"pdf". - Santa Marina Filandari
Transcript
"pdf". - Santa Marina Filandari
Franco Pagnotta La devozione di SANTA NARINA A Filandari PRESENTAZIONE La devozione di S. Marina in Filandari, è un aprirsi di cielo e di infinito sulle nostre dimensioni terrene, chiuse e meschine, è l‘entrare in noi di uno spirito che travolge le nostre piccole difese entro le quali cerchiamo di coltivare angoli di vita senza riuscirvi, è sentirsi trasportati nel mistero di Dio, non senza avvertire tutta la forza del suo incarnarsi in noi. Ecco perchè una raccolta di Inni sulla figura della nostra Santa, formulati nelle più diverse situazioni: ecco perchè ritrovarsi tra le mani parole e sentimenti, intuizioni, desideri, realtà che ancora oggi dicono a noi non soltanto l'animo di un santa, ma l‘ invito a un rapporto vivo e forte con Dio. Leggendo e pregando questi "Inni", raggiungiamo ciò che S. Marina stessa desiderava e viveva: la preghiera come «esigenza di vita, come speranza che non fallisce, come colloquio della convi-venza soprannaturale, come ‘incomparabile esperienza dell'umanità». La figura di S. Marina riappare come una presenza dolcissima e severa a un tempo, un dono misterioso e impegnativo, una ricchezza inesauribile: la preghiera che viene dalla fede e ravviva l'amore, riconduce a una intimità sempre desiderata sulla quale fondare la vita nuova, la conversione da cui verrà poi quella «civiltà dell'amore». Questa raccolta che è stata preparata con certosina pazienza dall'impegno solerte e accurato del prof. Franco Pagnotta, al quale va il mio ringraziamento e quello della Comunità tutta, mentre ci insegna a pregare, rende viva la presenza di una Santa che ha segnato la storia della Chiesa e in questo modo offre ancora agli uomini una traccia di amore e di vita. Don Salvatore Cugliari CENNI SULLA VITA DI SANTA MARINA Santa Marina nacque in Bitinia, una regione dell'Asia minore, nei primi anni del secolo V. Il padre si chiamava Eugenio; della madre non conosciamo il nome. Figlia unica, le venne imposto il nome di Maria, tramutato in Marina quando entrò in convento. Trascorse i primi anni dell'infanzia secondo gli insegnamenti cristiani dei genitori, modesti economicamente, ma molto religiosi e timorati di Dio. Marina aveva una particolare devozione per la Madonna, e si prodigava nell’aiutare i bisognosi. A dieci anni la colse il primo grande dolore della sua breve vita: la morte della madre. Rimasti soli, padre e figlia trovarono conforto a tanta sofferenza nella preghiera e nella fede in Dio, che mai li abbandonò. Dopo poco tempo Eugenio decise di realizzare un antico sogno: ritirarsi in un convento per vivere nella solitudine e nella preghiera. Marina, al pensiero di restare sola, chiese al padre di portarla con se, ma egli la dissuase, facendole presente che in quel luogo non erano ammesse donne. Affidata la figlia ai parenti, dunque, Eugenio andò a Canobin, in Siria, dove c’era il Cenobio, un monastero fatto di celle e grotte scavate nella roccia, in cui i frati vivevano nella contemplazione di Dio e nella penitenza, secondo le regole di San Basilio. Pur essendo convinto della scelta fatta, Eugenio aveva nel cuore”un cruccio che non gli dava pace: la figlia lontana. L'abate, accortosi della tristezza che traspariva dal volto del nuovo frate, lo chiamò a colloquio per conoscerne i motivi. Eugenio, che ben sapeva del divieto assoluto di ammettere donne in convento, ricorse ad un innocente ed innocuo stratagemma: disse all'abate che aveva un figlio a casa e che non poteva starne lontano; aggiunse che più di una volta il figlio gli aveva espresso il desiderio di seguirlo in convento. L'abate, nel sentire quelle parole, se ne dispiacque e rispose ad Eugenio che poteva andare a prenderlo e portarlo al monastero. A l4 anni, dunque, Marina entrò in convento con il nome di Ha‘ Marino. Nè l'abate, nè gli altri frati si accorsero che