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SOCIETA’ DI SCIENZE FARMACOLOGICHE APPLICATE SOCIETY FOR APPLIED PHARMACOLOGICAL SCIENCES SSFAoggi Notiziario di Medicina Farmaceutica Bimestrale della Società di Scienze Farmacologiche Applicate Febbraio 2016 numero Fondata nel 1964 53 Cosa ci porterà il 2016? Sommario: Editoriale 1 Dispositivi medici 2 AIFA e GCP 5 Congresso BIAS 8 Determina AIFA Fase I 10 Convegno AICRO 12 Risk Based Monitoring 13 Oggi parliamo di…. 14 Il libro di oggi…. 17 Notizie dai master 18 Medicine senza rischi 19 Le due culture 20 Sapientiadi 2015 21 Rapporto AIFA 22 Approvazione FDA 2014 22 BMJ 23 Week end effect 24 The Lancet 26 ADR 28 News on Clinical Trials 31 ICPM 2016 32 Il mese di gennaio di ogni nuovo anno porta con sé un coacervo di previsioni, con l’intento – a volte mal celato – di infondere un po’ di ottimismo, e magari distogliere l’attenzione dai reali problemi ancora irrisolti. Abbiamo letto dichiarazioni politiche di grande speranza, anticipazioni economiche di netta ripresa, dati sull’occupazione che dovrebbero rincuorare e dare fiducia soprattutto ai giovani: naturalmente oggi è impossibile affermare se queste anticipazioni si tradurranno in dati reali, oppure saranno la solita fata Morgana, che da molti anni inganna chi le presta fede. Ma, per una volta, proviamo a fare anche noi alcune ipotesi, che riguardino il nostro mondo. Il rapporto AIFA sulle sperimentazioni cliniche (di cui parliamo a pagina 22, e che potete leggere nel sito AIFA) ci dice che lo scorso anno ha visto una ripresa, sepGraduates from master courses with pur modesta, del PharmaTrain/IFAPP accreditation. Program evaluation for not accredited numero di studi master courses. clinici attivati in Italia. E’ indubStructured Interview biamente una IFAPP-RUTGERSSMD Evaluation of past training PHARMATRAIN bella notizia, anEvaluation of past Modular Assessment SPECIALIZATION experience Based Certificate che se si potrebVocational Cognitive be fare molto di CERTIFICATION più. Purtroppo, ho la sensazione che molti centri Experienced PPs/MDs with no academic master title clinici, anche di grande competenza e prestigio, non diano la dovuta attenzione ed importanza alla sperimentazione clinica. E’ mia esperienza di questi mesi che Comitati Etici periferici, dopo ben 15 anni dall’applicazione della Direttiva Europea, continuano a chiedere modifiche del protocollo (sic!); per non parlare poi della negoziazione sulla convenzione economica dove, a volte per pochi euro, si apre una discussione di settimane. Da ultimo, dispiace dire che troppo spesso le previsioni di arruolamento, raccolte durante il processo di fattibilità, si dimostrino troppo lontane dal vero. Un sistema, quello della ricerca clinica, che nella sua complessità dimostra di avere ancora molti anelli deboli. AIFA ci dice che il sistema Italia è in ripresa: ci auguriamo che questa ripresa si possa consolidare, anche grazie ad una maggiore professionalità da parte di tutti gli attori coinvolti. Ultima considerazione, a proposito del Regolamento Europeo: i tempi si stanno dilatando, il portale unico non è ancora pronto, né in fase di test. Le previsioni ufficiali da EMA ci dicono che il Regolamento sarà applicato da dicembre 2017: di questo avremo tempo per parlarne nei prossimi numeri. Infine, lasciatemi concludere con qualche aggiornamento sul progetto SMD (Specialist in Medicines Development), al quale il Consiglio della SSFA sta fornendo un importante supporto. Il gruppo di esperti SSFA ha messo a punto alcune procedure, la prima riunione del National Board sarà convocata a breve: altri Paesi stanno seguendo l’esempio italiano. Ecco ad esempio (nella figura) il percorso di formazione messo a punto dai colleghi statunitensi, che hanno attivato un corso con l’Università Rutgers sulla Medicina Farmaceutica (con l’importante supporto di Bayer, MSD ed altre aziende), che sarà propedeutico per ottenere poi il titolo di SMD. I professionisti del farmaco in tutto il mondo credono sempre più nell’ importanza di un programma di formazione che sia armonizzato a livello globale, e certificato da un organismo indipendente! Buon 2016 a voi tutti. Domenico Criscuolo Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB PRATO Anno X numero 53 Pagina 2 Le indagini cliniche nello sviluppo e vita del dispositivo medico Milano, Centro Diagnostico Italiano, 3 dicembre 2015 Le indagini cliniche (così sono definiti gli studi clinici nel mondo dei Dispositivi Medici) sono fondamentali per la dimostrazione di conformità e mantenimento dei requisiti essenziali per la marcatura CE di un Dispositivo Medico (DM). Le finalità, gli obblighi, le normative e linee guida d’indirizzo per l’esecuzione delle indagini cliniche per l’ottenimento del marchio CE e per il sostegno e caratterizzazione del prodotto nel postmarketing follow-up sono stati i temi trattati nel seminario organizzato dal Gruppo di Lavoro Dispositivi Medici della SSFA dedicato alle indagini cliniche con DM, a cui hanno partecipato moltissimi professionisti del mondo farmaceutico, CRO, ospedaliero. Obiettivo del seminario, moderato dalla sottoscritta e da Caterina Gualtieri, era approfondire il ruolo degli studi clinici nello sviluppo e vita di un DM visto da tre degli attori coinvolti: l’Organismo Notificato, il Comitato Etico, l’Azienda/ Fabbricante. La dr.ssa Nicoletta Palese (Dipartimento Healthcare di Bureau Veritas Italia, Milano : Organismo Notificato autorizzato dal Ministero della Salute al rilascio della marcatura CE secondo la Direttiva 93/42/ CEE e Organismo di Certificazione Qualità EN/ISO 13485:2012), ha aperto il seminario illustrando il processo e le regole di marcatura CE dei DM. In funzione della classe di rischio attribuita al DM, le modalità per la marcatura CE sono diverse. Per le classi II, III e impiantabili, è necessario l’intervento dell’Organismo Notificato (ON) che ha il compito di verificare che i dati presenti nel fascicolo tecnico sul DM e la Dichiarazione di Conformità presentati dal fabbricante (persona fisica o giuridica responsabile della progettazione e della fabbricazione del DM interessata ad immettere il DM sul mercato) siano conformi alla regolamentazione in atto in Europa e che il DM sia sicuro ed efficace. Il fascicolo tecnico che il fabbricante è tenuto a predisporre contiene informazioni sul DM, schemi di progettazione, metodi di fabbricazione, relazioni/test di pro- va, istruzioni d’uso ed etichetta, un’analisi del rischio (EN/ ISO 14971:2012) e la valutazione clinica, cuore del dossier che obbligatoriamente deve essere sempre presente indipendentemente dalla classe di rischio del DM (All. X della Direttiva 93/42/CEE). Può essere un’analisi critica di tutti i dati clinici ottenuti dalle indagini cliniche condotte sul DM in esame o pubblicati in letteratura. In quest’ultimo caso devono essere pertinenti al DM stesso riguardo sicurezza, prestazioni, caratteristiche se eventuali effetti collaterali possano rappresentare un rischio rispetto alle prestazioni assegnate al DM. L’ allegato X della Direttiva 93/42/CEE chiede espressamente che la conferma del rispetto dei requisiti relativi alle caratteristiche e alle prestazioni del DM sia effettuata in condizioni normali di utilizzazione del DM e che la valutazione degli effetti collaterali e dell’accettabilità del rapporto beneficio/rischio si basi su dati clinici. Chiede inoltre che la valutazione clinica e la relativa documentazione di progettazione e destinazione d’uso, se è dimostrata l’equivalenza tra il DM in esame e il DM cui si riferiscono i dati. La valutazione clinica può essere anche una combinazione di entrambe le fonti di dati. Gli esperti dell’ON (interni ed esterni di area medica e tecnica) hanno il compito di esaminare la completezza e conformità del fascicolo tecnico, la classificazione del DM e le regole applicate, la destinazione d’uso e, con un “audit on site”, la conformità e consistenza del sistema qualità messo in atto dal fabbricante nel sito di produzione. L’ intervento della relatrice si è successivamente focalizzato sull’importanza e criticità della valutazione clinica nell’iter di rilascio del marchio CE. Le indagini cliniche hanno il compito di dimostrare che le prestazioni del DM, in condizioni normali di utilizzazione, sono conformi a quelle specificate nell’allegato I della Direttiva 93/42/CEE, valutando siano periodicamente ed attivamente aggiornati con dati derivanti dall’uso clinico (follow-up clinico) e dalla sorveglianza post-vendita. L’allegato X definisce inoltre come le indagini cliniche devono essere svolte e i dati riportati in una relazione scritta (valutazione critica), a firma del medico specialista o da persona debitamente autorizzata. L’insieme delle indagini cliniche andrà a costituire la sezione - valutazione clinica - nel fascicolo tecnico. La relatrice ha concluso il suo intervento illustrando, con alcuni esempi pratici, il lavoro di valutazione svolto dall’ON, le criticità emerse e come sono state risolte. Il seminario è proseguito con la presentazione della dr.ssa Silvia Asaro di ESTAR Toscana, membro esperto di DM del Comitato Etico (CE) di area vasta centro di Firenze con sede presso l’ospedale Careggi e che rappresenta una delle 4 sezioni (Continua a pagina 3) Anno X numero 53 in cui è diviso il CE regionale della Toscana. La relatrice ha dapprima illustrato la normativa di riferimento sui DM richiamando i diversi D. Leg. e Circolari del Min. Salute, le norme armonizzate UNI ISO 14155 e 14971, le MEDDEV 2.7. e 2.12 e successivamente ha illustrato la loro esperienza con le indagini cliniche. Nel triennio 2013-2015, su un totale di 978 studi complessivamente esaminati, 45 erano indagini cliniche con DM a maggioranza “profit”. Di queste il 57% sperimentali e 24% osservazionali (post-marketing) hanno ottenuto approvazione. Le aree maggiormente interessate da indagini sono state la cardiologia e l’oculistica (in linea con le specificità della ricerca dell’ospedale Careggi), seguite da gastroenterologia, pneumologia, odontoiatria, neurologia. La maggior parte delle indagini postmarketing sui DM esaminate dal CE erano multicentriche, internazionali, di tipo controllato. Diverse sono state le criticità che il CE ha rilevato. Per gli studi “no profit “ è stata l’assenza di una dichiarazione sul non uso dei dati a fini industriali o per una nuova indicazione, che garantisse che studi definiti “no profit” non fossero in realtà studi “profit mascherati” effettuati senza pagamento degli oneri al CE e senza copertura assicurativa. Altre criticità hanno riguardato il disegno di studio, la dimensione campionaria non formalizzata sul piano d indagine, l’assenza di metodi statistici per l’analisi dei dati raccolti. Un problema, spesso rilevato, è stato la fornitura dei DM per le indagini cliniche. La relatrice ha ricordato che il promotore di uno studio, in virtù dell’art. 14 del DL 46/1997 emendato dal DL 37/2010, è tenuto a fornire i prodotti oggetto di studio secondo le modalità previste dalla normativa vigente e, in caso di indagini cliniche con DM, a coprire le spese aggiuntive rispetto alla normale pratica clinica. I DM che servono per le indagini pre-marchio CE sono ovviamente a carico del promotore ma lo sono anche i DM per le indagini post-marketing se non sono già stati acquistati nel rispetto delle ordinarie procedure di fornitura di beni. Quest’obbligo ricade sia per gli studi di post-marketing interventistici con DM aventi marchio CE non presenti nelle liste dei DM deliberati dall’A- Pagina 3 zienda Ospedaliera Universitaria, sia per i DM presenti e fruibili in Azienda ma in numero non adeguato alle necessità della pratica clinica, sia per gli studi di post marketing osservazionali “no profit” con DM non presenti nella programmazione aziendale (quindi non in uso nella pratica clinica) o in numero insufficiente. In sintesi, perché un’indagine “no profit” sia fattibile con il DM in uso presso l’Istituzione, è necessario che esista una delibera dell’Azienda Ospedaliera Universitaria che certifichi l’aggiudicazione di una gara e quindi la disponibilità del DM in modo adeguato, oppure il DM o i DM in numero eccedente il quantitativo fruibile all’interno dell’istituzione devono essere forniti gratuitamente dal fabbricante o promotore, oppure essere coperti con fondi di ricerca ad hoc; il tutto oltre al pagamento delle eventuali spese accessorie. Altro aspetto non regolamentato riguarda la fornitura di “campioni gratuiti” di DM, la loro tracciabilità ed uso in sperimentazioni definite “invisibili”. La relatrice ha illustrato le problematiche sulle azioni di dispositivo-vigilanza che la non tracciabilità di campioni può portare specie in situazioni di richiamo di lotto e di azioni correttive messe in campo a seguito di incidente. Ha illustrato la procedura messa in atto presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi per tracciare tutti i campioni gratuiti dati “in prova”. Attraverso questo sistema hanno potuto tracciare l’esistenza di ben 450 DM impiantabili dati come campioni gratuiti nel periodo 20082012. Il seminario è proseguito con due intervenuti più tecnici. Salvatore Bianco (Akros BioScience, Roma), membro del GdL DM, ha parlato delle indagini cliniche premarketing, finalizzate all’ottenimento del marchio CE e delle differenze sul quadro normativo e metodologico rispetto alla sperimentazione sul farmaco. Ha sottolineato come le indagini cliniche siano d’obbligo per i DM di classe III e impiantabili attivi e in funzione della classe di rischio anche per i DM di classe IIa, IIb. Ha elencato le principali normative nazionali che disciplinano le modalità e le procedure per effettuare indagini cliniche con DM, soffermandosi in particolare sulla EN ISO14971 relativa alla gestione del rischio da appli- care a tutte le fasi di vita del DM, la ISO 14155-2012 e sue diversità rispetto alla ICH-GCP, le MEDDEV 2.7.1-4, le linee guida GHTF (Global Harmonization Task Force). Ha sottolineato come la valutazione delle prestazioni, del rischio e degli eventi avversi del DM debbano essere gli obiettivi principali di un’indagine clinica per un DM senza marchio CE. Ha ricordato che l’indagine clinica pre-marketing può essere avviata solo dopo aver ottenuto l’autorizzazione del CE e del Ministero della Salute e il consenso informato del paziente. A seconda delle classi di rischio, l’iter autorizzativo di un’indagine clinica pre-marketing segue due strade: per i DM di classe I, IIa e IIB, ottenuta l’approvazione del CE e inviata la notifica al Ministero della Salute, l’indagine può iniziare senza attendere i 60 giorni per la risposta del Ministero della Salute (NB: esiste sempre la possibilità che il Ministero avanzi delle osservazioni o interrompa l’indagine); per i DM di classe III, invasivi impiantabili a lungo termine IIa e IIb, bisogna attendere la risposta del Ministero della Salute o lo scadere dei 60 giorni (silenzio / assenso). Da un punto di vista pratico, l’indagine deve essere svolta secondo procedure di valutazione adeguate al tipo di DM in esame in grado di rilevare le prestazioni e la sicurezza del DM, su un numero adeguato di osservazioni atte a garantire le validità scientifica delle conclusioni, secondo un piano d’indagine (protocollo di studio) che tenga conto dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche in cui il DM va a collocarsi, , sotto la responsabilità di un medico debitamente qualificato o di persona in possesso delle qualifiche necessarie, in condizione simile a quelle che sarà il normale utilizzo del DM e in centri definiti (DM del 12 /3/2013 e 25/6/2014) e sotto copertura assicurativa. I risultati dovranno essere riportati e discussi criticamente in una relazione scritta firmata dallo sperimentatore principale. Il relatore ha concluso evidenziando quanto il mondo dei DM sia eterogeneo e alle volte estremamente complesso e dove operare richiede una conoscenza dettagliata delle normative e un’approfondita pratica. Il seminario è terminato con l’inter- Anno X numero 53 Pagina 4 (Continua da pagina 3) al fabbricante di mettere in atto attività post-marketing adeguate per identificare eventuali rischi residui e attuare di conseguenza azioni preventive o correttive appropriate. La ISO 14971 richiede espressamente che il processo di valutazione del rischio duri per tutta la vita del DM. I dati di PMS e PMFC possono provenire sia da indagini cliniche postmarketing svolte con il DM marcato CE nelle condizioni d’uso approvate su una più ampia scala di utilizzatori e per un periodo più lungo, sia dall’esame della letteratura scientifica pertinente su DM simili per caratteristiche tecniche, biologiche, indicazioni d’uso, sia dal database del fabbricante/azienda sugli AE, incidenti, reclami ad esso pervenuti. Il relatore ha terminato il suo intervento illustrando in dettaglio le finalità e il tipo di indagini cliniche postmarketing. Esse possono essere indagini atte a meglio definire le prestazioni e la sicurezza del DM in caso di “new DM”, confermare le prestazioni del DM in una popolazione diversa e più numerosa, raccogliere dati sulla sicurezza a lungo termine, consentire valutazioni costsaving o confronti verso altri DM o terapie. Tutte le circostanze in cui deve essere attuato un attento PMCF e gli studi clinici conseguenti sono ben definite nella MEDDEV 2.12/2 rev 8 a cui si rimanda. Quali adempimenti sono richiesti? Il parere positivo del CE e la notifica on-line dell’avvio dell’indagine postmarketing al Ministero della salute (Decreto Legislativo 507/92 art 7) cui far seguito la notifica di conclusione o interruzione e risultati ottenuti. Ha ricordato che in tutte le indagini postmarketing, le spese ulteriori rispetto alla normale pratica clinica sono a carico del fabbricante. Lo stesso vale per i DM occorrenti se non già acquisiti nel rispetto delle ordinarie procedure d’acquisto e disponibili in modo capiente per tutta la durata dell’indagine. Lucia Beinat Gruppo di Lavoro Dispositivi Medici Le presentazioni autorizzate sono disponibili sul sito WWW.SSFA.IT OFFICINEBIANCHE.IT vento del dr. Nicola Giordan, (Clinical Operations - Fidia Farmaceutici) e membro del GdL DM, che ha parlato delle indagini cliniche post-marketing , definendo come tali le indagini effettuate su un DM avente marchio CE, non modificato nella sua struttura, e nelle applicazioni d’uso oggetto di marchio CE. Il relatore ha sottolineato come la valutazione clinica sia un processo lungo che segue il DM per tutto il suo ciclo di vita, non solo durante la fase di valutazione pre-marketing ma anche nella fase successiva di commercializzazione. Il post-marketing clinical follow-up (PMCF) è fondamentale per la conferma delle prestazioni, sicurezza e valutazione dei rischi residui del DM. L’aggiornamento dei dati clinici sul DM derivanti dalle indagini post-marketing