Capacità di accelerazione nel calcio

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Capacità di accelerazione nel calcio
Capacità di accelerazione nel calcio D'Ottavio S., Briotti G., Tozzo N. Il calcio, come la maggior parte degli sport di squadra, è caratterizzato durante il gioco da azioni di corsa che prevedono variazioni di velocità e di direzione. Tali espressioni vettoriali della prestazione rappresentano sostanzialmente la risposta fisica e tecnica, con o senza la palla, alle esigenze tattiche della situazione di gioco. È importante tener presente, inoltre, che le azioni di corsa possono essere effettuate a diverse velocità, da circa 7-­‐8 fino anche a 28-­‐30 km/h, e ovviamente – a seconda del grado di intensità e durata, nonché in relazione al rapporto che si crea fra il numero delle ripetizioni di corsa e la durata e tipo della pausa – il contributo energetico sarà fornito da reazioni metaboliche altrettanto diverse e fisiologicamente idonee a sostenere questa tipologia di impegno fisico. Un altro aspetto riguarda le accelerazioni e le decelerazioni. Esse vengono effettuate durante i cambi di velocità, le frenate, i cambi di senso e direzione ed esprimono, viste le centinaia di volte che tale schema si verifica durante la gara, una significativa applicazione di forza muscolare eccentrica e concentrica. I lavori scientifici che negli ultimi due decenni hanno affrontato da un punto di vista statistico e quantitativo tali problematiche (pubblicati da Bangsbo, Castagna, D’Ottavio, Mohr, Wisloff e rispettivi coautori) hanno consentito di definire con più precisione gli svariati parametri della prestazione come: • spazio totale percorso • spazio totale veloce (alta intensità) • numero di sprint • durata degli sprint • lunghezza degli sprint • durata delle pause • tipologia e distribuzione delle pause (corsa, cammino, fermi sul posto) • corse a velocità submassimale con impegni metabolici rilevanti (da soglia anaerobica a vam) • percentuale del decremento di forza (prima, durante e dopo la gara) • percentuale del decremento nella capacità di ripetere sprint (prima, durante e dopo la gara) • valori di frequenza cardiaca (media, picco, percentuale massima) • valori di vo2 (medio, picco, percentuale massima) • valori di acido lattico • altri dati fisiologici (glicogeno, ammoniaca, potassio ecc.) La maggior parte degli autori, per di più, ha differenziato i dati secondo i ruoli ricoperti in seno alla squadra e alcuni anche in rapporto ai sistemi di gioco utilizzati. Altri hanno fornito ulteriori contributi relativamente al calcio giovanile, amatoriale e femminile: altri ancora hanno ripartito i fattori sopraelencati fra il primo ed il secondo tempo e durante lo svolgersi della gara secondo intervalli di tempo (5',10' ecc.). Riguardo ai valori rilevati nel corso degli anni, ampie e soddisfacenti risposte sono fornite dalla citata letteratura sull’argomento. Per un allenatore o un preparatore fisico, avere a disposizione un quadro di riferimento così articolato consente di pianificare i contenuti dell’allenamento secondo parametri più precisi e disporre, nel corso della stagione sportiva, di linee guida sulle quali verificare gli adattamenti di tipo fisiologico e tecnico-­‐tattico. Queste procedure rispondono ad uno dei principi generali della teoria dell’allenamento: il principio della specificità. Capacità di accelerazione nel calcio Dai lavori di ricerca sopra citati, poco emerge in modo certo, sul piano scientifico, riguardo alle variazioni di velocità in funzione del tempo: in altre parole, alle accelerazioni sia positive che negative che i giocatori compiono durante la gara o durante gli allenamenti. Ciò che avviene in pochissimi metri, sia che si parta in condizione statica ricercando la massima velocità in poco tempo, sia che si ricerchi un cambio repentino di direzione, caso in cui l’atleta è costretto a frenare per poi riaccelerare