l'osso una donna; d'altronde non era molto difficile per Marina dissimulare il sesso, dal momento che i monaci vivevano per lo più chiusi nelle loro celle ed indossavano un saio munito di grande cappuccio che copriva bene anche il viso. Santa Marina visse i primi anni nella preghiera e nella penitenza. Aveva 17 anni quando le morì il padre. Marina affrontò questo nuovo, immenso dolore intensificando il suo rapporto con Dio attraverso la preghiera, la meditazione ed il digiuno. Ma doveva ancora abbattersi su di lei il vento impetuoso e violento della calunnia che avrebbe sconvolto la sua vita. Era usanza nel monastero, una volta al mese, che alcuni monaci andassero con un carro trainato da buoi a fare provviste in una località vicino al mare, dove il convento aveva dei possedimenti. Quella volta, su invito dell'abate, ci andò anche Fra‘ Marino. Dopo aver caricato il carro, sulla strada del ritorno, per l'avanzare della notte, i quattro frati si fermarono a pernottare in un albergo. Un albergatore, che si chiamava Pandasio, aveva una figlia che conduceva una vita disordinata. Era solito bazzicare nell'albergo anche un giovane dissoluto, che sedusse la ragazza, rendendola incinta. Volendo scaricare le proprie responsabilità e contemporaneamente salvare l'amante, la figlia di Pandasìo, dopo qualche tempo, disse al padre che era stata messa incinta da uno di quei monaci che quella sera avevano pernottato in albergo: Fra‘ Marino! Pandasio, accecato dall'ira, corse al convento, dall'abate, il quale convocò subito Fra‘ Marino. Davanti a quella calunniosa accusa, Marina andò col pensiero a Cristo e, anziché discolparsi, si autoaccusò di una colpa non sua. L'abate cacciò immediatamente Marina dal convento: per la Santa si aprì un lungo periodo di sofferenze. Andò a. vivere in un grotta vicino al monastero, cibandosì di erbe selvatiche e accettando qualche elemosina. Dopo un anno di questa vita, la figlia di Pandasio, desiderando liberarsi completamente di ogni responsabilità, portò a Santa Marina il “figlio della colpa", Fortunato. Marina accettò di tenere con sè quel bambino e insieme trascorsero cinque anni di esilio e di privazioni, tutto sopportando con religiosa rassegnazione. Finalmente, dietro intercessione dei frati che forse mai avevano creduto a1l'accusa contro il confratello, l'abate riammise in convento Fra’ Marino ed il bambino. Ma troppi e troppo duri erano stati i sacrifici dell‘esilio, tanto che avevano minato profondamente il fisico di Marina. Dopo poco tempo, infatti, morì. Aveva circa 25 anni. L’abate ordinò di seppellire Fra‘ Marino fuori dal convento. I monaci, mentre lo svestivano per lavarlo, prima della sepoltura, fecero la sorprendente scoperta: Fra’ Marino era una donna! Grande fu la commozione dell'abate e dei confratelli davanti al corpo di Santa Marina, che svelava la sua innocenza. La notizia si sparse in tutta la regione e giunse fino all’albergo di Pandasio. La figlia, di cui si era da tempo impossessato il demonio, corse subito al monastero: su di lei la santa compì il suo primo miracolo, liberandola dalle forze maligne. Santa Marina fu sepolta nel monastero di Canobin, da dove fu trasferita, dopo qualche tempo, in Romania, per sottrarla alle devastazioni dei barbari. Il corpo della Santa fu portato, quindi, per volere degli impera tori, a Bisanzio ed infine, il 17 luglio del 1228 (o 1229) a Venezia, da un mercante veneziano, dove si trova tuttora. Nella Parrocchia di Filandari sono conservate due reliquie della Santa, l'ultima delle quali portata da Venezia da pochi anni. LA “DISCESA” DI SANTA MARINA E‘ sicuramente il momento più suggestivo della Festa. La sera del 15 luglio di ogni anno, si ripete, con gli stessi ritmi e con la stessa intensa partecipazione, una cerimonia che si perde negli anni e che è stata tramandata di generazione in generazione. Tutti i Filandaresi, anche quelli sparsi per