e della sorveglianza post vendita sono parte integrante delle attività di postmarketing surveillance (PMS) a cui tutti i fabbricanti sono tenuti ad ottemperare per il mantenimento del marchio CE, attività verificata dall’ON durante gli audit annuali. Specifiche norme definiscono le attività di PMS e PMCF per i DM (Direttiva 93/42/EEC, Direttiva 90/385/EEC per gli impiantabili, Direttiva 98/79/EC per IVD). Anche i sistemi qualità ISO 9001:2000, ISO 13485:2003, ISO 14971 richiedono A TRUST ENGINE IN THE EARLY STAGE OF CLINICAL DEVELOPMENT Project Design Study Conduct (own site) Trial Monitoring PK /PD Analysis DM Statistics Medical Writing Regulatory Support CROSS, CROSS RESEARCH & CROSS METRICS PROPERLY MANAGE TRIAL UNCERTAINTY Uncertainty is intrinsic to early stage of clinical development. Phase I-II, linking bio-pharmaceutics & clinical pharmacology to medical sciences, are niches for specialized CROs. Since 1996 we have planned and performed trustful collaborations for Phase I and II clinical projects to most of the Italian pharmaceutical companies. THE ACQUIRED RELIABILITY IS BASED ON: > 19 years experience > 400 clinical trials performed > 140 molecules tested > 60 scientific publications Main Offices: 6850 Mendrisio - Switzerland - www.croalliance.com Anno X numero 53 Pagina 5 AIFA Si è tenuto il 23 novembre scorso a Roma il primo Simposio GCP organizzato dall’Agenzia Italiana del Farmaco, alla quale va riconosciuto il merito di aver radunato gli operatori della ricerca clinica profit e no-profit provenienti da tutta Italia. L’evento ha suscitato grande interesse tra gli operatori del settore, tanto che tutti i posti disponibili in sede di iscrizione sono andati esauriti. I lavori si sono aperti con il saluto del Direttore Generale di AIFA prof. Luca Pani, che ha sottolineato l’importanza di questo evento quale momento di confronto e discussione con gli attori (lamentando tuttavia la mancanza della rappresentanza dei pazienti) su temi di grande importanza nell’ambito della sperimentazione clinica e della registrazione dei medicinali, auspicando che sia il primo di una lunga serie di incontri a cadenza annuale. Il relatore ha ribadito l’importanza della qualità della ricerca clinica in un contesto in forte trasformazione nel quale la medicina e la biologia come le abbiamo conosciute non esistono più e possono essere oggi considerate scienze dell’informazione. La drssa Angela Del Vecchio, Direttore dell’ufficio attività ispettive GCPGVP, ha introdotto i temi trattati dal convegno: partendo dalle GCP con accenni alla loro revisione (Addendum R2), le risultanze ispettive, i chiarimenti normativi. Ha inoltre spie- E GCP gato che il simposio vuole essere un momento di confronto e di condivisione degli obiettivi, ovvero di aumentare la compliance GCP nelle sperimentazioni cliniche per avere dati più affidabili e maggiore protezione per i pazienti; è stata ribadita una delle mission dell’AIFA: proteggere la salute pubblica attraverso medicinali efficaci e sicuri. Ha preso poi la parola la drssa Sandra Petraglia, Direttore dell’ufficio sperimentazione clinica nonché coordinatrice dell’area preautorizzazioni, per illustrare le nuove prospettive della sperimentazione clinica in vista dell’implementazione del Regolamento UE 536/2014 e del relativo portale. La base legale delle sperimentazioni cliniche in Europa passerà dalla Direttiva 2001/20 al nuovo Regolamento, con l’obiettivo di aumentare l’armonizzazione, l’efficienza ed il coordinamento. I lavori sui meccanismi di funzionamento del portale UE e la messa a punto finale dei nuovi processi sono tuttora in corso. Vari gruppi stanno lavorando al progetto con l’elaborazione di linee guida ad hoc: un gruppo di coordinamento e consultivo della Commissione Europea (Clinical Trials Coordination and Advisory Group, CTAG), il Clinical Trials Facilitation Group (CTFG) principalmente coinvolto nella procedura VHP e gruppi di lavoro EMA sul portale e database UE. L’implementazione del nuovo assetto normativo è previsto presumibilmente per dicembre 2017. L’Autorità Il prof. Luca Pani (al podio) ed il dr. Salvatore Caruso Competente di ogni stato membro sarà il punto di riferimento nazionale, anche per il comitato etico. L’osservatorio sulla sperimentazione clinica evolverà verosimilmente nel ruolo di piattaforma IT nazionale, funzionale al nuovo processo, ed è probabile che gli altri stati membri dovranno dotarsi di strumenti simili. Ha ripreso poi la parola la dott.ssa Angela Del Vecchio per presentare nel merito il progetto di revisione delle GCP: l’aggiornamento è reso necessario dagli sviluppi tecnologici degli ultimi anni ai fini di avere approcci più innovativi nell’ambito del disegno, gestione, conduzione e reporting delle sperimentazioni cliniche e nella gestione della documentazione. Alla luce delle novità nei campi del quality management (Quality risk management - Qualityby-design processes), del risk based monitoring e dei dati elettronici, l’obiettivo dichiarato rimane quello del miglioramento della qualità dei dati e della protezione dei soggetti in un contesto di sperimentazioni cliniche multinazionali di grande complessità. E’ prevista la pubblicazione del documento finale nel 2017. E’ stato poi presentato l’atto di esecuzione GCP, ovvero il documento scritto in base all’art 78 comma 7 del Regolamento 536 riguardante le modalità dettagliate delle procedure di ispezione, compresi i requisiti in materia di qualifica e formazione degli ispettori. Il documento è attualmente alla fase di bozza per consultazione, con pubblicazione prevista nel corso del 2016. E’ interessante notare che, sebbene i verbali ispettivi verranno resi pubblici secondo principi di confidenzialità (art.81, Regol.536/2014), la sperimentazione clinica sarà, comunque, chiaramente identificata. Per quanto riguarda il Volume 10 di Eudralex, è stato spiegato che tutte le linee guida saranno aggiornate e sarà scritto una nuova linea guida specifica per le terapie avanzate, sia per la conduzione delle sperimentazioni sia per i requisiti per ottenere un AIC. Sotto la denominazione di Union Control (art. 79 del regol. 536/2014) la Commissione Europea program(Continua a pagina 6) Anno X numero 53 (Continua da pagina 5) merà una serie di audit di sistema agli stati membri per verificare la corretta e coerente applicazione della nuova normativa una volta implementata. Queste verifiche potranno estendersi anche a paesi terzi per verificare se il sistema normativo per le sperimentazioni cliniche extra UE sia basato su standard equivalenti. Questi audit saranno svolti dalla Food and Veterinary Office (FVO), sita in Irlanda, in collaborazione con gli esperti nazionali degli Stati Membri. E’ stato infine presentato il concetto di Serious Breaches, descritto nell’art. 79 del Regol. 536/2014: definiti come una violazione in grado di avere un impatto significativo sulla sicurezza e sui diritti di un soggetto o sull’affidabilità e sulla robustezza dei dati ottenuti dalla sperimentazione clinica; queste deviazioni vanno comunicate dallo sponsor entro 7 giorni da quando ne viene a conoscenza. La dott.ssa Angela Del Vecchio ha poi presentato l’attività dell’Ispettorato GCP-GVP, partendo dall’organigramma della struttura, e descrivendo: l’attività internazionale con partecipazione ad attività ed ispezioni EMA nonché ispezioni dell’OMS ed altre collaborazioni internazionali; l’attività nazionale con circa 50 ispezioni l’anno, scelte principalmente con il metodo risk-based che permette di concentrare le risorse dell’Ispettorato sulle aree di maggior rischio per la sicurezza/ diritti dei pazienti e per l’affidabilità dei dati. Il dr Salvatore Caruso, ispettore senior GCP, ha presentato i requisiti per gli studi di Fase I, descrivendo le norme che si sono succedute e stratificate dal 1977 ad oggi arrivando alla Determina AIFA n. 809/2015 del 19 giugno 2015 che origina dall’art. 31 del Decreto legislativo 200 del 6 novembre 2007. La recente Determina AIFA (in vigore a partire da luglio 2016) sancisce che tutte le strutture che svolgano studi di Fase I devono essere in possesso dei requisiti previsti e dettagliati nell’allegato 1 e nelle appendici della determina. Il possesso dei requisiti richiesti è autocertificato dal rappresentante legale della struttura che intende compiere sperimentazioni di Fase I Pagina 6 La dr.ssa Sandra Petraglia e Sergio Scaccabarozzi con comunicazione all’Osservatorio sulla sperimentazione clinica di AIFA almeno 90 giorni prima dell’inizio della sperimentazione. L’Osservatorio pubblicherà l’elenco delle strutture che si autocertificheranno. Le sperimentazioni di Fase I che verranno eseguite all’estero, i cui risultati saranno presentati ad AIFA quali parte di un dossier per l’autorizzazione alla immissione in commercio, dovranno essere condotte in strutture, inclusi i laboratori, con requisiti almeno equivalenti a quelli della Determina AIFA. Il dr Fabrizio Galliccia, ispettore senior GCP, ha poi presentato l’argomento dei “Dati Elettronici in Ispezione”. I dati elettronici stanno sempre più diffondendosi nelle sperimentazioni cliniche. Basti pensare ai cosiddetti e-source (cartella clinica, dati di laboratorio ed esami diagnostici), all’e-CRF, agli e-PRO, ai database, agli IVRS/IWRS, agli e-TMF ed anche agli e-IC. Sono stati descritti i principali riferimenti normativi internazionali e di seguito le caratteristiche che devono essere mantenute pur passando al documento elettronico: Attributable, Legible, Contemporaneous, Accurate, Original, Complete, Consistent, Enduring, Available when needed (ALCOA esteso), ovvero il concetto che il dato elettronico non deve fornire meno garanzie del cartaceo. Le criticità più spesso evidenziate durante le ispezioni sono riconducibili agli aspetti di valida- zione, di audit trail (che non deve essere disattivabile e deve permettere di consultare il dettaglio delle modifiche effettuate), di gestione degli accessi (credenziali di accesso personali per ogni utente), di localizzazione degli e-source (deve essere definita) e di controllo dei dati (lo sponsor non può avere l’esclusivo controllo dei dati sia originali sia raccolti tramite l‘e-CRF; i dati generati da fornitori e rilevanti per i pazienti devono essere resi prontamente disponibili allo sperimentatore che deve mantenerne copia). Il dr Sergio Scaccabarozzi del Gruppo di Lavoro Sperimentazione Clinica di Farmindustria ha presentato il Risk Based Monitoring (RBM), un approccio al monitoraggio sempre più diffuso anche grazie alle nuove tecnologie e alla disponibilità dei dati in tempo quasi reale. Nel RBM i principi di gestione del rischio sono applicati al monitoraggio focalizzando le risorse sugli aspetti più importanti ovvero i dati ed i processi critici per quanto riguarda la sicurezza dei pazienti e la qualità dei dati. Le risorse sono quindi maggiormente impiegate su aspetti che danno maggior valore aggiunto. Questo implica un’analisi preliminare dello studio in termini di variabili critiche, dei rischi e della strategia di minimizzazione dei rischi identificati, con un’adeguata allocazione delle risorse tra monitoraggio on-site, da remoto e centraliz(Continua a pagina 7) Anno X numero 53 Pagina 7 (Continua da pagina 6) zato. Sono inoltre elaborati degli indicatori del rischio con dei valori soglia che, quando oltrepassati, fanno scattare dei controlli aggiuntivi. La drssa Maria Letizia Fabrizi, ispettore Senior GCP, ha presentato gli esiti delle ispezioni alle CRO e sponsor oversight sulla base del DM CRO 15/11/2011. Le verifiche ispettive effettuate comprendono la verifica della compliance delle CRO al suddetto decreto (conformità delle autocertificazioni) e la verifica del sistema di gestione da parte delle CRO degli studi clinici in accordo alla ICH-GCP (in genere 2 centri sperimentali e la sede della CRO). Durante le ispezioni effettuate le deviazioni più ricorrenti sono state a carico degli aspetti di formazione del personale (mancanza di una programmazione, formazione insufficiente in termini di numero di ore, mancanza di una definizione della percentuale massima di ore da dedicare al self-training/self-reading, assenza di un sistema di verifica del self-training), procedure operative standard e loro gestione (SOP in formato word accessibili al personale in una cartella condivisa e pertanto esposte al rischio di cambiamenti), assicurazione di qualità e audit (QA non in possesso dei requisiti richiesti; scarsa garanzia di indipendenza del responsabile QA; non vengono svolti audit o non sono sufficienti; mancanza di un piano di audit o gli audit previsti vengono effettuati solo in parte), selezione dei fornitori (la SOP non descrive un sistema efficace e robusto per garantire la qualità dei fornitori o per mantenere la loro qualifica), gestione dei contratti per quanto riguarda il subappalto. Come descritto dalle ICH-GCP il promotore di una sperimentazione può delegate una o più attività alle CRO ma resta responsabile finale della qualità e dell’integrità dei dati dello studio. Nella revisione alle GCP in via di elaborazione, il concetto è rafforzato con l’aggiunta dell’obbligo di supervisione delle attività delegate. La drssa Paola Di Basilio, ispettore senior GCP, ha presentato “Clinical Study Report e Data Listings: modalità di presentazione della documentazione per le ispezioni GCP”. In occasione di un ispezione è neces- La dr.ssa Angela Del Vecchio sario identificare la documentazione richiesta per preparare l‘ispezione stessa. La documentazione deve quindi essere inviata in formato elettronico (cd-rom, DVD o memory stick) dopo aver concordato con gli ispettori i requisiti per i data listing. Sono elencati i criteri generalmente richiesti dagli ispettori e vengono forniti dei riferimenti alle guidance EMA e ad altri documenti. In particolare ci si è soffermati sui documenti da inviare agli ispettori relativi all’attività di monitoraggio (modalità di presentazione dei report delle visite di monitoraggio e dei risultati del monitoraggio centralizzato, SOP, Monitoring Plan supportato da un razionale) e sul Clinical Study Report. Ha poi ripreso la parola il dr Fabrizio Galliccia, per presentare “Finding overview, Q&A e spunti per discussione” in cui è stata fatta una descrizione delle deviazioni più ricorrenti e significative riscontrate durante le attività ispettive con i commenti esplicativi ed i riferimenti normativi per ciascun caso. Parte del tempo del simposio è stato riservato alla risposta alle domande poste dai partecipanti, i quali hanno colto l’occasione per affrontare i temi più significativi e ancora incerti, quali ad esempio, l’impianto normativo in vista dell’entrata in vigore del Rego- lamento 536 e la scelta del CE nel contesto del Regolamento. Ha infine concluso i lavori la dott.ssa Angela Del Vecchio ribadendo l’obiettivo del simposio, ovvero poter affrontare e discutere le criticità nella ricerca clinica con tutti gli attori coinvolti e condividere l’obiettivo del miglioramento della qualità nelle sperimentazioni cliniche. Le presentazioni del simposio sono disponibili al seguente sito: http:// www.agenziafarmaco.gov.it/it/ content/presentazioni-simposio-gcpaifa Riccardo Ascone Gruppo GIQAR GCP Laureato nel 1995 in Farmacia presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ho lavorato per alcuni anni come farmacista in alcune farmacie territoriali. Nel 2003 e 2004 ho svolto prima un corso di perfezionamento poi un Master di secondo livello in Farmacovigilanza presso l’Università degli studi di Milano. Dopo uno stage presso MSD Italia, ho iniziato a lavorare in ricerca clinica presso Servier come Regulatory Affairs & Quality Assurance Officer. Pagina 8 Anno X numero 53 VII L'Università di Modena ha ospitato il VII congresso annuale del gruppo di lavoro BIAS (Biometristi dell’Industria ASsociati) il 22 e 23 ottobre 2015. Per soddisfare le esigenze delle due figure professionali principalmente rappresentate nel nostro gruppo di lavoro, il biostatistico e il data manager, quest'anno il congresso prevedeva due sessioni separate: “Revisioni sistematiche e metanalisi: come sintetizzare le evidenze” e “Data management tra innovazione e tradizione: un percorso sul ruolo del data manager in azienda farmaceutica”. La prima giornata è stata interamente dedicata alla metanalisi: dopo un'introduzione condotta da Roberto D'Amico (Università di Modena e Reggio Emilia), che ha supportato il Comitato BIAS nella preparazione dell'evento, Valter Torri (Istituto Mario Negri - Milano) ha illustrato come impostare correttamente una revisione sistematica/metanalisi e come interpretarne i risultati. Questi primi due interventi hanno inquadrato le tematiche del congresso, fornendo spunti che andavano al di là degli aspetti meramente statistici. Revisioni sistematiche e metanalisi, infatti, pur sfruttando metodi statistici che si stanno facendo man mano più complessi, sono strumenti utili per i clini- ci e per l'industria farmaceutica in generale. Dopo il pranzo, Vanna Pistotti (Istituto Mario Negri – Milano) ha raccontato la storia e descritto il funzionamento del database Cochrane di revisioni sistematiche, che accoglie tutte le metanalisi svolte fin qui da questa organizzazione. Andrea Rossi (Eli Lilly) ha illustrato le linee guida PRISMA, che forniscono informazioni su come impostare e riportare i risultati delle metanalisi Congresso BIAS per la pubblicazione. Con Luigi Santoro (Istituto Oncologico Europeo) il congresso sulle metanalisi è entrato nel vivo della metodologia statistica. Luigi ha infatti descritto i due modelli principali utilizzati in metanalisi: il modello a effetti fissi ed il modello ad effetti random, facendo capire van- svolto il programma sociale, che quest'anno prevedeva la visita all'Acetaia Paltrinieri, comprensiva di cena sociale. Il proprietario ci ha illustrato storia, tradizioni, aneddoti e segreti (ovviamente non tutti!) relativi alla produzione dell'aceto balsamico tradizionale di Modena, che abbiamo taggi e svantaggi di entrambi e quando sia più opportuno utilizzare un modello piuttosto che un altro. Michela Cinquini (Istituto Mario Negri – Milano) ha mostrato come le metodiche utilizzate nella metanalisi possano essere applicate in pratica per rispondere a quesiti specifici. A conclusione della prima giornata di congresso, Pantaleo Nacci (GSK) ha illustrato un'esperienza di pooling dei dati degli studi clinici della sua azienda: un modo diverso di interpretare la metanalisi che ha suscitato comunque spunti di riflessione. Come da tradizione, alla fine della prima giornata di congresso si è poi degustato volentieri. La seconda giornata di congresso prevedeva al mattino, contemporaneamente, la seconda parte di congresso dedicata alla metanalisi e la prima parte della giornata dedicata al data management. Per quanto riguarda la metanalisi, la