficoltà. Ma entrando “a piedi scalzi” nel
mondo filippino, ho avuto modo di comprenderlo ed
apprezzarne gli aspetti positivi, così come di vedere riconosciute le mie critiche ai risvolti negativi della sua cultura filippina. “Imparare” una nuova cultura, alla fin dei
conti, significa arricchirsi, oltre che riscoprire in sé stessi
aspetti che la propria cultura originaria non permette di
5
cogliere.
Cos'è successo dal giorno del tifone ad oggi?
Personalmente mi viene in mente una sola parola per
descrivere quanto è successo dopo il tifone: resilience!
Quando usata per oggetti o materiali questa parola inglese significa “resilienza, elasticità, flessibilità”, ma quando
usata per definire una caratteristica umana viene tradotta
come “capacità di ripresa, recupero”. Usando un’immagine, possiamo dire che se l’occidentale si paragona ad una
quercia nell’affrontare una difficoltà, una crisi – e quindi
“resisto a costo di spezzarmi” – il filippino o l’orientale in
genere si paragona alla canna di bambù, che si piega di
fronte ai venti impetuosi, ma non si spezza… ed una volta
passata la tempesta, pian piano si rialza. Dopotutto le
Filippine sono uno dei paesi al mondo più spesso colpiti
da straordinarie calamità naturali, quindi gli abitanti si
ritrovano spesso a fare i conti con i disastri naturali.
Bisogna però dire che Haiyan è stato diverso da tutti gli
altri tifoni, se non altro per aver stabilito un record di venti
sostenuti per un minuto a 315 km/h al primo contatto con
la terra ed aver superato ogni classificazione. La gente in
genere non era preparata: di solito il pericolo che proviene dai tifoni consiste soprattutto negli smottamenti del terreno che esso causa nelle aree depresse. Invece in questo
caso è stato soprattutto il vento abbinato all’innalzamento
dell’acqua ad uccidere. Sono riuscito, solo dopo una settimana, a sentire amici di Tacloban (la capitale della regione più colpita dal tifone) che mi hanno raccontato di una
città per il 90% rasa al suolo. Subito dopo il tifone le strade erano piene di detriti, alberi spezzati e qui e là c’erano
corpi gonfi di gente annegata. Risulta difficile anche a me
pensare una città così bella e lussureggiante come
Tacloban quasi completamente distrutta. Il dramma di
persone, spesso povere, che hanno perso anche il poco che
avevano e magari anche una persona cara, è difficile da
raccontare. Ma già pochi giorni dopo ho sentito da loro e
dalle notizie che leggevo in rete una forte voglia di ricominciare… la canna di bambù si piega facilmente, ma non
si spezza.
Com'è attualmente la situazione nelle Filippine?
Nonostante dopo Haiyan sia già passato un altro tifone
(questa volta di intensità minore), la voglia di ripartire è
forte. Molte persone vivono ancora nei piccoli centri di
“rifugio” organizzati dal governo e da molte NGO nelle
chiese e scuole che hanno retto alla violenza dei venti. Ma
la gente non è rimasta a leccarsi le ferite, ed ha iniziato a
ripulire le strade e a ricostruire le case. In alcuni punti
della città sono addirittura ripartite le scuole, grazie all’intervento di alcune associazioni del nord delle filippine.
Anche in questo caso la tragedia ha ricompattato il paese
e riacceso un sano senso di appartenenza ad un “progetto
comune”. Ovviamente la situazione è più difficile nelle
aree più interne delle provincie colpite, e nelle zone
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6
ATTUALITA’
costiere dove interi villaggi di pescatori sono stati spazzati via dai venti e da onde alte fino a 6 metri.Anche l’associazione per cui collaboro ha intensificato la raccolta di
fondi per rafforzare il progetto di assistenza a minori
abbandonati. Di solito le persone più deboli della società
sono quelle che soffrono di più nelle emergenze. La vicinanza a minori abbandonati o ragazze madri è stato quindi il pensiero primo e più naturale dell’associazione.
In cosa consistono gli aiuti alla popolazione colpita dal
tifone?
Ancora oggi buona parte degli aiuti tendono a soddisfare
i bisogni primari degli sfollati: cibo, acqua, un posto per
dormire, per curarsi, e così via… ma già ci sono program-
mi per permettere alla gente di procurarsi da sola i mezzi
di sostentamento. Per esempio, un amico di Cebu che
lavora a contatto con diverse comunità di pescatori mi ha
scritto come, solo due settimane dopo il tifone, sia nata
spontaneamente una cooperativa tra i pescatori sopravvissuti per condividere le poche barche rimaste integre ed
acquistarne di nuove. Forse abbiamo davvero qualcosa da
imparare dall’atteggiamento di molte persone che, come
bambù piegati da venti impetuosi e violenti, ora si rialzano con la voglia di guardare avanti.
La scienza non è democrazia. Se anche l’intera umanità
votasse a favore dell’antica teoria che ritiene la terra un
oggetto piatto essa non cambierebbe certo forma per compiacere questo plebiscito. E la relatività generale non è
stata accettata dalla comunità scientifica con un voto a
maggioranza. Non è con il consenso della comunità scientifica o della popolazione che un’ipotesi scientifica acquisisce validità. L’unico banco di prova possibile per un’ipotesi è l’esperienza. Da quando si è delineato il metodo
scientifico è infatti l’esperimento il giudice imparziale che
stabilisce se una teoria scientifica è efficacie o meno. È
stato proprio questo ciò che ha conferito alla scienza
moderna la sua potenza nella comprensione e risoluzione
di problemi, superiore a quella di qualunque altro tipo di
approccio.
È questo, dunque, il fronte lungo il quale si può creare frizione tra la scienza e una (malintesa) democrazia. Perché
in democrazia il criterio di selezione delle idee, delle opinioni, della difesa degli interessi avviene attraverso voti di
maggioranza, nelle scienze attraverso una verifica oggettiva. Certo nessun parlamento si sognerebbe di abrogare a
maggioranza la teoria della relatività e di stabilire che la
terra è piatta indicendo un referendum. Questo perché è
ormai chiaro che in una società democratica la scienza
deve godere di un’autonomia il più possibile vasta.
Sembrerebbe che ciò sia un dato acquisito. In effetti in
molti paesi lo è, ma in Italia sembra che questo concetto
fatichi a farsi strada.
Per rendersene conto basta ricordare il metodo Stamina:
un trattamento terapeutico che fa uso di cellule staminali.
La terapia consiste nel prelievo di cellule dal midollo
osseo dei pazienti, la loro manipolazione in vitro e infine
la loro infusione nei pazienti stessi. La sua creazione si
deve a Davide Vannoni, laureato in lettere e filosofia.
Il metodo, ad oggi, risulta privo di una validità scientifica. Non risulta, inoltre, che Vannoni abbia mai pubblicato
alcun articolo sul metodo Stamina su riviste scientifiche.
Ogni domanda di brevetto presentata, inoltre, è stata
respinta dagli esaminatori che vi hanno rilevato lacune e
sollevato numerose obiezioni.
Agli inizi 2013 a seguito di un'ispezione del NAS agli
Spedali Civili di Brescia, dove il trattamento veniva somministrato come cura compassionevole, un’ordinanza
dell’Agenzia Italiana del Farmaco ne sospende l’erogazione a causa del mancato rispetto degli standard di sicurezza e la mancanza di documentazione sulla terapia.
Poco dopo il metodo Stamina giunge sotto i riflettori grazie ad un servizio del programma televisivo “Le Iene”, in
onda ogni settimana in prima serata su Italia 1. Entra in
scena un nuovo attore: il grande pubblico. In trasmissione
non c’è spazio per l’aspetto scientifico della vicenda: validità, sicurezza, anche solo la logica alla base della terapia
sono trascurate, per lasciare spazio a teorie del complotto
che vorrebbero l’intera comunità scientifica corrotta dalle
multinazionali farmaceutiche. Il governo, sotto le pressioni pubbliche autorizza la sperimentazione, stanziando
anche 3 milioni di euro, con la clausola che la sperimentazione sia supervisionata da una commissione di scienziati, che boccia il metodo. Pochi giorni fa Vannoni ha
vinto il ricorso al TAR che sospende il decreto di nomina
della commissione per presunta mancanza di imparzialità.
La vicenda è ancora lungi dall’essere chiusa. In Italia
manca una solida informazione e cultura scientifica e la
vicenda di Stamina ne è un chiaro e preoccupante segnale. Tale mancanza caratterizza il nostro paese da anni ed è
uno dei più grossi gap che ci separano dagli altri paesi.
Come si può sperare di fermare la cosiddetta fuga di cervelli se in Italia si continua a vivere in un clima nel quale
anni di seria ricerca sugli ogm vengono spazzati via a
causa dell’ignoranza, i laboratori vengono saccheggiati
dagli animalisti mentre uno psicologo reinventatosi
imprenditore medico ottiene milioni di euro di finanziamenti per sperimentazioni di utilità quantomeno dubbia?
Per rilanciare la ricerca scientifica nel nostro paese è
necessario costruire una base culturale solida, cominciando dal dare maggiore rilievo all’insegnamento scientifico
a scuola. E convincersi del fatto che la scienza non è
democrazia.
La scienza non è democrazia
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Xenia Rilande 3^E
Riccardo Martina 5^G
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Carceri italiane: il caso Perna
ATTUALITA’
7
L’8 novembre scorso è morto nel carcere napoletano di
Poggioreale Federico Perna, tossicodipendente trentaquatrenne detenuto dal 2010 e con a carico reati di scippo,
rapina e spaccio. L’autopsia, effettuata sul cadavere addirittura sei giorni dopo il decesso, non è stata in grado di
chiarire le cause del decesso. Tuttavia i più perspicaci
potrebbero dedurre che le evidenti percosse sul cadavere
di Federico (come ci mostrano le foto diffuse) o il fatto che
necesitasse un trapianto di fegato potrebbero essere alcune
delle cause, se non le uniche, di questa morte prematura.
Entrambe erano ben note all’autorità giudiziaria: nel
primo caso perché Perna aveva più volte implorato l’aiuto
della madre che impotente doveva ascoltare il figlio mentre le raccontava di violenze giornaliere subite dai secondini; nel secondo perché le sue precarie condizioni di salute erano evidenti oltre che attestate dai medici, che lo avevano definito ‘incompatibile con il regime detentivo’. È
questa solo l’ennesima vittima delle condizioni proibitive
in cui vivono, o meglio tentano di sopravvivere, i carcerati italiani. Le uniche ragioni per cui gode di una momentanea quanto effimera fama sono la gravità del suo caso e la
tenacia della madre, che pretende giustizia ed ha incontrato il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, e il ministro di Grazia e
Giustizia, Annamaria Cancellieri. Per il resto è del tutto
comparabile a molte altre situazioni, che ci sono costate un
gran numero di condanne da parte della Corte Europea dei
Diritti dell’uomo. Le prigioni italiane violano infatti qualunque forma di moralità, decenza e rispetto della vita
umana: 64.084 detenuti (contro una capienza regolamentare di 47.649 posti) stipati in strutture vecchie che avrebbero bisogno di profonde opere di ristrutturazione. Il problema non è di recente gravità poiché va avanti da anni,
ma comunque i politici italiani non sembrano in grado di
trovare soluzioni. Anzi, a onor del vero, le soluzioni ci
sono però il Parlamento o non le approva o non le applica.
E quando vengono attuati i provvedimenti si rivelano del
tutto ininfluenti. Le linee di intervento su cui potrebbe
lavorare il governo italiano sarebbero diverse. In primis la
cosiddetta ‘detenzione aperta’ che consentirebbe ai carcerati che non costituiscono un pericolo per la società, la
quasi totalità (52.373), di trascorrere la giornata all’esterno compiendo attività lavorative e trasformando le prigioni in semplici strutture per il pernottamento. In secondo
luogo quest’ultime non devono essere considerate un
luogo ove confinare la componente ‘malata’ della società;
al contrario si dovrebbero ad esempio potenziare le case
d’accoglienza per tossicodipendenti, la cui condizione non
può che peggiorare se non vengono curati adeguatamente.
Altro punto non meno importante è la necessità di rimpatriare i detenuti stranieri, possibilità garantita, e anzi promossa, dalla convenzione di Strasburgo del 1983 e da
numerosi accordi bilaterali che l’Italia ha stipulato con
vari Stati. Gli stranieri su cui pesa una condanna definitiva, e che quindi potrebbero subire il trasferimento, sono
oltre 12.500, ma questa procedura, che produrrebbe anche
un risparmio di oltre 500 milioni, è incomprensibilmente
osteggiata in nome di fantomatici principi etici. È interessante come in Italia si definiscano discriminatorie simili
misure ma non si apra bocca quando si verificano respingimenti in mare o un esponente della politica nazionale
propone di sparare sui barconi di migranti provenienti dal
nord Africa. Inoltre non sarebbe più umano rimpatriare
questi detenuti considerando che le prigioni italiane non
hanno nulla da invidiare a quelle di Paesi del terzo mondo?
Infine, il principale difetto da correggere del nostro sistema carcerario è l’assenza di rieducazione, che preclude a
sua volta un effettivo reinserimento nella società. Lo Stato
si disinteressa dei detenuti una volta che questi hanno
scontato la loro pena; così per molti la libertà si riduce a
una breve parentesi fra un reato e l’altro, con tutte le conseguenze negative che ciò comporta per il Bel Paese. Non
sono queste situazioni accettabili per uno stato di diritto
Saverio Papa 5^G
come il nostro.
