"Il Fisco tormenta chi lavora all`estero" di Duilio Liburdi

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"Il Fisco tormenta chi lavora all`estero" di Duilio Liburdi
I M P O S T E E TA S S E
Studio: gestiscono 58 mld €
Svizzera, è boom
di fondazioni
DI
TANCREDI CERNE
B
oom di nuove fondazioni in Svizzera. Dal
2000 a oggi, il loro numero è cresciuto ogni
anno di 400 unità arrivando a
gestire attivi complessivi per
oltre 70 miliardi di franchi (58
miliardi di euro), con dividendi annui per progetti di utilità
pubblica stimati tra 1,5 e 2 miliardi. È il quadro dipinto dal
think tank economico Avenir
Suisse secondo cui le roccaforti delle fondazioni sono soprattutto Basilea, Ginevra e Zurigo.
Nonostante questo, il settore
appare oggi fortemente frammentato e poco trasparente,
con molte fondazioni piccole e
in parte inattive. «L’85% delle
fondazioni possiede un capitale
inferiore ai 5 milioni di franchi,
l’80% ha collaboratori non pagati», hanno avvertito gli esperti. «Tuttavia ogni anno solo lo
0,1% delle fondazioni esistenti
percorre il processo di fusione, e
il numero di cooperazioni tra di
esse è irrisorio. Inoltre vi è uno
scarso livello di trasparenza».
Per migliorare questo stato di
cose, gli esperti di Avenir Suisse
hanno proposto una riforma in
5 punti. «Le fondazioni dovrebbero cooperare maggiormente e
unire le forze per ridurre l’one-
re amministrativo. Un’ulteriore
opzione sarebbe l’introduzione
di un rapporto di distribuzione prescritto dallo Stato – come
avviene negli Stati Uniti, dove
le fondazioni di utilità pubblica ogni anno devono impiegare
almeno il 5% del capitale per
soddisfare gli scopi della fondazione. Questo impedirebbe
la formazione di fondazioni
inattive». L’Ufficio federale di
statistica dovrebbe raccogliere
dati sul settore e istituire un registro di fondazione ovvero una
banca dati online riguardante
tutte le fondazioni di utilità
pubblica. E al fine di prevenire
eventuali abusi, la legge sulle
fondazioni dovrebbe essere
completata con un articolo riguardante la «buona direzione
della fondazione» contenente
principi come un esteso diritto
di ricorso all’autorità di sorveglianza o misure per evitare i
conflitti d’interesse. Alle fondazioni rimaste inattive durante
molti anni dovrebbe essere sottratta la dichiarazione di utilità
pubblica. Infine, le autorità di
sorveglianza cantonali per le
fondazioni dovrebbero essere
separate dalle fondazioni di
previdenza e associate in gruppi regionali, e attraverso il trasferimento di funzioni statali
alle fondazioni.
Ubs a patti con la Francia
per evitare maxi-multa
Ubs scende a patti con la Francia per scongiurare la maximulta da 5 miliardi di euro. Nelle scorse settimane, il
colosso finanziario svizzero avrebbe inviato a Parigi i
dossier di 300 clienti sospettati di evasione fiscale. Il
tutto, all’insaputa degli interessati, stando almeno alle
anticipazioni di stampa della SonntagsZeitung, secondo
cui la misura sarebbe la risultante delle forti pressioni francesi nei confronti della banca. Per mantenere la
segretezza nell’invio delle informazioni, necessaria alle
indagini in corso, la banca svizzera avrebbe utilizzato una
procedura attuabile solo dal primo di agosto, ovvero la
nuova legge sull’assistenza amministrativa fiscale, che
toglie ai soggetti interessati la possibilità di presentare
ricorso. Questa revisione facilita a Paesi terzi l’ottenimento di informazioni su presunti evasori. No comment
da parte del Dipartimento federale delle finanze di Berna.
«Non possiamo né confermare né smentire i singoli casi.
Essi sono confidenziali», ha precisato il portavoce Roland
Meier. Intanto, però, Parigi non sembra voler attenuare
la pressione su Ubs. Le autorità transalpine hanno richiesto all’istituto maggiori informazioni sull’ammontare dei
capitali nascosti e sul numero e nomi dei collaboratori
della banca coinvolti. Dati che nel 2008 gli Stati Uniti
avevano ottenuto dalla banca: ma il contesto, allora, era
diverso. La Francia non dispone, infatti, di un accordo
bilaterale speciale con la Confederazione come invece gli
Stati Uniti dal 2001, il cosiddetto Qualified intermediaries agreement (QI). I giudici francesi che si occupano
di un’inchiesta per presunta frode fiscale di Ubs hanno
stimato in 4,88 miliardi di euro la potenziale multa cui
potrebbe incorrere l’istituto bancario. Le indagini nei
confronti del colosso finanziario cominciate nel 2012,
riguardano il periodo dal 2004 fino all’anno di apertura dell’indagine. La banca è accusata di aver consentito
in questo periodo ad alcuni suoi agenti commerciali di
recarsi dai più facoltosi clienti in Francia, in violazione
della legge, per proporre loro meccanismi con cui occultare parte dei loro depositi oltre frontiera.