seconda giornata è stata di stampo più statistico. Infatti, Cinzia Del Giovane (Università di Modena e Reggio Emilia), confrontando l'approccio frequentista e l'approccio bayesiano, ha approfondito il tema delle network metanalisi, che permettono di trarre conclusioni sull'efficacia e/o sulla sicurezza dei farmaci anche tramite confronti indiretti. Per concludere, Sara Balduzzi (Università di Modena e Reggio Emilia) ha affrontato il problema dei dati mancanti nelle metanalisi. La sessione relativa al data management è stata condotta nella prima parte da Irene Corradino (Clinical Trial Unit - Ente Ospedaliero Cantonale Bellinzona), Sonia Colombini (CLIOSS), Enrica Paschetto (Exom Group) e Alessandro Cattaneo (PROMEDITEC), che (Continua a pagina 9) Anno X numero 53 Pagina 9 (Continua da pagina 8) hanno organizzato un per-corso per i data manager. Partendo da una riflessione sul ruolo del data manager nella ricerca clinica moderna, hanno descritto i fondamenti di questa attività: data management plan, disegno della CRF e quindi del database o della CRF elettronica, con relative linee guida per la compilazione e training, data validation plan, codifica dei dati, riconciliazione degli eventi avversi seri, revisione finale e database lock. Le presentazioni, sapientemente coordinate tra loro, hanno permesso di descrivere in modo semplice ed efficace come dovrebbe lavorare un data manager o una unità di data management di un'industria e/o di una CRO nel contesto attuale. Sara Pirondi (Gruppo Italiano Data Manager) ha descritto in modo dettagliato il ruolo del coordinatore di ricerca clinica, ovvero il data manager dei centri clinici, che in realtà compie una serie di attività che vanno oltre la gestione del dato clinico, proponendosi come punto di riferimento sia per i medici coinvolti negli studi clinici sia per le industrie e le CRO. Per finire, Sara Montanari sentato il Master in Biostatistica Avanzata che si svolgerà presso l'Università di Padova durante il prossimo anno accademico (2015-2016 – ulteriori dettagli al seguente indirizzo: http://www.unipd.it/biostatisticaavanzata-ricerca-clinica). Infine, è stato presentato il nuovo comitato, in realtà rinnovato solo per 2/5, in quanto Beatrice Barbetta (Rottapharm Biotech) Fabio Montanaro (Latis) e Angelo Tinazzi (Cytel) hanno volentieri accettato di prose- (MEDINEOS Observational Research) ha fornito utili e pratici consigli su come affrontare un audit dal punto di vista del data manager. A metà mattina, a sessioni congiunte, si è svolta l'assemblea dei soci BIAS, durante la quale il comitato di coordinamento uscente ha ricordato le attività svolte nel biennio 2014-2015, tra cui il VI congresso annuale, due seminari BIAS e il corso SAS per data manager. Inoltre, è stato pre- guire per altri due anni, per dare continuità all'attività svolta finora, mentre Glauco Cappellini (Quintiles) e Stefania Mirandola (Recordati) sono stati sostituiti da Cristina Anselmi (CrosNT) e Marco Costantini (GSK). Quindi, grazie a Stefania e Glauco per la preziosa collaborazione in questi due anni e benvenuti e buon lavoro a Marco e Cristina. Al congresso sono intervenute circa 70 persone, compresi i relatori, ed una ventina di studenti. Riteniamo che la qualità delle relazioni sia stata complessivamente di buon livello e l'interesse elevato: infatti, per entrambe le sessioni, la partecipazione dei presenti è stata molto attiva e ad ogni relazione è seguita un’animata discussione. Il comitato BIAS ringrazia i relatori, tutti i partecipanti, i due sponsor dell’evento, DDway e Cytel, SISMEC e il Gruppo Italiano data manager per aver dato il loro patrocinio e soprattutto SSFA per il supporto organizzativo e logistico, prezioso come sempre. Archiviato positivamente il Congresso 2015, il rinnovato comitato BIAS sta già organizzando il seminario di primavera, che si terrà probabilmente in marzo presso SAS Institute a Milano, ed il prossimo congresso, che si terrà a Verona a maggio-giugno 2016. Vi terremo costantemente informati riguardo ulteriori dettagli relativi al programma di questi due incontri. Arrivederci al prossimo evento; ci auguriamo di trovarvi numerosi e interessati come sempre. Fabio Montanaro per il comitato BIAS " Si ringrazia per il contributo:" Anno X numero 53 Pagina 10 La DETERMINAZIONE AIFA 19 giugno 2015 inerente i requisiti minimi necessari per le strutture sanitarie che eseguono sperimentazioni di Fase I (Determina n. 809/2015). Terza parte Introduzione e obiettivi Nelle prime due parti di questo articolo, pubblicate nei numeri 51 e 52 di “SSFAoggi “ sono stati descritti i precedenti normativi e le attività di informazione e sensibilizzazione che AIFA ha condotto prima della Determina ( D) in oggetto ed una sintesi schematica degli obblighi derivanti dall’articolato della D, affinchè i Centri siano legittimati a condurre sperimentazioni ( Clinical Trials: CT ) di Fase 1 . Nel presente articolo verranno trattati alcuni tra i requisiti tecnici estratti dalle seguenti tipologie principali previsti dalla D: requisiti generali per la parte clinica (in appendice 1); requisiti per i centri che conducono sperimentazioni a fini non industriali (in aspetti generali dell’allegato); requisiti generali dei laboratori (in appendice 2); requisiti procedurali specifici per la qualità, dettagliati in procedure operative standard (in appendice 3) . In particolare, è obiettivo del presente articolo descrivere in maniera sintetica esclusivamente alcuni aspetti relativi all’organizzazione ed al personale che deve garantire la qualità della sperimentazione e l’affidabilità dei dati, riportando soprattutto i requisiti che la D rende obbligatori con un semplice rinvio ad altro documento e quindi non elencati nella D stessa. Requisiti generali in tema di qualità di cui al DPR 14/1/1997 (1) La D ( in appendice 1, lettera A) prevede che tali centri siano conformi, nelle parti applicabili, all’atto allegato al DPR 14/1/97 (1), e relative applicazioni normative regionali, che stabilisce i requisiti minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private. Di tale atto la D elenca i titoli di una serie di paragrafi, tra cui quello relativo ai “requisiti minimi generali”, che riguarda sostanzialmente gli aspetti della qualità obbligatori, in ambito nazionale, per ogni struttura sanitaria. Tali “requisiti minimi generali” non vengono elencati nuovamente nella D; per i fini del presente articolo si ritiene possa essere utile riportare almeno i seguenti: l’adozione di un documento in cui siano esplicitati: gli obiettivi, l'organizzazione interna , l'organigramma; la definizione del fabbisogno di personale in termini numerici per ciascuna qualifica, in rapporto alle tipologie delle attività, il possesso dei titoli previsti; un piano di formazione-aggiornamento del personale, con indicazione del responsabile; un inventario delle apparecchiature in dotazione ed un piano per la documentata manutenzione; un responsabile ed un piano per la gestione, valutazione almeno annuale e miglioramento della qualità, con linee guida e regolamenti interni; la predisposizione di una raccolta di regolamenti interni e linee guida aggiornati per lo svolgimento delle procedure tecniche più rilevanti (si tratta sostanzialmente di SOPs). . Requisiti per i centri che conducono sperimentazioni a fini non industriali La D (in all.1, “aspetti generali”, punto 3) prevede che i centri che conducano CT di Fase I a fini non industriali, oltre a tutti gli altri requisiti elencati nel relativo allegato, si dotino anche di un team per la qualità (Clinical Trial Quality Team/CTQT) che abbia i requisiti e svolga i compiti descritti in specifico precedente documento AIFA (2); in particolare si tratta delle funzioni in tema di qualità che le GCP attribuiscono allo sponsor e per le quali il promotore no profit non ha in genere personale a tal fine dedicato ed in possesso di specifica esperienza nel settore. Il QT deve dotarsi di un regolamento interno che specifichi: organico, modalità operative e compiti che, come precisato nel documento AIFA (2), sono principalmente quelli di coadiuvare il promotore no profit e gli sperimentatori nelle seguenti attività: prima dell’inizio dello studio, tramite, ad es.: la verifica che il protocollo contenga gli elementi previsti dalle GCP; la predisposizione della domanda di autorizzazione; la predisposizione di coerenti CRF e verifica della loro effettiva applicabilità; la preparazione del piano di monitoraggio; durante l’esecuzione dello studio: nella gestione di tutti gli aspetti che garantiscono la qualità del CT e l’affidabilità dei dati, compreso il monitoraggio; alla fine dello studio: per la verifica generale della qualità di tutto lo studio, ad es. nella risoluzione delle azioni di follow up, nella corretta rendicontazione dell’IMP, nella completezza ed archiviazione della documentazione. Il personale del QT dovrà avere i requisiti descritti nel documento CTQT, in gran parte equivalenti a quelli che erano previsti per i monitor dal DM CRO DM 31 marzo 2008, vigente all’epoca della pubblicazione del documento. Ai fini della praticabilità di quanto previsto da AIFA, il documento CTQT prevede ampia flessibilità: per le modalità di istituzione del team: ad es. da parte della Direzione Generale o Sanitaria o del Responsabile per la Qualità dell’intera struttura. per le modalità di lavoro del personale: che può essere di ruolo o non ; a tempo determinato o indeterminato; a tempo pieno o parziale; purchè con una tipologia di contratto che garantisca (Continua a pagina 11) Anno X numero 53 (Continua da pagina 10) comunque un meccanismo di dipendenza diretta dalla struttura e dalla figura di vertice che lo ha designato; per tipologia di carichi di lavoro: ad es. il team può essere costituito da una o più unità, dedicato solo al centro di Fase I o a più reparti clinici della stessa struttura, oppure dedicato a diversi ospedali che operino in area limitrofa o in discipline affini. Requisiti specifici di qualità in tutte le tipologie di centri che conducono CT di Fase I In coerenza con gli obblighi per tutte le strutture sanitarie in tema di requisiti generali per la qualità, derivanti dal DPR 14/1/97 ed in parte schematizzati al punto 2, ed in coerenza con gli obblighi sulla tematica della qualità derivanti dalle GCP, la D prevede quanto segue per garantire la qualità dei CT di Fase I: Un appropriato sistema di assicurazione di qualità (SAQ), conforme ai requisiti già ritenuti validi da AIFA con il D.M. 15 novembre 2011 (art. 3, comma 1, lettera b) che prevedono, tra l’altro: manuale di qualità, documentata attività di un SAQ e tracciabilità di tutte le attività; presenza di un responsabile QA, in possesso dei requisiti indicati nel DM; attuazione di un programma annuale di aggiornamento di almeno 30 ore in relazione alle funzioni del personale dipendente e consulente; la conformità alle GCP di tutte le attività; Un articolato sistema di SOP scritte, di cui la D ne elenca 77, suddividendole in SOP per gli aspetti generali, per gli aspetti clinici e per gli aspetti di laboratorio; da selezionare per le attività che il Centro effettivamente esegue e da integrare con altre SOP per specificità operative non previste dall’elenco; Audit indipendenti e conservazione dei rapporti, sulla struttura clinica e sul laboratorio, per assicurare la conformità alle norme vigenti ed alle SOP; Personale specifico per garantire la qualità dei CT, secondo la seguente impostazione: nominativi del personale e le relative funzioni descritti in un organigramma; personale formato sulle GCP; un responsabile QA, un monitor, un auditor ed un responsabile dell’analisi statistica/gestione dei dati ( se applicabile), in possesso dei requisiti di cui al D.M. sulle CRO del 15/11/2011 ; il monitor dovrà far parte dell’organigramma del Centro o potrà essere fornito da ciascun promotore; l’ auditor dovrà eseguire almeno un audit annuale sul SAQ della struttura e su un Pagina 11 CT condotto nell’anno. Si ritiene che tale auditor possa anche essere un consulente reclutato per gli audit programmati e per quelli ritenuti necessari in itinere. una figura di raccordo tra l’Unità sperimentale di Fase I, il promotore, la CRO interessata e le competenti Autorità regolatorie. Si ritiene che tali funzioni siano parte di quelle abitualmente svolte dagli Study Coordinator e dai Data Manager ; presenza di documentazione che dimostri quanto sopra. Conclusioni Quanto descritto, a parere dello scrivente, indica chiaramente come i dettagliati elementi obbligatori nel settore della qualità elencati nella D ( per un quadro completo si rinvia all’allegato alla stessa D), non introducono nuovi aspetti, come potrebbe apparire. Infatti la D, oltre ad estendere ai Centri di Fase I i requisiti a questi applicabili già previsti per le stesse figure professionali delle CRO, costituisce un sussidio pratico con indicazioni per una applicazione specifica e concreta di quanto in maniera generica e teorica è previsto sia dal richiamato DPR ( 1 ), con obblighi nel settore della qualità per tutte le strutture sanitarie, sia dal DM 15/7/97 e dal Regolamento UE 536/2014 (Capo VIII), con obblighi di qualità che le GCP ed il Regolamento attribuiscono a tutti i promotori e sperimentatori . Bibliografia D.P.R. 14 gennaio 1997:Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private (G.U 20 febbraio 1997, n. 42, S.O.) La qualità nelle sperimentazioni non-profit: progetto AIFA” 2008: (http://www.agenziafarmaco.gov.it/ it/content/la-qualit%C3%A0-nellesperimentazioni-non-profit-progetto-aifa ), e successivi aggiornamenti Umberto Filibeck CONGRESSO NAZIONALE GIQAR Parma - 18/20 maggio Anno X numero 53 Pagina 12 CONVEGNO Abbiamo pensato a questo evento subito dopo la celebrazione del 10° anniversario della fondazione di AICRO del 2014. Il leitmotiv di quest’anno era “Le sfumature della ricerca clinica in Italia”: abbiamo strizzato l’occhio al famoso libro di successo, consci che nessun titolo sarebbe stato più adatto ed in linea con la situazione attuale. Vi confesso che appartenendo alla categoria di chi vede il bicchiere mezzo pieno, abbiamo optato per “sfumature” ed abbiamo scartato “ombre”…Volevamo dimostrare, e, con la presentazione di Sandro Carducci abbiamo la presunzione di esserci riusciti, numeri alla mano, con quell’approccio scientifico e di ricerca che è il nostro lavoro quotidiano, che la ricerca clinica è ancora un’opportunità interessante in Italia: le CRO associate ad AICRO come veicolo di fondi da sole danno un grande contributo con gli studi che i nostri sponsor ci affidano. Figura 1 Il Regolamento Europeo sta bussando alla nostra porta e vogliamo, ma soprattutto dobbiamo, arrivarci preparati. Abbiamo cercato, con gli interventi dei nostri esperti, di rispondere alle seguenti domande che ci parevano le più urgenti ed importanti: “Cosa” dobbiamo fare per ciò che riguarda la privacy nel regolamento europeo? E l’avvocato Roberto Braguti ci ha aiutato a capire. “Chi” prenderà in considerazione le nostre necessità in termini di facile accesso al portale e all’osservatorio? Ed abbiamo avuto uno schietto confronto con la disponibilissima e “coraggiosa” dr.ssa Paola Aita di AIFA. “Quando” riusciremo, come Paese che vuole continuare a fare AICRO sperimentazioni e magari aumentarne il numero, ad essere competitivi con il resto dell’Europa? “Dove” troveremo risposte e cooperazione, in modo che la passione che ci spinge sia soddisfatta e ci permetta di continuare più forte di sempre? E, in ultimo: “Perché” sembriamo sempre così bravi a renderci la vita difficile? Siamo stati aggiornati da Stefano Marini sullo stato di avanzamento del portale della sperimentazione clinica europeo, che non sarà operativo prima del 2017. Abbiamo avuto una panoramica della sua architettura e del suo funzionamento, che renderà necessaria la creazione di team dedicati e molto preparati, per rispettare i tempi stretti stabiliti dalla normativa. I centri italiani hanno compreso come procedere: dare tempi competitivi per aprire i centri sperimentali, trovare i pazienti adatti per essere arruolati, mantenere e tendere ad una sempre maggior qualità dei dati e numero di pazienti. Molti centri hanno sviluppato strutture interne, i Clinical Trial Center, che li rendono capaci di velocizzare ed ottimizzare i processi. Le presentazioni di Carlo Nicora prima, e di Antoinette van Dijk poi, ci hanno dato solo un “assaggio” di come molte strutture si stanno organizzando. Marco Corsi ha alleggerito il rientro dal pranzo con una simpatica presentazione sui vecchi farmaci ed il loro insospettato utilizzo… ed il dr. Maurizio D’Incalci ha aperto una finestra sul futuro di quelli nuovi. E permettetemi un ultimo cenno alla tavola rotonda di fine giornata: la ricerca nelle età estreme. Le voci della dr.ssa Adriana Ceci e del dr. Filippo Buccella, Presidente di Parent Project Onlus, ci hanno ricordato ancora una volta quanto il nostro contributo, se dato con professionalità e passione, può fare la differenza. Mariapia Cirenei Anno X numero 53 Pagina 13 Risk Based Monitoring Davanti ad un pubblico di oltre sessanta persone, si è svolto a Roma il 21 ottobre 2015, nell’ auditorium Servier, un pomeriggio di studio sul “Risk Based Monitoring” (RBM) organizzato dal Gruppo di Lavoro Medicina Farmaceutica. Obiettivo dell’incontro era fare il punto sulle conoscenze e sulle modalità di applicazione del RBM, specialmente nel nostro Paese. Dopo l’introduzione di Marie G. Besse, i moderatori Salvatore Bianco e Luigi Godi hanno dato inizio ai lavori. il programma prevedeva un primo intervento della drssa E. Pesenti su definizione e teoria del RBM, seguito dalla relazione della drssa A. della Monica su metodologia e campo di applicazione del RBM. Dopo una breve pausa, il pomeriggio è proseguito con l’intervento della drssa Carla Turriziani, che ha esposto il punto di vista del Quality Assurance, e si è concluso con un caso pratico del CRA presentato dalla drssa F. D’Agostino. Nella prima parte dell’incontro si è discusso sull’obiettivo della metodologia RBM, tesa ad assicurare un adeguato controllo della qualità delle sperimentazioni cliniche, concentrando l’attenzione sulle aree di maggiore criticità, senza perseguire una spasmodica ricerca della verifica totale di tutti i dati fonte. A questo proposito la drssa Pesenti ha fatto particolare riferimento a due documenti di grande importanza per la comprensione della questione: la FDA guidance sul RBM (www.fda.gov/downloads/ Drugs/Guidances/UCM269919) ed il reflection paper on RBM di EMA (www.ema.europa.eu/docs/en_GB/ document_library/ Scientific_guideline/2011/08/ WC500110059). Pur nella diversità i documenti delle due autorità regolatorie sottolineano il principio dell’individuazione e della gestione delle aree critiche di uno studio clinico, evitando azioni di