Il razzo vettore Soyuz TMA-11M, con le insegne simbolo
delle Olimpiadi e i cinque anelli olimpici, è partito dalle
steppe del Kazakistan con a bordo la fiaccola olimpica, la
quale sarà eccezionalmente spenta per tutta la durata del
viaggio, per ragioni di sicurezza. Dopo un volo di poco
meno di sei ore ha raggiunto la Stazione Spaziale
Internazionale. Qui l'equipaggio composto dal russo
Mikhail Tiurin, l'americano Rick Mastracchio e il giapponese Koichi Wataka si ricongiungerà ai sei astronauti già
presenti nella Stazione. Come da programma la Fiaccola è
giunta nello Spazio e sabato 9 novembre è stata portata
all'esterno dagli astronauti Sergei Ryazansky e Oleg
Kotov. I due cosmonauti russi improvvisatisi tedofori spaziali hanno riportato dopo sei ore sulla Stazione Spaziale
Internazionale (Iss) la torcia olimpica dei XXII giochi
invernali che si svolgeranno il prossimo febbraio a Sochi
in Russia. "La fiamma olimpica è il simbolo della pace e
sono molto contento di compiere questa missione", ha
detto l'astronauta russo e comandante di bordo Mikhaïl
Tiurin. E’ tornata sulla Terra la mattina di lunedì 11
novembre insieme all'equipaggio che vede tra i componenti anche Luca Parmitano, astronauta italiano
dell'Agenzia Spaziale Europea in orbita dal 29 maggio
scorso. Questa sarà probabilmente la fiaccola dei record.
E' infatti la prima volta che la torcia viene fatta uscire
nello Spazio aperto. Inoltre la staffetta è la più lunga della
storia sia per la durata del viaggio che per chilometri percorsi.
Giulia Dri I^F
La torcia olimpica parte alla volta dello Spazio.
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
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8
E se non avessi uno schermo?
ATTUALITA’
Cosa vuoi per Natale? Boh, uno smartphone. Apple,
Android, Windows, non importa. Basta che abbia
Whatsapp e Fb. C'è chi ha l'ultimo iPhone, chi i modelli
Samsung all'avanguardia, chi ce l'ha colorato, chi si limita al bianco o nero. Ciò che conta è che quasi tutti ce l'hanno: sono pochi, infatti, coloro che riescono a sottrarsi a
questa “frenesia comunicativa”. E io li ammiro. Ma cos'hanno tutti questi aggeggi in comune? Uno schermo.
Grande o piccolo, touchscreen o meno, lo schermo del
nostro cellulare è diventato la cosa che guardiamo di più
assieme alla tv e al computer, con un minimo di 2/3 ore al
giorno. Oltre a farci perdere un'enorme quantità di tempo,
lo schermo, che sprizza luminosità da tutti i pori, costituisce per noi giovani anche una maschera dietro cui nasconderci. Quante volte ci è capitato di “sentire” una persona
e poi trovandoci a tu per tu abbiamo poco o niente da
dirci? Quante volte ci siamo rifugiati dietro allo schermo,
standocene per le nostre, piuttosto che metterci in gioco?
Quanto tempo perdiamo ad aspettare un messaggio che
non arriva? Quante volte abbiamo detto “ti voglio bene” o
“ti amo” via sms mentre di persona queste parole magiche
ci muoiono in gola? Verità è che stiamo sostituendo totalmente la comunicazione interpersonale fatta di sguardi,
emozioni e suoni con messaggi di testo sempre più brevi
e simultanei, cosparsi di emoticon. Sì, le emoticon. Vi è
mai capitato di discutere con un amico perché avete frainteso il “tono” del suo scritto? Sicuramente. Può una faccina riassumere, descrivere, sintetizzare le milioni di espressioni possibili del nostro interlocutore? Io non credo.
Buona parte della comunicazione, oltre che verbale, è non
verbale, altrimenti il dialogo si ridurrebbe a un mero
scambio di battute, privo di un qualsiasi coinvolgimento
emotivo. Altre domande da porsi sono: può un'amicizia
essere virtuale? Possono gli “affetti” nati in chat essere
considerati amicizie “reali”? Può un'amicizia proseguire a
distanza? Può un amore? L'uomo ha bisogno del contatto
con l'altro, di sentirlo, di viverlo. Parlando dell'amicizia,
essere amico di qualcuno significa “esserci”, non solo
moralmente ma anche fisicamente. Può un amico virtuale
essere la spalla su cui piangere, il sorriso che contagia,
l'abbraccio che avvolge, l'orecchio che sente e la voce che
confida? Tutto ciò, ritengo, non possa essere ridotto a un
solitario smanettare sullo schermo, perché significherebbe
considerare (ed essere considerati) un numero, una realtà
puramente virtuale che ci tiene compagnia. Ma abbiamo
davvero bisogno di tutto ciò? Il sole splende, le foglie
cadono dagli alberi seguendo il moto del vento che le
culla fino a terra, la brina investe i pochi prati ancora
verdi, la neve si deposita pian piano sulle montagne. Noi
siamo in una stanza al caldo, magari in una classe affollata, mentre il cielo oltre le finestre è blu, l'aria gelida. Di
fronte a tali bellezze noi ci sentiamo soli, impotenti.
Cellulare in mano, internet connesso, eternamente in chat.
Si sente il tic-tac dell'orologio, a volte. Ricordo alle elementari quando eravamo richiamati continuamente dai
maestri, i quali non riuscivano a fare lezione sopra il
nostro continuo chiacchiericcio. Ora in classe spesso c'è
silenzio, alle feste spesso non ci si parla, in corriera tutti
con le cuffiette. Insomma ognuno di noi è chiuso nel suo
mondo, non riusciamo più a parlare col vicino di banco,
abbiamo poco interesse a conoscere nuove persone. Già,
siamo tutti così pieni di amici. C'è chi ne ha 1000 su fb.
Amici invisibili, amici immaginari, ecco cosa sono.
Siamo esseri così sociali, sempre così presi in piazze virtuali che dimentichiamo o trascuriamo le relazioni genuine, il mondo che ci circonda. Ci sembra di essere sempre
indaffarati, sempre pieni di impegni, attorniati da gente
che ci cerca. Post su post, notifiche su notifiche. Ma in
realtà siamo soli, ognuno con la sua maschera, ognuno col
suo smartphone.
Micol Sartori 5^P
Ogni anno Forbes, rivista statunitense di economia e
finanza, stila la classifica degli uomini più ricchi al
mondo. Nel 2013 il primo posto è stato attribuito a Carlos
Slim Helù con un patrimonio di 73 miliardi di dollari.
Questo settantatreenne messicano è il più grande magnate
delle telecomunicazioni dell’America latina, ma non si
limita solo a questo: infatti il suo impero comprende banche, catene di ristoranti, piantagioni di tabacco e retailer
informatici. William Henry Gates II, meglio noto come
Bill Gates detiene il secondo posto della classifica dal
2010 con 67 miliardi di dollari, dopo aver perso la prima
posizione che gli apparteneva dal 1996. La sua ricchezza
proveniente dalla Microsoft di cui è il fondatore e presidente, non è sperperata solo per scopi privati, infatti, nel
2000 insieme alla moglie ha fondato la “Bill & Melinda
Gates Fondation”, un’organizzazione umanitaria che si
occupa di combattere malattie come l’AIDS nei paesi del
Terzo Mondo. Al terzo posto troviamo invece Amacio
Ortega Gaona, imprenditore spagnolo che deve il suo
patrimonio di ben 57 miliardi di euro al Gruppo Index, di
cui è presidente e fondatore, che comprende catene di
negozi come Zara, Bershka, Pull and Bear e Oysho.
Immediatamente sotto Ortega segnaliamo Warren Buffet
considerato il più grande value investor di sempre e il
primo vero hedge found (operatore speculativo).
Accumulate un po’ di ricchezze decise inizialmente di
vivere di rendita ma grazie all’influenza di parenti e amici
che gli chiedevano di gestire i loro soldi, fonda la “Buffet
Partnership”, fondo d’investimento gestito secondo gli
insegnamenti di un suo docente universitario. Scorrendo
poi la classifica spicca Laurence Ellison, co-fondatore
diella “Oracle Corporation”, azienda di software database
Ecco i più ricchi uomini al mondo
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
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ATTUALITA’
9
che quindi si destreggia sia nel campo imprenditoriale che
in quello informatico. Ellison, è un newyorkese nato da
una ragazza-madre che non essendo capace di mantenerlo
lo affidò agli zii. Per quanto riguarda la sua carriera scolastica era un bravo studente ma non interessato ad un
buon rendimento e quindi lasciò l’università al secondo
anno. La sua fortuna fu però quella di incontrare Chuck
Weiss che gli fece scoprire la passione per l’informatica.
I fratelli Charles e David Koch si posizionano rispettivamente al sesto e settimo posto con un patrimonio di circa
34 miliardi di dollari ciascuno ereditati dal padre, fondatore della Koch Industry di cui oggi sono co-presidenti
esecutivi. Attualmente sono gli uomini più ricchi di New
York. L’imprenditore cinese Li Ka Shing si aggiudica l’ottavo posto. Questo multimiliardario è l’amministratore
delegato nonché uno dei maggiori azionisti del gruppo
“Cheung Kong Holdings”. E’ la persona più ricca del SudEst asiatico con una fortuna di 31 miliardi di dollari ame-
ricani, ricavati inizialmente dall’industria plastica e poi in
molti altri settori quali telecomunicazioni e trasporti.
L’unica donna della classifica, Liliane Betten Court viene
stimata da Forbes al nono posto con 30 miliardi di dollari. Attualmente è la persona più ricca di Francia, la seconda più ricca d’Europa e la seconda donna più potente al
mondo. Alla morte del padre ha ereditato la multinazionale della cosmesi L’Oreal, di cui ora Liliane è la principale
azionista con il 27,5% delle azioni. Al decimo si posiziona Bernard Arnault, anche lui imprenditore francese.
Laureato in Ingegneria inizia la sua carriera nell’edilizia
poi, nel 1985 entra nel mercato del lusso che ancora oggi
continua dato che è il proprietario dell’LVMH, una holding francese nonché la maggiore multinazionale specializzata appunto in beni di lusso.
Partiamo dal presupposto che alla fine del liceo è sempre
difficile intraprendere la strada giusta e scegliere l’università adatta alle proprie capacità. Se poi aggiungiamo
anche i problemi che potrebbero sorgere nel momento in
cui vogliamo cambiare città per iscriverci in una facoltà
lontana da casa, la questione si complica. Ogni anno moltissimi studenti sono impegnati nella ricerca di un alloggio confortevole e di coinquilini disposti a dividere l’affitto dell’appartamento, che sappiamo essere non del tutto
economico. Un lavoro non da poco che si trasforma, quasi
sempre, in una corsa sfrenata dell’ultimo minuto in stile
“cerco casa disperatamente”. Come risolvere il problema?
Niente paura, ci sono le “Nonno Houses”. Si tratta, semplicemente, di un’iniziativa dell’Inpdap (Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione
pubblica) di Roma che coinvolge i pensionati della capitale. Da alcuni anni, infatti, è stato creato un progetto
intergenerazionale che, tra le proposte, prevede che gli
anziani, ormai soli e privi di compagnia, aprano la propria
abitazione ai giovani studenti fuori sede. L’obiettivo primario dell’ente è quello di offrire ai ragazzi in cerca di
casa un alloggio economicamente conveniente che risolva, almeno in parte, i problemi legati al trasferimento
nella nuova città. Questo tipo di soluzione, inoltre, ha una
valenza positiva anche per gli ospitanti: i pensionati, infatti, concedendo una stanza del proprio immobile allo studente interessato, ricevono un contributo direttamente
dall’Inpdap per far fronte alle spese domestiche. La persona anziana, quindi, oltre ad avere la possibilità di interagire e convivere con delle menti giovani ed intraprendenti,
può integrare la propria pensione con l’aiuto concreto dell’ente promotore. Il progetto, dunque, vuole far fronte ai
bisogni di ambo le parti favorendo il dialogo tra generazioni diverse e lontane tra loro. Affinché questo tipo di
accordo venga stipulato correttamente, le due persone
interessate devono firmare una sorta di “patto di convi-
venza” che prevede alcune semplici regole. Lo studente,
infatti, ha diritto ad una stanza propria, non inferiore per
superficie agli otto metri quadri e dotata di letto, scrivania
e armadio; inoltre, il giovane universitario deve poter usufruire dei principali comfort di un appartamento (riscaldamento, zona per consumare i pasti, fornitura costante di
energia). Dall’altro lato l’anziano ospitante, oltre a ricevere un importo concreto dall’Inpdap, viene aiutato dallo
studente a fare la spesa, per esempio, o a svolgere determinate mansioni che da solo non riuscirebbe a compiere.
Per accedere a questa possibilità il ragazzo deve iscriversi al bando di concorso tramite un apposito modulo di
domanda che è possibile trovare online. La valutazione
delle richieste avviene attraverso alcuni parametri: lo studente deve essere meritevole per quanto riguarda i risultati scolastici e, inoltre, deve appartenere ad una certa fascia
di reddito. Successivamente, dopo avere scelto il candidato idoneo, l’ente promotore fa si che le due parti si incontrino per stipulare il contratto di comodato che ha valenza
annuale. Quest’iniziativa è nata nel comune di Roma ma,
in questi ultimi anni, si sta cercando di coinvolgere altre
città universitarie che potrebbero, in questo modo, affrontare il problema degli alloggi per gli studenti fuori sede.
Fino ad oggi i feedback ricevuti dalle persone coinvolte
nel progetto che hanno vissuto quest’esperienza sono tutti
positivi. La prospettiva di vivere con degli anziani può
non piacere a tutti, ma, sotto certi aspetti, un incontro
intergenerazionale come quello che si andrebbe a creare
potrebbe arricchire entrambe le persone dal punto di vista
umano. Le “Nonno Houses”, quindi, sono delle realtà che
possono essere prese in considerazione in vista delle scelte che dobbiamo affrontare una volta finito il liceo. Una
soluzione alternativa per aiutare se stessi e il prossimo. E
poi a chi non piacerebbe farsi viziare da una simpatica
vecchietta in cerca d’affetto?