il mondo, fanno di tutto per essere presenti alla "Discesa". E chi è impossibilitato a tornare al paese, è ugualmente in chiesa col pensiero e con il cuore. Nel primo pomeriggio di quel giorno, nel tempio c'è il trambusto tipico dei preparativi: donne che fanno le grandi pulizie, uomini che, guidati da un falegname esperto, preparano la scala, bambini che aiutano il parroco nel preordinare a puntino tutto l'occorrente per la cerimonia. E‘ un vociare discreto, interrotto dal rumore del martello e dei banchi che vengono spostati. Dopo qualche ora, finalmente, la scala che collega la nicchia di Santa Marina con la base dell‘altare è sistemata e tutti tornano a casa per prepararsi a festa. Verso le sette, quando suona la prima campana, la gente comincia ad avviarsi verso la chiesa: donne con i bambini per mano, uomini che hanno lasciato le quotidiane occupazioni, emigrati che ogni tanto sono costretti a fermarsi per salutare gli amici, forestieri che arrivano in macchina da Vibo e dai paesi vicini. La chiesa è gremita di fedeli; molti di essi sono costretti a rimanere fuori. Il canto della Novena fa capire che manca poco alla "Discesa". Gli occhi di tutti sono rivolti verso quella tendina gialla che copre la nicchia. Sotto la scala gli uomini prendono gli ultimi accordi per le operazioni da compiere. Tutti aspettano di vedere scendere la loro Santa. Si spengono le luci; solo la tendina gialla rimane illuminata. Ad un certo punto la banda entra prepotentemente in chiesa, facendosi largo tra la folla e suonando la solita marcia. La tendina viene scostata, le luci si riaccendono... Santa Marina è là, bella nel suo sorriso che consola. Pian piano la Statua avanza verso la sua gente, lungo quella scala che sembra arrivare dritta al cuore. La curiosità di prima diventa preghiera, silenziosa per gli uomini, spontanea nelle parole e nella sua manifestazione per molte donne, alcune delle quali si battono il petto e piangono. Negli occhi di tutti si legge la commozione per un'Amica ritrovata. Un'Amica, alla quale, in quei pochi minuti della "Discesa", si racconta tutto, con la certezza di essere ascoltati: i dispiaceri, i desideri più nascosti, i fallimenti di questa vita, la gioia... Quando la Statua arriva in fondo alla scala, tutti vanno a toccarla, anche con un dito, per chiedere la Sua protezione. Le mamme avvicinano i piccoli e affidano alla Santa il loro futuro. Lei, Marina di Bitinia, guarda tutti con quegli occhi così dolci e per tutti ha una parola buona, una di quelle parole che non fanno rumore, ma che toccano le corde dell'anima. FRANCESCO PORRETTA: il cantore della Novena mattutina Tra i personaggi che hanno avuto un ruolo importante nel tramandare il culto di Santa Marina, un posto fondamentale occupa Francesco Porretta di Scaliti, detto "Cicciu I '0rbu" per via della sua cecità. Fino alla metà degli anni sessanta, per tutti i giorni della Novena, si alzava all'alba e, accompagnato dal figlioletto, veniva a Filandari per cantare la Novena mattutina. Suonando la ‘fisarmonica, si fermava davanti ad ogni porta, dove cantava una strofa della storia che narra la vita della Santa. E‘ ancora bene impressa, nella mente di molte persone dall'età non più verde, la voce struggente ed appassionata di quest'uomo minuto e dal portamento signorile che, pur privo della vista, faceva scorrere sicuro le dita sulla tastiera. Noi bambini ci svegliavamo con quel canto, con quelle parole che, dopo un po’ di giorni, ripetevamo a memoria: "... Lu patri abbati a la finestra stava...". Qualche mattina, non vincendo più la curiosità, ci alzavamo per andare sull'uscio e scoprire, finalmente, da dove arrivava quella voce virile ed angelica nello stesso tempo. Cicciu l'orbu era là, con la testa piegata leggermente su un lato e rivolta verso l'alto, come se volesse cantare al cielo; il figlio lo teneva per un braccio. Finita la strofa, sorrideva