controllo indifferenziato, che aumentano il peso organizzativo ed i costi senza un proporzionato beneficio di qualità. Nella seconda relazione la drssa Della Monica ha sottolineato, tra l’altro, come gli sponsor stiano passando da una valutazione “statica” ed “a priori” delle aree di rischio, effettuata prima dell’inizio dello studio, ad una valutazione “dinamica”, ossia ad un processo di definizione / ridefinizione delle aree di rischio sulle quali concentrare l’attività di controllo delle sperimentazioni cliniche, in funzione di “segnali” di criticità che emergono nel corso della sperimentazione stessa. In altri termini, la cattura di segnali anche deboli di difformità, in aree magari non considerate a rischio nell’analisi “a priori”, porta ad una nuova classificazione delle aree di rischio con conseguente aggiustamento delle priorità e delle modalità di monitoraggio. In questo processo è cruciale la disponibilità di sistemi informatizzati quali ad esempio gli IWRS (Interactive Web Response System) che permettono ai gestori dello studio di avere sotto controllo la situazione in tempo reale. Nel suo intervento, la drssa Turriziani ha sottolineato come i principali riferimenti di qualità quali la linea guida ICH Q9 (http://www.ich.org/fileadmin/ Public_Web_Site/ICH_Products/ Guidelines/Quality/Q9/Step4/ Q9_Guideline.pdf) (Quality Risk Management) e la linea guida ISO 14971 contengano le basi della metodologia RBM. Le linee guida GCP attualmente in uso per il farmaco ICH E6 R1 non contengono gli aspetti di pianificazione della qualità contenuti nelle più recenti GCP per i Dispositivi Medici ISO 14155, ma tali aspetti saranno contenuti nella nuova versione ICH E6 R2 attualmente in preparazione. L’oratrice ha sottolineato poi che la particolarità del reflection paper EMA è un taglio più concentrato sulla prevenzione che sulle azioni correttive delle eventuali non conformità. Una particolare attenzione viene anche data ai “trigger” ossia a quegli eventi che provocano le reazioni di controllo quali per esempio una visita al centro sperimentale ove il piano di gestione prevedeva invece un monitoraggio da remoto. La relatrice ha concluso sottolineando che solo strutture organizzative di tipo matriciale possono gestire gli scambi di informazione richiesti dalla metodologia RBM. Nell’ultima relazione, la drssa D’Agostino ha portato l’esperienza della propria azienda nell’implementare programmi di RBM: ha presentato i cardini dell’operatività di un CRA nel contesto di uno studio controllato in RBM. In particolare, è stata sottolineata l’importanza della formazione del centro e dell’interazione con lo stesso. Il monitoraggio da remoto diventa la modalità standard, mentre il monitoraggio al centro sperimentale viene effettuato quando esistono segnali che inducono ad approfondire il controllo. Nel corso della visita al centro sperimentale il CRA deve avere la capacità di recepire e di valutare i segnali di allerta. L’oratrice ha concluso sottolineando l’importanza delle competenze relazionali del CRA nella gestione di un centro sperimentale anche da remoto. Una vivace discussione ha seguito l’insieme delle relazioni, a dimostrazione dell’interesse dei partecipanti. La sensazione alla fine del seminario è che l’implementazione della metodologia RBM porti vantaggi di sostenibilità e di controllo di qualità. Un’efficace implementazione richiede tuttavia la disponibilità di competenze specifiche e di strumenti gestionali appropriati. Il saluto di Marie G. Besse ha concluso la giornata. Un ringraziamento ai colleghi M. G. Besse e L. Godi che mi hanno aiutato nella preparazione di questo testo. Salvatore Bianco Anno X numero 53 Pagina 14 Oggi parliamo di…. Il riccio di mare Arbacia punctulata, modello animale…multiruolo Arbacia punctulata, riccio marino dagli aculei color porpora, vive su fondali rocciosi, o coperti da substrati di conchiglie, lungo le coste atlantiche degli Stati Uniti e del Golfo del Messico. Sub-sferico, ispido, sta ritto su lunghi, esili, aculei, più corti sulla sua parte inferiore, leggermente appiattita, dove circondano l’apparato orale. Il dermascheletro (Ø 3-5 cm) è punteggiato da fori, attraverso i quali si estendono “piedi tubulari” che il riccio usa, insieme agli aculei, per muoversi sul fondo. A. punctulata si nutre soprattutto di alghe, ma non disdegna altri organismi che crescono sui fondali che frequenta, servendosi della “lanterna di Aristotele”, struttura specializzata composta da 5 piastre dure che, con movimento sincronizzato, raschiano il cibo dal fondo roccioso. Durante la riproduzione, la femmina rilascia milioni di uova grandi e trasparenti, senza guscio o altri rivestimenti, la cui fertilizzazione è esterna; i grandi gameti si dividono sincronicamente e rapidamente; dimensioni e quantità ne agevolano osservazione, manipolazione e campionamento. Da oltre un secolo, A. punctulata e altri ricci marini (Paracentrotus lividus, Strongylocentrotus purpuratus, A. spatuligera, Hemicentrotus pulcherrimus, Lytechinus pictus) sono modelli sperimentali in biologia, farmacologia, tossicologia ed ecotossicologia. Gli ambiti di ricerca che li vedono coinvolti sono: fisiologia della fertilizzazione, comportamento natatorio degli spermatozoi, chemotassi, enzimi (ovoperossidasi, si attiva durante la fecondazione, produce H2O2 che genera legami crociati fra tirosine delle proteine della membrana ovulare, con formazione di una robusta rete di protezione contro l’entrata di spermatozoi soprannumerari), recettori di superficie e loro ligandi (speract e resact) coinvolti nell’interazione oocita-spermatozoo, evoluzione dell’RNA nell’embriogenesi, toposomi (strutture essenziali per l’adesione, lo sviluppo, l’espressione e l’organizzazione delle cellule embrionali) e partenogenesi sperimentale. Otto Heinrick Warburg (1883-1970) scoprì che i tassi respiratori delle uova di riccio marino fertilizzate sono 6 volte quelli precedenti la fertilizzazione (1908). Individuò poi, nella velocità di flusso della glicolisi anaerobica, la differenza fondamentale tra cellule sane e cellule cancerose: in queste ultime, la glicolisi può essere fino a 200 volte quella delle cellule sane (“effetto Warburg”: elevato consumo locale di O2 provoca carenza di O2 nelle cellule tumorali, incrementando la glicolisi). Per le sue scoperte Warburg vinse il Premio Nobel per la medicina, con la motivazione: “…per la scoperta della natura e del meccanismo d’azione dell’enzima respiratorio” (1931). L’enzima/fermento respiratorio di Warburg, noto come citocromo a3, è una proteina integrale della membrana mitocondriale interna e contiene un gruppo porfirinico con ioni Fe2+/Fe3+. Pochi anni dopo le scoperte di Warburg, G.L. Kite (1912) studiò e descrisse la cosidetta “membrana di fertilizzazione” degli oociti di A. punctulata, insieme ad un’analisi critica delle metodologie e dei risultati ottenuti dai ricercatori contemporanei. Queste ricerche sono state decisive per l’avanzamento degli studi nel campo della fertilizzazione degli oociti degli echinodermi e propedeutiche a varie linee di ricerca. Negli stessi anni, O. Glaser studiò gli stadi precoci dello sviluppo dell’oocita fecondato postfertilizzazione. Gli studi su A. punctulata sono stati decisivi nella comprensione delle risposte cellulomediate del sistema immunitario. All’iniezione in vivo di cellule di Arbacia in Asterias amurensis (stella marina) segue un brusco calo del numero degli amebociti circolanti dell’ospite; le cellule di Arbacia, dopo aver aderito agli amebociti di Asterias, sono fagocitate dalle cellule di quest’ultima, che si aggregano all’interno della papula e poi, frantumate, sono riversate all’esterno. L’interazione tra gli amebociti di Asterias e quelli di Arbacia non è prevenuta né dal trattamento dell’Asterias ospite, né dal pre-trattamento in vitro delle cellule di Arbacia con N-etil-maleinimide. Al contrario, l’iniezione di cellule di Asterias in un’altra Asterias non suscita aggregazione delle cellule dell’Asterias donatrice e non è seguita dal calo degli amebociti circolanti dell’Asterias ricevente. Gli embrioni dei ricci marini sono stati determinanti nel chiarire i processi della fertilizzazione, della divisione cellulare, della regolazione del ciclo cellulare e dello sviluppo embrionale: le cicline, (proteine che regolano il ciclo cellulare) sono state identificate per la prima volta nei ricci mari(Continua a pagina 15) Anno X numero 53 (Continua da pagina 14) ni; il meccanismo della gastrulazione cellulare e la formazione dei tre strati germinali sono stati descritti negli embrioni di A. punctulata. Cambiamenti del Ca2+ intracitoplasmatico agiscono da meccanismi di segnalazione intracellulare per molte risposte cellulari essenziali/vitali; recettori che mediano questi cambiamenti sono stati identificati analizzando le uova di A. punctulata. Ricerche più recenti con questo riccio hanno contribuito a chiarire chemoattrazione e chemotassi degli spermatozoi. Infine, grazie alla sua elevata sensibilità ai contaminanti ambientali, A. punctulata, da sola o in batteria con soggetti di altre specie marine (alghe, crostacei, pesci), trova impiego nella valutazione ecotossicologica e embriologica dei sedimenti marini e dei contaminanti acquatici. L’area dei canali e dei fiordi australi del sud del Cile, a causa delle sue caratteristiche geografiche, è sottoposta ad una crescente pressione ambientale dovuta allo sviluppo di varie forme di acquacoltura. Sostanze si accumulano nei sedimenti e servono test ecotossicologici affidabili e robusti per effettuare analisi sul loro potenziale tossicologico. Per fissare una linea base di tossicità di medio livello, è stata allestita una batteria di test ecotossicologici. Ventotto campioni di sedimenti marini sono stati raccolti nei canali e nei fiordi studiati durante la crociera CIMAR-Fiordos 11 (2005). La tossicità dei sedimenti è stata valutata usando, come modelli animali, specie endemiche del Pacifico sud-orientale: Ampelisca araucana (crostaceo), Tisbe longicornis (copepode), A. spatuligera (riccio marino) e Dunaliella tertiolecta (alga verde). Solo le Dunaliella esposte ai sedimenti hanno riportato alterazioni significative della crescita, interpretabili come effetti tossici causati dall’arricchi- Pagina 15 mento nutritivo dell’acqua marina. Concludendo, sebbene si siano verificati cambiamenti locali nei sedimenti, l’entità della mesoscala delle alterazioni ecotossicologiche è risultata bassa, ma tale, tuttavia, da suggerire la programmazione di un piano di sorveglianza che assicuri il monitoraggio dei cambiamenti che si verificano negli habitat degli ecosistemi biologici oceanici, in scale più ampie di tempo e spazio. Numerosi prodotti chimici, naturali e di sintesi, possono interferire con il sistema endocrino e produrre effetti patologi- ci negli animali di laboratorio, in natura e nell’uomo. Definiti interferenti endocrini ambientali (IEA, endocrine disruptors), si trovano in molti prodotti di uso quotidiano (bottiglie e contenitori di plastica, film protettivi di cibi inscatolati, detergenti, sostanze ignifughe, cibi, giocattoli, cosmetici, pesticidi). L’informazione scientifica sui loro effetti potenzialmente dannosi sulla salute umana è limitata; tuttavia si registra un crescente allarme riguardo la loro presenza nell’ambiente, essendo dimostrato che, pur a concentrazioni estremamente basse, queste sostanze producono effetti avversi nelle specie selvatiche e negli animali di laboratorio. I danni che provocano alla salute umana sono difficili da studiare, perchè la popolazione è di solito esposta simultaneamente a molteplici IEA, che possono mimare le funzioni del sistema endocrino, accendendo, spegnendo, modificando segnali ormonali, interferendo con le normali funzioni di tessuti e organi. Gli effetti avversi di molti IEA sono stati messi in relazione con alterazioni dello sviluppo, dell’attività riproduttiva, dei sistemi nervoso ed immunitario, sia delle specie in libertà, che in animali da esperimento. Queste sostanze possono indurre effetti simili anche sulla salute umana, riducendo la fertilità e aumentando incidenza e/o progressione di alcune patologie, quali obesità, diabete, endometriosi, ed alcune neoplasie. Veicoli degli IEA possono essere il cibo, le bevande, i farmaci, i pesticidi ed i cosmetici. DDT, diossine e bifenili policlorurati sono molecole molto resistenti: si degradano lentamente nell’ambiente, accumulandosi negli ecosistemi e negli organismi con cui vengono in contatto. Gli IEA appartengono a varie classi chimiche dotate di attività ormonali, ed esplicano i loro effetti, diretti e indiretti, grazie a processi mediati da interazioni recettoriali, mimando gli ormoni endogeni e/o inibendone le normali attività ormonali e metaboliche. Ancora all’inizio degli anni 2000, le conoscenze sugli effetti degli IEA su fisiologia, riproduzione e sviluppo degli echinodermi scarseggiavano. Una decina di anni fa è stata fatta una ricerca usando embrioni di Strongylocentrotus purpuratus e Lytechinus anamesus, esposti a due IEA noti, derivati dal fenolo: 4-ottilfenolo (OCT) e bisfenolo A (BPA), a cinque ormoni steroidei, naturali e sintetici, della sfera riproduttiva: 17ȕestradiolo (E2), estrone (E1, estrogeno), estriolo (E3, estrogeno), progesterone (P4) e 17Į-etinilestradiolo (EE2) e a due IEA non estrogenici: tributiltin (TBT, N-etil-maleinimide, biocida molto tossico usato per prevenire la crescita di organismi marini sulla parte sommersa degli scafi delle navi e o,p-DDD (mitotane, antitumorale). Plutei larvali, allo stadio di 96 ore dopo la fertilizzazione, erano i test system usati per definire i rapporti concentrazione-effetto dei prodotti in esame sullo sviluppo embrionale. Il rank order delle loro potenze nell’alterare il normale sviluppo em(Continua a pagina 16) Pagina 16 Anno I numero 53 (Continua da pagina 15) brionale è stato: TBT Lythechinus anamesus > OCT > TBT Strongylocentrotus purpuratus >> E2 > EE2 > DDD >> BPA > P4 > E1 >> E3. L’effetto di TBT è risultato marcato a concentrazioni notevolmente più basse di quelle rilevate in aree contaminate. Gli embrioni di questi due ricci marini sono stati, generalmente, più sensibili agli IEA estrogenici e al TBT di molte altre larve di invertebrati. Per individuare la specificità della fase di esposizione (periodo dello sviluppo più sensibile), sono state studiate: blastula, gastrula e stadi post-gastrula. Lo stadio più sensibile a E2, OCT e TBT è quello di blastula, con minor sensibilità complessiva nello stadio di gastrula, indipendentemente dalle concentrazioni testate. Modulatori selettivi dei recettori estrogenici sono stati aggiunti singolarmente, o in combinazioni con IEA estrogenici, in modo che potessero interferire con potenziali azioni recettore-mediate. Tamoxifene (TAM), agonista parziale del recettore dell’estradiolo, ha inibito lo sviluppo a concentrazioni molto basse (0.02 ng/mL) ed ha ri- dotto la sensibilità degli embrioni all’estradiolo e agli IEA estrogenici. ICI 182,780, antagonista estrogenico caratterizzato da alta affinità per il recettore degli estrogeni, ha inibito lo sviluppo embrionale a concentrazioni bassissime (0.03 ng/mL), ma ha aumentato la sensibilità dell’embrione all’estradiolo ed agli IEA estrogenici. Estradiolo e IEA estrogenici inducono tossicità dello sviluppo dei ricci marini attraverso un meccanismo sensibile al TAM, ma insensibile all’ICI 182,780. Non è stato ancora chiarito se questo meccanismo coinvolge un recettore nucleare estrogeno-responsivo, un recettore di membrana funzionalmente collegato, o non, al recettore nucleare, o un meccanismo di tossicità del tutto diverso. Tuttavia, la precoce sensibilità dell’embrione e la risposta differenziale alla co-incubazione con i modulatori selettivi del recettore estrogenico sembrano deporre a favore del fatto che più di un meccanismo di azione sia coinvolto nello sviluppo embrionale dei ricci marini. Domenico Barone Anno X numero 53 Pagina 17 Ricordo che nei primi anni ’70, mentre ero ad Ematologia alla Sapienza, partecipai ad uno fra i primi progetti europei di ricerca clinica sulle leucemie acute: ero uno dei pochi a parlare inglese, per cui andai diverse volte nei centri partecipanti (Londra, Parigi, Edimburgo,…). Ebbene, trovai sempre in bella mostra la P101, un gioiello dell’elettronica Olivetti, usata per i calcoli statistici: era motivo di orgoglio trovare un prodotto italiano in tutta Europa! Ecco la storia di un successo, purtroppo rimasto figlio unico. DC Il libro di oggi Che cosa ha permesso ad un manipolo di ingegneri italiani di arrivare, 50 anni fa, al lancio sul mercato internazionale del primo pc della storia? "La libertà di fare, di sperimentare, di esprimere quello che avevamo nel cervello. Un ambiente intellettualmente vivace e di scambio di conoscenze. E il sentirsi pienamente coinvolti. L'oppressione non può portare innovazione". Vi risponderà così l'ingegnere capo Pier Giorgio Perotto che nei primi anni sessanta lavorò con il suo gruppo alla realizzazione della Programma 101: quell'elaboratore elettronico da tavolo che ha segnato la strada di tutta la piccola informatica, e che avrebbe dominato il mercato negli anni seguenti. Siamo tra il '61 e il '65, e i giovani ingegneri occupano i giorni (e le notti) per capire come realizzare l'intuizione di Roberto Olivetti e di Pier Giorgio Perotto. Bisogna trasformare una macchina da calcolo meccanica nella sua equivalente elettronica, al minor costo possibile. I due pensano a una macchina programmabile, basata su una nuova versione della memoria magnetostrittiva. Inventano un linguaggio informatico semplice con 15 istruzioni e la cartolina magnetica - precorritrice dei floppy disk - su cui scrivere e da cui scaricare le applicazioni. E vincono la sfida. La P101, chiamata da tutti la Perottina, fa la sua entrata in scena nell'ottobre del 1965 al BEMA (Business Equipment Manufacturers Association) show di New York: viene esposta inizialmente in un luogo defilato, ma le lunghe file per provarla convincono gli organizzatori a spostarla tra le attrazioni di punta. Il successo di mercato è immediato: tra i primi acquirenti vi è niente meno che la NASA ed in pochi anni vengono vendute in tutto il mondo circa 44 mila P101 al prezzo di 3.200 dollari l'una. "Fu una vera e propria rivoluzione. Ha fatto vedere al mondo ciò che era possibile, quando il mondo non ne aveva la minima idea. E il futuro, per noi giovani ingegneri, non poteva che essere sempre migliore”. La storia del laboratorio dove nacque la P101, e le vicende che la resero possibile, sono raccontate in stile incisivo e affascinante proprio dal suo inventore, l’ing Pier Giorgio Perotto: un libro che lascia un sapore amaro. Perché l’Olivetti negli anni ’60 aveva realizzato e messo in commercio il primo PC della storia, ma poi non è stata capace – fra opposizioni interne ed anche incapacità manageriali, messe in luce dalla prematura scomparsa di Adriano Olivetti - di creare valore sulle potenzialità di questo successo. Domenico Criscuolo Pagina 18 Anno X numero 53 NOTIZIE DAI MASTER Discussioni delle tesi della 2ª edizione del Master in “Farmacoepidemiologia, Farmacovigilanza e Attività Regolatorie”. Anno accademico 2014/2015 Lunedì 30 novembre 2015, nell’aula Donatelli del Complesso di Sant’Andrea delle Dame presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, si è conclusa la seconda edizione del Master in “Farmacoepidemiologia, Farmacovigilanza e Attività Regolatorie”. Il Master è progettato per fornire competenze teoriche-pratiche in grado di formare professionisti nel campo della farmacologia e della ricerca clinica, della farmacovigilanza, delle attività regolatorie e dell'informazione/comunicazione sulla sicurezza dei farmaci. Il percorso formativo della durata di un anno è stato suddiviso in due fasi, la prima di sei mesi, ripartita in 5 moduli con frequenza settimanale, per un totale di 200 ore di didattica frontale tenute da docenti altamente qualificati, provenienti da istituzioni pubbliche e private (centri universitari, centri regionali di farmacovigilanza, Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, AIFA, Farmindustria) e da diverse realtà aziendali (industrie farmaceutiche nazionali e multinazionali e Contract Research Organizations “CRO”); la seconda, di 800 ore da svolgersi sotto forma di stage presso aziende farmaceutiche o enti che hanno collaborato con la Seconda Università degli Studi di Napoli alla realizzazione di questa iniziativa. Ricerca e sviluppo dei farmaci, farmacologia clinica, farmacovigilanza, farmaco-epidemiologia ed aspetti regolatori dei farmaci hanno rappresentato le principali tematiche delle lezioni. ࣇ questo l’identikit del Master che ha visto la partecipazione di un gruppo di laureati fortemente motivati, pronti a sperimentare le conoscenze acquisite attraverso progetti ad hoc da realizzare presso aziende e enti. Il Centro di Farmacovigilanza della regione Campania, l’azienda ospedaliera A. Cardarelli, l’ISS, l’agenzia regionale sanitaria - A.R.SAN, Amgen, Novartis, Servier si sono resi, infatti, disponibili ad accogliere gli studenti per un’esperienza formativa, e mettendo a loro disposizione un sostegno economico. La giornata conclusiva ha visto "salire in cattedra" ogni partecipante, per una esaustiva presentazione del lavoro di tesi elaborato durante l'esperienza di stage. Sedici sono gli studenti che hanno partecipato alla seconda edizione del Master, di età e profili differenti: ecco i loro nomi in ordine alfabetico. Federica Annunziata, Ida Vittoria Cimmino, Loreta Pia Ciuffreda, Pasquale D'Antonio, Preziosa Diana, Raffaele Golia, Ivana Imperatore, Carolina Laudisio, Maria Celeste Mangone, Tiziana Chiara Napolitano, Alessandro Russo, Alessandro Tammaro, Luigi Tortora, Assunta Varriale, Nicola Ventimiglia. Alla Commissione valutatrice sono stati presentati progetti di buon valore scientifico, tutti con un unico comune denominatore: attualizzare quanto acquisito nel percorso formativo del Master. Ritornando alla presentazione delle tesi, cui è stato dato ampio risalto con una vivace discussione, è opportuno sottolineare la indubbia attualità della tematiche, tra cui la sicurezza dei farmaci biologici e biosimilari, la sicurezza dei farmaci in età pediatrica, l’importanza del ruolo dei centri regionali di Farmacovigilanza e Farmacoepidemiologia, le reazioni avverse da antibiotici, da vaccini e, non meno importanti, quelle da prodotti di origine naturale. Di analogo interesse l’evoluzione della Farmacovigilanza in Europa, le differenze di genere nelle sperimentazioni cliniche e l’evoluzione normativa dei Comitati Etici. Il Risk Management Plan, il foglio illustrativo e il Readability test sono stati invece gli argomenti maggiormente trattati da coloro che hanno effettuato il loro stage in azienda. I lavori presentati hanno documentato una buona capacità da parte dei candidati di lavorare in un team di esperti, di raccogliere ed analizzare dati. La valutazione degli elaborati è stata espressa con l’idoneità da parte della commissione esaminatrice, tenendo conto dell’originalità, dell’ appropriatezza, della chiarezza e della completezza della tematiche approfondite. La Commissione esaminatrice ha mostrato grande interesse ed entusiasmo per i risultati ottenuti, complimentandosi con gli studenti per la serietà e la professionalità dimostrata durante il corso, nell'esperienza di stage e nella stesura dei progetti finali. Durante la proclamazione, il Direttore del Master, Prof. Francesco Rossi, ha concluso augurando il suo "in bocca al lupo" a tutti gli studenti, con i migliori auspici di una carriera e di un futuro ricco di soddisfazioni. Loreta Pia Ciuffreda Loreta Pia Ciuffreda consegue, presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, la laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche con una tesi in Farmacologia. Nel 2010 frequenta come specializzanda in Farmacologia medica il laboratorio del prof. L. Berrino. Dal 2011 al 2013 ottiene un assegno di ricerca con un progetto in ambito oncologico. Nel 2014 diventa specialista in Farmacologia medica e nel 2015 consegue il master in Farmacovigilanza, Farmacoepidemiologia e Attività regolatorie presso la Seconda Università degli studi di Napoli. Attualmente continua a svolgere attività di ricerca nel laboratorio del prof. L. Berrino. Pagina 19 Anno X numero 53 Medicine senza rischi Tutto quello che devi sapere prima di assumere un farmaco per non rischiare la salute e vivere più a lungo. Quando, mentre ci scambiavamo gli auguri (era la vigilia di Natale), Domenico Criscuolo mi ha proposto di scrivere la recensione del mio libro ho accettato con entusiasmo perché il libro è stato scritto con l’obiettivo di contribuire ad evitare al maggior numero possibile di persone i danni derivanti da un uso non corretto dei medicinali. L’obiettivo che mi sono proposto sarà però raggiunto in una misura che è direttamente proporzionale al numero di persone che lo leggeranno e quindi il poter scrivere una recensione che sarà letta da colleghi che per lavoro si occupano di farmaci costituisce per me un’ottima opportunità. Per più di trenta anni mi sono occupato per ragioni di lavoro di farmaci e quindi sono ben consapevole che i medicinali sono un’arma formidabile per la cura e la prevenzione di molte malattie, hanno contribuito a prolungare la durata media della vita e hanno risparmiato a centinaia di milioni di persone tanti dolori e sofferenze che senza i medicinali sarebbero stati inevitabili. “Medicine senza rischi”, pur evidenziando i tanti possibili gravi danni provocati dai farmaci, non è un testo contro i medicinali ma contro l’uso inappropriato dei medicinali che espone a inutili rischi che potrebbero essere facilmente evitati. Come voi già sapete, tutti i medicinali, nessuno escluso, possano provocare reazioni dannose che sono tanto comuni da essere addirittura una delle principali cause di morte in molti paesi. Il rischio di tali reazioni è però molto sottovalutato perché le informazioni che raggiungono il pubblico (e gli operatori sanitari) sono più spesso finalizzate a evidenziare i benefici dei farmaci che a mettere in guardia dai rischi connessi al loro uso. Viceversa sarebbe della più grande utilità che non solo i medici ma anche tutti i cittadini fossero informati su come fare un uso corretto dei medicinali perché in questo modo moltissime reazioni avverse anche gravi potrebbero essere prevenute. Con questo libro ho cercato di contribuire a questa informazione fornendo tutte le informazioni e i consigli che possono essere utili per fare un uso consapevole e appropriato dei farmaci in modo da poterne trarre i massimi benefici riducendo al minimo i rischi per la salute. I genitori, ad esempio, avranno modo di ricordare quali sono le cause più frequenti di reazioni avverse nei bambini e come molte possano essere evitate. Chi ha dei nonni, o dei genitori anziani, potrà verificare se, come troppo spesso accade, stanno assumendo medicinali potenzialmente pericolosi per loro, che comportano un concreto rischio di reazioni avverse gravi, e fare in modo che il medico curante ne sia informato in modo che possa correggere a terapia. In conclusione, sono profondamente e sinceramente convinto (mi rendo conto che si tratta di una opinione di parte) che questo libro sia il miglior regalo possibile che possiate fare a voi stessi e alle persone alle quali volete bene. Una recensione dovrebbe comprendere anche un esame e una valutazione critici ma nemo iudex in re sua per cui sono certo che mi perdonerete che questa presentazione ne sia priva. Il libro è certamente migliorabile per cui sarò molto grato ai colleghi che avranno la curiosità di leggerlo e che mi faranno pervenire segnalazioni di eventuali errori, osservazioni, critiche e suggerimenti utili per raggiungere meglio lo scopo per cui è stato scritto. Walter Bianchi Medicine senza rischi Tutto quello che devi sapere prima di assumere un farmaco per non rischiare la salute e vivere più a lungo Antonio Vallardi editore Milano - € 14,90 ; disponibile anche come ebook € 9,99 Anno X numero 53 Pagina 20 Convegno Biogem “Le Due Culture – La Bellezza” Si è svolto dal 2 al 6 settembre 2015 presso Biogem - Istituto di Ricerche Genetiche“ Gaetano Salvatore” (Ariano Irpino, AV) - la VII Edizione dell’ormai tradizionale convegno denominato “Le Due Culture”, nell’ambito del quale conoscenza umanistica e sapere scientifico si sono confrontati con autorevolezza nell’intento esplicito di evidenziare quanto queste due fondamentali componenti del nostro progredire civile non siano in alcun modo antagoniste, ma anzi si integrino e si potenzino vicendevolmente. L’espressione “Le due Culture” fu coniata per la prima volta da Charles Percy Snow in una sua conferenza nel 1959 presso l’Università di Cambridge. Questa dicotomia aveva allora un carattere più assoluto di quanto non abbia oggi poiché lo scopo che entrambe perseguono, ognuna con le proprie specifiche strategie, è comunque l’interpretazione della realtà. La manifestazione, aperta dal Presidente di Biogem, prof. Ortensio Zecchino, ha visto, nella costante alternanza tra queste due impostazioni, la trattazione, sull’arco dei cinque giorni in cui essa si articolava, di temi quali: La bellezza moderna (Stefano Zecchi, Università degli Studi di Milano); La bellezza dello spirito - Il caso della Rosa Bianca (Lorenzo Tibaldo, storico e saggista); Bellezza dell'universo o armonia del caso? (tavola rotonda coordinata da Antonio Ereditato, Direttore del Laboratory for High Energy Physics e dell'Albert Einstein Centre for Fundamental Physics, Università di Berna, ed Eduardo Savarese, magistrato e scrittore); La bellezza dell'ignoto: è utile sapere quello che c'è da sapere del nostro DNA? (Giuseppe Remuzzi, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri); La bellezza del pensiero scientifico arcaico; dal taoismo all'energetica dei sistemi (Fabrizio Jacoangeli, Università degli Studi di Tor Vergata); Pace e bellezza (dibattito a due voci tra Cosimo Risi, Ambasciatore d'Italia a Berna, e Yahya Sergio Yahe Pallavicini, Vicepresidente e Imam della Comunità Religiosa Islamica Italiana); La bellezza nell’estetica de “I maestri cantori di Norimberga” di Wagner (Paolo Isotta, Storico della musica); Il senso del bello nella cultura metafisica tra Oriente e Occidente: Armonia dell’equilibrio nella cultura tradizionale cinese (Paolo Vincenzo Genovese, Tianjin University); Mente e bellezza (Ugo Morelli, Università degli Studi di Bergamo); La Bellezza nel suono: armonia, sentimento, virtù (Francesco Libetta, compositore); Il bello, l’interessante, lo “spettail prof. Ortensio Zecchino e, seduto, il prof. Antonino Zichichi coloso”. Peri- pezie dell’estetica, da De Sanctis a Croce (Emma Giammattei, Università degli Studi Suor Orsola Benincasa); e La bellezza del creato (Antonino Zichichi, Università degli Studi di Bologna). Degni di nota, inoltre, alcuni momenti che hanno allietato la manifestazione, rispettivamente il concerto del Duo Chaminade (Caterina D’Amore, flauto, e Antonella De Vinco, pianoforte), il concerto del Coro della Cattedrale di Ariano Irpino (Ornella De Paola, direttore del coro, e Francesco Maria De Paola, pianoforte), il concerto del maestro Francesco Libetta ed alcune letture da Giovanni Berchet, Paul Gauthier, Paul Marie Verlaine, Paul Éluard, Umberto Saba e Giuseppe Ungaretti (scelte da Paola Villani e recitate Gabriele Ferrara). Durante il Convegno che ha visto la presenza di circa 80 partecipanti si è tenuta inoltre la consegna del premio letterario “Maria Antonia Gervasio” alla migliore opera di divulgazione scientifica del biennio 2014/2015. Ne è risultato vincitore Vladimiro Bottone con Vicarìa. Infine, il Presidente di Biogem ha chiuso l’incontro rilevando l’interesse suscitato dalle tematiche trattate e quindi l’attualità di questa serie di incontri e dando ai presenti appuntamento alla edizione del prossimo anno. Sergio Caroli Anno X numero 53 Pagina 21 Sapientiadi 2015 Sport e prevenzione sanitaria Mercoledì 30 settembre 2015 si sono svolte le Sapientiadi, una manifestazione che la Sapienza, su iniziativa del centro per la medicina e il de opere pittoriche; la dr.ssa Angela Teja ha presentato "Lo sport nella Grande Guerra" con immagini di notevole interesse culturale; il prof. management dello sport (MeMaS), ha dedicato alla diffusione della cultura nello sport e per lo sport. Lo sport non solo sviluppa la socializzazione e il benessere fisico e psichico, ma è anche un potente mezzo per prevenire un gran numero di patologie e contribuire alla loro cura. Lo sport, però, può essere anche un importante veicolo per la cultura; per questo, la Sapienza ha voluto riprendere l'iniziativa delle Sapientiadi svolte una decina di anni fa, in una nuova veste, culturale e sportiva. La precedente edizione era nata per iniziativa di Isabella Moro Raineri e Ruggero Alcanterini, che hanno dato il loro importante apporto per far rinascere questa iniziativa. Al mattino, nell'auditorium della Prima Clinica Medica, il Magnifico Rettore prof. Eugenio Gaudio ha inaugurato l'evento con un intervento molto apprezzato, dimostrando il grande interesse dell'Ateneo per questa tematica. È intervenuta anche la dr.ssa Ruth Dureghello, nuovo Presidente della comunità ebraica di Roma, a dimostrazione dell’importanza della manifestazione. La mattinata è proseguita con letture di ampio interesse: il prof. Enrico Magliano ha illustrato "Lo sport nell'arte figurativa", mostrando e commentando splendi- Roberto Verna ha presentato "Lo sport per il contenimento della spesa sanitaria", un argomento molto sentito in questo periodo, dimostrando come aumentando l'impegno fisico si possano risparmiare malattie, vite e denaro. La giornata si è poi spostata sui campi del CUS Roma a Tor di Quinto per un pomeriggio fantastico, al quale hanno partecipato personaggi di valore assoluto: Nino Benvenuti, medaglia d'oro alle Olimpiadi di Roma e membro del comitato d'onore del MeMaS; Michele Maffei, più volte campione olimpico e del mondo di scherma; Felice Pulici, portiere della Lazio dello scudetto 1974; Pino Wilson, capitano di quella squadra; Stefano Pantano, tre volte campione del mondo di scherma e membro del comitato d'onore del MeMaS; Gianni Di Veroli, calciatore della Lazio degli anni ‘60; il professor Fabrizio Santangelo, capo del gruppo sportivo ‘Fiamme Rosse’ dei Vigili del Fuoco, anche in rappresentanza del capo del corpo nazionale dei Vigili del Fuoco ing. Gioacchino Giomi; e il generale Maurizio Stefanizzi, comandante del 5° reparto del comando generale dei Carabinieri, anche in rappresentanza del comandante generale dell’arma Tullio del Sette. La presenza di personaggi dello sport è stata impreziosita dalla presenza di Patrizia Nostini, figlia di Renzo, quello che è stato uno dei più grandi atleti italiani, con numerose medaglie vinte ai campionati del mondo e olimpiadi nella scherma, presidente della polisportiva Lazio per anni; insomma un mito dello sport. La signora Nostini ha voluto essere presente perché il 30 settembre ricorrevano dieci anni dalla scomparsa del grande Renzo e lo ha voluto ricordare così, onorando anche la manifestazione. Le esibizioni sportive hanno visto una partita di pallavolo tra due squadre miste (ragazzi e ragazze) della Lazio pallavolo e del CUS Roma, poi una esibizione di scherma con il sapiente commento di Michele Maffei, un'esibizione di stuntmen che hanno eseguito lanci da una ventina di metri con acrobazie, coordinati dallo stuntman internazionale Claudio Pacifico, ed infine una partita di calcio Lazio Roma, coordinata dal dr. Ernesto Alicicco, per anni medico della Lazio e della Roma, e da Massimo Piscedda, ex giocatore della Lazio ed ora allenatore della Nazionale under 20. In panchina anche il dr. Bernardino Petrucci, per anni medico della Lazio e il dr. Stefano Pantano, già campione del mondo di scherma e noto giornalista sportivo. La partita, per la cronaca, è terminata in pareggio. Tutti gli intervenuti sono stati premiati con una pergamena ricordo, firmata dal direttore del MeMaS, dal Rettore e dal Presidente del CUS Roma. La soddisfazione di tutti gli intervenuti è stata grande, testimoniata dalla richiesta di ripetere l'evento nei prossimi anni, per farlo diventare un appuntamento fisso. Roberto Verna Professore ordinario di Patologia Clinica e direttore del centro di ricerca per la medicina e il management dello sport dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza. E' Presidente eletto della World Association of Societies of Pathology and Laboratory Medicine (WASPaLM), della quale è stato membro del consiglio direttivo e direttore dell’area Europa, Medio Oriente, Nord Africa dal 2007 e rappresenta la WASPaLM presso OMS. Medico chirurgo, specialista in endocrinologia; scienza dell'alimentazione; patologia generale, si occupa degli aspetti fisiopatologici delle attività sportive. E’ autore di oltre 150 pubblicazioni su riviste internazionali e di 12 libri. Ha tenuto più di 30 letture ai principali congressi. Anno X numero 53 Pagina 22 Rapporto Nazionale sulla Sperimentazione Clinica AIFA ha pubblicato il 14° rapporto nazionale sulla Sperimentazione Clinica dei medicinali in Italia. L’edizione 2015 contiene i dati relativi a tutto il 2014, anno in cui è stato pubblicato il Regolamento 536/2014 sulla Sperimentazione Clinica in Europa ed in cui è stato attivato il nuovo Osservatorio sulla Sperimentazione Clinica. La pubblicazione del Regolamento – sottolinea AIFA - ha ulteriormente amplificato il dibattito sul sistema della ricerca in Italia e sull’attrattività dell’Italia quale area geografica su cui investire