Silvia Medori & Elisa Piccoli 3^A
Alloggi universitari: arrivano le “Nonno Houses”!
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
Michela Trotta 5^F
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Il Marinelli al “Giovanni da Udine”
LICEO
Conclusione in grande stile la sera del 12 dicembre al
Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” per i festeggiamenti
di “Marinelli 90”. La serata, presentata dalla professoressa Elena Galeotti, da Matteo De Sabbata (5^I) e da
Carlotta Gregori (5^D), è stata animata dal “Marinelli
Gospel Choir”, diretto da Rudy Fantin, che per l'occasione ha presentato un brano tratto da ogni decade di storia
musicale attraversata dal Marinelli dal 1923 ad oggi.
I ragazzi del gruppo teatrale della scuola, i
“Mattiammazzo” hanno interpretato un must del loro
repertorio: “La morte di Piramo e Tisbe”, strappando al
pubblico fior di applausi e di risate.
Sono stati premiati sul palco i tornei sportivi e le gare di
matematica indetti per “Marinelli 90”, oltre alle eccellenze studentesche di quest'anno. È seguita l'assegnazione
delle borse di studio offerte da Turismo T85, mentre gli ex
studenti della 5^A anno 1972 hanno consegnato ai due
vincitori il “Premio musicale Cristina Bisiani”, in memoria della loro compagna recentemente scomparsa.
Oltre alla proiezione di tre video sul Marinelli a cura di
Claudio Della Negra, numerosi sono stati gli interventi di
ex marinelliani illustri: dal dottor Losasso, presidente di
“Smileagain” per il Friuli Venezia Giulia, ad Adalberto
Burelli, presidente dell'associazione “Il Marinelli”. Era
presente in platea anche Romano Marchetti, diplomatosi
presso il Liceo nel lontano 1931, ed è stato annunciato “il
ritorno” al Marinelli del premio Nobel e senatore a vita
Carlo Rubbia previsto per la prossima primavera.
Erano presenti, oltre al nostro Dirigente Scolastico professor Stefano Stefanel, i Presidi e i Vicepresidi degli anni
passati, con la partecipazione straordinaria del Presidente
della Provincia Pietro Fontanini, del Sindaco di Udine
Furio Honsell, del direttore dell'Ufficio scolastico regionale Daniela Beltrame e di Angelo Vianello per
l'Università di Udine.
Il corpo di ballo coordinato dalla professoressa Pagano,
insieme ai gruppi di Danza e Ginnastica Artistica, ha concluso la manifestazione con una splendida coreografia studiata appositamente per l’evento.
All'uscita dal teatro sono stati distribuiti agli spettatori gli
annuari dell'Ottantesimo e la riedizione del famoso
“Minima et alia” a cura del professor Giuseppe Guttilla.
Doveroso è un il ringraziamento a tutti i professori, di ieri
e di oggi, e a tutti gli studenti che da ben novant'anni si
impegnano insieme tutti i giorni per costruire il Liceo
Marinelli che conosciamo. A tutti, grazie di cuore.
Camilla Persello 3^A
◄ Il Marinelli Gospel Choir, diretto da
Rudy Fantin, al Giovanni da Udine per
Marinelli 90
Il pubblico al Giovanni da Udine ►
riempie la sala
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LICEO
In occasione di Marinelli 90 ecco a voi una pagina tratta da
“Come la pensiamo” Anno III N. 4 (Giugno 1948),
il primo giornalino del Liceo Marinelli
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
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12
Un marinelliano un po’ speciale
LICEO
Jim Hartley è un ex marinelliano un po’ particolare. Infatti
ha frequentato il nostro liceo solo per un anno nel ’77
dopo essere arrivato in Italia degli Stati Uniti con un programma di scambi studenteschi. All’inizio di ottobre Jim
è tornato in Italia per incontrare i suoi vecchi compagni e
amici, così abbiamo potuto fare due chiacchiere con lui
sulla sua esperienza e sul sistema scolastico americano.
Ecco cosa ci racconta.
troppo facile, ma al Marinelli non si scherzava. Questo è
stato molto utile dopo il ritorno in America. Infatti mi ha
aiutato molto a proseguire gli studi e riuscire a laurearmi
a Stanford.
Comunque erano due cose molto diverse, anche come
impostazione e richieste degli insegnanti. Mi ricordo in
particolare una lezione di fisica in cui, dopo aver risposto
correttamente a una domanda del professore, alla sua
richiesta del perché di quel risultato e della provenienza di
quella formula non riuscii a rispondere. Infatti ero stato
abituato a pensare in modo molto più pratico e veloce,
perdendo però l’aspetto teorico della questione.
Perché ti trovavi in Italia? Come sei arrivato a Udine?
Sono venuto in Italia grazie ad un progetto di scambio studentesco. Io sono andato 6 mesi in Italia da due ragazzi
che poi ho ospitato. Inizialmente ero in una famiglia veneta, ma lì mi trovavo male. Allora ho chiesto all’associazio- Come funzionano i licei negli Stati Uniti?
ne organizzatrice di essere spostato e così sono arrivato a Da noi i licei sono ancora oggi molto diversi. La prima
Udine. Ma in questo scambio ho avuto l’opportunità di principale differenza consiste nell’organizzazione delle
visitare e vivere anche in altre città,
lezioni. Ogni studente frequenta
come San Giminiano in Toscana.
quattro corsi obbligatori (inglese, linCome ti sei trovato a Udine?
gua straniera, discipline artistiche,
A Udine sono stato accolto molto
educazione fisica) e può scegliere
bene, sia in casa che a scuola. Sono
alcune materie facoltative che servoriuscito ad integrarmi bene nell’amno per aumentare i crediti. I corsi che
biente e a farmi nuovi amici. Un
vengono offerti a scuola sono moltemotivo forte di aggregazione è stato
plici e comprendono ambiti molto
lo sport e a questo proposito voglio
diversi, che vanno dalle materie clasraccontarte un breve aneddoto. Un
siche come matematica, studi sociali,
giorno il postino, avendo notato le
scienze, letteratura, storia, educaziolettere che inviavo a casa, chiese ai
ne fisica, lingue, educazione civica,
miei genitori italiani se stessero ospieconomia, arte o altri corsi come arte
tando un americano e se questo
del dialogo, teatro, cucina, scrittura
sapesse giocare a baseball. Così mi
creativa.
unii alla squadra di Buttrio. Sono
Anche la scansione del tempo è
rimasto molto legato ai miei compadiversa: si inizia alle 7.30 e si termiJim durante una partita di baseball
gni, al punto che ancora oggi ci ritrona alle 14.30 dal lunedì al venerdì. Le
viamo una volta l’anno.
ore non sono da 60 minuti, bensì da 55 per permettere gli
Hai avuto grosse difficoltà con la lingua?
spostamenti. Ci sono molti corsi ed attività extracurriculaQuando sono arrivato, ad agosto, sapevo a malapena 30 ri come ad esempio le Olimpiadi di biologia e della chimiverbi; novembre, appena arrivato a Udine, non riuscivo a ca. Per questo motivo si possono frequentare gli extra
distinguere le parole in un discorso ma quando partii a periods, entrando alle 6.30 ed uscendo alle 15.30.
gennaio sognavo in italiano!
Le valutazioni sono abbastanza simili a quelle italiane:
All’inizio ho fatto davvero fatica ad imparare la lingua, vengono effettuate alla fine di ogni modulo e alla fine delpoi col tempo sono riuscito pure a seguire le lezioni.
l’anno. L’unica differenza sostanziale, tralasciando le letIn seguito, una volta tornato a casa, ho cercato di mante- tere utilizzate al posto dei numeri, consiste nel fatto che
nermi un esercizio leggendo o ascoltando le trasmissione non si viene bocciati, ma se non si supera l’anno in una o
in Italiano alla radio e alla televisione. Inoltre ho insegna- più materie l’anno successivo si è costretti a frequentare
to conversazione in italiano per due anni all’università.
sia i corsi di quell’anno che dello scorso.
Come ti è sembrato il Marinelli rispetto ai licei americani?
Il liceo a Udine per me è stato molto impegnativo. Ho
Nicola Petrucco 3^H
imparato tanto dalla scuola italiana, in particolare come si
deve studiare. Nella scuola pubblica americana che avevo
frequentato non avevo mai dovuto studiare veramente, era
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Menù di Natale
CUCINA
“Per te il pranzo di Natale è…?”: “Assolutamente risotto!”; “Arancini tutta la vita”; “Gnocchi di zucca e arrosto
con mele e carciofi”; “PANDORO!”; “Lingua, brovada,
musetto e lenticchie”; “Lo zampone!”. Io dico: rivoluzione. L’anno scorso nella mia famiglia c’è stata una ribellione contro il solito pasticcio di carne o verdure, e in seguito a numerosi dibattiti, concili, assemblee fra me e mia
sorella (e qui ringrazio espressamente Arianna), siamo
arrivate a stipulare un nuovo menù che qui vi presento.
Antipasti:
•
Vol-au-Vent di ricotta e speck
INGREDIENTI: 4 o 5 fette di speck tagliato spesso, 250
gr di ricotta, 1 tuorlo, sale e pepe qb, olio qb, 9 vol-auvent
PREPARAZIONE: Accendete il forno e fate cuocere i
vol-au-vent a 180° per una decina di minuti (potete prima
spennellarli con un uovo sbattuto per renderli più croccanti). Friggete in una padella con un po’ d’olio lo speck
tagliato a cubetti, quindi lasciatelo raffreddare. Nel frattempo unite la ricotta al tuorlo d’uovo e aggiungete il sale
e il pepe a piacere. Asciugate lo speck e unite anch’esso al
composto, quindi, una volta mescolato il tutto, disponetelo nei vol-au-vent precedentemente estratti dal forno.
Primi:
•
Canederli alla tirolese
INGREDIENTI: 300 gr pane raffermo, 100 gr farina bianca, 100 gr speck, 50 gr salame, 50 gr burro, cipolla, prezzemolo, 2 uova, sale, 2 bicchieri di latte, 1 dado
PREPARAZIONE: Tagliate a dadini il pane raffermo, lo
speck ed il salame. Rosolate una cipolla piccola e un cucchiaio di prezzemolo tritati nel burro sciolto, aggiungete il
salame e lo speck e, una volta che questi hanno preso
colore, il pane raffermo, quindi lasciate raffreddare.
Sbattete in una terrina le uova con un pizzico si sale, il
latte, il soffritto e la farina aggiunta poco per volta finchè
il tutto non sarà ben amalgamato. Portate a ebollizione
abbondante acqua salata con un dado. Nel frattempo, formate con il composto delle palline del diametro di 4-5 cm,
immergetele nell’acqua e lasciatele cuocere per 20 minuti
a fuoco basso. Scolateli e serviteli.
•
Crespelle al radicchio rosso
INGREDIENTI: PER LE CRESPELLE: 150 gr farina,
300 ml latte, 2 uova, 40 gr burro, 1 pizzico di sale
PER IL RIPIENO: 2 cespi di radicchio, 250 gr di ricotta,
burro qb, sale e pepe qb, besciamella qb
PREPARAZIONE: Ponete in una terrina la farina, con un
pizzico di sale e il latte, mescolando energicamente. Unite
le uova precedentemente sbattute, quindi lasciate riposare
un’ora in frigo. Cuocete le crespelle in una padellina
antiaderente con un po’ di burro, circa un minuto per
parte.
In una terrina fate un composto di ricotta, sale e pepe, a
cui aggiungerete il radicchio, tagliato a cubetti, sbollentato in acqua e passato in un po’ di burro. Riempite le cre-
13
spelle, cospargetele di besciamella, quindi ponetele in
forno per 20 minuti a 200°.
Secondo:
•
Polenta con i funghi
INGREDIENTI: 500 gr farina da polenta, 300 gr funghi,
1 cipolla, 150 ml vino bianco, olio qb, sale e pepe qb
PREPARAZIONE: Lavate e tagliate i funghi. Fate rosolare la cipolla nell’olio, quindi aggiungete i funghi, condendoli con sale e pepe. Sfumate con il vino bianco e concludete la cottura. In una pentola, portate a ebollizione 2 litri
d’acqua salata e aggiungete poco alla volta la farina,
mescolando affinchè non si formino grumi. Dopo un’ora
circa, quando la polenta comincia a formare una crosticina sulle pareti e sul fondo della pentola, spegnete e servite, ricoprendo prima con il condimento di funghi.
(Eventualmente è possibile aggiungere anche salsiccia o
pancetta, da far cuocere assieme ai funghi)
E finalmente, il dolce:
•
Torta stellina
INGREDIENTI PER LA BASE: 200 gr biscotti secchi
frullati, 100 gr burro, 2-3 cucchiai di kirsch.
PER IL RIPIENO: 400 gr crema di marroni, 100 gr burro,
100 gr cioccolato fondente, 200 gr panna montata, 150 gr
torrone, 1 tuorlo, 2-3 cucchiai di kirsch
PER DECORARE: 100 gr panna montata, 2 cucchiai torrone sbriciolato, 1 tavoletta di cioccolato fondente
PREPARAZIONE: Preparate la crosta: montate con una
frusta il burro ammorbidito, aggiungetevi i biscotti e il
kirsch. Foderate una tortiera del diametro di 22 cm di carta
da forno, disponendovi sopra il composto in modo uniforme e formando un bordo di circa un centimetro. Mettete
lo stampo in freezer per circa mezzora. In una ciotola,
ponete la crema di marroni e aggiungete il kirsch. Fate
fondere a bagnomaria il burro con il cioccolato, quindi
unite il tuorlo e mescolate; togliete dal fuoco e aggiungete il composto alla crema di marroni, facendoli amalgamare. Aggiungete il torrone sminuzzato e la panna montata,
delicatamente. Disponete questo composto sulla base di
biscotti, coprite con pellicola e ponete in freezer per almeno 3 o 4 ore. Preparate nel frattempo la decorazione di trucioli di cioccolato, passando sulla tavoletta la lama calda
di un coltello o di un pelapatate, ponendoli poi su un
foglio di carta stagnola e lasciandoli raffreddare in frigo.