al saluto dei nostri genitori: un sorriso dolce e discreto. Poi girava le spalle e proseguiva il suo giro, che era molto lungo, allora che le case erano tutte abitate. L'immagine di quest'uomo accompagnato di porta in porta dal figlio, i suoi occhi inutili, la sua voce che ci guidava dai sogni della notte alla realtà del giorno, il suo guardare sempre verso l'alto come per cercare la Luce, il suo camminare incerto e a passi molto ravvicinati... Tutto questo fa parte della poesia della nostra infanzia, dove ci rifugiamo quando la vita ci guarda con occhi severi. dove troviamo Lei, Santa Marina, che accompagnava i nostri passi. E la preghiamo di farlo ancora. NOVENA MATTUTINA 1) O Dio Spiritu Santu patrie figghiju, Dammi judiziu memoria e san dottrina e di la rosa tua candidu gigghiu si parla di la Vergini Marina. 2) Sendu Marina graziosamenti, sendo ragazza sua matri moriu; e lu soi patri amorasamenti cu lacrime e cu cori la ciangiu. 3) Ci cunsignau Marina a li parenti idu ‘nta ‘nu cumbentu ‘nci ndi iu, dudici migghija fori la citati: là risiedeva nu bellu cumbentu, tuttu di superiori e patri abati, omani dotti e di la gran sapienza. 4) Lu patri di Marina steppi attentu, sempri pensava sua figghija Marina; cu li santi paroli la ‘ndottrina. 5) Lu patri abati lu vinni a sapiri: Dimmi chi hai ‘ma stu pettu e caccia fora; io ti consolerò in questo punto, quandu mi spira lu Spiritu Santu. 6) Patri che ho 'nu,figghiju e l’amu tantu, atru non c'è ca sulu patri e figghiju. 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) 19) 20) Pigghia to‘ figghiju e portalu o' cumbentu ca monacu lu fazzu in questo punto, quandu mi spira lu Spiritu Santu. ‘Nci parti lui cu giubilu e contentu; 'na matina in citati arriva giuntu, s'abbrazza e stringi sua figghia Marina. cu li santi paroli la ‘ndotîrina. Figghîja. vinni dai cielo il tuo destino. di nome si è chiamata Fra‘ Marinu. Tanti non furi li ringraziamenti chi ‘nci fici l’abati in quello punto. Lu patri abati lu vo‘ beni pe‘ sempri. lu insegnava a leggere e a scrivere. Fra pochi giomi suo patri moriu. povera verginella disperata, di matri e patri orfana restau. Chiama Marinu a miu cumandamentu. Marinu, da lu patri dove andau. li mani e poi li pedi ci vasau. Pigghija stu carru e mentiti in camminu dove Pantafiu fici fornimentu; e si ti pari ca ancora è matina là ti spai lu carru e ià tratteni. E la matina quandu si partirunu, l’abati a menza a strata l’incuntrau cu quelli onori ch ‘nci meritarunu. Di dà Pantafiu 'nu cavaleri avia passatu, oh passatu. O per odiu o per timuri, la figghija di Pantafiu avia ‘ngannatu. La mogli di Pantagiu s'addunau: si smaleditta a ttia e cu ti sforzau. cu ti fici passai-i ‘stu destinu. Sapiti o mamma mia cu mi sforzau, cu mi fici passari stu destinu? Chidu ca avantarzira 'i cca‘ passau, chiudu chi vui pe‘ santu lu teniti: chidu chi fra’ Marinu Iu chiamati. Parti 'sta mamma immediatamenti cuntra di Iu scuntentu fra‘ Marinu: tenitimi tenitimi stassassìnu! Sulu ‘na vota chi di ca‘ passau, la mia figghija mi la sventurau! Lu patri abati Iu vinni a sentiri, e fra Marinu lu vozzi chiamari: o chi orrendu peccatu chi facisti! pe‘ penitenza sua e pe’ turmento, cacciatilu di fora a lu cumbentu! La figghija di Pantafiu sgravidau, masculu u fici e mancu l’allattau. Parti 'sta mamma immediatamenti cuntra di lu scuntentu fra‘ Marinu. Pigghia to‘ figghiju e tentilu cu ttia, bastardi io non vogghiu in casa mia. Ida di veru figghiju l’abbrazzau ida di veru figghiju l’accettau; di lampi e trona mai si ndi curau. Lu patrì abati alla finestra stava e fra‘ Marinu di sutta stacia: 21) 22) 23) 24) 25) pacchi non urgi l'occhi di la menti? Verrà nu iornu chi ti pentirai Cà mi maltratti, io sugnu innocenti. Lu patri abati lu vozzi sentiri e fra‘ Marinu lu vozzi chiamari: avi dui anni ‘nt 'e tri chi pati; criu ca ta passatu lu destinu pe penitenza tua ti dugnu chistu: e notti