in ricerca clinica. I dati del 2014 sono quindi il punto di partenza su cui ragionare per valutare fin da ora come lavorare affinché non si perda questa occasione unica di adeguamento del sistema alle esigenze attuale e, soprattutto dell’immediato futuro. Guardando ai numeri, se i dati relativi al 2013 avevano dimostrato una generale tenuta dell’Italia nel settore delle sperimentazioni cliniche rispetto al resto d’Europa, i dati del 2014 mostrano addirittura una lieve tendenza all’aumento, con una ripresa generale anche sul totale delle sperimentazioni cliniche rispetto al resto d’Europa, sebbene le oscillazioni siano ridotte e necessitino di conferma negli anni successivi per trarre conclusioni più definitive. Anche nel 2014 la maggior parte delle sperimentazioni è stata effettuata su pazienti (nel 96,3% dei casi), dato che supporta fortemente il ruolo delle sperimentazioni cliniche quali importante speranza di cura per i pazienti italiani. Continua la tendenza all’aumento delle sperimentazioni di fase I e II viste complessivamente, e il dato relativo alle sperimentazioni di fase III è costante, mentre sono in lieve calo le sperimentazioni di fase IV. La somma delle sperimentazioni di fase I e II supera però il dato totale delle sperimentazioni di fase III (46.8% e 43.6 rispettivamente per le sperimentazioni autorizzate): questo dato potrebbe confermare ulteriormente la tendenza di uno spostamento verso sperimentazioni cliniche per farmaci in via di sviluppo e potenzialmente innovativi. Questo dato è anche riflesso dall’alto numero di sperimentazioni non controllate (35.8%), approccio tipico degli studi esploratori di fase I e II. Si è poi registrato un aumento delle sperimentazioni no profit (più 5% rispetto al 2013). Sono aumentate anche le sperimentazioni monocentriche; va però considerato come di queste il 4% sia internazionale. Un terzo circa delle sperimentazioni è su farmaci biologici/ biotecnologici ed il dato delle sperimentazioni con ATIMP (Advanced Therapies) passa dall’1% al 2%. La maggior parte delle sperimentazioni riguarda le neoplasie che da sole assorbono il 38,9% degli studi. Spazio anche alle malattie rare: delle 592 sperimentazioni autorizzate nel 2014 ben 139 (23,5%) riguardano patologie rare. (il rapporto è liberamente disponibile sul sito AIFA) FARMACI APPROVATI DA FDA NEL 2014 Il Centro per la valutazione dei farmaci e della ricerca (CDER) di FDA ha approvato 41 nuove terapie nel 2014, tra cui 11 medicinali biologici. Le approvazioni sono aumentate di oltre il 50% rispetto ai 27 farmaci che avevano ricevuto una licenza nel 2013 e fino al 30% rispetto alla media degli ultimi 5 anni, che era stata pari a 31,6 farmaci all'anno. Sono questi i punti salienti dell’attività di immissione in commercio di nuovi medicinali da parte della FDA, secondo un’analisi di Asher Mullard pubblicata su Nature Reviews Drug Discovery. Secondo Chris Milne, direttore di ricerca presso il Tufts Center for the Study of Drug Development di Boston, Massachusetts, si è trattato di un anno fra i più produttivi, in termini quantitativi, della storia di FDA (superato solo dal 1996). “In termini di innovazione tuttavia” segnala Milne “assegnerei al 2014 un punteggio di 2 su 3. Nella lista dei farmaci approvati infatti sono presenti molti casi di agenti che operano sugli stessi obiettivi e nelle stesse indicazioni”. “FDA ha approvato quattro nuovi farmaci per il diabete di tipo 2, per esempio, ma dapagliflozin e empagliflozin erano rispettivamente il secondo e terzo inibitore del cotrasportatore di sodio-glucosio 2 (SGLT2),mentre albiglutide e dulaglutide erano rispettivamente il quarto e quinto agonista del recettore GLP-1”. Dal punto di vista commerciale, il 2014 potrebbe, secondo l’analisi di Nature, risultare meno performante anche del 2013, in cui era stato approvato un numero contenuto di nuove molecole. Secondo la società di consulenza BCG, che prende in considerazione le approvazioni del CBER e le NDA, le 53 approvazioni degne di nota del 2014 genereranno 48 miliardi di euro di vendite aggregate, mentre si prevede che le 36 approvazioni del 2013 tocchino i 53 miliardi dollari. 12 (29%) delle nuove approvazioni del CDER sono destinate a diventare dei “blockbuster” entro 5 anni ma solo 3 (7%) di queste riusciranno a rompere la barriera dei 2 miliardi di dollari. Proseguendo nel parallelo con il 2013, quel gruppo di farmaci approvati ne includeva 13 (48%) destinati a diventare blockbuster entro 5 anni, 6 dei quali (22%) si pensava riuscissero a guadagnare oltre 2 miliardi di dollari in vendite annuali. Secondo Mullard i potenziali farmaci di maggior successo approvati nel 2014 costituiscono anche le approvazioni più rilevanti dal punto di vista scientifico. Tra queste pembrolizumab e nivolumab sono le prime immunoterapie per il cancro che inibiscono le proteine a morte cellulare programmata1 (PD1) e gli oncologi sperano che abbinando questa classe di farmaci ad altre immunoterapie, inibitori della chinasi e chemioterapie, sia possibile cambiare lo scenario della lotta al cancro. La combinazione a dose fissa di ledipasvir e sofosbuvir, nel frattempo, è divenuta la prima terapia orale per il virus dell'epatite C (HCV) genotipo 1. Il prossimo anno, prosegue Mullard, potrebbe far registrare progressi in fase avanzata su più fronti, tra cui gli inibitori del trasferimento delle proteine degli esteri del colesterolo (CETP), gli inibitori dell’enzima PCSK9 e i virus oncolitici. FDA ha approvato nove (22%) farmaci oncologici lo scorso anno rispetto ai 9 (33%) del 2013 e ai 13 (33%) del 2012. 9 (22%) sono stati i farmaci approvati per le malattie infettive, in netto rialzo rispetto ai 3 (11%) del 2013. Oltre ai nuovi farmaci anti HCV e HIV, si aggiungono quattro antibiotici che sono stati approvati con un programma specifico (Qualified Infectious Disease Product – QIPD). Nell’analisi di Mullard un cenno particolare lo meritano i farmaci “orfani”. L’anno appena trascorso, infatti, è stato il migliore fino ad oggi per i trattamenti contro le malattie rare, con 17 (41%) farmaci che hanno ricevuto la designazione a “orfani”. Basti pensare che FDA aveva approvato 9 (33%) nuove entità molecolari orfane nel 2013, 13 (33%) nel 2012 e 11 (37%) nel 2011. Ogni singola approvazione oncologica nel 2014, ad esempio, ha riguardato un farmaco cosiddetto orfano. FDA ha approvato anche 9 farmaci (22%) nel 2014 che avevano ricevuto la designazione di terapia prioritaria (breakthrough). Anno X numero 53 Pagina 23 One promise fulfilled, much still to be done The British Medical Journal Last year, 2015, was the deadline for some pretty big promises. When these were made it must have seemed a long way off. In an article in the Lancet in 2004 I and others set 2015 as the date when there would be, we hoped, “health information for all” (Lancet 2004;364:295-300). More prominently, 2015 was the deadline for the United Nations’ millennium development goals. Now, with much achieved but of course still more to do, we are into the post2015 development agenda. But one important promise for 2015 has been fulfilled. The European Medicines Agency said that it would make publicly available the raw data from clinical trials of all newly approved drugs. And despite legal action from the drug industry the agency has pushed ahead, and the new policy is in place. It will be a little while longer—until mid2016—before it takes full effect. And the agency can still make restrictions and redactions to protect commercial confidentiality. However, the fact remains that within two years the public and researchers will be able to read, in full, clinical study reports for all newly approved drugs, whether the trials were conducted by the industry or academia. This is an enormous achievement and something to celebrate. The BMJ is doing so by profiling some of the key people who pushed for change and the influential people who listened. There is still, of course, much to be done before we can really trust the evidence base for clinical decisions. As the AllTrials campaign (alltrials.net) continues to emphasise, drugs in current use will not be affected by the European Medicines Agency’s new policy. So although the future of data transparency may prove better than in the past, we have a huge legacy of secrecy to unpick, compounded by poor and commercially conflicted science. The oseltamivir (Tamiflu) saga has taught us a lot about hidden data (thebmj.com/tamiflu). In particular, it has brought the term “clinical study report” into common parlance. Before the work of the Cochrane review group on Tamiflu, these crucial documents were known only to industry and the regulators. The statins saga looks likely to yield similarly interesting insights as The BMJ and others continue to try to bring the clinical trial data for these most commonly prescribed drugs into the public domain for independent scrutiny. And a recent article in The BMJ reminds us that drugs are not the only aspect of clinical care for which the evidence base is inadequate. Stephen Chapman and colleagues report that a fifth of surgical trials are stopped early and that a third remain unpublished nearly five years after completion. As summarised in the editorial by John Ioannidis, too many surgical trials are “unregistered, unfinished, unpublished, unreachable, or simply irrelevant.” Ioannidis gives his prescription for what clinical trials should be: well designed, preregistered, asking questions that matter to patients and the public, informed by systematic review of the evidence, well powered and using the best comparators, designed and conducted by triallists without conflicts of interest, and with the raw data publicly available. I cannot put it better than he does. He writes, “Eventually, randomised controlled trials could be the pride of clinical investigators who collaborate in research that matters, and the best source of information on how to improve health. This is what trials were supposed to be, even if we have almost totally forgotten this over the years.” Study 329 BMJ 2015;351:h4973 BMJ released the first “RIAT” reanalysis of a previously published randomised trial (doi:10.1136/bmj.h4320). Avid readers will remember that RIAT stands for “restoring invisible and abandoned trials.” As described by its originators in 2013 (doi:10.1136/bmj.f2865), it provides a mechanism for researchers unaffiliated with the original trial to publish unpublished (or to republish misreported) clinical trials when sponsors and original investigators fail to do so. Last year in BMJ Open Tom Treasure and colleagues reported a trial whose data had remained unpublished for 20 years (doi:10.1136/bmjopen-2013-004385). In a narrative article in The BMJ the restorative authors said that the data cast doubt on the now common practice of carcinoembryonic antigen testing and metastasectomy in people with colorectal cancer (doi:10.1136/bmj.g2085). We expect many other trials to fall within RIAT’s purview. However, when RIAT was first conceptualised, I and others had one specific trial in mind. Study 329 was a placebo controlled randomised trial of paroxetine and imipramine in adolescents with major depression. As originally reported in 2001, it concluded that paroxetine was “generally well tolerated and effective.” Paroxetine has never been approved for use in children, but as Peter Doshi reports this week (doi:10.1136/bmj.h4629), millions of off-label prescriptions later Study 329 has become infamous. Funded by the manufacturer of paroxetine, SmithKline Beecham, now GSK, it was quickly dubbed by the US Food and Drug Administration a “failed trial,” as neither treatment was found to be better than placebo. We learnt that the paper was drafted not by any of the 22 listed authors but by a writer paid by the manufacturer. But most alarmingly, reports emerged of serious adverse effects of paroxetine in adolescents, including self harm and suicidal ideation. In 2012 the US Department of Justice, investigating a failure to report safety data and other misconduct by GSK, settled criminal and civil proceedings with a record $3bn fine. Efforts to get the authors, the journal that published the trial , the professional society that publishes the journal, and the authors’ institutions to act or even respond to criticism have failed. Given this history, there was little doubt that the study needed restoration. That the original authors chose not to do this came as little surprise. The restorative authors set to work accessing and analysing the clinical study report and patient level data. From this immense task they concluded that there is no advantage of paroxetine or imipramine over placebo. They also uncovered “serious, severe, and suicide related adverse events” that had been overlooked or hidden. The RIAT re-analysis marks a new chapter in the story of Study 329, showing the remarkable power of open data. But it also shows how much our current systems are failing patients and the public. It should not have taken 14 years to get to this point. It shows that we need regulation, and perhaps legislation, to ensure that the results of all clinical trials are made publicly available . Anno X numero 53 Pagina 24 Il “weekend effect” di cui si occupa il BMJ nell’editoriale riportato in basso non è la stanchezza che si prova il lunedì nel ricominciare una settimana lavorativa. Si tratta invece – ben più seriamente – delle gravi conseguenze che corrono i pazienti ricoverati di sabato e domenica. I numeri sono davvero impietosi! What to do about the “weekend effect” BMJ 2015;351:h4840 Does being admitted to hospital at the weekend increase your risk of dying in the next 30 days compared with admission during the week? If so, is your death avoidable, and would a fully operational seven day service prevent it? A new analysis article by Nick Freemantle and colleagues sheds some light on these questions but leaves many more to be answered (doi:10.1136/bmj.h4596). The findings confirm these authors’ previous work published in 2012 (doi:10.1258/jrsm.2012.120009). They find that patients admitted on Saturdays and Sundays have an increased relative risk of death of 10% and 15%, respectively. They also find a smaller increased risk of death for patients admitted on Mondays and Fridays, extending the “weekend effect” to those days. They conclude that around 11ௗ000 more patients die each year within 30 days if they are admitted between Friday and Monday than if they’re admitted on other days of the week. When adjustments are made for the fact that patients admitted at weekends are sicker, the increased risk of death within 30 days is less but still present and, in the authors’ words, not ignorable. What these figures actually mean is now hotly debated. The secretary of state for health seized on them before they were published to support his call for more senior consultants to work at weekends. This leap, from a statistical excess of deaths in patients admitted at weekends to a solution focused on more senior medical staff working at weekends, is just one way in which these data are being abused and the public misled. The weekend effect is real, concludes Helen Crump in her review of the evidence (doi:10.1136/bmj.h4473). Paul Aylin confirms this in his editorial but explains that we are left with a range of possible explanations (doi:10.1136/ bmj.h4652). These need to be scrutinised before assumptions and suggestions harden into policy. The evidence is conflicting but seems to point more to the importance of a fully functioning service than to simply needing more senior medical cover. One study found no weekend effect on intensive care units, which have more consistent staffing levels. Another found that the weekend effect was not reduced if stroke specialists did ward rounds seven days a week but was affected by the level of nurse staffing. This link between nurse staffing and overall hospital mortality has been reproduced, says Aylin, in a recent very large European study. Whether the right answer is more senior medical cover or an overall improvement in staffing levels at weekends, the cost is likely to be substantial, as Martin McKee points out, possibly exceeding the cost per quality adjusted life year threshold set by NICE (doi:10.1136/ bmj.h4723). Clearly something needs to be done to reduce the risk of death in patients admitted to hospital at weekends. But using these data to beat up on senior doctors, most of whom already work at weekends, is neither constructive nor evidence based. We need a dispassionate look at the existing evidence, a focused effort to improve the evidence base, and a collaborative debate about the best response. Is there a weekend effect in obstetrics? BMJ 2015;351:h6192 Accumulating evidence points to higher risks at the weekend for mothers and babies Recent research published in The BMJ and elsewhere brings renewed attention to the “weekend effect,” suggesting higher rates of adverse outcomes associated with hospital admissions and procedures performed at weekends than on weekdays.1 2 3 Findings are not uniform among studies and fields of medicine, and persistent questions remain about whether significant findings reflect differences in case mix severity during the weekend or staffing and volume factors that are likely to influence outcomes among the patients at highest risk. The weekend effect is particularly under-studied in obstetrics, with decidedly mixed results from the small number of studies.4 5 6 7 A study by Palmer and colleagues (doi:10.1136/bmj.h5774) helps to fill this evidence gap, presenting a thoughtful analysis of adverse birth outcomes in a retrospective cohort from the United Kingdom.8 This study found that some adverse outcomes were slightly but significantly more common among weekend deliveries, most notably perinatal mortality. Although the magnitude was small (an unadjusted absolute increase of 0.9 deaths per 1000 deliveries (0.73% v 0.64%); adjusted odds ratio 1.07, 95% confidence interval 1.02 to 1.13), the gravity of this outcome demands our attention. Despite some notable examples of null findings,4 enough evidence now exists for us to reasonably suspect that out of hours deliveries are at higher risk for adverse outcomes.6 7 8 The evidence for higher risks among night time deliveries is even stronger.9 10 11 12 However, additional well designed studies are needed to determine whether these findings are robust within and across populations. In particular, although Palmer and colleagues controlled for patients’ characteristics in regression models, more work should examine potential differences in case mix between weekend and weekday deliveries.13 14 Observational data are often the best available option to study this topic, but every effort should be made to rule out uncontrolled