Un’ora prima di servire, togliete la torta dal freezer e
decorate con stelline di panna montata (ottenute per
mezzo di una sac à poche), i trucioli di cioccolato e il torrone sbriciolato.
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
Chiara Marchiol 4^E
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Alla scoperta delle origini del Natale
TERZA PAGINA
È ormai arrivato dicembre, l’ultimo mese dell’anno e tra
poche settimane saremo tutti in vacanza, nelle nostre belle
case tutte addobbate, al calduccio, sembra proprio che ci
stiamo preparando per una festa, ma questa non è una
festa bensì una ricorrenza, una data importante: è NATALE.
Come mai si festeggia proprio il 25 dicembre? Il presepe,
Babbo Natale, l’albero sono cose che ci sono sempre
state? Ci sarebbero talmente tante cose da dire che non so
da dove cominciare. Il termine italiano "Natale" deriva dal
latino cristiano Natāle(m), per ellissi di diem natālem
Chiristi e significa "giorno di nascita di Cristo".
Il termine Natalis era già presente nel calendario romano
e indicava, tra le varie festività presenti, anche quella del
Dies Natalis Solis Invicti, indicato come “sole di
Giustizia” ed era la festa che indicava la nascita del Sole,
ufficializzata da Aureliano nel 274 d.C. con la data del 25
dicembre. Molti storici hanno dibattuto a lungo sull’anno
di nascita di Gesù; il censimento di Quirino, del quale si
parla nel Vangelo, risale al 6 d.C. .
Tuttavia si sa anche che la nascita di Gesù avvenne al
tempo di re Erode per cui le due date sembrano discordanti in quanto il re morì nel 4 a.C.; la datazione tradizionale
all'anno 1 a.C., risale al monaco Dionigi il Piccolo nel VI
secolo.
Il presepe, l’albero, Babbo Natale e le sue renne, lo scambio di auguri e di doni fanno ormai parte della tradizione
natalizia, ma quali sono le loro origini? Il presepe, come
tutti sanno, è una rappresentazione della Natività e il termine deriva dal latino praesepe che significa mangiatoia.
Il primo presepe della storia risale al 1223 a Greccio e fu
realizzato da San Francesco d’Assisi: esso era una rappresentazione della natività vivente. È importante ricordare
che tuttavia il presepe realizzato da San Francesco, non
era come noi lo intendiamo oggi, perché mancano i protagonisti principali: Maria, Giuseppe e il Bambin Gesù;
nella rappresentazione del Santo vi erano solo due animali all’interno di una stalla e una mangiatoia al centro contenente della paglia.
L’albero di Natale è una delle tradizioni natalizie più diffuse in tutto il mondo; mentre il presepe appartiene più
che altro alla tradizione cristiana, l’albero è diventato
l’emblema del Natale. Probabilmente non è un caso che
sia diventato un simbolo per questa festività: secondo
antiche tradizioni, infatti, esso rappresenta la vita (sembra
ricordare l’Albero del Paradiso) che veniva decorato con
molti oggetti tra cui delle fiaccole, in quanto si pensava
che ogni luce rappresentasse un’anima.
La tradizione dell’albero, così come noi la conosciamo,
oggi viene fatta risalire al 1441 a Tallin, in Estonia, quando venne eretto un maestoso albero nella piazza del
Municipio, attorno al quale si ballava in cerca dell’anima
gemella.
Nonostante venga additato come simbolo del Natale pagano è importante ricordare che anche Papa Giovanni Paolo
II, ne fece addobbare uno in piazza San Pietro a Roma,
città simbolo della cristianità.
E come possiamo dimenticare il mitico Babbo Natale?
L’omone vestito con un abito in velluto rosso, con i bordi
bianchi, gli stivali neri, la barba lunga e bianca e il cappello è colui che durante la notte della vigilia con la sua slitta volante, guidata dalle renne, distribuisce doni ai bambini di tutto il mondo.
Tutte le versioni “moderne” di Babbo Natale derivano dal
vescovo San Nicola di Bari, di cui si racconta che ritrovò
e riportò in vita cinque fanciulli rapiti e uccisi da un oste
e per questo divenne protettore dei bambini; San Nicola,
in Europa, viene rappresentato con abiti vescovili e una
barba bianca.
Prima della conversione al cristianesimo, il folclore tedesco narrava che il dio Odino ogni anno tenesse una grande battuta di caccia nel periodo del solstizio invernale; la
tradizione voleva che i bambini lasciassero i propri stivali nei pressi del caminetto, riempiendoli di carote, paglia o
zucchero per sfamare il cavallo volante del dio, Sleipnir in
cambio, Odino avrebbe sostituito il cibo con regali o dolciumi. La dimora di Babbo Natale cambia a seconda delle
tradizioni: in Europa è più diffusa la versione finlandese
che lo colloca in un villaggio vicino alla ben più grande
città finlandese di Rovaniemi, in Lapponia, esattamente
sul Circolo Polare Artico.
In molti paesi le poste accettano le lettere ed a rispondere
sono dei volontari oppure gli stessi impiegati; in Canada è
persino stato predisposto un apposito codice postale per le
lettere indirizzate a Babbo Natale: H0H 0H0 (in riferimento all'espressione "ho ho ho!" di Babbo Natale).
E chi traina la slitta di Babbo Natale carica di doni? Ma le
magiche renne volanti!
Sono ben 8 e si chiamano: Dasher, Dancer, Prancer,
Vixen, Comet, Cupid, Donder e Blitzen (nomi comparsi
per la prima volta nel 1823 nella lettera A Visit from Sant
Nicholas). Rudolph, la renna dal naso rosso, compare per
la prima volta in una storia per bambini del 1939 scritta da
Robert L. May. Secondo la storia, Rudolph, renna giovane dall’insolito naso rosso e luminoso, viene scelta da
Babbo Natale per illuminare e rendere visibile alle altre
renne il sentiero offuscato dalla nebbia. Nel 1949, Johnny
Marks adattò la storia di Rudolph in una canzone natalizia
dal titolo “Rudolph the Red-Nosed Reindeer”.
Sperando di avervi svelato il mistero delle origini del
Natale o perlomeno di aver dato risposta alle vostre
domande, auguro a tutti i lettori un Buon Natale ed un
sereno anno nuovo!
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
Elisa Putelli 4^L
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Sindrome da musical
TERZA PAGINA
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Non vi è mai capitato di immergervi talmente tanto in un per la loro euforica comicità, strabiliante complessità
vostro mondo da definirvi puramente “ammalati”?
della sceneggiatura e ricchezza dei costumi di scena, sono
Il musical (o musical theatre o musical comedy), è un “Peter Pan”, “Aladdin” e “Robin Hood” che vedono semgenere musicale e cinematografico che si avvale di più pre Manuel come protagonista.
tecniche espressive, in quanto i performers devono essere Nel 2010 Frattini si mette anche nei panni di produttore,
completi (a 360°), ovvero in grado di cantare, ballare e realizzando, assieme ad alcuni dei suoi colleghi, un musirecitare.
cal che ripercorre interamente la sua carriera, intitolato
Nato tra i sipari dei maggiori teatri di Broadway tra il “Sindrome da musical” in cui ogni personaggio interpreta
1800 e il 1900, il musical, non è ancora molto conosciuto unicamente se stesso. Ormai il performer ammette da
in Italia, ma le produzioni teatrali della Compagnia della molto tempo, in maniera ironica, di essere soggetto alla
Rancia (una delle maggiori società produttrici di musical “sindrome di Peter Pan”, ovvero di essere sempre rimasto
in Italia, fondata da Saverio Marconi nel 1983), sta contri- un po’ bambino nell’anima, e con questo musical, al quale
buendo alla diffusione di questo genere soprattutto tra i ho avuto l’immensa opportunità di assistere il 1° dicembre
giovani.
al Teatro della Luna di Assago (MI), è riuscito a riproporIl musical è capace di sposare mille sensazioni ed emozio- re ad un pubblico molto vasto di adulti e bambini, tutte le
ni in una sola rappresentazione, grazie alle molteplici emozioni che lui stesso ha provato durante i suoi anni di
azioni comunicaticarriera. Riesce a
ve che fluiscono
farlo non auto
in modo naturale e
celebrandosi, ma
spontaneo.
Ci
sottolineando la
sono
musical
tenacia e la specomici,
reality
ranza che ha semmusical,
rock
pre avuto come
opera,
musical
unici mezzi per
operetta, e tanti
realizzare il suo
altri, e ognuno di
sogno (quello di
essi offre la possidiventare un attobilità di fare un
re di musical).
tuffo in diversi
Nella rappresentaaspetti, non solo in Shani al teatro della Luna, manifesto “sindrome da musical” con Manuel Frattini. zione emergono le
un ambito musicosue iniziali difficulturale, ma anche in quello della nostra frenetica quoti- coltà davanti alle prime audizioni, trovandosi innanzi esadianità, dando ad essa un pizzico di euforia e offrendo minatori incoscienti e ricchi di critiche nei suoi confronti.
importanti spunti di riflessione.
Ma, non cedendo mai alle critiche del mondo esterno, non
In questo momento il più grande, qualificato, amato e plu- si è fatto condizionare dalle altre persone, ha creduto pieripremiato performer di musical in Italia è Manuel namente in se stesso dando il meglio di sé in ogni occasioFrattini. Quest’ultimo, nato come ballerino, insegue que- ne. Il titolo di questo musical sta proprio ad indicare la sua
sto genere sin da piccolo nutrendosi, come afferma lui non indipendenza da questo genere musicale, ovunque si
stesso, di “pane e Fred Astaire” (che fu un grandissimo trovi lui comincia a ballare, cantare e interpretare, immecantante, ballerino e maestro di tip tap). Manuel comincia desimandosi perfettamente in innumerevoli personaggi, a
la sua carriera come attore nel 1991, quando notato dalla tal punto dal far credere agli amici di soffrire di personaCompagnia della Rancia, prende parte al famosissimo lità multipla. Nella rappresentazione, i suoi compagni
musical “A Chorus line”, per poi continuare come attore decidono di sottoporlo a delle sedute da una psicologa,
protagonista in molte altre rappresentazioni, tra le quali, nell’intento di dissuaderlo dal suo mondo. Alla fine
“Cantando sotto la pioggia”, “Sette spose per sette fratel- Manuel, pensando di essere “guarito” dalla sua sindrome,
li” (affiancato da Raffaele Paganini e Tosca), “La piccola si accorge che senza il musical lui non sarebbe stato più se
bottega degli orrori” (affiancato da Rossana Casale), “Un stesso, avrebbe indossato una maschera che lo avrebbe
americano a Parigi” (tributo a George Gerschwin), dove si accompagnato tutta la vita, privandolo dei suoi piaceri.
esibisce con un numero di “tip tap indiavolato”, fino ad Incontrando Frattini ho capito che per chiunque sia affetarrivare al successo mondiale “Pinocchio: il Grande to dalla sindrome del suo proprio modo e stile di vita, il
Musical” animato dalle musiche dei Pooh, primo musical miglior augurio, è quello di non guarire mai e di non farsi
di produzione interamente italiana portato all’estero (in mai ostacolare dalle difficoltà.
America e a Seoul). Di più recente produzione, ricordati
Shani-Yaël Baldacci 2^I
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
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Ritratti femminili d'orgoglio del Friuli e del Marinelli
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TERZA PAGINA
Lunedì due dicembre al teatro Giovanni da Udine è stato
presentato il nuovo libro della giornalista Elisabetta
Pozzetto ”la mia patria è il mondo intero”.
In questo libro vengono descritti venti ritratti di donne,
nate e formatesi in Friuli Venezia-Giulia la maggior parte
costrette ad abbandonare il paese natale per andare all'estero ed inseguire i propri sogni. Si tratta di donne che
hanno imparato ed insegnano ad essere forti, forti per
cambiare vita quando le circostanze lo impongono, in
grado di ribaltare le difficoltà conquistando territori di
libertà, autorevolezza, pronte al sacrificio pur di realizzare i propri obbiettivi nel loro campo. Scienziate come
Alessandra Lucchini, chirurghe come Maria Rosa Pelizzo,
filosofe come Rosi Braidotti, poetesse come Ida
Vallerugo, cantanti liriche come Fiorenza Cedolins, atlete
olimpiche come Marzia Caravelli e varie imprenditrici e
manager. Queste donne sono dovute partire abbandonando i loro cari per Argentina, Madagascar, Stati Uniti, Hong
Kong, Utrecht, Lugano ma anche Roma, Milano o
Padova. Tutte unite dalla caratteristica di essere arrivate
molto lontane dal loro punto di partenza, di avere la bussola che serve per percorrere rotte non note, per ritrovarsi
ovunque e non smarrirsi mai. Questo è un lungo e sorprendente racconto in cui la friulanità diventa una lingua
modernissima, contemporanea e cosmopolita, una lingua
del mondo. Avendo partecipato alla presentazione posso
dire di essere rimasta piacevolmente colpita da Fiorenza
Cedolins, la quale ha aggiunto una 's' al suo cognome per
ricordare e dare merito al proprio paese di origine friulano “Cedolins” distrutto dal terremoto del 1976. Questo
grande trauma non l'ha scoraggiata ma anzi le ha dato la
forza per inseguire il proprio sogno ed esibirsi in tutti i più
grandi teatri del mondo. In seguito, Tiziana Finzi , di origine triestina, racconta di aver dovuto modificare i propri
progetti dopo la morte del padre e di aver dovuto iniziare
a lavorare per potersi mantenere e al tempo stesso conse-
guire la laurea di architettura. Dopo anni vissuti ad altissimi livelli all'estero, tornata in Italia si è vista chiudere le
porte del lavoro a causa di una società prettamente
maschilista. Anna Puccio, ex Marinelliana, fin da adolescente ha maturato esperienze internazionali vincendo
borse di studio, è diventata manager in multinazionali di
comunicazioni e nella presentazione del libro si è soffermata sulla scarsa presenza femminile in politica, nei cda
delle società e nell'opportunità della legge sulle quote
rosa, visti i risultati che, magari con una certa inerzia,
stanno iniziando ad arrivare. Patrizia Moroso con la sua
simpatia interviene ed afferma che a suo parere le donne
non hanno interesse alcuno al raggiungimento del potere
a differenza degli uomini, ma mirano al risultato.