e jornu li lampadi appicciari, sempri scupari la chiesia di Cristu. E Cristu non la fici chiù patiri! Cà in paradisu 1a vozzi chiamari: a menzanotti si 'intisi nu rumuri, ca li campani sonavanu sull. La camera di Marina fa. splenduri. Lu patri abati lu vinni a sapiri e li fratelli vozzi chiamari: iati, curriti c fati lestamenti, viditi chi successi a lu cumbentu. E li fratelli lu volevanu spogghiari, ma fra’ Marinu non si facia scopriri. C'era na verginella e sula era: a fra’ Marinu lu vozzi spogghiari. Omu diventa donna! E chi faremu? Tu si na verginella e sì sarvata. E io al lu mundu ingannatu restaì. E mo ci preghi tu l’eternu patri mu 'ndi scatina di sti peni e guai. Cantori della novena Mattutina (1994) ‘A SCINDUTA ‘I SANTA MARINA L'omani nchianavanu d’ ‘u pagghiaru ch'i facci vrusciati d’ ‘u suli e si fermavanu u parranu davanti a' Chiesia prima u sona 'u campanedu. I fimmani sbucavanu 'i tutti i parti c"a veletta subba 'a testa e ch'i patrannostri 'nt’ ‘e mani. Subb'all'artari 'u mastru dava I'urtimi corpa 'i martedu. I cotrari eranu tutti registrati a festa e scappavanu 'i 'na vanda aII'atra. I signorini facenu a gara a cu‘ avia 'a vesti cchiù bella. Poi, all'improwisu, na vuci: -- ‘A scindunu! ‘A scindunu! -L'omani trasunu 'nt ‘a Chiesia, si spingiunu unu cull'atru. --Dassatimi u passu!---'I ccà non si vidi nenti ...---Oh Santa Marina mia ...-Cu' si batti 'u pettu, cu‘ ciangi, cu‘ s'inginocchia 'n terra ‘A statua scindi chianu chianu, pari viva, pari ca camina sula, pari ca voli m'abbrazza a tutti Poi si ferma. Tutti vannu m’ ‘a toccanu e si fannu 'a cruci Cuminciava accussì 'na vota 'a festa 'i Santa Marina. Mo‘ I'omani non nchiananu cchiù d’ ‘u pagghiaru ch'i facci vrusciati d’ ‘u suli; e i signorini non aspettanu 'a festa u si mentunu 'a vesti bella. E quandu smuntanu 'u parcu, mancu 'na troffa 'i ciciari si trova cchiù. Franco Pagnotta Processione di Santa Marina (anni ’50) NOVENA SERALE 1 - O Marina Vergine bella, di Maria devota ancella, di Gesù sposa pregiata, di virtù tanto adornata. RIT. O Santa piena d'amore, prega tu per noi il Signore. 2 3 4 5 6 7 8 - Se il tuo cuore ancor bambino tanto ardea d’amor divino, a qual fiamma tu arrivasti quando a Cristo ti sposasti. - Di poch’anni te ne andasti, e con monaci abitasti, uom fingendoti, o Marina, Santa, pura e Serafina. - Per Gesù Sacramentato, il tuo cuore era bruciato; per quel caro e bel Signore, tu anelavi in tutte l'ore. - Di Gesù tu sposa amata, dimorasti discacciata, posta avanti al monastero, per Gesù tuo sposo vero. - Patendo per più anni, fame, freddo, ingiurie, e inganni, col bambino che ti fu dato, uomo credendoti mal nato. - Tue virtù chi le può dire, le tue croci il tuo soffrire, l'umiltà, la penitenza, i digiuni e l'astinenza. - Il tuo sonno era il vegliare, 9 10 per poter sempre più orare; povertà t'era ricchezza, ogni pena contentezza. - Mi rallegra la tua morte, dove in ciel t'aprì le porte. Maria scese dalle stelle collo stuol di Verginelle. - Sceser pure gli angeli santi, che con inni suoni e canti ti portaron con lieto viso, o Marina, al Paradiso. Processione di Santa Marina (anni ’50) RESPONSORIO Salve o Marina vergine, che avvinta al Redentore soffiisti il disonore con tacito pudor. Rit.: Di santo ardore sfolgora il nostro cuore triste che per amor di Cristo sopporti ogni dolor. Pura, innocente, vergine, per gli altri penitenti, con la tua fiamma ardente purgasti l'altrui error. Rit. Sia gloria nell’empireo al santo Genitore, al Figlio e all'Amore, in cielo, in terra ognor. Rit. NOVENA DELLA MADONNA DEL CARMINE 1 2 3 4 5 Del Carmelo alma Maria che apparisti ancor non nata da una nuvola velata al Profeta Sant'Elia. Del Carmelo alma Maria. (bis) Vago fiore dei Carmeliti da cui seppe Emerenziana per notizia sovrumana la venuta del Messia. Del Carmelo alma Maria. (bis) Vita fertile e fiorita tramandasti i tralci tuoi, quanti figli