confounding. These authors are to be commended for analyzing multiple quality metrics (for example, puerperal and neonatal infections, birth trauma), and the concordance of several of these findings lends credibility to results. Given ongoing debate about the most appropriate quality metrics,15 16 future studies should (Continua a pagina 25) Anno X numero 53 Pagina 25 (Continua da pagina 24) analyze currently accepted metrics, even as we continue to refine definitions. In particular, calls have been made for researchers to stop using severe perineal lacerations as a quality metric in obstetrics.16 Even in the most rigorous studies, the most likely mechanism underlying the weekend effect is systems factors (for example, staffing, resource availability, hospital policies). Such factors are specific to a healthcare system, and even to a hospital. Therefore, finding evidence of an effect in one population does not guarantee that the association will persist in others or even within a single population over time. This heterogeneity of effect complicates research but also offers important opportunities to identify levers with potential to improve outcomes for women and babies. The weekend effect in obstetrics fits within the broad concept of “capacity strain” in healthcare systems—the process by which performance of a clinical unit can deteriorate above a certain threshold of patient volume, complexity (acuity), or both.17 18 Given the decreased levels of staffing and availability of resources that characterize most hospitals at the weekend, a lower threshold above which capacity strain threatens patients’ outcomes is likely. Evidence is emerging that other factors related to capacity strain such as busy days, holidays, and doctors’ absence at conferences affect patients’ outcomes, in addition to weekend effects.7 19 20 More research is needed in obstetrics to explore capacity strain: how to define and measure it, which obstetric outcomes are sensitive to it, and when. Most importantly, when a capacity strain effect is found, we must identify effective strategies to safeguard maternal and infant outcomes during such vulnerable times. Factors that may help to mitigate the weekend effect and other forms of capacity strain in obstetric units include specific staffing models, such as the obstetric hospitalist model and other flexible models of care,21 and hospital policies including condition specific protocols. Unfortunately, several recent studies, including this one, have found no association between outcomes and staffing or use of protocols.22 23 Still, we must continue to explore the factors that differentiate obstetric units from one another, analyze how and when adverse outcomes “out of hours” are associated with these factors, and apply the findings to clinical practice and hospital policy. Research from other areas of medicine including surgery and stroke care suggests that better staffing and changes to infrastructure such as electronic patient records can help to overcome the weekend effect.24 25 We must apply such rigorous approaches to tackle the weekend effect in obstetrics. In the end, some women will always deliver at the weekend, during busy days, and at other times of decreased capacity. Weekend delivery is an inevitable part of everyday practice. Solutions will require extra resources, systems thinking, and all our creativity, to determine what explains the apparent protective effect of weekday delivery and how to extend these benefits to women who deliver at the weekend, and their babies. References Attenello FJ, Wen T, Cen SY, et al. Incidence of “never events” among weekend admissions versus weekday admissions to US hospitals: national analysis. BMJ2015;350:h1460. Freemantle N, Ray D, McNulty D, et al. Increased mortality associated with weekend hospital admission: a case for expanded seven day services? BMJ2015;351:h4596. Vest-Hansen B, Riis AH, Sorensen HT, et al. Out-of-hours and weekend admissions to Danish medical departments: admission rates and 30-day mortality for 20 common medical conditions. BMJ Open2015;5:e006731. Gould JB, Qin C, Marks AR, et al. Neonatal mortality in weekend vs weekday births. JAMA2003;289:2958-62. Luo ZC, Liu S, Wilkins R, et al. Risks of stillbirth and early neonatal death by day of week. CMAJ2004;170:337-41. Pasupathy D, Wood AM, Pell JP, et al. Time of birth and risk of neonatal death at term: retrospective cohort study.BMJ2010;341:c3498. Snowden JM, Darney BG, Cheng YW, et al. Systems factors in obstetric care: the role of daily obstetric volume. Obstet Gynecol2013;122:851-7. Palmer WL, Bottle A, Aylin P. Association between day of delivery and obstetric outcomes: observational study.BMJ2015;351:h5774. Wu YW, Pham TN, Danielsen B, et al. Nighttime delivery and risk of neonatal encephalopathy. Am J Obstet Gynecol2011;204:37.e1-6. De Graaf JP, Ravelli AC, Visser GH, et al. Increased adverse perinatal outcome of hospital delivery at night. Br J Obstet Gynaecol2010;117:1098-107. Gould JB, Qin C, Chavez G. Time of birth and the risk of neonatal death. Obstet Gynecol2005;106:352-8. Urato AC, Craigo SD, Chelmow D, et al. The association between time of birth and fetal injury resulting in death. Am J Obstet Gynecol2006;195:1521-6. Mikulich O, Callaly E, Bennett K, et al. The increased mortality associated with a weekend emergency admission is due to increased illness severity and altered case-mix. Acute Med2011;10:182-7. Concha OP, Gallego B, Hillman K, et al. Do variations in hospital mortality patterns after weekend admission reflect reduced quality of care or different patient cohorts? A population-based study. BMJ Qual Saf2014;23:215-22. Grobman WA, Bailit JL, Rice MM, et al. Can differences in obstetric outcomes be explained by differences in the care provided? The MFMU Network APEX Study. Am J Obstet Gynecol2014;211:147.e1-47.e16. Committee Opinion No. 647: limitations of perineal lacerations as an obstetric quality measure. Obstet Gynecol2015;126:e108-11. Halpern SD. ICU capacity strain and the quality and allocation of critical care. Curr Opin Crit Care2011;17:648-57 Kerlin MP, Harhay MO, Vranas KC, et al. Objective factors associated with physicians’ and nurses’ perceptions of intensive care unit capacity strain. Ann Am Thorac Soc2014;11:167-72. Jena AB, Prasad V, Goldman DP, et al. Mortality and treatment patterns among patients hospitalized with acute cardiovascular conditions during dates of national cardiology meetings. JAMA Intern Med2015;175:237-44 Anno X numero 53 Pagina 26 Music in hospital The Lancet DOI: http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(15)60640-7 Many of us would agree with Martin Luther's claim that “My heart…has often been solaced and refreshed by music when sick and weary.” If that solace can happen in our private lives, why not in hospitals? Companies have profited from the mood-altering effects of music, but medicine has been much slower to reap the benefits. Hopefully, the accumulating evidence base might change that: in The Lancet, a meta-analysis1 of 72 randomised trials of perioperative music, reported by Jenny Hole and colleagues, shows that music was associated with modest reductions in patient-reported postoperative pain and anxiety (standardised mean differences í0·77 [95% CI í0·99 to í0·56] and í0·68 [–0·95 to í0·41], respectively), reduced analgesia use (í0·37, í0·54 to í0·20), and with increased patient satisfaction (1·09, 0·51–1·68). Because placebo music would be obvious to the patient, masking was not possible (except intraoperatively), but the effect on analgesia needs partly allays concern that music has only a placebo effect—although a placebo effect would seem desirable anyway. Managers might be disappointed that length of stay did not differ significantly, but music is a simple and cheap intervention, which reduces transient discomforts for many patients undergoing surgery. A drug with similar effects might generate substantial marketing. The results of this study are consistent with effects of music in other settings. For example, a systematic review2 of 14 randomised trials in mechanically ventilated patients showed that listening to music reduced anxiety. Importantly, music reduced patients' respiratory rate and systolic blood pressure. Similarly, in people with myocardial infarction,3 music reduced anxiety, heart rate, respiratory rate, and systolic blood pressure, suggesting a physiological relaxation response as one possible mechanism of action. However, how much of the effect is due to this relaxation response, how much is due to cognitive distraction, and how much might be due to another mechanism is unknown. Listening to a few bars of Mozart might make these effects of music obvious, but researchers have studied some of the neurophysiology.4 In his illuminating book, This is your Brain on Music, Daniel Levitin4 describes some remarkable pathways by which the brain processes music, with different pathways for different components such as pitch, timbre, melody, tempo, and rhythm. Our recall of song tempo is within 4% of the original recording, and we can detect pitch changes down to a tenth of a semitone. Infants show a preference for consonance over dissonance. However, interestingly, the pleasure we feel from music can be blocked by naloxone.5 Our reactions to music are strong, but complex, adding some complications when used medically. So how should hospitals respond to this combined body of evidence? The low cost and improved patient experience make the question of whether to use music seem obvious, but how to use music is unclear. Piped Mozart or Madonna might soothe some and irritate others. The very high heterogeneity (I2 75–92%) of effects among trials in the accompanying study1 highlights a research opportunity—to identify how to maximise the effect—but complicates immediate implementation.6Jenny Hole and colleagues1 make several useful suggestions: patients should be able to choose the type of music they would like to hear, but music should not interfere with the medical team's communications or impede communication with the patient. Other factors such as timing do not make much difference to outcomes so can be adapted to the individual clinical setting and medical team. But does being able to choose mean that patients bring their own music or choose from a set of genres? Which genres and playlists might be used? One option would be to ask patients to bring their own—Hole and colleagues suggest that patients could be asked to bring their own music in the patient information sheet. Patients who do not arrive with their own music might be offered a choice from standard options (similar to inflight systems). Although many research questions remain, this should not inhibit implementation of a sensible choice for patients now. For my next surgery, I will bring some Mozart and a copy of this systematic review. References Hole, J, Hirsch, M, Ball, E, and Meads, C. Music as an aid for postoperative recovery in adults: a systematic review and meta-analysis. Lancet. 2015 Bradt, J and Dileo, C. Music interventions for mechanically ventilated patients. Cochrane Database Syst Rev. 2014; 12 (CD006902) Bradt, J, Dileo, C, and Potvin, N. Music for stress and anxiety reduction in coronary heart disease patients. Cochrane Database Syst Rev. 2013; 12 (CD006577) Levitin, D. This is your brain on music: the science of a human obsession. Plume (Penguin), New York; 2007 Goldstein, A. Thrills in response to music and other stimuli. Physiol Psychol. 1980; 8: 126–129 Glasziou, PP, Chalmers, I, Green, S, and Michie, S. Intervention synthesis: a missing link between a systematic review and practical treatment(s). PLoS Med. 2014; 11: e1001690 Anno X numero 53 Pagina 27 Antimicrobial resistance: the Hydra among us The Lancet Infectious Diseases http://dx.doi.org/10.1016/S1473-3099(15)00363-1 With increasing antimicrobial resistance, there is concern that we might enter an era where we lose the essential contribution of antibiotics in treating bacterial diseases. Thus, to increase awareness of global antibiotic resistance and to encourage best practices among the general public, health workers, and policy makers, WHO has declared World Antibiotic Awareness Week for Nov 16–22, 2015. This initiative follows the endorsement of the Global Action Plan on Antimicrobial Resistance by the World Health Assembly in May, 2015, which calls on all member countries to adopt appropriate strategies within 2 years. The Lancet will publish a series on antimicrobial access and resistance to coincide with the Awareness Week. There is a fundamental challenge to any plan to adhere to the call of the World Health Assembly: most low-income and middle-income countries lack national surveillance systems for the prevalence of antimicrobial resistance. Implementation of antimicrobial stewardship plans at a national level is not possible if detailed information on the prevalence of antimicrobial resistance within the borders of a country is not available. Some countries such as India are slowly developing a national surveillance system, but it will take years to gather comprehensive data to develop a global picture of antibiotic resistance that is essential to put in place appropriate measures. But what should be the targets of strategies to fight antimicrobial resistance? The Centre for Disease Dynamics, Economics and Policy recently published The State of the World's Antibiotics, 2015, which highlights how the growth of antimicrobial resistance over the past years has been principally driven by the inappropriate use of antibiotics in two main areas: human use without medical prescription or in the presence of alternative measures, and widespread use as growth promoters in animal farming. The indiscriminate use of antibiotics without specific medical control is a problem in countries where private citizens are able to purchase antibiotics over the counter without prescription. This situation can result in overuse of these drugs, use at suboptimal doses, and interruption of therapy courses if an early resolution of the symptoms occur, all situations that favour the emergence of antimicrobial resistance. Equally problematic as a factor that can promote antibiotic resistance is the use of antimicrobial agents as a substitute for good hygiene standards; this is a particularly sensitive issue in hospitals where the combination of a high density of patients, easy circulation of pathogens, and suboptimal hygiene standards can be explosive for outbreaks of diseases caused by bacteria resistant to antimicrobial treatment. Similarly, the use of antibiotics to promote the growth of farm animals is recognised as a relevant cause for the increase of antimicrobial resistance in recent years: in intensive farming, where animals are often housed in high numbers in limited spaces with poor hygiene conditions, antibiotics are used as prophylactic agents in food and water for the entire life of the animal. The use of antibiotics in low doses in this context does not have a medical justification, but it is a widespread practice to overcome problems linked to overcrowding and poor hygiene. A ban on antibiotics as growth promoters was introduced by the European Union a decade ago and it did not lead to a substantial economic damage for farmers, especially when they already had good hygiene standards. Although few countries have followed this example, the situation could change very soon: in mid-October, California is expected to be the first state in the USA to pass a similar law banning the use of antibiotics for growth promotion in animals. There is hope that the same legislation will be endorsed by other states of the USA, the country with the highest consumption per person of antibiotics in the world, 80% of which are used for animals. Moreover, banning the use of antibiotics as growth promoters in agriculture will be crucial in those developing countries that are the main producers of meat, eggs, and fish, such as China, India, South Africa, and Brazil, where currently there is a lack of control in the use of antibiotics. In these countries, the optimisation of farming conditions (separation of animals in age groups, use of vaccines, high hygiene standards) needs to be promoted in parallel with a more rational use of antibiotics. Globally, rapid action is needed to gather comprehensive information on antimicrobial resistance, optimise hygiene standards in hospitals and farming, limit the use of antibiotics to cases where there is a medical or veterinary prescription, and enhance the awareness of resistance among the general public and the policy makers. Antibiotics are a precious resource that has changed the face of medicine—we cannot afford to lose their effectiveness in the fight against diseases. For WHO World Antibiotic Awareness Week seehttp://www.who.int/mediacentre/events/2015/ world-antibioticawareness-week/event/en/ For The State of the World's Antibiotics, 2015 seehttp://cddep.org/publications/ state_worlds_antibiotics_2015 Anno X numero 53 Pagina 28 EXPLORING THE PERSPECTIVES OF POTENTIAL CONSUMERS AND HEALTHCARE PROFESSIONALS ON THE READABILITY OF A PACKAGE INSERT: A CASE STUDY OF AN OVER-THE-COUNTER MEDICINE Pires CM, Cavaco AM, Eur J Clin Pharmacol 2014; 70:583-588 I foglietti illustrativi sono obbligatori nella maggior parte dei Paesi sviluppati, ma le norme sulla loro leggibilità variano. Per esempio, secondo FDA, non è obbligatorio l'uso di un foglietto all’interno di tutte le confezioni di farmaci, contrariamente a quanto avviene nella UE. SCOPO Esplorare e confrontare le opinioni di medici, farmacisti e potenziali utilizzatori sulla leggibilità del foglietto illustrativo di un farmaco over-the–counter (OTC). METODI Studio esplorativo basato sulla somministrazione di un questionario a domande semi-aperte. Questo strumento è stato sviluppato secondo le linee guida di leggibilità dell'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) e utilizzato per valutare l'accessibilità dei partecipanti al foglietto illustrativo di diclofenac 12,5 mg compresse e la comprensibilità dei dati. Sono stati reclutati 63 partecipanti dalla regione di Lisbona, distinti in tre gruppi: medici (M), farmacisti (F) e potenziali consumatori (C), con un minimo di 20 partecipanti per ciascun gruppo. RISULTATI Quasi tutti (85%) i 20 partecipanti C mostravano un livello di educazione al di sopra del minimo obbligatorio, anche se la maggior parte di essi (95%) riferivano almeno un problema di interpretazione del foglietto, principalmente legati alla comprensione dei termini tecnici. Tra le altre differenze tra i gruppi, i partecipanti F (n=22) riportavano un parere significativamente meno favorevole per quanto riguarda la struttura dei paragrafi del