Nonostante la numerosa prole (tre figli) è riuscita a mandar avanti e far crescere l'azienda di famiglia con una
grande dose di inventiva e sensibilità per il bello.
A chiudere la presentazione l' autrice, una donna, a mio
parere di grande carisma ed audacia, conclude ringraziando coloro i quali hanno contribuito alla realizzazione del
libro e dedica quest'ultimo “alla donna che sogna di diventare” sua mamma Marcella. La vita di queste donne ci
arricchisce, ci apre gli occhi e ci da speranza, una speranza indispensabile per poter andare avanti, per inseguire i
propri sogni ed ambizioni. La loro testimonianza è fondamentale per dimostrare a tutti, uomini e donne, che senza
la dedizione, la grinta, il coraggio, la determinazione e la
voglia di fare non si ottiene nulla, ma se queste qualità
sono presenti in noi, anche in minima parte, ci danno la
speranza e ci fanno capire che possiamo realizzare tutto
ciò che vogliamo, anche le cose più impensabili. Basta
saper sognare. “in quanto donna non ho patria, in quanto
donna non voglio patria alcuna, in quanto donna la mia
patria è il mondo intero”
Quando trovo/In questo mio silenzio/Una parola/Scavata
è nella mia vita/Come un abisso
(Giuseppe Ungaretti)
Parliamo, dicendo il nulla; scriviamo, formulando il niente. La nostra voce è silenzio, i nostri discorsi fumo, vento,
vanità. Frenetici, svogliati, alienati da ritmi innaturali, terrorizzati dall’idea di non essere capiti, di essere fraintesi,
tralasciati, dimenticati, timorosi di aver dimenticato qualcosa, di non aver fatto abbastanza, di non aver detto tutto,
ci affidiamo alle parole, lasciamo a loro la libertà di definirci, di descriverci. Polvere i nostri discorsi, ardite
costruzioni senza fondamento, forme che poggiano sul
vuoto, orfane di un significato. La parola è divenuta ormai
un linguaggio sterile, viziato, consumato, ha perso qualsiasi valenza, qualsiasi identità. Cosa vuol dire libertà?
Cosa vuol dire pace, dolore? Il tutto e il nulla. Il loro senso
è andato smarrito, la loro voce è perduta, non hanno più
attinenza con la realtà, sono state deturpate da definizioni
incapaci di comprenderle, di definirle, industrializzate,
omologate, massificate, commercializzate. Silenzio,
quanto mai oggi bisogna predicare e vivere il silenzio, la
rivoluzione dell’essenzialità. Semplificare, semplificare.
Il mondo annaspa soffocato dalla complessità, dal trionfo
di una forma esagerata e sovrabbondante. Le nostre parole sono prive di carne, di sostanza, di voce, di valore,
necessitano di essere ricondotte e riavvicinate alla loro
funzione originaria di ponti tra l’ uomo e la realtà che lo
circonda. Essenzialità, silenzio, null’altro serve, solamente attimi quotidiani di riscoperta e di abbandono, solitudine e conoscenza di se stessi. Il silenzio è la via, il silenzio
Silenzio
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
Beatrice Troppina 2^D
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TERZA PAGNA
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è la parte più profonda di noi stessi, il luogo dove ha origine il tutto, dove la forma diviene sostanza, dove la voce
diventa verità. Il silenzio è il luogo, l’“inesprimibile
nulla” , il pozzo dell’ esperienza a cui attingere per riscoprirsi coscienti di se stessi e consci di ogni domanda, privi
di ogni risposta. Ungaretti ne parla come di un porto
sepolto, un immagine che rimanda a spazi perduti, cieli
lontani di un infanzia smarrita nella vastità del deserto,
nella solenne vuotezza di Alessandria, nel vagheggiare
innocente di bambini intorno al mito, al passato, alla fine.
Il porto sepolto è la voce del beduino stanco che si perde
nella vastità della sera, l’abisso scavato dall’ esperienza
del nostro vivere, un luogo sommerso e dimenticato negli
anfratti del tempo, corroso dalle acque, reso saggio dal
mare, un luogo inesistente, una fantasia, un idillio perduto, la nostra anima, il nostro io, l’ inesprimibile tutto che
ci sovrasta, il luogo dove nasce la parola, il verbo, il linguaggio. Ridiamo carne alle parole, riconsegniamo loro
una realtà a cui ancorarsi, su cui poggiarsi, riscopriamo la
nostra essenzialità nel silenzio, confrontiamoci con noi
stessi nella solitudine, nel fango delle nostre menti.
Abbandoniamo la frenesia, riprendiamoci gli spazi, il
tempo, la calma, tralasciamo per un istante le parole, il
desiderio di comunicare e ritroviamoci con noi stessi,
dimentichiamo l’illusione e la presunzione del controllo,
dell’ autodeterminarsi, e lasciamo che il mondo giri da
solo, che ciò che deve accadere accada. Tacciamo, non
diciamo il nulla attraverso fiumi di inutili parole, esprimiamo il tutto nell’ essenzialità del verbo, nell’ estinzione
della forma. Torniamo all’origine, alla nascita, al perché
del linguaggio, a quell’ esigenza di definire, esprimere,
dominare, tramandare, ricostruiamo la parola come un linguaggio fondato sull’ esperienza del quotidiano e del vissuto, fermiamo il dilagare della massificazione e della
banalizzazione della lingua.
Tra un fiore colto e l’ altro donato/L’ inesprimibile nulla
(Giuseppe Ungaretti)
Jessica: sedici anni, jeans a vita bassa, disordinata, cellulare dipendente. Una teenager come tante. Beatrice: coetanea di Jessica, studiosa e assennata. Anche lei una teenager come tante. Impossibile? Tutt'altro se si considera che
Jessica vive nel 2010, mentre Beatrice è una teenager nell'età fascista degli anni Quaranta. Due mondi parallei
completamente diversi ma allo stesso tempo simili, che da
un momento all'altro si scambiano, come per magia, le
loro vite attraverso lo specchio del bagno di ognuna.
Jessica è Beatrce, invece Beatrice è Jessica.
Tutte due sconvolte a vivere una vita completaente diversa dalla loro. Beatrice che scambia gli sms per sos e la
sveglia per una bomba. Cose per noi assolutamente normali, invece per lei un mondo completamente nuovo, da
scoprire tutto da capo, diciamo rivivere. Jessica invece
guai a lei saltare una lezione, oppure presentarsi tardi a
cena. Le capita di essere schiaffeggiata dal fratello minore pe aver rivolto la parola a un ragazzo, e costretta ad un
appuntamento combinato, che poi se ne innamora follemente senza nemmeno accorgesene. Per tutte due all'inizio è come se fosse una guerra, ma sicuramente questo
molto meglio che vivere in una vera guerra, con morti,
Alleati oppure convivere con Tedeschi che da un momento all'altro ti potrebbero sparare. Diciamo che la guerra per
loro intesa non è affatto come l’ha dovuta vivere con la
propria pelle Jessica nel corpo di Beatrice. Ma dopo essersi abituate, non vorrebbero più ritornare alle lore vite precedenti... Succedono un sacco di avventure e storie che
poi se le raccontato attraverso lo specchio, come se fosse
un portale magico (tipo webcam, per intenderci). Non vi
ispira oppure vi attrae questo libro? Volete sapere come va
a finire, non vi incuriosisce? Sapete come si vive in quegli anni? Anch'io non saprei rispondere a questa domanda... sì, saprei rispondere attraverso fonti e documenti che
si trovano su internet, ma io intendo, come sarebbe vivere
in quel periodo. Se ci pensate sarebbe bello, ma allo stesso tempo brutto, essere nei panni di Beatrice o di qualsiasi adolescente, in quel tempo? Se rispondete “si” almeno
ad una di queste domande, allora leggetelo e immaginate
fare un viaggio nel tempo, qualsiasi cosa che vi faccia
capire che noi siamo fortunati a vivere così come adesso
con cellulari, vestiti, giacche, all star. Vi immaginate
senza cellulare tra le mani? Anche per me sarebbe spaventoso. Ma non potrebbe mai e poi mai essere spaventoso
come i vecchi tempi. Pensateci anche solo per un momento: vivere con il terrore di sentire, semplicemente un ruomore o un rombo e di essere terrorizati che sia un aereo,
che forse potrebbe bombardarvi da un momento all'altro.
Io ci ho provato, ma non saremmo mai consapevoli e grati
per quello che abbiamo o che avremmo. Questo libro fa
riflettere molto. A queste domande che vi ho fatto non
saprete mai rispondere, almeno sinceramente e con il
cuore, finchè non leggerete questo libro. La fantastica
(secondo me) autrice di questo libro è Marta Dionisio,
nata nel 1992, a Roma.
Studia Scienze Politiche, e il suo sogno è diventare giornalista. Ama il mare e l'estate e odia la pioggia, ma adora
viaggiare e conoscere posti lontani nello spazio e nel
tempo. Da piccola inventava storie e favole per il suo fratellino più piccolo. Ha scritto il suo primo romanzo, lo
specchio di Beatrice, a soli sedici anni, ispirata dai racconti della nonna, che ascoltava molto volentieri, sulla seconda guerra mondiale. E se lo leggegerete non vi staccherete, e vorrete leggere immediatamente il secondo.
Lo Specchio di Beatrice
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
Carlo Selan 4^E
Dounia Megraoui 1^D
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Un orecchio al 2013
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TERZA PAGINA
Mi chiamo Matteo e sono un appassionato di musica. Ho
deciso di scrivere un articolo qui perché volevo dare
qualche consiglio sulle novità di quest’anno, che ormai
sta volgendo al termine. Inoltre sul Preludio non ho mai
letto un articolo con recensioni musicali (più che recen-
sioni li chiamerei consigli) e quindi ho pensato di tentare. Ovviamente accetto volentieri critiche o suggerimenti
per eventuali prossimi articoli. Ma ora bando alle ciance
e buona lettura, eventualmente buon ascolto e buon
2014, musicale e non!
THE WORLD IS A BEAUTIFUL PLACE & I AM NO LONGER
AFRAID TO DIE – WHENEVER, IF EVER (2013)
Chi pensava che nel 2013 l’Emo vo fortissimo e totalmente fresco e
avesse ancora qualcosa di importan- nuovo: menzione speciale per il crete da dire? Ben pochi, prima dell’u- scendo di “Picture of a Tree That
scita di Whenever, if Ever, album di Doesn’t Look Okay”, per il coro
debutto del collettivo americano, malinconico di “Low Light
che riesce a tirare fuori quello che Assembly” e per l’ormai epico finasecondo chi scrive è il miglior disco le “Getting Sodas”, che in sé racdell’anno. Pur attingendo da gruppi chiude tutte i punti di forza dell’alstorici come American Football, bum: genuinità, emozioni e gioia di
Appleseed Cast e mewithoutyou vivere.
(che vengono anche citati in “Gig Da non perdere.
Life”), la band ha un impatto emoti-
MARNERO – IL SOPRAVVISSUTO (2013)
I bolognesi Marnero, ex Laghetto, momenti distruttivi (“Il porto delle
tornano con la seconda parte della illusioni”), momenti inaspettati (i
loro Trilogia del Fallimento, inizia- violini in “(Come infatti non c’è)”)
ta nel 2010 con Naufragio e altri da cardiopalma (“Non sono
Universale. Il Sopravvissuto si più il ghepardo di una volta” e
può considerare come un’opera “Zonguldak”), e soprattutto con dei
hardcore, divisa in quattro qua- testi di un livello che in Italia semdranti ognuno composto da due brava perduto. Il disco italiano delcanzoni, otto brani che ci guidano l’anno, ascoltatelo a tutti i costi
in un viaggio tragico attraverso (cioè nessuno, dato che è in downl’Oceano del Possibile. Un’opera load gratuito sul sito della band).
dall’intensità mozzafiato, con
PESTE NOIRE – PESTE NOIRE (2013)
Quest’anno, in Peste Noire, ultima
uscita dell’omonima band francese, Famine e compagnia prendono
le maschere e inscenano, con uno
spettacolo macabro, carri pieni di
pestilenti moribondi, lazzaretti,
urla animalesche, conati e battaglie
sanguinolente, per trasportarci
indietro nei secoli. Mentre le parole sono lasciate allo scream, sempre teatralissimo e disperato, le
atmosfere legate alla storia e ai
paesaggi vengono trasmesse dagli
strumenti: al black metal tipico del
gruppo, che sfrutta bene anche la
componente solista, si aggiungono
riff in fisarmonica (come in
“Démonarque”), parti di flauto,
persino una ghirorda, ma anche
molte chitarre acustiche. Il tutto
suonato con un forte uso di melodie medievali, che creano un’atmosfera folkeggiante cruda, realistica,
contestualizzata alla perfezione e
davvero di rara bellezza.