rapidamente, è fortemente condizionato da una modulazione di schemi biomeccanici e motori completamente diversi dalla corsa in linea a velocità costante, anche se ad alta intensità. Di fatto, gli angoli corporei dell’anca e del ginocchio tendono ad essere maggiormente chiusi nei movimenti che si compiono in spazi brevi: e comunque, l’atleta deve essere pronto e reattivo ad aprire tali articolazioni mediante rapida attivazione delle unità muscolari, a seconda delle esigenze di gioco. Ciò comporta, ovviamente, un controllo neuromuscolare più complesso, a causa di bracci di leva più ampi, aumentando conseguentemente il costo meccanico e muscolare. Anche dopo un ventennio di studi e lavori pubblicati, non si conoscono tentativi di verificare realmente, cioè con dati oggettivi, quali potrebbero essere le differenze in termini di velocità e accelerazione rispetto alle capacità (potenzialità) individuali esprimibili in un contesto libero da condizionamenti di gioco. Inoltre, nel definire i concetti fisici di queste due espressioni vettoriali di movimento, non ci si è adeguatamente soffermati a definire con maggior precisione presupposti e limiti delle intensità di riferimento. Ciò, ovviamente, sia all’origine dello spostamento, sia nel corso di esso, che per le intensità cosiddette di picco (massime). A tale scopo, quindi, abbiamo analizzato con tecnologie avanzate diversi calciatori in gare di campionato Juniores. Un nuovo modo di definire attività di corsa “massimali” Gli spostamenti veloci che l’atleta compie nel corso della gara possono essere rappresentati da tre tipi di attività che meglio caratterizzino le possibilità e le risorse bioenergetiche neuromuscolari dell’atleta (vedi grafico 1): 1. accelerazione 2. accelerazione sprint 3. sprint. Grafico 1. Si possono considerare accelerazioni tutte quelle attività di spostamento che hanno come velocità di partenza approssimativamente Vi = 0 ms, accelerazione > 1 m/s2 e non superano i 10 m di distanza (dove con Vi si intende la velocità iniziale o di partenza). Si possono considerare accelerazioni sprint tutte le attività di spostamento con velocità di partenza approssimativamente eguale a zero e che raggiungano velocità finali vicine al 70% della velocità massima del soggetto (ipoteticamente in un arco tra 6 e 7 m/s per giocatori adulti). Si possono considerare sprint tutte le attività di spostamento con velocità di partenza Vi fra il 50 e 70% della velocità massima e che si caratterizzino per una accelerazione > 1 m/s2 (fino alla massima consentita) per tratti di almeno 10 m e oltre. In pratica, con quest’ultima categoria s’intendono gli sprint che hanno una velocità di entrata di media intensità. Nel calcio, quindi, dato che i tratti percorsi ad alta intensità durante una partita sono in media di 15-­‐18 m e si ripetono per centinaia di volte nel corso della gara, accelerazioni e decelerazioni risultano essere una componente importante della prestazione, sia evidentemente sul piano quantitativo che su quello qualitativo (caratteristiche biomeccaniche). Cosa accade durante la partita Mediante l’utilizzo del sistema GPSports Systems® spi Elite, abbiamo registrato una serie di attività di gioco, sia in partite di calcio ufficiali che in allenamento, in giocatori di categoria Under 18 di buon livello. Grafico 2. Le curve verdi e rosse indicano rispettivamente la velocità e l’accelerazione espresse dallo stesso soggetto durante una prova di 60 m alla massima velocità con partenza da fermo. Quanto ai due tracciati, il più scuro rappresenta le accelerazioni prodotte in partita e il più chiaro le velocità, rispettivamente sia nei valori positivi che negativi. Dal grafico 2 si evince come in gara si esprimano valori di accelerazione e velocità sempre inferiori alle prestazioni espresse durante un test di 60 metri percorsi alla massima velocità con partenza da fermo (dati rilevati sugli stessi soggetti