quanti eroi della tua famiglia pia. Del Carmelo alma Maria. (bis) Splendor nitido e sereno che passando al sommo cielo e stendendo il tuo Carmelo la diletta compagnia. Del Carmelo alma Maria. (bis) Come stella poi del mare sai guidarci al Porto Santo; deh, adornaci col manto che ci scorta per la via. 6 7 Del Carmelo alma Maria. (bis) Deh! Tu ascolta le preghiere dei tuoi figli, o cara Madre: prega tu l'Eterno Padre che la gloria in ciel ci dia. Del Carmelo alma Maria. (bis) Vergin Madre promettesti liberarci dalle pene; primo sabato che viene speriamo, così sia. Del Carmelo alma Maria. (bis) A SANTA MARINA Questa storia in versi, scritta da un anonimo, narra di un episodio accaduto nel 1950, durante la festa di Santa Marina. 1. O cari figli di Filandari Alla cara S. vogliamo onorare Con tutto il cuore daremo la vita O cara Vergine donaci aita. 2. Dunque ascoltate cosa diremo Della sua festa noi parleremo Di tutto ciò ch'è accaduto O cara Vergine donaci aiuto. 3. Il 17 quella mattina Si festeggiava Marina O che dolore si sente nel petto Quando si pensa quello stendardetto. 3. Mentre la Santa esce alla porta Lo stendardino fuori si porta Il popolo grida in voce para Vogliamo i nastri appesi alla bara. 4. Se bene, è questa la nostra fede Alle nostre porte la vogliamo vedere L'offerta che noi vogliamo dare S. Marina la deve portare. 6. Per tutto questo succede quel fare La nostra fede fu secolare. Gridando tutti in armonia Monaca S. Vergine mia. 7. Il 17 quello che accade La sera stessa hanno fatto il verbale E dopo fatto tutto completo Subitamente vien mandato a Mileto. 8. Allora Mileto già non trattiene A noi la S. interdetta diviene. Il popolo tutto in S. virtù S. Marina pensaci Tu. 9. Il 23 di quella mattina In sacrestia portano S. Marina Il popolo dolente si mette a gridare In sacrestia non deve stare. 10. Tutti i bambini in alto le grida Vogliamo in chiesa S. Marina Al cuore loro gioia sei tu S. Marina guidali Tu. 1 1. Tutto il popolo Addolorato Innanzi alla chiesa stava inginocchiato Le sue lodi sempre cantare 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. A S. Marina la guardia fare. E questa guardia fu guardia d'amore S. Marina faceva splendore E una luce dal cielo veniva S. Marina più ‘bella appariva. Le ore 11 erano di notte S. Marina batteva le porte Dalla finestra la luce veniva S. Marina miracoli compiva. Allora il popolo stupefatto Che S. Marina miracoli ha fatto E uniti tutti in compagnia Con fede si canta la litania. Il 27 tutti al completo Il Vicario viene da Mileto S. Marina porta fra noi Per benedire i figli tuoi. Oh! Quanta gioia al cuore nostro Quando la Vergine fu messa al suo posto Tutta adornata di splendore S. Marina pregate al Signore. Tutte le lacrime che abbiamo versate Nei nostri cuori stan suggellate Il popolo tutto a Te si inchina Ti salutiamo S. Marina. Per ogni strofa il tuo popolo a Te si inchina Ti salutiamo S. Marina. Filandari 30-07-1950 Processione di Santa Marina (anni ’80) ‘A SANTA NOSTRA Dinta la Chiesa di Filandari c'è 'na Santa particulari è la Patruna di lu paisi c'avi n'undi guarda pé tutti li misi. Coro E‘ la Patruna di lu paisi c'avi n ndi guarda pé tutti li misi. Quann'è lu jurnu di Santa Marina tanti genti veni ma vidi, veni mu prega la Vergin pietusa ‘sta grandi Santa miraculusa. Coro Veni mu prega la Vergin pietusa sta grandi Santa miraculusa. Cumm’è cuntenta sta Santa Marina quandu la festa nui nci facimu L'occhi nci lucianu comu dui stidi e si la guardi, pari c'arridi. Coro L'occhi nci lucianu comu du’ stidi e si la guardi, pari c'arridi. E puru i figghi c'arrivanu ‘i fora preganu ‘a Santa chi spandi d'amuri: ‘na grazia volimu, Santa Marina: pemmu tornamu cca comu prima. Coro ‘Na grazia volimu, Santa Marina: pemm’u tornamu ccà comu prima. Ah, Ah, sta Santa Nostra/Avimu i pregà… Ah, Ah, Ah, sta Santa Marina/'nci ha d‘aiutà… Ah, Ah, Ah… (sfumando). Gerardo Vaccaro