Per motivi di spazio non è stato possibile riportare tutte le recensioni:
altri dischi consigliati sono
Government Plates dei Death Grips,
Settle dei Disclosure, m b v dei My
Bloody Valentine e Engravings dei
Forest Swords
Matteo Nigris 3^G
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TERZA PAGINA
La Compagnia Hellequin presenta
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“Capitan Don Calzerotte e Arlecchin Senza Panza”
cronache da un’altra realtà
di: Claudia Contin e Ferruccio Merisi
Con: Claudia Contin, Stefano Gava, Lucia Zaghet, Giulia
Colussi
Regia di Ferruccio Merisi
Claudia Contin, il primo arlecchino donna che abbia interpretato con continuità questo ruolo, e Stefano Gava, un
attore disabile, sono i protagonisti sulla scena di “Capitan
Don Calzerotte e Arlecchin Senza Panza”, uno spettacolo
nato con l’ambizione di essere amato dal pubblico al di là
della compassione.
Non vi racconterò per filo e per segno ogni battuta: sarebbe un timido e peraltro noioso tentativo di riportare su un
foglio le emozioni che può suscitare il teatro.
Vi basti sapere
che è la storia di
due attori e
amici che vivono
abusivamente in
un vecchio teatro
cadente e che
decidono di mettere in scena, con
l’aiuto di due
donne ucraine,
l’ultimo spettacolo, un Don
Chisciotte. Una
serie di avvenimenti tragicomici scaturisce da questa decisione e infine il sipario si chiude con un vecchio attore che
lascia il mondo ancorato al suo sogno: se vi pare interessante, non avete altro da fare che andare a guardare un
loro spettacolo.
La compagnia Hellequin fa parte della Scuola
Sperimentale dell’Attore, un’associazione culturale attiva
fin dal 1990 sul territorio della provincia di Pordenone: si
occupa di ricerca, produzione teatrale, di didattica per
attori e operatori dello spettacolo, di formazione del pubblico, di pedagogia ed espressività nel mondo dell’istruzione e di teatro nel mondo del sociale.
Insomma, un’associazione quanto mai eclettica!
La scuola ha formato negli anni diversi attori (e anche
insegnanti) con disabilità che sono andati a formare la
“Banda di Arlecchino”: tre di essi sono stati scelti perché
avessero titolarità attiva e quindi prendono parte a diversi
spettacoli anche, come abbiamo visto, con ruoli di protagonista, fungendo inoltre da connessione fra la Scuola e la
Banda.
Inoltre la Banda di Arlecchino non ha unicamente un
ruolo rappresentativo, bensì è attiva e propone performance, eventi e feste teatrali, fra cui uno spettacolo,
“Sherwood delle Danze”, ormai consolidato e riproposto
periodicamente, che è diventato la carta d’identità della
Banda. Queste iniziative fanno tutte parte del “Progetto
Sciamano”, che raccoglie tutte le iniziative della
Scuola Sperimentale dell’Attore nel campo della disabilità, del teatro nell’ambito del sociale e dell’integrazione
interculturale. Portato avanti dalla Scuola ormai da 19
anni, come lo sciamano non guarisce miracolosamente
ogni cosa ma ti porta invece a scoprirne tutti i punti di
vista insegnandoti a valorizzare quelli positivi,
un approccio che
si è rivelato particolarmente
adatto con gli
attori con disabilità:
disabili
infatti, ma abili
nel recitare.
Chiudo con una
nota: potrebbe
esserci qualcuno
che è stato infastidito dal leggere il termine
“disabile”. Non lo considero un termine offensivo e mi
rifiuto di usarne altri come “diversamente abile” e simili.
Secondo questa logica allora i normodotati come li
dovremmo chiamare? Magari “portatori di altre disabilità”?
Trovo che la correttezza del linguaggio sia fondamentale,
ma che non è necessario infilarsi nei cavilli del linguaggio
politicamente corretto per essere educati e per mostrare il
proprio rispetto a persone disabili. Quello che è veramente importante è continuare a considerarle come persone, e
non come qualcosa di diverso da noi. Spero di non essere
stato frainteso e mi scuso per la lunghezza della nota, ma
volevo essere il più chiaro possibile.
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
Ludovico Venturini 3^A
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Basket: Marinelli 90
SPORT
Gli ex Marinelliani tornano a farci visita! In occasione del
90esimo anno del nostro liceo è stata disputata una partita di basket tra gli studenti di qualche anno fa e gli attuali
alunni. Una gara del tutto amichevole che, però, non è
mancata di sano agonismo sportivo.
Nella palestra di via Aspromonte, sabato 30 novembre,
due sono state le partite: inizialmente a scendere in campo
sono state le ragazze e, successivamente, abbiamo assistito alla sfida dei ragazzi. Entrambe le gare si sono concluse a favore degli studenti del Liceo: le marinelliane hanno
vinto per 20-34, mentre i marinelliani per 71-89.
Per quanto riguarda la partita femminile, tra le ragazze
che sono tornate a giocare tra le mura della scuola c’erano Elisa Dominese e Alice Pesarin (uscite entrambe nel
2012), Arianna Luci (2013) e Giulia Lazzaro.
La squadra della scuola, invece, era composta da
Maranzana Lidia, Laura De Marchi, Nicole Badolato,
Francesca Cavedon, Sara Honsell, Federica Carbone,
Ilaria Spagnul, Valentina Blasone, Marian Amara e Sofia
Candusso.
Per la partita maschile gli ex Marinelliani hanno risposto
subito alla chiamata della professoressa Margherita Pizzo
e si sono presentati numerosi all’appello. Capitanata da
Claudio Munini (uscito nel 2004), la squadra era formata
da Firmani Simone (2008), Gobbo Tommaso (2010),
Andrea Bardini (2005), Zakely Alessio (2012), De Maglio
Federico (2003), Francesco Martinuzzi (2013), Francesco
Petiziol (2011), Andrea Raber (2000), Daniele Bulfon
(2004), Alessandro Candusso (2012) e Andrea Zucchiatti
(2012). Gli ex studenti hanno dovuto faticare contro la
squadra ben organizzata della scuola; tra gli alunni presenti c’erano Michele Vatri, Lorenzo Rizzani, Riccardo
Menoni, Luca Craighero, Filippo Morocutti, Mattia Bello,
Giovanni Giacobbi, Alessandro Rocco, Federico Mauri,
Elia Gosparini, Kadir Bssila, Alberto Merlino, Giacomo
Bulian e l’Mvp della partita Paride Feruglio, che ha realizzato 27 punti.
Una manifestazione che ha permesso di coinvolgere anche
gli ex studenti del liceo che sono venuti a giocare per
ricordare - speriamo con piacere - gli anni trascorsi nella
nostra scuola. È stato un esempio di come un evento sportivo possa unire ragazzi e ragazze di fasce d’età differenti
che condividono la stessa passione.
Tra tiri a canestro, assist e schiacciate spettacolari, quello
di sabato è stato un evento all’insegna dell’allegria e del
puro piacere sportivo. Ringraziamo tutti i partecipanti ma,
soprattutto, tutti gli ex marinelliani che sono venuti a
festeggiare con noi il compleanno del nostro Liceo, intrattenendoci con le loro capacità cestistiche.
Circa un mese fa la stagione tennistica 2013 si è conclusa
con le Finals (o Masters) a Londra, torneo a cui partecipavano i migliori otto del ranking internazionale, sia nel singolare che nel doppio, e che decretava il campione della
stagione ATP 2013.
Per quanto riguarda il singolare, lo sfortunato Andy
Murray (vincitore del torneo di Wimbledon), non ha potuto partecipare per un problema alla schiena, a sostituirlo è
stato il francese Gasquet (numero 9). L'unico debuttante è
stato lo svizzero Wawrinka, nonché grande rivelazione del
torneo, dato che è arrivato in semifinale.
La formula era due gironi all'italiana, cioè tutti contro tutti
nei rispettivi gironi, come prima fase, poi semifinali incrociate (la prima del girone A contro la seconda del B e viceversa) e poi la finale.
Il girone A era formato dai due spagnoli Nadal e Ferrer,
dal ceco Berdych e dallo svizzero Wawrinka, mentre il
girone B è formato dal serbo Djokovic, dall'argentino Del
Potro, dallo svizzero Federer e dal francese Gasquet.
Dopo la fase dei gironi, il primo classificato del girone A
era il maiorchino Nadal e il secondo Wawrinka (a sorpresa, come già detto prima). Nel girone B, in ordine,
Djokovic e Federer. Di conseguenza le due semifinali
erano Nadal-Federer e Djokovic-Wawrinka. Nadal ha
vinto contro uno degli avversari che ha affrontato più
volte (da notare le finali di Wimbledon 2007 e 2008, la
prima persa e la seconda vinta). Subito dopo Djokovic ha
vinto facilmente contro Wawrinka.
In finale molti pronostici davano lo spagnolo favorito,
anche perché vincendo contro Federer ha ripreso il posto
nel ranking ATP di numero uno (precedentemente del
serbo), invece la sorte è stata dalle parti di Djokovic che
riconferma la vittoria dell'anno scorso.
Questa vittoria riconferma ancora che il giocatore più
forte del mondo, e quindi il numero uno, non diventa sempre campione della stagione.
Per quanto riguarda il doppio, invece, si è capito che i fratelli Bryan stanno “decadendo” lentamente (anche se
hanno vinto la maggior parte dei tornei di doppio dell'anno), visto che sono stati battuti in finale dalla coppia spagnola Marrero/Verdasco, “solo” numero 6 del ranking.
Comunque i fratelli Bryan detengono ancora, alla fine dell'anno, il titolo di numero uno del ranking.
Michela Trotta 5^F
E' finita la stagione tennistica
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
Davide Cornacchini 1^A
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Change
STORIE
Paolino si sveglia con le prime luci di quella mattina: è
andato a dormire parecchio sul tardi ma il sonno quel giorno l’abbandona un po’ troppo in anticipo; fatta colazione,
Paolino decide di andarsene a fare una passeggiata: abita
infatti immerso nei campi ed è invero un po’ che non frequenta quei magnifici sentieri… perché non oggi?
Ecco, è sveglio da appena mezz’ora, dunque sono le 7.40,
quando il ragazzo con fare deciso si addentra in una stradina sterrata, lasciandosi alle spalle asfalto e lampioni del
paese: i segni di quella maledetta contaminazione umana
che nulla risparmia e tutta la natura inquina. Infatti, ecco,
nemmeno a dirlo: cartacce dappertutto; merendine, birre
finite, bottiglie di cola. Cosa ci fanno lì?... gli alberi non
bevono Coca e Fanta. È sconsolato Paolino e gli dispiace
che la gente butti a terra quegli oggetti rovinando una
campagna davvero BELLISSIMA. Dovrebbero buttarli
nei cestini e lasciare che solo foglie secche ed escrementi
di animali possano essere di troppo in quel complesso
armonioso che i campi offrono. Sono fantastici, però,
pensa Paolo: sono fantastici i campi. Dai, provano a rovinarli in tutti i modi ma sanno essere comunque affascinanti: l’odore di terra ed erba tagliata, il dolce riflesso del sole
sulla fanghiglia dorata. Ghiaino che scivola dolcemente
sotto le ruote delle bici. Cavoli, ma la gente non le nota
queste cose: “i campi sono solo ammasso di fango e stupide piante; vabbè, danno da mangiare, ma non voglio
averci nulla a che fare”; non sanno quanto sappiano essere belli al mattino presto e alla sera, quando gli alberi sembrano sussurrare tra i rami stracolmi di verde quanto odino
l’uomo. E tu ti senti speciale, perché sai che certe persone
i campi le amano: quelle come te, che sanno vederne la
bellezza e se ne prendono cura. E invece no, nulla da fare:
copertoni appoggiati ai tronchi che sembrano soffocare e
sbraitare di dolore…. Ma forse pure di profonda delusione. Anche Paolo è deluso, ma prosegue il suo cammino.
Eccolo, si imbatte in un fiume e lo ‘spettacolo’ non può
che farlo raggelare: i pescatori svuotano un corso d’acqua
in cui i pesci hanno mangiato sacchi. Sacchi di plastica.
Neri; puzzolenti; neri, puzzolenti e…buttati lì.
Nell’acqua! Ancora una volta a Paolino viene da piangere. Ma prosegue.
UN ATTIMO… NON LO PUO’ PERMETTERE. Non
può proseguire oltre: deve FARE qualcosa. Vuole
RISCRIVERE questa storia.
Tieni Paolino, eccoti una penna, ecco il mio quaderno.
Cancella. Cancella e riscrivi tu. Cambia tu le cose, amico
mio. Paolino si sveglia con le prime luci di quella mattina: è andato a dormire parecchio sul tardi ma il sonno quel
giorno l’abbandona un po’ troppo in anticipo; fatta colazione, Paolino decide di andarsene a fare una passeggiata:
abita infatti immerso nei campi ed è invero un po’ che non
frequenta quei magnifici sentieri…perché non oggi?
Prima però prende guanti e carriola: ha in testa un buon
21
proposito, un fantastico progetto.