della categoria Under 18). Il test di 60 metri è stato scelto per permettere ai soggetti di raggiungere la loro massima velocità. Come si può notare, analizzando le differenze fra gara e test, in gara la prestazione si colloca mediamente intorno al 70-­‐90% dei valori massimi per ciascuna delle capacità analizzate e solo raramente si assiste ad intensità che corrispondono al 100% disponibile. A questo proposito,voglio ricordare quanto diceva Carlo Vittori, maestro indiscutibile di teoria dell’allenamento e allenatore di Mennea, quando si occupava di calcio, a metà degli anni Ottanta, con Ascoli e Fiorentina: “Il calcio, a differenza dell’atletica, è fatto per soggetti intelligenti…”. Ovviamente non voleva offendere nessuno: era solo un modo scherzoso per dire che la prestazione di un calciatore, a differenza di quella dello sprinter, del saltatore o del lanciatore, richiede un impegno cognitivo più complesso, data la situazione di gara variabile e non definibile a priori. Per quello che concerne l’atletica leggera, poi, di fatto le prestazioni di lunga durata si differenziano enormemente da quelle esplosive citate nell’esempio poco sopra. Conclusioni e suggerimenti Nel calcio, anche in virtù delle ricerche sopra enunciate, è quindi possibile attualizzare il modello teorico e delineare possibili ricadute applicative: 1. Il calcio è configurabile come una prestazione multifattoriale dove l’impegno fisico e subordinato a scelte e comportamenti di tipo tecnico-­‐tattico da parte dell’atleta. 2. Ciò comporta la presenza di strategie di allenamento che prevedano procedure di allenamento di gara (esercizi cosiddetti di sintesi: minipartite, esercizi in disparità numerica, esercizi per il gioco d’attacco ecc.) in cui è importante controllare le intensità prodotte in termini di accelerazioni, velocità, applicazioni di forza (il nostro gruppo sta lavorando su tali parametri), sollecitazioni cardiorespiratorie e metaboliche. 3. È vero anche, tuttavia, che, quando possibile (inizio della preparazione, programmi giovanili ecc.), l’allenamento non deve trascurare la possibilità d’innalzare i valori massimali delle diverse qualità fisiche, in quanto l’aumento diverrebbe relativo in termini di potenzialità residue. In altre parole, maggiore è il massimale, maggiore risulterà nei valori assoluti la sua percentuale (70-­‐80-­‐90% ecc.) esprimibile in gara 4. È anche vero, per contro, che nonostante un aumento del massimale, la richiesta di espressione fisica nel gioco potrebbe non essere dipendente da esso (cioè in percentuale del suo massimo esprimibile), ma dipendente prevalentemente dalla richiesta situazionale. 5. Come è ancora vero che effettuando una prestazione di corsa durante il gioco al 70% della velocità massima individuale, invece che al 90%, pur correndo alla medesima velocità (anche se i massimali sono diversi), è possibile mantenere ovviamente un maggior controllo sul piano coordinativo (p.es. equilibrio) e tecnico. 6. Le varie tipologie di sprint, così come descritte (accelerazioni, accelerazioni-­‐sprint e sprint) permettono di realizzare programmi e procedure di allenamento che prevedono esecuzioni e ripetizioni di tratti di corsa alla massima velocità differenziando: distanza-­‐durata, condizioni di partenza, progressione o ricerca della massima accelerazione, andature lineari o “navetta” vai-­‐e-­‐vieni ecc. Il punto fondamentale, per noi, è fare maggior chiarezza su aspetti che non sempre risultano così ovvi e dare indicazioni agli addetti ai lavori sulle tipologie di sprint e derivati, sul potenziale residuo e sull’incidenza cognitiva della prestazione, che non andrebbe mai assolutamente dimenticata. * Stefano D’Ottavio, Professore associato, Scuola di Scienze motorie, Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Tor Vergata, Roma * Gianluca Briotti, Nazzareno Tozzo, Università Tor Vergata, Roma -­‐Federazione Italiana Giuoco Calcio