testo. Inoltre i partecipanti F e M (n=21) hanno proposto migliorie tecniche, come l'uso di una tabella per spiegare la posologia, l’aggiunta di precauzioni in caso di insufficienza renale o la raccomandazione di assumere le compresse durante i pasti. CONCLUSIONI Differenze nel modo di utilizzare le compresse diclofenac sono giustificabili, in considerazione della diversa comprensione tra operatori sanitari e potenziali consumatori. Il foglietto illustrativo di diclofenac 12,5 mg deve essere migliorato per un uso più sicuro. Per quanto riguarda la valutazione della leggibilità, il metodo proposto dalle linee guida EMA potrebbe non essere così efficace come previsto. Si raccomandano future ricerche. A cura di Raimondo Russo 1 2 Drug Discovery: Contract Research Organization: THERAMetrics is an international, full-service, technology-driven Contract Research & Development Organization providing services and solutions throughout the entire drug discovery & development cycle – from Preclinical to Market Access. THERAMetrics S.p.A. Via Alberto Falck, 15 20099 Sesto San Giovanni (MI), Italy Tel.: +39 02 2413 491 Fax: +39 02 2486 2961 [email protected] www.therametrics.com § Hypothesis generating software tool § International project management § Drug repurposing and repositioning § Regulatory support & submissions § Pre-screening of any selected project § Study activation and monitoring § Improving of sustainability of § Data management & statistics current R&D system § Medical coding & medical review § Pharmacovigilance § Medical writing 4 3 Early Clinical Services: Clinical Supply Services: § Manufacturing and packaging § Logistics and distribution § Return and destruction § IMPD preparation § Multilingual labelling and QR codes § Two own Pase I research units § Testing compounds and devices in healthy volunteers, patients, children and special populations § High recruitment potential § ICH-GCP trained staff Anno X numero 53 Pagina 29 DANNO EPATICO INDOTTO DA FARMACI: STUDIO CASO-CONTROLLO IN UN CONTESTO OSPEDALIERO DRUG-INDUCED LIVER INJURY: RESULTS FROM THE HOSPITAL-BASED BERLIN CASE–CONTROL SURVEILLANCE STUDY Douros A, Bronder E, Andersohn F, et al. Br J Clin Pharmacol 2015; 79:988-99 Questo studio ha identificato un gran numero di composti potenzialmente responsabili di danno epatico indotto da farmaci. Dall'analisi caso-controllo è emerso un aumento del rischio non solo per i farmaci già segnalati come epatotossici, ma anche per farmaci raramente associati a danno epatico, sottolineando la necessità di ulteriori studi sulla sicurezza dopo l'immissione in commercio. OBIETTIVI Il danno epatico indotto da farmaci (drug-induced liver injury, DILI) è spesso responsabile di insufficienza acuta del fegato, ritiro dal commercio del farmaco, alert sui prodotti oppure mancata autorizzazione alla commercializzazione. Pertanto, è stato condotto uno studio caso-controllo per determinare il rischio di epatotossicità per una vasta gamma di farmaci. METODI Il Berlin Case–Control Surveillance Study FAKOS ha incluso tutti i 51 ospedali di Berlino. Tra il 2002 e il 2011 sono stati valutati 198 pazienti con epatite acuta idiopatica, 377 controlli ospedalizzati e 708 controlli ambulatoriali. I casi sono stati validati usando dati anamnestici, clinici, di laboratorio e istologici. L’esposizione al farmaco è stata ottenuta mediante intervista diretta al paziente. La possibile eziologia iatrogena è stata valutata nei singoli pazienti, applicando la scala CIOMS (Council for International Organizations of Medical Sciences) aggiornata. I rischi per farmaci sono stati ulteriormente quantificati (odds ratio [OR] con IC 95%) mediante un disegno caso-controllo con analisi di regressione logistica non condizionata. Per l’analisi è stata presa in considerazione l’assunzione del farmaco nei 28 giorni prima della data dell’evento. RISULTATI Lo studio ha confermato il rischio di epatotossicità per un certo numero di farmaci, tra cui fenprocumone (OR 3,3; IC 95% 1,5-6,7), amiodarone (OR 5,5; 1,3-21,2), clozapina (OR 34,6; 2,8-824,9) e flupirtina (OR 40,2; 5,5856,9). Rischi aumentati sono emersi anche per sostanze con poche segnalazioni riguardanti questo tipo di tossicità, come sartani, antipsicotici atipici e biperiden, un farmaco mai segnalato come epatotossico. CONCLUSIONI Lo studio ha identificato un gran numero di farmaci come possibili cause di epatotossicità. Il rischio osservato per le sostanze raramente associate a questo evento evidenzia la necessità di ulteriori studi di safety dopo l'autorizzazione, non limitando quindi il monitoraggio ai farmaci già etichettati come potenzialmente epatotossici. A cura di Raimondo Russo SEGNALAZIONI DI EVENTI AVVERSI DA PARTE DI PAZIENTI E OPERATORI SANITARI E DIFFERENZE NELLE INFORMAZIONI RIPORTATE ADVERSE DRUG REACTION REPORTS OF PATIENTS AND HEALTHCARE PROFESSIONALS-DIFFERENCES IN REPORTED INFORMATION Rolfes L, van Hunsel F, Wilkes S, et al. Pharmacoepidemiol Drug Saf 2015; 24:152-158 Questo studio mostra le differenze nelle informazioni riportate dai pazienti e dagli operatori sanitari nelle segnalazioni di eventi avversi. OBIETTIVO Lo studio si proponeva di esplorare le differenze nelle informazioni contenute nelle segnalazioni di reazioni avverse da farmaco (ADR) riportate da parte di pazienti o da professionisti sanitari e di esaminare possibili correlazioni tra gli elementi di queste informazioni. METODI Il presente studio retrospettivo ha confrontato le informazioni riportate in 200 segnalazioni di ADR da parte di pazienti e di operatori sanitari. I report venivano resi anonimi ed erano valutati in base alla presenza o assenza di elementi predefiniti nelle informazioni. Questi elementi potevano essere oggettivi (ad esempio, la data di inizio dell'ADR) o soggettivi (ad esempio, l'impatto o la gravità dell'ADR). È stato utilizzato il test chi quadro di Pearson per rilevare differenze statisticamente significative nelle informazioni riportate. È stata applicata la correzione di Bonferroni per aggiustare per confronti multipli. E' stata esplorata la correlazione tra gli elementi delle informazioni utilizzando un'analisi categorica delle componenti principali (categorical principal components analysis, CATPCA). RISULTATI Complessivamente, gli operatori sanitari presentavano un punteggio maggiore per la presenza di elementi oggettivi, mentre i pazienti per la presenza di elementi soggettivi. Gli elementi che erano riportati più frequentemente (con differenze statisticamente significative) dai pazienti erano l'impatto dell'ADR e altezza e peso del paziente. Gli operatori sanitari invece riportavano significativamente più spesso la storia medica e la via di somministrazione del farmaco. La CATPCA ha mostrato quattro cluster di elementi informativi che presentavano una debole correlazione. CONCLUSIONI Questo studio mostra le differenze tra le informazioni riportate dai pazienti o dagli operatori sanitari nella segnalazione di una ADR. I report dei pazienti sono più concentrati sulle informazioni relative al soggetto interessato e sull'impatto delle ADR, mentre i report degli operatori sanitari forniscono più informazioni correlate all'aspetto clinico. A cura di Raimondo Russo Anno X numero 53 Pagina 30 ESPOSIZIONE A SSRI E INTERVALLO QT NELLA PRATICA CLINICA USE OF SELECTIVE SEROTONIN REUPTAKE INHIBITORS AND THE HEART-RATE CORRECTED QT INTERVAL IN A REAL-LIFE SETTING: THE POPULATION-BASED ROTTERDAM STUDY Maljuric NM, Noordam R, Aarts N, Niemeijer MN, et al. Br J Clin Pharmacol, pubblicato on line il 13 maggio 2015 Nella popolazione in studio di soggetti anziani, l’intervallo QTc durante l'uso di farmaci antidepressivi della classe SSRI non era diverso da quello registrato durante il non-uso. Nelle analisi in cui sono stati studiati separatamente singoli SSRI, solo l’uso di citalopram era associato con un QTc più lungo nell'analisi trasversale e longitudinale. CONTESTO Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), in particolare citalopram ed escitalopram, sono stati correlati al rischio di prolungamento dell'intervallo QTc, anche se gli studi hanno mostrato risultati contraddittori. Ad ogni modo, si raccomanda un dosaggio di citalopram massimo di 20 mg nei pazienti ad alto rischio (ad esempio con età >60 anni). L’obiettivo dell’analisi era di indagare l'associazione tra uso di singoli SSRI e QTc in uno studio di popolazione di soggetti di almeno 55 anni di età. METODI Questo studio, condotto nell’ambito del Prospettic Rotterdam Study (periodo 1991-2012), ha incluso partecipanti con 5 elettrocardiogrammi (ECG) al massimo. Sono stati utilizzati modelli lineari misti per confrontare intrapaziente il QTcF (QT corretto secondo Fridericia) misurato durante l'uso di un SSRI con il QTcF misurato durante il non-uso di antidepressivi. Per citalopram, le analisi sono state ulteriormente limitate al dosaggio massimo di 20 mg nei soggetti di età 60 anni. RISULTATI Sono stati inclusi 12.589 partecipanti con un totale di 26.620 ECG, di cui 436 effettuati durante l'uso di SSRI. Il QTcF medio era simile durante l'uso di qualsiasi farmaco della classe SSRI e durante il non utilizzo. Dopo stratificazione per singoli farmaci SSRI, gli ECG registrati durante l'uso di citalopram mostravano un QTcF più lungo rispetto agli ECG registrati durante il non utilizzo (12,8 ms; IC 90% 7,5-18,2). Questo risultato è rimasto simile nell'analisi che ha incluso solo partecipanti di età 60 anni con un dosaggio giornaliero massimo prescritto di 20 mg di citalopram. CONCLUSIONI Anche se non è stato osservato alcun effetto di classe, l’uso di citalopram era associato con un QTcF più lungo, pure dopo aver considerato i limiti raccomandati. Altri SSRI potrebbero non causare un prolungamento clinicamente significativo del QTcF. A cura di Raimondo Russo INIBITORI DI POMPA E RISCHIO DI INFARTO MIOCARDICO PROTON PUMP INHIBITOR USAGE AND THE RISK OF MYOCARDIAL INFARCTION IN THE GENERAL POPULATION Shah NH, LePendu P, Bauer-Mehren A, et al. PLoSOne 2015; 10:e0124653 L'uso degli inibitori di pompa protonica è associato a un aumentato rischio di infarto miocardico nella popolazione generale. Il rischio, secondo gli autori, è legato alla riduzione causata da tali farmaci della produzione di ossido nitrico nelle cellule che rivestono l'interno del sistema circolatorio, compreso il cuore. CONTESTO E OBIETTIVO Gli inibitori della pompa protonica (IPP) sono stati associati ad esiti clinici avversi tra gli utilizzatori di clopidogrel dopo una sindrome coronarica acuta. Recenti risultati di studi pre-clinici hanno indicato che questo rischio può estendersi a soggetti senza anamnesi pregressa di malattia cardiovascolare. In questo studio è stato esaminato il rischio potenziale nella popolazione generale attraverso approcci di data-mining. METODI Utilizzando un nuovo approccio per l'estrazione di dati clinici dai database di farmacovigilanza, sono stati interrogati oltre 16 milioni di documenti clinici relativi a 2,9 milioni di individui per verificare se l'uso di IPP era associato a rischio cardiovascolare nella popolazione generale. RISULTATI Attraverso l’analisi di diverse fonti di dati, è stato rilevato che l’uso di IPP nei pazienti con reflusso gastroesofageo (GERD) aveva una associazione aumentata di 1,16 volte (IC 95% 1,09-1,24) con l’infarto del miocardio (IM). L'analisi di sopravvivenza in una coorte prospettica ha rilevato un aumento dell’associazione con la mortalità cardiovascolare di due volte (HR2,00; 1,07-3,78; p=0,031). I risultati dello studio hanno messo in luce che questa associazione esiste a prescindere dall'uso clopidogrel. È stato anche osservato che gli antagonisti H2, un trattamento alternativo per il GERD, non erano associati a un aumento del rischio cardiovascolare; se fossero stati in vigore, tali algoritmi di farmacovigilanza avrebbero potuto evidenziare questo rischio già a partire dal 2000. CONCLUSIONI Coerentemente con i risultati degli studi pre-clinici, che hanno messo in evidenza che gli inibitori di pompa possono influenzare negativamente la funzione vascolare, questo studio di data-mining supporta l’esistenza di un’associazione tra il loro utilizzo e un aumento del rischio di infarto miocardico nella popolazione generale. Questi dati forniscono un esempio di come una combinazione di studi sperimentali e approcci di data-mining possa essere applicata per dare priorità ai segnali di sicurezza sul farmaco utili per ulteriori studi. A cura di Raimondo Russo Anno X numero 53 Pagina 31 NEWS ON CLINICAL TRIALS Chronic Pain Lpath, a leader in the discovery and development of lipid-targeted therapeutics, announced that the FDA has requested additional analysis of certain data submitted as part of Lpath's recently submitted IND application for Lpathomab. Lpathomab is an internally discovered, first-in-class antibody targeting Lysophosphatidic Acid, a bioactive lipid that has been characterized in the scientific literature as playing a key role in nerve injury and neuropathic pain. Lpath's preclinical studies showed strong in vivo results with Lpathomab in several different pain models, which suggest that LPA may be an attractive target across a variety of chronic pain conditions, including diabetic peripheral neuropathy, post-herpetic neuralgia, chemotherapy-induced neuropathic pain and pain associated with lumbosacral radiculopathy. Lpath is compiling a detailed response to the FDA request. The initial review period for the Lpathomab IND application ended, therefore it is standard FDA procedure to place the application on clinical hold. After Lpath submits the requested data, the FDA will review it and determine whether Lpath may proceed with the Phase I clinical trial. Alzheimer’s Disease Biogen announced that the first patient has been enrolled in the Phase III clinical program for its investigational treatment aducanumab. The Phase III program includes two global, placebo-controlled studies named ENGAGE and EMERGE, which are designed to evaluate the efficacy and safety of aducanumab in slowing cognitive impairment and the progression of disability in people with early Alzheimer’s disease (AD). ENGAGE and EMERGE will assess the efficacy and safety of aducanumab in approximately 2,700 people with early AD. The studies are identical in design and eligibility criteria. Each study will be conducted in more than 20 countries in North America, Europe and Asia. Aducanumab is an investigational compound being developed for the treatment of AD. Aducanumab is a human recombinant monoclonal antibody (mAb) derived from a de-identified library of B cells collected from healthy elderly subjects with no signs of cognitive impairment or cognitively impaired elderly subjects with unusually slow cognitive decline using Neurimmune’s technology platform called Reverse Translational Medicine (RTM). Biogen licensed aducanumab from Neurimmune under a collaborative development and license agreement. Aducanumab is thought to target aggregated forms of beta amyloid including soluble oligomers and insoluble fibrils deposited into the amyloid plaque in the brain of AD patients. Based on pre-clinical and interim Phase Ib data, treatment with aducanumab has been shown to reduce amyloid plaque levels. Nutra Pharma's RPI-78M Granted Orphan Drug Status by the FDA for the Treatment of Juvenile Multiple Sclerosis Nutra Pharma Corporation announced that they have received Orphan Drug designation from FDA for the company's RPI-78M drug candidate for the treatment of Multiple Sclerosis in children. The designation provides Nutra Pharma with a 7-year period of market exclusivity in the US once the drug is approved. Additional benefits over conventional drug applications include: tax credits for clinical research costs, the ability to apply for grant funding, clinical trial design assistance, plus assistance from FDA in the drug development process and the waiver of Prescription Drug User Fee Act (PDUFA) filing fees which could be in excess of $2.5 million. The granting of Orphan Drug designation allows the company to move forward with their preparation of an Investigative New Drug Application and proposal of clinical trials. FDA grants Orphan Drug designation status to products that treat rare diseases, providing incentives to sponsors developing drugs or biologics. According to FDA, the Orphan Drug program has successfully enabled the development and marketing of more than 400 drugs and biologic products for rare diseases since 1983. Evaluate Ltd., in its 2014 Orphan Drug report, estimated that orphan drug sales will constitute 19% of the total share of prescription drug sales by 2020, totalling $176bn. RPI-78M was originally derived from an extract of cobra venom and is an antagonist of the nicotinic acetylcholine receptor. The drug has a low toxicity and has a wide range of applications. Scientific publications have demonstrated that native and modified neurotoxins can protect nerve cells from early cell death. Furthermore, it is expected that RPI-78M may be beneficial in neuromuscular disorders where the activity of nicotinic acetylcholine receptor has been compromised. The proprietary technology is covered by patents describing the application and use of RPI-78M in the treatment of autoimmune and viral diseases. A cura di Domenico Barone Anno X numero 53 Pagina 32 SOCIETÀ DI SCIENZE FARMACOLOGICHE APPLICATE SOCIETY FOR APPLIED PHARMACOLOGICAL SCIENCES FONDA TA NEL 1964 Sperimentazione clinica di Fase I in Italia ROMA, 30 Marzo 2016 Auditorium CNR Piazzale Aldo Moro – ROMA Hanno collaborato a questo numero: Riccardo Ascone - [email protected] Domenico Barone - [email protected] Lucia Beinat - [email protected] Walter Bianchi - [email protected] Salvatore Bianco - [email protected] Sergio Caroli - [email protected] Loreta Pia Ciuffreda - [email protected] Domenico Criscuolo - [email protected] Umberto Filibeck - [email protected] Fabio Montanaro - [email protected] Raimondo Russo - [email protected] Roberto Verna - [email protected] CONSIGLIO DIRETTIVO Presidente: Marco Romano Vice—presidente: Anna Piccolboni Segretario: Salvatore Bianco Tesoriere: Luigi Godi Consiglieri: Giuseppe Assogna, Rossana Benetti, Marie-Georges Besse, Sergio Caroli, Domenico Criscuolo, Gianni De Crescenzo, Paolo Primiero. Direttore Responsabile: Domenico Criscuolo Comitato editoriale: Giovanni Abramo, Salvatore Bianco, Sergio Caroli, Domenico Criscuolo, Luciano M. Fuccella, Marco Romano Segreteria editoriale: Sabrina Lucioni Segreteria Organizzativa: Viale Abruzzi 32—20131 MILANO Tel. 02-29536444 Fax. 02-89058506 E-mail [email protected] SSFA oggi Stampa: MEDIA PRINT, Livorno Registrazione del Tribunale di Milano, N. 319 del 14/05/2007 “Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% DCB PRATO” Numero progressivo 53 Periodicità: bimestrale WWW.SSFA.IT