Ecco, è sveglio da appena mezz’ora, dunque sono…le
7.40, quando il ragazzo con fare deciso si trova ad addentrarsi in una stradina sterrata, lasciandosi alle spalle asfalto e lampioni del paese: i segni di quella maledetta contaminazione umana che nulla risparmia e tutta la natura
inquina. Infatti, ecco, nemmeno a dirlo: cartacce dappertutto; merendine, birre finite, bottiglie di cola. Cosa ci
fanno lì?... gli alberi non bevono Coca e Fanta. Indossa i
guanti e raccoglie tutto con fare entusiasta e diligente. Poi
butta tutto nella carriola: va molto meglio. Sono fantastici, però, pensa Paolo: sono fantastici i campi. E così, ora
che son puliti, esprimono tutta la loro bellezza: l’odore di
terra ed erba tagliata, il dolce riflesso del sole sulla fanghiglia dorata. Ghiaino che scivola dolcemente sotto le ruote
delle bici. Cavoli, ma la gente non le nota queste cose: “i
campi sono solo ammasso di fango e stupide piante; vabbè
danno da mangiare ma non voglio averci nulla a che fare”;
non sanno quanto sappiano essere belli al mattino presto e
alla sera, quando gli alberi sembrano sussurrare tra i rami
stracolmi di verde quanto odino l’uomo. E tu ti senti speciale, perché sai che certe persone i campi le amano: quelle come te, che sanno vederne la bellezza e se ne prendono cura. E invece no, nulla da fare: copertoni appoggiati
ai tronchi che sembrano soffocare e sbraitare di dolore….
Ma forse pure di profonda delusione. Anche Paolo è deluso; guanti, carriola; stesso copione. Dopo pochi minuti,
tutto torna al suo splendore. Parola azzeccata! Prosegue.
Eccolo, si imbatte in un fiume e lo ‘spettacolo’ non può
che farlo raggelare: i pescatori svuotano un corso d’acqua
il cui pesce ha mangiato sacchi. Sacchi di plastica. Neri;
puzzolenti; neri, puzzolenti e…buttati lì. Nell’acqua!
Ancora una volta a Paolino viene da piangere. E prende
perciò una saggia decisione. Paolino va a casa di corsa e
cerca il numero della Guardia Forestale. La chiama e
denuncia il fatto: ora si sente un eroe. Credete lo sia stato?
Io ritengo che il tredicenne Paolino non abbia certo cambiato il mondo: nessuno lo ricorderà. Ma a lui credo non
importi: lui, per quel giorno, ha cambiato il suo mondo.
Quello che amava di più in assoluto. E non si è limitato a
lamentarsi e rimpiangere ma ha fatto. Vuoi creare cambiamento. Crealo… fallo con le tue mani e le tue forze. O le
vostre: unisciti a qualcuno. Quando tutti avranno dedicato
un quarto d’ora della loro vita per condividere il tuo sforzo saremo già un mondo migliore. Magari non cambieremo nulla in un giorno o in un anno. Ma quindici minuti al
giorno per tutta la vita credi di poterli cedere al futuro, per
renderlo qualcosa di migliore. “Comincia oggi a costruire il tuo futuro: è quello il posto in cui andrai a vivere
domani.” Ed è importante che lo facciano tutti perchè tutti
siamo fondamentali. “Se una goccia dicesse: non sono io
a fare il mare, cosa conto?, il mare non ci sarebbe”.
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
Tommaso Billiani 5^G
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22
Universi paralleli
STORIE
Ed erano gli anni delle lotte, gli anni della rabbia, gli anni
di quel «io sono quello che sono» gridato contro i muri del
potere e del conformismo. Gli anni dei tentativi di cambiare. Gli anni della voglia di migliorare quella fottuta
società che con un sorriso vacuo ti voleva convincere che
avresti espresso al
meglio te stesso se
avessi detto sempre
e solo «sì». Gli anni
del bisogno di scegliere.
Ma lei non era così.
Lei era la figlia perfetta. non trasgrediva le regole, no,
perché
sarebbe
stato
il
modo
migliore per “rovinare il suo futuro”,
per lasciare una
sbavatura su quel
bagaglio pubblico
che lei chiamava
“reputazione”: la
posizione sociale
del padre la esponeva alle critiche delle altre influenti
famiglie londinesi, per questo non poteva permettersi
nemmeno il minimo errore. Per questo era convinta che il
suo comportamento fosse il più adeguato; per questo credeva che il suo futuro sarebbe stato felice.
Fuggiva certe zone della città, sconvenienti per una pupilla di buona famiglia. «Il mondo non è più quello di una
volta» dicevano gli adulti. E avevano ragione, la Londra
degli anni ’70 era diversa, nuova, ribelle.
Eppure un giorno si trovò in una di quelle vie. Camminava
veloce, non voleva mescolarsi con quella gente. Carnaby
Street non era mai stata raccomandabile per una ragazza
come lei: culla del punk rock, nulla lì era adatto a lei, a
partire dalla boutique che Mary Quant aveva aperto una
quindicina di anni prima. Lanciò un’occhiata di sfuggita
alla vetrina, senza farsi vedere da nessuno: lei non avreb-
be mai indossato una cosa del genere... La parola “minigonna” suonava come una bestemmia nella sua famiglia.
Camminava veloce, dicevo, ed evitava lo sguardo dei passanti; sentiva un ritmo martellante dai piani alti di un
palazzo, ma lo ignorava e fuggiva da quei luoghi. La gente
le passava accanto,
lei ne seguiva il
percorso solo con la
coda dell’occhio.
D’improvviso sentì
un suono stridulo,
quasi metallico. Si
voltò di scatto e
vide quei ragazzi: si
trovavano su un
lato della strada ed
erano tutti vestiti di
nero, gli anfibi ai
piedi e gli strumenti alle mani. Tutto
questo la metteva a
disagio, in imbarazzo... non era il suo
elemento quello...
non capiva perché
dei ragazzi potessero desiderare questa sregolatezza...
Quando iniziarono a suonare però... lei capì tutto... I testi
di quelle canzoni urlavano contro la società una denuncia
la cui realtà arrivava fino a spaventare; perfino la musica
mostrava tutta la rabbia di quei giovani che forse erano
stati gli unici a capire davvero il mondo. Ogni cosa in quel
momento la spingeva a riflettere, deflorava la sua ingenua
fedeltà in quello che le veniva detto dagli altri.
Rimase incantata da quei ragazzi.
Il suono delle campane battè però l’ora. E lei si rese conto
che doveva andare. Si allontanò in fretta. Ma, mentre il
vento freddo giocava con i suoi capelli, lei si accorse di
avere una domanda nel cuore. «Chi sta vivendo davvero?»
si chiese.
Pensavo sarebbe stato più facile. Incontrata la felicità non
ho resistito a farmi trascinare nel vortice, pensavo di essere in grado di stare in piedi. Invece eccomi qua.
Inginocchiata per terra con i palmi delle mani sanguinanti, i jeans sporchi, la faccia nera e le labbra troppo rosse.
Ferite dai denti nel tentativo di controllarmi. L'unica cosa
che è a posto è il cuore, perché si è sbriciolato in un secondo. Lui non paga le conseguenze di ciò che ha combinato.
Ipocrita. Ma è quando non ho più la forza di scostare i
capelli e guardare avanti che tento di rialzarmi, barcollan-
do come un’ubriaca. Mi guardo le mani istintivamente
prima di pulirmele sui pantaloni, poi con il dorso scaccio
lo sporco dagli occhi fino al mento. Non le lacrime però.
Sarebbe impossibile. Appena sfioro l'orlo degli occhi ne
escono di nuove. Guardo in alto, sistemandomi appena i
capelli. Ritorno a camminare, malferma come sempre.
Come se non fossi appena caduta sul marciapiede. Come
se non volessi girarmi per vederlo immobile nel posto in
cui sono inciampata nel tentativo di scappare proprio da
lui. Come se non avesse in mano dei fazzoletti, come se
Marianna Carlotta Cinti 3^A
Quando l’amore colpisce
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
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STORIE
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non mi avesse offerto il suo aiuto. Come se non l'amassi.
I rimasugli di quello che era il mio cuore si agitano convulsamente.
Ah.. Poco a poco mi accorgo che
si sta ricomponendo travolgendomi. In fondo non è molto diverso
dal mito di Prometeo, che venne
condannato da Zeus per avere
donato il fuoco, o nel mio caso
l'amore, il calore e la luce, agli
uomini.
Anche lui adesso è condannato al
ciclo di sofferenza, morte e rinascita. Immortale.
Continuo ad andare avanti, fino a
quando mi accorgo di non conoscere la mia meta. Di non sapere
dove andare a parare, di essere
senza destinazione. Ma poi accade una cosa che non mi sarei mai
aspettata. Sbatto le palpebre e
trovo sopra a me il cielo terso e
infinito di prima. Capisco allora
di non essermi mossa, di essere
rimasta ferma rinunciando a tutto
il resto. Cosciente solo del battito
malinconico del mio fragile
cuore ferito mortalmente e odiato da tutti gli altri organi,
specialmente dal cervello. Si sposta davanti a me, bloccandomi all' inferno. «Stai bene?»
Il suo profumo è inconfondibile, un misto di limone e
vaniglia.
«Certo...», abbozzo un sorriso con metà bocca.
Richiudo gli occhi e abbasso la testa,«benissimo...» , sussurro con la voce che trema.
Una ciocca dei suoi capelli scuri
forma un leggero ricciolo a lato della
fronte liscia e marmorea. La barba
appena tagliata lascia intravedere
qualche neo sulle guance e sul collo.
Le sopracciglia poco più vicine del
solito mentre i suoi occhi scuri, nei
quali io vedo molta più profondità
che in un qualsiasi paio di occhi chiari, sono fissi nei miei.
Un'altra lacrima si addensa al bordo
dell'occhio. Faccio un respiro profondo per ricacciarla da dove è venuta,
ma è inutile. Prima che io o lui respiri solca la mia guancia fino al mento.
«Margot... Mi dispiace», dice invano.
«Scusami ma non me ne faccio niente di tutto ciò».
Questa volta riprendo a camminare
sul serio verso la mia fermata, o
almeno così dovrà essere d'ora in poi,
ricacciando giù il dolore, almeno per
un po' .
Quando la donna uscì, reggeva in mano un pezzo di carta
diverso da quello con cui era entrata. Non sembrava
comunque soddisfatta, forse perché lui aveva distolto lo
sguardo. La salutò con una fredda stretta di mano che la
lasciò delusa, quando finalmente rientrò nell'aria sporca
che ormai era ciò che di più vicino c'era all'ossigeno di
una volta, persino più vicino dell'ossigeno stesso. A nulla
erano mai valsi i tentativi di diffondere la cosiddetta “aria
buona”: ormai i polmoni del mondo amavano proprio quel
nulla troppo pieno di cose; la donna inspirò a lungo e si
avviò.
L'uomo che aveva lasciato stava seduto senza muoversi.
Pensava. Gli bastava cogliere lo sguardo di una donna su
di sé per esserne compiaciuto e subito dopo disgustato. Il
suo compiacimento voluttuoso racchiudeva un ricordo
colpevole che non gli era permesso scordare.
Era un pomeriggio luminoso, uno degli ultimi prima del
cambio di Sole che avrebbe richiesto cinque anni, cinque
anni di buio continuo. Avrebbe potuto gioirne: buio signi-
ficava genitori assenti anche fisicamente, dal momento
che entrambi lavoravano per la Sun Society, la prima
azienda a costruire e assemblare le componenti fondamentali per il nuovo Sole sintetico, di durata doppia rispetto
all'ultimo – nonché la prima ad allestire un dormitorio per
i suoi impiegati, dove rimanevano per tutto il tempo
necessario, con la possibilità di avere una settimana al
mese per tornare a casa. Non aveva mai saputo il perché,
ma i suoi non ne avevano mai approfittato. Lui e sua sorella rimanevano perciò soli, per anni. Essendo la maggiore,
la ragazza aveva assunti i ruoli di madre, sorella, insegnante e - dal momento che non potevano permetterselo di governante. Dal basso dei suoi quindici anni, vide accadere una cosa straordinaria, che sarebbe rimasta conficcata nella sua mente per il secolo a venire: Thomas si innamorò. Ormai nessuno - o quasi - lo faceva: le nuove tecnologie erano riuscite finalmente ad estirpare i sentimenti, rimpiazzandoli con qualcosa “di più utile alla società”.
Qualcosa però non aveva funzionato con il giovane, che
Sarego Mara
Grey wind
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
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24
STORIE
fin da neonato sembrava incapace di liberarsene. Così,
volente o nolente, stava attaccato – come un bambino
affamato al seno della madre – a quella ragazza dai capelli rossi. Non usciva mai, quindi nessuno l'aveva notato,
ma in ogni caso tentava di trattenersi in sua presenza,
anche se, nel buio e freddo abbraccio della sua capsula del
sonno, non riusciva ad avere pace. L'acqua scura gli ricordava la prima volta che aveva visto quel suo fuoco, dalla
piccola culla in cui l'avevano infilato, al fianco di suo
padre, ed eccola, gli occhi verdi accesi mentre lo scrutava
attentamente.
- Come la chiamerai, Meera?
Un guizzo nell'acqua smeraldina di quello sguardo fece
capire all'uomo, il cui viso era assente da quel ricordo,
illuminato eccessivamente da lei, che aveva deciso.
- Thomas. Rispose candidamente, e appoggiò una mano
sulla sua.
Il neonato dalle iridi nocciola smise di piangere. Il viso di
sua sorella rimase la prima immagine impressa nella sua
mente.
Il ricordo gli ferì gli occhi, come la prima volta, a quindici anni. Restò immobile, inspirando a fondo mentre il filtro risucchiava continuamente l'anidride carbonica che
riusciva a permeare per un istante pochi centimetri cubi di
aria. Un fruscio di capelli gli si avvicinò da dietro e una
voce leggera gli carezzò i timpani.
- Hai finito?
La chioma cremisi di Meera aveva perso qualche tono, ma
lo smeraldo era sempre dello stesso identico inquietante
verde. Thomas annuì brevemente, chinando la testa fino a
farla scivolare nell'incavo tra la spalla e il collo della
sorella, inspirando a fondo il suo profumo.