Tancredi Cerne
Martedì 7 Ottobre 2014
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RISCHIO DI DOPPIA IMPOSIZIONE
Il fisco tormenta chi lavora all’estero
Rischio di doppia imposizione per i lavoratori italiani che svolgono attività di lavoro
all’estero: questo per le conseguenze derivanti dalle indicazioni dell’amministrazione finanziaria sulla misura del credito di
imposta spettante in relazione alle imposte
pagate all’estero. Che, secondo l’Agenzia,
deve essere determinato tenendo conto delle
regole nazionali e non dell’effettivo reddito
prodotto all’estero.
E’ noto come i lavoratori residenti in Italia,
inviati all’estero, sono assoggettati a tassazione tanto nello Stato estero della fonte, secondo le regole ivi previste nonché in Italia
sulla base delle retribuzioni convenzionali,
ove ricorrano le condizioni dettate dall’art.
51, comma 8-bis del Tuir. Il credito d’imposta
per imposte assolte all’estero, di cui all’art.
165 del Tuir, costituisce il correttivo previsto
dall’ordinamento tributario nazionale utilizzabile al fine di attenuare la doppia imposizione sulla base del principio del reddito
mondiale, in virtù del quale un lavoratore
che si qualifica fiscalmente residente in Italia è assoggettato a tassazione in Italia per i
redditi ovunque prodotti. L’analisi della normativa domestica in materia di credito di
imposta estero, deve essere integrata sia con
quella prevista dalla normativa convenzionale (Modello Ocse), sia con quella prevista
dall’art. 23 del dpr n. 600/73 che consente
nel quadro delle operazioni di conguaglio
compiute dal sostituto d’imposta, il recupero
del credito d’imposta direttamente in busta
paga. L’amministrazione finanziaria, con la
risoluzione n. 48 del 2013, ha fornito alcuni
chiarimenti in merito ai criteri di determinazione del credito d’imposta previsto dall’articolo 165 del Tuir per i lavoratori fiscalmente
residenti in Italia che operano all’estero nel
quadro di un contratto continuativo ed esclusivo. Di fatto, le imposte versate all’estero
a titolo definitivo dovranno essere ridotte
proporzionalmente al rapporto tra:
la retribuzione convenzionale determinata in base all’articolo 51, comma 8-bis,
del Tuir, e
il reddito di lavoro dipendente che
sarebbe stato tassabile in via ordinaria in
Italia (in base alle disposizioni dell’art. 51,
commi da 1 a 8 del Tuir, che come noto prevedono la determinazione analitica del reddito
di lavoro dipendente).
Il problema risiede nel fatto che il documento di prassi ha prodotto effetti innovativi,
avendo nella sostanza modificato la modalità di determinazione del credito utilizzata fino ad allora. Infatti, successivamente
all’interpretazione autentica operata dal dl
n. 223 del 2006, la formula per il calcolo del
credito d’imposta spettante al dipendente
soggetto a doppia tassazione sui redditi di
lavoro all’estero è stata, coerentemente con
il dettato convenzionale e con la ratio della disposizione di cui al comma 10 dell’art.
165 Tuir, quella risultante dalla seguente
proporzione, tra reddito convenzionale e reddito tassato all’estero il cui risultato viene
moltiplicato per le imposte pagate all’estero
in via definitiva.
Il nuovo scenario indicato dall’Agenzia delle entrate ha, come detto, modificato questo
consolidato orientamento (che, a ben vedere, è il solo che porta a identificare la quota
di reddito che subisce realmente la doppia
imposizione, e che quindi deve essere ragionevolmente oggetto del credito), poiché
la nuova formula di riferimento ai fini del
calcolo del credito di imposta, secondo le
nuove indicazioni dell’Agenzia, è composta
dal rapporto tra il reddito convenzionale determinato ai sensi dell’articolo 51, comma
8-bis del Tuir e l’ammontare del reddito di
lavoro dipendente come determinato in base
ai primi otto commi dello stesso articolo 51.
Il risultato del rapporto deve essere poi moltiplicato per le imposte pagate all’estero in
via definitiva al fine di ottenere la misura
del credito di imposta spendibile a valere
sull’Irpef.
Ovviamente di questa novità deve tenersi conto anche al fine di determinare, tra
l’altro, l’ammontare del prestito che molto
frequentemente il datore di lavoro italiano
eroga a quei dipendenti che nel corso della
loro assegnazione internazionale mantengono lo status di residente fiscale italiano. In
mancanza, a distanza di un anno, di ulteriori dettagli e/o chiarimenti rispetto a quanto
prospettato, è del tutto evidente come la
preoccupazione delle aziende che hanno
nel lavoro internazionale una leva strategica per il controllo e, ove possibile, lo sviluppo
del loro business sia elevata. La prospettiva
che si è aperta, infatti, ha comportato una
notevole maggiore complessità delle procedure applicative apparendo in evidente contrasto rispetto alla semplificazione voluta
dal legislatore quando introdusse il criterio
della retribuzione convenzionale: si pensi in
particolare a italiani dipendenti di società
estere o comunque retribuiti in valuta estera
e alla conseguente quasi-impossibilità pratica della rideterminazione del reddito estero
secondo le, disapplicate, norme italiane dei
commi da 1 a 8 dell’art. 51 del Tuir
Duilio Liburdi