- Vieni.
La donna gli offrì una mano, che lui prese tra le sue con la
delicatezza che avrebbe usato per un animaletto ferito. Un
sorriso, un bacio, e Thomas Chatterton era a terra, esangue, sul suolo lercio e freddo. Il suo salto non fu dei
migliori, si constatò in seguito: si era semplicemente
lasciato cadere stringendo una ciocca di morbidi capelli
rossi tra le dita ustionate.
“Sapete, non sono sempre stato così. Da piccolo, a cinque
anni, ero il primo della classe. Gli altri erano invidiosi,
dicevano che era solo grazie al lavoro dei miei che potevo
permettermi le flebo migliori, ma non era del tutto vero:
certo, era un bel vantaggio, ma non era tutto, è inutile
sapere bene le cose se non le puoi condividere, ed ero
abbastanza portato anche per questo. Le scienze non avevano più segreti per me, ero riuscito a procurarmi le giuste sacche, quelle riservate all'Università di Q. Non le
avevo esattamente rubate, ma in effetti non le avevo neppure chieste. Le mie uscite presero a diradarsi sempre di
più, per poi interrompersi bruscamente con la morte di
mia madre. Non perché l'evento mi avesse sconvolto,
segno che in fondo l'espianto dei sentimenti non era stato
poi un fiasco completo, ma perché non ne avevo la benché
minima voglia.
Nessuno si era mai lamentato di questa mia reazione, che
non l'avessero notata o non ci avessero prestato attenzione, la cosa non mi dava pensiero alcuno. Non era poi una
grave mancanza, dal momento che metà delle persone lì
presenti stavano solamente fingendo. Sarebbe meglio che
l'avessi fatto anch'io, mag”
Anderson ripose il foglietto e chiuse la busta. Provava
quasi pietà per quel ragazzo, ma non gli era permesso
esternarla; quindi strinse con poca convinzione le spalle,
tentando come sempre di far scomparire la pancia per cui
era noto come lo sbirro grasso.
- Sembra un biglietto d'addio, affermò il giovanetto che
gliel'aveva passato.
Lui scrollò nuovamente le spalle. - O l'inizio di un'autobiografia.
Quella pacata osservazione fece impallidire il suo interlocutore - Sì, certo, io non... non ci avevo pensato, ma in
effetti potrebbe, in linea teorica...
- Ma certo, sottoposto numero 3, allora perché non infiocchettarla di rosso e metterci una bella intestazione del tipo
autore-titolo-sottotitolo-dedica?
Quel che era bianco diventò improvvisamente bordeaux
ma, precedendo ogni forma di scusa o simile sciocchezza,
Anderson fece un cenno con la mano, interrompendo le
sinapsi del poveraccio che stava in piedi davanti a lui. - A
me non sembra comunque un dannatissimo biglietto d'addio, aggiunse con un tono che non ammetteva repliche.
Sembra più che altro...
Un'idea gli balenò in mente, forse troppo assurda per
prenderla in considerazione, ma non abbastanza per non
farlo. Fissò la busta per un lungo istante, come indeciso
sul da farsi, sentendosi di nuovo come una matricola,
ancora con i vestiti puliti e stirati, immacolati, senza alcuna idea di cosa fosse la corruzione o di quanti morti lo
stessero aspettando giusto oltre le porte di polimeri antiproiettile della Stazione Generale dei settori Q-Z.
...una confessione, signore?
Anderson non credeva alle sue orecchie, né individuò la
voce candida che aveva espresso il suo pensiero; il poliziotto grasso barcollò e cadde senza un lamento. Gli tornò
in mente la morte di Thomas Chatterton e, nel profondo
della sua mente, scoppiò a ridere.
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
Francesca Blarasin 5^H
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È Alice che lo dice
RELAX
25
Salve a tutti! Mi presento, avrete già intuito dal titolo, non mi chiamo Genoveffa, ma per la precisione sono Alice
Spreafico di 3^H...
Dunque, parlando della rubrica, si può dire che sia nata dalla voglia di dare al giornale uno spazio “rosa” e anche
un po' scherzoso con cui ridere delle vicende sentimentali di noi giovani. L'idea è quella di provare a rispondere alle
vostre domande, che verranno pubblicate in anonimo, tramite appunto questa pagina.
Potrete scrivermi tramite la scatola dei messaggini che è all'ingresso oppure contattarmi tramite social network.
Ma bando alle ciance e passiamo a voi!
G.L. scrive:
Cara Alice, ultimamente sento il mio ragazzo molto distante, non ci sentiamo né vediamo
quasi mai nonostante frequentiamo entrambi il Marinelli. Lui dice di essere sempre molto
impegnato, ma io penso che frequenti un'altra... che fare?
Carissima, chiedergli direttamente cosa succede è troppo difficile? Mi rendo conto che la percentuale di risposte sincere rasenti lo zero ma almeno non avresti il rimorso di non averglielo
neanche chiesto. Se invece sei solita guardare quelle serie televisive straripanti di adolescenti
sociopatici che vanno al liceo, saprai bene che tutte le tue amiche sono già pronte per diventare
micidiali stalker al tuo servizio e saranno in grado di informarti con facilità anche sul numero di
cereali presenti nella tazza di latte del tuo lui.
Ma forse non c'è bisogno di tutto ciò visto che in un liceo, sotto Natale, di solito si è giusto un
po' oberati di compiti in classe, no? Prima di saltare a conclusioni affrettate lasciagli un po' di
tempo!
M. scrive:
Ciao Alice, due settimane fa ho festeggiato il mio compleanno e per l'occasione la mia
ragazza mi ha fatto un regalo orrendo, ho provato a nasconderlo, ma lei mi chiede in continuazione se ne sono contento e quando viene a casa mia dà sempre un'occhiata in giro per
vedere se c'è e non l'ho buttato. Io le voglio un gran bene, ma il regalo è davvero terribile,
come faccio a dirglielo senza ferirla?
Folle! Non dirglielo! Menti fino alla morte o morirai per mano sua! O meglio, morirai a causa
dei sensi di colpa che lei ti farà provare da qui all'eternità. Insomma, prova a riderci un po' su e
far finta di niente! Dopotutto che cosa terribile potrà mai averti regalato? Un topo? Delle orecchiette di pelo rosa da coniglio? Un frullatore? Di solito funziona anche darlo per disperso o
mangiato da qualche fantomatico animale domestico, tuo o dei vicini, che puoi sempre recuperare all'occorrenza...si ecco non prendere un criceto e neanche un pesce rosso magari, sarebbe strano anche da dire “Tesoro mi dispiace ma il cricetino è impazzito e ha distrutto il tuo regalo...” io
mi farei qualche domanda su che razza di simpatici animaletti ti tieni in casa. Non sapendo però
quale sia il regalo caro mio non so bene come aiutarti, se non dirti di far finta di niente e aspettare che ti faccia un altro regalo, magari un po' meno brutto, che faccia dimenticare di questo.
Alice Spreafico 3^H
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
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26
RELAX
Orizzontali
1. Inventò il moderno pneumatico - 4. Un tipo di lotta
giapponese - 7. Escursionisti Esteri - 8. Una sigla sindacale - 10. Principio di arte - 11. Lo è chi è consapevole - 15. Una divinità egizia - 16. Il nostro Liceo
- 18. Lo grida l'acrobata - 20. Fu patriarca di
Costantinopoli - 21.Distanza longitudinale percorsa
da un corpo lanciato in aria - 23. Mangia in centro 26. Un piccolo centro - 28. Affermazione inglese 30. Matera sulle targhe - 31. Spaventano gli studenti
- 34. Fu preside del Marinelli - 37. Si intrecciano e si
dipanano - 38. Pronome latino - 39. Il filosofo della
Critica della ragion pura - 41. Un portico ateniese 42. Giusto, corretto - 44. Fu vicepreside del Marinelli
- 45. Esprime ribrezzo.
Verticali
1. Lo è Afrodite - 2. Gli anni del Marinelli - 3.
Luoghi con piante spinose - 4. Terreno calpestato - 5.
Il nome della Jones della atletica - 6. E' zero nell'attacco - 7. Lo è il colle dell'infinito di Leopardi - 9. Il
dirigente del Marinelli - 12. Vietato ai Minori - 13.
Possono rovinare la pelle - 14. Fu preside del
Marinelli - 17. Loro senza vocali - 19. Perugia sulle
targhe - 22. Una lettera dell'alfabeto - 24. Fu vicepreside del Marinelli - 25. Fine dell'austerity - 27. Città
del Giappone - 29. Data alle stampe - 32. Fu preside
del Marinelli - 33. Mario della politica - 35. Con Ric
in un duo comico - 36. Estremamente provocante 37. Federazione Scacchistica Italiana - 40. Può precedere 'chi si vede' - 43. Affermazione.
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
Prof. Bruno Fontanini
dic. (2)_bozza.qxd 16/12/2013 7.51 Pagina 27
MESSAGGINI
Baskettaro n°7
della squadra
del Marinelli
hai degli occhi
bellissimi!!
Edoardo Sclosa
vediamo
di
abbassare quel
ciuffo! Bella
zio!
5F
ANNO
SCORSO ->
TO R N A N O a
Berlino
W 5F Berlino
W LA F...
(Maglietta 5F
94) 1994
CONSULTA...
...DOVE SEI?
NICHOLAS
FASANO HAI
DEGLI OCCHI
BELLISSIMI!
TI ADORO <3
*interrogazione
di filosofia*
“Lo studente è
confuso”
“è così confuso
“All’assemblea da colpirsi da
ci porta a scia- solo.” G <3 C
re?”
“Sci.”
Hey, Giovanni
(Marano)
di 3^G, apri gli
occhi
Cristo
Elia Micoli sei Santo!
proprio un bel
tipo! =) da una VOMITIAMO
di 4^...
TUTTI ARCOBALENI! :D
...è possibile
che mi innamo- Il triangolo no!
ri di lui solo Non
l’avevo
perchè
l’ho considerato
sognato
una Renato for life
notte e non lo <3
conosco nemmeno <3??...
A V V I S O
GOLOSO:
I
Craighero 3D BISCOTTI &
sei un figo da CO.
DI ISA
paura
S O N O
OTTIMIIII!! :P
“PEZ, VIENI
ALLA LAVA- G
L
I
GNA”
OPOSSUM
DOMINERAN
“Sai dove fanno N O I L
il bagno i can- MONDO :)
guri? Nel MarSupio.”
Che il tuo Dio ti
f u l m i n i !
...vediamo
adesso chi arriva
COESIONE,
ADESIONE,
TENSIONE
SUP.,
ARA
PACIS, G. VA
BENE TUTTO.
(cit. prof. CIP.)
M E G L I O
AT T I V I C H E
RADIOATTIVI
[cit.CROCE]
Davide 2H ti
vedo tutte le
ricreazioni e sei
un figo <3
“Lisa, il tuo
ruggito assomiglia a quello di
un gattino miagolante di 4
mesi.”
Gregorio
di
5^N: amo i tuoi
occhi e impazzisco per il tuo
sorriso! <3 Da
ammiratrice
segreta bionda
di 3^
P.S.: è tanto difficile accorgersi
di me?
guenze delle
tua azioni siano
compatibili con
la permanenza
di un’autentica
vita
umana
sulla terra.
:) :) :) :) :) :) 3 :)
:) :) :) :) [cit]
Bella
questa
domanda vaga
ma precisa [cit.
Z.S.]
IO ERO AL
B A R . . .
OVVIAMENT
E!!!
cit. Prof. Z.S.
COME DISSE
L’AGRICOLT
ORE,
MAIS
DIRE MAIS.
(Marano)
S E N O N
S T U D I AT E ,
AFFARI VOI.
(ZAMPA A.)
27
GRRR!!
NANIIIIIIII....
By i 3 the
Best+COJUTS L I B E R A L A
M AT R I C E
Sarete anche CHE E’ IN TE!
tutti bravi a
dimostrare la Sergio Zampa
matematica, ma fa fisica col
io ho dimostra- libro di mateto come far cre- matica mentre
scere
un s p i e g a
c a n g u r o Geometria...
O.o
CIT.
innaffiandolo!
RAMON :D
Q U A N D O
R I D O S O N O Immaginescion
mor
S E R I O E is
Q U A N D O ìmportante dan
SONO SERIO nowlege
R I D O !
MARINELLI
(ZAMPA S.)
CI MANCHI...
NOLI TANFE- ORGANIZZAT
E U N A
RE PUELLA!
RIMPATRIAT
Ragazza di 1^G A
RICHIAMAN
sei una figa!
DO LA 5F
C R I C E T O DELL’ANNO
SCORSO...
MORTO
Love has to rule A L L E M I E
F E D E L I
the world <3
LETTRICI
Ciao, siamo I L U I S A E
TOMMASI di CORINNA DI
CON
5^G. Ci piace- 5^F.
rebbe passare A F F E T T O .
alla fase 2 ma tu M.T.
f a t t i
il
Non dite che i r i c o n o s c e r e , Vogliamo
del
sogni sono inu- anonima. By ritorno
merendero
tili perché inuti- Bill e Rev
le è la vita di
“ T I S E I Mauretto... sei
chi non sogna.
ALLUNGATA pesanteeee...!
Agisci in modo I CAPELLI?!?” <3
che le conse- -.Liceo Scientifico Giovanni Marinelli
MOLI E TONI
5E VOMITINI
DA MARTI
L’importante è
essere multitasking...
“...era un periodo pieno di
lotte intestinali...”
“Accidenti che
mal di pancia!”
xD xD xD xD
“Gira
tutto
intorno a una
stanza mentre si
danzaaaaaaaaa!
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Aurora Mamolo 2^H
Liceo Scientifico Giovanni Marinelli